Animali mitologici

Animali mitologici

 

 

 

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Animali mitologici

Mitologia greco - romana
Achille Condottiero dei Mirmidoni alla guerra contro Troia, figlio del re Peleo e della dea marina Tetide, era un semidio. Leggendario eroe greco, è il personaggio principale del poema di Omero. Fra gli episodi più celebri, si ricorda qui l’agguato a Troilo. Il più bello, oltre che il più valoroso tra gli eroi omerici, viene rappresentato coi capelli biondi e gli occhi lucenti; è rappresentato in un primo tempo barbuto, poi imberbe, in moltissime opere dell'arte greca, etrusca e romana (pitture, mosaici, sarcofagi, ecc.). “Achillee” erano dette, secondo Plinio il Vecchio, le statue di giovani in nudità eroica, armati di lancia.
Giovanni Battista Tiepolo
Atena impedisce ad Achille di
uccidere Agamennone Tomba dei Tori a Tarquinia
Agguato di Achille a Troilo J.Auguste Dominique Ingres
Achille e l'amante Patroclo
Apollo Dio del sole delle arti (e per questo messo in relazione con le Muse), è una delle dodici divinità dell’Olimpo. Viene raffigurato come un bellissimo giovane con il capo coronato di alloro, pianta a lui consacrata, simbolo di vittoria, sotto la quale alcune leggende volevano che il dio fosse nato. Suoi attributi tipici erano l'arco e la cetra. Altro suo emblema caratteristico è il tripode sacrificale, simbolo dei suoi poteri profetici. Animali sacri al dio erano i cigni (simbolo di bellezza), i lupi, le cicale (a simboleggiare la musica e il canto), e ancora falchi, corvi e serpenti, questi ultimi con riferimento ai suoi poteri oracolari. E ancora il gallo, come simbolo dell'amore omosessuale, diversi, infatti, gli uomini di cui il dio s'innamorò.
Statua del primo secolo
Apollo
Con in mano una lira, uno dei suoi
simboli tipici. Jean Broc
La morte di Giacinto
La triste storia d'amore con il
principe spartano Giacinto.
Andrea Sacchi
Marc'Antonio Pasqualini coronato da Apollo
Arpie Nella mitologia greca, le arpie (lett. "le rapitrici", dal verbo greco ἁρπάζειν harpazein, "rapire") sono creature mostruose, con viso di donna e corpo d'uccello.
L'origine del loro mito deve forse ricondursi a una personificazione della tempesta.
«Nelle isole Strofadi del mar Ionio ci furono alcuni mostri, le arpie, in forma di uccello, ma col volto di vergine, che potevano parlare le lingue umane. Erano sempre insaziabili, spinte da fame rabbiosa, e strappavano di mano a chi mangiava il cibo con gli artigli adunchi». (Liber Monstrorum).
Gustave Doré
Illustrazione di per la Divina Commedia.
Dante cita le arpie nel Canto XIII
dell'Inferno.
Andrea del Sarto
“Madonna delle Arpie” (part.) François Perrier
Illustrazione di un episodio dell’Eneide Enea e i suoi compagni combattono le Arpie.
Atteóne Secondo le Metamorfosi di Ovidio, il principe cacciatore, durante una battuta di caccia scorge Diana presso una fonte. Per questo viene tramutato da lei in cervo. Rappresentato con questi attributi: cervi fuggenti, azzannati dai cani, e molli fanciulle al bagno. Dall’inizio del Cinquecento, Il bagno di Diana e delle Ninfe aveva fornito ai pittori un buon pretesto per mostrare nudi femminili in paesaggi ricchi di contrasti tonali.
Tiziano
Diana e Atteone →
← Domenichino,
Diana e Atteone
Parmigianino →
1523, “saletta
segreta” della Rocca dei conti Sanvitale a Fontanellato
Diana e Atteone
Bacco In greco, Diòniso, Dio del vino, è un giovane con il capo coronato di vite, con una coppa di vino o un grappolo d’uva in mano. Nel corteo di Bacco a volte compaiono fanciulle che danzano,le Baccanti, e Satiri che suonano il flauto. A volte Bacco è accompagnato da Arianna, che sarà sua sposa.
Tiziano
Bacco e Arianna Velasquez
Il Trionfo di Bacco Michelangelo
Bacco
Centauri Sono esseri selvaggi e rozzi, metà uomini e metà cavalli, che vivono sulle montagne e si nutrono di carne cruda. Sono legati a numerosi episodi mitologici. Mostri dal busto a forma umana dalla testa alla vita, innestato su un corpo di cavallo. Presenti nell'iconografia dal tardo Miceneo, sono rappresentati tradizionalmente come cacciatori. La più famosa leggenda che si racconta sui Centauri è quella della loro sconfitta da parte dei Lapiti, un popolo della Tessaglia. I miti ci tramandano anche che i Centauri furono decimati da Eracle e scacciati dalla Tessaglia furono confinati nelle pendici del monte Pindo.
Ciclopi Sono delle figure della mitologia greca, divinità gigantesche con un occhio solo. Creature prodigiose, vengono descritti come alti conoscitori dell'arte della lavorazione del ferro e sono considerati gli aiutanti di Efesto, il dio del fuoco. Omero dà solo il nome di uno di loro, Polifemo, che fece prigioniero Odisseo (Ulisse) e i suoi compagni.
Annibale Carracci
Polifemo Giulio Romano
Polifemo Mosaico in Sicilia
Ulisse offre il vino a Polifemo
Nelle pitture pompeiane della Casa di Sirico e in quella degli Amorini dorati, i Ciclopi sono rappresentati come esseri umani dai volti silenici, con chiome abbondanti e arruffate ed hanno due occhi: i caratteri pastorali prevalgono su quelli
mostruosi.
Guido Reni
Il ratto di Deianira Tivoli
Centauro Vecchio G. B. Cipriani
Chirone educa Achille al tiro con l'arco
Clori Ninfa amata da Zefiro. Il poeta romano Ovidio opera una fusione tra la leggenda greca di Clori e la tradizione italica di Flora (antica dea italica della primavera, presente nelle raffigurazioni di Venere).
Attributi: fiori in mano, coroncina sul capo ecc.
