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La negoziazione nei processi di insegnamento-apprendimento
Tratto da La negoziazione nei processi di insegnamento-apprendimento: il senso e le caratteristiche in esperienze on line, di P. Nicolini, C. Moroni, T. Lapucci, in Comunicazione e formazione (a cura di Coppola D., Nicolini P.), Franco Angeli, Milano, 2009
Nelle più recenti teorie che si sono occupate di comprendere i processi di insegnamento-apprendimento quest’ultimo è sempre meno considerato l’incontro con nuovi saperi, quanto piuttosto un continuo ampliamento e una progressiva ristrutturazione di conoscenze almeno in parte già in possesso del soggetto impegnato a imparare. Questo andamento è assicurato sia dallo scambio comunicativo tra insegnante e alunno sia tra questi e i suoi pari, all’interno di comunicazioni formali e informali. L’apprendimento è perciò considerabile come un’attività della mente molto legata ai contesti quotidiani e, a maggior ragione, a interazioni mirate e dotate di specifiche finalità.
In quest’ottica, riteniamo essere tre i particolari momenti in cui, nell’interazione pensata in funzione dell’apprendimento, è maggiormente significativa la produzione linguistica:
In questo lavoro intendiamo occuparci più da vicino del secondo momento, vale a dire lo scambio tra studenti, soffermandoci su una modalità di conduzione che è definibile come negoziazione. Siamo infatti interessate a comprendere di quali strategie linguistiche e di quali segnali discorsivi essa si avvalga per permettere ai partecipanti di raggiungere una posizione più avanzata rispetto alle precedenti espresse dai singoli, creando un prodotto nuovo e condiviso che è considerabile frutto dell’apporto individuale, ma in cui non è più rinvenibile il pensiero personale quanto le modificazioni che questo ha subito nel corso degli scambi. […]
1. Il conflitto ovvero la base per la negoziazione
Perché si possa avviare un processo negoziale è indispensabile che tra i soggetti che apprendono sorga una controversia, emerga un disaccordo, si manifesti un contrasto, che cioè al momento di discutere una proposta gli interlocutori si trovino di fronte a condizioni diverse e debbano convergere verso una soluzione comune. La negoziazione è perciò un processo articolato, in cui è possibile individuare più fasi ed elementi costitutivi:
Nella prima parte i soggetti coinvolti espongono le loro opinioni; nella seconda emergono le differenze e le parti in causa entrano in rotta di collisione, esprimendo un conflitto; la terza è caratterizzata dalla difesa dei diversi punti di vista, consistente nella ricerca di argomentazioni a sostegno o a sfavore della propria o altrui idea; se nella fase precedente si è manifestata una capacità di ascolto, in quella della convinzione le argomentazioni profuse per convincere l’altra parte della bontà della propria posizione creano le condizioni per la possibilità che si delinei una posizione terza, a entrambi favorevole, che non era contemplata all’inizio del processo negoziale e che a buon diritto può ritenersi il frutto della catena di scambi precedenti.[…]
L’avvio del processo negoziale dipende in gran parte dal modo in cui i partecipanti si rappresentano il conflitto, nonché le sue eventuali e praticabili vie d’uscita.
Il termine conflitto, di derivazione latina dal verbo confligĕre, letteralmente «cozzare insieme, combattere», dà origine al sostantivo maschile conflictus che significa «urto, scontro», ma anche «lotta, contesa». In qualsiasi dizionario della lingua italiana degli ultimi anni, il vocabolo si trasferisce da un piano concreto e per lo più militare ad ambiti figurativi diversificati: il Devoto Oli (1979), ad esempio, definisce il conflitto sempre come «contesa rimessa alla sorte delle armi, guerra» e anche come «fig. urto, contrasto, opposizione», poi negli esempi riportati, oltre a conflitto di competenza (in ambito giuridico), cita l’espressione conflitto psichico definendolo come un «contrasto cosciente fra opposti desideri o tendenze, causa di molti stati ansiosi». Nel vocabolario della lingua italiana Treccani si legge sempre «combattimento, guerra, scontro di eserciti, urto, contrasto, opposizione», ma anche qui gli esempi particolari si articolano su più livelli: in sociologia (conflitto di interessi e conflitto di classe), in diritto (conflitto di diritti soggettivi, di poteri, di norme, di attribuzione, ecc.) e in psicologia (qui il conflitto psichico viene definito come uno «stato di tensione e di squilibrio in cui l’individuo viene a trovarsi quando è sottoposto alla pressione di tendenze, bisogni e motivazioni tra loro contrastanti»).
