I riassunti , gli appunti i testi contenuti nel nostro sito sono messi a disposizione gratuitamente con finalità illustrative didattiche, scientifiche, a carattere sociale, civile e culturale a tutti i possibili interessati secondo il concetto del fair use e con l' obiettivo del rispetto della direttiva europea 2001/29/CE e dell' art. 70 della legge 633/1941 sul diritto d'autore
Le informazioni di medicina e salute contenute nel sito sono di natura generale ed a scopo puramente divulgativo e per questo motivo non possono sostituire in alcun caso il consiglio di un medico (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione).
In base all’art. 37 del D.lgs. 81/2008 il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente e adeguata in materia di salute e sicurezza, anche rispetto alle conoscenze linguistiche, con particolare riferimento a:
Nel rispetto di quanto previsto dall’Accordo del 21 dicembre 2011, e fermo restando l’obbligo di aggiornamento, non sono tenuti a frequentare i corsi di formazione i lavoratori per i quali i datori di lavoro comprovino di aver svolto, alla data di pubblicazione dell’Accordo (11 gennaio 2012), una formazione nel rispetto delle previsioni normative e delle indicazioni previste nei contratti collettivi di lavoro per quanto riguarda durata, contenuti e modalità di svolgimento dei corsi.
Le previsioni relative al riconoscimento della formazione pregressa richiedono che il datore di lavoro comprovi lo svolgimento di tali attività formative con uno o più documenti idonei a dimostrare la durata, i contenuti e le modalità dei corsi in oggetto (ad esempio: verbali, registri di presenza, attestati, programmi dei corsi). In difetto, le previsioni di riferimento non possono operare, con la conseguenza che la situazione antigiuridica deve essere sanata nel più breve tempo possibile, nel rispetto delle modalità di cui all’Accordo ex articolo 37 del D.lgs. 81/08.
Gli addetti al primo soccorso devono frequentare il corso di formazione e gli aggiornamenti previsti dal Decreto Ministeriale 388 del 2003.
In relazione al D.M. 388/03 e alle circolari del Ministero del Lavoro e del Ministero della Sanità, il datore di lavoro designa i lavoratori addetti al pronto soccorso e li forma con una istruzione teorico-pratica, secondo il Decreto citato e le circolari ministeriali esplicative. Una possibile esclusione dall’obbligo di formazione può essere ammessa per quelle aziende che indicano come addetto al servizio di pronto soccorso un medico o un infermiere professionale.
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Fatta salva la valutazione dei rischi specifica, si ritiene opportuno avere almeno due addetti antincendio per ogni plesso. Per gli addetti antincendio la formazione deve essere conforme al Decreto Ministeriale del 10/03/98. A tal fine si suggerisce di rivolgersi al Comando dei Vigili del Fuoco.
L’aggiornamento è previsto solo per il modulo B e deve essere completato nel quinquennio che decorre dalla data di acquisizione del credito formativo.
Si ritiene che, nel caso prospettato, il DL sia individuabile nell’amministratore condominiale pro tempore. Qualora il lavoratore rientri nel campo di applicazione del contratto collettivo dei proprietari dei fabbricati, trovano applicazione gli obblighi di formazione e informazione di cui agli art. 36 e 37 del Decreto 81/08. A tale lavoratore devono essere forniti i necessari DPI in relazione alle effettive mansioni assegnate e qualora vengano fornite attrezzature di lavoro queste ultime dovranno rispondere alle disposizioni indicate al Titolo III del succitato decreto. Qualora il lavoratore non rientrasse nel contratto citato, lo stesso viene a definirsi come lavoratore ai sensi dell’art. 2 comma 1 lettera a) e pertanto sono a carico del DL tutti gli obblighi del Decreto 81/08 (VDR, RSPP, MC...).
La formazione dei lavoratori deve avvenire in collaborazione con gli organismi paritetici, ove presenti nel settore e nel territorio in cui si svolge l’attività del datore di lavoro.
La formazione dei lavoratori in materia di salute e sicurezza del lavoro e non solo in materia di stress lavoro correlato può essere erogata dal datore di lavoro o da persone da lui incaricate in possesso di adeguate competenze (Vedi Accordo Stato Regioni n. 221 del 21/12/2011). I docenti formatori devono possedere i requisiti previsti dal Decreto Interministeriale del 6 marzo 2013.
«commissioni di lavoro», deve obbligatoriamente disporre i controlli alcolemici prescritti dalla legge 125/2001 e dettagliati dall’Accordo Stato Regioni del 16 marzo 2006?
L’Allegato I dell’Accordo Stato-Regioni del 16 marzo 2006 fa riferimento a «mansioni inerenti le seguenti attività di trasporto» tra le quali vi sono anche gli «addetti
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alla guida di veicoli stradali per i quali è richiesto il possesso della patente di guida categoria B, C, D, E». Si deve pertanto ritenere che sono compresi coloro che svolgono (anche di fatto) mansioni per attività di trasporto (commessi, autotrasportatori, ecc.), anche saltuariamente, e non anche chi guida, sia pure per ragioni di servizio, auto aziendali, ma che non svolge mansioni inerenti le attività di trasporto.
La formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti deve avvenire, in collaborazione con gli organismi paritetici, ove presenti nel settore e nel territorio in cui si svolge l’attività del datore di lavoro, durante l’orario di lavoro e non può comportare oneri economici a carico dei lavoratori (art. 37, comma 12 del D.lgs. 81/08).
Dunque, al momento la formazione degli RLS può essere svolta da un qualsiasi soggetto formatore purché in collaborazione con gli organismi paritetici , ove presenti.
Il punto 2 dell’Allegato I dell’Intesa della Conferenza Unificata Stato Regioni del
30 ottobre 2007, in materia di accertamento di assenza di tossicodipendenza, tra le mansioni che comportano particolari rischi per la sicurezza, l’incolumità e la salute dei terzi, include le “Mansioni inerenti le attività di trasporto”, che vengono elencate.
Nel punto 2, lett. f) dell’Allegato I dell’Intesa citata, sono inclusi conducenti, conduttori, manovratori e addetti agli scambi di veicoli con binario, rotaie o apparecchi di sollevamento; sono esclusi i manovratori di carri ponte, purché comandati da terra a mezzo di pulsantiera, e di monorotaie.
Nelle mansioni elencate è inserito anche il manovratore di “apparecchi di sollevamento”.
Sebbene la citata norma non riporti una definizione di apparecchio di sollevamento appare prudenziale adottare la definizione di apparecchio di sollevamento contenuta nella norma UNI ISO 4306/1: Apparecchio a funzionamento discontinuo destinato a sollevare e movimentare, nello spazio, carichi sospesi mediante gancio o altri organi di presa.
I mezzi di sollevamento si possono suddividere in due macro categorie:
In funzione della modalità di movimento possiamo definire un apparecchio di sollevamento mobile quello che è in grado di spostarsi durante il lavoro.
Alla stregua di tale definizione i montaferetri e le piattaforme di lavoro autosollevanti si possono considerare apparecchi di sollevamento mobile e, pertanto, si ritiene che siano da includere nelle mansioni soggette ad accertamento.
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Nella sezione del sito web della Regione Piemonte dedicata alla sicurezza nei luoghi di lavoro all’indirizzo: www.regione.piemonte.it/sanita/cms2/sicurezza/formazione-figure-dlgs-8108.html è possibile reperire tutte le indicazioni utili all’abilitazione dei soggetti formatori, alla realizzazione dei corsi, all’emissione degli attestati di frequenza e profitto nonché la modulistica da utilizzare per le comunicazioni con la Regione Piemonte in relazione alla formazione di R/ASPP.
I Moduli A e B sono riconosciuti dall’ art. 32 comma 5 del D.lgs. 81/08. Per poter svolgere il ruolo di RSPP deve conseguire il modulo C. Nel quinquennio deve frequentare corsi o seminari per raggiungere il monte ore richiesto dalla norma. Il quinquennio decorre dall’acquisizione del credito formativo modulo B e quindi nel suo caso dal conseguimento della laurea (ovvero dal 15/5/2008 se la laurea è precedente).
20.3 e 24.3), si rivolge ad una società di lavoro interinale per avere due lavoratori da impiegare per la produzione. Quali oneri inerenti la sicurezza sono di competenza della ditta?
L’articolo 3, comma 5 del D.lgs. 81/08 stabilisce che nell’ipotesi di prestatori di lavoro nell’ambito di un contratto di somministrazione di lavoro di cui agli articoli 20 e seguenti del D.lgs. 276/03 e smi, tutti gli obblighi di prevenzione e protezione di cui al Decreto 81/08 sono a carico dell’utilizzatore. Ciò significa che il datore di lavoro deve garantire le stesse tutele previste per i lavoratori dipendenti (valutazione dei rischi, informazione, formazione, nomina RSPP, sorveglianza sanitaria, fornitura DPI…).
Considerato che è stato sostenuto prima dell’entrata in vigore del DM 388/03, il corso è ritenuto valido ai sensi dell’art. 3, comma 5, dello stesso Decreto, a condizione che il lavoratore con cadenza triennale abbia ripetuto la formazione per quanto attiene alla capacità di intervento pratico. In caso di mancato rispetto di tale prescrizione normativa, si ritiene che debba essere conseguito ex novo l’attestato previsto.
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Ai fini dell’applicazione del D.lgs. 81/08 è definito lavoratore la persona che indipendentemente dalla tipologia contrattuale svolge un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato. Quindi, escludendo gli addetti ai servizi domestici e familiari e gli altri casi esclusi ex art. 3, comma 8, del D.lgs. 81/08, nel caso in cui i lavoratori di cui trattasi possano essere ricondotti alla definizione sopra riportata saranno creditori di tutte le misure di prevenzione previste dal decreto 81/08. Si consiglia di sentire INPS e INAIL per eventuali specifiche circolari in materia di sicurezza in relazione al lavoro occasionale accessorio (voucher).
Lo stagista ai sensi dell’art. 2 comma 1 lettera a) del D.lgs. 81/08 è a tutti gli effetti un lavoratore, quindi il datore di lavoro deve assicurargli la stessa tutela prevista per tutti i dipendenti.
Come stabilito dall’ art. 39 comma 6 del D.lgs. 81/08 e smi e chiarito dalla nota della Regione Piemonte prot. 22719 del 22.07.2010 il datore di lavoro può nominare più medici competenti quando sono presenti le seguenti condizioni:
L’impresa, in esame, rientrando nelle casistiche sopra citate può avvalersi della facoltà di nominare più medici competenti. Pertanto, come stabilito dalla suddetta nota, la nomina di più medici competenti operanti nella stessa unità produttiva richiede necessariamente la nomina di un medico coordinatore.
Tale medico deve avere, oltre un ruolo organizzativo, anche il compito di garantire una omogeneità di comportamento dei vari M.C. nell’ adempimento degli obblighi di cui agli art. 25 e 41 del D.lgs. 81/08. Inoltre deve assicurare una funzione di sintesi nella collaborazione alla valutazione dei rischi e nella stesura del protocollo sanitario.
Si ricorda, infine, che la nomina di un medico competente coordinatore lascia in capo a ciascun medico gli obblighi stabiliti a loro carico dall’art. 25 del D.lgs. 81/ 08 e che in capo al datore di lavoro e del dirigente restano gli obblighi stabiliti a loro carico dall’art 18 comma 1 lettera g (inviare i lavoratori alla visita medica entro le scadenze previste dal programma di sorveglianza sanitaria e richiedere al medico competente l’osservanza degli obblighi previsti a suo carico nel presente decreto) e lettera bb (vigilare affinché i lavoratori per i quali vige l’obbligo di
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sorveglianza sanitaria non siano adibiti alla mansione lavorativa specifica senza il prescritto giudizio di idoneità).
L’art. 31, comma 6, del D.lgs. 81/08 stabilisce che nelle strutture di ricovero e cura pubbliche e private con oltre 50 lavoratori il Servizio di prevenzione e protezione debba essere istituito internamente all’azienda.
Il D.lgs. 81/08 stabilisce che sia la contrattazione collettiva nazionale a dover disciplinare le modalità dell’obbligo di aggiornamento periodico, e indica una durata minima solo per le imprese che occupano più di 15 lavoratori.
Esiste un elenco regionale degli organismi paritetici, pubblicato come allegato alla DGR n. 22-5962 del 17 Giugno 2013 e smi, dove sono indicati i soggetti che hanno dato comunicazione alla Regione Piemonte.
Il comma 12, dell’art. 37 del D.lgs. 81/08 stabilisce che «La formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti deve avvenire, in collaborazione con gli organismi paritetici, ove presenti nel settore e nel territorio in cui si svolge l’attività del datore di lavoro, durante l’orario di lavoro e non può comportare oneri economici a carico dei lavoratori», quindi anche la formazione in fase di assunzione. Per quanto riguarda il contenuto della collaborazione la norma non approfondisce l’argomento lasciando alle parti la libertà di definirlo. Si veda al proposito anche la premessa dell’Accordo Stato Regioni del 21/12/2011.
Ai sensi dell’art. 32 del D.lgs. 81/08, può svolgere l’incarico di RSPP il soggetto che ha le capacità e i requisiti professionali elencati nell’articolo stesso. La tipologia contrattuale del lavoratore non rileva ai fini dell’incarico a condizione che lo stesso svolga la sua attività all’interno dell’azienda.
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Occorre verificare che i corsi frequentati per il ruolo di volontario siano equipollenti ai corsi di formazione previsti dal DM 388/03 e farsi rilasciare dall’ente formatore una dichiarazione in tal senso.
Non tutti i lavoratori sono soggetti. I riferimenti normativi in materia di alcol sono la Legge 125/01 e l’Accordo Stato Regioni del 16/3/2006.
In materia di sostanze psicotrope sono il DPR 309/90, l’Intesa del 30/10/2007 e l’Accordo Stato Regioni del 18/9/2008 .
Le istituzioni scolastiche statali abilitate a svolgere attività di formazione per RSPP e ASPP nei confronti del proprio personale e di quello delle altre Istituzioni scolastiche sono indicate nel punto 4.1.1 del Provvedimento 26 gennaio 2006 (GU n. 37 del 14-2-2006) e sono riconducibili alle seguenti tipologie:
L’Accordo Stato Regioni del 21/12/2011 per la formazione dei lavoratori e dei preposti non individua particolari requisiti per il soggetto organizzatore dei corsi. Il D.I. del 6 marzo 2013 definisce invece i requisiti che devono possedere i docenti.
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Rimane comunque obbligatoria la collaborazione con gli organismi paritetici dove presenti nel settore e nel territorio.
Per quanto riguarda gli R-ASPP rimangono validi gli Accordi del 26 gennaio 2006 e 5 ottobre 2006, che individuano come soggetti formatori anche gli Istituti Professionali per l’Industria.
Infine, per la formazione dei DL, che intendono svolgere direttamente i compiti di prevenzione e protezione dai rischi, i soggetti formatori sono individuati nel punto
1 dell’Accordo del 21 dicembre 2011 n. 223, che non comprende gli istituti professionali.
L’articolo 3 comma 5 del D.lgs. 81/08 stabilisce che «Nell’ipotesi di prestatori di lavoro nell’ambito di un contratto di somministrazione di lavoro di cui all’articolo 20 e seguenti del D.lgs. 276/03 e smi, fermo restando quanto specificamente previsto dal comma 5 dell’articolo 23 del citato Decreto, tutti gli obblighi di prevenzione e protezione di cui al presente Decreto sono a carico dell’utilizzatore». A sua volta il comma 5 dell’articolo 23 del Decreto Legislativo n. 276 del 2003 prevede che: «Il somministratore informa i lavoratori sui rischi per la sicurezza e la salute connessi alle attività produttive in generale e li forma e addestra all’uso delle attrezzature di lavoro necessarie allo svolgimento della attività lavorativa per la quale essi vengono assunti in conformità alle disposizioni recate dal D.lgs. 626/94 e smi. Il contratto di somministrazione può prevedere che tale obbligo sia adempiuto dall’utilizzatore; in tale caso va indicato nel contratto del lavoratore. Nel caso in cui le mansioni cui è adibito il prestatore di lavoro richiedano una sorveglianza medica speciale o comportino rischi specifici, l’utilizzatore ne informa il lavoratore conformemente a quanto previsto dal D.lgs. 626/94 e smi. L’utilizzatore osserva altresì, nei confronti del medesimo prestatore, tutti gli obblighi di protezione previsti nei confronti dei propri dipendenti ed è responsabile per la violazione degli obblighi di sicurezza individuati dalla Legge e dai Contratti collettivi». Dunque occorre verificare i contenuti del contratto con l’agenzia di somministrazione.
Qualunque sia il rapporto contrattuale il lavoratore deve essere informato, formato e addestrato dal datore di lavoro. Per quanto riguarda la formazione ex art. 37, comma 1 del D.lgs. 81/08 questa è disciplinata dall’Accordo Stato Regioni rep. 221 del 21/12/2011, entrato in vigore in data 11/1/2012, che richiede per il settore edile una formazione generale di 4 ore e una formazione specifica di 12 ore, a cui vanno aggiunte, l’informazione, l’addestramento e l’eventuale formazione speciale (ponteggi, gru, ecc.). Il datore di lavoro assumendo tale ruolo con l’inizio del rapporto di lavoro assume tutti gli obblighi previsti dalla normativa prevenzionistica.
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Fatti salvi i vincoli della norma giuslavoristica, ai fini del D.lgs. 81/08 l’apprendista è equiparato al lavoratore e dunque può legittimamente svolgere il ruolo di RSPP.
