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GLI IMPEDIMENTI AL MATRIMONIO
L’impedimento è una circostanza indipendente dalla capacità cognitiva e volitiva del nubente che si pone come causa di inabilità al matrimonio per un soggetto che sarebbe di per sé capace.
In generale sono le circostanze di fatto, formalmente recepite in norme giuridiche, di diritto divino o umano, che ostacolano la valida celebrazione di un matrimonio.
L’impedimento è dato da due elementi:
Il diritto al matrimonio è astrattamente esteso a tutte le persone “qui iure non prohibentur”, quindi l’impedimento deve trovare la sua fonte solo nella legge à can. 1058
Codice 1983 : impedimento = circostanza che “personam inhabilem reddit ad matrimonium valium contrahendum” = L’impedimento rende la persona inabile a contrarre validamente il matrimonio ( àcan.1073).
La mancanza di discretio iudicii provoca l’incapacità.
Il matrimonio invalido è un matrimonio celebrato, ma al momento della celebrazione manca uno dei requisiti necessari, quindi il matrimonio è nullo.
Il matrimonio illecito è celebrato validamente, ma in presenza di una grave proibizione ai subenti. Il matrimonio è quindi valido, ma chi ha violato la proibizione ha compiuto un illecito e viene colpito da sanzioni di carattere spirituale.
CLASSIFICAZIONE DEGLI IMPEDIMENTI
Solo la Chiesa può dichiarare autenticamente quando il diritto divino proibisca o dirima il matrimonio e può stabilire nuovi impedimenti per i battezzati à can. 1075
Altre figure ostative sono:
16 anni per il maschio e 14 anni per la femmina. Le Conferenze Episcopali, tuttavia, possono stabilire un’età superiore a quella minima per la lecita celebrazione. I minorenni devono comunque essere sconsigliati dal contrarre matrimonio prima della maggiore età. In caso di nozze fra minori il parroco non può assistervi senza il consenso dei genitori, salvo i casi di necessità.
È un impedimento di diritto ecclesiastico, dispensabile dall’Ordinario del luogo.
L’IMPOTENZA – can. 1084
È l’incapacità di compiere l’atto sessuale con il quale i coniugi si uniscono à impotentia coëundi. L’impotenza sopraggiunta non ha rilievo ai fini della nullità del matrimonio, deve essere antecedente alle nozze. Può essere assoluta (se impedisce rapporti con qualunque soggetto di sesso opposto)o relativa (se impedisce rapporti con uno o determinati soggetti).
Per avere la copula è sufficiente la penetrazione in vagina e l’eiaculazione, non è necessaria l’emissione di spermatozoi. L’impotentia coëundi si riferisce solo all’impossibilità di avere rapporti sessuali per cause organiche, vizi funzionali degli organi e cause psicologiche.
La sterilità consiste nella condizione di chi, pur essendo capace di avere rapporti sessuali, non è capace di fecondare.
La sterilità non dirime né proibisce il matrimonio, salvo che sia causa di errore doloso e comporti la nullità del matrimonio per vizio del consenso (l’inganno sulla sterilità causa nell’altra parte un errore su una qualità della persona).
L’impotenza viene considerata una circostanza oggettiva, che non riguarda il consenso ma deficienze personali di altra natura.
Il Codice del 1983 consente le nozze alle donne prive di utero o ovaie e agli uomini privi di testicoli o con i canali deferenti occlusi o interrotti.
Nel processo procreativo vengono individuati due momenti distinti:
Il matrimonio si considera giuridicamente consumato quando viene compiuta l’actio humana, idonea a costituire la copula perfecta.
L’impotenza dubbia non impedisce il matrimonio né può esserne causa di nullità finchè persiste il dubbio di fatto o di diritto.
È un impedimento di diritto divino naturale, dirime il matrimonio ex ipsa eius natura.
IL PRECEDENTE VINCOLO – can. 1085
Chiunque sia legato da precedente matrimonio valido, anche se non consumato, attenta invalidamente il matrimonio.
Per matrimonio valido si intende sia quello contratto tra battezzati secondo la forma canonica, sia quello legittimo fra non battezzati, secondo le leggi civili del luogo di celebrazione. Per accedere a nuovo matrimonio è necessario che sia stata pronunciata dall’autorità della Chiesa in via definitiva la nullità o lo scioglimento del precedente vincolo.
L’impedimento cessa:
Le nozze celebrate nonostante questo impedimento sono nulle e non possono essere sanate in alcun modo.
DISPARITA’ DI CULTO – can. 1086
Mira a scoraggiare i matrimoni tra cattolici e soggetti di fede diversa.
Il matrimonio dispari, ovvero tra una persona battezzata nella Chiesa Cattolica e l’altra non battezzata, è invalido à impedimento dirimente di disparitas cultus.
Il matrimonio misto, ovvero quello celebrato tra due persone battezzate, delle quali una non nella Chiesa Cattolica ma in una comunità ecclesiale non in piena comunione con essa, necessita di una licenza per essere lecitamente celebrato.
Se sul battesimo di uno dei nubenti al tempo delle nozze sussisteva un dubbio, la validità del matrimonio era presunta per favor matrimonii.
Requisiti perché sussista l’impedimento:
Impedimento in parte di diritto divino (mira ad evitare pericoli per la fede delle parti cattoliche) e in parte di diritto umano, dispensabile a condizione che:
L’ORDINE SACRO – can. 1087
Coloro che hanno ricevuto gli ordini sacri attentano invalidamente il matrimonio.
Questo impedimento riguarda solo coloro che hanno ricevuto validamente il diaconato, il presbiterato o l’episcopato à obbligo di celibato.
Nel 1967 il pontefice Paolo VI concede la possibilità a persone già sposate di ricevere il diaconato permanente, nonostante rimanga l’inabilità a contrarre un successivo matrimonio. In caso di decesso della precedente sposa sarebbe ammissibile un nuovo matrimonio in quanto l’uomo non si era mai espressamente impegnato al celibato come stato di vita proprio.
Impedimento di diritto umano, dispensabile solo dalla Santa Sede.
VOTO PUBBLICO DI CASTITA’ – can. 1088
Il voto è la promessa deliberata e libera fatta a Dio di un bene possibile e migliore che comporta un’elaborazione spirituale per il fedele.
Perché questo sia di impedimento al matrimonio:
Impedimento di diritto umano, dispensabile dalla Santa Sede se il voto è stato emesso in istituto di diritto pontificio.
RATTO – can. 1089
Non è possibile costituire un valido matrimonio tra l'uomo e la donna rapita o almeno trattenuta contro la sua volontà allo scopo di contrarre matrimonio con essa, se non dopo che la donna, separata dal rapitore e posta in un luogo sicuro e libero, scelga spontaneamente il matrimonio.
Impedimento di diritto umano derivante da un fatto delittuoso (ratto considerato delitto al can. 1397), dispensabile dall’Ordinario del Luogo.
CRIMINE – can. 1090
Chi, allo scopo di celebrare il matrimonio con una determinata persona, uccide il coniuge di questa o il proprio, attenta invalidamente a tale matrimonio. Attentano pure invalidamente al matrimonio tra loro quelli che cooperano fisicamente o moralmente all'uccisione di un coniuge.
L’impedimento comprende sia il coniugicidio individuale (il delitto deve essere consumato e non solo tentato, fine specifico di contrarre il matrimonio, l’uccisore deve essere cattolico), sia il coniugicidio perpetrato da entrambi i nubendi (cooperazione al fine di uccidere il coniuge di uno dei soggetti, la cooperazione deve essere la causa della morte).
Impedimento di diritto umano, dispensabile solo dalla Santa Sede.
LA CONSANGUINEITA’ – can. 1091
La consanguineità è il vincolo che lega in linea retta i discendenti diretti e in linea collaterale i discendenti indiretti con uno stipite in comune.
L’affinità è, invece, il legame tra un coniuge e i parenti dell’altro coniuge.
Il matrimonio è nullo tra tutti gli ascendenti e discendenti nella linea retta della consanguineità e fino al quarto grado incluso nella linea collaterale.
Metodo per calcolare i gradi di parentela:
Il diritto canonico adotta il metodo romano.
La consanguineità in linea retta è di diritto divino naturale e non può essere dispensata; nel secondo grado della linea collaterale (fratello e sorella) c’è il dubbio che l’impedimento sia di diritto divino naturale e non è dispensabile; nei restanti gradi è di diritto umano ed è dispensabile da parte dell’Ordinario del luogo.
L’AFFINITA’ – can. 1092
L’affinità in linea retta (vincolo che intercorre tra un coniuge e gli ascendenti dell’altro coniuge) dirime il matrimonio in qualunque grado.
Impedimento di diritto ecclesiastico, dispensabile dall’Ordinario del Luogo.
PUBBLICA ONESTA’ – can. 1093
Sorge da un matrimonio invalido nel quale vi sia stata comunque vita in comune à pubblico e notorio concubinato. Dirime le nozze nel primo grado della linea retta tra l’uomo e le consanguinee della donna e viceversa. Per pubblica onestà è impedito il matrimonio tra l’uomo e la madrea della donna con cui sia legato da precedente matrimonio invalido.
1° fattispecie impeditiva: a seguito di un matrimonio invalido si instaura la vita in comune. Il matrimonio deve rivestire l’apparenza di un matrimonio canonico e la vita in comune si deve intendere come totius vitae consortium, intima comunione di vita materiale e spirituale.
2° fattispecie impeditiva: pubblico e notorio concubinato, dove per concubinato si intende l’unione stabile e non matrimoniale tra uomo e donna. È pubblico quando è attestato in atti giuridici conoscibili per la comunità, è notorio quando è conosciuto di fatto da una cerchia non ristretta di persone.
Impedimento di diritto umano, dispensabile dall’Ordinario del luogo.
ADOZIONE – can. 1094
Il vincolo di parentela che si crea con l’adozione è detto cognatio legalis.
Non possono contrarre validamente il matrimonio tra loro nella linea retta o nel secondo grado della linea collaterale, quelli che sono uniti da parentela legale sorta dall'adozione.
Il can. 110 specifica che i figli adottati a norma della legge civile si considerano come figli di chi li ha adottati.
Impedimento dirimente di diritto umano, dispensabile dall’Ordinario del luogo.
La DISPENSA costituisce una legis mere ecclesiasticae in casu particolari relaxatio, concessa dall’autorità competente quando ricorre una giusta e ragionevole causa. Con questo atto l’autorità che gode di potestà esecutiva, pur restando in vigore la legge, ne sospende l’obbligatorietà in un caso particolare.
