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IL SISTEMA FINANZIARIO
Il sistema finanziario è l’insieme organizzato di mercati, intermediari e strumenti finanziari. Esso rappresenta la struttura attraverso cui si svolge l’attività finanziaria, cioè la produzione e l’offerta dei servizi finanziari. Inoltre è un’organizzazione informale: non è dotata, cioè, della capacità contrattuale che, invece, caratterizza i modelli organizzativi dell’impresa o delle istituzioni pubbliche.
I mercati finanziari sono mercati specializzati nella negoziazione di strumenti finanziari.
Una prima classificazione dei mercati avviene sulla base di criteri istituzionali; si distinguono pertanto:
Un’altra classificazione è basata, invece, su criteri economici; si distinguono quindi in base a:
Gli strumenti finanziari sono quei contratti aventi per oggetto diritti e prestazioni di natura finanziaria. Essi consentono il trasferimento di risorse tra un soggetto creditore ed uno debitore; oppure in trasferimento di rischi tra soggetti diversi, sotto forma di contratti di copertura di rischi puri (assicurazione), o di diritto/impegno a scambi futuri (contratti a termine e derivati).
Gli strumenti finanziari possono essere classificati in varie tipologie in base ai diversi profili contrattuali:
Gli intermediari finanziari sono una speciale classe di imprese che svolgono un’attività basata sulla produzione e sulla negoziazione di strumenti finanziari e sull’offerta di servizi connessi con la circolazione degli strumenti stessi. Essi, in base all’attività di produzione svolta si distinguono in:
In base invece alla funzione svolta si distinguono in:
Data la natura dell’attività svolta, il funzionamento del sistema finanziario avviene in un contesto di regole e di controlli. La quarta componente della struttura del sistema è quindi costituita dalle autorità di vigilanza.
Il sistema finanziario svolge tre funzioni fondamentali:
Regolamento degli scambi
La funzione monetaria trova espressione sia nella messa a disposizione degli utenti dei mezzi di pagamento, in quantità e qualità adeguate all’esigenza degli scambi (creazione di moneta), sia nella prestazione di servizi per un’effettiva circolazione della moneta stessa (servizi di pagamento). Il sistema finanziario deve assicurare un’adeguata funzionalità al sistema dei pagamenti o, in altre parole, un efficiente funzionamento dei meccanismi di produzione e di circolazione della moneta. Tale funzione è svolta da alcune componenti del sistema: la banca centrale e le banche che mediante l’emissione di moneta legale (banconote) e bancaria (depositi in c/c) concorrono a determinare l’offerta complessiva di moneta.
Allocazione delle risorse
La crescita di un sistema economico è basata sul volume degli investimenti realizzati in un determinato arco di tempo (che a sua volta dipende dalla capacità di accumulazione del risparmio) e sulla natura degli investimenti (che a sua volta dipende dalla capacità di trovare la migliore allocazione alle risorse risparmiate).
Il meccanismo di accumulazione del risparmio è molto delicato in quanto, se il sistema finanziario riesce a raccogliere risparmio, attraverso tale risparmio si finanziano gli investimenti e a sua volta si finanzia la crescita economica.
Il sistema finanziario, svolgendo la funzione di allocazione delle risorse, prevede l’esistenza di due soggetti:
Alla base però è necessaria un’efficacia allocativa in quanto il sistema finanziario incide su:
Le modalità attraverso cui il sistema finanziario rafforza e rende più efficiente il processo di trasferimento delle risorse sono: l’informazione; la liquidità; la trasformazione del rischio.
L’informazione. Se il rischio percepito dal potenziale datore di fondi è quello relativo al rimborso alla scadenza, diventa fondamentale il meccanismo dell’informazione. È necessario avere informazioni accurate ex ante sulla potenziale controparte per valutarne l’affidabilità; ma è necessario continuare a raccogliere informazioni ex post rispetto alla stipula del contratto per monitorare l’utilizzo corretto dei fondi.
Anche la messa a punto dei contratti è un’attività che richiede informazioni, competenze specifiche e strutture operative. Ogni forma contrattuale è una combinazione particolare di elementi tecnici (scadenza, modalità di remunerazione, garanzie, modalità di rimborso, ecc..) che determinano i diritti/impegni patrimoniali e non patrimoniali per le controparti.
La liquidità. Se il rischio percepito da parte del creditore è di avere bisogno di riutilizzare il risparmio investito prima della scadenza del contratto, allora diventa importante il requisito della liquidità, della possibilità, cioè, di smobilizzare l’investimento prima della data di rimborso contrattuale. La liquidità è dunque funzione della natura degli strumenti finanziari: essi possono essere “negoziabili” o “non negoziabili”; nel primo caso, hanno un grado di liquidità che deriva, oltre che dalla durata residua (liquidità più alta per durate più brevi), dalla possibilità di negoziare gli strumenti in un mercato. È funzione, inoltre, del tipo di strumento e della presenza di mercati organizzati, in cui lo scambio può avvenire con costi di transazione molto bassi e prezzi trasparenti.
La trasformazione del rischio. Nonostante l’informazione e la presenza di meccanismi di liquidità, i creditori più avversi al rischio possono ritenere non finanziabile la parte più rischiosa dei prenditori di fondi. In questa situazione, il trasferimento diretto dal datore al prenditore di fondi è difficoltoso, con la possibilità che una parte della domanda dei fondi rimanga insoddisfatta. Il sistema finanziario, però, opera una trasformazione del rischio che si realizza mediante due principali meccanismi:
Gestione dei rischi
Vi sono due componenti essenziali di questa funzione: i contratti a termine e l’attività assicurativa.
I contratti a termine comprendono una gamma di applicazioni: da quelle sulle merci a quelli sugli strumenti finanziari. Attraverso i mercati a termine sulle merci, un operatore può gestire il rischio in relazione all’andamento futuro del prezzo della merce stessa. Per esempio, un’industria potrà fare acquisti a termine dei prodotti nell’apposito mercato: la consegna e il pagamento avverranno alle scadenze stabilite e ai prezzi fissati oggi. Nei mercati a termine di strumenti finanziari, l’oggetto può riguardare il rischio derivante dall’andamento futuro di una molteplicità di grandezze finanziarie: il cambio delle valute, il prezzo dei titoli, i tassi di interesse, gli indici di borsa.
L’attività assicurativa ha per oggetto la negoziazione dei cosiddetti rischi puri, i rischi cioè che si manifestano sotto forma di perdite o danni futuri e non definibili nella frequenza e nella gravità. La gestione dei rischi puri tramite una polizza assicurativa comporta il trasferimento del rischio a un intermediario specializzato (compagnia di assicurazione). Tale trasferimento ha come contropartita il pagamento di premi che vengono investiti in riserve da cui verranno prelevati i fondi necessari per compensare gli assicurati.
LA REGOLAMENTAZIONE E LA VIGILANZA DEL SISTEMA FINANZIARIO
Il sistemi di regolamento e di vigilanza si rivolgono ai mercati e agli intermediati finanziari, così come agli operatori non finanziari (imprese) quando questi si rivolgono ai risparmiatori.
Le ragioni del controllo pubblico sul sistema finanziario sono riconducibili ai punti seguenti:
La funzione monetaria e il governo monetario dell’economia
Vi è un interesse al buon funzionamento del sistema dei pagamenti legato a ragioni di sicurezza e di stabilità e di efficienza. Ma vi è un interesse altrettanto evidente verso la possibilità di regolare la quantità di moneta a disposizione dell'economia (equilibrio domanda/offèrta) e/o a governare altre grandezze chiave della condotta della politica monetaria (base monetaria, tassi di interesse ecc.).
Tutela dei risparmiatori.
I risparmiatori sono i contraenti deboli di ogni transazione finanziaria e quindi meritevoli di tutela.
Esternalità negative
La crisi bancaria può provocare esternalità negative per il sistema economico, sotto forma di “contagio” (cosiddetto effetto domino) verso altre istituzioni finanziarie, sfiducia e panico dei depositanti, corsa agli sportelli per il ritiro dei depositi. Una crisi bancaria o, in senso più ampio, una crisi finanziaria possono determinare instabilità nella stessa economia reale.
Asimmetria informativa e fallimento del mercato
Il rapporto tra creditore e debitore è intrinsecamente caratterizzato da un difetto di informazione a danno del creditore. L’informazione non è sufficiente a stabilire una precisa graduatoria di rischio e, quindi a definire il «prezzo» del credito in funzione del rischio. I «prezzi» tendono verso un livello medio che non indica la qualità del prenditore: i migliori pagano prezzi troppo alti; la fascia di qualità bassa paga un premio al rischio insufficiente. Se così è, i prenditori di qualità migliore tendono a rinunciare ai fondi. Allora, la qualità media dei prenditori di fondi si ridurrà; il premio al rischio (medio) aumenterà ancora, inducendo un'ulteriore caduta di domanda da parte del segmento di buona qualità. Ripetendo questo ragionamento, si arriva al «fallimento» del mercato.
Correttezza e trasparenza dei comportamenti degli intermediari.
Questo obiettivo è strettamente collegato a quello della tutela dei risparmiatori, nei confronti del rischio di conflitti di interesse, che possono derivare dai comportamenti degli intermediari.
Il quadro delle autorità di controllo del sistema finanziario
Gli obiettivi del controllo del sistema finanziario si articolano in:
La stabilità risponde alle esigenze di tutela del risparmiatore, di funzionalità del sistema dei pagamenti e di efficacia del governo monetario dell'economia. L’efficienza è si distingue in efficienza operativa, cioè di minimizzazione del costo per l’economia reale dell’attività finanziaria, e di efficienza allocativa, cioè di qualità del processo di distribuzione delle risorse verso impieghi alternativi, selezionando idealmente quelli con tasso di ritorno più alto.
Gli obiettivi di stabilità e di efficienza sono interdipendenti. Si tratta di un trade-off: massimizzare i risultati da un lato (stabilità) comporta costi crescenti dall’altro (efficienza). Efficienza e stabilità, tuttavia, possono essere viste anche in un rapporto di complementarità. Infatti, spostando il ragionamento oltre il breve termine, il rafforzamento dell’efficienza degli intermediari finanziari è condizione necessaria per accrescere la capacità competitiva e, quindi, la stabilità.
Con il termine di ordinamento si intende l'insieme organico e complessivo delle norme che disciplinano le attività e le istituzioni dell'intermediazione finanziaria in un dato contesto politico-amministrativo.
Nel caso del nostro paese tali norme possono avere origine:
La norma legislativa viene detta primaria e si propone il fine di disegnare il quadro istituzionale complessivo; mentre quella emanata da organi delegati viene definita secondaria ed assume e realizza finalità di regolamentazione più specifica e quindi di vigilanza.