Ai sensi del D.lgs. 81/08, per organismi paritetici si intendono gli organismi costituiti a iniziativa di una o più associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, quali sedi privilegiate per:
Sono esonerati dagli accertamenti i manovratori di carri ponte, gru a ponte (e di altri apparecchi di sollevamento tipo ponte, es. gru a portale, caratterizzati da movimenti ristretti e confinati, che operano sia all’aperto che al chiuso) comandati da terra mediante pulsantiera.
Utilizzando la categoria “apparecchi di sollevamento a struttura limitata” per delimitare il campo d’inclusione/esclusione, vengono esentati dagli accertamenti gli addetti a manovrare: paranchi, argani, apparecchi di sollevamento corredati da strutture metalliche di entità e sviluppo semplice, di portata non superiore a Kg 2.000, con equipaggiamenti di comandi ridotti e impianti elettrici semplici. Tra questi ultimi rientrano anche gli argani a cavalletto utilizzati in edilizia e gli argani a bandiera e a colonna presenti nelle officine.
Secondo quanto disposto dalle modifiche apportate dal D.lgs. 106/09 all’art. 18 del D.lgs. 81/08, la comunicazione all’INAIL va effettuata non più con cadenza annuale, ma solo in caso di nuova nomina o designazione . La procedura per tale
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comunicazione è contenuta nella circolare INAIL n. 43/2009 del 25/08/2009 disponibile nel sito www.inail.it
Per il momento, sono escluse da tale procedura tutte quelle Amministrazioni espressamente enunciate dall’art. 3, comma 2, del D.lgs. 81/08 (tra le quali gli Istituti scolastici pubblici di ogni ordine e grado), che riceveranno indicazioni in merito una volta emanati i previsti specifici Decreti attuativi.
Sì, sino a 30 lavoratori il datore di lavoro può svolgere direttamente i compiti del servizio di prevenzione e protezione.
Il computo viene fatto secondo l’art. 4 del D.lgs. 81/08, che prende in considerazione i tempi determinati in caso di sostituzione e nel settore agricolo.
E’ necessaria la nomina di un RSPP. E’ ugualmente obbligatoria la valutazione dei rischi, anche elaborata secondo le procedure standardizzate previste dal DI del 30 novembre 2012. Non è obbligatoria la nomina dell’RLS, in sua assenza opererà un RLST.
L’Osservatorio Regionale per la Sicurezza nelle Scuole del Piemonte, costituito nel luglio 2003 ed i cui membri sono individuati con Decreto del Direttore Generale, operante presso l’Ufficio V dell’USR, è l’Organo Paritetico Territoriale definito dall’art. 2 comma 1 lettera ee) del D.lgs. 81/08 e smi, “quale sede privilegiata per:
I compiti assegnati e le funzioni dell’Osservatorio sono descritti nell’art. 74 del CCNL del comparto scuola che così recita: “Tale organismo ha compiti di orientamento e promozione delle iniziative formative e informative nei confronti dei prestatori d’opera subordinati, degli altri soggetti ad essi equiparati e dei loro rappresentanti, di orientamento degli standard di qualità di tutto il processo formativo, di raccordo con i soggetti istituzionali di livello territoriale operanti in
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materia di salute e sicurezza per favorire la realizzazione di dette finalità. Inoltre, tali organismi assumono la funzione di prima istanza di riferimento in merito a controversie sorte sull’applicazione dei diritti di rappresentanza, informazione e formazione, previsti dalle norme vigenti legislative e contrattuali non escludendo la via giurisdizionale”.
Le modalità di funzionamento sono individuate nel Regolamento adottato dall’Osservatorio medesimo. L’Osservatorio è presente sul sito della sicurezza dell’USR Piemonte al seguente indirizzo: http://sicurezza.usrpiemonte.it/
Per l’aggiornamento degli RSPP gli Accordi Stato Regioni prevedono la possibilità di utilizzare la modalità FAD.
La definizione di RAF, presente sul sito della Regione Piemonte nella sezione della Sanità è la seguente: “Presidio residenziale, destinato a soggetti non autosufficienti, che offrono prestazioni sanitarie, assistenziali e alberghiere e un sufficiente livello di assistenza sanitaria.
Figure professionali presenti:
a.. il Medico di Medicina Generale che assicura l’assistenza medica b.. l’infermiere professionale
c.. l’assistente domiciliare e dei servizi tutelari per l’assistenza alla persona
d.. può essere presente il fisioterapista, il terapista occupazionale e l’animatore e.. altre figure professionali sanitarie (fisiatra, geriatra, psicologo,
ecc.) possono essere messe a disposizione dalla ASL.
Per quanto sopra si ritiene che la RAF rientri tra le strutture di ricovero e cura.
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A prescindere dal rapporto contrattuale, se un lavoratore svolge, anche di fatto (art. 299 del D.lgs. 81/08), il ruolo di dirigente ex art. 2 del D.lgs. 81/08 è un dirigente. Quindi, fatte salve rivendicazioni di tipo contrattuale da parte degli interessati, anche i soggetti con contratti a progetto sono individuabili come dirigenti. La delega art. 16 può essere affidata a persona competente, attribuendogli i poteri decisionali e di spesa e in tal caso il soggetto risponde come datore di lavoro delegato.
Il datore di lavoro, in questo caso, deve definire le procedure di primo soccorso e deve individuare gli addetti che devono essere formati tenendo conto delle particolarità del servizio che comporta il lavoro in solitudine e in luoghi isolati.
La valutazione deve riguardare tutti i rischi e quindi anche i rischi di instabilità delle strutture in caso di terremoto. Si ritiene, peraltro, che una valutazione di questo genere possa essere effettuata solo da un tecnico specializzato.
quanti casi di patologie specifiche (sindromi ansioso-depressive, patologie tumorali, patologie apparato locomotore ecc.) sono emerse nei lavoratori?
L’articolo 25, lettera i), del D.lgs. 81/08 stabilisce il seguente obbligo a carico del medico competente: ”comunica per iscritto, in occasione delle riunioni di cui all’articolo 35, al datore di lavoro, al responsabile del servizio di prevenzione protezione dai rischi, ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, i risultati anonimi collettivi della sorveglianza sanitaria effettuata e fornisce indicazioni sul
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significato di detti risultati ai fini della attuazione delle misure per la tutela della salute e della integrità psico-fisica dei lavoratori;”
Dunque, i risultati anonimi collettivi non solo sono richiedibili dai Rappresentanti dei Lavoratori, ma esiste un preciso obbligo in tal senso a carico del medico competente.
E’ possibile in tutti i casi in cui non è vietata (obblighi di valutazione dei rischi e nomina RSPP). E’ richiesta la forma scritta, ma non è espressamente prevista la forma dell’atto pubblico, i contenuti sono quelli indicati nell’articolo 16 del D.lgs. 81/08. Deve essere comunicata ai lavoratori in modo tale che abbiano conoscenza della delega e dei suoi contenuti.
Premesso che l’erogazione di tali corsi è riservato ad alcuni soggetti ben definiti dalla norma e che tali soggetti devono essere inseriti nell’elenco regionale per l’erogazione dei corsi «carrelli elevatori», la risposta è sì, anche il datore di lavoro che eroga la formazione all’uso di attrezzature ai propri lavoratori deve fare la comunicazione di avvio corso e la trasmissione dei verbali finali.
Ai sensi dell’art. 37 comma 12 del D.lgs. 81/08 la formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti (solo lavoratori e RLS) deve avvenire in collaborazione con gli organismi paritetici, ove presenti nel settore e nel territorio in cui si svolge l’attività del datore di lavoro. Le modalità di richiesta della collaborazione sono definite dagli accordi 221/CSR del 21/12/2012 e 153/CSR del 25/7/2012.
L’articolo 37, comma 11 del D.lgs. 81/08 stabilisce che «La durata minima dei corsi è di 32 ore iniziali, di cui 12 sui rischi specifici presenti in azienda e le conseguenti misure di prevenzione e protezione adottate» e che «Le modalità, la durata e i contenuti specifici della formazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva nazionale». Il soggetto formatore, al quale si rimanda per maggiori chiarimenti, con la collaborazione dell’organismo paritetico, definisce il programma formativo per dare attuazione alla norma e agli accordi contrattuali. Lo stage in azienda dovrebbe dunque servire a completare il percorso formativo nella parte riguardante i «rischi specifici presenti in azienda e le conseguenti misure di prevenzione e protezione adottate».
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L’Accordo 221/CSR del 21 dicembre 2011 prevede che, tra l’altro, per ciascun corso si debba individuare: il soggetto organizzatore del corso, il quale può essere anche il datore di lavoro; un responsabile del progetto formativo, il quale può essere il docente stesso; docenti interni o esterni all’azienda che devono dimostrare di possedere i requisiti di cui al D.I. del 6 marzo 2013.
Il corso effettuato nel 2010, se conforme al DM 16/1/1997 è valido e non deve essere rifatto o integrato, però entro cinque anni dalla pubblicazione dell’Accordo, quindi entro gennaio 2017, dovrà completare la frequenza di corsi di aggiornamento per un totale di almeno 14 ore.
L’Accordo CSR 221 del 21/12/2011 al punto 6 stabilisce che «La formazione dei dirigenti, così come definiti dall’articolo 2, comma 1, lettera d), del D.lgs. 81/08, in riferimento a quanto previsto all’articolo 37, comma 7, del D.lgs. 81/08 e in relazione agli obblighi previsti all’articolo 18 sostituisce integralmente quella prevista per i lavoratori», quindi i dirigenti che pure rimangono creditori dell’attività di informazione e addestramento, nonché di eventuale formazione speciale, non sono destinatari della formazione prevista per i lavoratori (4+n).
Volevo chiedere se ci sono delle controindicazioni sul fatto di tenerli contemporaneamente a più classi da 35 persone usando skype?
Relativamente alla formazione in modalità e-learning, si ribadisce che essa non consiste in una mera fruizione on line di materiali didattici o nel semplice scambio di e-mail o ancora nell’uso di un forum, ma in un modello formativo interattivo mediante una piattaforma informatica che consenta ai discenti di interagire fra di loro e con un tutor. Pertanto, non si ritiene conforme alla norma fare una formazione a distanza utilizzando skype, oltretutto a più classi ognuna di 35 persone.
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I sanitari che svolgono l’attività di medico competente in qualità di dipendenti o collaboratori di una struttura esterna pubblica o privata convenzionata con l’imprenditore, liberi professionisti e dipendenti del datore di lavoro, sono tenuti a comunicare il possesso dei titoli e requisiti abilitanti per lo svolgimento di tale attività (Art. 38 comma 4 del Decreto 81/08) al Ministero della salute, il quale provvede all’aggiornamento annuale, effettuando verifiche anche a campione, dei requisiti e dei titoli auto certificati. L’elenco Nazionale dei medici competenti è tenuto presso l’Ufficio II della Direzione Generale della prevenzione sanitaria in base al Decreto dirigenziale 4 marzo 2009 (G.U. serie generale n. 146 del 26 giugno 2009).
La definizione di «datore di lavoro» riportata nell’art. 2 del D.lgs. 81/08 stabilisce che: «Nelle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165, per datore di lavoro si intende il dirigente al quale spettano i poteri di gestione, ovvero il funzionario non avente qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui quest’ultimo sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale, individuato dall’organo di vertice delle singole amministrazioni tenendo conto dell’ubicazione e dell’ambito funzionale degli uffici nei quali viene svolta l’attività, e dotato di autonomi poteri decisionali e di spesa. In caso di omessa individuazione, o di individuazione non conforme ai criteri sopra indicati, il datore di lavoro coincide con l’organo di vertice medesimo». E’ quindi possibile che l’organo di vertice abbia individuato cinque dirigenti ognuno in relazione al proprio settore di competenza.
Si deve essere formato. Di norma il percorso formativo è quello previsto per il settore di attività dell’azienda, ma se siamo di fonte all’ipotesi definita dall’Accordo del 21-12-2012:»I lavoratori di aziende a prescindere dal settore di appartenenza, che non svolgano mansioni che comportino la loro presenza, anche saltuaria, nei reparti produttivi, possono frequentare i corsi individuati per il rischio basso».
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La formazione dei dirigenti secondo l’Accordo è sostitutiva di quella dei lavoratori, mentre quella dei preposti è aggiuntiva. La formazione del Datore di lavoro è richiesta solo a chi svolge i compiti del SPP e non è formalmente sostitutiva.
Ai sensi e per gli effetti dell’art. 50, comma 1, lettera f), del D.lgs.
81/08, copia dei verbali dell’organo di vigilanza devono essere consegnati
ai rappresentati dei lavoratori per la sicurezza. Qualora gli RLS non siano destinatari dei suddetti verbali possono rivolgersi all’organo di vigilanza.
Non ci sono incompatibilità in questo senso.
Il rapporto di lavoro esiste anche durante la cassa integrazione, la sorveglianza sanitaria ha sia una finalità di prevenzione secondaria sia, in alcuni casi, di «diagnosi precoce» e la periodicità è di norma annuale. Tuttavia, un aggiornamento della valutazione dei rischi, effettuata in collaborazione con il Medico Competente, potrebbe modificare il protocollo previsto, tenendo conto della cassa integrazione.
Per quanto riguarda la sorveglianza sanitaria e la formazione in materia di salute e sicurezza del lavoro, queste costituiscono ai sensi dell’art. 21 comma 2 del D.lgs. 81/08 una facoltà del lavoratore autonomo.
Il MC, ai sensi del D.lgs. 81/08, può usare in autonomia e discrezionalmente diversi strumenti per redigere la certificazione di idoneità/inidoneità alla mansione
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a rischio del lavoratore, il quale può fare legittimamente ricorso allo SPreSAL. In ogni caso, se il MC ha un fondato sospetto di dipendenza da parte del lavoratore può inviarlo al Ser.D dell’ASL, il quale ha il compito di certificare o meno lo stato di dipendenza del lavoratore ai sensi del DPR 309/90 e smi.
Il “fondato sospetto” del MC è atto clinico, indipendente dai valori risultanti dalle indagine strumentali.
Non esistono criteri tassativi, ma la dimensione, l’articolazione e la complessità aziendale sono elementi che devono orientare la scelta. Il servizio di prevenzione deve essere costituito da un numero sufficiente di persone in modo da svolgere efficacemente i compiti di cui all’art. 33 del D.lgs. 81/08.
Deve essere un lavoratore ex art. 2 del D.lgs. 81/08 e, soprattutto, deve essere in azienda quando è necessario il suo intervento.
Il modulo di formazione generale ex art. 37 del D.lgs. 81/08, costituisce credito formativo permanente, mentre la Formazione Specifica con riferimento alla lettera
b) del comma 1 e al comma 3 dell’articolo 37 del D.lgs. 81/08, deve avvenire nelle occasioni di cui alle lettere a), b) e c) del comma 4 del medesimo articolo, in funzione dei rischi riferiti alle mansioni e ai possibili danni e alle conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione caratteristici del settore o comparto di appartenenza dell’azienda. La formazione specifica è soggetta, inoltre, ad aggiornamenti previsti dal comma 6 dell’articolo 37 del D.lgs. 81/08, con riferimento ai rischi individuati ai sensi dell’ articolo 28. Per questo motivo è consigliabile attestare separatamente la formazione generale da quella specifica, come peraltro previsto nella DGR n. 22-5962 del 17 Giugno 2013.
Gli attestati di frequenza e di superamento della prova di verifica vengono rilasciati direttamente dagli organizzatori dei corsi in base a:
Gli attestati devono prevedere i seguenti elementi minimi comuni:
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Nell’attestato non è necessario indicare il nominativo del responsabile del progetto formativo.
Nel suo caso, si applica l’art. 21 del D.lgs. 81/08; in merito alla necessità dei corsi di formazione, lo stesso articolo prevede una facoltà di partecipazione a dei corsi relativi alla sicurezza, sempre attinenti ai rischi professionali specifici legati al lavoro svolto.
Dal momento che la formazione ex art 37 deve essere fatta in fase di assunzione, questa normalmente precede o affianca la formazione specifica per l’abilitazione all’uso delle attrezzature.
Premesso che nel quesito si parla di «titolare datore di lavoro” e che anche le imprese agricole a conduzione familiare possono avere dei dipendenti, il DL, in presenza di dipendenti, è obbligato alla redazione del DVR. La frequenza ai corsi di formazione per lo svolgimento dei compiti del servizio SPP è necessario qualora il DL intenda svolgere direttamente tali compiti. I componenti dell’impresa familiare sono soggetti all’art. 21 e hanno facoltà di frequentare i corsi di formazione per la sicurezza.
Nell’impresa familiare e in tutte le altre organizzazioni ove non vi sia, neppure di fatto (art. 299 D.lgs. 81/08), la figura del datore di lavoro, ma vi siano solo i componenti dell’impresa indicati nell’art. 21 del D.lgs. 81/08, non vi è invece l’obbligo della valutazione dei rischi.
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L’art. 53 del D.lgs. 81/08 consente «l’impiego di sistemi di elaborazione automatica dei dati per la memorizzazione di qualunque tipo di documentazione prevista dal presente decreto legislativo».
Gli obblighi di cui all’art. 72 comma 2 sono cogenti fin dal 2008 e riguardano sia la formazione che l’eventuale abilitazione. I due anni indicati nel quesito fanno riferimento al tempo concesso a chi già alla data di entrata in vigore dell’Accordo utilizzava tali attrezzature. Pertanto, tale requisito dovrà essere verificato.
Considerato che il comma 9 dell’art. 37 cita anche gli addetti antincendio e al primo soccorso, anche i docenti dei corsi antincendio e primo soccorso debbono rispettare i requisiti del decreto interministeriale del 6 marzo oppure continuano solamente a dover essere rispettati i criteri del DM 10 marzo 1998 e del DM 388/2003?