Gli impedimenti di diritto umano possono essere dispensati dall’Ordinario diocesano, gli impedimenti certamente di diritto divino non vengono di norma dispensati.
Alla Sede Apostolica è riservata la dispensa per impedimenti di ordine sacro, di voto pubblico perpetuo di castità e da crimine.
L’Ordinario può dispensare i suoi sudditi e tutti coloro che dimorino nel territorio di sua competenza. Può dispensare anche dagli impedimenti riservati alla Santa Sede quando sia difficoltoso ricorrervi, quando vi sia pericolo di grave danno nell’attesa e quando si tratti di un impedimento che la Santa Sede è solita dispensare.
L’Ordinario non può mai dispensare dall’obbligo del celibato per i chierici à solo il Romano Pontefice può.
Eccezioni:
CARATTERI GENERALI DEL CONSENSO MATRIMONIALE
Can. 1057 : il consenso manifestato dalle parti non può essere supplito da alcuna potestà umana.
Il consenso è l’elemento centrale rispetto a tutti gli altri fattori costitutivi (forma e capacità dei nubendi). à insostituibilità del consenso.
Sono ammesse forme di celebrazione speciali (rispetto alla tradizionale che richiede la presenza del ministro di culto e di due testimoni).
Nel caso in cui manchino sacerdoti è possibile delegare i laici perché assistano alla celebrazione del matrimonio à can. 1112
In caso di periculum mortis, o di ragionevole previsione che la persona che dovrà assistere al matrimonio non potrà essere presente per almeno un mese, è possibile contrarre valido e lecito matrimonio alla presenza solo dei testimoni comuni à can. 1116
Nei matrimoni misti l’osservanza della forma canonica è richiesta soltanto per la liceità, mentre per la validità è sufficiente la presenza del ministro di culto à can. 1127
MATRIMONIO PER PROCURA
Né i genitori, né il tutore dei nubendi possono sostituirsi ad essi ed esprimere per loro una volontà matrimoniale.
Ma il procuratore che, su mandato del nubente impossibilitato a presenziare fisicamente alla cerimonia, manifesta il consenso, si limita a trasmettere una volontà altrui e agisce da mero nuncius di quanto da altri è stato deciso à matrimonio per procura.
Se il mandante revoca il mandato o è colpito da infermità di mente sopravvenuta il matrimonio è invalido.
ASSOLUTEZZA DEL CONSENSO
Il consenso non può essere integrato o supplito da una volontà pubblica.
La mancanza di volontà e l’esistenza di un vizio possono essere fatti valere senza preclusioni temporali o di altra natura. Solo i coniugi e il promotore di giustizia sono abilitati ad impugnare il matrimonio.
EFFETTIVITA’ DEL CONSENSO
La volontà manifestata all’esterno deve essersi liberamente e consapevolmente formata all’interno dell’animo del nubente che la esprime.
La volontà può mancare:
In questi casi la volontà manca oppure è viziata.
IL DIFETTO DI CONSENSO
Si verifica mancanza della volontà matrimoniale quando uno dei nubenti manifesta una volontà che in effetti non ha. àdiscordanza tra la manifestazione estrinseca e la volontà interna del nubente.
La discordanza non è voluta:
La discordanza è voluta nei casi di simulazione, totale e parziale, e di iocus.
Il matrimonio è comunque invalido.
INCAPACITA’ DI INTENDERE E DI VOLERE
Nihil volitum nisi praecognitum à per decidere bisogna conoscere.
Il nubente, per esprimere un valido consenso, deve avere capacità di intendere e di volere; se questa manca viene meno anche il consenso manifestato.
In tre casi si ha incapacità:
INSUFFICIENZA DELL’USO DI RAGIONE – can. 1095 n.1
L’usus rationis deve essere solo sufficiente ai fini della validità del matrimonio e, nel caso in cui mancasse, non ha rilievo la causa di questa insufficienza.
Perché sussista l’incapacità di prestare valido consenso, occorre che nel nubente non sia presente nemmeno quel minimo di facoltà razionali in grado di portarlo ad un elementare apprezzamento del patto nuziale.
Il soggetto può essere afflitto da:
Nel dubbio si applica il favor matrimonii.
Se si prova che l’infermità è anche antecedente al matrimonio, la presunzione si rovescia a favore della nullità del coniugio, a meno che non si dimostri che le nozze sono state celebrate in un lucido intervallo.
GRAVE DIFETTO DI DISCRETIO IUDICII – can. 1095 n. 2
Secondo San Tommaso, dottrina più antica, si ha mancanza di discretio iudicii quando il soggetto è dotato di usus rationis, ma è affitto da un’anomalia psichica tale da non fargli comprendere solo i diritti e gli obblighi essenziali del matrimonio à dementia, la psiche è colpita solo in parte.
Attualmente la discretio iudicii è legata al concetto di substantia matrimonii, ovvero i diritti e gli obblighi essenziali del matrimonio.
Quando si parla di insufficienza di usus rationis ci si riferisce a una situazione di incapacità a comprendere in astratto il matrimonio nelle sue linee essenziali, quando si parla invece di difetto di discretio iudicii si afferma l’incapacità di formulare un giudizio pratico sui doveri matrimoniali e valutarne concretamente gli effetti, la possibilità e la convenienza di impegnarvisi.
Gli effetti della mancanza di discretio iudicii si notano dei due momenti di formazione del consenso:
Altre ipotesi di difetto di discretio iudicii sono l’immaturità, il narcisismo, il mammismo.
INCAPACITA’ AD ASSUMERE GLI OBBLIGHI ESSENZIALI DEL MATRIMONIO – can. 1095 n. 3
Il soggetto comprende gli obblighi essenziali del matrimonio, ma non è in grado di adempierli e assumerli. Attinge per lo più alla sfera affettivo-sessuale: ninfomani e satiri sono incapaci di osservare l’obbligo di fedeltà, omosessuali, masochisti e sadici non sono capaci di condurre una regolare vita coniugale.
Le deviazioni, le perversioni sessuali, disturbi di natura psichica o caratteriale (psicopatia, isteria, paranoia) rendono il nubente impossibilitato ad adempiere agli obblighi e a creare il consortium omnis vitae.
LA VIOLENZA FISICA – can. 125
La vis phisica consiste in una violenza inferta dall’esterno o in una costrizione alla quale la persona non ha potuto resistere in alcun modo. à esclude in toto il consenso
Mancando totalmente la volontà si configura un difetto di consenso. La violenza fisica determina la nullità del matrimonio perché priva il violentato in modo assoluto della sua libertà psicologica.
La violenza morale, invece, consiste in minacce perpetrate al nubente al fine di costringerlo a manifestare un consenso che è suo proprio, nonostante le violenze à esprime la volontà del nubente, anche se viziata.
L’ERRORE OSTATIVO
È l’errore che cade sulla dichiarazione ed è di ostacolo alla formazione del consenso determinandone il difetto; deriva da una situazione di ignoranza o di falsa apprensione della realtà.
L’errore di fatto ha come oggetto la persona dell’altro contraente, l’errore di diritto ha come oggetto la struttura del negozio o i suoi elementi essenziali.
L’ERRORE DI DIRITTO SULL’IDENTITA’ DEL NEGOZIO – can. 1096
Comporta l’invalidità del negozio anche se non è stato determinante per il consenso. È sufficiente accertare che il nubente abbia commesso l’errore in parola, anche se si scopre che avrebbe contratto lo stesso le nozze se si fosse reso conto dell’errore.
Perché possa esservi consenso matrimoniale è necessario che i contraenti sappiano almeno che il matrimonio è un consortium (intimo legame) permanente solo tra uomo e donna, ordinato alla procreazione. Non è richiesta una precisa conoscenza dell’atto sessuale e della procreazione, ma si esige la consapevolezza che la procreazione avviene mediante una cooperazione sessuale.
L’ignoranza circa la conoscenza minima del matrimonio non si presume dopo la pubertà à presunzione iuris tantum, annullabile da prova contraria.
L’ERRORE DI DIRITTO SULLE PROPRIETA’ E LA SACRAMENTALITA’ DEL NEGOZIO
Non ha effetti invalidanti a meno che non sia stato determinante per il consenso, al punto da alterarne l’oggetto tipico. Se uno dei nubenti è fortemente convinto, per errore, che il matrimonio sia dissolubile, questo è invalido.
Nel Codice del 1917 questo tipo di errore non era da considerare invalidante à interpretazione attuale = errore che rimane confinato nella sfera intellettiva (error simplex), può costituire un elemento di motivazione ma non può influire in modo determinante nella formazione del consenso.
Può somigliare alla simulazione parziale, in quanto in entrambi i casi un nubente non vuole lo schema matrimoniale proposto dalla Chiesa, ma, in caso di errore gli è ignoto,in caso di simulazione è noto e rifiutato.
L’ERRORE DI FATTO SULL’IDENTITA’ DELL’ALTRO NUBENTE
Codice 1917 : Non rendeva invalido il matrimonio a meno che si risolvesse in errore sulla persona (error qualitatis redundans in errorem personae) o cadesse sulla condizione servile dell’altro nubente (error condicionis servilis).
Se uno dei contraenti era convinto che l’altro godesse dello status libertatis mentre era in condizione di schiavitù, il matrimonio era invalido.
Tre interpretazioni per l’errore sulla qualità identificante dell’altra persona:
1 – l’identità rilevante è solo quella fisica (visu ac conversatione) à se un nubente aveva già visto l’altro, l’errore poteva essere solo una sostituzione di persona; se non l’aveva mai visto poteva prospettarsi l’ipotesi di una conoscenza indiretta (ad es: tramite corrispondenza). Error redundans se il nubente afferma “Voglio sposare la figlia di Vittorio Emanuele”, no error redundans se afferma “voglio sposare una nobile”.
2 – dimensione materiale dell’individuo e caratteristiche che lo identificano moralmente e socialmente à error redundans può cadere sulle convinzioni religiose, sulla nazionalità, sulla situazione familiare o sulle abitudini personali dell’altro.
3 – error redundans se il consenso si rivolge principalmente su una qualità della persona, e meno verso la sua persona fisica à errore ostativo perché la qualità è identificante della persona.
Codice 1983 : l’errore sulla persona rende sempre invalido il matrimonio, l’errore su una qualità della persona no, a meno che la qualità sia stata voluta dal nubente come oggetto primario del consenso à deve essere voluta in modo diretto e principalmente.
LA SIMULAZIONE – can. 1101
Si ha la presunzione che il consenso manifestato nella celebrazione corrisponda all’interno volere à intentio generalis faciendi quod facit Ecclesia.
