Il reato

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Il reato

Il fatto di reato.

Il principio di materialità.

Nella struttura del reato il primo e fondamentale elemento è il fatto: il fatto tipico che la legge penale assume ad oggetto d’incriminazione.
Cogitationis poenam nemo patitur: nessuno può essere punito per il mero pensiero, per un atteggiamento interiore che non sia tradotto in comportamenti esteriori. I precetti giuridici non possono avere ad oggetto che fatti dell’uomo: fatti materiali, che avvengono nel mondo esterno delle relazioni intersoggettive.

Delitti e contravvenzioni.

Nell’ordinamento giuridico italiano vigente i reati si distinguono in due grandi categorie: delitti e contravvenzioni.
Possiamo pensare ai delitti come alla categoria più grave, e alle contravvenzioni come alla categoria meno grave.
Sono delitti i reati per i quali il legislatore prevede la pena della reclusione e/o della multa.
Sono contravvenzioni i reati per i quali il legislatore prevede le sanzioni dell’arresto e/o dell’ammenda.
Arresto e reclusione sono pene privative della libertà; multa e ammenda sono pene pecuniarie: entrambe consistono nel pagamento di una somma di danaro.
La misura delle pene previste per le contravvenzioni è sovrapponibile alle pene previste per delitti di gravità non particolarmente elevata.

Le modalità di tipizzazione del fatto di reato.

La condotta.

Il nucleo del fatto deve essere costituito in ogni caso da una condotta dell’uomo. Un evento può mancare, la condotta no. È possibile che la fattispecie di reato si esaurisca in una determinata condotta (azione od omissione) fatta oggetto di divieto a prescindere da eventuali conseguenze ulteriori.
In alcuni casi, il precetto penale ha ad oggetto condotte tenute in presenza di una determinata situazione, dalla quale dipende la potenzialità offensiva della condotta. Parliamo in tal caso di presupposti del reato.
L’art. 42 c.p. dispone che: “Nessuno può essere punito per un’azione od omissione preveduta dalla legge come reato, se non l’ha commessa con coscienza e volontà”. Coscienza e volontà sono le condizioni minime richieste dall’ordinamento perché un comportamento dell’uomo, modellato su un’astratta fattispecie penale, gli possa essere normalmente riferito, sia cioè proprio di costui.

L’evento naturalistico.

Il concetto di evento, o evento naturalistico, viene usato per designare le conseguenze causalmente connesse alla condotta dell’agente, che una fattispecie penale assuma ad elementi costitutivi del reato.
Possiamo ricondurre alla categoria dei reati con evento tutte le fattispecie delle quali sia elemento costitutivo uno stato di fatto logicamente separabile dalla condotta, come risultato di questa, ancorché tendenzialmente coincidente con la realizzazione della condotta.
I reati con evento sono spesso a forma libera, nel senso che la tipizzazione della condotta si esaurisce nel profilo causale, senza che la fattispecie legale dia rilievo ad alcuna ulteriore caratteristica o modalità di condotta. In questi casi la realizzazione dell’evento è vietata incondizionatamente. È il caso dell’omicidio: il delitto sussiste quale che sia la condotta che abia cagionato la morte di un uomo.
È anche possibile che la legge operi una selezione entro le condotte causalmente rilevanti, dando rilievo a particolari modalità. Con riguardo alla tecnica di costruzione della fattispecie, parliamo di reati a forma vincolata.

Illeciti di lesione e di modalità di lesione.

Il fatto di reato dovrebbe incorporare, secondo i principi costituzionali, l’offesa al bene giuridico tutelato, sotto forma di danno effettivo o di messa in pericolo. Tipicità ed offesa dovrebbero coincidere.
È possibile che gli interessi tipicamente offesi da un determinato tipo di reato siano più di uno. In ipotesi del genere si parla di reati plurioffensivi.
In ragione dell’importanza del bene viene talora prevista una tutela a tutto campo, che copre qualsiasi offesa del bene, indipendentemente dal modo in cui sia stata cagionata. Si parla in questi casi di illeciti di lesione.
Quando la fattispecie di reato dà rilievo a determinate modalità di offesa, l’illecito penale è costruito come illecito di modalità di lesione, il cui specifico disvalore dipende dal mezzo o modo in cui un determinato risultato è stato realizzato.

