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Le realizzazioni dell'UE nei suoi quarant'anni di vita sono state notevoli: l'unione doganale ha liberalizzato il commercio di beni e servizi, il mercato comune ha integrato i mercati dei fattori di produzione capitale e lavoro, l'unione economica ha già realizzato una cospicua serie di politiche comuni e l'unione monetaria ci porterà fra pochi anni alla moneta unica.
La politica dei consumatori è una delle politiche che hanno avuto i maggiori sviluppi negli ultimi anni ed è probabilmente l'espressione di una fase di relativa maturità nello sviluppo del processo di integrazione economica europea. Sistemate le strutture principali del sistema economico comunitario, si sente l'esigenza di perfezionarle con una verifica della loro funzionalità nei confronti dei principali fruitori dei benefici economici e sociali del processo di integrazione economica, i cittadini nella loro veste di consumatori, cioè l'anello finale della catena: produzione primaria, trasformazione, distribuzione, consumo. Questa fase di verifica diventa molto importante anche nell'ottica di probabili ulteriori sviluppi nel campo dell'integrazione politica.
Al fine di presentare un quadro conciso ma, per quanto possibile, comprensivo dei numerosi problemi che si presentano in questi giorni, accennerò inizialmente all'evoluzione della politica comunitaria dei consumatori negli anni scorsi (§2), per trattare poi i principali campi di azione: la protezione della sicurezza e salute dei consumatori (§3), la protezione dei loro interessi economici (§4), il loro diritto all'istruzione e all'informazione (§5), e la loro rappresentanza sul mercato e nel processo decisionale politico (§6). Quest'ultimo campo di azione dovrebbe anche garantire che l'intervento pubblico a livello comunitario, nazionale e regionale tenga in dovuta considerazione gli interessi dei consumatori in tutte le sue politiche, come definito dai trattati europei, specialmente nella loro ultima formulazione sottoscritta ad Amsterdam dai paesi membri dell'Unione.
All'interno di ogni campo di azione accennerò brevemente alle motivazioni dell'intervento pubblico comunitario ed alle realizzazioni che costituiscono il nostro ancora ridotto 'acquis communautaire' . Seguirà una breve valutazione dell'esperienza acquisita e qualche indicazione di massima sulle probabili evoluzioni future della politica comunitaria. In effetti le linee programmatiche della politica dei consumatori per i prossimi tre anni sono in corso di elaborazione nell'ambito della Direzione Generale XXIV e del Gabinetto, verranno definite ufficialmente entro il 1998.
L'approccio concettuale dei padri fondatori della Comunità Europea non comprendeva una 'politica dei consumatori', infatti i consumatori sono appena menzionati nel Trattato di Roma in quanto beneficiari diretti di alcune politiche comunitarie. Secondo l'approccio iniziale il benessere dei cittadini europei avrebbe dovuto essere assicuòato dal buon funzionamento del Mercato Comune e dallo sviluppo della concorrenza, stimolato dalla abolizione delle barriere agli scambi intracomunitari e dalla progressiva armonizzazione ed integrazione delle normative esistenti sui mercati nazionali.
Col passare del tempo emersero però i difetti di questa impostazione. In realtà il prezzo dei prodotti è solo una dimensione, anche se forse la più importante, degli interessi dei consumatori per quanto riguarda il mercato dei beni e dei servizi. La sicurezza e la qualità dei prodotti e dei servizi giocano però un ruolo molto importante nel determinare il benessere complessivo dei consumatori e spesso anche un mercato concorrenziale non garantisce sufficientemente queste caratteristiche che miglioranï la qualità della vita. L'intervento pubblico a tutela della sicurezza e salute dei consumatori è risultato quindi essere pienamente motivato.
Inoltre, proðrio perchè in pratica i mercati non sono perfettamente concorrenziali, gli interessi economici dei consumatori devono essere difesi anche nei confronti di monopoli ed oligopoli privati, e spesso anche nei confronti di quelli controllati dall'intervento pubblico, in sintonia con la politica di concorrenza della Unione Europea.
Il mercato concorrenziale funziona bene nel garantire la migliore allocazione delle risorse ed il maggior benessere ai cittadini se esiste una informazione diffusa e completa, cosa difficilmente riscontrabile nella realtà, dove esiste spesso una marcata asimmetria di informazione fra i fornitori di beni e servizi e gli acquirenti, che di norma conoscono poco i problemi specifici di ognuno dei vari comparti merceologici. Esistono quindi motivazioni precise perchè l'intervento pubblico a tutti i livelli decisionali migliori l'istruzione e l'informazione dei consumatori al fine di permettere loro una scelta più documentata fra i beni e servizi offerti sul mercato.
Dobbiamo poi renderci conto che nei paesi membri della UE, l'utilizzazione della la metà circa del reddito non viene decisa dal mercato ma dal settore pubblico che a volte interviene anche nel modificare il normale funzionamento del sistema dei prezzi. Anche se in linea di principio gli operatori pubblici dichiarano di agire nell'interesse dell'intera collettività, in pratica però il loro comportamento è spesso influenzato da gruppi di pressione sostenuti da organizzazioni dei produttori o dei fornitori di beni e servizi. In molti casi queste pressioni si traducono in una riduzione del benessere collettivo, pagata in prima istanza dai consumatori. Appare quindi molto evidente la esigenza che i consumatori siano favoriti dall'intervento pubblico nell'organizzarsi e nel tutelare i propri interessi anche nei confronti dello stesso intervento pubblico, oltre che sul mercato.
Un dibattito approfondito su questi argomenti si ebbe in occasione del recente Consiglio dei Consumatori del 10 aprile 1997. Nel documento in discussione si sosteneva la tesi che l'elemento centrale di una moderna politica dei consumatori consiste in una efficace competizione sui mercati, accoppiata e una forte rappresentanza dei consumatori capace di perseguire i loro interessi in modo forte ed efficiente nei confronti sia dei produttori che degli operatori pubblici. La maggioranza dei paesi comunitari concordò sul fatto che nell'Unione Europea non esiste un mercato perfettamente concorrenziale che tuteli automaticamante gli interessi dei consumatori, di conseguenza è opportuno mantenere e sviluppare ulteriormente la attività legislativa a livello comunitario nel campo della politica dei consumatori. Le finalità di questa attività dovrebbero essere l'aumento della trasparenza dei mercati e del'informazione dei consumatori, unitamente alla protezione in campi 'sensibili' come la sicurezza e salute dei consumatori, le produzioni alimentari, i servizi finanziari e la pubblicità.
I cittadini della Unione Europea sentono molto l'utilità di una politica dei consumatori, come dimostra una recente inchiesta realizzata da Eurobarometro all'inizio del 1997. Secondo questa inchiesta i cittadini europei sono principalmente interessati ai problemi della sicurezza e salute, specialmente nei settori alimentare e farmaceutico, oltre ai problemi ambientali. In genere i consumatori non si sentono né ben protetti né ben informati sui loro diritti, specialmente nei campi dei servizi finanziari e dei servizi pubblici, così come considerano l'accesso alla giustizia una priorità da perseguire. I consumatori europei lamentano il diverso livello di protezione fornito dai vari paesi membri della UE e sono molto favorevoli ad una azione di armonizzazione da parte delle istituzioni europee.
Nel 1972 i Ministri Eurioei presero atto che il funzionamento del mercato comunitario non era sufficiente a tutelare gli interessi dei consumatori e codificarono cinque diritti fondamentali dei consumatori: la protezione della salute e sicurezza, la protezione degli interessi economici, il diritto all'istruzione ed informazione, il diritto al risarcimento dei danni, la rappresentanza e partecipazione dei consumatori. Chiesero inoltre alla Commissione di proporre un 'piano di azione'.
