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RIASSUNTI DEL
“MANUALE DI DIRITTO PRIVATO”
Di: A.Torrente P.Schlesinger
Capitolo 3: EFFICACIA TEMPORALE DELLE LEGGI
Per l’entrata in vigore dei provvedimenti legislativi si richiede oltre all’approvazione da parte delle due Camere:
Con la pubblicazione la legge si reputa conosciuta e diventa obbligatoria per tutti, anche per chi, in realtà, non ne abbia conoscenza. Vale, infatti, il principio per cui ignorantia iuris non excusat, cosicchè nessuno può invocare a propria scusa, per evitare una sanzione, di aver ignorato l’esistenza di una disposizione di legge. La Corte costituzionale ha tuttavia stabilito che l’ignoranza della legge è scusabile quando l’errore di un soggetto in ordine all’esistenza o al significato di una legge penale sia stato inevitabile.
13 Abrogazione della legge
Una disposizione di legge viene abrogata quando un nuovo atto dispone che ne cessi l’efficacia (anche se una norma, pur dopo abrogata può continuare ad essere applicata ai fatti verificatisi anteriormente).
Per abrogare una disposizione occorre sempre l’intervento di una disposizione nuova di pari valore gerarchico: e così una legge non può essere abrogata che da una legge posteriore.
L’abrogazione può essere espressa o tacita. Espressa quando la legge posteriore dichiara esplicitamente abrogata una legge anteriore. Tacita se manca, nella legge successiva, una tale dichiarazione formale, ma le disposizioni posteriori: a) o sono incompatibili con una o più disposizioni antecedenti; b) o costituiscono una regolamentazione dell’intera materia già regolata dalla legge precedente, la quale, pertanto, deve ritenersi assorbita e sostituita integralmente dalle disposizioni più recenti anche in assenza di una vera e propria incompatibilità tra la vecchia e la nuova disciplina.
La deroga si ha quando una nuova norma sostituisce, ma solo per specifici casi, la disciplina prevista dalla norma precedente, che continua però ad essere applicabile a tutti gli altri casi.
Un’altra figura di abrogazione espressa può essere realizzata mediante un referendum popolare, quando ne facciano richiesta almeno 500.000 elettori o 5 Consigli regionali, e la proposta di abrogazione si considera approvata se alla votazione partecipi la maggioranza degli aventi diritto purchè la proposta di abrogazione consegua la maggioranza dei voti espressi (Art.75 Cost.). Anche la dichiarazione di incostituzionalità di una legge ne fa cessare l’efficacia. Ma mentre l’abrogazione ha effetto solo per l’avvenire (la legge, benchè abrogata, può e deve essere ancora applicata ai fatti verificatisi quando era in vigore), la dichiarazione di incostituzionalità, invece, annulla la disposizione illegittima ex tunc, come se non fosse mai stata emanata, cosicchè non può più essere applicata neppure nei giudizi ancora in corso e neppure ai fatti già verificatisi in precedenza.
L’abrogazione di una norma che, a sua volta, aveva abrogato una norma precedente non fa rivivere quest’ultima, salvo che sia espressamente disposto: in tal caso la norma si chiama ripristinatoria.
L’art.11.1 delle preleggi stabilisce che “la legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo”. Si dice, quindi, retroattiva una norma la quale attribuisca conseguenze giuridiche a fattispecie (concrete) verificatesi in momenti anteriori alla sua entrata in vigore. Nel nostro ordinamento solo la norma penale non può essere retroattiva: “nessuno può essere punito per un fatto che non costituiva reato. Efficacia retroattiva hanno, poi, le c.d. “leggi interpretative”, ossia emanate per chiarire il significato di norme antecedenti e che, quindi, si applicano a tutti i fatti regolati da queste ultime.