Conoscere o supporre la nullitàdel proprio matrimonio non esclude necessariamente il consenso à can. 1100.
La intentio generalis può essere vanificata da un positivo atto di volontà contrario a ciò che la Chiesa propone come modello matrimoniale à intentio.
Simulazione = uno (s. unilaterale) o entrambi i soggetti (s. bilaterale), mentre manifestano il consenso, all’interno del loro animo escludono un elemento essenziale o una proprietà del matrimonio. à simulazione parziale.
Escludono uno dei bona matrimonii ( bonum fidei, bonum sacramenti, bonum prolis) à escludendo la substantia matrimonii e non coincidendo la volontà del soggetto e quella dell’ordinamento, il matrimonio è invalido.
L’intentio può essere attuale, se presente nell’animo del soggetto nel momento stesso della celebrazione, oppure virtuale, se si è formata in epoca precedente a quella della celebrazione e non sia venuta meno à matrimonio invalido.
Se l’intentio è habitualis(costituisce solo un modo di pensare che riguarda genericamente l’istituto matrimoniale) non ha efficacia invalidante.
Se l’intentio è interpretativa (la persona si sarebbe comportata in altro modo se avesse preveduto una diversa realtà delle cose) non è rilevante.
Si ha nullità del matrimonio ogni volta che vi sia esclusione dello ius rispetto a uno dei beni del matrimonio ( si risolve in una intentio se non obligandi) ; non si ha nullità se vi è esclusione dello exercitium iuris (esclusione dell’adempimento) (si risolve in una intentio non adimplendi).
Cinque ipotesi di simulazione parziale:
Uno o entrambi i nubenti escludono in tutto il matrimonio mentre manifestano il consenso à simulazione totale.
Con la simulazione i nubenti vogliono che il matrimonio sia solo una finzione allo scopo di conseguire altre utilità pratiche (donazione, posizione giuridica…).
Lo iocus è il caso di chi pone in essere il consenso matrimoniale non per far apparire una volontà che non ha, ma per compiere una rappresentazione della volontà matrimoniale il cui carattere fittizio sia noto a tutti à scherzo, rappresentazione teatrale o cinematografica à fatto giuridico inesistente dal punto di vista canonico.
I VIZI DEL CONSENSO
Nel Codice Piano-Benedettino si dava rilievo solo al vizio della violenza morale.
Sotto il profilo volitivo, il nubente vuole il matrimonio sia in caso di violenza morale, sia in caso di errore spontaneo o doloso; sotto il profilo intellettivo, in caso di violenza è pienamente consapevole dell’altrui minaccia (consapevolezza di esprimere un consenso viziato), mentre in caso di errore o dolo non si rende conto dell’anormalità della situazione (ritiene di esprimere un consenso integro).
L’ERRORE VIZIO
L’errore, se è relativo all’identità della persona o del negozio, determina la mancanza assoluta o il difetto del consenso à errore ostativo (cann. 1096, 1097, 1099).
L’errore sulla qualità della persona del coniuge è irrilevante a meno che la qualità non abbia una grande importanza nell’animo del nubente. Per rendere l’errore invalidante deve essere ritenuta essenziale ai fini della determinazione della sua volontà.
L’errore vizio su una qualità oggettivamente non identificante invalida il consenso, quando l’errore risulti qualificato dalla circostanza che l’attenzione del soggetto si è appuntata in maniera specifica su una determinata qualità ed ha costituito la principale motivazione a contrarre.
Le qualità accidentali (estranee alla struttura del consenso) sono caratterizzate dalla circostanza che il soggetto errante rivolge la propria attenzione principalmente su quelle.
IL DOLO
Quando l’errore-motivo riguarda una qualità personale la cui ricorrenza o la cui mancanza può per sua stessa natura produrre un grave turbamento nella vita coniugale, invalida il consenso se è provocato da inganno o dolo (can. 1098).
Gli antichi giuristi romani definivano il dolo come una qualsiasi macchinazione, posta in essere al fine di raggirare il soggetto contraente.
Gli elementi del dolo sono due: l’inganno, come causa dell’errore, e l’intenzione, di colui che inganna, di indurre l’ingannato a compiere un determinato atto giuridico.
Il dolo è vizio del consenso, in quanto il nubente vuole l’atto perchè si è mal rappresentata la realtà a causa dell’inganno subito.
Dolus determinans : realizzato quando, senza inganno, il soggetto non compirebbe l’atto.
Dolus incidens : il soggetto porrebbe lo stesso in essere il negozio, ma a condizioni diverse.
Nel codice piano-benedettino, l’atto viziato da dolo era valido se non fosse stato stabilito diversamente da un’apposita norma.
Nel Codice del 1983 il dolo è disciplinato dal can. 1098, ora considerato come norma di diritto positivo ecclesiastico, irretroattiva.
Requisiti del dolo invalidante:
LA VIOLENZA MORALE- can. 1103
È invalido il matrimonio celebrato per violenza o per timore grave incusso dall’esterno, anche non intenzionalmente, per liberarsi dal quale uno sia costretto a scegliere il matrimonio.
Nel codice abrogato, la violenza morale doveva avere quattro requisiti, ma ora rilevano solo due di essi:
IL CONSENSO CONDIZIONATO
La volontà matrimoniale dovrebbe essere il frutto di una libera e consapevole scelta. I motivi della scelta possono coincidere o no con quelli del legislatore.
Anche se i fatti sperati non si avverano il matrimonio è ugualmente valido. Ma se i motivi che hanno portato il soggetto al matrimonio hanno nella sua mente una forte importanza e subordina l’efficacia del consenso all’avveramento di un certo fatto, il nubente esprime una volontà condizionata.
Nel Codice Civile italiano l’art. 108 stabilisce che la condizione è senza alcun rilievo.
Il can. 1102 del Codice Canonico contempla due tipi di condizione:
Il consenso condizionato è immediatamente non efficace, salvo il potere del legislatore di disciplinarlo diversamente. Ha sempre efficacia invalidante.
il matrimonio è oggettivamente valido o invalido sin dall’inizio, a seconda che sussistano o no gli eventi dedotti in condizione. L’accertamento viene compiuto dalle parti che hanno condizionato il consenso. I coniugi dovrebbero iniziare la vita in comune dal momento in cui sono certi che la condizione si è realizzata: fino a quel momento dovrebbero vivere come fratello e sorella.
Solitamente riguarda qualità non identificanti : se sussistono il matrimonio è valido, altrimenti no.
Se il consenso nasce condizionato, l’ordinamento canonico non può purificarlo mediante fictio iuris à nullità.
La condizione può essere sospensiva o risolutiva, a seconda che il soggetto subordini al verificarsi dell’evento il sorgere del negozio o il suo venir meno.
Se l’oggetto è passato o presente, la condizione si dice impropria; se è futuro, la condizione si dice propria.
È sempre necessaria una situazione di incertezza rispetto ai fatti dedotti in condizione: in caso di condizione propria l’incertezza è oggettiva; in caso di condizione impropria, l’incertezza è soggettiva.
La condizione virtuale viene apposta prima delle nozze e perdura all’atto della celebrazione ( se subentra allo stato di dubbio iniziale uno stato di certezza sopravvenuta, quest’ultima non implica un venir meno della condizione, a meno che la revoca non si manifesti in forma espressa) ; la condizione attuale è coeva alla celebrazione.
La condizione si può stabilire:
Due criteri sussidiari per accertare la veridicità dell’apposizione di una condizione:
Differenza tra condicio contra substantiam matrimonii e simulazione parziale: in entrambi i casi il soggetto vuole il matrimonio a patto di alterare il modello proposto dalla Chiesa.
Mentre nella simulazione il nubente ha ben chiaro il modello della Chiesa, ma non lo accetta e deliberatamente esclude uno dei bona, nella condicio contra substantiam matrimonii non è necessario che il soggetto conosca il modello canonico del matrimonio à nella condicio il soggetto non è consapevole del carattere antigiuridico del suo atteggiamento.
LA FORMA DI CELEBRAZIONE DEL MATRIMONIO
Il matrimonio canonico è un contratto consensuale formale, ovvero un negozio solenne à can. 1108.
La forma, in generale, è il modo in cui avviene la manifestazione di volontà, lo speciale mezzo semantico o il frasario speciale, il modo in cui la manifestazione è resa certa.
Dopo il Concilio di Trento (1563) comincia ad essere richiesta “ad validitatem” (di modo che alla manifestazione della volontà conseguano gli effetti giuridici tipici del matrimonio) una forma specifica.
LA FORMA TRIDENTINA
Prevede che al matrimonio debba assistere l’Ordinario o il parroco proprio di uno dei nubendi, alla cui giurisdizione fossero sottoposti la sposa e/o lo sposo à competenza di carattere personale e non territoriale.
Il decreto Tametsi doveva entrare in vigore 30 giorni dopo la sua pubblicazione in ciascuna parrocchia: tuttavia in diverse zone la pubblicazione del decreto non fu possibile e si attuò una distinzione fra luoghi tridentini (dove fu applicato il decreto) e luoghi non tridentini (dove si continuò ad applicare la vecchia normativa).
2 agosto 1907, decreto Ne temere à entra in vigore per tutta la Chiesa latina :
Requisiti per la validità :
LA DELEGA DELLA POTESTA’ DI ASSISTERE
Principi fondamentali della delega all’assistenza del matrimonio:
Laddove manchino sacerdoti o diaconi, l’Ordinario diocesano, con voto favorevole della Conferenza Episcopale e con licenza della Santa Sede, può delegare tale potestà anche a laici à devono essere idonei, capaci di istruire i nubendi e atti a celebrare in debito modo la liturgia nuziale, esercitano una funzione di testimoni qualificati o pubblici nel nome della Chiesa.
LA SUPPLENZA DELLA CHIESA NEL CASO DI ERRORE COMUNE
È il caso di chi assista al matrimonio convinto, in buona fede, di avere tale facoltà mentre, in realtà, ne è sprovvisto. Di diritto il matrimonio sarebbe nullo per vizio di forma, ma quando si verifichi per errore comune (dubbio positivo e probabile) alla mancanza del ministro celebrante della legittimazione supplisce la Chiesa à l’atto valido nasce valido fin dal principio, nonostante il vizio di forma.
