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I Figli di Húrin
Il libro I Figli di Húrin è stato pubblicato nel 2007, grazie al lavoro di Christopher Tolkien , che ha rimesso mano agli scritti del padre per l’esigenza (economica?) di dare una forma definitiva a un racconto già pubblicato in altri testi, anche se con lievi differenze stilistiche, di trama e di nomi. La tragedia di Túrin, figlio di Húrin, è stata uno dei primi racconti creati da Tolkien e venne incluso in versioni più o meno complete ne Il Silmarillion, Racconti Incompiuti , Racconti Perduti e I lai del Beleriand ; stando a quanto scrive Christopher nelle note dell’ultimo dei libri elencati , le prime idee riguardanti la trama risalgono addirittura al 1918.
Nelle vicende legate a I Figli di Húrin traspare più che mai la metodologia creativa di Tolkien poggiata in gran parte sulla rielaborazione dei miti antichi in forma moderna. Nel personaggio di Túrin si trovano evidenti tracce del Sigfrido germanico, del greco Edipo e del finlandese Kullervo. Un esempio su tutti è la morte dell’eroe che riporto comparata a quella del suo corrispettivo presente nel Kalevala, poema nazionale della Finlandia, composto a metà dell’ottocento da Elias Lönnrot, e riguardante storie folcloristiche locali:
La morte di Túrin
Poi sguainata la spada disse: «Salve, Gurthang, Ferro di Morte, tu sola mi rimani! Ma quale signore leale conosci tu, salvo la mano che t'impugna?
Nessun sangue ti ripugna! Vuoi bere anche quello di Túrin Turambar? Vuoi uccidermi in fretta?».
E dalla lama uscì in risposta una fredda voce: «Sì, voglio bere il tuo sangue, per modo che possa dimenticare il sangue di Beleg mio padrone, e il sangue di Brandir, ucciso ingiustamente. Ti ammazzerò in fretta».
Allora Túrin piantò l'impugnatura in terra e si gettò sulla punta di Gurthang, e la nera lama si prese la sua vita .
La morte di Kullevro
Afferrò Kullervo allora
la tagliente spada aguzza;
la guardava, la volgeva
e domande le faceva;
domandò se desiasse,
le piacesse di gustare
la colpevole sua carne
e l'infame sangue suo.
Ben comprese il suo pensiero,
dell'eroe comprese i detti
la sua spada, e gli rispose:
«Come non dovrei godere
di gustar colpevol carne,
di ber sangue dell'infame,
io che pur dell'innocente
bevo sangue e gusto carne?»
Il figliuolo di Kalervo,
dalle calze blù, Kullervo,
ficcò l'elsa dentro il suolo,
la pigiò nello scopeto:
voltò poi la punta al petto,
si gettò contro la punta;
questa fu la fine sua,
in tal modo trovò morte .
La trama
I fratelli Húrin e Huor, capi delle casate di Hador e di Marach, dopo essersi persi nelle deserte lande del Dimbar, a seguito di una battaglia contro gli orchi nella valle del fiume Sirion, vennero portati in salvo da Thorondor, signore dell’aquile, e depositati a Gondolin, città nascosta degli elfi guidati da Turgon.
Trascorse un anno e i due uomini, dopo aver fatto giuramento di non rivelare a nessuno la strada per raggiungere la città, furono lasciati liberi di tornare presso la propria gente nel Dor-lómin.
Húrin si sposò con Morwen, dalla quale ebbe due figli, Túrin e Lalaith. Ma la sorte non fu propizia alla famiglia poiché, poco prima che Húrin partisse in guerra per fronteggiare le schiere di Morgoth, in quella che fu detta la Dagor Nírnaeth Arnoediad, ovvero la Battaglia dalle Innumerevoli Lacrime, un’oscura malattia si impossessò di Lalaith, portandola alla morte.
Durante gli scontri Húrin venne catturato e condotto al cospetto di Morgoth, che lo torturò per farsi rivelare la posizione di Gondolin. Ma l’uomo non rispose e così il vala malefico maledì la sorte sua e dei suoi figli, e lo costrinse, legato sulla cima della fortezza di Thangorodrim, a osservare le conseguenze della propria reticenza.
Morgoth attaccò il Dor-lómin e Morwen, incinta della seconda figlia Niënor, inviò Túrin a nascondersi nel Doriath, sotto la protezione del potente re elfico Thingol, che ne fece un suo figlioccio. Lì il ragazzo crebbe, acquistò forza e influenza, e diventò insieme all’arciere elfo Beleg detto “strong bow” , uno dei campioni del Doriath.