Il Decreto Interministeriale stabilisce che «Il prerequisito e i criteri si applicano a tutti i soggetti formatori in materia di salute e sicurezza sul lavoro dei corsi di cui agli articoli 34 e 37 del D.lgs. 81/08 quali regolati dagli Accordi del 21 dicembre 2011». Dunque si applicano solo alla formazione regolata dagli Accordi 221 (lavoratori, lavoratori autonomi, preposti e dirigenti) e 223 (datori di lavoro - SPP).
I soggetti formatori autorizzati ad erogare corsi di aggiornamento sono i medesimi autorizzati a fare i corsi di formazione, e sono indicati all’articolo 32, comma 4 del D.lgs. 81/08 e al punto 4 dell’Accordo 26/1/2006, come chiarito nell’Accordo 5/ 10/2006.
Tali corsi possono essere svolti anche da Enti di Formazione non accreditati presso la Regione Piemonte quali, ad esempio, l’Università o le Associazioni sindacali. Tutti i soggetti formatori che erogano, in Piemonte, corsi di formazione e aggiornamento per R-ASPP, come previsto dalla DGR n. 22-5962 del 17 Giugno
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2013, possono essere inseriti negli elenchi regionali, consultabili al seguente indirizzo:
www.regione.piemonte.it/sanita/cms2/sicurezza/formazione-figure-dlgs-8108
L’affermazione indicata nel quesito non è del tutto corretta. Il modulo 3 delle procedure standardizzate stabilisce che «La valutazione dei rischi sarà effettuata per tutti i pericoli individuati, utilizzando le metodiche
ed i criteri ritenuti più adeguati alle situazioni lavorative aziendali, tenendo conto dei principi generali di tutela previsti dall’art. 15 del D.lgs. 81/08 smi. Laddove la legislazione fornisce indicazioni specifiche sulle modalità di valutazione (ad es. rischi fisici, chimici, biologici, incendio, videoterminali, movimentazione manuale dei carichi, stress lavoro-correlato ecc.) si adotteranno le modalità indicate dalla legislazione stessa, avvalendosi anche delle informazioni contenute in banche dati istituzionali nazionali ed internazionali. In assenza di indicazioni legislative specifiche sulle modalità di valutazione, si utilizzeranno criteri basati sull’esperienza e conoscenza delle effettive condizioni lavorative dell’azienda e, ove disponibili, su strumenti di supporto, su dati desumibili da registro infortuni, profili di rischio, indici infortunistici, dinamiche infortunistiche, liste di controllo, norme tecniche, istruzioni di uso e manutenzione, ecc.»
Tra le «metodiche ed i criteri ritenuti più adeguati» ci può quindi essere anche quello a matrice comunemente definito PXD.
Sul piano metodologico la procedura appare chiara, forse il dubbio sorge in relazione al modello 3 dove sul piano documentale non è chiaro dove vada inserito questo riferimento. Nella vaghezza delle indicazioni riportate,
essendo per definizione la valutazione dei rischi valutazione globale e documentata di tutti i rischi, si ritiene che un riferimento possa essere indicato in colonna 4.
No, è soggetta agli obblighi dell’articolo 21 del D.lgs. 81/08.
Articolo 21 - Disposizioni relative ai componenti dell’impresa familiare di cui all’articolo 230-bis del Codice civile e ai lavoratori autonomi
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Il D.lgs. 231/01 non si applica allo stato e agli enti pubblici, è corretto inserirlo nella formazione dei dirigenti delle scuole?
Sebbene gli Enti Pubblici Territoriali, lo Stato e gli Enti Pubblici non Economici siano esclusi dagli obblighi di redazione dei Modelli Organizzativi, è ormai prassi in via di consolidamento che gli stessi utilizzino i requisiti previsti dal D.lgs. 231/ 01 come requisiti per la qualificazione e l’accesso alla contrattazione dei propri fornitori.
Insomma, sebbene gli Enti Locali non siano soggetti «passivi» del D.lgs. 231/01, sono garanti dell’applicazione dei principi della Responsabilità Amministrativa delle organizzazioni che interagiscono con essi.
L’art. 16 del D.lgs. 81/08, comma 3, prevede che l’adozione e l’efficace attuazione di un Modello di Organizzazione e Controllo, con le caratteristiche indicate dall’art. 30 dello stesso D.lgs. 81/08, costituisce evidenza dell’attuazione dell’obbligo di vigilanza in capo al datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite.
Inoltre, la formazione dei dirigenti costituisce credito permanente e un dirigente della scuola potrebbe servirsene, in un futuro, nell’ambito di un rapporto di lavoro privato.
Alla luce di quanto sopra, sebbene le PPAA non siano soggetti obbligati in generale all’adozione dei Modelli di Organizzazione, Gestione e Controllo di cui al D.lgs. 231/01, è corretto comunque inserire la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni, anche prive di responsabilità giuridica ex D.lgs. 231/01 nella formazione dei dirigenti delle scuole.
La redazione del DUVRI compete al DL committente e quindi al comune. Nella fattispecie si applica l’art. 26 comma 3 ter del D.lgs. 81/08, che prevede che il soggetto che affida il contratto (comune) rediga il DUVRI recante una valutazione ricognitiva dei rischi standard inerenti la prestazione, mentre il soggetto presso il quale deve essere eseguito il lavoro (scuola), prima dell’inizio dell’esecuzione,
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deve integrare il documento riferendolo ai rischi specifici da interferenza presenti nei luoghi dell’appalto.
Il tirocinante è a tutti gli effetti un lavoratore e le modalità per la sorveglianza sanitaria sono le stesse previste per i lavoratori. Pertanto, se è esposto a rischi lavorativi che richiedono la sorveglianza sanitaria, deve preventivamente essere sottoposto a visita medica e può essere impiegato solo dopo aver ottenuto il giudizio di idoneità.
Con riferimento ai lavoratori, è previsto un aggiornamento quinquennale, di durata minima di 6 ore, per tutti e tre i livelli di rischio basso, medio e alto.
Nei corsi di aggiornamento per i lavoratori non dovranno essere riprodotti meramente argomenti e contenuti già proposti nei corsi base, ma si dovranno trattare significative evoluzioni e innovazioni, applicazioni pratiche e/o approfondimenti che potranno riguardare:
Con riferimento ai preposti, come indicato al comma 7 dell’articolo 37 del D.lgs. 81/08, si prevede un aggiornamento quinquennale, con durata minima di 6 ore, in relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza del lavoro. Con riferimento ai dirigenti, come indicato al comma 7 dell’articolo 37 del D.lgs. 81/08, si prevede un aggiornamento quinquennale, con durata minima di 6 ore in relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza del lavoro.
L’obbligo di aggiornamento può essere ottemperato in una unica occasione o anche per mezzo di attività che siano distribuite nell’arco temporale di riferimento (il quinquennio).
La figura del responsabile del progetto formativo dei corsi in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro è stata prima introdotta con l’Accordo Stato Regioni del 26 gennaio 2006 (formazione ASPP e RSPP) e, recentemente, confermata dagli Accordi n. 221 e n. 223 del 21/12/2011 (formazione lavoratori, dirigenti, preposti e datori di lavoro che intendono svolgere direttamente i compiti del servizio di prevenzione e protezione).
Tuttavia, non viene fornita espressamente una definizione di tale figura né dagli accordi citati né dal D.lgs. 81/08.
I compiti e i doveri del responsabile del progetto formativo sono quindi legati agli adempimenti che i citati provvedimenti pongono a carico del soggetto organizzatore
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dei corsi di formazione (collaborazione nell’ambito della redazione del progetto formativo e delle metodologie didattiche, tenuta registro presenze, controllo regolarità erogazione del corso…).
La normativa non prevede direttamente sanzioni a carico del responsabile del progetto formativo, che risponde del proprio operato direttamente al soggetto organizzatore dei corsi dal quale ha ricevuto l’incarico.
Con l’Interpello n. 18/13, la Commissione per gli Interpelli ha dato risposta ad una istanza, presentata dal Consiglio Nazionale dei Periti Industriali (CNAPI), relativa all’esistenza dell’obbligo di formazione, ai sensi dell’art. 37, per i lavoratori che svolgono le funzioni di RSPP in ambito scolastico.
La Commissione Interpelli ha stabilito che la formazione erogata agli RSPP e ASPP è superiore e quindi comprensiva, per contenuti e durata, a quella da erogare ai lavoratori ai sensi dell’art. 37 del D.lgs. 81/08.
Si ritiene che, alla luce delle indicazioni dell’interpello citato, qualora il soggetto abbia i requisiti per lo svolgimento di RSPP nel macrosettore in cui è assunto, non sia necessaria la formazione ex art. 37 del D.lgs. 81/08.
Il comma 14-bis dell’art. 37 del D.lgs. 81/08, inserito dall’art. 32 del Decreto- Legge 69/13, convertito con modificazioni dalla Legge 98/13, prevede che in tutti i casi di formazione e aggiornamento, previsti per dirigenti, preposti, lavoratori e rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza in cui i contenuti dei percorsi formativi si sovrappongano, in tutto o in parte, è riconosciuto il credito formativo per la durata e per i contenuti della formazione e dell’aggiornamento corrispondenti erogati.
Le modalità di riconoscimento del credito formativo e i modelli per mezzo dei quali è documentata l’avvenuta formazione sono individuati tramite Accordo della Conferenza Stato-Regioni.
Per le modalità del riconoscimento di questi crediti occorre pertanto aspettare uno specifico Accordo della Conferenza Stato-Regioni di prossima emanazione.
Fatte salve le previsioni del DM 24/4/2013 (GU 20 luglio 2013) sulle attività sportive e relativo utilizzo del defibrillatore, il datore di lavoro, in collaborazione
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con il medico competente, sulla base dei rischi specifici presenti nell’azienda o unità produttiva, individua e rende disponibili le attrezzature minime di equipaggiamento e i dispositivi di protezione individuale per gli addetti al primo soccorso.
Si ritiene, pertanto, che il DL, in collaborazione con il MC, debba valutare anche i rischi di cui trattasi, individuando le relative misure di primo soccorso. In particolare, l’art. 4 del DM 388/2003 prevede che le attrezzature e i dispositivi per gli addetti al primo soccorso debbano essere appropriate rispetto ai rischi specifici connessi all’attività lavorativa dell’azienda, essere mantenute in condizioni di efficienza e di pronto impiego e integrate sulla base della valutazione dei rischi.
Se fanno solo gli autoriparatori non rientrano nelle categorie indicate nella norma, ma se usano carrelli elevatori o apparecchi di sollevamento sì.
Dal tenore del quesito sembrerebbe evidenziarsi che il condominio è committente di lavori di potatura e non anche datore di lavoro. Nel qual caso, non rientrando i lavori di potatura nel titolo IV del D.lgs. 81/08, il condominio non assume specifici obblighi. Tuttavia per verificare l’idoneità dell’impresa affidataria dei lavori occorre quantomeno assicurarsi anche attraverso il certificato di iscrizione alla camera di commercio che si tratti di un’azienda che ha nel proprio oggetto sociale l’attività di potatura. Inoltre, occorre verificare che possieda persone e mezzi adeguati.
Per quanto riguarda i dipendenti, si può acquisire il Documento unico di regolarità contributiva (DURC) e una dichiarazione riguardante l’elenco dei dipendenti con indicazione del contratto loro applicato. Per quanto riguarda le attrezzature si può acquisire una dichiarazione circa il possesso o la disponibilità di mezzi sottoposti alle verifiche periodiche e assicurati. Infine, si può richiedere una dichiarazione sostitutiva da parte del datore di lavoro dell’impresa circa l’adempimento degli obblighi di valutazione dei rischi e di formazione dei lavoratori.
Fatti salvi gli eventuali accordi sindacali applicabili al caso specifico, si ritiene che il RLS non debba essere nuovamente formato, ma debba essere aggiornato rispettando le previsioni minime indicate nell’articolo 37, comma 11 del D.lgs. 81/08.
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Ad esempio: è indubbiamente una centrale termoelettrica quella di un impianto in cui si utilizza l’energia termica generata dalla combustione di combustibili (carbone, nafta, metano), trasformandola prima, attraverso un ciclo termico, in energia meccanica (presenza di una turbina) e poi, attraverso un alternatore, in energia elettrica. La produzione di energia termica ed elettrica può però avvenire anche tramite il funzionamento di motori a combustione interna (elettrica), generatori di vapore a recupero di calore (vapore); in questo secondo esempio comunemente chiamato centrale di cogenerazione, vige lo stesso obbligo di avere un RSPP INTERNO come nelle centrali termoelettriche? Si considera centrale termoelettrica qualsiasi tipo di centrale di cogenerazione? Anche centrali di piccola taglia che possono essere a servizio ad esempio di un centro commerciale o di un centro residenziale?
Non esiste da alcuna parte, nei documenti ufficiali, la definizione di centrale termoelettrica. Ci sono invece due casistiche di impianti di produzione di energia da fonte fossile di cui esistono varie definizioni: gli impianti di cogenerazione e quelli di microgenerazione.
Nelle definizioni di impianti di cogenerazione (D.lgs. 20/2007) compaiono diverse volte le casistiche impiantistiche classiche, che però vengono considerate tutte insieme. Ad esempio, se prendiamo in esame il DM 4/8/2011, all’allegato 1 è riportato un elenco di impianti oggetto del decreto, e si può notare che ci sono proprio tutti, dai grandi cicli combinati a gas alle microturbine o ai motori otto. L’idea quindi è che siano tutti, in sostanza, delle centrali termoelettriche, e valga quindi l’interpretazione più restrittiva per la nomina del RSPP.
In conclusione, si ritiene che si possano assimilare tutti gli impianti di produzione di energia elettrica mediante combustione di un vettore energetico liquido, solido o gassoso nella dizione di «centrale termoelettrica».
L’ambito di intervento degli RLST è chiaramente definito dal Dlgs 81/08 che all’articolo 48 comma 1 prevede che il RLST «esercita le competenze del
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rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di cui all’articolo 50 e i termini e con le modalità ivi previste con riferimento a tutte le aziende o unità produttive del territorio o del comparto di competenza nelle quali non sia stato eletto o designato il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza».
Non si fa limitazione alle aziende che partecipano alla bilateralità anche perché al comma 3 dell’articolo 48 «Tutte le aziende o unità produttive nel cui ambito non è stato eletto o designato il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza partecipano al Fondo di cui all’articolo 52".
Tuttavia il decreto interministeriale, previsto dal comma 3 art. 52 Dlgs 81/08, con il quale devono essere definite le modalità di funzionamento e di articolazione settoriale e territoriale del fondo, i criteri di riparto delle risorse nonché il relativo procedimento amministrativo e contabile di alimentazione e la composizione e le funzioni del comitato amministratore del fondo stesso, non è stato ancora emanato. Pertanto, il fondo non è attivo e non è possibile da parte delle aziende, eventualmente interessate, versare la quota dovuta.
Fino al 31 maggio 2013 le aziende fino a 10 lavoratori, salvo quelle a rischio rilevante, potevano dimostrare l’avvenuta valutazione dei rischi attraverso la cosiddetta “autocertificazione”. Dal 1° giugno 2013 anche queste aziende devono possedere il documento di valutazione dei rischi, contenente un’analisi di tutti i rischi presenti in azienda (DVR), la descrizione delle misure di sicurezza e il programma di interventi adottato per mantenere o migliorare i livelli di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali.
A tal fine, come previsto dall’art. 29 del D.lgs. 81/08, sono state prodotte le procedure standardizzate per la valutazione dei rischi approvate dalla Commissione Consultiva Permanente e pubblicate con Decreto Interministeriale del 30 novembre 2012, che costituiscono uno strumento a supporto delle aziende di limitate dimensioni per redigere il proprio DVR.
Sull’utilizzo delle procedure standardizzate da parte delle aziende fino a 10 dipendenti è stato pubblicato sul sito del Ministero del Lavoro l’Interpello n. 7/ 2012, il quale prevede che «qualora un’azienda con meno di 10 dipendenti abbia già un proprio DVR (...), tale documento non dovrà essere necessariamente rielaborato secondo le indicazioni delle procedure standardizzate».
Significa che per ogni area tematica si possono fare 24 (72 ore per tutte e tre le aree tematiche) di docenza oppure 24 ore di frequenza ai corsi/seminari.
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Il DM 388 così recita: «Nello svolgimento della parte pratica della formazione il medico può avvalersi della collaborazione di personale infermieristico o di altro personale specializzato.» Pertanto, l’infermiere collabora ma non sostituisce il medico.
Se per la parte teorica non esistono specifici divieti circa la possibilità di ricorrere a modalità FAD per i corsi per addetti al primo soccorso e antincendio, si ritiene che le prove pratiche e le esercitazioni debbano essere svolte in presenza.
No, nel caso di svolgimento diretto dei compiti del SPP non è prevista la nomina di ASPP, ciò non esclude che possa essere supportato da altri soggetti competenti.
L’articolo 25 del D.lgs. 81/08 stabilisce che la «...cartella è conservata con salvaguardia del segreto professionale e, salvo il tempo strettamente necessario per l’esecuzione della sorveglianza sanitaria e la trascrizione dei relativi risultati, presso il luogo di custodia concordato al momento della nomina del medico competente». Pertanto, al momento della nomina del MC, occorre stabilire chi e dove conserva le cartelle.
Per il Datore di lavoro che svolge i compiti del SPP non è richiesto il diploma.
Il servizio SPP deve essere costituito da persone aventi i requisiti di cui all’art. 32 e non da una società di servizi. Gli addetti e i responsabili dei servizi, interni
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o esterni, devono possedere le capacità e i requisiti professionali di cui all’articolo 32.
Anche la Circolare del Ministero dell’Interno n. 12653 del 23 febbraio 2011, pur fornendo indicazioni riguardanti l’aggiornamento, non dà indicazioni circa la periodicità.