REQUISITI PER LA LICEITA’
Colui che assiste al matrimonio:
LA DISPENSA
La forma ordinaria è obbligatoria per i contraenti se almeno uno di essi è battezzato nella Chiesa cattolica o in essa accolto e non separato con atto formale. Nel caso in cui la parte cattolica contragga matrimonio con una parte non cattolica, l’Ordinario del luogo della parte cattolica può concedere dispensa se gravi difficoltà si oppongano all’osservanza della forma canonica à comunque devono essere celebrate secondo una qualche forma pubblica (can. 1027).
MATRIMONIO SEGRETO
Se ricorre una causa grave e urgente (es. togliere dal peccato due concubini) :
Il segreto potrà essere rotto dall’Ordinario del luogo se dalla sua osservanza deriva un grave scandalo o una grave ingiuria alla santità del matrimonio.
MATRIMONIO DAVANTI AI SOLI TESTIMONI
Ammesso:
LO STATO CONIUGALE E LE SUE VICENDE
IL VINCOLO MATRIMONIALE CANONICO – cann.1134-1140
Profilo sacramentale : in capo ai coniugi nasce uno specifico impegno morale a vivere quotidianamente in uno spirito di reciproca e totale autodonazione, al fine di dar vita ad una comunione coniugale e familiare. I coniugi, in vista dei compiti e della dignità del loro stato, vengono consacrati da uno speciale sacramento à can. 1134
Profilo contrattuale : tra i coniugi sorge un vincolo per sua natura perpetuo ed esclusivo, essi acquistano gli stessi diritti e doveri nella comunità di vita coniugale à can. 1135.
I genitori hanno il dovere e il diritto di curare l’educazione della prole secondo le loro forze. I figli sono soggetti alla potestà dei genitori per diritto naturale à can. 1136.
Il codice fa riferimento al rapporto figli-genitori anche nei cann. 793/798, 867 (battesimo entro le prime settimane di vita), 914 (preoccuparsi che il figlio riceva l’Eucarestia).
I FIGLI
I figli legittimi sono figli nati o concepiti da un matrimonio valido o putativo. 4 requisiti:
Il figlio illegittimo è quello che non risponde ai requisiti di legittimità.
Lo status di figlio illegittimo può essere eliminato attraverso l’istituto della legittimazione, per susseguente matrimonio o per rescritto della Santa Sede à equiparati ai figli legittimi.
MATRIMONIO PUTATIVO
Il matrimonio putativo è effettivamente invalido, ma ritenuto valido da almeno uno dei coniugi, in buona fede al momento della celebrazione perché all’oscuro dell’esistenza di una causa invalidante. Produce i suoi effetti in capo al nubente in buona fede fino al momento in cui entrambe le parti non divengano consapevoli dell’invalidità à simile all’invalidità ex nunc .
Se i coniugi erano a conoscenza della causa di nullità fino dall’epoca delle nozze, l’invalidità è totale e ex tunc.
LO SCIOGLIMENTO DEL VINCOLO
“Ciò che Dio ha unito, l’uomo non separi” à diritto divino positivo.
Nessuna potestà umana, né pubblica (Chiesa), né privata (sposi) può rescindere il vincolo matrimoniale à regola assoluta solo per il matrimonio rato e consumato, che può essere sciolto solo dalla morte.
Eccezionalmente si ha scioglimento in caso di dispensa per inconsumazione, per privilegium fidei, per dichiarazione di morte presunta.
Dispensa per inconsumazione
Il matrimonio non consumato (dato che non è stato realizzato il bonum prolis) può essere sciolto dal Romano Pontefice per una giusta causa, su richiesta di una o entrambe le parti.
La dispensa può essere demandata solo dai coniugi: può chiederlo anche uno solo dei due, ma deve mettere al corrente l’altro.
Requisiti:
Il Pontefice, se sussistono entrambi i requisiti, può emettere un provvedimento col quale dispensa i coniugi dal vincolo di diritto divino. I coniugi non hanno mai diritto di ottenere la dispensa, anche se sussistono i requisiti.
Scioglimento del vincolo in favore della fede
Esigenza di favorire le conversioni alla fede cristiana. Pur essendo valido il vincolo coniugale valido, a nessuno dei due coniugi è conferita la grazia sacramentale, in quanto uno dei due non è battezzato à matrimonio dissolubile per esigenze superiori.
Privilegio paolino
Permette di sciogliere i matrimoni validamente celebrati tra infedeli, anche se consumati, quando:
L’interpellatio dell’Ordinario è richiesta dalla legge ad validitatem: se non è effettuata comporta l’invalidità del nuovo matrimonio, ma esiste la possibilità di essere dispensati dall’osservanza di tale requisito.
Non può avere luogo lo scioglimento se la parte battezzata abbia offerto, dopo il battesimo una giusta causa per separarsi a quella non battezzata.
Se ricorrono i requisiti, il vincolo è da considerare sciolto ipso iure e la parte battezzata può passare a nuove nozze.
Due casi particolari:
Privilegio petrino
Permette di sciogliere un matrimonio tra un non battezzato e un battezzato in una confessione acattolica, anche se è stato consumato.
Tre requisiti da accertare con un’apposita istruttoria che precede l’emissione del provvedimento pontificio di dispensa:
A seguito della dispensa il coniuge convertito acquista lo stato libero e può passare a nuove nozze.
Se vi è un dubbio sulla sussistenza di uno dei requisiti, il privilegio della prevale sul dubbio e rende possibile la celebrazione di nuove nozze.
Si deroga all’indissolubilità naturale del matrimonio per favorire la salvezza delle anime e la fede.
SEPARAZIONE DEI CONIUGI IN PERMANENZA DEL VINCOLO
Per cause legittime la comunione tori, mensae et habitationis (di letto, di mensa e di alloggio) può essere sciolta, pur rimanendo fermo il vincolo matrimoniale in sé; questa separazione personale può avvenire per mutuo consenso o su iniziativa di uno dei due.
Cause legittime:
La separazione temporanea cessa (con l’obbligo di ricostituire la convivenza) quando viene meno la causa.
Dalla separazione nasce l’obbligo di provvedere al sostentamento dei figli in maniera opportuna à can. 1154.
I figli devono essere affidati al coniuge che cura meglio la loro educazione cattolica, anche se è il colpevole della separazione àcan. 1132 codice abrogato.
CONVALIDAZIONE DEL MATRIMONIO
Se il matrimonio è invalido, per difetto di forma o per un impedimento dirimente, i coniugi hanno tre possibilità:
Convalidatio simplex
Mediante una rinnovata manifestazione del consenso si rende valido un matrimonio che era nullo àcan. 1157. si ricorre alla c. simplex quando il vincolo è inficiato da:
Sanatio in radice
La sanatio in radice è la convalidazione di un matrimonio nullo per effetto di dispensa da un impedimento o da un vizio di forma. Può essere concessa dal Pontefice o dal Vescovo diocesano (a meno che non si tratti di impedimentum criminis, ex sacris ordinibus, ex voto publico perpetuo castitatis dispensabili solo dalla Santa Sede). In questo modo non è necessario il rinnovo del consenso.
Se il matrimonio è invalidato da impedimenti di diritto divino, il vincolo potrà essere sanato solo dopo la cessazione dell’impedimento.
In caso di impedimento di diritto umano gli effetti decorrono ex tunc, in caso di impedimento di diritto naturale o di diritto divino positivo decorrono dalla cessazione dell’impedimento.
È possibile farvi ricorso solo se la nullità dipende da un difetto di forma o da un impedimento temporaneo o dispensabile. È necessario che all’epoca della celebrazione sia stato espresso un valido consenso e che questo permanga al momento della sanatio.
È necessario anche che per una grave e giusta causa non possa avere luogo la convalidatio simplex, ma solo la sanatio.
SECONDA PARTE
LA GIURISDIZIONE ECCLESIASTICA SUL MATRIMONIO
LA GIURISDIZIONE DELLA CHIESA
Can. 1671 à competenza della Chiesa anche in ambito processuale per le cause matrimoniali dei battezzati. Cfr can. 1059: anche il matrimonio in cui una sola parte è cattolica è retto anche dal diritto canonico.
Can. 1689 à nelle sentenze dichiarative della nullità del vincolo il giudice ecclesiastico, pur non essendo competente a disporre degli obblighi civili, deve ammonire le parti sulla necessità di osservarli, rimettendole al giudice civile.
Can. 1071 à nessuno può assistere, senza il permesso del Vescovo diocesano, al matrimonio di chi non abbia assolto alle obbligazioni naturali nei riguardi del precedente coniuge o dei figli nati da precedenti unioni.
LE CAUSE MATRIMONIALI E IL PROCESSO CANONICO
L’impianto cardine dei principali giudizi attinenti le cause matrimoniali (nullità, separazione, dispensa super rato) è il processo contenzioso ordinario, disciplinato dai cann. 1501-1651.
Nel processo confluiscono elementi di procedure di tipo inquisitorio, accusatorio e amministrativo à processo misto.
Attraverso il processo documentale di nullità, di nullità definito in via amministrativa, di separazione per decreto, di scioglimento in favore della fede e per la dichiarazione di morte presunta si possono conoscere le forme del processo amministrativo.
Il processo è caratterizzato dalla possibilità di interloquire in posizioni paritarie pro e contro un determinato oggetto. L’oggetto è al centro degli interessi dei soggetti intervenienti e di quelli interessati alla disputa.
CAUSE DI NULLITA’
GLI ORGANI GIUDICANTI
Le funzioni giudiziaria, legislativa ed esecutiva sono affidate al Pontefice e al Collegio Episcopale per la Chiesa universale e al Vescovo diocesano per la Chiesa particolare.
L’interpretazione del diritto tende a convergere nella funzione normativa o in quella amministrativa ed è fonte suppletoria di diritto nel caso di alcune lacune legislative (can.19). Solo la capacità del giudice di farsi interprete degli interessi comunitariamente coinvolti nella questione a lui sottoposta può giustificare l’autonomia della giurisdizione rispetto alla legislazione e all’amministrazione.
La ratio e la struttura di un processo possono ritenersi intatti anche quando il giudice è lo stesso organo pubblico dotato d’imperio, chiamato ad intervenire come parte nel processo contraddittorio, purché nella fase del dibattimento si sottoponga alla medesima disciplina vigente per tutte le altre parti.
Il Romano Pontefice può fungere da supremo legislatore ed amministratore, quando si voglia fare ricorso in ultima istanza ad una sola persona. Egli ha il potere di avocare e definire, sulla base della propria competenza, qualsiasi genere di causa. Ogni fedele ha la possibilità di ottenere che la sua causa matrimoniale sia giudicata dalla Santa Sede. È vero anche che la Santa Sede può, in ogni momento, avocare a sé il giudizio.