Il problema dell’offesa.

Dalla norma sul reato impossibile (art. 49 c.p.) è stata tratta la conclusione che non basterebbe che un fatto sia formalmente conforme al tipo descritto nella norma incriminatrice di parte speciale; occorre che, in concreto, sia idoneo a ledere o porre in pericolo gli interessi che la norma incriminatrice tende a tutelare.
Il reato impossibile per inidoneità dell’azione si avrebbe quando tutti gli estremi costitutivi del tipo di reato si sono realizzati, ma per particolari circostanze del caso concreto l’interesse che il legislatore intendeva tutelare non è stato leso o messo in pericolo.
Questa disposizione non farebbe che esprimere a livello di legge ordinaria il principio costituzionale della necessaria offensività del reato.

 

Consumazione del reato e tipologie di reati.

Quando si siano realizzati tutti gli elementi costitutivi necessari e sufficienti a integrare un determinato tipo di reato, si parla di reato consumato.
Si definiscono reati istantanei i reati nei quali, una volta che il reato si sia consumato, il protrarsi della situazione antigiuridica realizzata non fa parte del tipo di reato.
Vi sono anche reati la cui struttura tipica è diversa, nel senso che, pur dopo la consumazione del reato, segue una fase nella quale perdura la realizzazione della condotta della condotta criminosa. Reati di questo tipo sono definiti reati permanenti.
In alcuni casi, la realizzazione del reato richiede una pluralità di comportamenti, ripetuti nel tempo. Si parla, in tal caso, di reati abituali.

I soggetti.

Reati comuni e reati propri.

Per i reati che costituiscono violazione di precetti destinati a chiunque, si usa la definizione di reati comuni.
Per i reati che costituiscono violazione di precetti rivolti non a chiunque, ma a categorie determinate di soggetti, è in uso la definizione di reati propri. Come destinataria del precetto è individuata una categoria di soggetti che si trovano nella posizione di potenziali offensori degli interessi protetti, per essere tali interessi in qualche modo collegati ed esposti alla loro sfera d’azione o di potenziale controllo.
I reati propri hanno a che fare con doveri funzionali.

Qualifiche formali e svolgimento di fatto di date attività.

È l’assunzione di un ruolo, caratterizzato da una data corona di poteri e doveri aventi a che fare con la protezione di dati beni, che obbliga al rispetto dei doveri inerenti al ruolo, a garanzia del bene in gioco. Per fondare la qualifica soggettiva richiesta dalla fattispecie di reato proprio, l’assunzione del ruolo è condizione necessaria e, insieme, sufficiente. In questo contesto si inserisce la figura dell’amministratore di fatto: il nuovo art. 2639 c.c. equipara al soggetto formalmente investito di una data qualifica, colui che esercita in modo continuativo e significativo i poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione.

Qualifiche soggettive, persone giuridiche, orgaizzazioni complesse.

In alcuni casi la qualifica soggettiva, cui si riferisce il precetto penale, non necessariamente appartiene a una persona fisica, ma può appartenere a una persona giuridica.
In prima battuta la norma penale si rivolge al soggetto o ai soggetti che, secondo le regole proprie dei diversi tipi di persona fisica o ente collettivo, ricoprono una posizione di vertice, caratterizzata dai poteri di direzione e gestione al più alto livello.

Le articolazioni del sistema.

Norme generali e speciali.

I tipi di reato configurati dalle norme penali compongono, nel loro insieme , un sistema.
La tipizzazione degli illeciti penali, nella parte speciale del sistema penale, dà luogo anche ad un reticolo di confini interni al sistema penale, fra gli ambiti di applicazione di fattispecie contigue, che cioè si riferiscono a situazioni che presentano tratti comuni e aspetti differenziali.
Alcune fattispecie sono tra loro in rapporto di specialità, da genere a specie. È speciale la fattispecie che ha come elementi costitutivi gli elementi costitutivi della fattispecie generale, più altri elementi, cosiddetti specializzanti, che aggiungendosi agli elementi costitutivi della fattispecie generale danno vita ad una fattispecie il cui ambito di applicazione è ritagliato dentro l’ambito che altrimenti sarebbe coperto dalla fattispecie generale.
Ai fatti rientranti nella fattispecie speciale, che astrattamente rientrano anche nella fattispecie generale, si applica la sola norma speciale. Si parla in questo caso di concorso apparente di norme; l’applicablità della sola norma speciale è espressamente ribadita dall’art. 15 c.p..

