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LA PERSONA FISICA
Per il diritto, la persona fisica ha notevole rilevanza. Si considera tale qualsiasi essere umano nato vivo. L’essere umano, uomo o donna, bambino o adulto, ha importanza per la legge, che gli attribuisce, senza distinzione di sesso, età, razza, religione, condizione economica e sociale, una capacità tanto semplice quanto importante: la capacità giuridica. In questo modo la persona diventa titolare (“possessore”) di diritti e, di conseguenza, degna di protezione giuridica. Vediamo alcuni esempi:
Il neonato, così come la persona fisica di qualsiasi età, ha dei diritti essenziali e inviolabili: il diritto alla vita e all’integrità fisica. Questi diritti sono essenziali perché senza di essi nessun altro diritto avrebbe significato.
Una volta riconosciuti, devono essere garantiti e difesi con il divieto di commettere omicidio e di compiere azioni che possono comportare lesioni del corpo umano.
Alla persona sono riconosciuti altri diritti, come il diritto al nome, alla libertà, all’istruzione, alla salute, all’onore, alla riservatezza, alla proprietà di beni (come una casa o un’automobile), a ottenere il risarcimento da parte di colui che lo ha danneggiato, alla retribuzione per il lavoro svolto.
La capacità d’agire
Non basta avere diritti. Per effetto della capacità giuridica, tutti siamo titolari (“possessori”) del diritto alla vita e al nome e degli altri diritti essenziali. Oltre a questi diritti, possiamo acquistarne anche altri. Il neonato può acquistare la proprietà di una somma di denaro; il ragazzo la proprietà della casa lasciatagli dal nonno.
Il neonato, però, non è in grado di decidere come utilizzare la somma di denaro depositata in banca, il ragazzo non sa valutare che cosa sia meglio fare della casa ereditata; questi soggetti non sono capaci di compiere un’attività diretta alla cura dei propri interessi o volta a modificare la loro situazione giuridica.
Le ragioni sono evidenti: compiere tali attività richiede che la persona abbia la necessaria maturità ed esperienze di vita per comprendere le conseguenze di un atto giuridico e quindi per decidere autonomamente se compierlo oppure no.
Occorre la capacità d’agire. A questo punto è chiara la differenza tra la titolarità di un diritto e il suo esercizio. (mettere in pratica, agire autonomamente…)
Per essere titolari di un diritto è sufficiente la capacità giuridica, per esercitarlo è necessario possedere la capacità di agire, ossia l’idoneità del soggetto a esercitare diritti e ad assumere doveri, a instaurare relazioni giuridiche per tutelare e curare i propri interessi.
La capacità di agire ha come presupposto la maturità mentale e l’esperienza di vita dell’individuo e si acquista con la maggiore età, stabilita per legge al compimento del diciottesimo anno. Da quel momento la persona fisica diventa soggetto attivo del diritto: può scegliere se acquistare o vendere una casa, prendere la patente, votare, decidere di sposarsi.
LA PERSONA GIURIDICA
Le organizzazioni collettive, come ad es. una s.p.a., compiono quotidianamente atti rilevanti per il diritto: un’associazione sportiva può decidere l’organizzazione di un torneo, una società delibera l’acquisto di un automezzo.
Le persone giuridiche sono soggetti di diritto a sé stanti, distinti dalle persone fisiche che le compongono e quindi in grado di rapportarsi verso l’esterno.
Qualsiasi atto da esse compiuto ha un responsabile ben preciso, che è l’organizzazione stessa, la quale risponde con il proprio patrimonio. Per l’ordine di acquisto di merci fatto da una S.P.A. è la stessa società ad essere responsabile con tutti i propri mezzi: i creditori possono rivalersi sul denaro, sugli automezzi, sui macchinari della società, ma non sui beni personali dei soci.
È chiaro che, materialmente, i rapporti con altri soggetti sono curati da persone fisiche; queste persone sono gli amministratori, i quali hanno il compito di porre in essere tutti gli atti necessari per il raggiungimento degli scopi dell’organizzazione collettiva. Così è l’amministratore a stipulare l’accordo attraverso il quale la società acquista un nuovo macchinario, ma responsabile per questo acquisto è soltanto la società con il proprio patrimonio.
Esercitazione di comprensione
L’INTERDETTO
Può accadere che una persona capace (una persona maggiore d’età) si trovi in condizioni di abituale infermità di mente che la renda incapace di tutelare i propri interessi.