La Curia è l’organismo composto all’origine da membri qualificati del clero romano, ad alcuni dei quali veniva affidato stabilmente il compito di esercitare la funzione giudiziaria in nome e per conto del Pontefice, costituendo i Tribunali Apostolici.
Anche nelle Diocesi il potere giudiziario si è andato via via articolando in capo ai giudici e ai Tribunali Diocesani.
Lo sviluppo della collegialità episcopale porta all’istituzione dei Tribunali delle Metropolie, dei Patriarcati, delle Province o Regioni ecclesiastiche e delle Conferenze Episcopali.
Tribunali apostolici
Can. 360 à il Pontefice governa la Chiesa Universale attraverso i Tribunali della Curia romana. Non è escluso un esercizio personale della funzione giudiziaria da parte del Pontefice e neanche il ricorso a giudici delegati appositamente. Can. 1442 àil Pontefice solitamente svolge la funzione di giudice supremo del mondo cattolico attraverso i tribunali Apostolici, costituiti stabilmente presso la Curia
Brocardo Prima Sedes a nemine iudicatur à gli atti del Pontefice non possono essere giudicati da nessuno.
Can.1405 à il giudice è competente a giudicare atti o strumenti confermati in forma specifica dal Romano Pontefice solo se ne abbia avuto prima mandato dal medesimo.
Tribunali diocesani, interdiocesani e regionali
Can. 391 à il Vescovo diocesano può esercitare la funzione giudiziaria personalmente o per tramite del Vicario giudiziale e dei giudici stabilmente costituiti nella Diocesi.
Can. 1420 à il Vicario giudiziale, a cui è affidato l’esercizio della funzione di giudicare, deve essere distinto dal Vicario generale, preposto all’attività esecutiva, quando l’esiguità della Diocesi o il numero delle cause da trattare non consenta altri rimedi.
Il Vicario giudiziale costituisce, con il Vescovo, un unico Tribunale diocesano, anche se non può giudicare le cause che il Vescovo si riserva personalmente in qualità di Moderatore del Tribunale.
Al Vicario giudiziale possono essere assegnati due aiutanti, i Vicari giudiziali aggiunti.
Il giudice, una volta designato, può essere sostituito solo con un provvedimento motivato.
Più Vescovi diocesani insieme possono costituire un unico Tribunale interdiocesano o regionale, composto da giudici per esso nominati.
TRIBUNALI D’APPELLO
Il Tribunale d’Istanza o d’Appello è costituito di norma dal Tribunale dell’Arcivescovo Metropolita, ma può anche essere un Tribunale d’appello indicato dal Metropolita quando egli è stato organo giudicante in prima istanza o il Tribunale del Superiore maggiore degli Istituti di Vita Consacrata quando in prima istanza si avevano i Tribunali dei Superiori.
Ogni Conferenza Episcopale nazionale, con l’approvazione della Sede Apostolica può costituire uno o più Tribunali di seconda istanza. Quando viene costituito un Tribunale interdiocesano al servizio di Diocesi non suffraganee della Provincia ecclesiastica, la Conferenza ha l’obbligo di costituire un Tribunale di seconda istanza.
Al Tribunale di seconda istanza ci si rivolge sempre perché questo giudichi in primo grado le controversie relative a diritti o beni propri di persone giuridiche rappresentate dal Vescovo diocesano à il Vescovo non può essere giudice in una causa propria.
Rota Romana
Il Tribunale Apostolico della Rota Romana occupa il terzo grado di giudizio. I suoi giudici sono di nomina pontificia, raggruppati in turni di tre giudici che vengono riuniti secondo un preciso ordine di successione rotatoria, secondo l’anzianità di nomina.
È presieduta dal Decano, che viene nominato dal Pontefice fra tutti i giudici rotali.
Ipotesi particolari per le cause di nullità matrimoniale
Tribunali ecclesiastici matrimoniali di primo grado
Tribunali ecclesiastici matrimoniali di secondo grado
Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica
È un tribunale della Curia romana al vertice delle strutture giudiziarie della Chiesa. Tutti i giudici sono direttamente nominati dal Pontefice e hanno dignità cardinalizia.
Assolve a funzioni tipiche di un’ultima istanza di legittimità, assume competenze contenzioso-amministrative, svolge attività a contenuto amministrativo (alta vigilanza, potestà amministrativa riguardo l’organizzazione giudiziaria di tutta la Chiesa).
La Segnatura è competente nelle cause di nullità matrimoniale riguardo al loro merito solo in casi eccezionali:
Competenze generali:
Criteri per l’individuazione del foro competente
Can.1673 à sono competenti:
Quando le parti si rivolgono disgiuntamente a due tribunali, prevale quello che per primo notifica il decreto di citazione.
GLI OPERATORI PROCESSUALI
I GIUDICI E L’ESERCIZIO DELLA LORO POTESTA’
Pontefice e Vescovo diocesano devono considerarsi Giudici nati.
I Vicari sono nominati dal Vescovo diocesano e devono essere rivestiti del carattere sacerdotale, godere di buona fama, possedere il titolo di dottori o di licenziati in diritto canonico e avere almeno trent’anni.
Sono di nomina vescovile, sulla base della buona fama e della laurea in diritto canonico, gli altri giudici operanti nei vari tribunali non apostolici. Solo i giudici dei tribunali del Vicariato di Roma sono di nomina pontificia.
I giudici di norma sono chierici à can. 1421. Tuttavia ogni Conferenza Episcopale piò consentire la costituzione nell’ufficio di giudici anche di laici, perché siano chiamati a far parte dei collegi giudicanti, uno alla volta e in caso di necessità.
Le cause di nullità matrimoniale vanno sempre giudicate da un collegio di almeno tre giudici. La potestà giurisdizionale esercitata dai giudici ecclesiastici mediante il loro ufficio è ordinaria, quella del Pontefice e del Vescovo diocesano è propria, quella di tutti gli altri giudici è vicaria.
Nell’ambito di un collegio giudicante la funzione di Presidente è svolta dal Vicario giudiziale o da un suo aggiunto. Tra i Giudici, il Presidente assume l’incarico di Ponente o Relatore con il compito di riferire della causa al Collegio e di redigere per iscritto la sentenza.
GLI UDITORI E GLI ASSESSORI
Gli uditori sono chiamati ad esercitare un’attività nella raccolta delle prove, con limitati poteri decisori. Il Vescovo può approvare una serie di nomi di persone scelte al di fuori dei giudici per collaborare all’istruzione della causa con i giudici à can. 1428.
L’assessore può essere legato al giudice unico con l’incarico di consulente à can. 1424, 1425.
PERITI, NOTAI E INTERPRETI
Nelle cause matrimoniali aventi ad oggetto l’impotenza o il difetto di consenso per infermità di mente, il giudice collabora con uno o più periti d’ufficio.
In generale, il ricorso all’opera del perito è previsto anche per altre cause matrimoniali in cui, per legge o per provvedimento giudiziale, è necessario fare appello alle regole di una scienza specifica per provar un fatto o indagare sulla natura di una cosa.
La funzione decisoria, ovviamente, rimane esclusiva del giudice à can. 1452.
Il giudice non è vincolato dalle conclusioni cui i periti pervengono, dovendo tenere conto di tutte le risultanze istruttorie. In ogni caso il giudice deve esplicitare i motivi della decisione à can. 1579.
L’intervento del notaio e la sua autenticazione sono necessari per la validità di ogni atto e per l’attribuzione della pubblicità (à opposizione ai terzi) à can. 1437, 1541.
L’interprete è fondamentale quando le persone da interrogare non parlano la stessa lingua del giudice o delle parti, oppure se sono sordomuti. La traduzione non può mai sostituire le dichiarazioni, da redigere nella lingua originale, e dovrà essere allegata a queste à can. 1471.
IL PROMOTORE DI GIUSTIZIA
Il promotore di giustizia v iene nominato dal Vescovo in ogni Diocesi, allo scopo di provvedere all’interesse pubblico. Può essere chierico o laico purché sia laureato o licenziato in diritto canonico e sia dotato di forte senso della giustizia à can. 1435.
È legittimato ad impugnare il matrimonio se la notizia del probabile motivo della nullità è gia divulgata, sempre che non sia possibile convalidare il matrimonio
Anche quando il Promotore di giustizia inizia la causa di nullità, il coniuge interessato può sempre far sua l’azione instaurata dal Promotore à can. 1596.
IL DIFENSORE DEL VINCOLO
È nominato dal Vescovo con l’ufficio di far valere tutto ciò che ragionevolmente può servire a difesa della validità del matrimonio. Nella stessa causa non possono mai coincidere le figure del Difensore del vincolo e del Promotore di giustizia à can. 1436.
Al Difensore del vincolo è riconosciuta la medesima posizione processuale della parti private, quanto al potere di iniziativa ed al diritto di avere udienza presso il giudiceàcan. 1434. Non può proporre appello avverso ogni sentenza dichiarativa della nullità del matrimonio.
LE PARTI PRIVATE
Nelle cause di nullità matrimoniale:
IL RUOLO DELLE PARTI NELLE CAUSE DI NULLITA’ MATRIMONIALE
“Parte in causa” è qualsiasi soggetto interessato a partecipare al contradditori, chiamato a portare argomenti pro o contro qualcosa.
LE POSIZIONI SOGGETTIVE SUL PIANO PROCESSUALE
Le Parti private sono gli interessati alla nullità del matrimonio su cui si giudica.
La capacità di essere parte è il riflesso della soggettività giuridica(can. 96 e can. 221 per i fedeli, riconosciuta anche a tutti gli altri uomini per diritto divino dal can. 1476)
La capacità processuale corrisponde alla generica capacità di agire in giudizio.
La legittimazione processuale (o capacità di stare in iudicio) consiste nell’idoneità di un soggetto a far valere argomenti pro o contro un preciso movente giudiziale, ovvero la specifica causa per cui si è fatto avanti invocando l’intervento del giudice e instaurando un processo.
La legge non da per scontata la capacità di agire e rispondere in giudizio (capacitas o ius postulandi): può prevedere che la parte non abbia la facoltà di compiere alcun atto processuale se non per il tramite necessario di un procuratore o un avvocato.
PROCURATORI E AVVOCATI
I requisiti per essere avvocato sono la maggiore età, buona reputazione, religione cattolica (eccezioni possono essere ammesse dal Vescovo Diocesano), laurea in diritto canonico o esperienza in esso e approvazione del Vescovo diocesano (facoltativa solo per gli avvocati rotali, che hanno la prerogativa di poter difendere le cause di nullità matrimoniale dinanzi a qualsiasi tribunale). L’avvocato è l’unico abilitato a difendere la parte ed agisce in persona propria.