Il termine conflitto viene perciò inteso nel linguaggio comune ancora per lo più in una accezione negativa, come un qualcosa da cui occorre allontanarsi o liberarsi il prima possibile. Tuttavia in campo psicologico specialistico al conflitto si dedica ben altro tipo di attenzione. Grazie ad alcuni Autori che hanno iniziato ad attribuire al termine dimensioni semantiche oltre che di rottura anche di valenza produttiva e di cambiamento (Lewin, 1965), di creazione e di elaborazione di risposte nuove per il singolo (Doise & Mugny, 1981) e per il gruppo (Moscovici & Doise, 1992) al conflitto è assegnata una duplice valenza, di cui una distruttiva e l’altra costruttiva.
In particolare negli studi di Piaget e ancor più dei post-piagetiani emerge l’espressione di conflitto sociocognitivo per indicare la dinamica di costruzione in comune di risposta a un compito attraverso la messa in discussione dei rispettivi punti di vista (Doise e Mugny 1982). Carugati riprende il concetto di conflitto sociocognitivo (Carugati e Selleri, 2001) intendendolo come potenzialità di produrre interazioni che comportano profonde ristrutturazioni cognitive nel modo di affrontare il problema (Vigotskij, 1992), per cui la soluzione non è il prodotto di una imitazione ma è piuttosto il risultato della costruzione di nuove conoscenze derivate dall’interazione sociale. […]
La fenomenologia di risoluzione del conflitto che più spesso viene citata si compone delle seguenti possibilità (Pruit & Carnevale, 1993):
2. La negoziazione: definizioni
Possiamo ora occuparci più da vicino della negoziazione e delle sue peculiarità. La parola negoziazione ha origini latine da negotium, sostantivo neutro che sta a indicare un lavoro, un’attività, un’occupazione, il condurre a termine un’impresa, ma anche un affare, una trattativa, un negoziato. Il termine quindi ha fin dalla sua genesi un ampio spettro di applicazione, dalla vita quotidiana al campo commerciale, dalla diplomazia al diritto. In questi ultimi casi la parola negoziazione è particolarmente usata per indicare l’insieme di trattative che portano a un accordo tra Stati, consistente in una formulazione e discussione di proposte e di controproposte rivolte a soddisfare le esigenze di ciascuno. Se le trattative riescono, la negoziazione si conclude con l’approvazione di un progetto d’accordo destinato poi a perfezionarsi.
Da queste accezioni il significato si è spostato nel tempo sul senso dell’interazione comunicativa di scambio ed è via via sempre più inteso in senso lato, come processo consistente nel conferire con una o più persone al fine di raggiungere un accordo. In sostanza la negoziazione può essere intesa come un processo di scambio che ha come prodotto un reciproco guadagno. Non una rinuncia sostenibile, come nel caso del compromesso, ma l’acquisizione di un valore aggiunto che ha la qualità di essere pensato come migliore rispetto alle posizioni iniziali da tutti i protagonisti dello scambio negoziale. In altri termini una trasformazione delle idee esposte sulle prime in un esito finale che può rappresentarne una sintesi, una fusione, una integrazione, una rielaborazione, un perfezionamento, un approfondimento e comunque una soluzione differente e più soddisfacente.