L’ordinamento comunitario parte dal principio della libera commercializzazione di beni e servizi e l’abbattimento delle barriere comunitarie anche se non si è ancora giunti alla creazione di un mercato finanziario comunitario effettivamente libero. Per minimizzare lo sforzo dei singoli paesi si è scelto un modello bancocentrico rispetto ai singoli ordinamenti nazionali. In estrema sintesi, si può affermare che i fondamenti dell'ordinamento «concordato» a livello comunitario sono i seguenti:
Per quanto riguarda gli strumenti della vigilanza, si è adottata una classificazione che si basa sulla natura degli interventi e, in parte, tiene conto delle finalità cui ogni strumento in primis si rivolge. La classificazione prevede quattro categorie di strumenti:
La vigilanza strutturale
Si propone di determinare la configurazione di mercato più idonea a perseguire gli obiettivi propri della vigilanza. Dal punto di vista teorico, il fondamento principale è costituito dall’assunto che vi sia una relazione significativa tra la struttura del mercato, il comportamento degli intermediari e le performance degli stessi e del mercato. Tra gli strumenti di intervento riconducibili al concetto di vigilanza strutturale, sono significativi quelli che toccano le seguenti aree:
La vigilanza prudenziale
Si tratta di strumenti di vigilanza che assumono la forma di “criteri di gestione” cui gli intermediari devono attenersi e che sono finalizzate al controllo e alla delimitazione dei rischi. Gli interventi strutturali entrano con alta discrezionalità nelle condizioni del mercato e, in qualche modo, arrivano fino a “gestire” il mercato. Gli interventi di natura prudenziale evitano di condizionare direttamente il mercato; esprimono delle “regole del gioco” che riguardano il come si opera nel mercato stesso, ma non intervengono direttamente sulla struttura del mercato.
La vigilanza informativa (fair play regulation)
Comprende tutti gli strumenti di comunicazione e informazione che possono contribuire a ridurre le asimmetrie informative tipiche dell’attività finanziaria. Tali strumenti riguardano: le operazioni finanziarie; gli emittenti di titoli; gli intermediari che intervengono nei confronti di emittenti e di investitori, o nei confronti delle autorità di vigilanza; gli organismi responsabili del funzionamento e della gestione dei mercati mobiliari.
Il risultato finale atteso si colloca nell’area della trasparenza e della correttezza informativa, assunte come condizioni base per lo sviluppo di un sistema di rapporti contrattuali il cui pricing si avvicina ai requisiti dell'«efficienza del mercato». Esso può essere raggiunto con la presenza di soggetti finanziatori, supportati da informazioni di qualità e spessore adeguati, e quindi in condizione di valutare il rischio di perdita di ogni prestito e di applicare così un tasso aggiustato per il rischio.
La vigilanza protettiva
Si occupa della gestione delle situazioni di crisi degli intermediari per garantire la tutela del risparmiatore, soprattutto se considerato “non consapevole”, e per ridurre gli effetti delle “esternalità”. Poiché tutti gli strumenti della vigilanza possono assolvere funzioni “protettive” (di tutela) dell’interesse del risparmiatore, la vigilanza protettiva si riferisce specificamente a due ambiti di applicazione:
Per quanto riguarda il primo caso, gli strumenti sono:
Le crisi irreversibili, invece, prevedono l’intervento dei “fondi di garanzia” (come il Fondo interbancario di tutela dei depositi). Si tratta di strumenti che si propongono di tutelare i creditori degli intermediari messi in liquidazione, facendo così fronte a due esigenze:
La definizione di banca e di attività bancaria
Viene definita «banca» l'impresa che è autorizzata all'esercizio dell'attività bancaria (D.Lgs. 385/1993).
L'attività bancaria consiste nella raccolta del risparmio e nell'esercizio del credito; se c'è solo una di queste due attività non siamo in presenza di banca.
Le banche esercitano, oltre all'attività bancaria, ogni altra attività finanziaria, secondo la disciplina propria di ciascuna, nonché attività connesse e strumentali, fatte salve le riserve di attività previste dalla legge. Le altre attività finanziarie sono quelle "ammesse al mutuo riconoscimento” ossia quelle che le banche possono esercitare direttamente o indirettamente tramite società controllate, in qualsiasi paese dell’UEM a seguito dell'autorizzazione ricevuta nel paese di origine (principio del home country control).
Le attività ammesse al mutuo riconoscimento, il cui esercizio separato peraltro non costituisce attività bancaria, sono:
La raccolta del risparmio è definita come acquisizione di fondi con obbligo di rimborso, sia sotto forma di depositi sia sotto altra forma. In via generale, la raccolta del risparmio fra il pubblico è vietata ai soggetti diversi dalle banche. Essa è consentita solo in casi espressamente previsti. In ogni caso, la raccolta a vista e ogni forma di raccolta collegata all’emissione o alla gestione di mezzi di pagamento può essere effettuata solo dalle banche. Queste hanno inoltre facoltà di emettere obbligazioni, anche convertibili, nominative o al portatore e, con l'autorizzazione specifica di Banca d'Italia, prestiti subordinati.
La politica monetaria, insieme con la politica dei redditi e di bilancio, rientra nell’ambito più generale della politica economica, cioè, nel sistema di strumenti di governo dell’economia avente come obiettivi finali:
La politica monetaria si riassume nella regolamentazione della quantità di moneta e del livello dei tassi d’interesse per raggiungere obiettivi di politica economica. Infatti, gli interventi della politica economica sono particolarmente rilevanti ai fini della stabilità della moneta.
Con la terza fase dell’Unione economica e monetaria, iniziata il 1° Gennaio 1999, le funzioni di politica monetaria sono passate dalle Banche centrali nazionali (BCN) alla Banca centrale europea (BCE) e al Sistema europeo di banche centrali (SEBC).
Dal punto di vista strutturale le istituzioni europee sono un sistema articolato in tre diverse entità:
La distinzione tra Eurosistema e SEBC deriva dal fatto che la gestione della politica monetaria comune si applica ai paesi che hanno adottato la moneta unica, quindi a solo 12 dei 15 paesi dell’UE che sono rappresentati nel SEBC.
Dal punto di vista organizzativo il Sistema opera sotto la guida di 3 organi decisionali:
I compiti istituzionali del SEBC sono stabiliti dal trattato di Maastricht:
Il trattato di Maastricht stabilisce (art. 105.1) che l’obiettivo principale del SEBC è il mantenimento della stabilità dei prezzi.
Il controllo dell'offerta di moneta
La regolazione della moneta disponibile nel sistema economico è importante quale strumento per raggiungere l’obiettivo prioritario dell’azione della Banca centrale e cioè la stabilità dei prezzi.
L'offerta di moneta è legata alla quantità di base monetaria che la Banca centrale mette in circolazione e alla relazione che intercorre tra la stessa base monetaria e le altre componenti dell'offerta di moneta, cioè i depositi bancari (D).
La BM emessa dalla Banca centrale si ripartisce tra scorte monetarie detenute dal «pubblico, cioè dai soggetti dell’economia diversi dalle banche (BMp), e riserve monetarie detenute dalle banche (RB); queste ultime, a loro volta, si distinguono tra «riserve libere» (RL) e «riserve obbligatorie» (RO):
BM = BMP + RB
L'offerta di moneta può essere definita come
OM = BMP + D
si può riscrivere:
dividendo il secondo membro per D:
= p rappresenta la propensione del pubblico a detenere scorte di base monetaria rispetto ai depositi
= b rappresenta la misura delle scorte in base monetaria detenute dalle banche sia per ragioni operative del sistema dei pagamenti (riserve libere), sia per ragioni di controllo monetario (riserve obbligatorie)
Possiamo, allora, riscrivere:
L'offerta di moneta (OM) è direttamente proporzionale alla base (BM) e a un termine (la frazione del secondo membro) che dipende dal livello della propensione di liquidità del pubblico e delle banche. Questo termine è comunemente denominato moltiplicatore.
Il processo di moltiplicazione che va dall'immissione di base monetaria all'offerta di moneta si mantiene stabile se i coefficienti p e b sono stabili; quindi se non cambiano le propensioni per la liquidità del pubblico e delle banche.
Il livello di p è influenzato principalmente dal rendimento degli impieghi alternativi alla moneta legale (tasso di interesse sui depositi) e dall'efficienza dei meccanismi operativi del sistema dei pagamenti (accesso ai cash dispensers ecc.). Il coefficiente b, a sua volta, dipende dal costo della detenzione delle riserve bancarie: il rendimento delle riserve stesse, il rendimento degli impieghi alternativi, il costo del rifinanziamento da parte della Banca centrale, il vincolo di riserva obbligatoria, il grado di variabilità dei flussi di entrata e di uscita monetaria che le banche gestiscono.
Gli strumenti di controllo dell'offerta di base monetaria
Se il controllo della base monetaria costituisce la leva principale ai fini del controllo monetario, si tratta ora di vedere in che modo la Banca centrale può attuare il controllo stesso.
La BCE opera attraverso due categorie di operazioni.
Si tratta di operazioni di pronti/termine (quindi con effetti temporanei) in cui la Banca è acquirente di titoli a pronti quando vuole immettere base monetaria e venditore a pronti quando vuole ridurre la base monetaria disponibile al sistema bancario.
2. Operazioni su iniziativa delle controparti
Sono operazioni volte a immettere o assorbire liquidità in funzione delle esigenze delle controparti, per stabilizzare le fluttuazioni dei tassi di interesse del mercato overnight. Hanno lo scopo di consentire alle singole banche di risolvere momentanee carenze/eccessi di base monetaria, senza influenzarne in modo significativo il volume complessivo ed evitando che gli squilibri si traducano in eccessiva volatilità dei tassi interbancari.
La domanda di base monetaria del sistema bancario
Le banche sono al centro del sistema dei pagamenti, cioè di una complessa rete di transazioni monetarie che servono al regolamento degli scambi.
È comprensibile che ogni banca debba garantire la propria capacità di far fronte a tutte le richieste di pagamento delle controparti; ciò sarà in parte possibile attraverso l'incrocio con i flussi di base monetaria generati dagli incassi, ma data l'irregolarità e la non prevedibilità dei flussi questo matching ideale non basterà. Sarà quindi necessario detenere scorte monetarie adeguate rispetto alle previsioni di fabbisogno, e cioè ai deficit di liquidità generati da temporanei surplus di uscite sulle entrate. Queste scorte saranno detenute direttamente come disponibilità di cassa presso i centri operativi delle banche (sede e sportelli) è, più significativamente, come depositi presso la Banca centrale.
Le scorte monetarie detenute per motivi operativi costituiscono delle «riserve bancarie» considerate nel modello del moltiplicatore. L'altra parte della domanda di base monetaria è data dalla riserva di liquidità obbligatoria. Si tratta di un vincolo di riserva minima che le banche devono detenere presso la Banca centrale in una determinata percentuale (2%) delle passività con durata inferiore ai 2 anni.
LE FUNZIONI OBIETTIVO DELL'INVESTITORE E DEL PRENDITORE DI FONDI
Nell'economia di mercato i soggetti entrano in possesso dei beni e dei servizi necessari per soddisfare i propri bisogni attraverso processi di scambio. L'attività di scambio è onerosa: i soggetti devono sopportare i costi di ricerca della controparte ed i costi di trasferimento materiale dei beni e servizi scambiati. Questi costi possono essere ridotti in presenza di cinque condizioni:
Le economie moderne si caratterizzano per la presenza di efficienti e complessi sistemi di pagamento fondati principalmente su due generi di moneta: la moneta legale e quella bancaria.
I fattori che determinano la condizione di accettabilità e quindi l’accettazione della moneta sono:
I soggetti emittenti moneta sono: la Banca centrale, che emette moneta legale, ed è titolare dei poteri di politica monetaria; la banca commerciale, che invece emette moneta bancaria in via sostitutiva di quella legale e in forza di un impegno formale di convertibilità della prima nella seconda. Moneta bancaria è il deposito in conto corrente, che offre sia un servizio di custodia che un servizio di incasso/pagamento.