Nel 1975 fu adottato il 'Primo programma per la politica dei protezione ed informazione dei consumatori', a cui seguì una serie di direttive relative alla tutela degli interessi dei consmatori. Nel 1981 è stato adottato il 'Secondo programma dei consumatori' che sottolineava la necessità di rendere compatibili tutte le politiche comunitarie con gli interessi dei consumatori e di promuovere il dialogo fra produttori, distributori e consumatori. Il 'Terzo piano d'azione triennale (1990-93)' approvato nel 1990 pose un particolare accento sul principio di sussidiarietà.
Nell'Atto Unico Europeo del 1987 la protezione dei consumatori viene riconosciuta come uno degli obiettivi delle iniziative comunitarie nel completamento del mercato unico, l'articolo 100A prescrive esplicitamente il perseguimento di un alto livello di protezione dei consumatori. Nel 1992 a Maastricht, col Trattato sull'Unione Europea si introdusse un articolo più esteso relativo alla politica dei consumatori (129a), che è stato recentemente sviluppato nel Trattato di Amsterdam.
Nel 1968 nell'ambito della Direzione Generale per la Concorrenza fu costituita una 'Unità sulla protezione dei consumatori', che nel 1981 diventò parte della Direzione Generale XI (Ambiente e protezione dei consumatori) come "Servizio per la Politica dei Consumatori". Successivamente si ebbe un importante riconoscimento nel 1989, quando il "Servizio per la Politica dei Consumatori" diventa autonomo, collocandosi in modo indipendente nell'organigramma della Commissione.
Nel 1973 fu costituito il 'Comitato Consultivo dei Consumatori' (CCC) composto dai rappresentanti delle quattro organizzazioni europee dei consumatori e delle organizzazioni nazionali. Il CCC fornisce una consulenza alla Commissione sulla politica dei consumatori e sulla sua realizzazione negli Stati membri dell'Unione. Nel 1983 si riunì per la prima volta il "Consiglio dei Ministri dei Consumatori" a livello comunitario, anche se la maggioranza dei paesi membri non aveva un ministero per i consumatori ma i problemi dei consumatori erano trattati da direzioni generali nei ministeri dell'agricoltura, sanità, industria, ecc.
Negli ultimi tre anni la struttura amministrativa della Unione europea ha avuto uno sviluppo molto rilevante, almeno in confronto alla limitata dimensione che aveva in passato. All'inizio del 1995 la Commissione ha trasformato i l Servizio per la Politica dei Consumatori nella nuova Direzione Generale XXIV a cui sono state assegnate funzioni sempre più estese, specialmente nel campo della tutela della salute e sicurezza dei consumaôori e del controllo della realizzazione della relativa normativa comunitaria negli Stati membri della UE.
La già citata inchiesta di Eurobarometro stima che mediamente l'88% dei consumatori approva gli sviluppi attuali della politica europea dei consumatori. D'altro canto le politiche nazionali sono generalmente considerate insufficienti, almeno in certi settori, e la çrande maggioranza dei consumatori è dell'opinione che l'Unione Europea debba adottare misure per affrontare la sfida delle nuove tecnologie.
Negli anni passati la politica dei consumatori è stata prevalentemente circoscritta ai problemi connessi alla realizzazione del mercato unico, senza affrontare a pieno campo il suo ruolo di protezione dei consumatori sia nei confronti dei produttori e venditori sul mercato dei beni e servizi che nell'ambito dell'intervento pubblico. La carenza del quadro normativo esistente e le limitatissime disponibilità finanziarie a disposizione del Servizio per le Politiche dei Consumatori non avrebbero comunque permesso di fare molto più di quanto non sia stato fatto.
Purtroppo il vincolo finanziario permane tuttora. La spesa del bilancio comunitario per la politica dei consumatori resta lo 0,25 per mille del bilancio totale, di gran lunga inferiore alla spesa sostenuta per finanziare la maggior parte delle politiche settoriali, per non parlare della politica agricola comune che assorbe da sola circa la metà della spesa del bilancio comunitario.
Le prospettive aperte dal Trattato di Amstedam sono particolarmente incoraggianti per quanto concerne la politica dei consumatori. Le modifiche apportate all'articolo 129a permettono all'Unione Europea di intervenire in modo più incisivo nei vari campi di azione.
Tutti gli aspetti della protezione dei consumatori dovranno essere tenuti in considerazione nella definizione e realizzazione delle altre politiche ed attività comunitarie, inoltre la Comunità dovrà contribuire al raggiungimento degli obiettivi della politica dei consumatori anche attraverso il monitoraggio delle politiche realizzate negli Stati Membri. Pur nella piena osservanza del principio di sussidiarietà, secondo il quale la Comunità Europea deve contribuire alla protezione dei consumatori con interventi che sostengano e completino le politiche degli Stai Membri, il Trattato dichiara che la protezione dei consumatori è una finalità indipendente della Comunità Europea.
La condizione dei consumatori risulta molto rafforzata nella nuova versione dei trattati in quanto oltre all'informazione sono stati aggiunti gli obiettivi della istruzione e dell'organizzazione autonoma, finalizzata alla difesa dei propri interessi. Questi obiettivi sono definiti come 'diritti' dei consumatori e non solo come 'interessi'. Ciò è particolarmente importante perchè un diritto può essere recamato dal beneficiario, mentre un interesse può essere oggetto di regolamentazione ma i beneficiari non possono esigere una regolamentazione in merito. In pratica la protezione dei consumatori è stata promossa a 'vera' politica comunitaria con un campo d'azione molto più ampio di quello che aveva in precedenza.
Il comma 2 dell'articolo 129a costituisce un cambiamento importante per quanto concerne il lavoro interno alla Commissione, costitusce cioè quella che viene definita una 'clausola orizzontale'. Se la protezione dei consumatori deve essere tenuta in considerazione nella definizione e realizzazione delle altre politiche comuni, dovrebbero essere implicitamente incluse tanto l'attività legistaliva che le iniziative non legislative della Comunità. Inoltre deve essere coinvolta anche l'attività degli Stati Membri nella applicazione della normativa comune non solo nel campo della politica dei consumatori ma anche nel campo delle altre politicha comunitarie. L'articolo 129 a (3) b) prevede un'azione della Commissione non solo per il sostegno e completamento delle politiche nazionali, ma anche nel monitoraggio di tali politiche, aprendo la possibilità di un'attività di monitoraggio comunitario delle diverse attività relative alla protezione dei consumatori realizzate negli Stati membri.
E' comunque evidente che l'articolo 129a è indirizzato principalemtne alle istituzioni comunitarie, in primo luogo al Parlamento e al Consiglio nella loro attività legislatrice. Quando il legislatore europeo formula o modifica normative in altri settori deve riconciliare gli obiettivi specifici di questi settori con gli obiettivi della politica dei consumatori. La clausola orizzontale non prescrive alcuna priorità, un eventuale conflitto fra una data politica comunitaria e la protezione dei consumatori deve essere risolto con una ponderazione dell'importanza relativa degli obiettivi in oggetto.
La clausola orizzontale è particolarmente importante nell'esercizio del diritto di iniziativa della Commissione. Le esperienze già maturate nell'integrazione degli obiettivi ambientali nelle diverse politiche comuni da parte della DG XI ed anche l'esperienza recente della DG XXIV ci suggeriscono che si potrà raggiungere un successo in questo campo solo se riusciremo a mobilitare l'interesse dei diversi servizi della Commissione e se potremo disporre di adeguate risorse umane e finanziarie.
Esistono quindi le condizioni per sviluppare notevolmente la politica dei consumatori in tutte le sue dimensioni. In particolare però l'integrazione dei principi della politica dei consumatori nelle altre politiche comunitarie dovrebbe essere meglio focalizzata, specialmente con riferimento alle politiche più soggette all'azione dei gruppi di pressione privati miranti ad ottenere vantaggi di settore in palese contrasto con l'interesse dei consumatori e di tutta la collettività.