Tutti i significati sono comunque contrari alla parola otium, vale a direil tempo libero dalle occupazioni. Ciò permette di comprendere come la negoziazione sia un processo complesso e intenzionale per lo più frutto di azioni impegnative, non oziose, per l’appunto. La negoziazione è dunque un fenomeno con qualità specifiche molto articolate, che richiede competenza da parte delle parti in causa. Superando l’approccio esclusivo della distribuzione dei vantaggi, infatti, si muove in favore della ricerca di valore aggiunto: ciò è possibile se le parti che contrattano hanno disponibilità a sospendere almeno momentaneamente la difesa dei propri interessi per adottare, attraverso un attento esercizio di ascolto, almeno provvisoriamente la comprensione di quelli delle altre parti in causa. Non sempre, infatti, la difesa dei propri interessi fa incassare soluzioni soddisfacenti, mentre la disponibilità a comprendere quali siano gli interessi degli altri permette di avere una visione più olistica del conflitto e delle risorse disponibili. […]
Il conflitto si delinea perciò come un contrasto da risolvere e la negoziazione costituisce il processo di problem solving. Più sono gli elementi a disposizione nella rappresentazione del conflitto da parte dei protagonisti e più realistici possono essere i tentativi di soluzione, ma ciò presuppone una capacità di ricognizione e una buona competenza nell’esame di realtà.
Per negoziare, quindi, l’orientamento al sé e all’altro sono due dimensioni che devono decollare congiuntamente (Rubin, 1999). Se infatti l’esclusivo orientamento al sé porta all’indipendenza e l’esclusivo orientamento all’altro porta alla dipendenza, il processo negoziale si fonda sulla capacità delle parti di stare entro rapporti di interdipendenza. Possiamo aggiungere, per completezza, che è necessario anche un orientamento al compito, che non va mai perso di vista a rischio di incagliarsi e arenarsi a livello dei soli rapporti affettivi interpersonali
La persona che negozia ha necessità quindi di muoversi affettivamente e cognitivamente, con agilità, dal sé all’altro, senza mai perdere di vista l’obiettivo in gioco nel processo negoziale o meglio gli obiettivi, perché di solito ne esiste più d’uno. A volte non è fruttuoso intascare un buon guadagno rispetto agli obiettivi della contrattazione se ciò va a scapito della ulteriore possibilità di intrattenere rapporti con le parti in causa, nel futuro, a seguito di una rottura. Viceversa è necessario essere attenti a non perdere di vista gli obiettivi del processo di scambio lasciandosi totalmente assorbire dalla cura rispetto alla tenuta della relazione interpersonale, perché in questo caso si possono lasciar andare inavvertitamente dei vantaggi rispetto alla meta da raggiungere. […]
3. La trasposizione ai processi di insegnamento-apprendimento
Come accennato in apertura, le più recenti teorie che si sono occupate di comprendere i processi di insegnamento-apprendimento considerano quest’ultimo sempre meno come l’incontro con nuovi saperi e sempre più il continuo ampliamento e la progressiva ristrutturazione di conoscenze, assicurati dagli scambi comunicativi dell’insegnante con gli alunni e di questi tra loro (Pontecorvo, 1999). All’interno dell’interazione dialogica il conflitto svolge un ruolo rilevante e costituisce una fase essenziale per promuovere il cambiamento concettuale (Mason, 2001, 2006). Secondo Nussbaum & Novick (1982), infatti, quando si crea conflitto concettuale nel discutere un evento o un fenomeno, l’esposizione da parte degli studenti delle concezioni personali affina la consapevolezza delle proprie rappresentazioni, creando le possibilità per nuovi accomodamenti cognitivi e l’elaborazione di nuovi modelli concettuali. […]
4. Le strategie discorsive
Alla base di ogni negoziazione vi è la disposizione a produrre messaggi chiari, comprensibili e non ambigui per gli interlocutori (Grice, 1978); la comprensione, lo scioglimento di ogni possibile fraintendimento e ambiguità, costituiscono infatti presupposti indispensabili per avviare il processo negoziale oltre al desiderio di contribuire, mediante il proferimento dei propri atti linguistici, al senso di vicinanza e di comunità.