La funzione obiettivo dell'investitore
Le scelte finanziarie dell'investitore sono guidate dalle variabili «rendimento» e «rischio». Si tratta, però, di una visione semplificata del problema, poiché nella realtà l’investitore potrebbe avere anche interessi e obiettivi di diverso tipo.
Il rendimento
Il rendimento di un'attività finanziaria può essere considerato l'espressione del risultato economico dell'operazione, cioè una misura della redditività della stessa. Esso è dato dal rapporto fra l’incremento di capitale ottenuto avendo fatto l’investimento ed il capitale inizialmente investito:
R = Wn – Wo
Wo
ed è influenzato da:
Il rischio
I principali tipi di rischio ai quali è esposto un investitore sono:
• Il rischio di insolvenza definisce l’eventualità che il prenditore di fondi non sia in grado di mantenere i propri impegni.
• Il rischio di prezzo è tipico dei titoli mobiliari negoziati in un mercato: il prezzo quotato subisce variazioni sia per ragioni che riguardano direttamente l'emittente (rischio specifico), sia per fattori di carattere più generale che riguardano la situazione dell'economia e del mercato (rischio sistematico).
• Il rischio di tasso di interesse colpisce le operazioni finanziarie a tasso di interesse fisso. Dal punto di vista dell'investitore, il rischio di interesse dipende dalla variazione dei tassi di interesse di mercato: se il mercato si orienta verso rendimenti superiori a quelli garantiti dall'operazione in essere, la convenienza di quest'ultima si riduce (poiché essa diventa relativamente meno redditizia).
• Il rischio di cambio riguarda un'attività denominata in valuta diversa da quella di riferimento per l'investitore e si manifesta (sia positivamente sia negativamente) nel caso di variazione del tasso di cambio tra le due valute.
• Il rischio di perdita del potere di acquisto colpisce un'attività finanziaria in funzione dell'inflazione, che riduce il valore della moneta di denominazione.
• II rischio di liquidità di un'attività finanziaria corrisponde all'idoneità di quest'ultima a essere convertita in moneta. Un'attività finanziaria è tanto più liquida quanto più ridotti sono i costi e i periodi di attesa che il possessore deve accettare per ottenere la conversione in moneta e vedere così tornare il proprio investimento in forma liquida.
La relazione logica fra rendimento e rischio
In linea generale, di fronte ad attività finanziarie alternative caratterizzate da eguale rendimento, l'investitore preferisce quella dotata di rischio minore. Analogamente, tra attività finanziarie con uguale rischio, egli preferisce certamente quella con il rendimento atteso maggiore. Assumendo come riferimento il rendimento atteso di un'attività finanziaria priva di rischio (free risk, come, per esempio, un titolo di Stato a breve scadenza), il maggior rendimento atteso da un'attività finanziaria rischiosa viene definito «premio al rischio». Lo strumento logico della curva di indifferenza consente di determinare l'adeguatezza del premio al rischio. La curva di indifferenza è una funzione ideale che riunisce geometricamente i luoghi o le coordinate/combinazioni rendimento/rischio intersostituibili o «indifferenti» per quello specifico investitore. Inoltre gli investitori si distinguono anche strutturalmente per l'appartenenza a classi di propensione al rischio diverse. L’appartenenza di un investitore ad una o un’altra classe di propensione al rischio dipende da una combinazione di fattori: età, stock di ricchezza finanziaria e reale posseduto, livello di reddito attuale, livello di reddito atteso e sua incertezza, stato di salute, composizione familiare e così via.
La funzione obiettivo del prenditore di fondi
Il costo
Il costo dell'operazione di finanziamento è determinato dalle seguenti quantità:
Il rischio
Il prenditore di fondi è esposto ai seguenti tipi di rischio:
LE FUNZIONI E LE CARATTERISTICHE DEGLI STRUMENTI FINANZIARI
Lo scambio diviene concretamente realizzabile se esiste la possibilità di definire i diritti ed i doveri di ambo le parti contraenti in modo che le rispettive funzioni obiettivo trovino contestuale soddisfazione.
Ogni attività finanziaria sottintende un contratto ed è uno «strumento finanziario» che permette il trasferimento delle risorse finanziarie dal soggetto investitore a quello prenditore.
Trasferibilità, negoziabilità e liquidità
La trasferibilità consente la circolazione degli strumenti finanziari successivamente alla loro emissione.
Vi sono strumenti finanziari il cui contratto prevede la trasferibilità mediante semplice trasferimento materiale (titoli di credito cosiddetti al “portatore”) o mediante girata (titoli all’ordine) e, viceversa, strumenti finanziari il cui trasferimento di titolarità non è immediatamente attuabile, ma richiede procedure abbastanza complesse (la cessione del credito) e onerose (costi di transazione).
Gli strumenti di finanziamento-investimento trasferibili per loro intrinseca natura sono i valori mobiliari, cioè le azioni e le obbligazioni. Viceversa un contratto di mutuo o di prestito non prevede la trasferibilità, anche se il relativo credito può essere ceduto.
In termini operativi la trasferibilità è un requisito tecnico e formale che consente l’effettivo trasferimento del titolo di proprietà e/o credito, cioè la sua negoziazione. Quanto più lo spessore e la frequenza degli scambi di un dato strumento sono elevati e frequenti, tanto maggiori sono le opportunità di negoziazione (aumenta quindi la negoziabilità dello strumento).
La negoziabilità è requisito necessario per definire la liquidità di uno strumento finanziario, intesa come convertibilità in moneta. Tale convertibilità è tanto più reale, quanto minore sono il costo di ricerca della controparte, gli altri costi di transazione e la perdita di valore eventualmente necessaria per ottenere immediata contropartita di scambio. A sua volta, la liquidità dipende:
Il rendimento, la sua prevedibilità e il rischio
La prima componente del rendimento, definibile reddito staccato, è rappresentata dal pagamento periodico di cedole (per i titoli obbligazionari) o di dividendi (per i titoli azionari).
L'esistenza dei cosiddetti titoli zero coupon, che, non prevedendo il pagamento di alcuna cedola, offrono comunque un rendimento, rende evidente l'esistenza di una seconda componente del rendimento, identificabile nella differenza tra il prezzo di vendita o di rimborso del titolo e il prezzo di acquisto.
Una terza componente che insieme alla seconda rientra nel reddito incorporato è rappresentata dai frutti ottenibili grazie al reinvestimento dei flussi finanziari periodici prodotti dal titolo stesso.
Il prezzo teorico di un titolo è dato dalla sommatoria dei valori attuali dei flussi di cassa attesi:
dove:
P0 è il valore iniziale del capitale investito
Ft sono i flussi di cassa periodici incassati dall'investitore al tempo t
Pn è il valore finale del capitale investito
r è il tasso interno di rendimento effettivo
Nel caso di un titolo obbligazionario, il valore iniziale dell'investimento è pari al valore di emissione o al valore di mercato del titolo, i flussi periodici di cassa (Ft) sono rappresentati dalle cedole staccate dal titolo e il prezzo di rimborso è pari al valore a scadenza del titolo.
Nel caso di un titolo azionario, invece, i flussi periodici di cassa (Ft) sono rappresentati dai dividendi distribuiti dalla società e il prezzo di rimborso è pari al valore stimato a scadenza del titolo.
Per i titoli obbligazionari, il periodo n è normalmente pari alla cadenza del titolo; per i titoli azionari il periodo n coincide con l'orizzonte temporale dell'investitore.
La medesima formulazione matematica può essere adottata per il calcolo del costo di una passività finanziaria, assumendo che P0 sia l'importo del finanziamento, i flussi periodici rappresentino le rate (comprendenti una quota di capitale e una quota di interessi pagati dal debitore) e Pn costituisca l'eventuale importo residuo del finanziamento a scadenza.
La volatilità esprime la variabilità dei rendimenti previsti intorno al rendimento atteso dello strumento finanziario. Il rendimento atteso, che indichiamo con R[E], è la media dei diversi rendimenti previsti, ponderata per la probabilità di verifica di ogni rendimento. In formule:
Lo scarto quadratico medio (o deviazione standard) quantifica la dispersione dei rendimenti realizzabili in rispetto al rendimento medio, esprimendo l'incertezza associata al rendimento medio. In formule:
dove:
pi sono le probabilità associate ai singoli scenari
ri sono i rendimenti associati ai singoli scenari
è il rendimento medio espresso dalla media ponderata dei rendimenti
Maggiore è lo scarto quadratico medio, maggiore sarà la volatilità del titolo e, di conseguenza, il suo rischio di prezzo.
La durata residua
Per durata residua si intende il tempo che intercorre fra il momento presente e la data di estinzione contrattuale dello strumento. Tuttavia non sempre i contratti sottostanti gli strumenti finanziari definiscono precisamente la scadenza.
Il tempo alla scadenza non misura correttamente la durata finanziaria poiché, in genere, nell'intervallo considerato, lo strumento finanziario produce flussi di cassa per l'investitore. La durata finanziaria o duration (D) di uno strumento finanziario è definita dalla seguente relazione aritmetica:
dove:
t indica la scadenza di ogni flusso di cassa futuro (fino a n)
Ft è il flusso di cassa t-esimo
r è il tasso di rendimento interno, detto anche TRES (tasso di rendimento effettivo alla scadenza)
P è il prezzo corrente del titolo sul mercato, al momento della valutazione
La duration è una misura di durata residua (numero di anni alla scadenza) del titolo calcolata ponderando ogni scadenza futura con il rapporto fra il valore attualizzato del relativo flusso di cassa e il prezzo corrente del titolo. Tale rapporto, in sostanza, misura il contributo di ciascun flusso al valore complessivo del titolo. Se ne desume che quanto maggiore è l'importo dei flussi di cassa intermedi pagati dallo strumento finanziario, tanto minore è la sua duration.
Le variabili che incidono sulla determinazione della duration sono:
In particolare si verifica che:
Per i titoli senza cedole(BOT, CTZ, obbligazioni zero coupon) la duration è uguale alla vita residua.
Se le aspettative sui tassi sono in ribasso generalmente si tende ad acquistare titoli lunghi con cedola piccola, ossia titoli con duration elevata.
Se le aspettative sui tassi sono in rialzo generalmente si tende ad acquistare titoli corti con cedola grande, ossia titoli con duration più bassa in modo da avere un maggiore incremento del prezzo.
A parità di condizioni, titoli con duration più elevata sono più rischiosi e più volatili, e viceversa.
Siccome la duration è un indice fortemente correlato alla scadenza del titolo, esiste un altro indice che invece tiene conto dell’elasticità di un titolo rispetto al suo rendimento. Tale indice è la duration modificata (o volatilità) che si ottiene come rapporto tra la duration e (1+TRES), ossia:
dove TRES = tasso di rendimento effettivo alla scadenza, ossia il rapporto tra il prezzo e il valore attuale dei flussi di pagamento.
L'EFFICIENZA DEI MERCATI FINANZIARI
L'efficienza allocativa
La massima efficienza allocativa è perseguibile nel momento in cui si massimizza la produttività del capitale, ovvero quando il capitale è impiegato in maniera tale da promuovere l’uguaglianza della produttività marginale del capitale nell’intera gamma delle opportunità d’impiego. Affinché, in generale, l’ipotesi di efficienza allocativa possa concretizzarsi, è necessario: che tutti gli attori del mercato siano informati sulle opportunità disponibili; che sia l’offerta che la domanda assumano comportamenti tali che ogni investitore agisca in modo razionale per massimizzare la propria funzione di utilità; che si utilizzino criteri di selezione degli investimenti fondati su un sistema di prezzi (rendimenti) in grado di riflettere tempestivamente tutte le informazioni disponibili sulla situazione economico-finanziaria dei prenditori.