In alcuni casi interviene il legislatore a regolare il passaggio tra la vecchia e quella nuova con specifiche norme, che si chiamano disposizioni transitorie. La legge nuova non può colpire i diritti quesiti, che, cioè, sono già entrati nel patrimonio di un soggetto (teoria del diritto quesito); inoltre la legge nuova non estende la sua efficacia ai fatti definitivamente perfezionati sotto il vigore della legge precedente, ancorchè dei fatti stessi siano pendenti gli effetti (teoria del fatto compiuto). Quest’ultima teoria è maggiormente seguita.
Si parla, invece, di ultrattività quando una disposizione di legge stabilisce che atti o rapporti, compiuti o svolgentisi nel vigore di una nuova normativa, continuano ad essere regolati dalla legge anteriore.
Capitolo 4: L’APPLICAZIONE E L’INTERPRETAZIONE DELLA LEGGE
Per applicazione della legge s’intende la concreta realizzazione, nella vita della collettività, di quanto è ordinato dalle regole che compongono il diritto dello Stato.
E’ compito dello Stato attraverso i suoi organi, curare l’applicazione delle norme di diritto pubblico. Viceversa l’applicazione delle norme di diritto privato non è imposta in modo autoritario, ma è lasciata alla prudenza e al buon senso dei singoli.
La maggior parte delle liti che quotidianamente insorgono, non viene portata all’esame del giudice: o si trascinano restando insolute, oppure vengono composte attraverso una delle seguenti vie.
Ciascuna delle parti, se non vuole lasciare insoluta la lite e non trova alcun altro mezzo per giungere ad una composizione stragiudiziale, ha sempre il diritto di rivolgersi ai giudici dello Stato, chiamando in giudizio la controparte.
Di fronte all’iniziativa giudiziale dell’attore, il convenuto può assumere uno dei seguenti atteggiamenti:
Per risolvere sia le questioni “di fatto” che quelle “di diritto” è indispensabile avere individuato la disposizione da applicare e averla “interpretata”.
Interpretare un testo normativo non vuol dire solo conoscere quanto il testo in sé già esprimerebbe, bensì decidere che cosa si ritiene che il testo effettivamente possa significare e, conseguentemente, come vadano risolti i conflitti che insorgono nelle sua applicazione.
L’attività di interpretazione non può mai esaurirsi nel solo esame dei dati testuali.
In primo luogo, infatti, non tutti i vocaboli contenuti nelle leggi possono essere definiti nelle leggi stesse: pertanto il significato che viene loro attribuito in ciascun contesto va ricavato da elementi extra-testuali.
In secondo luogo le leggi, nel disciplinare rapporti sociali, si riferiscono, in generale a classi di rapporti: spetterà all’interprete, di fronte a rapporti concreti, decidere se considerarli inclusi nella disciplina della singola norma, oppure no, ed a tal fine l’interprete dovrà impiegare particolari tecniche di “estensione” o di “integrazione” delle disposizioni della legge, attingendo a criteri di decisione extra-legislativi.
In terzo luogo le formulazioni delle leggi sono spesso in conflitto tra loro: conflitti che si superano ricorrendo a criteri di gerarchia tra le fonti, a criteri cronologici, a criteri di specialità.
In quarto luogo, di fronte a ciascun caso singolo difficilmente si può applicare un’unica norma, ma occorre utilizzare un’ampia combinazione di disposizioni, ritagliate e ricomposte per adattarle al caso: operazione complessa che si avvale di nozioni sistematiche a carattere dottrinario ed extra-testuali.
L’attribuzione da parte dell’interprete a un documento legislativo viene detta interpretazione “dichiarativa”. Quando invece il processo interpretativo attribuisce ad una disposizione un significato diverso da quello che apparirebbe, a prima vista, esserle “proprio”, si parla di interpretazione “correttiva”.
Dal punto di vista dei soggetti che svolgono l’attività interpretativa si distingue tra interpretazione giudiziale, dottrinale e autentica.