Quando si entra nel vivo del processo negoziale diviene poi fondamentale non sottrarsi al conflitto e riconoscerlo quale momento privilegiato di incontro. Nella gestione delle dinamiche conflittuali gli scambi si muovono lungo il continuum dell’asse accordo-disaccordo, caratterizzandosi sia per un orientamento al compito, sia per un orientamento alla relazione(Watzlavich, 1967). Per difendere il proprio punto di vista vengono poi attivati processi di convinzione e messe in atto strategie di argomentazione, intese come atti discorsivi volti a persuadere (Beccaria, 1994).
Facilitare la comprensione, garantire la coerenza, migliorare l’interattività, esplicitare l’accordo e il disaccordo, ricorrere all’argomentazione sono complessivamente le strategie da noi individuate come nucleo centrale sia per avviare sia per sostenere il processo negoziale. […]
Di seguito riportiamo le definizioni dei 5 nuclei strategici; ogni raggruppamento è corredato di una tabella che illustra gli indicatori fornendo un esempio[…]
4.1. Facilitare la comprensione
Indicatori linguistici |
Esempi |
Parafrasare |
Quindi mi chiedevo se fosse utile modificare tutta l’interazione, in altre parole, secondo voi dobbiamo riscrivere tutto il testo dall’inizio alla fine, intervenendo sia sui contenuti che sulle modalità ? |
Riprendere il discorso e ripetere |
Quando ho parlato all’inizio ho detto dell’importanza del rispetto dei turni di parola, dicendo che i bambini dovrebbero alzare la mano |
Produrre testi espliciti e vincolanti |
Secondo me i punti di forza dell’interazione dell’insegnante sono: Primo: l’uso di un linguaggio chiaro e comprensibile Secondo: l’ancoraggio delle sue spiegazioni a esempi concreti e vicini all’esperienza dei bambini |
Usare verbi costitutivi di mondo |
Si, anch’io la penso come te e concordo sul fatto che bisognerebbe far rispettare i turni di parola, ma immagino che in una situazione reale sia difficile. Mi auguro proprio che i miei futuri allievi siano disciplinati! |
Usare un repertorio linguistico condiviso |
Dunque, per spiegare la mia posizione, mi riferisco a Amidon e Hunter. |
4.2. Strategie per garantire la coerenza
Indicatori linguistici |
Esempi |
Usare la ripetizione e la citazione |
Cito quanto hai detto prima, e cioè, “secondo me dobbiamo concentrarci sulla comunicazione dell’insegnante”, ora invece mi sembra che tu ti stia contraddicendo |
Usare elementi di coesione testuale (anafore, connettivi) |
Secondo me dobbiamo partire dal confrontarci sulle opinioni divergenti, confrontarci per capire il perché dei nostri punti vista, confrontarci per poter poi costruire insieme una risposta comune. Direi quindi di prendere questocome obiettivo della discussione. |
4.3. Strategie per migliorare l’interattività
Indicatori linguistici |
Esempi |
Usare i marcatori con funzione metatestuale |
Mi sembra comunque meglio impostare la comunicazione cambiando solo le azioni discorsive dell’insegnante e non anche i contenuti. È proprio questo l’obiettivo dell’attività: sbloccare questa specifica interazione! |
Usare la deissi |
Chiedo a tutte di esprimere il vostro parere ora , visto che il tempo stringe e dobbiamo arrivare a un accordo. Mancano solo 20 minuti! Ricordate la volta scorsa? Non siamo riusciti a organizzarci bene! Dobbiamo rientrare in aula con le idee chiare! E quella poi che fine ha fatto? |
Usare i fatismi |
Cara Francesca, rispetto alla proposta che fai non credo sia attuabile, come sai e come ben sappiamo tutti c’è difficoltà ad avere i fondi, no? |