L'efficienza informativa
Un mercato, in termini statici, può essere definito efficiente sotto il profilo informativo se:
• i prezzi riflettono costantemente tutta l'informativa disponibile;
• gli operatori agiscono razionalmente in modo da massimizzare la propria funzione di utilità.
In termini dinamici, il livello di efficienza informativa è inversamente proporzionale ai tempi di diffusione necessari al mercato per integrare nei prezzi nuove informazioni e alla lunghezza del percorso che le informazioni devono compiere perché si possa raggiungere un nuovo stato di equilibrio.
In base alle informazioni contenute nel sistema dei prezzi, si identificano tre stadi di efficienza informativa:
L'efficienza operativa
Il conseguimento dell'efficienza informativa e dell'efficienza allocativa è condizionato anche dalla sussistenza di condizioni di efficienza tecnica a livello microeconomico e di efficienza funzionale a livello di mercato. Nel primo caso si fa riferimento alla necessità che gli intermediari, o gli stessi investitori finali in caso di scambio diretto, razionalizzino la propria struttura dei costi in modo da limitare il peso degli oneri di transazione; nel secondo, invece, a tutte quelle condizioni atte ad agevolare l'incontro fra domanda e offerta e ad accrescere, di riflesso, la significatività del sistema dei prezzi e la sua attitudine a informare rapidamente e in modo efficiente gli operatori interessati.
La performance del mercato e la funzionalità delle relative forme organizzative possono essere stimate sulla base dell'osservazione congiunta di parametri quali:
• lo spessore dipende dall'esistenza di ordini di acquisto o vendita basati su prezzi sia superiori che inferiori a quello corrente, tale da impedire variazioni violente dei corsi rispetto ai prezzi di mercato. Inoltre, è necessario che gli investitori siano opportunamente informati e possano intervenire tempestivamente sul mercato;
• l'ampiezza è funzione della consistenza del volume di ordini da eseguire per ogni possibile livello di prezzo. Il presupposto nella rapidità con cui il più alto numero di operatori possibile può venire a conoscenza dell’afflusso di nuovi ordini sul mercato e rivedere le proprie politiche di intervento;
• l'elasticità dipende invece dalla tempestività con cui il mercato reagisce ai segnali impliciti nelle variazioni di prezzo. Condizione atta ad aumentare l'elasticità del mercato è l'immediata diffusione delle informazioni su ordini eseguiti e proposti e sui prezzi praticati.
Le modalità di scambio realizzate nel sistema finanziario possono essere distinte in:
Nello scambio diretto assistito l'intermediario agisce in nome e per conto del cliente e perciò stipula contratti che hanno effetto giuridico ed economico direttamente in capo a questi. Diversamente, nello scambio indiretto l'intermediario sottoscrive in proprio gli effetti giuridico-economici dei contratti o strumenti posti in essere per realizzare il trasferimento delle risorse.
Dal punto di vista formale, il complesso delle attività svolte dall'intermediario nell'ambito dei circuiti di scambio diretto e assistito viene definito intermediazione mobiliare. Diversamente, l'attività di scambio indiretto e intermediato viene definita intermediazione creditizia.
Secondo l’ipotesi di perfezione del mercato, l’esistenza degli intermediari finanziari non avrebbe significato; infatti, se si muove dall’assunto che il mercato sia perfettamente competitivo, che gli scambisti primari siano perfettamente razionali e dispongano tutti della stessa informazione o di informazione totale, che l'esito dello scambio non sia condizionato dall'incertezza e che lo scambio non comporti per le parti alcun costo di transazione, non vi sono ragioni di necessità o convenienza per cui lo scambista potenziale debba ricorrere al servizio di un intermediario. Esistono, però, diversi fattori che condizionano, limitano o impediscono lo scambio diretto. Infatti, in molti casi, la ricerca di opportunità di scambio da parte degli uni e degli altri non ha esito positivo: perciò esistono segmenti di investitori e di prenditori insoddisfatti. Tale situazione di incompletezza e di imperfezione del mercato - che si concreta nella circostanza significativa che il sistema dei prezzi non realizza l'equilibrio fra domanda e offerta di risorse finanziarie – consente di spiegare il motivo dell'esistenza/funzionamento degli intermediari finanziari.
Lo scambio finanziario ha la funzione di trasferire risorse finanziarie fra le parti interessate. Lo strumento dello scambio è il contratto, che definisce diritti e obblighi delle parti.
Lo scambio finanziario è costituito da prestazioni monetarie (almeno due) di segno opposto e distanziate nel tempo. Ildatore di risorse finanziarie effettua una prestazione attuale di trasferimento a titolo oneroso della disponibilità di determinate risorse finanziarie in contropartita di una prestazione futura del prenditore, che consiste nella restituzione del capitale ricevuto e nel pagamento della remunerazione pattuita.
L'estensione temporale dello scambio finanziario porta ad un diverso grado di incertezza delle due prestazioni.Infatti la prestazione del datore è comunque certa, una volta effettuata, mentre quella del prenditore è comunque aleatoria, poiché è dipende dal suo comportamento e dalle condizioni economico-finanziarie future, che gli consentiranno o meno di adempiere alle obbligazioni assunte.
Da ciò deriva una conseguenza fondamentale che caratterizza lo scambio finanziario: la decisione delle parti di scambiare dipende dalle rispettive aspettative di esito favorevole, e tali aspettative si fondano sull'informazione disponibile e sul criterio valutativo adottato da ciascuna parte. L'informazione svolge quindi un ruolo fondamentale nella formazione delle decisioni relative agli scambi finanziari.
Gli scambisti potenziali dispongono di informazioni limitate o incomplete in merito all'esito prevedibile (rischio/rendimento oppure rischio/costo) del contratto finanziario. Il problema riguarda principalmente il datore di risorse finanziarie, poiché esso incontra notevoli difficoltà a entrare in possesso dell'informazione necessaria e sufficiente per valutare i rischi impliciti nelle proposte di scambio dei potenziali prenditori e nei progetti di investimento che questi intendono finanziare. Lo stesso prenditore ha un evidente interesse a dare informazioni favorevoli sulle caratteristiche di rischio/rendimento del proprio progetto di investimento, ed inoltre egli dispone di informazione superiore, per quantità e qualità, a quella ottenibile dal potenziale datore di fondi. Perciò, il rapporto fra i potenziali scambisti è strutturalmente caratterizzato da una situazione di asimmetria informativa a svantaggio dell'investitore potenziale. Inoltre, questi subisce il rischio di comportamento opportunistico (moral hazard) precontrattuale e postcontrattuale della controparte (poiché la situazione di asimmetria informativa si mantiene anche dopo la decisione scambio e dopo la stipula del contratto, prolungandosi per tutta la sua durata). Per questo il potenziale datore di risorse finanziarie preferisce astenersi dallo scambio. Pertanto, la condizione di asimmetria informativa e il rischio di comportamento opportunistico sono fattori di impedimento dello scambio e il relativo mercato risulta conseguentemente incompleto. Nella situazione descritta, il mercato finanziario è imperfetto.
È ugualmente importante spiegare che gli stessi fattori - cioè, asimmetria informativa e comportamento opportunistico - possono, per motivi diversi, indurre anche il prenditore di fondi ad astenersi. Si tratta del fenomeno noto in teoria come processo di selezione avversa. Si ipotizzi che il mercato quoti una determinata relazione rischio/rendimento, cioè attribuisca un certo rendimento a una data classe di rischio. Ciò significa che, mediamente, le passività finanziarie appartenenti a quella classe di rischio possono essere collocate al prezzo predeterminato. I potenziali acquirenti, quindi, dovrebbero fondare le proprie decisioni sul prezzo di mercato, che si presuppone incorpori il rischio medio delle attività finanziarie offerte.
In tale contesto è intuibile e probabile che i potenziali prenditori di fondi tenderanno spontaneamente a dividersi in due categorie:
Si noti che il secondo comportamento è tipicamente opportunistico ed è reso concretamente possibile dalla situazione di asimmetria informativa. Ne consegue che il rischio medio delle passività effettivamente collocate si rivela ex post superiore al rischio medio incorporato ex ante nel prezzo. D'altra parte, i datori di fondi (che non dispongono ex ante di informazione adeguata per valutare e selezionare i rischi) sperimentano ex post il deterioramento della combinazione effettiva rendimento/rischio. Essi tenderanno quindi a tener conto in anticipo del proprio svantaggio informativo e adotteranno alternativamente due diversi percorsi di azione: o abbandoneranno anch'essi il mercato, oppure offriranno un prezzo che incorpora la loro razionale aspettativa di peggioramento del rischio conseguente al prevedibile opportunismo degli emittenti. Si innesca quindi una sequenza negativa iterativa – processo di selezione avversa - che porta alla progressiva uscita dal mercato sia dei prenditori meno rischiosi sia degli investitori più avversi al rischio, cioè, in definitiva, al fallimento e alla scomparsa del mercato.
Nella formazione della decisione di scambio confluiscono le preferenze degli scambisti, le quali riflettono anzitutto le propensioni dei soggetti che intendono scambiare. In proposito si suole distinguere fra propensione al rischio e propensione alla liquidità. Infatti, i soggetti dell'offerta di fondi esprimono, mediamente, minore propensione al rischio e maggiore propensione per la liquidità dei soggetti della domanda di fondi. In altre parole:
Ne deriva che un certo numero di datori e di prenditori di risorse finanziarie non trova contropartita. Il mercato realizza un volume di scambio inferiore al fabbisogno complessivo ed è quindi incompleto. La divergenza delle preferenze degli scambisti è allora un ulteriore fattore di imperfezione del mercato.
Le scelte finanziarie possono essere ottimizzate mediante l'impiego di modelli complessi, caratterizzati dalla presenza di numerose variabili. I soggetti che compiono scelte finanziarie in genere non dispongono di modelli adeguati e di conoscenza sufficiente delle variabili rilevanti e fanno quindi uso di modelli semplificati e di criteri approssimativi. Pertanto, il fenomeno della razionalità limitata è un fattore di imperfezione del mercato.
Un'ulteriore caratteristica dello scambio finanziario è la presenza di costi di transazione. Per costo di transazione si intende l'insieme degli oneri che il soggetto sostiene per effettuare e gestire lo scambio. In un mercato perfetto, in cui gli attori della domanda e dell'offerta sono completamente razionali, informati e non esposti a rischio, l'ipotesi di assenza di costi di transazione è coerente. La considerazione delle ipotesi alternative di informazione limitata, di razionalità limitata e di incertezza spiega l'esistenza di costi di transazione. I costi di transazione rilevanti sono:
Essi costituiscono un fattore importante di incompletezza e di imperfezione del mercato.
Riassumendo, si può affermare che la modalità organizzativa dello scambio diretto non sempre offre condizioni adeguate di efficienza e di efficacia. Nello scambio diretto il datore dei fondi ha difficoltà a controllare l'incertezza, non trova completa soddisfazione delle proprie preferenze, non dispone di informazione sufficiente, non possiede razionalità adeguata per governare criteri e processi decisionali e sostiene rilevanti costi di transazione. Inoltre, i circuiti diretti sono esposti al rischio d' incompletezza, di fallimento e di selezione avversa. Tali considerazioni confermano quindi che i soggetti interessati a scambiare nei mercati mobiliari hanno diversi e numerosi motivi di ricorrere gli intermediari finanziari.