Botticelli →,
La Nascita di Venere
Zefiro e Clori spargono rose sulla Dea.
← Botticelli,
“La primavera” Part. Zefiro e Clori
→ Jacopo Amigoni Clori e Zefiro
Cupido In greco, Eros, figlio di Venere, è il dio dell’amore. È rappresentato come un bambino o un giovinetto bendato (perché l’amore è cieco), con arco e frecce; più raramente con fiori o una lira o con una face accesa che gli fiammeggiava in una delle mani. In età ellenistica la sua figura diviene più molle, femminea, sempre più infantile, finché venne rappresentato come un putto alato. A questo periodo risale anche la nascita del mito di Amore e Psiche.
Botticelli,
“La Primavera” Part. Cupido
Lorenzo Lotto, “Venere e Cupido” Piero della Francesca,
Cupido bendato Jacopo Zucchi
Psiche scopre l'identità dell'amante e fa cadere una goccia di olio bollente.
Antonio Canova
Amore e Psiche Museo del Louvre
Diana cacciatrice
Diana E’ una delle dodici divinità dell’Olimpo, chiamata dai Greci Artemide, è la sorella di Apollo. Cacciatrice e signora delle fiere, è la dea della natura selvaggia. Custode della verginità e della purezza, governa anche la fertilità femminile, protegge le giovani spose e le partorienti. È talora identificata con la dea infernale Ecate e con la Luna. L'iconografia la ritrae come cacciatrice, con il chitone (un corto vestito di stoffa leggera), arco, frecce, calzari e una muta di cani; il suo carro d'oro è trainato da cerve. In altre raffigurazioni, in cui appare come Ecate, la dea impugna una fiaccola.
Domenichino
“Diana” Correggio
“Diana cacciatrice” Ipogeo di via Livenza a Roma
“Diana cacciatrice”
Dafne Ninfa di cui si invaghisce Apollo e a cui sfugge tramutandosi in una pianta di alloro. Attributi: arco, faretra (Apollo); mani in forma di rami d’alloro, rami sulla testa, piedi in forma di radici (Dafne)
Paolo Veronese
Apollo e Dafne Antonio Pollaiolo
Apollo e Dafne Bernini
Apollo e Dafne
Ercole Eracle nella mitologia greca, metà uomo e metà dio, è un eroe della mitologia greca, personificazione della forza fisica e del coraggio.
Famose sono le sue dodici fatiche che, dopo aver affrontato grandi avversità, supera trionfando sul male. L’iconografia greca e romana del dio insiste sugli attributi della clava e della pelle leonina e talvolta compaiono anche l’arco e la faretra; in alcuni tipi arcaici e italici indossa la corazza. I due tipi barbato e imberbe coesistono fino dall’arcaismo; la muscolatura del corpo è sempre vigorosa. Particolari figurazioni sono l’Ercole banchettante, quello che suona la cetra, quello ebbro, quello in abiti di Onfale.
Prospero Sogari Spani
Ercole→
Paolo Pagani
Ercole cattura Cerbero
La dodicesima fattica Rubens
Ercole e Onfale Pollaiolo
Ercole e l’Idra
George Petel
Eracle e il Leone di Nemea
Erinni Furie nella mitologia romana. Esse sono chiamate anche Dire da Virgilio, sono, nella religione e nella mitologia greca, le personificazioni femminili della vendetta soprattutto nei confronti di chi colpisce i parenti o i membri del proprio clan. L’iconografia è
quella di una divinità cacciatrice munita di serpi, talora alata.
William-Adolphe Bouguereau
Il rimorso di Oreste
Oreste inseguito dalle Erinni. Rappresentate come geni alati, con la bocca spalancata nell'atto di cacciare urla terribili, con serpenti invece di capelli, recanti in mano torce o fruste o carboni e tizzoni ardenti. Il loro aspetto era quindi di tre donne alate con capelli di serpenti che recavano tra le mani delle armi che usavano per torturare il malcapitato.
→ John Singer Sergent
“Oreste inseguito dalle Furie”
Giove (in greco, Zeus): è la suprema divinità dell’Olimpo. Dio del cielo, presiede i mutamenti atmosferici. È sposato con la dea Giunone, che però tradisce con numerose fanciulle divine e mortali. I suoi simboli sono la folgore, il toro, l'aquila e la quercia. Nell’iconografia classica la figura di Zeus è caratterizzata da folta barba, capelli lunghi coronati d’alloro, torso nudo e mantello sulle gambe. I suoi elementi distintivi sono lo scettro e il fulmine. Numerosi sono i miti rappresentati anche in cicli pittorici.
J. A. D. Ingres
“Zeus e Teti”
Antoine Coypel
Hera e Zeus
Giunone e Giove, secondo i romani Raffaello. Loggia di Psiche
Giove e Psiche
Giunone Moglie di Giove (Zeus), è la principale dea dell’Olimpo. Tutela il matrimonio e il parto. L'iconografia della dea ripete comunemente quella della greca Era, ma l'origine del culto di Giunone come divinità italica è documentata dalla statua di Iuno Sospita proveniente da Lanuvio (Musei Vaticani), con gli attributi della veste di pelle di capra, asta, scudo, serpente, e da antefisse laziali e falische dei sec. VI-V, con elmo di pelle bovina. La dea frequentemente è rappresentata sopra un carro tirato da due pavoni, con lo scettro in mano, e la fronte coronata di gigli e di rose. I pittori le pongono sempre ai piedi un pavone, e la cingono talora dell'arcobaleno, emblema d'Iride.
Carracci
Giove e Giunone
Rubens
Giunone e Argo De Ferrari Gregorio
Giunone applica gli occhi di Argo sulla coda del pavone Lastman Pieter Pietersz
Giunone sorprende Giove con Io
Le Tre Grazie Sono divinità che fanno parte del seguito di Apollo e di Venere. Sono abbracciate, nude o vestite di veli. Nel Rinascimento simboleggiano castità, bellezza e amore. Chiamate dai greci Cariti, erano figlie di Zeus e della ninfa Eurinome ed erano tre dee portatrici di gioia e bellezza. I loro nomi erano Aglaia (“splendore”), Eufrosine (“gioia e letizia”) e Talia (“prosperità”); presiedevano ai banchetti e alle danze, accompagnavano Afrodite ed Eros, le divinità dell’amore, e con le muse danzavano per gli dei al suono della lira di Apollo.