Questa battaglia si presenta molto difficile ed irta di difficoltà perchè le altre politiche comunitarie hanno una lunga tradizione ed una struttura burocratica pubblica molto più grande ed articolata di quella attualmente utilizzabile per la politica dei consumatori, sia a livello comunitario che a livello nazionale e regionale. Inoltre alcune organizzazioni dei produttori e dei fornitori di beni e servizi sono molto ben organizzate in termini di gruppi di pressione, in grado di autofinanziarsi anche grazie ai privilegi che si procurano con la loro attività di lobby, e forti di una consolidata esperienza nell'influenzare i mezzi di comunicazione.
Il numero di organizzazioni lobbistiche coinvolte nelle poìitiche comunitarie è cresciuto in modo spettacolare, da una stima di 167 nel 1960 a circa 3500 nel 1995. Se nel dibattito politico le organizzazioni dei consumatori dovranno costituire un contrappeso sufficiente a tutelare gli interessi della collettività dei cittadini almeno nei confronti dei gruppi di pressione più gretti e settoriali, il lavoro da fare non mancherà certo.
Se il mercato fosse perfettamente concorrenziale non ci sarebbe bisogno di un intervento pubblico da parte della politica dei consumatori per difendere gli interessi dei cittadini-consumatori, essi sarebbero automaticamente tutelati dal funzionamento del mercato che massimizzerebbe il benessere sociale. Sappiamo però che in pratica le imperfezioni del mercato sono numerose. Oltre alle esternalità spesso legate alla qualità dei prodotti e dei servizi già accennate in precedenza, gli operatori economici privati tendono ad acquisire posizioni di monopolio od oligopolio, quando ne hanno occasione, peggiorando l'allocazione delle risorse con una conseguente riduzione del benessere generale. L'intervento pubblico a difesa degli interessi dei consumatori è quindi motivato dal difettoso funzionamento del mercato e dal conseguente squilibrio di potere contrattuale che si viene a generare a danno dei consumatori.
Esiste poi una seconda motivazione altrettanto importante. In linea di principio, a giudicare dai trattati europei e dai documenti ufficiali dei governi nazionali, l'azione delì'intervento pubblico ai vari livelli, internazionale, comunitario, nazionale, regionale, e locale, dovrebbe essere orientata a raggiungere il massimo benessere sociale, favorendo l'efficienza del sistema produttivo, la stabilità dei mercati, una migliore distribuzione del reddito, uîo sviluppo sostenibile. In pratica però lo stesso intervento pubblico spesso viene condizionato da gruppi di pressione che fanno prevalere interessi di parte rispetto a quelli generali, con la conseguenza di ridurre il benessere della collettività nel suo complesso.
Anche in questi casi è necessaria da parte della politica dei consumatori una azione di monitoraggio dello stesso processo decisionale pubblico al fine di renderlo il più possibile funzionale ai principi che intende perseguire sia in termini 'orizzontali', attraverso una coerenza o quanto meno 'non contraddizione' fra le politiche applicate nei vari settori, sia in termini 'verticali', attraverso una coerenza fra le misure politiche operate ai vari livelli decisionali: da quello internazionale a quello comunitario, nazionale, fino al livello locale.
Le direttive cïmunitarie relative alla protezione degli interessi economici dei consumatori sono state numerose e molto diversificate, dalla direttiva sulla pubblicità ingannevole, a quella sulla indicazione dei prezzi nei mercati al dettaglio, a quella sulle modalità di confezione e imballaggio dei prodotti. I servizi finanziari sono particolarmente importanti in questo campo anche per il maggior squilibrio di potere contrattuale che esiste fra gli istituti finanziari ed i singoli consumatori.
Si tratta prevalentemente di direttive che tendono a ridurre il cattivo funzionamento dei mercati dovuti all'azione delle imprese private. L'azione per un intervento pubblico meno influenzato da interessi particolari, anche se meno sviluppata, viene svolta principalmente attraverso il potenziamento della rappresentanza dei consumatori nelle numerose istituzioni dove si realizza il processo decisionale politico ai vari livelli territoriali.
L'approccio adottato dalla Commissione nel far applicare i diritti dei conóumatori di norma è stato molto cauto, lasciando ampia discrezione agli Stati membri. A questo proposito la direttiva sulla pubblicità ingannevole può essere un buon esempio in quanto nella procedura di applicazione lascia molta discrezione agli Stati membri per quanto concerne le norme procedurali, le istituzioni cui affidare la competenza, la definizione di chi, persone o organizzazioni, abbia il diritto di sollevare il problema di fronte all'autorità giudiziaria. Inoltre la direttiva affronta la problematica di chi debba fornire la prova delle infrazioni.
In vari Stati membri si sono sviluppate autonomamente organizzazioni di produttori che svolgono una importante funzione di difesa degli interessi economici dei consumatori sia attraverso la realizzazione e diffusione di test comparativi fra prodotti e servizi offerti sui mercati, sia attraverso la gestione di servizi di consulenza per i consumatori. Questo tipo di attività si è sviluppato endogenamente al sistema di mercato, in risposta alla esigenza di riequilibrare situazioni palesi di squilibrio contrattuale fra imprese produttrici e distributrici nei confronti dei consumatori.
Evidentemente questa forma di reazione autonoma in termini di 'potere contrapposto' dei consumatori volto a riportare nel sistema economico una certa 'workable competition'àsia nei confronti delle imprese private che nei confronti dei gruppi di pressione che influenzano le decisioni di intervento pubblico, se fosse sufficientemente estesa sarebbe sostitutiva e preferibile all'intervento pubblico, se non altro perchè le iíprese che gestiscono questi servizi si autofinanziano e la loro efficienza è garantita dal fatto che anche loro devono sottostare alle regole del mercato e della concorrenza.
Purtroppo queste iniziative sono ancora poco sviluppate in relazione all'ingente lavoro da svolgere in questo camðo e non sono uniformemente distribuite sul territorio dell'Unione Europea. La politica dei consumatori a tutti i livelli decisionali diventa quindi uno strumento necessario di stimolo e sostegno di queste iniziative anche se l'intervento pubblico, in linea di principio, deve tendere a incentivare la nascitá e lo sviluppo di organizzazioni che sappiano sopravvivere autonomamente sui mercati anzichè intervenire direttamente nel rapporto fra produttori e consumatori.
In questo campo di attività della Commissione, i tempi intercorrenti fra le prime proposte di direttiva e la loro approvazione finale sono a volte molto lunghi, questo perchè spesso questi argomenti hanno un immediato impatto sul sistema economico e rimuovono privilegi a cui i beneficiari rinunciano molto malvolentieri. Inoltre questi argomenti interferiscono spesso con la vigente legislazione a livello dei paesi membri per cui sono necessarie ristrutturazioni anche ad altri livelli decisionali al fine di garantire una coerenza sia orizzontale che verticale della nuova normativa. Il tempo di realizzazione della procedura legislativa dovrebbe comunque essere sensibilmente ridotto in futuro.
Spesso le proposte originali della commissione vengono annacquate nel corso della loro procedura legislativa. A volte gruppi di interesse particolare riescono a far inserire limitazioni ed esenzioni come è accaduto ad esempio per la direttiva sui servizi finanziari 97/7. In futuro queste interferenze dovrebbero essere ridotte per quanto possibile.
In alcune direttive è previsto l'obbligo da parte della Commissione di redigere un rapporto sull'applicazione generale della direttiva o di alcune sue parti essenziali, al fine di emendare opportunamente la direttiva stessa sulla base dei problemi sorti nella sua applicazione. Un esempio a questo proposito è la Direttiva sul credito al consumo 87/102. Questa prassi favorisce l'efficacia della normativa comunitaria ed in futuro dovrà essere estesa ad un maggior numero di direttive.
Almeno per i settori più 'sensibili', in futuro si dovranno potenziare studi che permettano di valutare il costo dell'intervento pubblico sia in termini amministrativi che in termini economici (cioè il costo legato ad una non ottimale allocazione delle risorse) ed in termini ambientali, in modo da poter confrontare correttamente gli oneri sostenuti dai cittadini-consumatori con i benefici attesi dalla realizzazione dell'intervento pubblico.