La funzione dell'intermediario finanziario rispetto alla situazione di asimmetria informativa può essere rappresentata, in estrema sintesi, nel fatto che esso raccoglie, seleziona, elabora e utilizza informazione. L'intermediario, quindi, produce informazione sia come input fondamentale delle proprie decisioni di investimento/disinvestimento e di quelle conferitegli con mandato (delega) dalla clientela, sia come output destinato, invece, alla clientela che preferisce acquisire informazione per assumere decisioni autonome.
Il problema della divergenza delle preferenze frai soggetti della domanda e dell'offerta per quanto riguarda la durata dello scambio viene risolto dagli intermediari creditizi negoziando nello stesso tempo con i prenditori e i datori di fondi rispettivamente contratti di credito e di debito con profili di scadenza differenziati: la durata media ponderata dei primi è in genere superiore a quella dei secondi. Essi svolgono, pertanto, una funzione fondamentale di trasformazione delle scadenze, soddisfacendo contemporaneamente bisogni di finanziamento a scadenza non breve e bisogni di investimento caratterizzati da una prevalente propensione per la liquidità. La capacità dell'intermediario di trasformare le scadenze deriva dalla circostanza che esso - negoziando con continuità un gran numero di contratti di credito e di debito - è in grado di mantenere un equilibrio stabile fra le diverse dinamiche di rinnovo delle attività e delle passività.
Il problema della divergenza fra il livello di rischio proposto dal prenditore di fondi e quello - mediamente inferiore - accettato dall'investitore trova soluzione nella capacità dell'intermediario di applicare modelli e tecniche di collettivizzazione del rischio (risk pooling) che gli consentono di realizzare «strutture di portafoglio» il cui profilo di rendimento/rischio è migliore della media ponderata dei profili di rendimento/rischio dei singoli investimenti che compongono il portafoglio stesso. L’intermediario svolge quindi una funzione essenziale di trasformazione del rischio.
Infine, l’intermediario concorre pure a risolvere il problema dei costi di transazione. Esso organizza combinazioni produttive di tipo industriale, con criteri di professionalità elevata e di efficienza operativa, e impiegando tecnologie avanzate. È del tutto intuitivo che i costi di transazione che i clienti degli intermediari dovrebbero individualmente sostenere per realizzare lo stesso volume di intermediazione sarebbero di gran lunga superiori, se non altro per un fatto di minore efficienza organizzativa.
Secondo due diverse tesi tra gli intermediari ed il mercato si instaura un rapporto di concorrenza in un caso, e di complementarità in un altro.
Da un lato è corretto sostenere che fra mercati e intermediari esiste un rapporto di concorrenza. Per il fatto che i mercati mobiliari sviluppano le proprie capacità di produrre informazioni, di creare liquidità e di ridurre i costi di transazione - in breve, diventano più efficienti - essi sostituiscono gradualmente gli intermediari finanziari.
Dall'altro lato, fra il funzionamento dei mercati mobiliari e l'attività degli intermediari finanziari si sviluppano relazioni di complementarità sempre più intense e diversificate, nel senso che sia gli intermediari contribuiscono in misura crescente allo sviluppo degli scambi nei mercati mobiliari, sia questi ultimi offrono agli intermediari maggiori opportunità di intervento e tanto maggiori quanto maggiore è la loro efficienza. In proposito è importante tenere presente che il progresso economico-tecnico e l’innovazione – per quanto focalizzati a creare nel medio periodo condizioni di maggiore efficacia ed efficienza dei mercati finanziari – nel breve periodo generano obsolescenza delle informazioni possedute e delle capacità decisionali autonome degli operatori, nonché maggiori costi di informazione e di apprendimento, che sono fattori di imperfezione del mercato. Per quanto paradossale possa sembrare, l’innovazione crea continuamente “nuovo spazio” all’attività degli intermediari, seppur in forme differenti.
LE ATTIVITA’ DEGLI INTERMEDIARI FINANZIARI
I servizi bancari possono essere analizzati in funzione delle esigenze della clientela, e vengono dunque classificati in:
1. I servizi di pagamento
I servizi di pagamento possono essere classificati in:
L’assegno bancario è un titolo di credito di natura cambiaria (all'ordine o al portatore, letterale, formale, autonomo, astratto) che contiene l'ordine incondizionato rivolto ad una banca (trattaria) da parte di un soggetto (traente) che abbia fondi disponibili presso di essa, di pagare a vista a favore di un terzo (beneficiario) la somma riportata sul titolo.
L’assegno circolare, invece, si contraddistingue per avere una sicura copertura avendo come traente direttamente la banca che emette il titolo solo in presenza di fondi a favore di un beneficiario nominato dal pagante. E’ uno strumento utilizzato per regolare transazioni di importo medio-alto e per il pagamento di salari e stipendi, in particolare nelle zone dove non è diffuso l’accredito diretto sul c/c.
La caratteristica fondamentale del bonifico bancario è quella di non essere un supporto cartaceo. Attraverso tale strumento il cliente ordina il bonifico alla propria banca la quale invia le informazioni alla banca del beneficiario. Quest’ultima, a sua volta, accredita le disponibilità al proprio cliente. Col bonifico sia il pagante che il beneficiario devono possedere un c/c, mentre l’assegno bancario richiede il possesso di un c/c solo per il pagante.
La Ri.Ba. è una lettera di quietanza che il venditore rilascia al compratore al momento dell'acquisto. Quando l'impresa necessita del regolamento dello scambio consegna le disposizioni per l'incasso alla propria banca (assuntrice), la quale le inoltra alla banca del debitore (domiciliataria). La banca domiciliataria darà avviso al cliente debitore dell'avvenuta comunicazione, il quale dovrà pagare entro un tempo predeterminato dall'impresa.
La carta di credito è una tessera plastificata dotata di banda magnetica o di microprocessore che viene rilasciata al richiedente sulla base di un contratto stipulato con la società emittente. Con questo documento il titolare può effettuare il pagamento di beni e servizi presso gli esercizi convenzionati. La società emittente provvede con scadenze fisse ad inviare l’estratto conto degli acquisti effettuati ed il titolare è tenuto a regolare l’importo complessivo in un’unica soluzione o ratealmente, se il contratto lo prevede. Tale strumento viene solitamente usato per effettuare pagamenti ravvicinati o pagamenti a distanza.
Il bancomat è, invece, una carta di accesso agli ATM ma è anche una carta di debito in quanto, il suo utilizzo, comporta l’addebito del conto del titolare e l’accredito del conto dell’esercente. La differenza tra bancomat e carta di credito sta nel fatto che nel bancomat non c’è il saldo da pagare mensilmente in quanto le transazioni da un conto ad un altro sono immediate.
2. I servizi di investimento
I servizi di investimento rispondono a tre tipologie di fabbisogni:
Gli strumenti e i servizi di investimenti offerti dalle banche sono:
Il ritorno economico derivante dalla raccolta diretta tramite emissione di obbligazioni bancarie e impiego in prestiti è dato dalla differenza tra gli interessi attivi (prestiti) e gli interessi passivi (obbligazioni) più le commissioni. Il ritorno economico derivante, invece, dalla gestione patrimoniale è dato dalle commissioni.
La forma di deposito in c/c è più adatta a soddisfare bisogni di impiego dove non è definita chiaramente da parte del risparmiatore l’orizzonte temporale d’investimento. La loro limitata remunerazione è data dal fatto che i depositi in c/c, più che un investimento, possono essere definiti come un modo per mantenere la liquidità in maniera più sicura.
Le obbligazioni bancarie, invece, si adattano meglio a coloro che hanno orizzonti d’investimento medio-lunghi e i loro rendimenti sono più alti, proprio a causa della bassa liquidabilità.
Per quanto riguarda il controllo del rischio, in entrambi i casi esso è altissimo poiché si crea un rapporto diretto tra investitore e banca e quindi vi è un’assoluta garanzia della solvibilità dell’emittente (ed inoltre si ha la garanzia che le banche non potranno mai fallire).
La possibilità delle banche di emettere obbligazioni bancarie si è avuta solo dopo l’entrata in vigore del Testo Unico Bancario. La loro emissione è consentita anche alle banche popolari e cooperative.
Le obbligazioni devono avere una durata di almeno 3 anni e vengono distinte in:
Le obbligazioni non quotate implicano il problema di consentire all’azionista di liquidare il titolo prima della scadenza. Di solito è la stessa banca emittente che si preoccupa di renderle liquidabili e di collocarle ad un altro cliente. Questa cosa però comporta dei rischi perché non si riesce subito a trovare un acquirente. Il fatto che siano meno liquidabili porta ad offrire una remunerazione superiore in termini di cedola ai loro sottoscrittori. L’eventuale rimborso anticipato può avvenire, ma deve essere previsto esplicitamente nel regolamento di emissione del prestito e comunque non prima di 18 mesi dall’emissione. Questa facoltà si evidenzia nell’opzione call (per la banca) o put (per il cliente).
Le obbligazioni quotate, invece, permettono di smobilizzare l’investimento prima della scadenza, ma in questo caso l’investitore sopporta il rischio di mercato collegato alla variabilità del prezzo.
I certificati di deposito sono titoli di credito a scadenza fissa emessi dalle banche per la raccolta a breve e a medio termine. La Banca d’Italia ha autorizzato le banche all’emissione di CD solo nel dicembre 1982. Il D.l. 20 giugno 1996 n. 323 ha stabilito che tutti i CD siano assoggettati a una ritenuta fissa del 27% degli interessi, premi e altri frutti.
I certificati sono riconducibili alle seguenti categorie:
I Pronti contro termine sono contratti di vendite di titoli con patto di riacquisto, che permettono alla banca di raccogliere risparmio nel periodo compreso fra le due date dell’operazione. Il cliente può stabilire con la banca una scadenza collegata alle proprie esigenze di investimento. Questa operazione non permette di recuperare le somme impiegate prima della scadenza. Il taglio minimo è variabile, ma generalmente superiore a 25 mila euro. Inizialmente i titoli utilizzati erano emessi dallo Stato (BTp e CCT), ma ora vengono emessi anche da imprese primarie e negoziati sui mercati ufficiali. I titoli sono e restano nell’attivo della banca, la quale iscrive nel passivo un debito nei confronti del cliente pari al prezzo a termine.
Il broker è un soggetto che svolge attività di negoziazione delegata, cioè svolge attività di scambio in nome e per conto del cliente che lo ha delegato. La delega può essere più o meno ampia. Nel caso della negoziazione di valori mobiliari su ordine del cliente, il broker compra o vende uno specifico titolo indicato dal cliente stesso; il mandato contiene dunque una delega limitata. Nel caso, invece, di gestione patrimoniale, il broker può decidere (nei confini di un predeterminato rischio indicato dal cliente) gli investimenti mobiliari da effettuare. A differenza quindi dell’esecuzione di ordini, in tal caso l’intermediario non solo esegue, ma anche decide in nome e per conto del cliente.
Il dealer, invece, è un soggetto che compra o vende ai clienti titoli prendendoli non direttamente dal mercato, ma dal proprio portafoglio (formato allo scopo di guadagnare sulle differenze di prezzo). In tal modo egli si costituisce controparte diretta del cliente acquirente o venditore e, negoziando in proprio nome e conto, si assume quindi il rischio derivante dall’andamento futuro dei prezzi (poiché i titoli oggetto di negoziazione potrebbero assumere prezzi diversi da quelli da lui attesi).