La situazione normativa è quella descritta nel quesito e, quindi, non esiste un obbligo formale di aggiornamento. E’ altrettanto evidente che, per assicurare l’efficacia dell’intervento, il personale incaricato deve mantenere nel tempo le conoscenze, le competenze e le abilità acquisite con il corso di formazione iniziale e, da tale necessità, che si può far discendere l’obbligo dell’aggiornamento, la cui periodicità sarà stabilità anche in base alla valutazione dei rischi.
Esistono sicuramente delle attività che si sovrappongono temporalmente e spazialmente. E’ corretto redigere un DUVRI dal momento che non esiste alcun appalto di opere servizi e forniture ma unicamente la condivisione di uno spazio comune nel quale ciascuna azienda esercita la propria attività?
L’obbligo del DUVRI è previsto dall’art. 26 del D.lgs. 81/08 che si riferisce all’affidamento di lavori, servizi e forniture all’impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi all’interno della propria azienda, o di una singola unità produttiva della stessa, nonché nell’ambito dell’intero ciclo produttivo dell’azienda medesima, sempre che abbia la disponibilità giuridica dei luoghi in cui si svolge l’appalto o la prestazione di lavoro autonomo. Al di fuori di tali casi i rischi di interferenza rientrano nel più generale obbligo di valutazione di tutti i rischi. Quindi in ogni caso, i datori di lavoro delle due imprese devono valutare i rischi e coordinarsi nell’applicare le misure di prevenzione e protezione.
Deve inviare un ricorso avverso al giudizio di inidoneità al lavoro del Medico Competente, ex art. 41, comma 9, del D.lgs. 81/08, al Servizio SPreSAL della ASL competente per territorio dell’azienda presso cui lavora.
Tale ricorso deve contenere, oltre ai dati personali, l’indicazione della ditta/società, l’attività svolta, la data dell’accertamento, il giudizio di inidoneità formulato a seguito dell’accertamento suddetto, che deve essere allegato in copia. Inoltre vanno indicate le motivazioni che contestano il giudizio formulato dal Medico Competente.
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Se non viene dato preavviso, non ci sono problemi a svolgere i due accertamenti contestualmente.
No, il cambio del datore di lavoro non comporta di per se una condizione di cui all’art. 29, comma 3. Ma è evidente che il nuovo datore di lavoro assumendo gli obblighi del D.lgs. 81/08 dovrà far propria la valutazione dei rischi eseguita dal suo predecessore oppure modificarla.
Nella definizione di lavoratore contenuta nell’art. 2 del D.lgs. 81/08 è equiparata al lavoratore la persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un’arte o una professione. Alla luce di tale definizione, si ritiene che i partecipanti ai corsi di formazione di cui trattasi siano equiparati alla figura di lavoratore e, pertanto, debbano essere tutelati anche con riferimento alla sorveglianza sanitaria laddove quest’ultima risulti obbligatoria.
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Secondo il documento “Primi indirizzi applicativi del DM 388/2003”, approvato dal Coordinamento delle Regioni in data 2 marzo 2005, fermo restando l’obbligo dell’aggiornamento triennale, non sono tenuti a svolgere la formazione tutte quelle aziende od unità produttive che indicano come addetto al servizio di pronto soccorso un medico o un infermiere professionale.
La programmazione della formazione è argomento della riunione periodica e quindi è corretto che nei rapporti con gli RLS tale tema venga discusso.
Come è noto l’articolo 1 della Legge 292/1963 stabilisce l’obbligatorietà della vaccinazione antitetanica per le seguenti categorie di lavoratori più esposti ai rischi dell’infezione tetanica: lavoratori agricoli, pastori, allevatori di bestiame, stallieri, fantini, conciatori, sorveglianti e addetti ai lavori di sistemazione e preparazione delle piste negli ippodromi, spazzini, cantonieri, stradini, sterratori, minatori, fornaciai, operai e manovali addetti alla edilizia, operai e manovali delle ferrovie, asfaltisti, straccivendoli, operai addetti alla manipolazione delle immondizie, operai addetti alla fabbricazione della carta e dei cartoni, lavoratori del legno, metallurgici e metalmeccanici.
Secondo il principio di effettività, l’appartenenza o la non appartenenza alle figure lavorative sopra riportate non dipende dall’inquadramento formale del lavoratore, ma dalla sua effettiva applicazione alle lavorazioni di cui trattasi. Potrebbe essere utile, anche se non decisivo in caso di prassi contraria, che nel DVR si evidenziasse l’elenco delle mansioni e/o dei soggetti che concretamente svolgono effettivamente tali lavorazioni.
Il comma 1- bis dell’art. 34 del D.lgs. 81/08 stabilisce che: “Salvo nei casi di cui all’articolo 31, comma 6, nelle imprese o unità produttive fino a cinque lavoratori il datore di lavoro può svolgere direttamente i compiti di primo soccorso, nonché di prevenzione incendi e di evacuazione, anche in caso di affidamento dell’incarico di RSPP a persone interne all’azienda o all’unità produttiva o a servizi esterni così come previsto all’articolo 31, dandone preventiva informazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ed alle condizioni di cui al comma 2-bis”.
Oltre i 5 addetti, il Datore di lavoro deve organizzare un servizio Antincendio e di Primo Soccorso con diversi addetti nel quale può eventualmente ricoprire il ruolo di addetto.
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L’Allegato XIII al punto 3.5 ammette convenzioni solo con strutture idonee aperte al pubblico e non con privati. D’altra parte ovvie ragioni sconsigliano l’uso promiscuo di servizi igienici. Si ritiene che l’ipotesi del punto 3.5 valga a soddisfare gli obblighi del punto 3 (gabinetti e lavabi) e non anche per soddisfare gli obblighi contenuti in altri punti.
L’emissione di gas di scarico nell’ambiente di lavoro deve essere abbattuta secondo l’art. 20 del DPR 303/56, ora punto 2.1.4 bis dell’allegato IV del D.lgs. 81/08 e smi. Il punto n. 2.4 dell’allegato VI “Disposizioni concernenti l’uso delle attrezzature di lavoro” del D.lgs. 81/08 e smi, indica che: “Le attrezzature mobili dotate di un motore a combustione possono essere utilizzate nella zona di lavoro soltanto qualora sia assicurata una quantità sufficiente di aria senza rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori”. Inoltre il punto 2.1.4 bis dell’allegato IV”Requisiti dei luoghi di lavoro” del D.lgs. 81/08 e smi stabilisce che: “Nei lavori in cui si svolgano gas o vapori irrespirabili o tossici od infiammabili ed in quelli nei quali si sviluppano normalmente odori o fumi di qualunque specie il datore di lavoro deve adottare provvedimenti atti ad impedire o a ridurre, per quanto è possibile, lo sviluppo e la diffusione”.
Quali sono le responsabilità della ditta tenendo presente che il produttore non è stato neppure coinvolto in tutto questo?
In altre parole, siamo nell’ambito di modifiche che vanno oltre la ordinaria e straordinaria manutenzione per cui è prevista una nuova marcatura CE e dichiarazione di conformità?
Il costruttore deve certificare la singola macchina identificabile con la matricola. Se la dichiarazione di conformità non corrisponde alla macchina e al libretto d’uso
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e manutenzione, la stessa non deve essere accettata. E’ buona norma richiedere al costruttore una dichiarazione di corretta installazione e un collaudo.
L’articolo 71, comma 5 del D.lgs. 81/08 e smi ammette le modifiche apportate alle “macchine” come miglioria delle condizioni di sicurezza , sempre che le stesse non comportino modifiche delle modalità di utilizzo e delle prestazioni previste dal costruttore. Nel caso di modifiche “sostanziali” in tal senso si verrebbe a configurare una nuova immissione sul mercato della “macchina” ed il soggetto che ha apportato le modifiche sarebbe individuabile come “costruttore”.
La periodicità delle verifiche è biennale. Per gli impianti di terra il riferimento normativo è il DPR 462/01, che all’art. 4, comma 1, stabilisce che il datore di lavoro è tenuto ad effettuare regolari manutenzioni dell’impianto nonché a far sottoporre lo stesso a verifica periodica ogni cinque anni, ad esclusione di quelli installati in cantieri, in locali adibiti ad uso medico e negli ambienti a maggior rischio in caso di incendio per i quali la periodicità è biennale.
Per impianti elettrici nei «locali a maggior rischio in caso di incendio» (Norma CEI 64-8/7 Sezione 751) s’intendono gli impianti installati in ambienti che presentano in caso d’incendio un rischio maggiore di quello che presentano negli ambienti ordinari.
In particolare la citata Sez. 751 della Norma CEI 64-8/7 comprende:
I seguenti esempi sono tratti dall’allegato A della sez. 751 della Norma CEI 64-8/ 7:
- omissis
-
Nella Determinazione del 18 giugno 2012, n. 411 della Regione Piemonte, recante “Approvazione del Documento di indirizzo per la sicurezza degli Istituti scolastici del Piemonte”, sono indicati, tra altro, gli impianti normalmente presenti nelle scuole e i relativi obblighi di verifica.
La notifica di cui all’art. 67 del D.lgs. 81/08 si applica ai luoghi di lavoro ove è prevista la presenza di più di tre lavoratori. Si tratta dunque di una previsione che si basa sulle dimensioni delle azienda che deve essere effettuata ex ante e che deve essere compatibile con la situazione di fatto. Non vi sono eccezioni. Se un’azienda, nel corso degli anni, cresce (passando da due a quattro lavoratori) e si rende necessaria una ristrutturazione e/o ampliamento occorrerà presentare la notifica ex art. 67.
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L’articolo 67, comma 3 del D.lgs. 81/08 prevede che “La notifica di cui al presente articolo si applica ai luoghi di lavoro ove è prevista la presenza di più di tre lavoratori” e la notifica, in forza del comma 1 dello stesso articolo va riferita alla costruzione e realizzazione di edifici o locali da adibire a lavorazioni industriali nonché ampliamenti e ristrutturazioni di quelli esistenti.
Bisogna distinguere se le attrezzature sono effettivamente inservibili oppure al di là della dichiarazione di «fuori servizio» sono immediatamente utilizzabili. Nel primo caso ovviamente non si commette alcun reato a possedere dei «rottami». Nel secondo caso invece occorre distinguere tra coltivatore diretto e datore di lavoro. Nel primo caso, quindi in assenza di lavoratori, si applica solamente l’art. 21 del D.lgs. 81/08, uso di macchina non conforme. Quindi se al momento del sopralluogo la macchina veniva usata si contesterà la violazione dell’art. 21, se invece non veniva usata al più si potrà disporre con atto motivato che non venga utilizzata in futuro. Se si tratta di un datore di lavoro, può essere contestato l’art. 71. Se le verifiche necessarie a constatare l’effettiva inservibilità delle attrezzature dichiarate “fuori servizio” sono positive non si configura alcuna violazione alle norme di igiene e sicurezza del lavoro. In caso contrario è prevista l’applicazione delle procedure di cui al D.lgs. 758/94 “Modificazioni alla disciplina sanzionatoria in materia di lavoro” per la violazione dell’articolo 21, comma 1, lettera a) del D.lgs. 81/08 e smi con prescrizione nei confronti del coltivatore diretto del fondo e violazione, in presenza di un datore di lavoro, dell’articolo 71 del D.lgs. 81/08 e smi con prescrizione nei confronti dello stesso.
I carrelli elevatori non rientrano nelle attrezzature di cui all’allegato VII, tuttavia devono essere soggetti all’attività di manutenzione di cui ai commi 4 e 8 dell’art. 71 e alle disposizioni contenute nell’allegato VI del D.lgs. 81/08.
L’aggiornamento della Direttiva Macchine con l’entrata in vigore della Direttiva 2006/42/CE (recepito con il D.lgs. 17/10) non impone un adeguamento alle macchine messe in servizio in vigenza della direttiva 98/37/CE . Quindi, nel caso
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prospettato, il riferimento tecnico rimane la Direttiva 98/37/CE e le eventuali norme armonizzate richiamate nella dichiarazione di conformità della macchina. Ovviamente occorrerà verificare se nel frattempo l’UE abbia o meno attivato clausole di salvaguardia sulla specifica macchina.
L’unità di decontaminazione, più propriamente definita sistema di decontaminazione, è normalmente inserita in strutture monoblocco all’interno delle quali sono ricavati lo spogliatoio sporco, lo spogliatoio pulito, il vano doccia e la chiusa d’aria. Tali monoblocchi vengono spostati nei diversi cantieri di bonifica. Per quanto riguarda l’altezza minima di tali strutture, si suggerisce di fare riferimento all’Allegato XIII del D.lgs. 81/08 che al punto 5 “Utilizzo di monoblocchi prefabbricati per i locali ad uso spogliatoi, locali di riposo e refezione” stabilisce che «5.1. Non devono avere altezza netta interna inferiore a m 2.40 ...».
Il c.d. «patentino» altro non è che l’attività di informazione, formazione e addestramento richiesta dagli artt. 36, 37 e 73 del D.lgs. 81/08 e smi compresa l’abilitazione per alcune attrezzature di lavoro, tra cui le varie tipologie di carrelli elevatori con conducente a bordo, indicate nell’Accordo del 22/02/2012 della conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano.
Anche con riferimento alla Guida Operativa ISPESL 2008, si ritiene che i loculi interrari e seminterrati, quando caratterizzati da accessi di dimensioni limitate, condizioni di aerazione sfavorevole e accessi dall’alto, possano intendersi quali ambienti confinati ai fini della legislazione vigente.
Con circolare del Ministero del Lavoro n. 39 del 15 maggio 1980, su conforme parere della Commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e l’igiene del lavoro - i ponteggi a piani auto sollevanti (non i ponti sviluppabili) sono stati considerati soggetti alla disciplina autorizzativa di cui all’art. 30 del
D.P.R. 7 gennaio 1956, n. 164. In passato quindi sono stati nel tempo autorizzati dal ministero del lavoro come ponteggi e ad essi sono state applicate le norme previste per i ponteggi metallici fissi. Non vi è dubbio invece che si tratti di macchine soggette alla Direttiva Macchine (oggi recepita con il D.lgs. 17/2010) ed al titolo III del D.lgs. 81/08. Il Ministero è nuovamente intervenuto sulla questione con la
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circolare 30 del 3/11/2006 nella quale si legge «Per ciò che riguarda altre attrezzature, quali ponti su cavalletti di altezza non superiore a metri 2, ponti sospesi, ponteggi a piani di lavoro auto sollevanti e ponti a sbalzo, questo Ministero è dell’avviso che non trovano attuazione né le norme relative al PiMUS né quelle relative alla formazione di cui al citato Accordo del 26 gennaio 2006". D’altra parte la disciplina richiamata contenuta nel D.lgs. 81/08 si riferisce oggi ai c.d. ponteggi fissi. In conclusione si ritiene che i c.d. ponteggi a piani sollevati siano da considerare attrezzature di lavoro disciplinate dal titolo III del D.lgs. 81/08, soggette alla direttiva macchine, devono essere installati conformemente alle istruzioni d’uso del fabbricante, da parte di lavoratori per i quali è richiesta una specifica informazione, formazione e addestramento (art. 73), e tali attrezzature devono essere sottoposte a verifiche periodiche (art. 71, comma 11 e allegato VII).
In suddetto accordo però non si fa riferimento alla formazione rispetto all’utilizzo dei carroponte, mentre nel D.lgs. 81/08 la formazione per gli utilizzatori risulta obbligatoria. A questo proposito, sapreste indicarci a quale delle due normative fare riferimento in merito?
L’informazione e la formazione è obbligatoria per tutte le attrezzature di lavoro (art. 73, commi 1 e 2), quindi anche per il carroponte che, come le altre attrezzature di cui all’articolo 71, comma 7, richiede anche una specifica informazione, formazione e addestramento (art. 73 comma 4).
Il nuovo accordo regolamenta la previsione contenuta nell’art. 73, comma 5, e riguarda l’abilitazione all’uso delle attrezzature ivi previste, e ovviamente non esclude gli obblighi di informazione, formazione e addestramento sopra riportati.
Premesso che in capo al lavoratore autonomo vi sono gli obblighi di cui all’articolo 21 e 94 del D.lgs. 81/08 e smi, in attuazione all’articolo 73, comma 5 dello stesso Decreto Legislativo, con l’Accordo del 22/02/2012 la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano ha previsto l’individuazione delle attrezzature di lavoro per le quali è prevista una specifica abilitazione degli operatori, ivi compresi i soggetti di cui all’articolo 21, comma 1 del D.lgs. 81/08 e smi. Tra queste attrezzature vi sono anche le piattaforme mobili elevabili ed i carrelli elevatori semoventi con conducente a bordo. Inoltre si porta a conoscenza che il punto 3.1.4 dell’Allegato VI “Disposizioni concernenti l’uso delle attrezzature di lavoro” del D.lgs. 81/08 e smi prescrive al comma 1 che il sollevamento di persone è permesso soltanto con attrezzature di
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lavoro e accessori previsti a tal fine. Tuttavia il citato punto prevede l’utilizzo “a titolo eccezionale” di attrezzature utilizzate per il sollevamento di persone non previste a tal fine a condizione che si siano prese adeguate misure in materia di sicurezza, conformemente a disposizioni di buona tecnica che prevedono il controllo appropriato dei mezzi impiegati e la registrazione di tale controllo. Inoltre qualora siano presenti lavoratori a bordo dell’attrezzatura di lavoro adibita al sollevamento di carichi, il posto di comando deve essere occupato in permanenza ed i lavoratori sollevati devono disporre di un mezzo di comunicazione sicuro oltre all’assicurazione della loro evacuazione in caso di pericolo. Al riguardo il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con la Circolare del 10 febbraio 2011, ha reso note le indicazioni della Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, che nella seduta del 19 gennaio 2011 ha approvato un parere sul concetto di “eccezionalità” di cui al punto 3.1.4 dell’allegato VI al D.lgs. 81/08 e smi e con il documento 18/04/2012 della stessa Commissione consultiva sono state indicate le “Procedure tecniche da seguire nel caso di sollevamento persone con attrezzature non previste a tal fine”.