La motivazione di fondo che ha guidato la legislazione comunitaria nel campo della protezione della sicurezza e della salute dei consumatori è il miglioramento della qualità della vita dei cittadini. A questo proposito sono auspicabili interventi pubblici volti a promuovere la salute degli individui e la loro sicurezza fisica tutelandoli nell'acquisto e nel consumo di beni difettosi o palesemente nocivi alla salute, così come nell'acquisto di servizi che non garantiscano pienamente la sicurezza fisica degli individui implicando rischi caratterizzati anche da probabilità relativamente basse.
In un mercato comune con libera circolazione dei prodotti e servizi è necessaria l'adozione di un insieme di standard qualitativi minimi che garantiscano i consumatori europei indipendentemente dal paese membro in cui vivono. D'altra parte i prodotti e servizi commercializzati sono estrememente numerosi così come lo sono le loro diverse caratteristiche regolamentate nei vari paesi. Anzichè ottenere un accordo specifico su ognuna delle caratteristiche qualitative soggette a regolamentzione, l a Comunità Europea ha sviluppato un nuovo approccio volto a raggiungere il riconoscimento reciproco delle normative nazionali da parte dei singoli paesi membri. A livello comunitario sono emanate solo direttive di carattere generale con cui devono essere coerenti tutte le regole prescritte nei paesi membri.
Per garantire la sicurezza e la salute dei consumatori è stato necessario definire una normativa adatta e pienamante coerente con le prescrizioni suggerite dalla ricerca scientifica. Inoltre si è dovuta regolamentare la responsabilità civile di produttori e distributori, unitamente alle forme di risarcimento qualora i consumatori siano danneggiati da prodotti o servizi difettosi. L'applicazione di questa normativa da parte delle autorità nazionali richiede infine una struttura di informazione e di monitoraggio coordinata a livello europeo.
La legislazione europea tratta i comparti produttivi più disparati, dai prodotti farmaceutici ai giocattoli, dalle automobili ai cosmetici. Due direttive di carattere generale sono la Direttiva generale sulla sicurezza di prodotti e la Direttiva sulla responsabilità per danno da prodotti difettosi. Una delle realizzazioni più importanti e recenti in questo campo è stata ottenuta nel settore alimentare. E' forse opportuno trattare più a fondo il recente lavoro svolto in questo settore anche perchè presenta novità significative nell'approccio metodologico seguito e costituisce quindi un esempio da seguire.
La Commissione si è particolarmente impegnata sulla politica agroalimentare al fine di aumentare la sicurezza e la salute dei consumatori. Effettivamente tutti i consumatori sono direttamente interessati ai problemi alimentari, possono non essere al corrente di come funzionano le automobili o i computer ma sono tutti interessati a conoscere composizione e qualità di ciò che stanno mangiando e bevendo. Inoltre il settore alimentare è il più importante in termini quantitativi della economia comunitaria: le famiglie spendono il 20% del loro reddito disponibile in prodotti alimentari in un mercato valutato in circa 500 miliardi di ECU. Inoltre 2,3 milioni di persone sono imðiegate nella industria alimentare e quasi 8 milioni in agricoltura.
Recenteíente i problemi della sicurezza alimentare sono stati evidenziati clamorosamente dalla crisi della 'mucca pazza' (BSE) ed un nuovo contesto internazionale è stato realizzato con l'estensione della regolamentazione GATT/WTO all'agricoltura ed in particolare con gli accordi sanitari e fitosanitari. La Commissione si é impegnata dal febbraio scorso nell’attuazione progressiva di un’autentica politica alimentare che riservi un’attenzione primaria alla tutela ed alla salute dei consumatori.
La sicurezza alimentare e la salute dei consumatori sono ormai al centro di un nuovo sforzo politico basato su tre principi generali:
(1) separazione tra responsabilità legislative e responsabilità per la consultazione scientifica;
(2) separazione tra responsabilità legislative e responsabilità di controllo;
(3) potenziamento della trasparenza e della diffusione dell’informazione nel corso del processo decisionale e di controllo.
Le responsabilità in materia di consultazione scientifica e controllo sono state affidate dal 1 Aprile 1997 alla Direzione Generale XXIV “Politica dei consumatori e protezione della loro salute”. Le esperienze recenti hanno dimostrato che la sicurezza alimentare non soltanto preoccupa i consumatori, ma che è di vitale importanza per il buon funzionamento del mercato. Essa quindi non rappresenta soltanto una condizione preliminare per la tutela dei consumatori, ma serve anche agli interessi dei produttori e di tutti coloro che sono associati alla trasformazione e alla commercializzazione dei generi alimentari e dei prodotti agricoli.
La consultazione scientifica costituisce un fattore determinante dei nuovi orientamenti di politica alimentare. Infatti, per quanto attiene ai problemi relativi alla salute dei consumatori, i pareri scientifici rivestono un’importanza fondamentale a tutti gli stadi, sia nell’elaborazione della nuova legislazione, sia nell’attuazione e nell’applicazione della legislazione vigente.
L’obiettivo assegnato alla legislazione europea nel settore alimentare è quello di migliorare continuamente la disponibilità di prodotti sicuri e sani, garantendo che i prodotti agricoli primari, i prodotti finiti e l’insieme dei procedimenti e dei prodotti intermedi vengano valutati dal punto di vista dei rischi potenziali per la salute.
Il nuovo approccio in materia di consultazione scientifica si basa su tre principi. Anzitutto i pareri scientifici devono essere del più alto livello possibile, ed è quindi fondamentale che la valutazione dei rischi potenziali venga effettuata da “scienziati” eminenti (principio di eccellenza). Inoltre le personalità scientifiche chiamate a far parte dei comitati scientifici devono essere indipendenti da qualsiasi interesse che risulti antagonistico con la loro missione, che è quella di fornire un parere imparziale, adeguato a garantire la tutela della salute (principio di indipendenza). Infine tutte le parti interessate, in particolare i consumatori, debbono accedere agevolmente alle informazioni sulle procedure di lavoro dei comitati, nonché ai loro pareré (principio di trasparenza). Ad esempio è possibile prendere conoscenza dei mandati, della composizione, del programma di lavoro e dei pareri dei vari comitati scientifici su Internet. Anche le opinioni di minoranza vengono rese note.
L’analisi del rischio costituisce un secondo fattore altrettaîto äeterminante dei nuovi orientamenti della politica alimentare. Si tratta di un’impostazione sistematica che integra la valutazione scientifica dei pericoli con la loro probabilità di manifestarsi in un dato contesto (valutazione del rischio), con la valutazione del complesso delle misure che permettono di ottenere un adeguato livello di protezione (gestione del rischio), con lo scambio di informazioni con tutte le parti interessate, decisori, controllori, consumatori, produttori, per spiegare e giustificare le misure previste (comunicazione del rischio).
L’analisi del rischio, nel settore della tutela della salute dei consumatori, deve consentire alla Commissione di svolgere una funzione intermediaria fra il mondo scientifico e quello della politica, nonché nei confronti delle altre componenti della società civile. Occorre ricordare che in pratica non esiste il concetto di “rischio zero” e che l’informazione sul livello del rischio è pertanto d’importanza fondamentale per il consumatore. Nella sua analisi del rischio, la Commissione si baserà sul principio di precauzione nei casi in cui le basi scientifiche risultino insufficienti o si manifestino incertezze. In stretta collaborazione con gli Stati membri la Commissione assicurerà in continuazione una funzione di sorveglianza per quanto riguarda l’emergere di nuovi pericoli connessi allo sviluppo della produzione agricola e industriale.
Un importante elemento consiste nella definizione di una nuova impostazione in materia d’ispezione e di controllo.