Fatti di reato e circostanze.

Talora la legge costruisce figure di reato fra loro distinte, ancorché in rapporto di specialità, attribuendo agli elementi specializzanti il ruolo di elementi costitutivi di un autonomo titolo di reato.
Ma la legge può anche attribuire ad elementi specializzanti il significato di circostanza aggravante o attenuante, che cioè, senza modificare il titolo di reato, incide sulle conseguenze sanzionatorie, comportando aumenti o diminuzioni di pena.
L’ordinamento penale italiano prevede circostanze aggravanti e attenuanti applicabili tendenzialmente a tutti i reati: le aggravanti previste nell’art. 61 c.p., le attenuanti previste negli artt. 62, 62-bis c.p., e altre circostanze previste in disposizioni del libro I. Vi sono, inoltre, circostanze applicabili specificamente a un reato o gruppo di reati, previste nella parte speciale.
Le circostanze sono definite elementi accidentali del reato, in contrapposizione agli elementi essenziali che concorrono a delineare le fattispecie tipiche dei diversi titoli di reato.

Reato putativo.

Il codice Rocco dedica una disposizione espressa (art. 49 c.p.) al reato supposto erroneamente, o reato putativo: “Non è punibile chi commette un fatto non costituente reato, nella supposizione erronea che esso costituisca reato”.

 

 

Il problema della causalità.

Il problema.

Per i reati con evento naturalistico si pone il problema, a quali condizioni e secondo quali criteri sia dato attribuire l’evento alla responsabilità di taluno.
Alla radice del problema causale v’è il principio di personalità della responsabilità penale: l’evento deve poter essere ascritto al soggetto agente come fatto proprio. Per poter essere ascritto ad un dato soggetto, l’evento costitutivo di reato deve essere collegato, come conseguenza fattuale, ad una condotta del soggetto o dei soggetti della cui responsabilità si faccia questione.
Art. 40 c.p.: “Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se l’evento dannoso o pericoloso, da cui dipende la esistenza del reato, non è conseguenza della sua azione od omissione”.
La responsabilità può essere affermata solo per l’autore di una condotta che sia, ad un tempo, causale e colpevole.

Il concetto di causa come condizione necessaria.

L’idea base sulla quale poggiano le diverse teorie è il modello della condizione necessaria, ovvero condicio sine qua non.
È causa dell’evento ogni antecedente senza il quale l’evento non si sarebbe verificato.
L’idea della causa come condizione necessaria incorpora l’idea di una normale pluralità di concause, tutte equivalenti sotto l’aspetto della loro necessità.
L’ipotesi che un determinato fatto sia causa di un dato evento viene verificata introducendo l’ipotesi controfattuale che quel fatto non si fosse verificato: se, escluso in ipotesi quel fatto, l’evento concreto non si sarebbe verificato, l’ipotesi causale resta confermata.
Sulla teoria della condizione sine qua non sono stati formulati rilievi critici che non ne inficiano la sostanza e la rilevanza.

Il modello della sussunzione sotto leggi scientifiche.

Il sapere scientifico come base del giudizio sulla causalità.