Nell’iconografia greco- romana le tre donne, totalmente nude, sono disposte in modo che quella centrale sia vista da dietro e le altre la affiancano con posture simmetriche.
Nel Medioevo scompaiono, perché raffigurazioni pagane ed è con il Rinascimento che tornano alla ribalta, in primis con l’interpretazione di Sandro Botticelli.
Tuttavia e altre opere del Rinascimento, , non presentano l’originalità della versione di Botticelli, riprendendo, al contrario, il modello antico in modo molto fedele.
Con l’età barocca il tema delle Grazie è di nuovo accantonato. Il Seicento e la Controriforma esigono temi a carattere religioso. Tra le poche eccezioni è il fiammingo Rubens che raffigura più volte le Grazie come opulenti matrone dalle carni tremolanti.
Bisognerà attendere quasi due secoli, con
l’affermazione del Neoclassicismo, perché le tre Grazie abbiano una seconda rinascita.
Marte In greco Ares, secondo la mitologia romana del I secolo a.C., è il dio della guerra e dei duelli. Secondo la mitologia romana più arcaica, era anche il dio del tuono, della pioggia, della natura e della fertilità. figlio di Giove e Giunone, è una delle dodici divinità dell’Olimpo. Quasi sempre Marte è raffigurato con indosso l'elmo, la lancia o la spada e lo scudo, raramente con uno scettro talvolta è ritratto nudo, altre volte con l'armatura e spesso ha un mantello sulle spalle. A volte è rappresentato con la barba ma, nella maggior parte dei casi, è sbarbato. È raffigurato a piedi o su un carro trainato da due cavalli imbizzarriti, ma ha sempre un aspetto combattivo.
Musei Capitolini a Roma
Statua colossale di Marte
Velasquez
Marte Veronese
Marte che spoglia Venere con amorino e cane Canova
Venere e Marte
Medea Figlia di Eete, re della Colchide, e di Idia. Era inoltre nipote di Elio (secondo altre fonti di Apollo) e della maga Circe, e come quest'ultima era dotata di poteri magici. Sposa di Giasone, da lui tradita, uccide i propri figli per vendetta. Viene rappresentata come divinità o come maga che fa incantesimi e malie.
Eugene Delacroix
La furia di Medea
Anthony Frederick Augustus Sandys
Medea mescola le sue pozioni
Medusa (detta anche Gorgone): è un mostro temuto dagli uomini ma anche dagli dei. È raffigurata con la testa tagliata, circondata da serpenti. Chiunque la guarda è trasformato
in pietra. Secondo il mito, Medusa era una delle tre Gorgoni, l'unica mortale, e abitava con le sorelle in una caverna nel giardino delle Esperidi, vicino al regno dei morti.
Caravaggio
Testa di Medusa
Benvenuto Cellini
Perseo con la testa di Medusa
Nell’arte romana troviamola testa della Medusa al centro di grandi mosaici pavimentali. Affreschi pompeiani
Perseo e la testa della Medusa
Come tutti i personaggi mitologici Medusa resterà in disparte per almeno mille anni aspettando che finisca il Medioevo. La ritroviamo rappresentata da Baldassare Peruzzi sulla volta della Villa Farnesina a Roma.
Mercurio In greco, Hermes, è il messaggero degli dei. Indossa calzari alati per spostarsi con rapidità e tiene in mano il caduceo, una verga magica con due serpi intrecciate, sormontato da ali. Nella raffigurazione di Mercurio protettore dei mercanti l'iconografia etrusco- italica e poi quella romana ripetono le caratteristiche dell'Ermete greco: corpo nudo o rivestito di un corto mantello, caduceo nella mano, petaso (caratteristico cappello alato) e calzari alati. Mercurio è però anche la guida delle anime dei defunti nei sotterranei recessi dell'Ade e il caduceo lo qualifica in questo compito come messaggero di Giove al dio dell'Averno. Come dio della ricchezza la sua testa compare su monete in bronzo e argento; la sua figura trionfa sulle insegne delle botteghe, auspicio di buoni affari. In epoca imperiale divenne un motivo ricorrente in rilievi, pitture e mosaici e gli scultori ne fecero vivaci bronzetti. Spesso è rappresentato o ricordato inserendo nelle opere d'arte i suoi tipici simboli, la borsa, il gallo o la tartaruga.
Giambologna
Mercurio
Il Caduceo,
simbolo di Mercurio Gregorio De Ferrari
Incontro di Mercurio e Minerva Palazzo Perelli, Arezzo
Mercurio (col caduceo)
Attribuito a Giulio Romano, su disegno di Raffaello, 1517. Roma, Farnesina.
Mercurio Giovanni Antonio Burrini Mercurio
Minerva In greco Athena, nata dalla testa di Giove, è una delle divinità dell’Olimpo. Dea della guerra, combatte per la giusta causa e non per scopi distruttivi, come Marte. È anche dea del sapienza, protettrice delle istituzioni, delle scienze e delle arti. L'iconografia di Minerva è analoga a quella della greca Atena. In bronzetti, sculture, rilievi, monete la dea è infatti rappresentata con una lunga veste e con i suoi attributi specifici (egida, elmo) L'iconografia classica di Atena prevede che sia ritratta in piedi mentre indossa l'armatura e l'elmo, tenuto alto sulla fronte; porta con sé una lancia e uno scudo sul quale è fissata la testa della Gorgone Medusa. Spesso, poggiata sulla sua spalla, si trova la civetta, simbolo di saggezza.
La civetta di Minerva è quella che accompagna la dea nei miti dell’antica Roma e, da Omero in poi, Atena glaucopide nei miti dell’antica Grecia. Questo animale rappresenta il simbolo della filosofia e della saggezza. Atena compariva sulle monete ateniesi, “civette”, sul cui rovescio appariva appunto una civetta.
Giorgio Vasari
Atena e Vulcano Andrea Mantegna
Trionfo della Virtù (particolare) Rembrandt
Atena
Vaso greco
Teseo uccide il Minotauro Minotauro
Essere mostruoso con il corpo umano e la testa di toro. Rinchiuso nel labirinto dell’isola di Creta, fu ucciso da Teseo con l’aiuto di Arianna. Il Palazzo di Cnosso,con le sue innumerevoli sale è associato a questo mito.