Nel settore veterinario e fitosanitario, in base alla situazione esistente in cui l’applicazione delle norme comunitarie spetta agli Stati membri, si cercherà di mettere a punto procedure ufficiali di controllo ai fini della valutazione dell’azione delle autorità competenti nazionali. Si procederà inoltre alla definizione di priorità d’ispezione e all’introduzione e allo sviluppo di un approccio globale. La definizione delle priorità d’ispezione, tramite una procedura informale di valutazione dei rischi, comprende una valutazione su base sia nazionale che regionale dei dati geografici e climatici, della situazione sanitaria, della competenza dei servizi ufficiali, dei metodi di allevamento, ecc. Comprende inoltre la messa a punto e l’introduzione di un’impostazione che includa tutta la catena produttiva alimentare e tutti gli aspetti fitosanitari (gruppi d’ispezione, composti da esperti multidisciplinari).
Per quanto riguarda il controllo dei generi alimentariverranno mantenute in vigore le procedure esistenti, basate sui controlli per la vigilanza e la valutazione dei sistemi di controllo ufficiali negli Stati membri. Come già avviene, si tratterà di controllare l’applicazione delle norme sulla prevenzione delle frodi economiche, per esempio dell’informazione inesatta sulla qualità e dell’etichettatura inadeguata.
Coerentemente con quanto precede, mi sembra che il problema del controllo ne sollevi un altro connesso al fatto che, se i controlli veterinari e delle derrate alimentari sono di competenza degli Stati membri, questi ultimi non dispongono tutti delle stesse risorse e della stessa capacità da destinare alle azioni di controllo. Da ciò deriva che i vari operatori economici interessati possono trovarsi in situazioni diverse a seconda dello Stato membro sul cui territorio risiedono e non sono certi, almeno per quanto riguarda i consumatori, di beneficiare dovunque dello stesso grado di protezione e di garanzia di sicurezza, sebbene il mercato unico sia una realtà concreta.
Inoltre, anche supponendo che tutti gli Stati membri destinino gli stessi mezzi al controllo, resta il fatto che essi rispettano ciascuno le proprie priorità, specie in materia di sicurezza; ciò da un lato presenta il vantaggio di poter controllare più da vicino le peculiarità di ciascun mercato nazionale, ma d’altro lato nuoce alla realizzazione simultanea di controlli basati su obiettivi di sicurezza che riguardano il mercato unico nel suo complesso. Per tali ragioni, e per garantire al consumatore un livello minimo di controllo in tutta l’Unione europea su questioni prioritarie, occorre favorire ìe formule del tipo “programma coordinato di controllo”, volte a incoraggiare gli Stati membri a effettuare contemporaneamente taluni controlli minimi.
Una politica alimentare che desideri garantire la tutela dei consumatori deve prendere in considerazione anche il problema della responsabilità.Un gran numero di problemi connessi alla qualità e alla sicurezza che i consumatori debbono affrontare riguardano i prodotti agricoli non trasformati (prodotti primari). Nei confronti di tali prodotti il consumatore si trova in una situazione sfavorevole rispetto a quella che si presenta di norma per i prodotti trasformati. Mentre per questi ultimi il consumatore dispone del modo di ottenere un risarcimento del danno ricevuto, in particolare alla salute, senza dover dimostrare la colpevolezza del produttore, per i cosiddetti prodotti primari il consumatore dispone di tale ricorso soltanto se lo Stato membro in cui si trova ha deciso di rendere applicabile tale possibilità. In caso contrario la garanzia di sicurezza si basa sulle strutture e sulle procedure di controllo cui ricorrono gli Stati membri.
Non sembra né logico, né realistico far pesare sulle autorità nazionali di controllo la responsabilità di garantire la sicurezza e la qualità sostituendosi in toto al produttore: tale responsabilità deve essere condivisa. Occorre raggiungere un equilibrio volto a far sì che se un produttore immette sul mercato un prodotto che provochi un danno si trovi nell’obbligazione di risarcire il consumatore che lo chieda, senza che quest’ultimo sia obbligato a dimostrare qualsiasi forma di colpevolezza.
A tal fine nel gennaio 1997 la Commissione ha adottato una proposta di direttiva che estende ai prodotti agricoli di base le regole sulla responsabilità per danno da prodotti, ai sensi della direttiva del 1985 concernente la responsabilità per i prodotti difettosi (direttiva 85/374/CEE). Questa direttiva si basa sul principio che il produttore è responsabile del danno causato da un difetto nel suo proäotto, anche in assenza di colpa. Estendendo questo pòincipio ai prodotti agricoli di base, i consumatori possono reclamare il risarcimento dei danni causati da prodotti pericolosi senza dover provare la colpa. I produttori saranno respïnsabili, nelle stesse condizioni dei produttori di qualsiasi altro prodotto, per esempio prodotti industriali o agricoli trasformati, per i danni causati alla salute dei consumatori dai prodotti che non garantiscono la sicurezza che il consumatore ha il diritto di attendersi.
Questo cambiamento contribuirà a ristabilire la fiducia dei consumatori nella sicurezza dei prodotti agricoli di base. La proposta ovviamente non può risolvere tutti i problemi del passato e non dispenserà comunque dall’esigenza di regole sulla sicurezza dei prodotti e da meccanismi di controllo, in questo senso l’iniziativa costituisce una misura complementare ad altre azioni adottate in questo campo.
Le nuove regole si applicheranno soltanto ai prodotti immessi sul mercato dopo la data di entrata in vigore della direttiva (1 gennaio 1999). Nel frattempo, i consumatori di prodotti venduti prima di questa data dovrebbero essere risarciti secondo le regole nazionali esistenti, come la legge sui contratti, le regole sulla responsabilità per colpa, i sistemi di sicurezza sociale. Per questo motivo, è importante che la proposta entri in vigore al più presto. A tal fine, gli Stati membri potrebbero anticipare l’applicazione delle nuove disposizioni, facendo uso della deroga prevista all’articolo 15 della direttiva del 1985. In passato, la Grecia, il Lussemburgo, la Finlandia e la Svezia hanno già esteso la legislazione nazionale ai prodotti coperti dalla presente proposta, mentre l’Austria ha parzialmente seguito questa linea (soltanto per i prodotti geneticamente modificati).
È innegabile che le informazioni fornite al consumatore tramite le etichette rappresentano un fattore di sicurezza, occorre però evitare di considerare l’etichettatura come un palliativo a una sicurezza carente o ridotta. Infatti il mantenimento di un alto livello di protezione implica che non si può parlare di autorizzare generi alimentari o metodi di produzione pericolosi in cambio di un’etichettatura adeguata: se le derrate o i metodi non sono sicuri, non possono essere autorizzati, e su questo non si discute.
Oggi si tratta di stabilire se le informazioni relative ái metodi e alle procedure produttive, anche se non hanno incidenze sulle caratteristiche alimentari del prodotto finito, debbano costituire o non costituire oggetto di un’etichettatura sistematica e obbligatoria per corrispondere alle nuove aspettative dei consumatori. La risposta deve essere sfumata, nella misura in cui l’esperienza dimostra che, se i consumatori manifestano un desiderio concreto di informazioni ulteriori su taluni aspetti di una derrata alimentare, i produttori e i distrébutori sono spesso portati a dare una risposta spontanea in vario modo, soprattutto tramite l’etichettatura.
Resta però il fatto che, pur se sono state prese le massime precauzioni in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della commercializzazione dei generi alimentari, vi è una fase in cui i vari operatori che agiscono per ottenere il massimo livello di sicurezza non hanno nessuna possibilità di intervento, si tratta della fase rappresentata dal consumatore stesso. A motivo della sua inesperienza, della sua sensibilità alle mode alimentari e alla pressione pubblicitaria, il consumatore costituisce l’anello debole della catena alimentare e proprio per questo l’etichettatura risulta il mezzo imprescindibile per garantire la sicurezza fino a tale stadio.