Il procuratore non è di per sé abilitato alla difesa, agisce in nome e per conto della parte e ne costituisce un vero e proprio tramite nella procedura, ponendo in essere atti processuali in sua vece.
Perché la possibilità di difendersi sia garantita a tutti, viene riconfermato nel Codice l’istituto del gratuito patrocinio e della riduzione delle spese processuali (can. 1649) e viene creata la figura dell’avvocato pubblico, da istituire presso ogni tribunale (can. 1490).
PRIVATI LEGITTIMATI AD IMPUGNARE IL MATRIMONIO
Gli unici privati legittimati ad impugnare il matrimonio sono i coniugi. Qualsiasi coniuge, anche acattolico, battezzato o no, scomunicato o causa dell’impedimento, può impugnare il matrimonio dinanzi al Tribunale. Il coniuge che promuove l’azione è parte attrice, l’altro è parte convenuta.
Se il coniuge non può esercitare personalmente la legittimazione processuale (perché minore di 14anni o privo dell’uso della ragione), deve far ricorso al curatore.
Può essere ammesso a fare da curatore chi sia già costituito tutore o curatore dall’autorità civile, dopo che sia stato udito il Vescovo della parte. Se non si potesse procedere così, sarebbe il giudice stesso a designare il curatore per la causa da trattare, pure quando sia dubbio il difetto dell’uso di ragione nella parte interessata à can. 1478.
Il matrimonio non può più essere impugnato dopo la morte di entrambi i coniugi o di uno solo di essi, a meno che la questione sulla validità non risulti pregiudiziale per risolvere un’altra controversia à can. 1675 à sono legittimati tutti coloro che risultano interessati alla soluzione dell’altra controversia.
Se uno dei coniugi muore pendente il giudizio:
Se, dopo la morte di uno o entrambi i coniugi, interviene una prima sentenza dichiarativa della nullità senza che nessuna parte faccia appello, è possibile considerarla definitiva ed eseguibile.
L’ISTANZA
PRESENTAZIONE, AMMISSIONE DEL LIBELLO
L’atto con cui viene chiesto l’intervento del giudice per pronunziarsi circa la nullità di un matrimonio è definito petitio; di regola deve essere scritta e prende il nome di libello à cann. 1501, 1503)
Can.1504 à il libello deve indicare il giudice dinanzi al quale la causa viene introdotta, cosa si chiede (petitum) e il convenuto, deve individuare il capo di nullità ed esporre fatti e prove su cui si basa l’istanza, deve apporre la sottoscrizione dell’attore o del procuratore insieme a data, luogo di residenza e recapito per ricevere gli atti del processo, deve indicare il domicilio o quasi domicilio della parte convenuta.
Il giudice, prima di ammettere il libello deve adoperare tutti i mezzi pastorali possibili per giungere a una convalida del matrimonio o a una riconciliazione fra le parti à cann. 1446, 1676).
Il presidente del Tribunale, fallito il tentativo di conciliazione, entro un mese dalla presentazione del libello deve emanare un decreto con cui può ammettere o rigettare la petizione sulla base di un previo esame.
Il libello può essere rigettato se il tribunale è incompetente, se l’attore non è legittimato ad impugnare il matrimonio, se mancano i requisiti previsti dal can. 1504 o se l’istanza appare manifestamente infondata à can. 1505.
Entro dieci giorni è ammesso un ricorso motivato al collegio.
IL DECRETO DI CITAZIONE
La citazione nel diritto civile è l’atto con cui la parte attrice convoca le altre parti dinanzi al giudice. In diritto canonico è oggetto di un decreto del giudice, che deve essere notificato alle parti a cura del tribunale à can. 1507,1508.
Il decreto di citazione del Presidente o del Ponente deve essere notificato all’attore, al coniuge convenuto e al difensore del vincolo. Agli ultimi due va notificato anche il libello introduttivo del giudizio, che deve essere stato accettato in precedenza con accettazione esplicita àcan. 1677.
LE QUESTIONI PRELIMINARI
Una volta attivatasi la funzione giudiziaria l’istanza comincia a svolgersi à can. 1517
Tuttavia possono insorgere determinate questioni preliminari. Alcune, come quelle sul deposito per le spese processuali o sul gratuito patrocinio, le eccezioni perentorie tese ad estinguere l’istanza e le eccezioni dilatorie tese ad ostacolare il corso dell’istanza, vanno trattate prima della contestazione della lite. Le altre eccezioni perentorie devono sempre essere sollevate nel corso della contestazione della lite.
L’incompetenza assoluta del giudice può essere eccepita preliminarmente, ma può anche essere rilevata in qualsiasi stato o grado del giudizio ed essere dichiarata d’ufficio dal giudice. Contro la pronunzia dell’organo giudicante che si dichiara competente non è ammesso appello, ma si può proporre querela di nullità o chiedere la restituito in integrum à can. 1460.
La ricusazione di un giudice quando abbia un vincolo di consanguineità, affinità in linea retta o fino al 4° grado della linea collaterale, di tutela o curatela, un rapporto di stretta amicizia o grande inimicizia o una qualsiasi comunanza d’interessi deve essere decisa dal Vicario giudiziale (o dal Vescovo). Può insorgere preliminarmente o successivamente.
Se vengono ricusati il promotore di giustizia, il difensore del vincolo o altri operatori del tribunale, a giudicare la ricusazione è il Presidente del Collegio à can. 1449. Contro la pronunzia di ricusazione non è ammesso appello à can. 1451.
LA CONTESTAZIONE DELLA LITE E LA CONCORDANZA DEL DUBBIO
Il decreto di contestazione della lite definisce i termini della controversia e fa seguito alle richieste contrastanti delle parti.
Nelle cause matrimoniali il ricorso dell’interesse pubblico e l’esigenza di procedere con la speditezza consentita dalla ricerca della verità e dal rispetto della giustizia esaltano i poteri d’ufficio del giudice.
Il Presidente o il Ponente, trascorsi 15 giorni dalla notifica della citazione senza che nessuna delle parti chieda udienza per la contestazione della lite, deve procedervi d’ufficio entro i successivi dieci giorni, fissando con decreto la formula del dubbio costituente la questione a cui il giudizio è volto a dare una risposta. Tutto questo salvo che il giudice non ritenga, nelle cause più complesse, di convocare le parti per procedere in contraddittorio alla concordanza del dubbio à can. 1677, 1513.
Il decreto deve essere notificato alle parti, che hanno dieci giorni di tempo per ricorrere allo stesso giudice contro quei disposti del decreto a cui non abbiano già dato il loro assenso (can. 1515). L’ulteriore decreto del giudice non è appellabile.
La questione oggetto dell’istanza deve risultare chiara dalla formula del dubbio: occorre specificare per quale motivo si dubita della validità delle nozze.
Una volta definiti, i termini della controversia non possono essere più mutati, se non attraverso un rinnovo della concordanza del dubbio con un altro decreto concesso ad istanza, per un grave motivo, ascoltate e valutate le ragioni di tutte le parti à can. 1514.
LA CONTUMACIA
La parte convenuta, pur essendo stata citata, potrebbe non rispondere né comparire. Il giudice, dopo essersi accertato che la parte abbia ricevuto la citazione la dichiarerà assente e disporrà che l’istanza abbia il suo corso sino alla sentenza definitiva, nonostante tale assenza à can. 1592.
La parte convenuta potrà sempre far valere le sue ragioni, sia costituendosi in giudizio prima della definizione della causa e presentando le prove e le conclusioni consentite, sia utilizzando, una volta definita la causa, gli ordinari mezzi di impugnazione contro la sentenza, compresa la querela di nullità per difetto di contradditorio, ove riesca a dimostrare di essere stata costretta all’assenza da un ostacolo legittimo che non abbia potuto provare fino a quel momento senza sua colpa à can. 1593.
SOSPENSIONE ED ESTINZIONE DELL’ISTANZA
L’assenza della parte convenuta non sospende il corso dell’istanza ma altre circostanze sì.
Se, per 6 mesi, non vengono posti in essere atti processuali, l’istanza si estingue (peremptio instantiae) à can. 1520.
Can. 1453 à raccomanda ai giudici e ai tribunali di contenere la durata dei processi entro l’anno in primo grado ed entro i sei mesi per il secondo grado: termini indicativi.
La rinuncia all’istanza da parte dell’attore è perentoria quando viene ammessa dal giudice à can. 1524
La perenzione estingue gli atti relativi alle formalità processuali (acta processus) e non quelli riguardanti il merito della causa (acta causae), che potranno essere riutilizzati anche in altre istanze che riguardino la medesima controversia tra le stesse persone.
LE CAUSE INCIDENTALI – can. 1587
Il corso dell’istanza può essere sospeso anche dall’insorgere di una causa incidens.
La questione incidentale in senso proprio interferisce con il merito della causa principale, a tal punto che quest’ultima non può essere normalmente risolta se non viene prima decisa la causa incidens.
La questione incidentale è una vera e propria causa che si propone dinanzi al giudice competente per la definizione della causa principale, con un libello scritto o una petitio orale à can. 1588.
La causa incidentale è distinta dalle questioni che possono sorgere a proposito dell’adduzione dei mezzi di prova e della loro ammissione, in quanto queste attengono direttamente alla causa principale à can. 1527 si può ricorrere contro la reiezione dell’istruttore al collegio senza dare la possibilità di difesa contro la pronunzia di quest ultimo à formale e sicura esclusione solo dell’appello e non degli altri mezzi di impugnazione.
Due fasi della questione incidentale:
1 – viene delibato dal giudice il fondamento della petizione e il suo nesso con la questione principale. Se la questione viene rigettata in limine dall’istruttore è ammissibile il ricorso al collegio, che decide inappellabilmente. L’expeditissime andrebbe riferito alla pronunzia di un collegio e non a quella dell’istruttore.
2 - la decisione di merito sulla questione incidentale sarà assunta con una sentenza interlocutoria o con un decreto decisorio à pronunzie inappellabili e nelle cause matrimoniali possono essere soggette solo al rimedio della querela di nullità, mai alla restitutio in integrum.
Can. 1589 à il giudice può decidere di rinviare ogni pronunzia sulla questione sollevata dalla parte al momento della definizione della causa principale.
Can. 1591 à Il collegio può sempre procedere, sulla base di un giusto motivo, alla revoca o alla modifica della pronunzia incidentale.
Can. 1417, 1444 à a fronte di abusi non altrimenti rimediabili soccorre la possibilità di avocare la causa da parte del Pontefice.