3. I servizi di finanziamento
I servizi di finanziamento rispondono ai seguenti bisogni della clientela:
Il primo tipo di bisogno è soddisfatto da strumenti come: prestiti per cassa, prestiti di firma, prestiti speciali (leasing e factoring) prestiti al consumo. Coi prestiti di firma la banca concede all’impresa una garanzia utilizzabile dall’impresa stessa per ottenere finanziamenti da altri soggetti. I prestiti al consumo, invece, sono finalizzati al finanziamento di spese riferite all’acquisto di beni e servizi strumentali.
I servizi bancari idonei alla gestione della tesoreria e dei crediti commerciali sono: alcuni prestiti di cassa (denaro caldo, sconto di carta commerciale, castelletto) e il factoring. Quest’ultimo è un contratto col quale una società specializzata acquista i crediti commerciali di un’altra società. La cessione del credito può avvenire pro-solvendo, lasciando cioè il rischio di insolvenza al cedente, oppure pro-soluto, quando la società di factoring assume il rischio a proprio carico. Inoltre tale cessione può essere con o senza anticipo dell’importo.
Il sostegno degli assetti proprietari consiste in servizi utili per la corporate governance. Tali servizi sono più adatti ad imprese di dimensioni medio-grandi dimensioni e comprendono: finanziamento mobiliare e consulenza alla finanza straordinaria d’impresa. In quest’ultimo caso il servizio offerto al cliente non ha direttamente contenuto di finanziamento, ma piuttosto di un aiuto di tipo consulenziale affinché l’impresa si possa finanziare e rivolgere al mercato. Es. organizzazione di prestiti consortili (ossia accordi tra diverse banche a finanziare l’impresa), organizzazioni di emissioni azionarie ed obbligazionarie, ecc..
4. I servizi di gestione dei rischi
I rischi possono essere distinti in due categorie:
Rischi finanziari. Hanno in teoria la possibilità di realizzarsi con risultati positivi o negativi e sono coperti mediante strumenti finanziari derivati (contratti a termine, swap, future, forward, ecc..)
Rischi puri. La loro manifestazione ha solo esito negativo e sono coperti tramite polizze assicurative. Tali contratti possono essere prodotti esclusivamente dalle imprese di assicurazione, ma possono essere distribuiti anche dalle banche.
LA SEGMENTAZIONE DELLA CLIENTELA BANCARIA
L'attività bancaria può essere classificata in funzione del segmento di clientela a cui il servizio viene reso e alle modalità con cui lo stesso viene fornito. Adottando questo modello l'attività bancaria viene divisa in:
TIPI DI STRUMENTI FINANZIARI UTILIZZATI
Occorre precisare che queste tre forme di intermediazione congiuntamente costituiscono l'"intermediazione finanziaria". Esse sono esclusivamente definite dal tipo di strumento finanziario utilizzato e non dall'emittente o produttore del medesimo.
EQUILIBRIO ECONOMICO E DIVERSE MODALITA’ DI FORMAZIONE DEL REDDITO
L'equilibrio economico è la capacità dell'intermediario di ottenere stabilmente risultati economici necessari per garantire stabilità e continuità. Esso fa riferimento alla struttura dei costi e dei ricavi; il valore della produzione, infatti, deve essere in grado di remunerare a prezzi di mercato tutti i fattori produttivi impiegati, compreso anche il capitale conferito.
L'indicatore più utile per analizzare la redditività aziendale è il ROE (Return on Equity), che indica il rendimento del capitale proprio investito (ROE = RN/CN, dove: RN=risultato netto e CN=capitale netto).
Mentre il ROE è idoneo a sintetizzare la redditività complessiva della gestione aziendale, la sua variabilità nel tempo, correttamente misurata da idonei strumenti statistici (scarto quadratico medio o varianza), è invece in grado di rappresentare il rischio complessivo d’impresa.
Per modello di economicità si intende la modalità analitico-interpretativa più corretta per mettere in evidenza le specificità del singolo intermediario nella formazione del suo equilibrio economico e della sua redditività. I modelli di economicità degli intermediari si possono suddividere in cinque classi:
L’intermediazione orientata alla formazione di un margine di interesse
Questi intermediari si distinguono per il fatto che la loro gestione caratteristica consiste nell'intermediazione creditizia, la quale genera ricavi per interessi attivi e costi per interessi passivi sulle passività onerose emesse per acquistare/gestire attività finanziarie fruttifere. Quindi, l'equilibrio economico di questa categoria si fonda sul margine d'interesse costituito appunto dalla differenza tra detti ricavi e costi. Gli intermediari che svolgono quest'attività (interponendo la propria struttura patrimoniale fra soggetti in surplus ed in deficit ed assumendo, con mezzi propri, posizioni rispettivamente debitorie e creditorie) sono le banche, le imprese di leasing, di factoring e quelle di credito al consumo.
L’intermediazione orientata alla formazione di un margine da plusvalenze
La gestione caratteristica di questi intermediari consiste nell' acquisizione/gestione di attività finanziarie di partecipazione, finanziate con mezzi propri e mediante indebitamento oneroso. Il flusso dei ricavi della gestione caratteristica è costituito dai dividendi e dalla formazione di plusvalenze sul valore di carico delle partecipazioni azionarie detenute. Ma siccome la realizzazione di plusvalenze è alquanto incerta, per mantenere l'equilibrio economico-finanziario nel tempo questi intermediari devono investire in titoli obbligazionari, data la relativa certezza di flussi finanziari che questi generano. La struttura patrimoniale di questa categoria è più capitalizzata di quella degli intermediari creditizi data la lentezza del turnover dell'attivo azionario e la discontinuità della formazione delle plusvalenze. A questa categoria appartengono le merchant banks e le venture capital (che principalmente acquisiscono ingenti partecipazioni azionarie in imprese emergenti dotate di forte potenziale di crescita ed appartenenti a settori tecnologici innovativi). È importante rilevare che l’attività di questi intermediari è caratterizzata da una stretta relazione col mercato mobiliare, in particolare azionario, perché le partecipazioni possedute, ad un certo punto, vengono collocate nel mercato e trasferite a terzi: è in questo contesto che si forma l'eventuale plusvalenza (cioè la differenza tra prezzo di sottoscrizione e prezzo di cessione). Quindi non è l'impresa finanziata che rimborsa i capitali, ma tale rimborso avviene per trasferimento a terzi della partecipazione relativa.
L’intermediazione orientata alla formazione di un margine da commissioni
Questi intermediari si distinguono per il fatto che la loro attività caratteristica consiste nella produzione e distribuzione di servizi finanziari privi di contenuto di finanziamento (capitale) e che, quindi, non essendo remunerati da un prezzo riferito al'uso del capitale, sono remunerati da provvigioni e commissioni.
Il C.E. in forma scalare è: (+) Ricavi per provvigioni (-) Costi operativi = Margine provvisionale.
I servizi che generano un flusso di provvigioni sono:
Il margine degli intermediari con passività di mercato
Il modello di economicità di questi intermediari è “misto”, cioè è caratterizzato da varie combinazioni di margine di interesse, da plusvalenza e da commissioni. Col termine di passività di mercato vengono definiti gli strumenti di investimento che alcuni intermediari emettono e rimborsano, a prezzo di mercato, in contropartita di patrimoni mobiliari gestiti collettivamente. Tali intermediari appartengono alla categoria degli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (Oicvm), degli organismi di investimento collettivo del risparmio (Oicr) e dei fondi pensione. In pratica questi strumenti sono le quote dei fondi comuni d'investimento, gestiti dalle società di gestione del risparmio (sgr), le azioni delle società di investimento a capitale variante (Sicav) e le quote dei fondi pensione.
L’intermediazione orientata alla formazione di un margine assicurativo
L'attività caratteristica di questi intermediari è soddisfare il bisogno di fronteggiare i rischi puri delle unità di domanda attraverso il “processo assicurativo”, il quale consiste nell'aggregare numerosi rischi individuali omogenei in modo che, applicando la legge dei grandi numeri, sia possibile prevedere con significativa certezza l'ammontare complessivo di sinistri che subirà la collettività degli assicurati. Ciò consente di calcolare ragionevolmente la quota di competenza di ciascun assicurato (premio puro). Tale attività è caratterizzata dal fatto che non c'è coincidenza tra il pagamento del premio che avviene in via anticipata ed il risarcimento dei sinistri, sicché un'impresa di assicurazione acquisisce risorse finanziarie sempre in anticipo rispetto ai propri impegni (c.d. inversione del ciclo costi-ricavi). Quindi il rendimento dei premi è riconosciuto all'assicurato fin dal momento del pagamento del premio stesso. Esso è calcolato in modo che il suo montante consenta alla compagnia di coprire gli impegni assunti. La compagnia di assicurazione non può adottare comportamenti troppo prudenti nell'effettuare le stime, in quanto il premio assumerebbe un importo troppo elevato e porterebbe l'impresa ad una minore competitività sul mercato.
L’EQUILIBRIO FINANZIARIO
Facendo riferimento alla distinzione fra intermediario creditizio e intermediario mobiliare e fra le rispettive strutture finanziarie, appare evidente che il primo ha una struttura permanente di attività/passività finanziarie molto più articolata e complessa ed è esposto a un maggior numero di fattori potenziali di instabilità finanziaria. Inoltre non va dimenticato che l’intermediario creditizio svolge l’attività di trasformazione delle scadenze e assume passività a vista o a scadenza indeterminata. Quindi è chiaro che, nel caso della banca, i tempi di incasso e di pagamento relativi ai singoli contratti di prestito e di deposito sono caratterizzati da una relativa incertezza.
Ogni intermediario finanziario – e soprattutto l’intermediario creditizio – deve mantenere una scorta di mezzi di pagamento adeguata a far fronte a situazioni eventuali di eccedenza, più o meno temporanea, delle uscite di cassa rispetto alle entrate. Tale scorta può essere definita riserva di liquidità.
La direzione finanziaria si pone anzitutto il problema di decidere sia quante riserve mantenere, sia quando renderle disponibili, sia come detenerle. La determinazione della quantità desiderata di riserve dipende da almeno quattro diverse circostanze:
La gestione della tesoreria è volta ad avere equilibrio tra entrate e uscite nel brevissimo tempo. Quanto più il periodo di tempo considerato si allunga, tanto più il concetto di gestione della tesoreria diviene sostituibile con quello di gestione della liquidità, che consiste nel trovare il giusto trade-off tra riserve di prima e seconda linea, senza che l’equilibrio finanziario vada a preludere quello economico.
La riserva obbligatoria corrisponde all’obbligo – imposto dalla Banca centrale europea – di detenere su conti, costituiti presso le banche centrali nazionali, un ammontare di riserva determinato in relazione alle passività delle banche: alle passività con scadenza superiore ai due anni e ai pronti contro termine si applica un’aliquota pari a zero, alle rimanenti passività un’aliquota del 2%.