Vaso attico
Il Minotauro
Antonio Canova
Teseo uccide il Minotauro W. Russell Flint
Theseus and the Minotaur George Frederic Watts
Il minotauro
Mòire I romani le chiamavano Parche e, come le Ore, erano figlie di Zeus e di Temi: sono le dee del destino. Da alcuni erano rappresentate come vecchie, ma da la maggior parte, come giovani dall'aspetto severo, vestite con dei lunghi pepli bianchi trapunti di stelle. Le tre dee filavano la vita degli uomini. Sono spesso raffigurate mentre filano e tagliano il filo della vita umana, secondo la lunghezza corrispondente al numero dei giorni spettante ad ognuno. Possono essere raffigurate sole, negli Inferi, o in complesse scene allegoriche in cui si scorge, talvolta, anche l’immagine della Morte. Le Parche (come erano chiamate dai romani) sono rappresentate sui sarcofagi, in relazione a scene legate alla nascita o alla creazione degli uomini da parte di Prometeo. Su raffigurazioni sepolcrali a Ostia (II e III sec. d.C.) sono ritratte, sole o insieme, con i loro attributi tipici: il filo, il fuso e le cesoie.
John Strudwick
A Golden Thread
(Un filo prezioso)
Cloto e Lachesi intente a tessere il filo del fato mentre Atropo siede nell'attesa del momento ineluttabile di reciderlo.
Marco Bigio
Le Parche Incisione
Le Moire Bernardo Strozzi
L’opera raffigura le tre Parche intente a filare il destino degli uomini accompagnate da una folta schiera di personaggi allegorici. Sulla destra, Cloto, che presiede alla nascita, svolge il filo dal fuso; a sinistra, Lachesi tesse il filo diventato rosso a significare l’amore fisico dell’età matura, al quale allude anche la giovane nera con quattro mammelle, simbolo di fecondità. Atropo, la Parca al centro, recide il filo della vita decretando il momento della morte. Sullo sfondo si scorgono l’albero di Adamo ed Eva, un altro albero secco con un rapace appollaiato, e uno scheletro con la falce, simbolo di vanitas.
Le Ore Le Ore erano sorelle delle Moire e venivano considerate le custodi dell'Olimpo. In origine erano tre e simboleggiavano il regolare scorrere del tempo nell'alterna vicenda delle stagioni (primavera, estate e autunno fusi insieme, inverno); poi ne fu aggiunta una quarta (allusione all'autunno); in epoca romana finirono col personificare le ore vere e proprie, divenendo
12 e da ultimo 24. Irene è la personificazione e la divinizzazione della pace (entrata successivamente nel pantheon romano - a partire dal regno di Augusto - con il nome di Pax). In Esiodo è una delle tre Ore (Eunomia=buon Governo, Dike=Giustizia e Irene=Pace). L'arte trattò spesso il soggetto d'Irene: una gran quantità di monete appartenenti ai più svariati paesi greci ne recarono l'effige, ma particolare fama raggiunse la statua d'Irene col bambino Pluto (la ricchezza) in braccio, che sorgeva nell'agorà di Atene
Imagini di Cartari-Zaltieri
Fortuna – Nemesi
In Grecia abbiamo in realtà due Giustizie: Nemesi e Dike. La dea greca Némesis era detta la giustizia compensatrice: nemesis infatti significa distribuire. Originariamente la dea greca distribuiva gioia o dolore secondo il giusto. L'idea che soggiace al termine è che il mondo risponda ad una legge di armonia per cui il bene debba essere compensato dal male in egual misura. Dike invece viveva sulla terra al tempo in cui era Saturno il re degli dei. Quando prese il potere Giove gli uomini scoprirono la violenza. Dike allora lasciò la terra e andò in cielo nella costellazione della Vergine, che è l'unica costellazione femminile dello
zodiaco. L'arte trattò spesso il soggetto d'Irene: una gran quantità di monete appartenenti ai più svariati paesi greci ne recarono l'effige, ma particolare fama raggiunse la statua d'Irene col bambino Pluto (la ricchezza) in braccio, che sorgeva nell'agorà di Atene (queta è una copia romana). Ambrogio Lorenzetti
Personificazione della Pace
Leipzig
Dike - Giustizia in trono
È rapprentata col braccio alzato e la spada; talvolta col ῥάβδος (bacchetta). Nel Medioevo e nel corso del Quattrocento l'iconografia mutò: Dike fu sostituita dall'arcangelo Michele, i cui attributi sono la spada e la bilancia. Ricorda anche la pesa e la punizione dell'anima dopo la morte, tipica dell'iconografia egizia. Viene presentata come "vergine" e Platone considera questa
condizione come incorrotta, perché tale deve essere la "giustizia".
Louvre
Dioniso e le Ore
Gli antichi le rappresentavano come leggiadre fanciulle stringenti nella mano un fiore o una pianticella, immaginandole peraltro brune e invisibili con riferimento alle ore della notte.
(Iconografia della) Morte o del Macabro Compare spesso in raffigurazioni a partire dal medioevo, il più delle volte nella forma di uno scheletro animato. Soggetti macabri ebbero diffusione anche in età controriformistica o barocca.
Iconografia del
mietitore
Un esempio perfetto di Trionfo della Morte in pittura è quello dell’Oratorio dei Disciplini di Clusone. Originariamente i Trionfi erano processioni festose e dirompenti dedicate a Dioniso, basate su canti, litanie e processioni. Nel mondo romano, il Trionfo divenne essenzialmente la marcia celebrativa degli imperatori che ritornavano a Roma vittoriosi, assisi su un carro (il carro dei vincitori, appunto) e circondati dai simboli delle loro imprese vincenti: lo scettro e la corona d’alloro. La Morte è al centro della scena, con mantello e corona, secondo il senso di caducità medievale: non era più Dioniso, non era più l’Imperatore che avanzano incedendo in pompa magna, ostentando la loro grandezza, ma la Morte.