I programmi formativi devono essere conformi all’Accordo Stato Regioni del 22 febbraio 2012 concernente l’individuazione delle attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica abilitazione degli operatori (art. 73 comma 5 del D.lgs. 81/08), che prende in considerazione anche le autogrù e le gru per autocarro.
La definizione di “Piattaforme di lavoro mobili elevabili” contenuta nell’Accordo è la seguente: “macchina mobile destinata a spostare persone alle posizioni di lavoro, poste ad altezza superiore a 2 m rispetto ad un piano stabile, nelle quali svolgono mansioni dalla piattaforma di lavoro, con l’intendimento che le persone accedano ed escano dalla piattaforma di lavoro attraverso una posizione di accesso definita e che sia costituita almeno da una piattaforma di lavoro con comandi, da una struttura estensibile e da un telaio”. Il montaferetri potrebbe rispondere a tale definizione se è previsto uno sviluppo verticale superiore a 2 metri.
I trattori agricoli o forestali sono definiti come “qualsiasi trattore agricolo o forestale a ruote o cingoli, a motore, avente almeno due assi e una velocità massima per costruzione non inferiore a 6 km/h, la cui funzione è costituita essenzialmente dalla potenza di trazione, progettato appositamente per tirare, spingere, portare
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o azionare determinate attrezzature intercambiabili destinate ad usi agricoli o forestali, oppure per trainare rimorchi agricoli o forestali. Esso può essere equipaggiato per trasportare carichi in contesto agricolo o forestale ed essere munito di sedili per accompagnatori”.
Al proposito, occorre verificare se l’attrezzatura di cui trattasi è stata omologata come trattore agricolo ex Decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 19 novembre 2004, di recepimento della direttiva 2003/37/CE.
Per quanto riguarda le attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica abilitazione degli operatori, l’Accordo del 22/2/2012 comprende tra i soggetti formatori gli enti bilaterali, quali definiti all’articolo 2, comma 1, lettera h), del D.lgs. 10 settembre 2003, n. 276, e smi, e gli organismi paritetici come definiti all’articolo 2, comma 1, lettera ee), del D.lgs. 81/08 e per lo svolgimento delle funzioni di cui all’articolo 51 del D.lgs. 81/08, entrambi istituiti nel settore di impiego delle attrezzature oggetto della formazione.
Se si tratta di una nuova messa in servizio, gli obblighi relativi all’applicazione del D.lgs. 17/10 gravano sul «fabbricante» (persona fisica o giuridica che progetta e/ o realizza una macchina). Si deve quindi capire se la progettazione e realizzazione della macchina viene fatta dal committente, pur avvalendosi per i singoli interventi del lavoro di imprese esterne, o se il committente ha commissionato ad una impresa esterna tali incombenze.
La problematica segnalata è affrontata in modo esaustivo dalla normativa vigente in materia di igiene e sicurezza sul lavoro. Infatti, il Titolo II – Luoghi di lavoro del D.lgs. 81/08, all’articolo 63 comma 1, puntualizza esplicitamente che i luoghi di lavoro devono essere conformi ai requisiti indicati nell’allegato IV, e il soggetto obbligato a garantire tale conformità risulta essere il datore di lavoro (articolo 64 comma 1, lettera a). Altra indicazione sul fatto che i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare pulitura, onde assicurare condizioni igieniche adeguate è contenuta all’articolo 64, comma 1, lettera d). Infine, nello
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specifico, nell’allegato IV sui requisiti dei luoghi di lavoro, al punto 1.13.4.1, troviamo la seguente prescrizione “Le installazioni e gli arredi destinati ai refettori, agli spogliatoi, ai bagni, alle latrine, ai dormitori e in genere ai servizi di igiene e benessere per i lavoratori, devono essere mantenuti in stato di scrupolosa pulizia, a cura del datore di lavoro”.
L’inosservanza a tali obblighi prevedono a carico dei responsabili l’applicazione di sanzioni penali con avvio delle procedure di cui al D.lgs. 758/94. Nei casi rappresentati nel quesito, sono previste sanzioni sia per il datore di lavoro sia per il dirigente. L’organo di vigilanza competente per territorio, ovvero il Servizio Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro (SPreSAL) della ASL è il soggetto a cui inviare eventuali segnalazioni in questo senso.
La norma EN 361 non indica un termine fisso di obsolescenza, ma stabilisce che sia il costruttore a dover indicare (punto 7, lettera m) la durata di vita prevista. Detto questo, trattandosi di fibbie di nylon il loro «invecchiamento» inizia con la produzione e non solo con l’uso, tra l’altro risulterebbe alquanto problematico verificare la data di messa in uso poiché diversamente da quella di produzione risulterebbe difficile dimostrare quando quella imbracatura è stata indossata la prima volta.
Occorre rendere inservibile l’attrezzatura (taglio del cavo di alimentazione, eliminazione pulsantiera di comando, ecc.) e rendere pubblica la messa fuori servizio (comunicazione all’INAIL e al personale, cartelli, ecc.).
I casi indicati dal punto 9.1 dell’Accordo riguardano la formazione pregressa e non l’esperienza pregressa che non può quindi essere ritenuta in alcun modo sostitutiva.
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Viceversa il punto 9.4 riconosce, esclusivamente ai «lavoratori del settore agricolo», l’abilitazione se «in possesso di esperienza documentata almeno pari a 2 anni». Dunque, l’escavatorista in questione, a meno che non si tratti di lavoratore del settore agricolo, non potrà essere esonerato dalla frequenza del corso.
L’art. 72 del medesimo decreto legislativo mi pare circoscriva tale obbligo al rapporto di lavoro subordinato, prevedendo l’obbligo di acquisizione e conservazione, da parte del noleggiatore, della dichiarazione del solo datore di lavoro e non di altri soggetti. Il quesito che pongo è dunque il seguente: il noleggiatore può noleggiare al privato cittadino, privo di abilitazione di cui all’art. 73, comma 5, del D.lgs. 81/08, una piattaforma di lavoro elevabile (con mezzo
richiedente patente B), per l’esecuzione personale e diretta di lavori presso la propria abitazione, senza alcuna forma di subordinazione lavorativa o di condizione riconducibile all’art. 21 stesso decreto?
Effettivamente l’art. 72, comma 2 del D.lgs. 81/08 impone al noleggiatore di acquisire «una dichiarazione del datore di lavoro che riporti l’indicazione del lavoratore o dei lavoratori incaricati del loro uso, i quali devono risultare formati conformemente alle disposizioni del presente Titolo e, ove si tratti di attrezzature di cui all’articolo 73, comma 5, siano in possesso della specifica abilitazione ivi prevista». Mancando in questo caso la figura del datore di lavoro la dichiarazione potrebbe anche non essere acquisita, ma ciò non toglie che nell’ambito del proprio potere contrattuale il noleggiatore possa decidere (ad esempio a tutela del proprio capitale) di noleggiare i propri mezzi solamente a soggetti in possesso dell’abilitazione prevista dall’art. 73, comma 5.
Tale abilitazione, infatti, non è richiesta solamente ai lavoratori, ma più in generale agli operatori. Sul punto è chiaro l’accordo 53/2012 laddove si legge: «Il presente accordo costituisce attuazione dell’articolo 73, comma 5 del D.lgs. n. 81/2008, ove si demanda alla Conferenza Stato, Regioni e Province autonome l’individuazione delle attrezzature di lavoro per le quali é richiesta una specifica abilitazione degli operatori, ivi compresi i soggetti di cui all’articolo 21, comma 1 del D.lgs. n. 81/ 2008". Dunque sicuramente sono soggetti ad abilitazione anche i lavoratori autonomi.
Il caso del privato parrebbe rimanere ancora una volta escluso, ma occorrerebbe verificare se si tratta di un uso proprio oppure no, se vi possano essere rischi per terzi. A tal proposito si considerino anche le Linee guida della Regione Piemonte dell’agosto 2001 sull’applicazione delle norme relative ai cantieri edili laddove si prevede una equiparazione tra il committente che svolge direttamente lavori edili e il lavoratore autonomo giustificando tale interpretazione sulla base del fatto che la Direttiva Comunitaria 92/57 dice che lavoratore autonomo è qualsiasi persona, diversa dai lavoratori subordinati e dai datori di lavoro, che concorre alla realizzazione dell’opera.
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Per i carrelli elevatori a forche non è prevista la verifica ex art. 71,comma 11 del D.lgs. 81/08, così come specificato al punto 7 della circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 9 del 5-03-2013. Diverso è il caso dei carrelli a forche telescopiche che invece sono soggetti. Le verifiche sono disciplinate dal DM 11/4/2011.
Sì, l’utilizzatore delle attrezzature e quindi il datore di lavoro (limitatamente ai propri lavoratori) può erogare tale formazione, ma solo a condizione di essere organizzato per la formazione medesima e di essere accreditato in conformità al modello di accreditamento definito in ogni Regione e Provincia autonoma ai sensi dell’intesa sancita in data 20 marzo 2008.
Accordo 22 febbraio 2012 - Individuazione delle attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica abilitazione degli operatori (art. 73, comma 5, D.lgs. 81/2008)
Punto 1. Individuazione dei soggetti formatori e sistema di accreditamento lettera f: le aziende produttrici/distributrici/noleggiatrici/utilizzatrici (queste ultime limitatamente ai loro lavoratori) di attrezzature di cui al presente accordo oggetto della formazione, organizzate per la formazione e accreditate in conformità al modello di accreditamento definito in ogni Regione e Provincia
autonoma ai sensi dell’intesa sancita in data 20 marzo 2008 e pubblicata su GURI del 23 gennaio 2009 e in deroga alla esclusione dall’accreditamento prevista dalla medesima intesa.
L’utilizzo di DPI di terza categoria anticaduta richiede competenze ed abilità che devono essere acquisite attraverso un percorso di formazione ed addestramento previsto dall’art. 77 comma 5 del D.lgs. 81/08.
Per l’addestramento obbligatorio relativo ai DPI di III categoria non è indicato un numero di ore, tuttavia esso deve prevedere il tempo necessario al raggiungimento degli obiettivi formativi e cioè l’acquisizione delle abilità necessarie al corretto uso, manutenzione e conservazione dei DPI.
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Fatto salvo che la verifica va fatta presso il costruttore, si ritiene che l’attrezzatura possa rientrare nella categoria delle piattaforme di lavoro elevabili (PLE).
Se perde l’abilitazione per mancato aggiornamento non può condurre il mezzo fino a quando non completa l’aggiornamento.
Per le modalità di riconoscimento della formazione pregressa, si faccia riferimento al punto 9 dell’Accordo citato.
Si ritiene che l’acquisizione della specifica abilitazione per gli operatori che utilizzano le attrezzature di cui all’accordo citato possa essere ottenuta anche da operatori in attesa di occupazione.
Dalla lettura dell’art. 73, comma 1, lettere a e b, si evince che, in generale, il DL è il soggetto su cui ricade l’obbligo di formare i lavoratori. Tuttavia, se rientra nell’art. 21 (artigiani), comma 2, lettera b, è soggetto all’obbligo di formazione per l’utilizzo delle attrezzature. Nel caso utilizzi attrezzature a noleggio, ai sensi dell’art. 72 comma 2, il DL dovrà dimostrare al noleggiatore che gli operatori che utilizzano tali attrezzature sono debitamente formati ex art. 73.
Un mio cliente mi ha richiesto la sottoscrizione dell’autocertificazione dell’idoneità tecnico professionale, a lui richiesta dall’ufficio tecnico comunale per l’installazione di un impianto antifurto; con questa autocertificazione dovrei dichiarare, ai fini di cui all’articolo 90 comma 9 lettera a) del Decreto Legislativo 81/08 e relativo allegato XVII, di essere un lavoratore autonomo in possesso dei requisiti previsti dall’allegato XVII, comma 2 del Decreto 81/08. Secondo tale allegato, dovrei esibire, oltre ad una visura della CCIAA e al DURC, specifica documentazione
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Vorrei capire quale sia questa documentazione, visto che utilizzo prettamente cacciaviti, pinze, forbici e trapani a batteria. Tra i documenti da esibire, vi sono anche gli attestati inerenti la propria formazione e la relativa idoneità sanitaria previsti dal suddetto decreto legislativo?
La documentazione riguarda le attrezzature per le quali è prevista documentazione certificativa o tecnica (macchine, scale..).
Per quanto riguarda la formazione e la sorveglianza sanitaria, la commissione interpelli ha ribadito che i componenti dell’impresa familiare hanno la facoltà di beneficiare della sorveglianza sanitaria e di partecipare a corsi di formazione specifici.
Si precisa comunque che l’uso di attrezzature di lavoro e di DPI di cui al Titolo III del Decreto 81 richiede l’obbligo di informazione, formazione e addestramento.
Nel caso di imprese dislocate sul territorio nazionale, ovvero con diverse sedi in regioni differenti, è pensabile che un’impresa accrediti il personale formatore in un’unica Regione per svolgere attività nel resto del territorio nazionale?
Il soggetto formatore da accreditare in Regione, può essere un singolo professionista con esperienza documentata o deve essere l’azienda ad essere accreditata?
Non bisogna confondere il soggetto formatore con il formatore docente. Nell’ipotesi del punto 1.1 lettera g il soggetto formatore che organizza un corso in Piemonte deve essere accreditato in Piemonte. Ovviamente un corso effettuato in un altra regione da soggetto accreditato in quella regione è riconosciuto anche in Piemonte. Il soggetto da accreditare è sia il soggetto formatore sia il soggetto erogatore le cui definizioni sono riportate nella Deliberazione della Giunta Regionale 17 giugno 2013, n. 22-5962.
Non essendo previsto un «operatore a bordo su sedile», sono esclusi entrambi.
Occorre frequentare un corso abilitante conforme all’Accordo Stato Regioni 53/ 2012 ex art. 73 del D.lgs. 81/08. I soggetti che possono erogare la formazione sono quelli indicati nell’accordo stesso. Se il muletto non viene guidato su strada non occorre la patente.
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Come previsto nella seconda edizione delle Indicazioni operative per la formazione alla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, aggiornate con DD 239 del 1 aprile 2014, almeno 15 giorni prima dell’inizio del singolo corso è necessario inviare all’indirizzo ... una mail con indicazione del calendario e delle sedi del corso, per consentire l’attività di vigilanza da parte delle ASL. Alla fine del corso occorre inviare, al medesimo indirizzo di posta elettronica, il verbale finale del corso stesso, che contiene l’elenco dei lavoratori formati. Quanto detto non vale per i corsi di aggiornamento, né per le attività di addestramento.
Se si tratta di un carroponte nuovo la prima verifica va effettuata prima della scadenza del primo biennio dall’installazione (Allegato VII del D.lgs. 81/08 e DM 11 aprile 2011).
Il noleggiatore deve acquisire e conservare per tutta la durata del noleggio una dichiarazione del datore di lavoro che riporti l’indicazione dei lavoratori incaricati dell’uso e che attesti la loro formazione e abilitazione per le attrezzature di cui trattasi.
La Circolare n. 23 del 13/08/2012 del Ministero del Lavoro, al punto 4 recita testualmente «...alle centrali termiche non necessarie all’attuazione di un processo produttivo [...] non si applicano le disposizioni del DM 11 aprile 2011 ma continua ad applicarsi il DM 1/12/1975", relativo agli impianti di riscaldamento.
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Si ritiene che gli obblighi derivanti dall’art 15 comma 2 e art. 76 comma 2 lettere c e d siano da intendere nel senso che l’attuazione delle misure di sicurezza (scarpa antinfortunistica adattata alle esigenze ergonomiche del lavoratore) non debbano in nessun caso comportare oneri a carico dei lavoratori.
Il DM 11/4/2011 recante «Disciplina delle modalità di effettuazione delle verifiche periodiche di cui all’Allegato VII del D.lgs. 81/08, nonché i criteri per l’abilitazione dei soggetti di cui all’articolo 71, comma 13, del medesimo decreto legislativo» (G.U. del 29.4.2011, n. 98, S.O. n. 111) stabilisce che:
[...]
5.3.3. Il datore di lavoro deve comunicare alla sede INAIL competente per territorio la cessazione dell’esercizio, l’eventuale trasferimento di proprietà dell’attrezzatura di lavoro e lo spostamento delle attrezzature.
Il punto 27 dell’Allegato I della Legge 977/67 e smi stabilisce per i minori, tra gli altri, il divieto della conduzione di macchine operatrici semoventi con propulsione meccanica.
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I soci delle s.n.c. sono equiparati ai lavoratori, pertanto, la s.n.c. deve avere il proprio RSPP, addetto antincendio, addetto primo soccorso e redigere il DVR, ecc. Inoltre, ai sensi dell’art. 96 comma 1, del D.lgs. 81/08, compete anche al datore di lavoro delle imprese affidatarie la redazione del POS.
E’ necessaria la notifica all’ASL e alla DPL ai sensi dell’art. 99 del D.lgs. 81/08, con i contenuti indicati nell’Allegato XII del D.lgs. 81/08. Per le modalità si suggerisce di prendere contatti con l’ASL competente per territorio.