La politica alimentare deve estrinsecarsi mediante una legislazione efficace, ciò significa che occorre precisare e assegnare una priorità agli obiettivi perseguiti. Finora infatti le iniziative legislative comunitarie nel settore alimentare sono state elaborate a partire da varie basi giuridiche definite dal Trattato per rispondere a diversi obiettivi di azione, in particolare per varare e per far funzionare le organizzazioni comuni di mercato dei prodotti agricoli nell’ambito della politica agricola comune, nonché di garantire la libera circolazione delle derrate alimentari nel mercato unico.
La tutela della salute, della sicurezza e della qualità erano solo un punto di riferimento nella fissazione dei criteri definiti dall’armonizzazione allo scopo di eliminare gli intralci alla libera circolazione. La sicurezza nel settore alimentare non è affrontata in quanto tale, ma quasi sempre come problema connesso alla qualità. Se si esclude la direttiva del 1992 sulla sicurezza generale dei prodotti, che preveäe un obbligo generale di sicurezza e che si applica in particolare ai generi alimentari, nella misura in cui non siano applicabili legislazioni più specifiche, la sicurezza rimane piuttosto un tema di tipo “trasversale”, di cui si ritrovano vari aspetti in numerose parti della legislazione.
Ad esempio, le varie norme relative agli additivi, agli aromi, ai dolcificanti, ai coloranti alimentari, ai contaminanti, agli anticrittogamici, ai solventi sintetici, ai materiali e alle sostanze a contatto con i generi alimentari, all’igiene o ai metodi di trattamento di tali generi, nonché ai nuovi alimenti, sono altrettante componenti di una “impostazione sicurezza” a livello comunitario. Tale situazione dispersiva nuoce senz’altro all’efficacia della legislazione alimentare e alla chiarezza della politica che essa presuppone. Il rischio sta nel fatto che l’accumulazione o la giustapposizione di normative a carattere generale o settoriale porti a sovrapposizioni o a doppioni inutili, o magari anche a lacune.
Per tale motivo la Commissione ha organizzato un’ampia consultazione dell’opinione pubblica tramite il Libro verde sui principi generali della legislazione alimentare nell’Unione Europea. Il Libro verde ha lo scopo di:
- esaminare in che misura la legislazione comunitaria risponda alle necessità e alle aspettative dei consumatori, dei produttori, dei fabbricanti e dei commercianti;
- esaminare in che misura le disposizioni applicabili ai sistemi ufficiali di controllo e d’ispezione raggiungano gli obiettivi prefissi;
- avviare una pubblica discussione sulla legislazione alimentare, al fine di fornire alla Commissione orientamenti per le sue future iniziative legislative o di altro genere, relative alle derrate alimentari;
- indurre la Commissione a proporre di migliorare la tutela della salute pubblica nelle sue misure relative al mercato interno e alla politica agricola comune, a migliorare la coerenza della legislazione alimentare, a uniformarla e a semplificarla, a migliorare il funzionamento del mercato interno, a tener conto dell’importanza sempre maggiore della dimensione internazionale.
Per concludere su questo punto dirò che dobbiamo cercare di passare da una semplice legislazione comunitaria applicabile ai generi alimentari a un’autentica politica alimentare comunitaria, e che ciò implica l’identificazione e la prioritizzazione degli obiettivi rispetto ai fattori dominanti rappresentati dalla sicurezza e dalla salute.
Concepire una politica efficace ai fini dell’innocuità dei generiàalimentari non è facile, giacché essa esige notevoli sforzi nella misura in cui presuppone il rispetto di numerosi imperativi:
(a) che le misure legislative prendano in considerazione i dati scientifici più recenti e più completi; (b) che il principio di precauzione prevalga, se i dati scientifici sono incompleti o ambigui e non consentono di valutare correttamente il rischio; (c) che in tutte le fasi della catena alimentare, le responsabilità in materia di innocuità e di salubrità siano chiaramente definite ed esistano clausole di responsabilità in caso di danni alla salute dei consumatori; (d) che si adottino misure di controllo riguardanti tutti i punti critici della catena alimentare e che si applichino anche ai prodotti importati; (e) che il consumatore sia informato correttamente circa la natura e il contenuto dei generi alimentari; (f) che vengano chiaramente definite le responsabilità dei vari addetti al controllo, nonché la natura dei controlli stessi.
In linea di massima, nel corso dell’ultimo decennio, il consumatore ha acquisito consapevolezza della necessità di seguire un modello di sviluppo durevole caratterizzato dalla presa in considerazione dell’imperativo del rispetto dell’ambiente nelle attività produttive e nel consumo, in stretta connessione con la tutela della salute. In tale contesto i consumatori manifestano un interesse sempre maggiore per i metodi produttivi dei prodotti che vengono loro offerti. Ad esempio sono sempre più numerosi i consumatori che vogliono assicurarsi che gli alimenti che essi consumano vengano prodotti secondo metodi rispettosi dell’ambiente e del benessere degli animali allevati. Le paure provocate dalla storia della “mucca pazza” hanno ricordato senza equivoci che taluni metodi di produzione potrebbero avere ripercussioni sull’innocuità dei generi alimentari.
Tenuto conto dei numerosi allarmi in materia di sicurezza e di salute, è assolutamente inevitabile porsi il problema di rivedere in parte il modello di sviluppo agricolo in vigore da varie decine di anni. Si potrebbe, ad esempio, attribuire un’importanza maggiore alle modalità di produzione biologica dei prodotti agricoli e offrire maggiori possibilità ai produttori desiderosi di imboccare tale strada. Nello stesso ordine di idee è aperta la discussione sui risvolti etici ed ecologici dei nuovi progressi scientifici, come le applicazioni della genetica alla produzione di generi alimentari (impiego di organismi modificati geneticamente) o l’applicazione delle tecniche di clonaggio.
In ragione di quanto ho appena detto, la politica alimentare comunitaria deve prendere in considerazione le nuove aspirazioniàdei consumatori. Infatti, come ho già ricordato, la preoccupazione principale è stata finora quella di garantire la libera circolazione dei generi alimentari, anzitutto tramite una legislazione armonizzata. Non ci si è preoccupati abbastanza dei problemi nutritivi e sanitari o dei modi di rispondere agli interessi dell’opinione pubblica. Ma è evidente che la politica alimentare deve permettere anche di aumentare la presa di coscienza dei cittadini in merito ai loro acquisti alimentari, ai loro regimi, alla preparazione dei loro pasti, e può contribuire a incoraggiarli a fare scelte sane, consentendo di migliorare la salute e di ridurre le malattie. Tra gli obiettivi della legislazione comunitaria nel settore alimentare è incluso quello di assicurare la concorrenza in questo settore e la sua competitività a livello internazionale . La prospettiva futura è l'integrazione di una efficace legislazione focalizzata sulla sicurezza alimentare e sulla salute dei consumatori con una vera e propria politica alimentare che promuova tutti gli aspetti che coinvolgono i consumatori: istruzione, informazione, sostenibilità, e specialmente gli interessi economici.
A prescindere da queste nuove importanti iniziative nel settore alimentare che verranno comunque valutate meglio nei prossimi anni, i risultati della politica comunitaria nel campo della sicurezza e salute dei consumatori sono lusinghieri. Nel campo della legislazione preventiva, la direttiva 92/59 sulla sicurezza dei prodotti ed il relativo Sistema Rapido di Scambi (REIS) ad esempio, sono caratterizzati da un approccio orizzontale e superano tutta la normativa specifica vigente per vari prodotti, stabilendo nuovi principi di carattere generale nel campo della responsabilità della fornitura di servizi. Si presentano quindi non solo come un punto di riferimento per la legislazione sulla sicurezza dei prodotti, ma anche un modello per iniziative future.
Esistono alcune carenze, come i limitati poteri attribuiti alla Commissione nelle situazioni di emergenza, ed il ruolo troppo limitato del Comitato di Emergenza. Queste carenze verranno eliminate per quanto possibile, come si cercherà di migliorare l'applicazione di questa normativa negli Stati membri dove l'eterogeneità di interpretazione della legislazione comunitaria è ancora rilevante. Nel campo delle misure preventive che non hanno carattere legislativo l'õtilità del 'Sistema di sorveglianza domestica e del tempo libero' è risultata molto evidente, questo sistema dovrebbe essere sfruttato meglio in futuro.