Lorenzo Lotto
Putto con Teschio
Per alcuni è una raffigurazione di Cupido, o di Amor, che trionfa sulla morte, una sorta di Eros e Thanatos. Mentre per altri è la celebrazione della vita eterna. Il puer della rinascita, incoronando il teschio non vuole esprimere una riflessione sulla morte come conclusione di tutto, ma piuttosto sulla morte intesa come sonno temporaneo, oltre il quale c’è ancora vita. Il trionfo quindi non è quello della morte sulla vita, ma esattamente l’opposto. È la vita che vince sulla morte. L’ipotesi più diffusa è quella che suole vedere in questa tavoletta una raffigurazione della vanitas umana.
Muse Sono nove sorelle figlie di Giove e Memoria, governano l’ispirazione poetica e tutte le attività intellettuali. Abitano sul monte Parnaso. L'importanza delle muse nella religione greca era elevata: esse infatti rappresentavano l'ideale supremo dell'Arte, intesa come verità del "Tutto" ovvero l'«eterna magnificenza del divino». le Muse vengono rappresentate avvolte in lunghi chitoni dai morbidi drappeggi, alcune con gli attributi propri (come la cetra, la lira, il rotolo scritto, il globo, ecc.) Il tema delle nove Muse raffigurate come fanciulle in vesti vaporose e veli, per lo più danzanti attorno ad Apollo ma anche in altri atteggiamenti, fu ripreso dall'arte rinascimentale e manieristica
Le nove Muse rappresentano l’ideale supremo dell’Arte, coloro che allietavano le feste degli dei con canti e danze. La loro presenza nel mito si ha fin dalle origini; figlie di Zeus e protette di Apollo, avevano la loro dimora sul monte Elicona. Fino ad Esiodo le muse erano molte di più, ma nella sua “Teogonia” fissò il loro numero a nove, pur non definendo i loro specifici compiti. Erano considerate le depositarie della memoria e del sapere. Chi osava sfidarle veniva punito severamente, come le sirene che volendo dimostrare la loro
supremazia sulle Muse, persero le ali.
Giulio Romano
Le muse danzano con Apollo Baldassarre Tommaso Peruzzi
Danza di Apollo con le Muse
Eustache le Sueur
Clio, Euterpe e Talia Andrea Mantegna
Il Parnaso
Narciso Eroe della mitologia greca. Bellissimo figlio del dio fluviale Cefiso e della ninfa Liriope, rifiuta le gioie d'amore per un eccessivo amore di sé; muore prematuramente di vana passione, per essersi innamorato della propria immagine riflessa in una fonte, e viene mutato nel fiore omonimo. Tra le amanti da lui rifiutate, è ricordata la ninfa Eco
J. W. Waterhouse
Eco e Narciso
Caravaggio
Narciso Arazzo del XV-XVI secolo (part.)
Narciso si specchia nell'acqua Jan Cossiers
Narciso alla Fonte
Nereidi e Mostri marini L’uso del repertorio mitologico in senso non narrativo, diffuso già in precedenza nell’arte romana, prosegue nel periodo costantiniano; molto comuni sono le scene acquatiche, popolate di Nereidi, tritoni e mostri marini: questo tema è particolarmente amato per la decorazione delle stanze termali, come il frigidario ottagonale della villa di Piazza Armerina. Amiche e confortatrici dei naviganti, le Nereidi personificavano le lente e molli onde del mare in bonaccia. Le più famose di tutte furono Anfitrite, consorte di Posidone, e Tetide (madre di Achille), la massima delle Nereidi e direttrice delle loro danze. Tritone veniva raffigurato con la metà superiore umana e quella inferiore a forma di pesce, tutta la pelle era verde. Gli schemi e le forme, fissati nell'arte ellenistica, resteranno immutati nelle numerose rappresentazioni dell'arte decorativa romana, quali musaici e rilievi di sarcofagi, di grandi vasi, di fontane.
Museo del Bardo, Tunisi
Mosaico con tritone Mosaico, Terme via Terracina Napoli.
Tritone e Nereide
P. De Matteis
Carro marino trainato da Tritone e Nereidi davanti al Dio Sebeto Arnold Böcklin
Tritone e Nereide
Nettuno Poseidone per i greci, dio mare, invocato dai marinai per ricevere protezione durante la navigazione. Riconoscibile per il suo tridente, talvolta è accompagnato dal figlio Tritone. Nell'iconografia romana Nettuno non differisce dal Posidone greco e compare spesso nelle raffigurazioni di cortei marini, sul carro tirato da ippocampi fra Nereidi e Tritoni. La raffigurazione del dio fu in seguito ripresa dalla scultura manieristica e barocca, soprattutto a ornamento di monumentali fontane.
Bronzino
Nettuno John Singleton Copley
Il ritorno di Nettuno
Pandora e Epimeteo La prima donna mortale, l'"Eva" della mitologia greca, consorte del titano Epimeteo. Pandora viene rappresentata mentre apre il vaso (pithos, πίθος in greco antico) era un dono fatto a Pandora da Zeus, lasciandone uscire tutto il contenuto, a danno degli uomini. Vi rimane la sola speranza.
J. Alaux
Pandora condotta da Hermes John William Waterhouse
Pandora Dante Gabriel Rossetti
Pandora
Henry Howard
Hermes conduce Pandora da Epimeteo
André Van Loo
Nettuno e Amimone Nicola Salvi Fontana di Trevi
Nettuno
Pegaso Cavallo alato nato dalla testa di Medusa, aiuta alcuni eroi a sconfiggere i mostri. Compare in varie raffigurazioni mitologiche nell’antichità, e dal Medioevo al XVIII sec. anche in cicli o dipinti a carattere religioso. Il cavallo alato ha ispirato artisti di ogni tempo; dal VI secolo
a.C. ai giorni nostri, le opere si sono susseguite su un arco di tempo di 2500 anni e in tutte le forme dell’arte, dalla pittura alla scultura alla numismatica.
Affresco pompeiano
Pegaso
Vaso greco
Pegaso Fontana a Villa d’Este
Pegaso G. B Tiepolo
Bellerofonte su Pegaso( part.)
Perseo Con l’aiuto di Minerva e con la spada donatagli da Mercurio, trova il covo di Medusa e la uccide. Dona poi la testa di Medusa a Minerva che la pone come effigie sul suo scudo. Perseo è raffigurato come un giovane (completamente armato o con un abito corto) che tiene in mano una spada ricurva, dono di Ermes. Talvolta indossa calzari alati o viene raffigurato in sella al cavallo Pegaso.