L’ISTRUTTORIA
Una volta conclusa la fase della formulazione del dubbio, un nuovo decreto segna il corso dell’istanza principale e introduce la fase dell’istruttoria, caratterizzata dalla prevalenza dell’iniziativa officiosa del giudice.
L’istruttoria è la fase della istanza principale destinata all’acquisizione delle prove necessarie al giudice per decidere la causa. Nelle cause matrimoniali le regole seguite sono quelle del processo contenzioso ordinario, esclusa una trattazione secondo il rito contenzioso orale (à can. 1690)
Regole fondamentali:
LE PROVE NEL PROCESSO DI NULLITA’ MATRIMONIALE
La prova, nel processo di nullità matrimoniale, è libera.
Sono dirette le prove destinate o volute appositamente dalle parti al fine di dimostrare la verità dei fatti controversi (testimonianza, perizia).
Sono indirette quelle dedotte dal giudice in base a fatti non costituiti appositamente per fornire prove in un processo (presunzioni).
Sono piene le prove che, di per sé, producono nel giudice la certezza morale sufficiente a fondare una pronunzia (testimonianza di un teste qualificato).
Sono non piene le prove che da sole non producono certezze nel giudice (dichiarazione della parte).
Sono giudiziali le prove costituite nel corso dell’istanza, extragiudiziali quelle prodotte in anticipo (prove documentali).
L’espletamento di attività istruttorie prima della contestazione della lite non è ammesso, se non per gravi motivi à can. 1529
LA DICHIARAZIONE DI PARTE, LA CONFESSIONE, IL GIURAMENTO
La dichiarazione della parte è detta anche confessione, nel caso in cui la parte ammetta un fatto contrario ai suoi interessi. Nelle cause matrimoniali la confessione non costituisce una prova piena e spetterà al giudice valutarla attraverso il confronto con tutte le altre circostanze di causa ed il conforto di tutti i possibili elementi atti a corroborare la deposizione, anche in merito alla sua personale credibilità.
Se si procede in base a un interrogatorio, il difensore del vincolo e il promotore di giustizia possono presentare un questionario su cui far svolgere l’interrogatorio à can. 1533.
Hanno diritto di assistere all’interrogatorio il difensore del vincolo, il promotore di giustizia e i procuratori delle parti. I soggetti intervenienti possono proporre ulteriori quesiti alla parte esaminata tramite l’istruttore.
Il giudice deve deferire alle parti interrogate il giuramento promissorio (o quantomeno quello assertorio).
LE PROVE DOCUMENTALI
Il documento è la rappresentazione sensibile di un gatto, predisposta ai fini della prova, ma prima del processo e indipendentemente da esso.
Il documento può essere pubblico o privato, quello pubblico può essere ecclesiastico o civile. Il documento pubblico offre piena prova di tutto ciò che direttamente e principalmente è in esso attestato; il documento privato ha la stessa forza probatoria di una confessione extragiudiziale.
Ogni documento, per essere ammesso come prova, deve essere esibito in originale o in copia autentica (can. 1544): l’eventuale questione sulla veridicità è una tipica questione incidentale.
Nessuno è tenuto ad esibire un documento dalla cui conoscenza possa derivare un pericolo grave per sé, per il coniuge o per i prossimi congiunti oppure il rischio di violare il segreto d’ufficio.
LA TESTIMONIANZA
Le disposizioni dinanzi al giudice dei soggetti che non sono parti in causa costituiscono le testimonianze. Tutti possono essere chiamati a testimoniare, a meno che non siano espressamente esclusi dalla legge à can. 1549.
Sono inabili a testimoniare i minori di anni 14 e gli infermi di mente, a meno che il giudice non disponga diversamente con specifico decreto.
Sono sempre incapaci: le parti, i loro patroni e procuratori, il giudice ed i suoi ausiliari, i sacerdoti per tutto ciò che sia stato oggetto di confessione sacramentale, pur quando il penitente li liberi dal vincolo del segreto à can. 1550
Sono esentati i sacerdoti per tutte le confidenze ricevute in ragione dell’esercizio del loro ministero personale, i pubblici funzionari, i medici, le ostetriche, gli avvocati, i notai e tutte le persone tenute al segreto d’ufficio, coloro dalla cui testimonianza potrebbe derivare un grave pericolo per loro stessi o per i congiunti.
I soggetti esenti sono tenuti a comparire o ad offrire al giudice gli elementi onde valutare la fondatezza della loro facoltà di astenersi; tornano ad essere obbligati quando vengono liberati dal vincolo del segreto.
La parte può escludere un teste se ha un giustificato motivo.
La richiesta della prova testimoniale va accompagnata dall’articolata indicazione degli argomenti su cui dovrà svolgersi l’interrogatorio del teste. Di norma i testi vengono sentiti presso la sede del tribunale a meno che il giudice non disponga diversamente (rogatoria). I Cardinali, i Patriarchi e i Vescovi vanno ascoltati nel luogo da essi scelto.
Il teste è tenuto a rispondere in modo veritiero e, ove egli non lo rifiuti, il giudice deve deferirgli il giuramento promissorio o assertorio.
Il teste deve essere rifuso delle spese affrontate e risarcito del mancato guadagno per l’adempimento dell’obbligo di rendere testimonianza.
Le deposizioni sono da valutare in ragione della loro credibilità, della loro coerenza, della rispondenza con le altre risultanze processuale e distinguendo se si tratti di un teste che depone per conoscenza diretta o sulla base di una sua congettura, per sentito dire da altri o per quanto riferito dalla comune opinione.
LA PERIZIA, L’ACCESSO, LA RICOGNIZIONE GIUDIZIALE, LA PRESUNZIONE
L’accesso e la ricognizione sono disposti da parte del giudice, con decreto, sentite le parti, ove egli ritenga opportuno accedere ad un luogo o ispezionare qualcosa à can. 1582
Le presunzioni sono tipiche prove indirette, consistono nella probabile congettura di una cosa incerta. Se la deduzione è operata dal giudice sulla scorta di semplici massime di vita viene definita hominis, se è stabilita dalla legge si definisce iuris.
Le presunzioni iuris possono essere iuris tantum (effetto: liberare la parte per la quale risultano favorevoli dall’onere della prova, senza impedire che l’altra parte possa offrire la prova del contrario) o iuris et de iure (non è ammessa la prova del contrario, ma solo quella che toglie fondamento al fatto su cui si basa la presunzione).
CONCLUSIONE DELL’ISTRUTTORIA
Il decreto di pubblicazione degli atti con cui si rende possibile a tutti i protagonisti del processo di avere una visione complessiva delle prove sino a quel momento raccolte non sancisce la conclusione della fase istruttoria.
Le parti possono proporre al giudice un supplemento d’istruttoria à can. 1598.
Dopo emanato il decreto di conclusione della causa è possibile ammettere altre prove purchè:
DISCUSSIONE DELLA CAUSA
Dal decreto di conclusione in causa decorrono i termini assegnati dal giudice alle parti, al promotore di giustizia e al difensore del vincolo per presentare la difesa (restrictus) e le osservazioni (animadversiones). Solitamente si tratta di memorie scritte, a meno che non venga disposta la discussione orale.
A tutti viene dato il diritto di replica e anche di contro-replica; solo al promotore di giustizia e al difensore del vincolo è concesso il diritto di avere l’ultima parola con un’ulteriore risposta.
Degli interventi delle parti si può anche fare a meno, quando si rimettano alla scienza e coscienza del giudice; non si può mai fare a meno delle osservazioni del promotore di giustizia e del difensore del vincolo à can. 1606
LA SENTENZA E I MEZZI DI IMPUGNAZIONE
LA SENTENZA
L’istanza avente ad oggetto la dichiarazione di nullità di un matrimonio che non sia altrimenti estinta, ha fine con la sentenza à pronunzia del giudice con cui si da risposta affermativa o negativa al quesito o ai quesiti posti dalla concordanza del dubbio à can. 1611.
La sentenza è definitiva nel senso che risolve o definisce la controversia principale.
Ove sia affermativa e in primo grado non è suscettibile di andare ad esecuzione, se non sia confermata da una pronunzia conforme in un ulteriore grado di giudizio. Sono tra loro conformi le pronunzie che dichiarano la nullità del matrimonio sulla base di uno stesso motivo.
Salvo il caso eccezionale del giudice unico in primo grado, la sentenza è una pronunzia collegiale.
La sua elaborazione consta di tre fasi: preparazione, discussione, decisione (redazione).
Il Presidente stabilisce la sede, il giorno e l’ora della sessione e ogni giudice prepara per iscritto le sue conclusioni motivate e segrete.
Avviata la discussione i giudici si pronunziano per un rinvio, il quale può essere semplice (non più di una settimana) o volto a consentire un supplemento d’indagine.
Alla fine della discussione, la decisione potrà essere unanime oppure uno dei giudici potrà dissentire. Il giudice minoritario dissenziente può chiedere che le sue conclusione siano trasmesse al Tribunale superiore à can. 1609. Se a dissentire è il Ponente, egli può chiedere di essere esentato.
La redazione deve essere tempestiva, in modo da consentire la consegna di una copia della sentenza alle parti nella forma della notificazione entro un mese à can. 1610.
L’APPELLO VERSO UNA SENTENZA NEGATIVA
I mezzi ordinari d’impugnazione sono la querela di nullità e l’appello.
L’appello, nelle cause matrimoniali, è disciplinato diversamente nel caso in cui la prima sentenza sia stata negativa o affermativa.
Sentenza negativa
disciplina normale. L’appello è avviato con una comunicazione che la parte danneggiata dalla sentenza dirige al tribunale a quo, manifestando la volontà di appellare al tribunale superiore “ad quod”. Se il tribunale non viene espressamente indicato dalla parte sarà individuato dal can. 1438; se viene espressamente indicato e più di una parte propone appello, la seconda istanza sarà incardinata presso quello più alto in grado.
Se una delle parti propone appello solo per un capo della sentenza, l’altra parte ha tempo di produrre un appello incidentale sugli altri capi non appellati (15 giorni dalla notifica dell’appello principale).
Entro 15 giorni dalla notifica della sentenza è possibile proporre l’appello principale al tribunale a quo; nei successivi 30 giorni, la parte deve proseguire l’appello presso il tribunale ad quod con un’istanza di riforma dell’appellata sentenza, indicandone i motivi e fornendo copia della pronunzia impugnata, a meno che questa non sia già stata trasmessa dal tribunale a quo à can. 1630.