Una informazione completa e non distorta è una esigenza fondamentale non solo per un buon funzionamento del sistema economico ma, più in generale, anche per il buon funzionamento sociale e politico di un paese. Se la conoscenza della realtà viene distorta si apre la via ad ingiustizie ed anche ad una litigiosità endemica fra gruppi sociali. Non a caso si dice che la prima vittima delle guerre è la verità. Quando le relazioni, anche fra gruppi sociali, peggiorano, ognuno è più portato ad interpretare i fatti in modo tendenzioso e di parte, riducendo quindi la probabilità di raggiungere una rapida e pacifica ricomposizione delle divergenze di vedute.
I consumatori finiscono col pagare di tasca loro il cattivo funzionamento del mercato e dell'amministrazione pubblica anche perchè sul piano individuale non hanno la possibilità di procurarsi una informazione completa e corretta su tutti gli argomenti che li riguardano direttamente. Nonostante l'encomiabile attività svolta da varie organizzazioni autonome dei consumatori, spesso i singoli individui non sono ancora in grado di organizzarsi in modo efficiente per raggiungere le economie di scala minime che permettano loro una informazione sufficiente.
L'intervento pubblico dovrebbe quindi farsi carico di garantire al maggior numero possibile di consumatori una formazione ed un'informazione sufficiente sulle carateristiche dei beni e servizi disponibili sul mercato e sui prevedibili effetti delle misure di intervento pubblico che li riguardano più direttamente.
La strategia seguita finora in questo campo è stata quella di promuovere progetti pilota relativi ai mezzi di comunicazione sia attraverso la carta stampata che attraverso i mezzi audiovisivi ed elettronici. Di norma si sono incentivate iniziative nazionali attraverso sussidi volti a potenziarne lo scambio di informazioni sulle esperienze acquisite.
Dal 1994 si realizza una 'Concorso dei Giovani Consumatori' che ha interessato annualmente oltre 60 mila ragazzi di età compresa fra i 10 e 14 anni. E' stata inoltre pubblicata una 'Guida per Giovani Consumatori' che si propone di insegnare ai ragazzi come fare gli acquisti in modo razionale. Sempre nel campo della foríazione si sono svolte attività a livello nazionale per addestrare e aggiornare gli insegnanti in modo da ottenere un effetto moltiplicatore nei confronti dei loro allievi. Sono inoltre stati introdotti aspetti della politica dei consumatoriànei curricula scolastici di alcuni paesi membri e si sono dati contributi per la produzione e diffusione di materiale didattico a livello nazionale.
Si sono realizzate varie attività nel campo dell'informazione a mezzo stampa fra cui il bollettino bimestrale della DG XXIV 'Info C', pubblicato in tre lingue e 10.000 copie, la Guida Europea del Consumatore al Mercato Unico, in due edizioni per un totale di 650.000 copie, una Guida all'assistenza legale nell'Area Economica Europea, nel contesto delle iniziative sull'accesso alla giustizia. Altre attività comprendono una campagna di informazione sui diritti dei consumatori attraverso i mezzi di comunicazione nazionali ed una campagna a mezzo radio in 11 lingue che ha raggiunto 120 milioni di cittadini. Si sono poi promossi incontri periodici con vari produttori televisivi per incoraggiare la diffusione di programmi sugli interessi dei consumatori.
Nel settore dell'informazione elettronica la DG XXIV è stata la seconda direzione generale ad avere un proprio sito internet sul server 'Europa' della Commissione, ed è sempre stata all'avanguardia nei mezzi di comunicazione anche con conferenze in internet dove i consumatori possono entrare in diretto contatto con i funzionari ed anche col commissario europeo. Ricorderò infine una serie di iniziative, studi e progetti pilota sul consumo sostenibile che recepivano suggerimenti del Parlamento Europeo.
L'attività svolta è stata cospicua e sicuramente molto efficace nel migliorare il livello di istruzione e di informazione dei cittadini europei. Per il futuro si può comunque aumentare il livello di integrazione degli studi e progetti pilota che saranno finanziati, unitamente all'attività legislativa svolta dalla Commissione, in modo da aumentare la produttività sociale delle risorse finanziarie utilizzate.
Anche nel campo dell'inæormazione il vincolo posto dalle limitate risorse finanziarie disponibili per la politica dei consumatori ha impedito una maggiore diffusione dell'attività svolta. Ad esempio la 'Guida Europea del Consumatore' avrebbe potuto essere diffusa in modo molto più ampio, raggiungendo direttamente le famiglie europee, ciò avrebbe però richiesto una spesa nettamente superiore alle nostre disponibilità, per cui la diffusione è stata realizzata in modo molto più modesto, attraverso le diverse organizzazioni dei consumatori.
In questo settore di attività si dovranno sviluppare gli studi ed i progetti pilota volti a diffondere fra i cittadini informazioni corrette sull'impatto che le varie forme di intervento pubblico a livello comunitario e nazionale hanno sui bilanci familiari. Purtroppo il costo amministrativo di varie politiche settoriali è noto agli esperti dei bilanci pubblici, ma è praticamente sconosciuto ai cittadini nella loro veste di contribuenti o consumatori. Ancora meno noti sono i costi per la collettività attribuibili ad una cattiva allocazione delle risorse eàquelli ambientali. Credo sia compito della politica dei consumatori aumentare per quanto possibile il livello di formazione e di informazione dei cittadini-consumatori anche perchè si tratta di un 'bene pubblico' e perchè sembra essere particolarmente suscettibile di espansione nei prossimi anni.
Così come abbiamo già visto per i problemi connessi agli interessi economici dei consumatori, anche per la rappresentanza dei consumatori possiamo distinguere due dimensioni: quella relativa al mercato e al settore privato e quella relativa all'intervento pubblico.
Nella loro individualità i singoli consumatori sono sistematicamente in una posizione di svantaggio in termini di potere contrattuale di fronte alle imprese, siano esse addette alla produzione o alla distribuzione dei beni oppure alla fornitura di servizi. Raramente un singolo consumatore può sostenere gli oneri finanziari necessari a promuovere una causa in tribunale per la difesa dei propri diritti nei confronti di una impresa di produzéone di auôomobili, per esempio, oppure nei confronti di una società multinazionale di assicurazioni.
In ossequio ai principi generali della equità e anche della concorrenza, che si sviluppa dove il potere contrattuale è equilibrato, l'intervento pubblico è fortemente motivato a tutelare i diritti dei singoli cittadini favorendo un facile accesso alla giustizia. Il diritto dei cittadini al risarcimento dei danni subiti nella loro veste di consumatori non è molto difficile da raggiungere sul piano legislativo, ma si presenta di ben più difficile realizzazione sul piano pratico, quando si tratta di organizzare una causa giudiziaria contro una controparte le cui dimensioniàfinanziarie sono spropositatamente maggiori. Per risolvere il problema è spesso opportuno incentivare l'organizzazione dei consumatori fra di loro, in modo da raggiungere le dimensioni e le capacità professionali sufficienti a permettere un confronto equilibrato con la controparte.
Mediamente nei paesi dell'Unione Europea quasi la metà del reddito nazionale viene spesa dal settore pubblico, la collettività non può però contare sul meccanismo autoregolatore della concorrenza di mercato ai fini di un corretto impiego di questo enorme flusso di risorse. Le decisioni sono prese dagli operatori politici in un contesto sociale estremamente variabile, sia in termini di dimensione territoriale (politiche regionali, nazionali, comunitarie), che in termini delle svariate problematiche di carattere più o meno settoriale o generale affrontate dall'intervento pubblico. In linea di principio l'operatore pubblico è orientato a realizzare politiche coerenti sia fra di loro che fra i diversi livelli di intervento e finalizzate al benessere dell'intera collettività, in sintonia con i principi enunciati dai trattati istitutivi della Unione Europea, spesso però gli interessi particolari di alcune categorie di operatori economici si coalizzano in termini di gruppi di pressione al fine di ottenere una formulazione dell'intervento pubblico che li avvantaggi.