Il diritto ha bisogno di un sapere esterno la cui validità non dipenda dal diritto stesso. Alla domanda: “quale tipo di spiegazione causale può essere soddisfacente?”, l’epistemologia risponde che “è soddisfacente una spiegazione in termini di leggi universali…e di condizioni iniziali”.
Che cosa significa spiegare un evento in termini di leggi scientifiche e di condizioni iniziali?
Tizio esplode un colpo di pistola in direzione di Caio, che cade a terra morto; viene rinvenuto un proiettile conficcato nel cuore. La spontanea spiegazione causale, come morte conseguente al colpo d’arma da fuoco, poggia su un sapere scientifico che è anche, in termini più generici, un sapere comune attorno alle armi da fuoco ed ai loro effetti: un sapere che involge la conoscenza dei meccanismi di funzionamento delle armi e dei processi biologici indotti dall’impatto di un proiettile sul corpo umano, o più specificamente su dati organi.
Applicando il sapere scientifico alla condizione iniziale, rappresentata dal colpo di pistola sparato da Tizio, arriviamo alla spiegazione causale della morte di Caio, come conseguenza della azione di Tizio: se il colpo non fosse stato sparato, e non avesse colpito il cuore della vittima, la morte non si sarebbe verificata nel modo in cui si è verificata.
La logica della spiegazione causale è sempre quella della spiegazione sulla base del sapere scientifico.
Le conoscenze scientifiche, delle quali il giudice può e deve tener conto nella ricostruzione del nesso di causalità, comprendono tutte le conoscenze scientifiche disponibili al momento del giudizio, ancorché non disponibili all’epoca del fatto.
Il profilo di che cosa fosse, o non fosse, conosciuto o conoscibile al momento del fatto verrà caso mai in rilievo sotto il diverso profilo della colpevolezza.

L’esigenza di un sapere scientifico corroborato.

un’attribuzione di responsabilità per un determinato evento esige una spiegazione causale dell’evento, che possa essere presentata come corrispondente ai fatti. A tal fine occorre un sapere scientifico che sia stato controllato e corroborato in modi che il metodo scientifico accetta come validi.
Una ipotesi scientifica non corroborata, ancorché plausibile, non può fondare che congetture, magari ragionevoli e da prendere in seria considerazione ad altri fini, compresi ulteriori controlli.
Pur essendo impossibile dare una prova positiva definitiva di una teoria scientifica, dal superamento di controlli severi la teoria viene corroborata, e può essere accettata come tale dalla comunità scientifica.

La struttura della spiegazione causale.

La spiegazione causale che interessa il diritto penale non è una spiegazione completa della totalità delle catene causali che hanno condotto all’evento. Nel giudizio penale ciò che interessa accertare è se fra le condizioni necessarie vi sia un particolare antecedente, cui si riconnetta l’eventuale responsabilità di taluno.
La spiegazione di un evento concreto può essere dunque, ai fini penali, limitata solo ad alcuni aspetti, ed è compatibile con aspetti di incompletezza e assunzioni tacite nella ricostruzione dei fatti.
Il nesso causale fra condotta ed evento, elemento costitutivo dei reati con evento, deve essere accertato in concreto. Decisiva, dunque, la prova dei fatti. Per fondare l’affermazione di responsabilità penale, la prova dei fatti deve dare certezza razionale circa la sussistenza di tutti gli elementi del reato, compreso, ove rilevante, il nesso causale.

La questione delle leggi probabilistiche.

Possono essere usate, per le spiegazioni causali, anche leggi probabilistiche, che cioè esprimano una correlazione tra eventi in termini non di certezza, ma di probabilità?
La sentenza delle sezioni unite ha affermato che: “Non è consentito dedurre automaticamente dal coefficiente di probabilità espresso dalla legge statistica la conferma, o meno, dell’ipotesi accusatoria sull’esistenza del nesso causale, poiché il giudice deve verificarne la validità nel caso concreto, sulla base delle circostanze del fatto e dell’evidenza disponibile”.
Il concetto espresso dalla sentenza ribadisce che la prova della causalità deve poggiare su un sapere scientifico corroborato. Esclude la possibilità di fondare la prova della causalità sull’elevata della correlazione causale ipotizzata: rispetto all’utilizzazione di leggi probabilistiche, segna condizioni rigorose.

Alternative alla teoria della condizione necessaria?

La teoria della causalità adeguata.