Ricorrere alle citazioni |
Io sinceramente non riscontro, come lei dice “una diversità netta” tra la mia e la tua opinione |
Prendere il turno di parola |
Scusate ragazzi, vorrei dire una cosa ora |
Cedere il turno di parola a una persona specifica o al gruppo nel suo insieme |
Ho sentito la tua proposta., ora vorrei che Gianni desse la sua, e poi passarealla revisione generale di tutto il gruppo |
Usare il condizionale o espressioni dubitative |
Forse dovremmo rileggere il testo, magari troviamo qualche sfumatura che prima non abbiamo colto…probabilmente sbaglio, ma vorrei controllare meglio |
Usare espressioni attenuanti o modulative |
Care colleghe mi sono permessa di aggiungere questo particolare, perché secondo me potrebbe essere importante |
Parlare di sé, somministrazione di autobiografia |
Mi è capitatonel tirocinio di assistere a una lezione strutturata in modo simile |
Offrire riconoscimento allo stato d’animo espresso da altri |
Mi dispiace che te la stia prendendo come un fatto personale e che tu sia insoddisfatta dell’andamento della discussione
E così tu dici che ogni cosa che dovremmo riprendere da capo? Dico bene?Mi spieghi? |
4.4. Strategie argomentative
Indicatori Linguistici |
Esempi |
Offrire esempi |
Ad esempio: pensate a quella volta che ci è stato chiesto di negoziare una risposta e invece parlavamo l’una sopra l’altra senza ascoltarci…dovremmo cercare di parlare una alla volta e rispettarci di più |
Portare prove |
Per me uno dei punti idi debolezza dell’interazione è questo: vedi? Leggi bene, c’è scritto che da quel momento la bambina non partecipa più alla discussione |
Fare riferimento all’esperienza |
Nel mio lavoro di educatricenella scuola,non mi è mai capitato questa situazione |
4.5. Strategie nell’asse del disaccordo-accordo
Indicatori Linguistici |
Esempi |
Richiedere chiarimenti |
Sulla base di quanto detto finora, chiedo a tuttiperché invece abbiamo cambiato obiettivo |
Richiedere accordo |
Che ne dite se prima ognuna scrive la sua soluzione e poi le confrontiamo? Siete d’accordo? |
Richiedere correzioni |
E’ proprio questo il punto che vorrei discutere con voi: ritenete come me che dovremmo correggere questa parte? |
Offrire chiarimenti |
Ciao S., quando dicevo "addirittura" intendevo quello che hai ripetuto tu e cioè che non dovremmo trarre conclusioni affrettate |
Fare offerte di accordo |
Stefania mi è sembrato di cogliere una vena di nervosismo nella tua richiesta! Sono perfettamente in sintonia con te nel ritenere che ci sia un po' di confusione. Francamente sono un po' spaesata e, come te, non riesco a capire... |
Fare offerte di correzione |
Secondo me la tua ultima indicazione non va tanto bene, magari dovremmo trovare un punto d’equilibrio fra la proposta di Giulia e la tua…non te la prendere, ma qui ognuno deve necessariamente esprimere il suo punto di vista |
Dare segnali di accordo/disaccordo parziale |
Quindi approvo in parte quello che tu dici, credo sia molto utile avere ben chiaro fin dall’inizio quali siano gli scopi dell’interazione, ma credo invece che ci siano punti della discussione che sono imprevedibili |
Rubin parla a questo proposito di individualismo illuminato.
Fonte: http://docentiold.unimc.it/docenti/tamara-lapucci/2009/lab-addestramento-alla-comunicazione-s-2009-4/dispensa-negoziazione/at_download/dispensa-negoziazione.doc
Sito web da visitare: http://docentiold.unimc.it/
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
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