Se nel cantiere è prevista la presenza di più imprese esecutrici, anche non in contemporanea, il committente, nel caso prospettato nella domanda, prima dell’affidamento dei lavori nomina il solo coordinatore per l’esecuzione dei lavori. Tale soggetto, deve essere in possesso dei requisiti dell’art. 98 del D.lgs. 81/08 e, nel caso specifico, deve ottemperare agli obblighi stabiliti dall’art. 91 a carico del coordinatore per la progettazione e art. 92 a carico del coordinatore per l’esecuzione dei lavori. Si segnala che il Ministero del Lavoro si è espresso specificando che in questi casi il coordinatore in fase di esecuzione deve essere nominato contestualmente all’incarico di progettazione (Circ. n. 30 del 29 ottobre 2009 e Interpello n. 2/14 del 13.3.2014).
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In tutti i casi vige l’obbligo a carico del committente o del responsabile dei lavori della verifica dell’idoneità tecnico professionale delle imprese affidatarie, delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi con le modalità previste dall’allegato XVII del D.lgs. 81/08.
Nel caso prospettato, le imprese familiari e le imprese snc sono imprese il cui datore di lavoro nel rispetto degli obblighi previsti dall’ art. 96 c. 1 lett. g) deve redigere il POS. La verifica dell’idoneità tecnico professionale di tali imprese deve essere effettuata secondo i contenuti del punto 1 dell’allegato XVII, con l’eccezione del DVR per le imprese familiari.
Per assicurare un efficace intervento in caso di emergenza nel cantiere deve essere presente personale adeguatamente formato al ruolo di addetto antincendio e pronto soccorso. Eventuali indicazioni potranno essere oggetto di PSC o ricomprese nell’attività di coordinamento svolta dal datore di lavoro dell’impresa affidataria.
Per quanto riguarda i compiti dell’art. 97, i soggetti obbligati sono il datore di lavoro e il dirigente. Pertanto, è necessario individuare il soggetto che all’interno dell’ATI ricopre il ruolo di datore di lavoro ed eventualmente chi svolge il ruolo di dirigente.
La gestione comune dell’attrezzatura da parte di più imprese utilizzatrici deve essere definita dal piano di sicurezza e coordinamento (PSC), redatto dal coordinatore per la sicurezza (art. 91).
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Se l’oggetto dell’appalto prevede, tra gli altri, lavori edili per i quali è prevedibile la presenza anche non contemporanea di più imprese devono essere nominati, contestualmente all’affidamento dell’incarico di progettazione, il Coordinatore per la progettazione (CSP) e, prima dell’affidamento dei lavori, il Coordinatore per l’esecuzione dei lavori (CSE). Il CSP, tra gli obblighi previsti a suo carico dall’ art.
91 del D.lgs. 81/08, ha quello della redazione del Piano di Sicurezza e Coordinamento (PSC). In assenza di alcuni elementi di conoscenza dei lavori in cui la prestazione è pattuita con riferimento ad un determinato arco di tempo, per interventi non predeterminati nel numero, ma resi necessari secondo le necessità delle amministrazioni aggiudicatrici “contratto aperto”, il PSC dovrà essere definito sulla base degli elementi conosciuti o conoscibili e rinvierà ad un secondo momento, preventivo all’inizio dei lavori, la definizione degli aspetti operativi e organizzativi.
Per le imprese straniere extra comunitarie sono gli stessi previsti per le aziende italiane dall’Allegato XVII e dall’art. 90, comma 9, del D.lgs. 81/08.
Circa la verifica della regolarità contributiva ci si può riferire all’interpello n. 6/09 del 6.2.2009 e al vademecum del Ministero del lavoro del novembre 2010 sul “distacco dei lavoratori nell’Unione Europea”.
Per la documentazione tecnica specifica, ad esempio :
va fatto riferimento alle norme italiane e quindi vanno redatti i documenti o le integrazioni necessarie.
Circa la documentazione «tecnica» si ritiene che per gli aspetti generali in merito alla valutazione dei rischi, alla formazione, alla sorveglianza sanitaria è possibile che le imprese comunitarie dispongano della documentazione redatta secondo le norme del loro paese (ovviamente tradotte in italiano).
Per l’utilizzo dei DPI anticaduta dei lavori in quota la norma indica l’obbligo di effettuare l’addestramento oltre alle attività di informazione e formazione ma
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non indica tempi e modalità di tali attività. Si suggerisce di definire un programma che tenga conto delle reali ed effettive attività svolte dall’azienda edile in questione.
Il Documento unico di valutazione dei rischi da interferenze (DUVRI) è previsto dall’art. 26 comma 3 del D.lgs. 81/08 e viene redatto dal datore di lavoro committente in relazione a lavori in appalto e subappalto.
Il piano operativo di sicurezza (POS), previsto dagli articoli 89 e 96 del D.lgs. 81/ 08, contiene la valutazione dei rischi del singolo cantiere edile e deve essere redatto dal datore di lavoro dell’impresa esecutrice.
L’impresa affidataria risponde dei propri obblighi e non delle eventuali responsabilità del committente, ma occorre tenere conto che la mancata predisposizione dei documenti di coordinamento da parte del committente può avere riflessi importanti sulla sicurezza delle imprese affidatarie e sub affidatarie. Pertanto, l’impresa affidataria deve esigere dal committente la predisposizione del PSC e/o del DUVRI nei casi in cui tali documenti sono obbligatori.
E’ bene ricordare che le attività di allestimento fieristico sono considerate cantiere e quindi si applica il Titolo IV capo I del D.lgs. 81/08, se non ricorrono le condizioni di esclusione di cui all’articolo 6 comma 3 del Decreto Interministeriale 22.07.2014.
Sì, il Piano di montaggio uso e smontaggio ponteggi (PIMUS) deve essere redatto in tutti i casi di montaggio, smontaggio o trasformazione di ponteggi metallici.
3.14 Quali tipi di sistemi di recupero di un infortunato o di una persona colpita da malore sono previsti per i ponteggi già realizzati e di
conseguenza dichiarati agibili?
L’evacuazione dal ponteggio e da altri punti del cantiere, anche di persone infortunate o colpite da malore, deve essere definita nell’ambito del piano di emergenza, che deve indicare, caso per caso, le modalità e i mezzi concretamente applicabili alla situazione del cantiere (art. 45).
Con circolare del Ministero del Lavoro n. 39 del 15 maggio 1980, su conforme
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parere della Commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e l’igiene del lavoro - i ponteggi a piani auto sollevanti (non i ponti sviluppabili) sono stati considerati soggetti alla disciplina autorizzativa di cui all’art. 30 del
D.P.R. 7 gennaio 1956, n. 164. In passato quindi sono stati nel tempo autorizzati dal Ministero del Lavoro come ponteggi e ad essi sono state applicate le norme previste per i ponteggi metallici fissi.
Non vi è dubbio invece che si tratti di macchine soggette alla Direttiva Macchine (oggi recepita con il D.lgs. 17/10) e al titolo III del D.lgs. 81/08.
Il Ministero è nuovamente intervenuto sulla questione con la circolare 30 del 3/ 11/2006 nella quale si legge “Per ciò che riguarda altre attrezzature, quali ponti su cavalletti di altezza non superiore a metri 2, ponti sospesi, ponteggi a piani di lavoro auto sollevanti e ponti a sbalzo, questo Ministero è dell’avviso che non trovano attuazione né le norme relative al Pi.M.U.S. né quelle relative alla formazione di cui al citato Accordo del 26 gennaio 2006”.
D’altra parte la disciplina richiamata contenuta nel D.lgs. 81/08 si riferisce oggi ai
c.d. ponteggi fissi.
In conclusione, si ritiene che i c.d. ponteggi a piani sollevati siano da considerare attrezzature di lavoro disciplinate dal titolo III del D.lgs. 81/08, soggette alla direttiva macchine, devono essere installati conformemente alle istruzioni d’uso del fabbricante, da parte di lavoratori per i quali è richiesta una specifica informazione, formazione e addestramento (art. 73), e tali attrezzature devono essere sottoposte a verifiche periodiche (art. 71, comma 11 e allegato VII).
Il documento che deve «accompagnare» il ponteggio durante tutte le fasi di montaggio, uso, modifica e smontaggio si chiama PIMUS ed è previsto dall’art. 134 del D.lgs. 81/08.
La ditta che aveva preparato il PSS, deve trasmettere anche il POS?
Deve redigere il PSC di cui è responsabile. Nel fare ciò può evidentemente tenere conto del PSS già redatto (e quindi assumerlo in tutto o in parte a secondo del giudizio che ne dà). L’impresa deve comunque redigere il proprio POS che dovrebbe avere, ex Allegato XV, contenuti diversi rispetto al PSS.
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La questione della validità della FAD è controversa, si può ritenere che quando il legislatore ha voluto prevedere questo tipo di modalità formativa lo ha espressamente indicato. Ad esempio, per i corsi di aggiornamento per RSPP, l’Accordo del 26/1/2006, punto 3, ha stabilito che gli stessi possano essere effettuati anche con modalità di formazione a distanza. Per quanto attiene i corsi di aggiornamento per CSE e CSP, l’allegato XIV al D.lgs. 81/08 invece non fornisce tale indicazione ma stabilisce che l’aggiornamento può essere svolto anche attraverso la partecipazione a convegni e seminari con un numero massimo di 100 partecipanti. In definitiva, per i corsi di aggiornamento per CSP e CSE il legislatore non ha indicato la modalità FAD.
Gli obblighi di cui all’art. 97 sono posti a carico di datore di lavoro e del dirigente.
Gli obblighi del Datore di lavoro possono essere trasferiti con delega
(ed eventuale subdelega) a persona competente nelle forme dell’art. 16. Il soggetto delegato risponde nel suo ruolo di datore di lavoro
delegato. Il preposto, ancorché menzionato nel comma 3 ter dell’art. 97, non è destinatario dell’obbligo specifico, ma può essere investito, nell’ambito aziendale, con semplice ordine di servizio, di compiti operativi a supporto dell’azione del dirigente e del datore di lavoro che rimangono responsabili dell’obbligo.
L’art. 90, comma 9 stabilisce che il committente o il RdL “trasmette all’amministrazione concedente, prima dell’inizio dei lavori oggetto del permesso di costruire o della denuncia di inizio attività, copia della notifica preliminare di cui all’articolo 99”.
L’articolo 99 invece stabilisce che «Il committente o il responsabile dei lavori, prima dell’inizio dei lavori, trasmette all’Azienda Unità Sanitaria Locale e alla Direzione Provinciale del Lavoro territorialmente competenti la notifica preliminare
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elaborata conformemente all’ALLEGATO XII, nonché gli eventuali aggiornamenti
...»
Quindi letteralmente di aggiornamenti si parla solo nell’art. 99 in relazione all’invio della notifica e per l’appunto dei suoi aggiornamenti all’Azienda Unità Sanitaria Locale e alla Direzione Provinciale del Lavoro territorialmente competenti.
Tuttavia, si ritiene opportuno trasmettere anche all’amministrazione concedente copia delle modifiche alla notifica.
Il riferimento è la Legge Regionale 14 luglio 2009, n. 20 «Snellimento delle procedure in materia di edilizia e urbanistica» (BURP 16 luglio 2009, n. 28) che, all’art. 15 (Norme in materia di sicurezza), introduce, in fase di ampliamento o ricostruzione degli edifici, l’obbligo di prevedere dispositivi utili a garantire la sicurezza in fase di manutenzione ordinaria e straordinaria del manufatto in tempi successivi all’ultimazione dello stesso. Sono fatti salvi tutti gli obblighi previsti dalla normativa vigente in materia di sicurezza.
La Regione Piemonte con la modifica all’art. 15 della LR 20/09, disposta con l’art. 86 comma 14 della LR n. 3 del 25.3.2013 – BURP 28 marzo 2013, n. 13, ha disposto l’obbligo di installazione di apprestamenti di prevenzione di tipo permanente in dotazione all’opera:
In caso di effettuazione di soli lavori di manutenzione ordinaria non è obbligatoria l’installazione di apprestamenti permanenti.
La legge regionale entrerà in vigore 60 giorni dopo la pubblicazione del “regolamento tecnico” che definirà le modalità attuative e i dettagli tecnici per l’installazione dei dispositivi permanenti.
Da quanto sopra esposto, risulta che, al momento, l’obbligo generale di installare i dispositivi permanenti, seppur vigente, non è ancora operante in quanto non è stato ancora emanato il “regolamento tecnico”, ma vige comunque l’obbligo di garantire che tutti i lavori in quota o svolti sulle coperture, anche i più piccoli e brevi, debbano avvenire garantendo adeguate condizioni di sicurezza per gli addetti.
La progettazione della configurazione del sistema di ancoraggio e la verifica della idoneità strutturale alle forze di carico trasmesse da tale sistema alla struttura di supporto, compete ad un professionista abilitato.
Un installatore in possesso di idoneità tecnico professionale, secondo l’art. 90 comma 9 e allegato XVII del D.lgs. 81/08, che, per la parte di propria competenza (seguendo il progetto), ne risponde ai sensi dell’art. 24 del decreto stesso.
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La verifica finale fa parte della corretta installazione e quindi è di competenza dell’installatore. Sulle verifiche successive occorre fare riferimento alle indicazioni fornite dal costruttore nelle istruzioni d’uso.
Il coordinatore deve possedere entrambi i requisiti.
Il DUVRI non è un documento che eventualmente dovrebbe essere consegnato al CSE e non da lui redatto?
Anche se fosse effettivamente il CSE a dover/poter redigere il DUVRI, che tipo di interferenze esso dovrebbe contemplare?
Le interferenze derivanti dall’ingresso in cantiere delle ditte addette alla manutenzione ordinaria? Tali interferenze sono attualmente gestite nel cantiere in oggetto con specifiche riunioni di coordinamento e relativi verbali che sanciscono di volta in volta le regole e le procedure da seguire nel corso dell’esecuzione.
Le interferenze derivanti dall’ingresso in cantiere del RUP per eventuali sopralluoghi? Ma essendo la supervisione dei cantieri una delle mansioni ordinarie proprie dei RUP, tali rischi non dovrebbero già essere contemplati all’interno del DUVRI già redatto dall’Amministrazione Pubblica?
Un’ultima considerazione mi porta a pensare che se si dovesse effettivamente redigere un DUVRI per ogni cantiere di opere stradali, ci si troverebbe in presenza di una molteplicità di DUVRI relativi alla medesima Amministrazione Pubblica facendo così venire meno il requisito di unicità che tale documento dovrebbe avere.
Vi chiedo pertanto cortesemente un chiarimento relativamente alla necessità di DUVRI all’interno dei cantieri temporanei di opere stradali e in merito all’obbligo di redazione del medesimo da parte del CSE.
La redazione del DUVRI non è compito del CSP/CSE, ma del datore di lavoro committente. Se le attività del cantiere interferiscono con altre attività in appalto il DUVRI dell’amministrazione deve essere aggiornato anche con la collaborazione del CSE, ma sempre da parte del datore di lavoro committente per la parte di sua competenza. Eventualmente il CSE potrebbe dover aggiornare il PSC in ragione dell’attività di coordinamento con le attività extracantieristiche interferenti.
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Il primo quinquennio decorre dall’entrata in vigore del decreto 81 per chi era già abilitato, mentre decorre dalla data di abilitazione per quelli che hanno ottenuto tale abilitazione dopo l’entrata in vigore del decreto (15 maggio 2008). Il quinquennio successivo al primo decorre dalla scadenza del primo.
Come possiamo tutelarci? Quali documenti dobbiamo richiedere?
Per gli aspetti di iscrizione alla cassa edile può rivolgersi direttamente a loro. Per i lavori edili dovrà essere effettuata la verifica dell’idoneità tecnico professionale secondo i contenuti dell’art. 90 comma 9 e dell’allegato XVII del D.lgs. 81/08, che riportano una guida dettagliata degli adempimenti a carico del committente. Nel caso specifico, in relazione all’entità dei lavori occorre innanzitutto verificare se l’intervento sarà eseguito dal solo titolare o anche da lavoratori terzi, nel primo caso il soggetto sarebbe un lavoratore autonomo, nel secondo si configurerebbe un’impresa con relativi obblighi.
Sicuramente dopo il 15/5/13, in assenza del prescritto aggiornamento, il soggetto non può accettare incarichi di CSP/CSE e cessa dagli incarichi in corso. In ordine al recupero di tali crediti la norma tace e vi sono
interpretazioni diverse da parte di ordini e collegi professionali.
Al momento si può solamente segnalare che, in riferimento all’analogo obbligo di aggiornamento richiesto per il ruolo di ASPP/RSPP, l’Accordo tra il
Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano,
Repertorio Atti n. 153/CSR del 25/7/2012 ha previsto che tali soggetti possano recuperare l’operatività completando, sia pure in ritardo, l’aggiornamento richiesto. Sebbene tale norma non sia direttamente applicabile ai CSE/CSP, la stessa può fornire, per analogia, un quadro dell’orientamento sin qui seguito (a tal proposito si veda l’Interpello del Ministero del Lavoro n. 17/2013).
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Fatta salva la regolarità del rapporto di lavoro per la quale si rimanda alla direzione provinciale del lavoro, i lavoratori in questione rientrano nella definizione di cui all’art. 2 del decreto 81/08, pertanto, nei confronti degli stessi devono essere assicurate dal datore di lavoro tutte le tutele previste, compresa una adeguata informazione, formazione e, quando previsto, addestramento in materia, nonché la sorveglianza sanitaria.
Nel tentativo di fornire una risposta completa al quesito posto, è corretto analizzare di seguito gli obblighi del datore di lavoro dettati dal D.lgs. 81/08 e smi in relazione ai lavori temporanei da svolgere in quota, citati nel Titolo IV, capo 2.