Come alternativa alla teoria condizionalistica viene presentata la teoria della causalità adeguata. Ai fini dell’imputazione penale di un evento, verrebbe in rilievo non una qualsiasi condizione necessaria, ma solo una condizione che, oltre ad essere necessaria, è altresì idonea o adeguata a produrre l’evento.
Dato un evento concreto ed un insieme di condizioni necessarie di esso, causa adeguata potrà dirsi una condizione che, ad un giudizio ex ante sulla base dell’esperienza di situazioni simili, appare tale da rendere probabile il verificarsi dell’evento in concreto verificatosi.
Occorre tenere conto delle circostanze conoscibili ex ante da parte di un agente avveduto, e inoltre delle eventuali maggiori conoscenze del’agente concreto.
Una variante della teoria della causalità adeguata è la teoria della causalità umana, sostenuta da Antolisei. Restringere l’area di una possibile imputazione dell’evento a situazioni in cui l’evitare l’evento rientri nella sfera di signoria dell’agente. Sfuggirebbero all’imputazione causale, rispetto a un determinato antecedente, gli eventi eccezionali, che ad una valutazione ex ante avevano una probabilità insignificante di verificarsi.
Problema comune a tutte le versioni della causalità adeguata è l’incertezza dei criteri di giudizio.

Teoria dell’imputazione obiettiva dell’evento.

Ha acquistato largo seguito, in dottrina, la teoria della imputazione obiettiva dell’evento: al di là delle diverse formulazioni, l’idea di base è che, per l’imputazione dell’evento, non basta il criterio condizionalistico, ma occorre altresì che l’agente, con la sua condotta, abbia creato un pericolo riprovato dall’ordinamento, e che tale pericolo si sia poi realizzato nel concreto verificarsi dell’evento.

Il problema delle concause e l’art. 41 c.p..

Nel codice Rocco un’espressa disciplina è dedicata alle concause.
L’art. 41 c.p. stabilisce che: “Il concorso di cause preesistenti o simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall’azione od omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalità tra l’azione o l’omissione e l’evento”.
Una disciplina che si presenta come derogatoria è posta dal comma secondo dell’articolo per le cause sopravvenute: queste “escludono il rapporto di causalità se sono state da sole sufficienti a determinare l’evento”.
L’ultimo comma dell’articolo stabilisce infine che le disposizioni dei commi precedenti “si applicano anche quando la causa preesistente o simultanea o sopravvenuta consiste nel fatto illecito altrui”.

Limiti di funzionalità del paradigma causale.

Il diritto penale, per poter affermare nessi causali, ha bisogno di affidarsi a un sapere corroborato.
Là dove non dispone di leggi di copertura corroborate, il diritto penale non può non escludere il nesso causale o, meglio, la prova del nesso causale. Ma non possiamo non prendere in seria considerazione, in molti casi, il dubbio che un nesso, non provato, di fatto sussista.
Anche là dove il sapere scientifico autorizza a porre un’ipotesi causale, spesso l’esistenza di ipotesi esplicative alternative esclude che possa ritenersi acquisita la prova particolaristica.
Il rigoroso attestarsi sull’idea di causa come condizione sine qua non, da accertare alla stregua di un sapere scientifico corroborato, è imposto dai principi di legalità e di personalità della responsabilità.
In situazioni di incertezza scientifica sull’esistenza di una legge di copertura, e ancor più in situazioni d’incertezza fra più ipotesi esplicative concorrenti, il limite di funzionalità del paradigma causale conduce ad esiti che, imposti da principi garantisti inderogabili, non sappiamo se siano, nei casi concreti, di tutela dell’innocente, o non invece di mancato riconoscimento di come siano davvero andate le cose.
Il limite di funzionalità del paradigma causale lascia dunque aperti seri problemi, che interpellano anche le funzioni di tutela proprie del diritto penale.

L’anticipazione della tutela. I reati di pericolo.

I problemi.

Esigenze di tutela nella società del rischio.

La configurazione di reati di pericolo comporta un’allargamento dell’area del penalmente rilevante, che è anche un’anticipazione dell’intervento penale: questo scatta prima, e comunque in modo indipendente dal verificarsi di un evento di danno.
La messa in pericolo quale modalità di offesa è espressamente riconosciuta dalle formule del codice Rocco (artt. 40, 43, 49 c.p.) che parlano di evento dannoso o pericoloso.

Il pericolo: aspetti soggettivi e oggettivi.