Diversamente, con il termine riserve libere o volontarie si indicano generalmente tutte le attività finanziarie di fatto costituite da moneta legale, oppure idonee a renderla disponibile in condizioni di tempo o di costo ragionevolmente coerenti sia con l’urgenza del fabbisogno, sia con l’equilibrio reddituale della gestione. All’interno delle stesse di distinguono due tipi di riserva:
Il concetto di liquidità si riferisce a grandezza finanziarie ed in particolare a flussi di cassa, in quanto liquidità vuol dire capacità di fronteggiare flussi di cassa in uscita con flussi di cassa in entrata. Il concetto di solvibilità, invece, si riferisce a grandezze economiche ed in particolare alla struttura dell'attivo e del passivo. Una banca è quindi solvibile se riesce a far fronte ai propri debiti con i propri crediti, cioè quando il valore effettivo delle attività è superiore a quello nominale delle passività. In prima approssimazione è corretto affermare che una banca solvibile non deve essere necessariamente liquida e viceversa, ma da un'analisi più accurata ci si accorge che i due concetti sono strettamente intrecciati tra loro nel medio periodo. Infatti una banca con difficoltà di liquidità si troverà costretta a vendere le proprie attività anche a prezzi minori rispetto a quelli che avrebbe potuto ottenere, accumulando così una serie di minusvalenze. Questa situazione, nel lungo periodo, mette la banca in una condizione di insolvibiltà per mancanza di attivo, correndo il rischio di fallimento. Allo stesso modo una banca insolvibile ha la necessità di attingere alla propria riserva di liquidità o addirittura chiedere un rifinanziamento alla Banca Centrale, trovandosi nel medio periodo in una condizione di illiquidità.
IL BILANCIO BANCARIO
Il bilancio di esercizio costituisce un sistema complesso e integrato di informazioni la cui finalità principale è quella di fornire ai terzi (azionisti, creditori, mercato, etc.) una rappresentazione della situazione aziendale (patrimoniale, economica e finanziaria) che consenta di formulare valutazioni corrette sullo stato di salute dell’impresa e di prendere coerenti decisioni economiche.
I tre principi fondamentali su cui si basa il bilancio e quindi anche la sua redazione sono:
Il bilancio si compone di:
Stato Patrimoniale
Lo Stato Patrimoniale viene rappresentato a sezioni contrapposte: abbiamo quindi la sezione dell’attivo, in cui ritroviamo la struttura degli impieghi, e la sezione del passivo che evidenzia le fonti finanziarie senza però considerare i fondi rettificativi quali il fondi ammortamento e fondi svalutazione. Le attività sono, di conseguenza, indicate in bilancio per un importo corrispondente al loro valore netto.
Altra regola fondamentale del bilancio bancario è che le voci dell’attivo e del passivo vengono esposte secondo il criterio della liquidità ed esigibilità decrescente. Ciò non è sempre vero perchè alcune volte prevale il criterio della natura dei soggetti controparte: clientela, banche ed altri enti finanziari, Tesoro dello Stato, emittenti pubblici.
Lo schema obbligatorio dello stato patrimoniale è il seguente:
ATTIVO 1) Attivo finanziario fruttifero di interessi
2) Attivo finanziario non fruttifero di interessi
3) Attivo non finanziario
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PASSIVO 1) Passivo oneroso di interessi
2) Passivo non oneroso di interessi
3) Patrimonio
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Cassa: contante con ovvio grado di liquidità massimo, rendimento nullo e assenza di rischio.
Titoli del Tesoro e valori assimilati:bassissimo rischio controparte e liquidabilità alta.
Crediti verso clientela:rendimento alto in funzione del livello del rischio controparte e liquidità in funzione della scadenza. Tra questi rientrano le sofferenze, ossia crediti delle banche nei confronti di soggetti in stato di insolvenza (componenti dell’attivo che indicano un livello elevato di esposizione al rischio di perdite).
Partecipazioni: definiti tali i diritti rappresentati o meno da titoli nel capitale di imprese. Le partecipazioni bancarie si ritengono “rilevanti (a influenza notevole)” quando superano il 20%.
Fondi rischi su crediti: hanno natura prudenziale, essendo destinati a fronteggiare rischi soltanto eventuale, dal momento che non sono ammessi fondi di natura rettificativi.
Fondi per rischi bancari generali:liberamente disponibili per coprire qualsiasi rischio di impresa. Mirano a favorire la solidità patrimoniale, riducendo la probabilità di crisi di fiducia legata alla variabilità nel tempo dei risultati economici. Quando gli utili sono elevati una parte di essi viene accantonata in tali fondi ed hanno lo scopo di stabilizzazione dei dividendi e per far fronte ad eventuali rischi futuri.
Sovraprezzo di emissione:rappresenta il differenziale pagato tra capitale e valore dell’azione o della quota sociale pagata.
Conto Economico
Con riferimento al conto economico, il tradizionale schema a sezioni contrapposte è sostituito dallo schema denominato “scalare”:
ATTIVO
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I proventi e oneri ordinari si dividono in costi e ricavi che derivano dalle operazioni di gestione – detti costi e ricavi “operativi” (gli interessi, i dividendi, le commissioni, le spese amministrative e le imposte) – e costi e ricavi che rappresentano il risultato delle valutazioni di fine esercizio e che sono definiti “valutativi”.
Le principali voci oggetto di valutazione sono i crediti, i titoli, le operazioni su derivati e le partecipazioni. I criteri di valutazione si differenziano a seconda della classificazione degli elementi tra le “immobilizzazioni” oppure tra “l’attivo circolante”. Il secondo può essere svalutato quando il valore di mercato o quello di presumibile realizzo è inferiore a quello di casto; le prime non possono essere svalutate in caso di flessione temporanea del loro valore, ma solo quando tale flessione duratura.
Il margine di interesse misura il risultato dell’attività di intermediazione creditizia e assume una rilevanza fondamentale per il conseguimento dell’equilibrio economico da parte della banca.
Il margine di intermediazione misura il risultato relativo alle tre principali aree d’affari della banca, ovvero: l’intermediazione creditizia, l’intermediazione mobiliare, la gestione dei servizi di pagamento. Esso può essere considerato come una misura approssimativa del valore aggiunto della produzione bancaria.
Il risultato di gestione lordo fornisce una misura dell’economicità della gestione caratteristica.
Infine, l’utile o la perdita dell’esercizio rappresenta il risultato economico della gestione complessiva della banca. Il rapporto tra il risultato netto riveniente dal conto economico e il capitale netto riveniente dallo stato patrimoniale consente di definire il ROE (return on equity), ovvero l’indicatore dell’economicità della complessiva gestione aziendale.
Nota Integrativa
La nota integrativa rappresenta la parte del bilancio più ricca di informazioni significative. Essa è strutturata in quattro parti divise a loro volta in sezioni.
I RISCHI FINANZIARI
L’incertezza è la condizione in cui il verificarsi e l’epoca di un fenomeno non sono noti come valori unici ex ante, ma possono esprimere una serie di valori secondo una certa distribuzione di probabilità.
Il rischio viene inteso come la variabilità del rendimento del portafoglio intorno al suo valore medio (si parla di rischio totale o di volatilità); di conseguenza, viene considerato come la probabilità di ottenere, a posteriori, un rendimento inferiore rispetto al suo valore obiettivo.
Le tipologie di rischio finanziario sono:
Il rischio di clientela esprime la possibilità che i flussi di reddito di una banca, e dunque il valore di mercato del suo patrimonio, si riducano per il semplice fatto che parte della clientela viene perduta o i ricavi generati dalla clientela sono diminuiti.
Il rischio operativo esprime la probabilità di perdita diretta o indiretta risultante da fallimenti o inadeguatezza dei processi interni (dovuti sia a risorse umane sia a sistemi tecnologici), oppure derivanti da eventi esterni.
RISCHIO DI CREDITO
Il rischio di credito è definibile, nell’ambito di un’operazione di finanziamento, come la possibilità che il debitore risulti insolvente, cioè che non rispetti i termini contrattuali alle scadenze concordate e non rimborsi (totalmente o parzialmente) il capitale o gli interessi dovuti, con i conseguenti effetti sfavorevoli, sul piano economico e finanziario, per il soggetto finanziatore.
Con il termine rischio di credito, quindi, s’intende il rischio connesso non solo all’insolvenza, ma anche al semplice deterioramento della qualità creditizia della clientela affidata.
Una volta accertata la condizione di insolvenza, la perdita definitiva non può essere subito determinata: occorre attendere il risultato delle azioni di recupero del credito e del realizzo di eventuali garanzie reali (pegno, ipoteca) o personali (fideiussione). Inoltre gli intermediari finanziari sono tenuti ad accertare al termine dell'esercizio il presumibile valore di realizzo dei crediti in essere e a detrarre dal valore di ognuno di essi le perdite presunte (che confluiscono come componenti negative del reddito d'esercizio nel CE).
I principali elementi per la quantificazione del rischio di credito sono:
Pertanto, la perdita potenziale attesa (D o default) può essere calcolata ex ante nel modo seguente:
D = PD x LGD x EAD
La PD è stabilito in base al rating assegnato alla controparte (ad ogni livello di rating viene attribuita una probabilità di default).
L’EAD rappresenta l’esposizione complessiva al momento dell’insolvenza; quindi considera tutte le operazioni in essere tra banca e cliente.
La LGD è il tasso di perdita che la banca si aspetta in caso di insolvenza. Per la sua determinazione si deve considerare sia la stima dei possibili recuperi e del costo associato, che le garanzie in essere.
RISCHIO DI MERCATO
Il rischio di mercato è il rischio connesso agli effetti negativi che improvvisi cambiamenti nelle condizioni esterne dei mercati finanziari, come ad esempio le fluttuazioni dei tassi di interesse, dei tassi di cambio e delle quotazioni azionarie, possono generare sulle condizioni di redditività e solvibilità delle banche.
Tale rischio è, pertanto, suddividibile in almeno tre sottocategorie:
rischio di tasso d’interesse
rischio di cambio
rischio di prezzo
• RISCHIO DEI TASSI DI INTERESSE:
Definizione: Il rischio dei tassi di interesse è la possibilità che le variazioni dei tassi di mercato producano significative variazioni dei risultati economici della banca.
Maturity Gap Analysis
Nel bilancio di una banca troviamo:
S P
ANS PNS
AS PS
Le operazioni sensibili sono quelle che:
Al contrario, le operazioni non sensibili sono:
Un’indicazione degli effetti di una variazione dei tassi sul margine d’interesse è fornita dal segno è dall’entità della differenza – detta gap –tra attività e passività sensibili:
G = AS – PS
se G > 0 AS > PS un rialzo dei tassi comporta un incremento più che proporzionale degli interessi attivi rispetto a quelli passivi, determinando un incremento del margine di interesse; viceversa, una diminuzione dei tassi comporta una diminuzione del margine, perché la riduzione degli interessi attivi su attività sensibili è più che proporzionale rispetto ad una riduzione dei flussi per interessi passivi legati alle passività sensibili.
se G < 0 AS > PS un rialzo del tasso comporta una riduzione del margine e viceversa.
se G = 0 AS = PS una variazione del tasso non produce alcuna variazione del margine. In questo caso, ci troviamo di fronte ad una situazione teorica di immunizzazione, non effettivamente raggiungibile.