Francesco Maffei
Perseo e Medusa
Rubens
Perseo libera Andromeda Giorgio Vasari
Perseo e Andromeda Antonio Canova
Perseo trionfante
Plutone e Proserpina Ade per i Greci: è il dio degli Inferi. È aiutato da numerose creature tra cui: Caronte, che traghetta le anime agli Inferi, e Cerbero, il mostruoso cane a tre teste che sorveglia l’ingresso del regno.
François Perrier, detto il Borgognone
Orfeo davanti a Plutone e Proserpina Plutone in trono con le principali divinità dell'Ade: Le Furie, Cerbero, Proserpina, le Arpie, la Morte Luca Giordano
Il ratto di Proserpina
Plutone, veniva spesso raffigurato come un uomo maturo, dallo sguardo severo, barbuto, con folta capigliatura e con in mano uno scettro, o delle chiavi, o della terra. Sovente è assiso su di un trono d'ebano e con ai piedi Cerbero, il cane tricefalo, o dei serpenti. Viene talvolta rappresentato anche con una cornucopia o sopra un carro trainato da quattro cavalli neri. I suoi copricapi sono il diadema d'ebano, l'elmo (che dona l'invisibilità) forgiato per lui dai Ciclopi e il cappuccio (per celarsi). Le piante a lui sacre sono il cipresso ed il narciso.
Prometeo Nelle opere artistiche, il Titano Prometeo è generalmente raffigurato nudo e legato a una roccia, mentre un'aquila gli divora il fegato. Nella scena si può scorgere una fiaccola accesa, simbolo della sua colpa e della sua punizione. Meno frequentemente l'eroe è ritratto davanti a una statua dalle fattezze umane, che talvolta poggia su di un piedistallo. In un'altra versione iconografica l'eroe, dopo aver rubato il fuoco, avvicina una torcia accesa alla statua per darle la vita. La commistione dei due episodi, in realtà indipendenti tra loro, è stata letta in chiave allegorica: la figura della statua rappresenta l'uomo toccato dalla grazia divina.
Piero di Cosimo
Prometeo plasma l'uomo Battista Zelotti, Villa Godi, Lonedo di Lugo
Sala dei Trionfi
Personaggi: Prometeo, Minerva, Ercole, Mercurio, Attributi: nudità, vincoli, ferita, aquila, barba (Prometeo); lancia, elmo, scudo, corazza (Minerva); clava, pelle del leone nemeo (Ercole); caduceo, petaso
(Mercurio).
Heinrich Friedrich Füger
Prometeo ruba il fuoco Rubens
Prometeo Salvator Rosa
Supplizio di Prometeo
Proserpina È la versione romana della dea greca Persefone o Kore. Figlia di Cerere, dea dell’agricoltura, fu rapita da Plutone che si innamorò di lei e la trascinò nel suo regno degli Inferi. La madre rese sterile la terra, ma a Proserpina fu concesso di tornarvi ogni anno in primavera, quando il suolo rifiorisce e offre i suoi frutti. La dea viene raffigurata come regina, quindi in trono vicina ad Ade o in scene di banchetto, ma sempre riccamente vestita e con numerosi gioielli. Gli attributi della dea sono simboli regali come lo scettro, ma anche torce, luce nell’Oltretomba, le spighe di grano dei misteri eleusini, oppure il frutto del melograno ed il gallo, che annuncia l’alba e rappresenta una rinascita. Un soggetto iconografico che ha avuto grande fortuna è il Rapimento di Proserpina (Persefone).
Dante Gabriel Rossetti
Proserpina Pinakes, Museo Nazionale della Magna Grecia di Reggio Calabria.
Persefone
Bernini
Il ratto di Proserpina Alessandro Turchi
Il Ratto di Proserpina
Psiche Rappresenta talvolta con una farfalla, è una fanciulla così bella da far ingelosire Venere che invia Amore per farla innamorare di un uomo spregevole, ma Amore si innamora a sua volta di Psiche. Quando Amore l’abbandona, Psiche vaga nel mondo alla sua ricerca e poi cade in un sonno profondo dal quale si risveglia con un bacio di Amore. La favola di Amore e Psiche, tratta dalle Metamorfosi di Apuleio, quella che Voltaire definì “la più bella fiaba che gli antichi ci abbiano lasciato”, è un soggetto che ha affascinato generazioni di artisti. Il mito di Amore e Psiche, raffigurati mentre danzano o intrecciano ghirlande, fu il più frequente simbolo pagano di immortalità che passò nell'iconografia paleocristiana. Venne ripreso poi nel Seicento e Settecento, come pretesto per scene “galanti”, nel tipo di Psiche che illumina Amore.
Canova
Amore e Psiche
Psiche pone nella mano di Amore una farfalla.
Canova
Amore e Psiche
La scena del bacio con il quale Amore sveglia Psiche
William Bouguereau
Amore e Psiche
Rappresentati come due bambini, lei con le ali di farfalla. Francois Gerard
Amore e Psiche
La farfalla sul capo di Psiche.
Satiri, Fauni e Sileni Figure mitologiche fra le più diffuse nella letteratura, nell'arte, nelle credenze popolari della Grecia antica. I Satiri, partecipanti della natura caprina, hanno perciò corpo e membra umane, ma orecchie (e spesso anche corna) e coda caprine, orecchie cioè lunghe e appuntite, capelli arruffati, naso rincagnato. Si vedeva nei satiri la personificazione della vita della natura, così come nelle ninfe, delle quali si consideravano i corrispondenti maschili, viventi anch'essi nelle solitudini dei monti o dei boschi, cacciando, danzando e sonando la zampogna, il flauto o le nacchere. Insieme con le ninfe stesse e con le baccanti si associavano al corteo (o tiaso) di Dioniso ( Bacco). I Sileni sono di natura equina, con le orecchie e la coda di cavallo e spesso anche il caratteristico zoccolo degli equini. Piuttosto che dei monti e dei boschi, i sileni venivano riguardati come genî dell'acqua corrente che irriga e feconda, amanti d' intrattenersi nelle umide praterie, spesso in compagnia delle ninfe, con le quali solevano congiungersi nella fresca ombra delle caverne. Nell'antica religione romana il satiro è noto come "fauno”. i Fauni, corrispondenti italici di Pan e Satiri greci, sono descritti come esseri metà caprini con zoccoli e corna di capra.