L’attività interpretativa assume valore vincolante solo quando è compiuta dai giudici dello Stato nell’esercizio della funzione giurisdizionale (c.d. interpretazione giudiziale).
L’interpretazione dottrinale è costituita dagli apporti di studio dei cultori delle materie giuridiche, i quali si preoccupano di raccogliere il materiale utile alla interpretazione delle varie disposizioni, di illustrarne i possibili significati, di sottolineare le conseguenze delle varie soluzioni interpretative.
Non costituisce, infine, vera attività interpretativa la c.d. interpretazione autentica, ossia quella che proviene dallo stesso legislatore, che emana apposite norme per chiarire il significato di norme preesistenti. Questa ha efficacia retroattiva: infatti essa chiarisce anche per il passato il valore da attribuire alla legge precedente, troncando i dubbi che erano sorti sulla sua interpretazione.
18 Le regole dell’interpretazione
Il c.c. impone di valutare non solo il significato proprio delle parole (c.d. interpretazione letterale), ma anche l’intenzione del legislatore.
Altri criteri cui l’interprete e il giudice si rivolge, sono:
Il giudice quando non riesce a risolvere il caso su cui deve pronunciarsi deve procedere applicando “per analogia” le disposizioni che regolino casi simili, e qualora il caso rimanga ancora dubbio, applicando “i principi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato”.
Ricorrere ad un ragionamento per analogia significa applicare ad un caso non regolato (in quanto per esso non si è trovato nessuna norma che lo contempli) una norma non scritta ricopiata da una norma scritta, la quale, però, risulta dettata per regolare un caso diverso, sebbene simile a quello da decidere.
Individuare tra due fattispecie diverse, una regolata ed un’altra non regolata, un rapporto di somiglianza, significa che di due entità può dirsi che sono simili se hanno qualche elemento in comune. Deve trattarsi proprio dell’elemento che giustifica la disciplina accordata al caso: l’identità di quell’elemento ci fa concludere che pur il caso non regolato merita identica disciplina.
L’analogia si fonda su una identità di ratio: ove tra due fattispecie sussista una somiglianza data da identità di alcuni elementi e la ratio della norma che disciplina uno dei due casi va rintracciata proprio in esigenze legate all’elemento che risulta comune ad entrambe le fattispecie, anche al secondo caso, per il quale ricorre una identica ratio (giustificazione), potrà applicarsi la norma dettata per la prima fattispecie.
Il ricorso all’analogia è sottoposto, nel nostro ordinamento a limiti: essa non è consentita né per le leggi penali, né per quelle che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi.
Il divieto si giustifica in relazione alle norme penali, per il principio di stretta legalità che caratterizza le norme incriminatrici: nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto compiuto.
Il divieto dell’analogia nell’applicazione delle leggi penali non vale, peraltro, per l’interpretazione estensiva, con la quale ci si limita ad adeguare la portata letterale della norma alla effettiva volontà legislativa.
Capitolo 5: I CONFLITTI DI LEGGI NELLO SPAZIO
In ciascun Paese, vengono elaborate norme di diritto internazionale privato: ossia regole che stabiliscono quale tra varie leggi nazionali vada applicata nelle singole ipotesi, scegliendo dal punto di vista spaziale, la legge più idonea a disciplinare quella fattispecie, ossia la legge vigente nello Stato ove il rapporto appaia meglio localizzato.
Il diritto internazionale privato:
Per stabilire quale sia l’ordinamento da applicare occorre in primo luogo procedere alla qualificazione del rapporto in questione, evidenziandone la natura. Fatto ciò, occorre che la norma di diritto internazionale privato precisi un elemento del rapporto per elevarlo a momento di collegamento, ossia al momento decisivo per l’individuazione dell’ordinamento competente a regolare il rapporto in oggetto.
L’art.31 delle preleggi disponeva che “in nessun caso le leggi e gli atti di uno Stato estero possono avere effetto nel territorio dello Stato, quando siano contrari all’ordine pubblico o al buon costume.