In certi casi gli interessi dei gruppi di pressione sono compatibili con l'interesse generale, mirano cioè ad ottenere un intervento pubblico che li avvantaggi nel contesto dé una maggiore efficienza ed equità sociale, senza ridurre il livello di benessere dell'intera collettività. In altri casi ciò non avviene ed i privilegi concessi a specifici gruppi di operatori economici finiscono col costare molto di più alla collettività nel suo complesso. I cittadini europei finiscono in ultima analisi per sostenere questi costi, sia in termini di maggiori oneri fiscali necessari a finanziare le maggiori spese del bilancio pubblico, sia in termini di un aumento dei prezzi al consumo, ed ancora iî termini di danni ambientali. Un rapporto più equilibrato fra gruppi di pressione di interesse particolare e gruppi di pressione di interesse generale, come le organizzazioni dei consumatori o degli ambientalisti potrebbe ridurre sensibilmente i danni per la collettività generati dal prevalere di interessi di parte su quelli generali.
Purtroppo le organizzazioni dei consumatori non hanno le stesse possibilità di autofinanziamento di molti gruppi di pressione dei produttori o fornitori di beni e servizi, di conseguenza l'intervento pubblico dovrebbe favorire lo sviluppo e l'attività di queste organizzazioni al fine di migliorare il processo decisionale politico. Analogamente la struttura burocratica e amministrativa pubblica dovrebbe tendere a strutturarsi in modo da favorire un più corretto funzionamento del processo decisionale politico, capace di contrastare l'azione spesso molto forte realizzata dai gruppi di pressione che perseguono interessi particolari.
La Commissione ha adottato un piano d'azione sull'accesso dei consumatori alla giustizia e sulla risoluzione delle vertenze giudiziarie in cui sono coinvolti i consumatori. Questo piano d'azione si propone di incoraggiare la composizione dei litigi prima di coinvolgere i tribunali tradizionali, attraverso un sistema semplificato di giudizi per le questioni di minore importanza da realizzarsi specialmente a livello regionale e locale. La Commissione ha inoltre pubblicato una 'Guida all'aiuto legale nella Unione Europea' accessibile anche attraverso internet.
Per la difesa dei diritti collettivi dei consumatori, la Commissione ha formulato una proposta di direttiva secondo la quale le organizzazioni dei consumatori di uno stato potranno intraprendere azioni legali nei confronti di controparti residenti in altri paesi membri dell'Unione. Questa direttiva risolverebbe in larga parte i problemi procedurali delle azioni legali transnazionali delle organizzazioni dei consumatori.
Nella nuova versione dell'articolo 129a è inclusa la così detta 'clausola orizzontale', secondo cui nelle definizione ed applicazione delle altre politiche comunitarie si dovrà tener conto delle esigenze della protezione dei consumatori. Non è facile prevedere quale sarà in futuro l'impatto di questa clausola orizzontale, esso dipenderà comunque dalla collaborazione fra i vari servizi della Commissione. Questa collaborazione non è facile sia per la specificità di alcuni settori su cui si sono tradizionalmente sviluppate le politiche comunitarie, sia per la scarsa abitudine da parte del personale dei servizi comunitari a seguire un approccio di tipo interdisciplinare.
Tuttavia la DG XXIV cercherà di svolgere il maggior lavoro possibile in questa direzione, facendo tesoro dell'esperienza maturata dalla DG XI, secondo la quale, ad esempio, consultazioni sistematiche sono utili ma non necessariamente sufficienti a raggiungere una buona collaborazione fra servizi.
D'altro canto, per ottenere un forte effetto sinergico, è nåcessaria una intensa collaborazione fra la struttura amministrativa pubblica che si occupa della politica dei consumatori e le organizzazioni dei consumatori a livello locale, nazionale e comunitario. Questa collaborazione deve basarsi tanto sulla informazione reciproca che su una strategia comune che fornisca agli operatori politici un sostegno tempestivo ed efficace nella loro attività legislativa in tutte le fasi del processo decisionale politico.
Il processo di integrazione economica ha compiuto enormi passi in avanti per effetto della azione politica svolta dalla Comunità Europea. Si è liberalizzata la circolazione dei beni, dei servizi, del capitale e dei lavoratori fra i paesi membri. Gli scambi fra i paesi che ora costituiscono la EU15 nel 1960 costituivano il 6% del PIL, mentre nel 1995 ne rappresentavano il 15%, nello stesso periodo di tempo gli scambi con i paesi terzi sono rimasti a quota 9% del PIL. Inoltre si è verificata una certa convergenza fra prezzi dei prodotti venduti sui diversi mercati nazionali.
Per una gran parte dell'intervento pubblico l'attività a livello comunitario è passata dalla fase di informazione fra paesi membri a quella di consultazione reciproca, a quella di armonizzazione delle politiche applicate. L'unificazione a livello comunitario dell'intervento pubblico si fa più frequente, pur nel rispetto del principio di sussidiarietà che mantiene ai livelli nazionale e regionale le decisioni politiche che si possono prendere nel modo più efficace a questi livelli decisionali.
Il mercato unificato ha portato indiscutibili vantaggi in termini di ricchezza e di libertà ai cittadini europei, l'unione monetaria aumenterà la stabilità del sistema economico europeo mentre la politica di coesione continuerà a ridurre le differenze di reddito fra i cittadini europei sia nella dimensione sociale che in quella geografica.
La politica dei consumatori sviluppatasi specialmente negli ultimi anni può contribuire sensibilmente ad approfondire questo processo di integrazione europea attraverso una migliore difesa degli interessi dei cittadini-consumatori óul mercato e attraverso un miglioramento qualitativo di larga parte dell'attuale intervento pubblico ai vari livelli decisionali. Per sfruttare pienamente queste potenzialità di aumento del benessere sociale dei cittadini europei è però necessaria una maggiore informazione sugli effetti dell'intervento pubblico ed una maggiore collaborazione fra le varie organizzazioni dei produttori, distributori e consumatori, oltre ad una maggior presa di coscienza da parte delle organizzazioni dei consumatori del ruolo fondamentale che possono svolgere in difesa degli interessi di tutta la collettività.
Riferimenti bibliografici
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Dutch Presidency (1997) The future of Consumer Policy in a Changing Environment, EU Consumer Council, Amsterdam.
Molle W. (1997) The Economics of European Integration, Ashgate.
Tarditi, S. (1997) Perspectives of Consumer Policy in the agri-food sector, EU DG24, Brussels
Testori Coggi P. (1997) Scientific consultation and control: the new Commission policy, 6th Annual Conference on European Food Law, Brussels, June 18th
Effettivamente questi cinque diritti erano già Stati enunciati dal presidente americano John F. Kennedy al congresso degli Stati Uniti il 15 marzo del 1962, dove osservò anche che i consumatori erano "l'unico importante gruppo econmico mancante di una organizzazione efficiente". Evidentemente le esigenze ed i problemi che si incontrano nell'organizzazione dei consumatori îon sono specifici dell'Europa ma sono comuni ai prinãipali paesi industrializzati.
Ufficio Europeo delle Unioni dei Consumatori, Comitato delle Organizzazioni Familiari presso la CE, Comunità delle Cooperative dei Consumatori, Confederazione Europea dei Sindacati.
Una posizione 'orizzontale' così forte finora era Stata presa solo nell articolo 130r(2) relativa all'ambiente e nella nuova versione dell'articolo 129 I.
Molle, W. (1997) p. 498.
ard Libro verde sui principi generali della legislazione alimentare nell’Unione europea
Fonte: http://www3.unisi.it/aep/ref/Bonino_E_(1998)_Politica_Consumatori.doc.doc
Sito web da visitare: http://www3.unisi.it/
Autore del testo: E.bonino
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