Il primo riferimento è quello all’art. 111 comma 1, che, nel caso di lavori temporanei in quota, prevede un obbligo di “scelta” in capo al datore di lavoro delle attrezzature di lavoro più idonee a garantire e mantenere (nel tempo) condizioni di lavoro sicure. L’attività di “scelta” è evidentemente subordinata ad un processo di valutazione dei rischi che tenga conto dei criteri dettati nelle lettere A e B seguenti, ovvero della priorità delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale (A) e alle dimensioni delle attrezzature di lavoro confacenti (… B).
La prima osservazione è che la normativa attribuisce alle misure di protezione collettiva (come già indicato nelle misure generali di tutela dell’art. 15 comma 1 lettera I) un “valore“ di sicurezza maggiore rispetto alle misure di protezione individuale, tanto da considerare l’adozione delle prime prioritaria rispetto alle misure di protezione individuali. In poche parole nei lavori in quota, la normativa afferma che nella “valutazione del rischio” bisogna dare priorità all’utilizzo di ponteggi o parapetti provvisori piuttosto che a imbracature di sicurezza collegate a idonei punti di ancoraggio. La scelta in favore ai dispositivi di protezione collettiva per i lavori in quota è anche dettata dalle disposizioni dettate dall’art. 148 del decreto, relativamente ai lavori “speciali” da eseguire sulle coperture.
Nonostante questo principio, si ritiene che non possa comunque essere esclusa la possibilità di utilizzo di misure di protezioni individuali per i lavori in quota, in quanto espressamente previste dall’art. 115 comma 1, laddove viene indicato che quando nei lavori in quota non sono state adottate misure di protezioni collettive, è necessario che i lavoratori utilizzino idonei sistemi di protezione individuale. Estrema applicazione di questa “deroga” si ha appunto con le disposizioni concernenti l’impiego di sistemi di accesso e di posizionamento mediante funi.
Si segnala che l’impiego di dispositivi di protezioni individuali contro le cadute dall’alto, è comunque subordinato al possesso di requisiti specifici quali ad esempio, quelli di formazione ed addestramento ed idoneità degli addetti con predisposizione di procedure da adottare anche in caso di emergenza e di soccorso. Si consideri altresì che l’evoluzione normativa di varie regioni italiane, tra le quali la Toscana, il Veneto, la Lombardia, la Sicilia, l’Umbria, la Liguria, il Friuli Venezia Giulia, il Trentino e la Provincia di Bolzano, ecc. compresa la Regione Piemonte
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con la modifica alla LR 20/2009, con l’obiettivo di tutelare i lavoratori che operano in quota, hanno, con disposizioni diverse, previsto l’adozione di misure di protezione in dotazione all’opera da utilizzare proprio con l’utilizzo di dispositivi di protezione individuali. Per la Regione Piemonte i requisiti delle misure di protezione in dotazione all’opera, anche per la realizzazione di impianti con pannelli per la produzione di energia da fonti rinnovabili, sono demandati ai contenuti del Regolamento, attualmente non ancora pubblicato. L’evoluzione tecnica degli ultimi anni inoltre, ha portato sul mercato la disponibilità di vari tipi di soluzioni per la protezione degli addetti ai lavori in quota, quali punti di ancoraggio, linee vita, funi, dispositivi retrattili, imbracature, assorbitori di energia, ecc. costruiti in adempimento alla normativa tecnica specifica.
Tornando al processo di valutazione dei rischi citato, si demanda, in conclusione, l’adozione delle corrette misure di prevenzione e protezione contro il rischio di caduta dall’alto, alle scelte del datore di lavoro per ciascun singolo caso, considerando appunto le priorità dettate dall’art. 111 comma 1 A, ma anche, ad esempio, la durata dell’intervento (limitato tempo di esposizione), lo stato di formazione, di abilitazione e di idoneità dei propri lavoratori, le misure di protezione presenti sull’edificio e le sue caratteristiche (tipologia copertura, pendenze, ecc) e la possibilità di adozione di adeguate misure da adottare in caso di emergenza. (Nel caso di specie, ad esempio, la soluzione prospettata potrebbe non essere adeguata se la linea di ancoraggio fosse stata progettata solo per l’utilizzo da parte di un numero di lavoratori inferiore a quello richiesto per la posa dei pannelli e per le misure di emergenza).
Qualora sussistessero tutte le condizioni favorevoli sopraindicate, l’utilizzo delle linee vita e dei punti di ancoraggio sulla copertura per l’installazione dei pannelli fotovoltaici potrebbe ritenersi giustificato in vece di altri sistemi, ovviamente il processo di valutazione dovrà essere esplicitato nel piano operativo di sicurezza, redatto per i lavori in esame.
Si ritiene che il corso per ponteggisti non esoneri il datore di lavoro
dall’obbligo di far fare addestramento sull’uso dei DPI anticaduta. I soggetti sono diversi, le procedure, le attrezzature e le circostanze possono essere diverse. Ciononostante il datore di lavoro potrà considerare il possesso del requisito formativo quale elemento di base per definire il programma dell’addestramento.
Per il caso di specie, vige l’obbligatorietà di adozione di sistemi di protezione collettiva per la protezione contro il rischio di caduta dall’alto, sia verso l’interno (reti,...) che verso l’esterno (ponteggi, parapetti provvisori) e solo in caso di dimostrata impossibilità di adozione dei dispositivi di cui sopra, potranno adottarsi linee vita o altri adeguati punti di ancoraggio per DPI anticaduta. Diverso è il
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discorso relativamente alla possibilità di l’utilizzo di linee vita o altri sistemi analoghi per piccole opere di manutenzione successive alla costruzione dell’edificio.
Ora costui deve procedere con la ristrutturazione per cui sto elaborando un nuovo PSC.
La domanda è: posso omettere la redazione di un nuovo fascicolo visto che è presente quello per l’intervento dello scorso anno? In caso affermativo devo preoccuparmi, in qualità di CSP e CSE, che il Committente provveda al suo aggiornamento?
L’allegato XVI specifica chiaramente che «Per interventi su opere esistenti già dotate di fascicolo e che richiedono la designazione dei coordinatori, l’aggiornamento del fascicolo è predisposto a cura del coordinatore per la progettazione»
Si chiede se la norma prevede la possibilità che questi dispositivi (ganci di ancoraggio,linee vita ecc) invece che avere la marcatura CE possano essere conformi a un progetto di un tecnico qualificato es. ingegnere e/ o architetto?
Il problema è complesso, ma può essere riassunto in questi termini:
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Si fa presente che il regolamento prevede delle deroghe per la marcatura CE dei prodotti da costruzione qualora siano stati fabbricati in un unico esemplare, non in serie : in questo caso si ricade nell’obbligo di sottoporre il proprio operato in fase produttiva alla sorveglianza ed alla responsabilità del direttore dei lavori del cantiere. Occorrerà non solo seguire un progetto preciso da parte di un professionista abilitato ma bisognerebbe anche redigere un manuale di istruzioni ed uso e di manutenzione che verosimilmente entrerà a far parte del fascicolo tecnico delle opere.
L’azienda straniera operando in Italia assume tutti gli obblighi della
normativa italiana e di conseguenza deve essere in grado di dimostrare il possesso dei requisiti dell’allegato XVII del D.lgs. 81/08.
Per quanto riguarda la lingua del PSC non vi è l’obbligo di tradurlo, ma
vi è la necessità che lo stesso sia utilizzabile dall’impresa. Se conoscono l’italiano non c’è problema, altrimenti sarà necessario avere un mediatore linguistico che possa tradurlo e possa garantire il raccordo anche rispetto al POS e ai verbali di coordinamento.
Il ruolo del CSP termina con la richiesta di presentazione delle offerte da parte delle imprese, mentre prima dell’affidamento dei lavori alle imprese deve essere nominato il CSE. Tra i compiti del CSE vi è anche quello di adeguare il PSC.
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In fase di verifica dell’idoneità, il committente richiede e verifica il DVR. Prima dell’inizio dei lavori, il coordinatore richiede e verifica il POS.
Per la manutenzione ordinaria del tetto e per le opere da svolgere in edilizia libera, non vige l’obbligo previsto dalla Legge Regionale 3/13 di predisporre specifiche misure di prevenzione in dotazione all’opera sulla copertura, quali dispositivi di ancoraggio puntuali, linee vita, passerelle ecc., misure che sono funzionali alla manutenzione ordinaria ma che diventano obbligatorie solo per lavori di nuova costruzione, restauro, risanamento conservativo con opere strutturali su coperture con altezza di gronda maggiore ai 3 metri. Persiste ovviamente l’obbligo di effettuare tutti i lavori, anche i più piccoli e anche solo l’ispezione del tetto adottando tutte le misure di sicurezza previste dal Decreto 81/08. Il D.lgs. 81/08 affida al datore di lavoro, ma anche al lavoratore autonomo, degli obblighi sulla sicurezza sul lavoro per i quali sono tenuti ad adottare tutte le misure necessarie a tutelare gli addetti, ad esempio, per quanto riguarda il rischio di caduta dall’alto. L’obbligo del piano operativo di sicurezza vige in capo al datore di lavoro e alle imprese familiari ma non ai lavoratori autonomi. Tale documento è obbligatorio solo per i lavori che rientrano nell’allegato X del D.lgs. 81/08 nell’elenco di lavori edili e ingegneria civile citati.
L’obbligo del DUVRI è posto a carico del datore di lavoro committente. Se il committente non è un datore di lavoro l’obbligo non si applica.
Fatte salve le competenze della DTL circa la regolarità dei contratti di lavoro, l’impresa di fatto per definizione non prevede formalizzazione della sua costituzione, nonostante ciò i soci delle società anche di fatto sono equiparati ai lavoratori e, di conseguenza, sorgono tutti gli obblighi previsti dal Decreto 81/08.
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Se è possibile realizzare il lavoro dall’interno della piattaforma (alla quale l’operatore deve essere vincolato con idoneo sistema anticaduta) senza mai accedere al tetto e se è possibile eliminare con altri mezzi il rischio di caduta dei materiali dall’alto, la risposta è sì.
L’art. 31, comma 5, del D.L. 69/2013, convertito nella Legge 98/2013, entrata in vigore il 21 agosto 2013, interviene sulla validità temporale del DURC stabilendo che il Documento è valido per la durata di 120 giorni dalla data del suo rilascio. Sino al 31 dicembre 2014, la durata di 120 giorni di validità del DURC è estesa anche ai lavori edili per i soggetti privati (art. 31 comma 8 sexies D.L. 69/13).
Il campo di applicazione del Titolo IV non comprende la manutenzione di aree verdi ma solo le opere di sistemazione forestale e di sterro (limitatamente alla parte che comporta lavori edili o di ingegneria civile).
Di norma le attività di demolizione con uso di pinza idraulica non prevedono la demolizione per rovesciamento e, pertanto, non sono soggette alle limitazioni dell’art. 155 del D.lgs. 81/08.
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L’Allegato XXVI del D.lgs. 81/08, che indica le prescrizioni per la segnaletica dei contenitori e delle tubazioni contenenti sostanze o preparati pericolosi, già prevede, nel richiamo alle successive modifiche e integrazioni alla normativa di settore, l’applicazione del Regolamento CLP. Al riguardo, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con nota Prot. 14877 del 30/06/11 ha impartito le prime indicazioni esplicative in merito alle implicazioni dei regolamenti europei sulla “chimica”, tra cui il Regolamento CLP, nell’ambito della normativa vigente in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (Titolo IX del D.lgs. 81/08, Capo I “Protezione da Agenti Chimici” e Capo II “ Protezione da Agenti Cancerogeni e Mutageni”). Dal 1° giugno 2015, essendo entrato a regime il regolamento CLP, la segnaletica di sicurezza deve essere conforme a tale regolamento.
Secondo quanto previsto dal Titolo VI del D.lgs. 81/08, il DL valuta le situazioni di rischio in materia di MMC e adotta le conseguenti azioni di prevenzione tenendo conto delle indicazioni di cui all’Allegato XXXIII. Il ricorso a buone prassi e a linee guida non è un obbligo tassativo ma, come indicato dall’art. 168, comma 3 del Decreto 81/08, un semplice criterio di riferimento.
Nell’ambito della valutazione dei rischi, si ritiene opportuno prevedere per questi soggetti l’attivazione di misure di tutela, a partire da indici di sollevamento più bassi rispetto agli altri. Si ritiene altresì che i valori limite di sollevamento per età e sesso vadano intesi, secondo lo schema seguente:
maschi 18-45 anni: 25 kg
maschi <18 o >45 anni: 20 kg
donne 18-45 anni: 20 kg
donne <18 o >45 anni: 15 kg
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(In conformità a quanto stabilito dall’Allegato A1 del Tecnical Report ISO TR 12295:2014)
Le masse di riferimento possono essere considerate come il peso massimo sollevabile in condizioni ideali. Chiaramente questi limiti vanno pesati per le condizioni di sollevamento e per frequenza e durata, secondo le indicazioni del NIOSH (Lifting equation). Il superamento di tali pesi durante i sollevamenti, anche occasionali, è un indicatore della possibile presenza di criticità nelle operazioni svolte: in queste condizioni non può essere assicurata la protezione per almeno il 90% della relativa popolazione di riferimento. Si noti che sia nello standard ISO 11228-1 che nella norma UNI EN 1005-2 tali masse di riferimento non sono considerate come limiti invalicabili bensì come indicatori di protezione minima delle varie popolazioni. Infatti, masse superiori anche ai 25 Kg sono elencate per popolazioni lavorative definite particolari: in queste condizioni, peraltro frequenti in certe mansioni (ad esempio, le operazioni di manutenzione ordinaria e/o straordinaria…), risulta necessario ricorrere a diverse misure per mantenere sotto controllo il livello di rischio (es. ausili, procedure organizzative, formazione, sorveglianza sanitaria, ecc…). Rimane comunque inalterato il concetto che il superamento di tali soglie diviene un indice importante di situazione a rischio.
Mentre l’originale formula del NIOSH non prevede moltiplicatori aggiuntivi nel caso in cui il sollevamento venga effettuato da 2 operatori, sia la norma EN 1005- 2 che lo standard ISO 11228-1 (per quanto indicato nell’Allegato A.3.3) prevedono interventi correttivi degli indici di sollevamento quando questo sia effettuato da due o più lavoratori contemporaneamente. I differenti metodi di approccio delle due norme, anche se utilizzano metodi matematici diversi, non presentano sostanziali difformità, sottolineando entrambe la necessità di introdurre dei riduttori dell’indice finale, quando il sollevamento avvenga con queste modalità. Con la pubblicazione del Tecnical Report ISO TR 12295:2014 i moltiplicatori da applicare nelle formule di calcolo dell’Indice di Rischio sono però quelli riportati nell’Allegato
A.3 del medesimo: 0,67 nel caso di due addetti e 0,5 nel caso di tre addetti.
Premesso che i concetti di ”valore di azione” e di “valore limite di esposizione” e le loro implicazioni sul versante preventivo sono applicabili solo ove espressamente richiamati dal D.lgs. 81/08 (es. Capi II e segg. del Titolo VIII), si ricorda come, con l’art. 168 del decreto, il legislatore abbia ritenuto di imporre al datore di lavoro l’adozione delle misure per eliminare o ridurre il rischio da movimentazione manuale dei carichi a prescindere dall’individuazione di un esplicito ”valore di
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azione” da cui far discendere tale obbligo. Inoltre l’indice di sollevamento (Lifting Index) di cui alla norma ISO 11228-1, indicata come criterio di riferimento per le finalità del citato art. 168, deriva dall’applicazione di un algoritmo in cui la massa di riferimento adottata esclude dalla protezione una certa quota di popolazione lavorativa (v. Tabella C.1 della norma citata).
Si ritiene, pertanto, (visto anche l’art 15 comma 1, lettera c del D.lgs. 81/08) che anche per valori inferiori a 1, e particolarmente quanto più prossimi a tale valore, debba essere valutata la possibilità di migliorare i fattori strutturali/organizzativi che incidono sul Lifting Index; data la variabilità del livello di esposizione presente in molte attività lavorative, anche se considerate omogenee, è inoltre probabile che la valutazione del rischio sia affetta da una discreta incertezza, che consiglia di considerare potenzialmente esposti anche lavoratori con un livello di esposizione borderline. Al contrario, un valore pari a 3 può essere assimilabile al “valore limite di esposizione”, essendo ritenuto assolutamente non adeguato per la maggior parte della popolazione lavorativa,ed essendo richiesta in tale caso un’immediata riprogettazione dei compiti e dei posti di lavoro.
Il comma 3 dell’art. 174 “Obblighi del datore di lavoro, dei dirigenti e dei preposti” del D.lgs. 81/08, prevede, indipendentemente dalla presenza dei cd “lavoratori addetti al videoterminale”, così come definiti dalla norma (art. 173), che i posti di lavoro vengano comunque organizzati e predisposti in conformità ai requisiti minimi di cui all’Allegato XXXIV del citato Decreto.
di fornire sedute girevoli per un laboratorio informatico. Ho offerto delle sedute girevoli con regolazione della seduta senza
braccioli e con schienale fisso. Non so però se questa scelta è accettabile o se è richiesto lo schienale regolabile come nelle postazioni di lavoro ai terminali.
Se si tratta di un laboratorio informatico, è necessario che la seduta
rispetti l’Allegato XXXIV del D.lgs. 81/08. Pertanto, lo schienale deve fornire un adeguato supporto alla regione dorso-lombare dell’utente, deve essere adeguato alle caratteristiche antropometriche dell’utilizzatore e deve avere altezza e inclinazione regolabile. Nell’ambito di tali regolazioni l’utilizzatore dovrà poter fissare lo schienale nella posizione selezionata.
Tenuto conto di quanto previsto nell’Allegato XXXIV, sia nel punto che prevede che lo schienale «deve avere altezza e inclinazione regolabile», sia nel punto che afferma che «l’utilizzatore dovrà poter fissare lo schienale nella
posizione selezionata», al momento, non è consentito l’utilizzo di una sedia senza regolazione manuale dello schienale.