Can. 1683 à può essere ammesso e trattato un nuovo capo di nullità matrimoniale, come se si versasse nel primo grado. Per il resto, la trattazione della causa in seconda istanza segue le regole previste per il primo grado, salva la possibilità di omettere la fase dell’istruttoria e passare direttamente dalla contestazione della lite alla discussione e alla sentenza.
Sentenza affermativa
Per pervenire ad una decisione il più possibile ponderata esiste l’istituto della doppia sentenza conforme: il tribunale di prima istanza ha il compito di trasmettere al tribunale d’appello, entro 20 giorni dalla pubblicazione della prima sentenza affermativa, la stessa sentenza e tutti gli altri atti del giudizio in copia. Il tribunale d’appello emana un decreto motivato con cui ratifica la sentenza (à doppia sentenza conforme) o ammette la trattazione dell’appello.
La sentenza di nullità può considerarsi esecutiva dal momento stesso della notifica del decreto o della seconda sentenza. Va subito notificata all’Ordinario del luogo in cui il matrimonio è stato celebrato, di modo da procedere alle annotazioni nei registri di matrimonio e battesimo.
Le parti riacquistano lo stato libero e possono contrarre un nuovo matrimonio, a meno che non siano impedite da un divieto.
NON PASSAGGIO IN COSA GIUDICATA DELLA SENTENZA, REVISIONE DELLA CAUSA
Le sentenze in materia di stato personale non passano mai in cosa giudicata à can. 1643.
Non è ammesso giovarsi della restitutio in integrum, ma è sempre possibile ottenere la revisione della causa à can. 1644. La richiesta di revisione deve fondarsi su nuovi e gravi argomenti; non può essere giustificata se vengono ripresentati sempre gli stessi motivi, in quanto sarebbe respinta in limine per la delibazione della novità e gravità degli argomenti addotti.
L’istanza di revisione può essere presentata in qualsiasi tempo al tribunale superiore rispetto a quello che ha emanato l’ultima pronunzia (quello che sarebbe stato competente per un ulteriore appello). Tuttavia non è mai idonea a sospendere l’esecuzione della doppia pronunzia conforme per la nullità, a meno che il tribunale superiore non conceda la sospensiva.
Occorre che l’istanza venga proseguita allegando, entro 30 giorni, i nuovi e gravi elementi di prova. Il tribunale è impegnato a pronunziarsi sull’ammissibilità dell’istanza entro un mese dall’esibizione delle prove.
QUERELA DI NULLITA’
La sentenza è affetta da nullità insanabile quando:
La sentenza è affetta da nullità sanabile quando:
La querela di nullità per vizio insanabile può essere proposta dinanzi al medesimo giudice che ha emanato la sentenza entro dieci anni dal giorno della sua pubblicazione, quella per vizi sanabili dinanzi allo stesso giudice entro tre mesi à can. 1621, 1623.
La sentenza affetta da vizio di nullità non può essere suscettibile di appello, è possibile proporre la querela di nullità in via principale insieme con l’appello in via subordinata à cann. 1625, 1629.
La causa relativa alla querela di nullità segue le regole del processo contenzioso orale àcan. 1627.
I PROCESSI DOCUMENTALE E AMMINISTRATIVO
IL PROCESSO DOCUMENTALE
Il processo documentale assicura alle parti la possibilità di un contraddittorio, pur non essendone garantito in atto un pieno svolgimento. Sostanzialmente si tratta di un procedimento amministrativo.
Di tutte le formalità tipiche del processo, qui rimangono solo la citazione e l’emanazione di una pronunzia da parte dell’organo giudicante (Vicario giudiziale o giudice designato dallo stesso).
Questa semplificazione della procedura è consentita a patto che:
La prima pronunzia dichiarativa della nullità è appellabile à can. 1687
In seconda istanza l’accertamento è condotto da un giudice che deciderà con sentenza se confermare la decisione di primo grado o disporre con decreto motivato la remissione della causa al riesame del tribunale del primo grado.
Nel processo documentale la prima sentenza potrebbe non essere impugnata, diventando immediatamente esecutiva e derogando al principio della doppia conforme à la procedura d’appello è eventuale.
IL PROCESSO AMMINISTRATIVO
Se la dichiarazione di nullità è pronunciata sulla base di un procedimento amministrativo svolto dinanzi al Congresso della Segnatura Apostolica, che decide con decreto esecutivo, si ha un’altra deroga al principio della doppia conforme.
È una procedura adottata quando la morale certezza della nullità è evidente, senza bisogno di una più approfondita discussione o indagine o quando il caso oggetto dell’istanza perviene al Tribunale Apostolico nella sua funzione di vigilante sulla retta amministrazione della giustizia.
Il Congresso è l’organismo fondato dal Prefetto, dal Segretario, da un Referendario, dal Promotore di Giustizia e dal Difensore del Vincolo: emana decreti definitivi e permette l’applicazione della revisione della causa.
Il Tribunale della Segnatura, nella veste di organo del contenzioso amministrativo, giudica delle controversie introdotte da ricorsi contro i singoli atti amministrativi emessi o approvati dai Dicasteri della Curia romana, tutte le volte che venga denunciata una violazione di legge, nel deliberare o nel procedere, e se ne chieda la declaratoria, oltre il risarcimento del danno à can. 1445.
CAUSE DI SEPARAZIONE
FORME DI TRATTAZIONE
Le cause di separazione possono essere trattate in forma giudiziaria anche dinanzi ai tribunali della Chiesa.
La competenza dei tribunali ecclesiastici è stabilita dal can. 1673.
La forma comune della trattazione è quella del processo orale, a meno che una parte o il promotore di giustizia non chiedano la trattazione secondo la forma del processo contenzioso ordinario: si applica per l’appello il can. 1682 a proposito della sentenza affermativa di primo grado nelle cause di nullità matrimoniali.
Per le istanze di separazione il giudice, prima di accettare la causa, deve fare ricorso a qualsiasi mezzo pastorale per tentare di riconciliare i coniugi e ricostituire la comunione di vita fra loro à can. 1695.
Il can. 1692 prevede la possibilità di ricorrere ad un procedimento amministrativo per le cause matrimoniali
Il Vescovo diocesano può decidere con decreto.
CAUSE DI SCIOGLIMENTO
PROCEDURA PER LA DISPENSA DEL MATRIMONIO RATO E NON CONSUMATO
Il provvedimento di dispensa dal matrimonio rato e non consumato si chiama gratia.
Prima dell’emanazione ha luogo un vero e proprio processo. La competenza della fase decisoria è riservata alla Sede Apostolica, la quale dovrà valutare la ricorrenza dell’inconsumazione e la sussistenza della giusta causa necessaria per la concessione della dispensa da parte del Pontefice àcan. 1698
La fase istruttoria è demandata al Vescovo diocesano del domicilio o quasi domicilio della parte istante, sotto il diretto controllo della Sede Apostolica.
Il Vescovo, prima di disporre l’istruttoria, deve consultare la Congregazione del culto divino e della disciplina dei sacramenti ogni qual volta il caso proposto presenti particolari difficoltà.
Avverso il decreto di reiezione del libello da parte del Vescovo, l’istante può far ricorso alla Congregazione à can. 1699
Il Vescovo, per l’istruzione della causa, deve servirsi del Tribunale della sua Diocesi o di quello di un’altra Chiesa particolare o di un sacerdote competente. Se la causa introdotta ha come oggetto la nullità dello stesso matrimonio per il quale è chiesta la dispensa è competente lo stesso tribunale che tratta la causa di nullità, in quanto questa è preliminare rispetto alla procedura di dispensa à can. 1700.
Non sono ammessi avvocati o procuratori, è solo concesso che le parti private si servano dell’opera di un esperto in diritto, previo permesso del Vescovo à can. 1701
È disposta una limitata pubblicità degli atti: le parti possono essere informate con prudenza dal giudice sulle difficoltà che incontra l’istruttoria o possono prendere visione, di volta in volta, di un documento per presentare le loro deduzioni à can. 1703.
L’inconsumazione può essere provata con argomenti morali (confessione giurata e concorde delle parti, deposizioni testimoniali, presunzioni fondate sulla correlazione logica tra fatti facilmente provabili ) o fisici (esame dell’integrità fisica della donna, accertamento delle difficoltà dell’uomo). Solo nel caso in cui la Congregazione abbia rilevato l’inadeguatezza o l’inconsistenza delle prove sino a quel momento raccolte, il giurisperito può essere ammesso a consultare il sommario degli atti del processo, per stabilire se vi sono possibilità di continuare o se è necessario riproporre l’istanza.
Conclusa l’istruttoria, il Vescovo stende un voto (parere per iscritto e pro rei veritate) sulle risultanze emerse. Tutti gli atti della causa, il parere del Vescovo e le osservazioni del difensore del vincolo vengono trasmessi alla Congregazione: nel caso risultino verificati i requisiti previsti, l’istanza viene inoltrata al Pontefice. Se la dispensa viene concessa, il rescritto che la contiene viene trasmesso al Vescovo, che ne curerà la notifica alle parti ed ai parroci competenti.
PROCEDURE DI SCIOGLIMENTO IN FAVORE DELLA FEDE
Il privilegio paolino e il privilegio petrino sono figure di scioglimento atte a favorire i matrimoni fra credenti battezzati nella Chiesa cattolica o con almeno un credente battezzato.
Accertamento dei presupposti : cann. 1142/1150, Istruzione pro solutione matrimonii in favorem fidei.
P.paolino à vero e proprio privilegio, lo scioglimento non consegue ad un atto o una pronunzia dell’autorità ecclesiastica, ma alla conclusione del nuovo matrimonio ipso iure, anche quando venga formalmente emanato un rescritto.
P.petrino à all’istruttoria segue un rescritto di scioglimento.
DICHIARAZIONE DI MORTE PRESUNTA
Il vincolo matrimoniale è per definizione perpetuo e può sciogliersi solo con la morte. A volte non è però possibile dare la prova della morte del coniuge attraverso un documento autentico, ecclesiastico o civileà è necessario ricorrere ad una procedura surrogatoria della certezza legale.
Il coniuge interessato può rivolgersi al proprio Vescovo diocesano per ottenere una dichiarazione di morte presunta dell’altro coniuge à can. 1707
Il Vescovo non potrà mai ritenere sufficiente il protrarsi dell’assenza del coniuge scomparso. Dovrà instaurare una procedura per indagare e, attraverso le deposizioni di testi, notizie raccolte e vari indizi, raggiungere la morale certezza della morte del coniuge.
Fonte: http://www.studentibicocca.it/file/download/654?license_confirmed=true
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