Le affermazioni di rischio non sono né solo fattuali né solo affermazioni di valore. Sono entrambe le cose contemporaneamente o una via di mezzo… Come i calcoli matematici i rischi sono direttamente e indirettamente correlati alle definizioni culturali e agli standard in base ai quali si considera una vita tollerabile o intollerabile.
È possibile sciogliere l’intreccio fra aspetti soggettivi (la sensazione di timore), aspetti valutativi (definizione del rischio non accettato o non accettabile), e aspetto fattuale, scientifico?
Solo un pericolo che sia obiettivamente rilevabile e verificabile, e non meramente soggettivo, può essere assunto ad elemento di un fatto tipico di reato, rispondente ai principi di tassatività ed offensività.

La rilevanza del pericolo nel sistema penale.

Per il diritto penale il pericolo (inteso come potenzialità di danno) può venire in rilievo in vario modo.
Nella costruzione di fattispecie di reato, il problema del pericolo è un problema di modi e limiti di una possibile anticipazione dell’intervento penale, rispetto al verificarsi del danno.
Può consistere nella potenzialità di una condotta a produrre eventi d’un dato tipo.
In alcuni casi la legge penale tipicizza eventi che sono, sotto un qualche profilo, di danno, e sono invece di pericolo in relazione a potenziali ulteriori sviluppi.
Alle fattispecie di pericolo può annoverarsi la figura del tentativo, la quale rappresenta una modalità tecnica particolare di anticipazione della tutela penale.
Situazioni di pericolo sono il presupposto di un importante gruppo di cause di giustificazione.
Strettamente intrecciata al tema del pericolo è la questione della colpa.

Classificazioni del pericolo.

I reati di pericolo sono usualmente classificati nelle due categorie del pericolo concreto e del pericolo astratto (o presunto).
Si parla di pericolo concreto là dove il pericolo (la probabilità del verificarsi di un evento) è elemento costitutivo del reato, e come tale, da accertare in concreto.
Si parla di pericolo astratto là dove il legislatore, senza inserire il pericolo come requisito esplicito della fattispecie, ha tipizzato un fatto che, sulla base di una valutazione effettuata in via generale, viene ritenuto una forma tipica di pericolo.
Sono concepibili gradi diversi di concretezza del pericolo. Una cosa è prendere in considerazione ipotesi di alta probabilità di un evento di danno a persone, conseguente a un disastro, altra e ben diversa cosa è il prendere in considerazione soglie di accettabilità stabilite in modo da assicurare un margine di sicurezza più o meno ampio, rispetto a pericoli che diverrebbero concreti solo in caso di superamenti prolungati o ripetuti delle soglie normativamente fissate.

 

 

Il pericolo concreto.

La categoria dei reati di pericolo concreto, nei quali cioè il pericolo è elemento di fattispecie da accertare in concreto, appare la meno problematica a fronte del principio di offensività: quanto più concreto il pericolo necessario a integrare il reato, tanto più la concretezza del pericolo fa apparire il fatto come contro l’interesse tutelato, caratterizzato cioè da un contenuto offensivo afferrabile nella realtà fattuale, sia pure meno intenso del danno realizzato.
Il giudizio sul pericolo ha bisogno di essere fondato sul sapere scientifico. L’insorgere del pericolo, inteso come probabilità dell’evento dannoso, non può essere affermato se non sulla base delle medesime leggi esplicative che , ove l’evento di danno si sia verificato, servirebbero per affermare la causalità, rispetto a detto evento, della condotta o situazione pericolosa. Può e deve essere usato tutto il sapere scientifico disponibile al momento del giudizio.
Il giudizio di pericolo è un giudizio ex ante, una prognosi sui probabili sviluppi di una data situazione. Quali elementi di fatto possono e devono essere presi in considerazione, al fine di valutare se una data condotta o un dato evento abbiano posto in essere il pericolo di un danno che però non si è verificato?
Base del giudizio dovrebbero essere le circostanze del fatto riconoscibili al tempo della condotta, o comunque conosciute dopo.

Il pericolo astratto.

Legittimità di principio delle fattispecie di pericolo astratto.