Cesare Fracanzano
Baccanale William Adolphe Bouguereau
Incisione
Le Ninfe e il Satiro L’aspetto di Pan è quello di un uomo dai piedi caprini, barbuto e peloso, con corna di capra Suoi attributi sono la siringa e talvolta un corto mantello. È rappresentato in atteggiamenti fallici, in rapporto con l’orgia dionisiaca e con gli aspetti più istintivi della natura, a metà tra l’umano e l’animale. Molto presente nell’arte greca e romana, è associato spesso a satiri, sileni, e fauni nelle scene erotiche e pastorali.
Affresco allegorico con la figura di Pan e il flauto alla Reggia di Caserta: Dio dei boschi dell'antica religione greca raffigurato come un essere selvaggio, villoso, cornuto e con le zampe caprine; è in effetti una potenza che si rivela nei luoghi selvaggi, fuori della civiltà. Pan era venerato, ma anche temuto, dai pastori (timore dal suo nome detto “panico”).; la sua presenza, comunque, era pericolosa per tutti. I Romani lo identificarono con il loro dio Fauno.
Affresco pompeiano
Priapo
Presumibilmente Priapo è una divinità minore di origini relativamente tarde e popolaresche - non appare per esempio in Esiodo - originario di Lampsaco e di altri centri della Propontide. Di qui si diffuse per tutta la Grecia e poi per il mondo romano, sostituendosi indubbiamente a oscure divinità falliche regionali. Bellini, Tiziano e Dosso Dossi.
Il "Festino degli Dei"
Realizzato nello Studio privato di Alfonso d'Este, duca di Ferrara, è uno dei capolavori della pittura rinascimentale, noto per i suoi molteplici contenuti iconografici. Gli dei sono riuniti in olimpico convito, un lungo banchetto durato tutta la notte: adesso, verso l'alba, mentre alcuni sono colti dal sonno, sfiancati dal vino e dalle libagioni, Nettuno può prendersi qualche libertà, con la destra nell'intimità di Cibele con la sinistra sul fondo schiena di Cerere
mentre Priapo solleva furtivo la veste di Lotis.
Urano e Gea (Gaia) Urano è la personificazione del Cielo in quanto elemento fecondo. Nell'opera di Esiodo, Teogonia, egli è figlio e coniuge di Gea (la Madre Terra). È una divinità primigenia (con Gaia, la Terra) all'origine delle generazioni degli dèi. La ricostruzione dell'iconografia di Urano non è certa, per la scarsità di documentazione relativa all'arte greca. La sua immagine è stata inoltre ricostruita nell'ara di Pergamo dove appare come figura alata. Nell'arte romana Urano è invece più frequentemente rappresentato, anche perché diventa molto spesso la personificazione della volta celeste. È riprodotto sulla corazza della statua di Augusto di Prima Porta.
Giorgio Vasari
La mutilazione di Urano da parte di Crono
Mosaico pavimentale romano
Urano e Gea (Gaia)
Gea stesa a terra è circondata da un gruppo di Carpi divinità infantili che simboleggiano i frutti della terra. Giorgio Vasari
Gea offre le primizie della Terra a Crono.
Crono o Saturno è il figlio di Gea e Urano ed è colui che spodesta il padre e libera i fratelli dal Tartaro.
Sirene Sono le più celebri e le più rappresentate tra le creature fantastiche. Sono un ibrido di donna e di pesce, le cui origini si ricollegano ai Tritoni della mitologia greca. Il busto è alquanto seducente, con seni prominenti, mentre il resto del corpo si allunga in una coda di pesce, singola o doppia. Simboleggiano tutte le seduzioni femminili e le tentazioni demoniache che queste ispirano. In origine, erano alate, il loro canto è ammaliatore.
← Pieve di San Giorgio (Ganaceto)
Acquasantiera in marmo con sirene
È opera del celebre Wiligelmo, fra i maggiori artisti medievali, ed è datata intorno al 1100
← Otranto, Cattedrale, mosaivo pavimentale
Sirena bicaudata
Herbert James Draper
Ulisse e le Sirene
La sirenetta, simbolo della città di Copenaghen.
Nel secolo scorso le sirene sono riapparse sempre a fianco di Ulisse e nelle fiabe per bambini. La sirenetta della favola di Andersen è buona ed è innamorata di un essere umano. →
Teti Era la più bella delle Nereidi, le ninfe dei mari figlie di Nereo e Doride, discendenti da Oceano. Aveva il dono della metamorfosi che contribuiva ad aumentarne il suo fascino. Una profezia della titanide Temi predisse come Teti fosse destinata a dare alla luce un figlio, Achille, che sarebbe divenuto più potente, più intelligente e più ambizioso del padre Pelide.
Vaso attico a figure nere
Teti che consegna al figlio Achille le armi forgiate da Efesto
Antoine Borel
Teti immerge Achille nello Stige
Le acque del fiume Stige, mitico fiume infernale, avevano il potere di rendere immortali. La donna viene aiutata dalle altre sorelle, mentre il piccolo Achille, immerso nell'acqua con l’esclusione del tallone, diventerà il leggendario eroe dal tallone vulnerabile.
Rubens
Teti immerge Achille nello Stige.
Uno degli episodi più rappresentati dagli artisti di ogni epoca. Mosaico
Teti (Tethis)
È rappresentata l’altra figura mitologica, Teti (da non confondere con l’omonima madre di Achille), qui con lo sposo Oceano. La rappresentazione di Tethys è rara; appare sui
mosaici assieme al suo coniuge e con due piccole ali sulla fronte certamente per il suo ruolo di madre delle nuvole.