Secondo l’art. 414 c.c., tali soggetti devono essere sottoposti ad una procedura di interdizione: si tratta di un vero e proprio processo, svolto in un’aula di tribunale, durante il quale il giudice, su richiesta del pubblico ministero o dei familiari più stretti, valuta tutti gli elementi per determinare se effettivamente lo stato di salute mentale sia tale da renderlo completamente incapace di intendere e di volere. Il giudice non emetterà la sentenza, però, fino a quando non avrà sentito personalmente l’interdicendo, cioè la persona da interdire e, se questa ha difficoltà di deambulazione, il giudice dovrà recarsi personalmente al domicilio di questi.
Dal momento che l’interdizione è dichiarata da un giudice, essa è detta interdizione giudiziale.
In genere, si riconosce la totale infermità di mente non solo a coloro che sono affetti da turbe psichiche evidenti, ma anche a coloro che, ad esempio, non sono in grado di riportare alcune nozioni elementari come la propria data di nascita; non sono orientati nel tempo o non conoscono il valore delle banconote che vengono mostrate loro.
L’interdetto perde totalmente la capacità d’agire: l’interdizione è, infatti, un’ipotesi di incapacità d’agire assoluta. L’amministrazione e la cura dei suoi interessi viene affidata ad un tutore nominato dal giudice che ha pronunciato l’interdizione. Il tutore è il rappresentante legale dell’interdetto.
Le conseguenze dell’interdizione sono, come si può intuire, molto gravi.
Tutti gli atti compiuti dall’interdetto personalmente sono annullabili, anche se la controparte ha agito in buona fede, senza sapere cioè che il soggetto fosse stato interdetto.
Questi perde inoltre la possibilità di compiere alcuni atti personalissimi, come contrarre matrimonio o fare testamento, dal momento che per questi atti non è ammessa nemmeno la rappresentanza del tutore.
In tutti gli altri atti sia di ordinaria che di straordinaria amministrazione interviene il tutore. Ad esempio, supponiamo che l’interdetto debba essere sottoposto ad un banale intervento chirurgico. La legge italiana prevede che il paziente dia il consenso all’intervento. In questo caso, il consenso sarà dato dal tutore, previa autorizzazione del giudice tutelare.
L’INTERDETTO LEGALE
L’interdizione della quale abbiamo parlato è quella che viene definita interdizione giudiziale, in quanto deriva da una sentenza emessa da un giudice.
Esiste un’altra forma d’interdizione che, a differenza di quella giudiziale, opera d’ufficio, cioè automaticamente al verificarsi di determinati eventi: l’interdizione legale (ossia per volontà di legge).
Qualora una persona pienamente capace di intendere e di volere si macchi di reati particolarmente gravi (per i quali è disposto l’ergastolo o la reclusione per più di cinque anni), con la sentenza di condanna consegue anche l’interdizione legale: al condannato viene impedito qualsiasi atto avente natura patrimoniale, ma può liberamente contrarre matrimonio o riconoscere un figlio naturale.
Com’è intuibile, la differenza fondamentale tra i due istituti giuridici sta nella motivazione alla base dei due provvedimenti: l’interdizione giudiziale nasce come istituto di protezione di un soggetto incapace, l’interdizione legale è, invece, un provvedimento punitivo nei confronti di un soggetto che ha commesso un reato grave.
L’INABILITATO
Tra le ipotesi di incapacità di agire relativa, oltre all’emancipazione del minore vi è l’inabilitazione. L’inabilitazione è la situazione giuridica soggettiva derivante da particolari condizioni psichiche e fisiche di un soggetto e che comporta una parziale incapacità di agire. Essa determina conseguenze decisamente meno gravi dell’interdizione.
L’inabilitazione viene dichiarata con sentenza del giudice.
L’art. 415 c.c. stabilisce quali persone e per quali motivi possono essere inabilitate. In particolare può essere inabilitato:
L’inabilitazione, che è un’ipotesi di incapacità relativa, comporta una limitazione parziale della capacità d’agire: all’inabilitato viene impedito di compiere da solo gli atti di straordinaria amministrazione, cioè tutti quegli atti che possono alterare sensibilmente il suo patrimonio o quello della famiglia. In questi casi egli deve essere assistito da un curatore, nominato dal giudice (in genere scelto tra i suoi familiari). Per alcuni atti di straordinaria amministrazione è necessaria anche l’autorizzazione del tribunale.
L’inabilitato può, invece, compiere da solo tutti gli atti di ordinaria amministrazione. Sono annullabili gli atti di straordinaria amministrazione compiuti dall’inabilitato senza l’assistenza del curatore.
Fonte: http://www.bassi.gov.it/documents/SSIAS/LA%20PERSONA%20FISICA%20DIRITTI%20E%20DOVERI%20INTERDIZIONE.doc
Sito web da visitare: http://www.bassi.gov.it
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
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