Numerosi sono i precetti penalmente sanzionati che riguardano condotte e situazioni valutate dal legislatore come tipicamente pericolose, sulla base dell’esperienza, senza però che il pericolo sia assunto ad elemento della fattispecie. Ne sono esempi, nel diritto criminale comune, la disciplina delle armi e quella degli stupefacenti.
Pensiamo per esempio ad immissioni nell’ambiente che superino dati valori soglia, non tali da produrre, isolatamente considerate, effetti apprezzabili, ma che possono, se cumulate con altre, produrre effetti di pericolo concreto o di danno effettivo per il corpo ricettore. Si parla di microviolazioni, che acquistano consistenza offensiva in quanto seriali, collegate con altre, con effetti cumulativi.
Di fronte a condotte non accertate pericolose in concreto, la pena avrebbe una funzione puramente e semplicemente preventiva e nei confronti dei terzi, e nei confronti dell’agente. Rispetto a quest’ultimo, la ragione determinante la pena non sarebbe il comportamento realizzato, bensì un atteggiamento personale che violando una regola di obbedienza lascerebbe desumere un certo grado di pericolosità sociale. Non si punirebbe il fatto, bensì l’autore.

Condizioni e limiti di legittimità dell’anticipazione della tutela penale.

La corte costituzionale ha respinto la maggior parte delle questioni di costituzionalità su fattispecie di pericolo astratto.
La legittimità della fattispecie dipende dalla correttezza della tipizzazione. Il tipo di condotta vietato deve poter essere plausibilmente considerato una condizione tipica dell’insorgere di un pericolo per il bene protetto.

Lo svolgimento di attività senza la prescritta autorizzazione.

Una tecnica molto spinta di anticipazione della tutela è rappresentata dalla penalizzazione dello svolgimento di date attività senza la prescritta autorizzazione.
Il rilascio dell’autorizzazione, da parte dell’autorità competente, attesta il corretto svolgimento della funzione di controllo pubblico, che costituisce l’oggetto immediato di tutela. E se l’autorizzazione rilasciata non è legittima? Sussiste o no il reato di svolgimento d’attività non autorizzata? La dottrina è compatta nell’affermare l’inesistenza di reato.

La struttura del sistema.

Mediante fattispecie di pericolo il legislatore può costruire un sistema di tutela razionalmente articolato a diversi livelli.
L’esigenza di tutela più rigorosa di beni importanti spinge verso forma di tutela anticipata, anche di molto.
Il codice penale seleziona una fascia più ristretta di situazioni, caratterizzate da pericolo concreto per la salute o la sicurezza, e proprio perciò ritenute meritevoli di più severa repressione.
Soglie normativamente tipizzate e pericolo concreto concorrono così a costruire un sistema razionalmente articolato in una pluralità di piani di tutela. Alla legge speciale è affidata l’estensione e anticipazione della tutela. Al codice penale, l’adeguata repressione dei fatti più gravi, dai quali l’interesse protetto sia stato effettivamente messo in pericolo, con una concretezza tale da giustificare la qualificazione degli illeciti come delitti, ed una conseguente maggiore severità punitiva.

Il principio di precauzione.

Se sulla base di un livello di conoscenze non chiare si nega il riconoscimento di un rischio, ciò significa omettere di prendere le necessarie contromisure e lasciar crescere il pericolo.
L’incertezza scientifica appartiene alla normalità del procedere della conoscenza, che si sviluppa per tentativi ed errori, per acquisizioni progressive.
Viene qui in rilievo il cosiddetto principio di precauzione. Esso viene in rilievo quando un’oggettiva e preliminare valutazione scientifica stabilisca che è ragionevole temere che gli effetti potenzialmente pericolosi per l’ambiente o la salute degli uomini, degli animali o vegetali, siano incompatibili con l’alto livello di protezione scelto dalla comunità.
Per il diritto penale il senso del principio di precauzione può essere quello di legittimare forme d’intervento in situazioni d’incertezza scientifica, nelle quali sia scientificamente non implausibile, ma non provata, l’ipotesi della pericolosità di certe condotte o situazioni. La traduzione tecnica del principio potrà consistere esclusivamente in fattispecie costruite secondo il modello del pericolo astratto.

 

Fonte: http://www.studentibicocca.it/file/download/1103?license_confirmed=true

Sito web da visitare: http://www.studentibicocca.it/

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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