Le operazioni di installazione della segnaletica, così come le fasi di rimozione, sono precedute e supportate dall’azione di uno o più operatori che, muniti di bandierina arancio fluorescente, provvedono a preavvisare all’utenza la presenza di uomini e veicoli sulla carreggiata. Pertanto, non si ritiene possibile che un solo operaio possa posare (o rimuovere) la segnaletica e contemporaneamente eseguire l’intervento di riparazione.
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Ai sensi dell’articolo 236 del D.lgs. 81/08, il Datore di lavoro deve effettuare la valutazione dell’esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni. I lavoratori per i quali la valutazione di cui all’articolo 236 ha evidenziato un rischio per la salute sono sottoposti a sorveglianza sanitaria (art. 242). Gli stessi lavoratori sono iscritti nel registro degli esposti (art. 243).
La presenza di materiali contenenti amianto (MCA) in un edificio non comporta di per se un pericolo per la salute degli occupanti. Se il materiale è in buone condizioni e non viene manomesso, è estremamente improbabile che esista un pericolo apprezzabile di rilascio di fibre di amianto. Il problema sorge quando i materiali contenenti amianto sono danneggiati. Le situazioni di pericolo per la salute in relazione a MCA si possono riassumere nel seguente modo:
In queste le situazioni si determina la necessità di un’azione specifica, da attuare in tempi brevi, per eliminare il rilascio in atto di fibre di amianto nell’ambiente. I provvedimenti possibili possono essere:
E’ obbligo del proprietario valutare le condizioni di degrado dei MCA secondo quanto previsto dal DM 6/9/1994, attuando un programma di controllo e manutenzione e agendo di conseguenza con gli eventuali interventi necessari alla messa in sicurezza dei MCA. Eventuali situazioni di pericolo possono essere segnalate al Sindaco del proprio comune di residenza.
Si ritiene inoltre che se il capannone occupa un’attività lavorativa che rientra nel campo di applicazione del D.lgs. 81/08 il Datore di Lavoro nell’ambito dell’attività di valutazione dei rischi, sulla base dello stato dei materiali valutati ai sensi del DM 06/09/94, valuta il rischio di esposizione dei lavoratori eventualmente anche
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con monitoraggi ambientali (es. se i materiali contenenti amianto sono a vista all’intradosso).
Si deve fare riferimento all’art. 10 del DPR 8/8/1994 - Predisposizione di specifici corsi di formazione professionale e rilascio di titoli di abilitazione, che applica le previsioni dell’art. 10 c. 2 lett. h) della Legge 257/92. Ciò è ribadito all’art. 258 c. 2 del D.lgs. 81/08. 1. I corsi di formazione vengono articolati in relazione al livello professionale del personale a cui sono diretti: a) operativo, rivolto ai lavoratori addetti alle attività di rimozione, smaltimento e bonifica; b) gestionale, rivolto a chi dirige sul posto le attività di rimozione, smaltimento e bonifica. 2. I corsi di livello operativo sono mirati all’acquisizione della sensibilizzazione alla sicurezza e della consapevolezza del rischio, nonché all’uso corretto dei sistemi di protezione e al rispetto delle procedure operative. Devono prevedere la trattazione almeno dei seguenti argomenti: a) rischi per la salute causati dall’esposizione a fibre di amianto; b) sistemi di prevenzione con particolare riguardo all’uso corretto dei mezzi di protezione respiratoria; c) finalità del controllo sanitario dei lavoratori;
d) corrette procedure di lavoro nelle attività di bonifica e smaltimento. 3. I corsi destinati al livello operativo hanno una durata minima di trenta ore. 4. I corsi di livello gestionale sono differenziati per gli addetti alle attività di bonifica (rimozione o altre modalità) di edifici, impianti, strutture, ecc. coibentati con amianto e per gli addetti alle attività di smaltimento dei rifiuti di amianto. 5. Tali corsi comprendono anche le responsabilità e i compiti della direzione delle attività, i sistemi di controllo e di collaudo, i criteri di scelta dei sistemi di protezione. Prevedono la trattazione almeno dei seguenti argomenti: a) rischi per la salute causati dall’esposizione a fibre di amianto; b) normative per la protezione dei lavoratori e la tutela dell’ambiente: obblighi e responsabilità dei diversi soggetti, rapporti con l’organo di vigilanza; c) gestione degli strumenti informativi previsti dalle norme vigenti; d) metodi di misura delle fibre di amianto; e) criteri, sistemi e apparecchiature per la prevenzione dell’inquinamento ambientale e la protezione collettiva dei lavoratori: isolamento delle aree di lavoro, unità di decontaminazione, estrattori e sistemi di depressione; f) mezzi di protezione personale, ivi compresi loro controllo e manutenzione; g) corrette procedure di lavoro nelle attività di manutenzione, controllo, bonifica e smaltimento; h) prevenzione e gestione degli incidenti e delle situazioni di emergenza. 6. I corsi destinati al livello gestionale hanno una durata minima di cinquanta ore. 7. Il rilascio dei relativi titoli di abilitazione avviene da parte delle regioni o province autonome previa verifica finale dell’acquisizione degli elementi di base relativi alla sicurezza e alla prevenzione del rischio da amianto con riferimenti specifici all’attività cui saranno addetti i discenti…
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Il Regolamento UE n. 453 del 20 maggio 2010, modificando l’allegato II del REACH, ha disposto la modifica delle schede dati di sicurezza delle sostanze pericolose, prevedendo tra l’altro l’indicazione della doppia classificazione (CLP e Direttiva 67/548/CEE). Le imprese nella VdR devono tenere conto dei nuovi criteri di classificazione delle sostanze pericolose. Al riguardo, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con Circolare 14877 del 30/06/2011, ha impartito le prime indicazioni esplicative in merito alle implicazioni del Regolamento REACH (Registrazione, Valutazione, Autorizzazione e Restrizione delle sostanze chimiche), del Regolamento CLP (Classificazione, Etichettatura e Imballaggio delle sostanze e miscele pericolose) e del Regolamento 453/2010, inerente il contenuto delle schede dati di sicurezza, nell’ambito della normativa vigente in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (Titolo IX del D.lgs. 81/08, Capo I “Protezione da Agenti Chimici” e Capo II “ Protezione da Agenti Cancerogeni e Mutageni”).
Oltre alla verifica periodica dei livelli di esposizione occorre prevedere la verifica periodica dello stato di degrado dei MCA e provvedere alla manutenzione degli stessi e/o intraprendere altre misure, che possono derivare dalla specifica valutazione del rischio (tra le quali la bonifica).
L’aggiornamento della valutazione del rischio chimico per la presenza/uso di agenti chimici pericolosi (Capo I del Titolo IX del D.lgs. 81/08) va effettuato, ai sensi dell’articolo 223, comma 7 del citato decreto, periodicamente e comunque in occasione di notevoli mutamenti che potrebbero averla resa superata ovvero quando i risultati della sorveglianza medica ne mostrino la necessità. In presenza/ uso di agenti cancerogeni o mutageni (Capo II del D.lgs. 81/08), l’aggiornamento della valutazione, ai sensi dell’articolo 236, comma 5 del decreto, fatta salva una nuova valutazione in caso di modifiche significative del processo produttivo, va effettuata, in ogni caso, trascorsi tre anni dall’ultima valutazione.
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Le norme armonizzate sono di adozione volontaria e costituiscono presunzione di conformità. L’adozione di standard diversi richiede la dimostrazione della loro pari efficacia.
L’art 181 comma 2 del D.lgs. 81/08 stabilisce che la valutazione dei rischi derivanti da esposizione ad agenti fisici è programmata ed effettuata con cadenza almeno quadriennale. Per quanto riguarda il rumore la valutazione deve prevedere delle misure fonometriche laddove si possa fondatamente ritenere che i valori inferiori di azione possono essere superati nelle condizioni operative. Per le vibrazioni la valutazione può essere valutata e misurata in base alle disposizioni dell’all. 35 del D.lgs. 81/08.
Le disposizioni specifiche in materia di protezione dei lavoratori dalle esposizioni ai campi elettromagnetici sono contenute nel Capo IV del Titolo VIII – Agenti fisici e derivano dal recepimento della Direttiva 2004/40/CE.
Il 26 giugno 2013 è stata approvata la nuova Direttiva 2013/35/UE sulle disposizioni minime di sicurezza e di salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici) che ha abrogato la direttiva 2004/40/CE. La nuova direttiva 2013/35/UE, dovrà essere recepita dagli stati membri entro il 1° luglio 2016.
In attesa della opportuna riformulazione del Titolo VIII Capo IV del D.lgs. 81/08, ai fini del recepimento della nuova Direttiva, resta valido il principio generale di cui all’art. 28 del D.lgs. 81/08 (oggetto della valutazione dei rischi), ribadito relativamente agli agenti fisici all’art. 181 (valutazione dei rischi), che impegna il datore di lavoro alla valutazione di tutti i rischi per la salute e la sicurezza, inclusi quelli derivanti da esposizione a campi elettromagnetici e all’attuazione delle appropriate misure di tutela, a decorrere dal 1 gennaio 2009 (art. 306 – Disposizioni finali).
Ai sensi dell’articolo 243 comma 8 lettera a) del D.lgs. 81/08, copia del registro degli esposti va inviata ai Dipartimenti Territoriali INAIL. In caso di cessazione di attività, ai sensi dell’articolo 243 comma 5 del D.lgs. 81/08, le cartelle sanitarie di rischio vanno inoltrate soltanto ai Dipartimenti Territoriali INAIL.
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Gli indirizzi dei Dipartimenti Territoriali INAIL del Piemonte sono:
Alessandria (AL), PEC: ...
Biella (BI) PEC: ...
Fatti salvi gli esiti della specifica valutazione del rischio e vista l’interpretazione delle linee guida del coordinamento delle regioni aggiornata al 1998, si ritiene che, nel caso dell’utilizzo dell’analitica PCR per accertare la presenza di microrganismi in un campione in esame possa non sussistere l’obbligo di annotazione sul registro degli esposti, a meno che la procedura non comporti uso di agenti dei gruppi 3 o 4.
Per fare ciò il Datore di lavoro può essere in possesso di sorgenti LASER di classe 3B o 4 che, sulla base delle indicazioni della Norma CEI 76-6, richiedono la nomina un Addetto Sicurezza Laser (ASL), esperto in materia, che supporta e consiglia rispetto all’uso sicuro di tali dispositivi medici e alle relative misure di prevenzione e protezione da porre in atto. Vi è qualche documento che definisce tale figura professionale?
Indicazioni sui requisiti di questa figura professionale sono contenute nel documento “Profilo Professionale Esperto valutazione dei rischi da radiazioni ottiche”, elaborato dai componenti del gruppo di lavoro CIIP (Consulta Interassociativa Italiana per la Prevenzione) e disponibile al seguente indirizzo web: www.ospedalesicuro.eu
Si invita a fare riferimento al documento regionale “Raccomandazioni per la
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prevenzione dei rischi da rumore in applicazione del Titolo VIII, capo II, del D.lgs. 81/08, disponibile nel sito della Regione Piemonte all’indirizzo: www.regione.piemonte.it/sanita/cms2/sicurezza
L’art. 196 del D.lgs. 81/08 non prevede la sorveglianza sanitaria a richiesta del datore di lavoro. Fatto salvo quanto previsto dall’art. 2 comma 10 del D.lgs. 262 del 18/8/2000 (protezione dei giovani sul lavoro), la sorveglianza sanitaria per il rischio rumore si attiva al superamento del valore superiore di azione (85 dBA) o a richiesta del lavoratore esposto ad un livello superiore al livello inferiore d’azione (80 dBA) qualora il MC ne confermi l’opportunità, ovvero in caso di provvedimento motivato dell’ Organo di Vigilanza. Interpretando l’art. 15, comma 1, lettera l e l’art. 18, comma 1, lettera c del D.lgs. 81/08, si ritiene che in sede di valutazione dei rischi potrebbero essere individuati ulteriori casi (ad esempio esposizione di poco inferiore al valore superiore di azione e contemporanea esposizione a sostanze ototossiche) che potrebbero prevedere la sorveglianza sanitaria come misura di prevenzione secondaria. Ovviamente una scelta di questo tipo dovrebbe essere giustificata all’interno del DVR.
All’atto di approvazione del nuovo modello regionale revisionato (Determinazione
n. 847 del 29/10/13) è stato precisato che: tale modello non costituisce strumento vincolante sul territorio piemontese per la valutazione del rischio da esposizione ad agenti chimici da parte dei datori di lavoro per i quali permangono gli obblighi previsti dal D.lgs. 81/08 da assolvere con gli strumenti di valutazione del rischio ritenuti più idonei, dando quindi facoltà ai datori di lavoro di effettuare la valutazione prevista dalla norma di legge anche con altri strumenti o modelli di valutazione (non per forza quello piemontese).
Ciò premesso, nel caso la precedente valutazione fosse stata fatta utilizzando il vecchio «modello Inforisk», essa non risponde alle definizioni dell’attuale quadro normativo; infatti prima occorreva valutare se il rischio fosse maggiore di moderato mentre adesso se è superiore a irrilevante per la salute, quindi una stima, seppur recente, fatta con l’applicativo vecchio non risponde ai criteri previsti dalla vigente normativa.
Qualunque incremento della pressione durante l’utilizzo della sostanza che determini un aumento della probabilità di dispersione è da considerare come processo in pressione. Es: nebulizzatore, sistemi a iniezione, trasporto.
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I metodi di stima del rischio a indici hanno una impostazione cautelativa. Per giungere a situazioni con valori alti (es. >100), con ogni probabilità si parte già da condizioni rilevanti di gravità e/o quantitativi di sostanza utilizzata. In questi casi, è probabile che l’applicazione delle misure di contenimento del rischio più stringenti, quale il ciclo chiuso e confinato siano la misura più appropriata di contenimento del rischio oltre il quale il Datore di Lavoro non può arrivare se non sostituendo la sostanza con un’altra meno pericolosa.
Il termine disponibilità è corretto. E’ stato utilizzato qui come viene utilizzato anche in altri modelli di valutazione del rischio chimico, intendendo un parametro che comprende non soltanto le sostanze liquide ma anche quelle solide e gassose.
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In quanto, come recita il D.lgs. 81/08, per “agenti chimici pericolosi” si intendono anche quegli agenti che, pur non essendo classificabili come pericolosi, in base al regolamento CLP, possono comportare un rischio per la sicurezza e la salute dei lavoratori a causa di loro proprietà chimico-fisiche, chimiche o tossicologiche e del modo in cui sono utilizzati o presenti sul luogo di lavoro, compresi gli agenti chimici cui è stato assegnato un valore limite di esposizione professionale.
No, vale anche per il rischio cutaneo.
Per lavorazioni svolte in ciclo aperto si intendono lavorazioni eseguite senza segregazione e/o compartimentazione fra il lavoratore e il sito contenente l’agente chimico, e non le lavorazioni svolte in ambiente esterno non confinato.
Pertanto, sia che l’attività sia svolta in cantiere che in ambiente chiuso, si applica il coefficiente -1 solo in presenza di aspirazione rispondente alle caratteristiche riportate nella Tabella 6 del testo; se invece non è utilizzata una aspirazione ma il cantiere è all’aperto (non tutti i cantieri sono all’aria aperta) posso in analogia con un ambiente chiuso adeguatamente ventilato, applicare il fattore di correzione 0,5.
Infine, se in ambiente chiuso c’è un sistema di ricambio d’aria in aggiunta alla aspirazione localizzata posso fare la somma dei coefficienti, così come, per analogia, in ambiente esterno con aspirazione.
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Nel caso di miscele non pericolose, aventi schede di sicurezza indicanti la presenza di componenti pericolosi in Sezione 3 (premettendo che non sussiste l’obbligo di schede di sicurezza per miscele non pericolose se non in alcuni specifici casi), riteniamo opportuno non ignorare l’informazione.
Ad esempio:
Una miscela contenente toluene allo 0,1%, percentuale ben al di sotto di quella in grado di determinare la classificazione all’intera miscela, viene valutata per la quantità in peso presente della sostanza classificata come pericolosa (cioè il toluene stesso). Supposti 100 kg di miscela si valuteranno quindi soltanto 100 gr. di toluene, in caso tale miscela sia utilizzata nel compito lavorativo insieme ad altri prodotti con analoga classe di pericolosità i 100 gr. di toluene saranno sommati ai quantitativi di tali altri prodotti per una unica valutazione d’insieme.
Oltre a ciò si ricorda che non sussiste, tranne specifici casi, obbligo di redazione di una Scheda di Sicurezza in presenza di miscele Non Pericolose, e non sussiste obbligo di indicare alla sezione 3 della SDS i componenti che non concorrono alla classificazione della miscela anche se sono pericolosi.
No, come specificato a pagina 14 del metodo, è stata fatta una precisa scelta di non considerare separatamente i componenti di una miscela se essa ha una propria classificazione di pericolosità per la quale si procede alla stima del rischio di esposizione. La stima eseguita scorporando percentualmente le gravità associate ai componenti pericolosi, siano essi maggiori al valore di soglia di classificazione o minori a tale valore, complica moltissimo il metodo di stima del rischio.
Fonte: http://www.regione.piemonte.it/sanita/cms2/images/allegati/quesiti_luglio_2015.pdf
Sito web da visitare: http://www.regione.piemonte.it/
Autore del testo: Il testo è stato redatto dal Gruppo di lavoro Info.Sicuri VA Regione Piemonte Assessorato Sanità, Livelli essenziali di assistenza, Edilizia sanitaria
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