Thanatos Nella mitologia greca, Thanatos (Θανατος) è la personificazione della morte. Secondo Esiodo, è figlio della Notte, che l'aveva concepito senza l'aiuto di nessun altro dio. Omero ne fa il fratello gemello di Hypnos, la personificazione del sonno. I greci lo rappresentavano sotto la figura di un bambino nero con piedi torti. A volte i suoi piedi, senza essere difformi, sono soltanto incrociati, simbolo dell'imbarazzo dei corpi che si trovano nella tomba. Altre volte era rappresentato come un giovane o un vecchio barbuto con le ali. Questa divinità appare anche, nelle antiche sculture con un viso dimagrito, gli occhi chiusi, coperto da un velo, e mentre tiene una falce in mano. Questo attributo sembra significare che la vita viene raccolta come il grano. Gli attributi comuni tra Thanatos e la madre Nyx (la Notte) sono le ali e una torcia spenta e rovesciata. I Romani lo chiamavano Mors, e se lo raffiguravano come un Genio alato e silenzioso.
Tempio di Artemide a Efeso
Thanatos
Riprodotto come un giovane alato
Titani Nome degli dei precedenti a quelli venerati dai Greci. Figure puramente mitiche, i Titani erano figli di Gaia (Terra) e Urano (Cielo). Erano 12, 6 maschi e 6 femmine. Dall’ unione di due di questi, Crono e Rea, come spiegato nella titanomachia, nascono i grandi dei dell'Olimpo.
Charles Lamy
Zeus sconfigge i Titani Rubens
Crono divora
Poseidone C. C. Van Haarlem
La caduta dei Titani
Giovanni Lanfranco
Norandino e Lucina scoperti dal Ciclope Villa di Tiberio - Sperlonga
Accecamento del ciclope Polifemo
Venere In greco, Afrodite, nata dalla schiuma del mare, è la dea dell’amore passionale, della bellezza, della fecondità. La conchiglia è il suo simbolo. È madre di Cupido e le sono ancelle le Grazie. Suoi attributi sono le colombe o i cigni, la conchiglia, i delfini, la cintola magica che rende seducente chi la indossa, la torcia che desta amore, il cuore fiammeggiante, la rosa, il mirto sempreverde come l’amore. Altro attributo convenzionale può essere lo specchio. Dal punto di vista iconografico Venere può essere rappresentata come anadiomene, cioè che sorge dalle acque, che giunge alla riva di Cipro, giacente o dormiente, in trionfo, o associata ad altri soggetti mitologici.
Affresco pompeiano
Venere
Adagiata sulla conchiglia marina Botticelli
La nascita di Venere
Velázquez
Venere allo specchio
Il tema è tratto dalla mitologia romana e rappresenta Venere adagiata mollemente su un letto tra lenzuola di raso, mentre Cupido, riconoscibile per la faretra e le ali, le regge uno specchio. Bronzino
Allegoria del Trionfo di Venere
Venere in primo piano (identificata dal pomo d'oro del giudizio di Paride e dalle due colombe in basso), bacia sensualmente il figlio Cupido, il quale, mostrando vistosamente la sua nudità attraverso le
natiche, le solletica un capezzolo.
Vittoria In greco, Nike, è l’inviata dagli dei per incoronare il vincitore di una gara sportiva, poetica o un combattimento. Raffigurata come una donna alata, è una divinità di tipo precosmico: ha come padre il titano Pallas e come madre Stige, una dea infera. Il culto di Nike assume particolare importanza in epoca ellenistica. Ellenistiche sono la Nike di Samotracia (Parigi, Louvre), che avanza impetuosamente ad ali spiegate, e la Nike che incorona Atena vittoriosa nel rilievo dell'altare di Pergamo. Attributi: ali spiegate, ramo di palma, corona di lauro.
Apollo e la Nike
Posto al centro tra i due vi è l'Omphalos delfico, ovvero l'«ombelico del mondo» (il centro della terra voluto da Zeus)
Nike di Samotracia Affresco pompeiano
Dea Vittoria
Nike con una coppa e una brocca che offre libagioni su un altare da un vaso attico del V secolo La colonna della Vittoria è oggi il simbolo della comunità gay di Berlino ed è il punto di arrivo dell'annuale "Christopher Street Parade".
Vulcano Antico dio romano, poi identificato con il dio greco Efesto, di cui prese il carattere e gli Attributi: incudine, martello, tenaglie, pileo; al solito vestito di una semplice tunica che lascia nuda la spalla destra; anche se tale identificazione con Efesto non è da tutti accettata, è il dio del fuoco terrestre, manifestantesi nei vulcani, e come protettore di quelle arti umane che trovano nel fuoco la loro base ed elemento (metallurgia). In età classica ne assunse anche la mitologia ritrovandosi così ad essere considerato figlio di Giove e di Giunone e sposo di Venere. Comunque le raffigurazioni di Vulcano sono ispirate all'arte greca: è il greco Efesto che vediamo come Séthlans sui monumenti etruschi e come Vulcano su quelli romani, ma mentre sui primi è raffigurato sia barbuto che imberbe, a Roma, tranne un affresco pompeiano, si preferì il tipo barbuto. L'identità di Vulcano con Efesto è riconoscibile nelle numerose rappresentazioni di Vulcano nell'arte rinascimentale e moderna. Era fabbro e aveva la fucina con la forgia dentro l'Etna. Era zoppo.
Mosaico pavimentale romano al Museo del Bardo a Tunisi.
Fucina Affresco romano della Casa del Triclinio a Pompei
Teti attende le armi di Achille nella fucina di Efesto Rubens
Vulcano forgia le folgori per Giove
Velasquez
La fucina di Vulcano Luca Giordano
La forgia di Vulcano Alessandro Tiarini
Vulcano fabbrica le frecce ad Amore
Zefiro Personificazione del vento di primavera. Secondo Ovidio, quando si unì alla ninfa Clori questa fu trasformata in Flora. È presente nelle raffigurazioni di Venere.
Botticelli
Zefiro e Clore
Particolare nella Nascita di Venere: in realtà la compagna di Zefiro potrebbe essere Psiche. Nel mito raccontato da Apuleio Zefiro è presente in molte parti, agli ordini di Amore. In uno degli episodi in cui compare trasporta Psiche. Tiepolo
Zefiro e Flora Claude Michel Clodion
Zefiro e Flora

Fonte: http://www.docartis.com/LIBRERIA_DIGITALE/4_ALLEGATI/MITOLOGIA.pdf

Sito web da visitare: http://www.docartis.com

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