L’ordine pubblico in questione non è il c.d. ordine pubblico interno, bensì quello internazionale, che abbraccia solo i fondamentali principi cui l’ordinamento pubblico giuridico italiano è ispirato.
Per quanto riguarda la capacità giuridica delle persone fisiche si applica la legge nazionale della persona. Se questa ha più cittadinanze si applica la legge di quello tra gli Stati di appartenenza con il quale essa ha il collegamento più stretto. Se tra le cittadinanze vi è quella italiana, questa prevale.
La capacità d’agire delle persone fisiche è pure regolata dalla loro legge nazionale.
Gli enti, le società, le associazioni e le fondazioni sono disciplinati dalla legge dello Stato nel cui territorio è stato perfezionato il procedimento di costituzione. Tuttavia si applica la legge italiana se la sede dell’amministrazione è situata in Italia, ovvero se in Italia si trova l’oggetto principale di tali enti.
Per quanto riguarda il matrimonio si distingue tra:
Lo stato di figlio è determinato dalla legge nazionale del figlio al momento della nascita. Il riconoscimento di un figlio naturale è regolato dalla legge nazionale del figlio al momento della nascita o dalla legge nazionale del soggetto che fa il riconoscimento, nel momento in cui questo avviene.
L’adozione è regolata dal diritto nazionale dell’adottato o degli adottanti se comune o, in mancanza, del diritto dello stato nel quale gli adottanti sono entrambi residenti al momento dell’adozione.
La successione mortis causa è regolata dalla legge nazionale del soggetto della cui eredità si tratta al momento della morte.
Per i beni immobili immateriali si applica la legge dello Stato di utilizzazione.
Le obbligazioni contrattuali sono regolate dalla legge dello Stato con il quale il contratto presenta il collegamento più stretto.
La responsabilità per il fatto illecito è regolata dalla legge dello Stato in cui si è verificato l’evento.
Tra gli stranieri occorre distinguere i c.d. cittadini comunitari dai c.d. extracomunitari. Per i primi si applica l’art.8 del Trattato Istitutivo della CE che ha introdotto la “cittadinanza dell’Unione”, attribuita a chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro. Ai cittadini comunitari non solo va riconosciuto il godimento degli stessi diritti civili attribuiti al cittadino nazionale, ma spettano perfino alcuni limitati diritti politici, quali il voto delle elezioni comunali.
Per gli extracomunitari è applicabile sia il diritto d’asilo, sia l’inammissibilità della estradizione per reati politici. Inoltre allo straniero comunque presente alla frontiera o nel territorio dello Stato sono riconosciuti i diritti fondamentali della persona umana previsti dalle norme di diritto interno. Pure all’extracomunitario è assicurato il godimento dei diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano a meno che le convenzioni internazionali in vigore per Italia dispongano diversamente. Nei casi in cui sia prevista la condizione di reciprocità, ossia la concessione di un diritto allo straniero a condizione che nella medesima fattispecie ad un italiano, nel paese di cui quello straniero è cittadino, quel diritto sarebbe parimenti riconosciuto, la ricorrenza di tale reciprocità deve essere accertata secondo criteri da statuirsi in un apposito regolamento di attuazione.
A tutti i lavoratori stranieri, infine, è garantita parità di trattamento e piena eguaglianza di diritti rispetto ai lavoratori italiani.
Fonte: http://studiando.altervista.org/UNIVERITY/1anno/PRIVATO/riassunto%20del%20torrente.doc
Sito web da visitare: http://studiando.altervista.org
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
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"Ciò che sappiamo è una goccia, ciò che ignoriamo un oceano!" Isaac Newton. Essendo impossibile tenere a mente l'enorme quantità di informazioni, l'importante è sapere dove ritrovare l'informazione quando questa serve. U. Eco
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