Il margine d’interesse è, per definizione, pari alla differenza tra interessi attivi e interessi passivi, quindi se poniamo:
Ta = tasso di rendimento medio ponderato delle attività
Tp = tasso di rendimento medio ponderato delle passività
Mi = Ta A – Tp P
Mi = Ta (As + Ans) – Tp (Ps + Pns)
Poichè il Mi varia solo per variazioni di rendimento e/o costo di As e Ps, si avrà :
ΔMi = ΔTa As – ΔTp Ps
Ipotizzando una variazione uniforme dei tassi di mercato, cioè ΔTa = ΔTp = ΔT si avrà:
ΔMi = (As – Ps) * ΔTp
In genere con asset-liability management si intende l’insieme delle scelte, dei criteri e delle tecniche introdotte con l’obiettivo di quantificare l’esposizione complessiva ai rischi finanziari e indirizzare la banca al conseguimento della posizione desiderata di rendimento e di rischio, individuando l’insieme di relazioni funzionali che consentono di proiettare le diverse strategie operative, in base alla previsione di diversi scenari di mercato, e di valutarne l’impatto sui principali indicatori di redditività e di rischio.
Il compito dell’ asset-liability management è, infatti, quello, da un lato, di analizzare l’impatto che mutamenti inattesi nelle condizioni esterne di mercato determinano sulla profittabilità della banca e, dall’altro, di guidare le scelte gestionali in merito alla dimensione delle attività di intermediazione e alla composizione dell’attivo e del passivo, verso il conseguimento di un obiettivo di massimizzazione del rendimento, aggiustato per il rischio, da offrire ai propri azionisti.
Le diverse linee di condotta variano con continuità tra due estremi opposti:
Maturity Gap Analysis
La maturity gap analysis studia in che modo variazioni dei tassi d’interesse di mercato si ripercuotono sul margine d’interesse nel periodo considerato: esso non considera, però, l’impatto patrimonialedelle variazioni dei tassi. Una tecnica alternativa, sempre riconducibile all’ALM, è la duration gap analysis. In tale tecnica la variabile oggetto di controllo non è più il margine d’interesse, ma il valore di mercato del patrimonio della banca, il quale può essere espresso come differenza tra il valore di mercato dell’attivo e il valore di mercato del passivo. Allora, per quanto riguarda il passivo, avremo che il valore può essere espresso come sommatoria dei valori attuali dei flussi di pagamento dovuti; mentre, per quanto riguarda l’attivo, avremo che il valore è invece espresso come sommatoria dei valori attuali dei flussi di pagamento attesi. Quindi:
W = Va – Vp
ΔW = ΔVa – ΔVp
Poichè ΔVa = Dma * Va * Δia e ΔVp = Dmp * Vp * Δip
Supponendo che Δia = Δip = Δi si avrà:
ΔW = (Dma * Va – Dmp * Vp) Δi
Dove (Dma * Va – Dmp * Vp) = DURATION GAP
A questo punto, un aumento dei tassi produce una riduzione di entrambi i valori (Va e Vp) ma l’intensità di tale riduzione è una funzione dell’elasticità della posta alle oscillazioni del tasso, cioè della durata media finanziaria dell’attivo e del passivo.
Abbiamo quindi tre situazioni:
DG = 0 immunizzazione dal rischio di tasso
DG > 0 posizione ribassista
DG < 0 posizione rialzista
Infatti, supponendo che Va = Vb avremo che, in presenza di tassi in aumento, la duration dell’attivo deve essere minore della duration del passivo, mentre in presenza di tassi in diminuzione, la duration dell’attivo deve essere maggiore della duration del passivo.
• RISCHIO DI PREZZO:
I valori mobiliari negoziati in proprio possono originare guadagni o perdite in conto capitale a seconda che il prezzo di acquisto sia inferiore o superiore al prezzo di vendita. Le eventuali perdite vanno naturalmente ad incidere sul risultato economico dell'esercizio in cui la perdita si è verificata come minusvalenze. Anche i valori mobiliari destinati a permanere nel portafoglio di attività possono dare origine a plus/minusvalenze a seconda del fatto che i prezzi di mercato siano superiori o inferiori ai prezzi di acquisto, denominati “prezzi di carico”. Se la valutazione dei titoli segue il criterio del valore di mercato, tali plusvalenze e minusvalenze vanno ad incidere sul risultato economico di gestione. Se, invece, si segue il criterio in base al quale i titoli sono valutati al minore tra il prezzo di carico e il valore di mercato, in tal caso un’eventuale plusvalenza non è evidenziata in bilancio, in base al principio di prudenza.
L'esposizione al rischio di prezzo deriva anche dal saldo netto dei titoli comprati e venduti a termine. Una vendita a termine di titoli individua una “posizione corta”, mentre un acquisto a termine definisce una “posizione lunga”. Inoltre i titoli presenti in portafoglio individuano altrettante posizioni lunghe. La posizione netta, relativamente a un dato titolo, si calcola come la somma algebrica dei seguenti valori:
Una posizione netta lunga espone al rischio di ribasso del prezzo del titolo (e quindi una perdita in conto capitale) e consente di realizzare guadagni in caso di rialzo. Viceversa per la posizione corta.
Le variazioni dei prezzi possono essere provocate sia dalle condizioni del mercato (rischio generale) che da condizioni particolari del singolo emittente (rischio specifico).
• RISCHIO DI CAMBIO:
Sorge un rischio di cambio quando le attività in una singola valuta non coincidono con le passività della medesima valuta. Ipotizzando una situazione simile:
Attività in dollari |
Passività in dollari |
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Passività in euro |
Attività in euro |
Posizione netta in
dollari
supponiamo che l’evoluzione del mercato dei cambi determini un apprezzamento del dollaro nei confronti dell’euro. Dato che le attività in dollari sono superiori alle passività in dollari, è intuitivo che la plusvalenza riferita alle attività sarà superiore alla minusvalenze sulle passività; in pratica, si avrà una plusvalenza netta, pari alla posizione netta moltiplicata per la variazione del cambio. Tali plusvalenze (o minusvalenze nel caso opposto) sulle posizioni valutarie in essere sono potenziali, in quanto soltanto la loro estinzione e conseguente conversione in moneta nazionale (di bilancio) determinano corrispondenti e definitivi guadagni (o perdite) in cambi. Si potrebbe ottenere la totale immunizzazione del bilancio dal rischio di cambio, operando in modo che le posizioni nette risultino sempre nulle. Alternativamente, la direzione può proporsi di esporsi a tale rischio, cogliendo opportunità particolari di plusvalenze/guadagni in cambi. In linea generale, tale strategia speculativa richiede che l’intermediario aumenti la posizione netta creditoria in valuta in relazione all’aspettativa di deprezzamento della moneta nazionale sul mercato dei cambi, e viceversa nel caso opposto. E' evidente che tale posizione presuppone elevate capacità di previsione delle tendenze del mercato. Si tenga presente che, essendo le attività e le passività in valuta fruttifere di interesse e strutturate per scadenze differenziate di rivedibilità del tasso di interesse, la gestione del rischio di cambio si combina con quella del rischio di interesse.
INVESTMENT BANKING
Con il termine investment banking vengono indicati diversi tipi di attività finanziarie che offrono strumenti e servizi destinati alla gestione finanziaria dell’impresa, della famiglia e della clientela istituzionale.
Alla nozione di investment bank si contrappone quella di commercial bank. Con la prima si vuole identificare un tipo di intermediario finanziario che svolge un’ampia gamma di attività a elevato contenuto di servizio personalizzato per conto di una clientela di taglio mediamente elevato. Viceversa, con la nozione di commercial bank si vuole individuare un tipo di intermediario prevalentemente dedito ad attività di intermediazione creditizia (secondo il modello prevalente della negoziazione per conto proprio.
L’attività di investment banking presenta numerose aree d’affari, raggruppate in quattro macroaree di attività:
Credito
Le investment bank svolgono attività creditizia sia come organizzatori di operazioni finanziate da altri soggetti, sia come finanziatori diretti delle operazioni stesse. Esse, inoltre, forniscono consulenza in sede di negoziazione delle linee di credito e prestano la loro assistenza nello studio di fattibilità e nella successiva ricerca di fondi da destinare al finanziamento dei grandi progetti (project finance).
Corporate finance
All’interno di tale area sono inclusi:
Per quanto attiene al mercato primario, in tale attività le investment banks forniscono sia servizi di originating (studio dell’emissione, dei tempi e delle modalità dei titoli, definizione del prezzo di emissione, ecc..), sia servizi di underwriting (garanzia del buon fine del collocamento), sia servizi di placement (distribuzione dei titoli emessi tra i sottoscrittori).
La finanza straordinaria comprende:
Per quanto concerne l’assunzione di partecipazioni nel capitale di rischio di imprese non finanziarie, essa può essere realizzata sia direttamente, attraverso l’impiego di mezzi propri, sia indirettamente, attraverso l’utilizzo delle risorse di un fondo di investimento chiuso costituito appositamente per raccogliere il capitale necessario. L’obiettivo di tale attività è quello della detenzione per un periodo dai 3-5 anni, nella prospettiva di cessione a un prezzo più elevato di quello d’acquisto. Uno specifico caso è quello di partecipazioni in imprese neonate: in tal caso l’attività è nota come venture capital.
Capital markets
Tali attività attengono al brokerage e al dealing di valori mobiliari sui mercati secondari, all’attività sul mercato dei cambi e a quella in strumenti derivati per la copertura dei rischi. Strettamente collegati a queste ultime sono i servizi di cash management, che hanno come obiettivo di base la gestione economica dei saldi monetari giornalieri di un’impresa.
Asset management
Tale attività è costituita dai servizi che l’investment bank offre alla clientela per la gestione dei patrimoni, più in generale per la gestione finanziaria complessiva, cioè attivo e passivo.
Il ROE (= RN/MP dove: RN=Risultato Netto; MP=Mezzi Propri) è l'indicatore per eccellenza della redditività del capitale di rischio di un'istituzione, ma non si presta a fornire misure di redditività corretta per il rischio. Per questo si sono sviluppate diverse misure di redditività corretta per il rischio, la cui varietà proviene dalla possibilità che la correzione per il rischio venga effettuata relativamente al numeratore, al denominatore, o entrambi, del ROE. Avremo quindi:
Teorema dell’immunizzazione: in un investimento a tasso fisso, il tasso d’interesse ha influenza sul valore del titolo. Gli effetti che si producono sui titoli sono duplici. C’è un effetto rivestimento: consiste nel fatto che le cedole intermedie vengono reinvestite ad un nuovo tasso. Se tale tasso è uguale a quello precedente, il montante a scadenza dell’investimento sarà quello atteso. Se, invece, il tasso d’interesse di mercato aumenta, ciò comporta un effetto prezzo negativo perché il valore attuale dei flussi di cassa attesi sarà più basso e il prezzo scende. Se invece il titolo non viene venduto, ma tenuto in portafoglio fino alla fine, si avrà sul tasso interno di rendimento un effetto reinvestimento positivo perché il montante a scadenza sarà più elevato di quanto ci si aspettava dal momento che i tassi di mercato (ai quali le cedole vengono reinvestite) sono più elevati. Quindi, alla duration l’effetto prezzo negativo e l’effetto reinvestimento positivo si compensano e il rendimento ex post sarà uguale al rendimento atteso. Se nel caso inverso, i tassi diminuiscono, si avrà un effetto prezzo positivo e un effetto reinvestimento negativo, e tali effetti si compensano comunque alla duration. Se quindi si vuole essere sicuri che il rendimento atteso sarà uguale a quello ex post, a prescindere dall’andamento dei tassi, si deve comprare un titolo non con durata uguale al proprio orizzonte temporale d’investimento, ma con duration uguale al proprio orizzonte temporale d’investimento.
Fonte: http://lab.artmediastudio.it/www-storage/appunti/155372/21940/Riassunto%20Intermediari.doc
Sito web da visitare: http://lab.artmediastudio.it
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