Un giorno però, credendo di essere stato sospettato per aver causato la morte del perfido consigliere Saeros, che invece era stata accidentale, Turin fuggì dal reame elfico e si addentrò nelle selve a sud del Teiglin, dove divenne capo di una banda di fuorilegge.
Beleg, che era legato a Túrin da una forte amicizia, si mise sulle sue tracce per comunicargli il perdono di Thingol, il quale, essendo venuto a conoscenza delle reali circostanze della morte di Saeros, aveva deciso di non punirlo.
Túrin orgogliosamente rifiutò l’invito di ritornare a corte e rimase a vivere nella foresta, dove un giorno con la sua banda catturò un nano di nome Mîm.
Il prigioniero, per riscattare la propria vita, offrì ai predoni di condividere la dimora che egli aveva costruito nella collina di Amon Rûdh. Túrin e i suoi compagni si trasferirono così a vivere con il nano e a loro si unì definitivamente Beleg.
Forte del preciso arco dell’elfo, la banda poté iniziare una vittoriosa guerriglia contro le armate di Morgoth. Ma Mîm che, da buon nano, odiava gli elfi, e quindi anche Beleg, aveva rivelato il nascondiglio di Amon Rûdh agli orchi, che presero di sorpresa e sterminarono i fuorilegge. L’arciere elfico si salvò dalla strage, ma Túrin venne catturato dai nemici.
Beleg si mise sulle tracce dell’amico e infine riuscì a liberarlo; sennonché Túrin, pensando che l’elfo fosse un orco venuto a torturarlo, lo uccise.
L’uomo, affranto per il grave errore commesso, venne accompagnato nel Nargothrond dall’elfo Gwindor. Lì divenne consigliere e capo dell’esercito di re Orodreth e si innamorò della principessa Finduilas.
Dopo cinque anni Morgoth attaccò il Nargothrond con un imponente contingente di orchi guidati da Glaurung il dorato, padre di tutti i draghi.
Potendo contare sull’incredibile potenza del grande serpente, le schiere di Morgoth sfondarono le difese erette dal comandante Túrin, uccisero Gwindor e re Orodreth, e imprigionarono la popolazione.
Túrin si trovò faccia a faccia con Glaurung, ma il drago al posto di ucciderlo decise di prolungare la sua agonia stregandolo con il suo sguardo e facendogli credere che gli orchi si stavano dirigendo verso la casa di Húrin in cui vivevano la madre Morwen e la sorella Niënor. Così Túrin, al posto di cercare di liberare gli elfi del Nargothrond e l’amata Finduilas, tornò nel Dor-lómin.
Una volta giunto nel palazzo di cui, dopo la scomparsa di Húrin, era legittimo sovrano, seppe che la madre e la sorella erano partite da tempo per cercare rifugio nel Doriath alla corte di re Thingol.
Túrin, pensando che Morwen e Niënor fossero al sicuro, si trovò ancora una volta innanzi a una scelta: rimanere nel Dor-lómin a proteggere il suo popolo, oppure cercare di trovare e salvare Finduilas. Fra le due possibilità scelse la seconda e si recò nel Brethil dove però apprese dalla gente di Haleth che l’amata elfa era stata uccisa dagli orchi.
Disperato, il guerriero decise di rimanere nel Brethil per combattere ancora una volta contro le forze di Morgoth. Lì cambiò il suo nome in Turambar, che significa “signore del destino”.
La maledizione dell’oscuro vala colpì nuovamente, agendo ancora una volta attraverso Glaurung.
Il drago riuscì a intercettare Niënor, che si stavano recando con la madre nel Nargothrond a cercare Túrin, e attraverso un incantesimo le fece perdere la memoria; poi la spinse a vagare senza una meta per le foreste del Brethil, dove venne trovata dal fratello che, non avendola mai vista prima, non la riconobbe.
Túrin e Niënor si innamorarono l’uno dell’altro e, nonostante il parere contrario del capitano Brandir, si sposarono.
Poco dopo, Glaurung entrò nel Brethil per togliere a Morgoth la spina nel fianco rappresentata dalla gente di Haleth, ma questa volta fu lui ad avere la peggio.
Túrin accucciato in un burrone, attese il passaggio del drago, e quando questo gli fu sopra ne trafisse il ventre con la spada. Il sangue che colava da Glaurung non era però comune, anzi era tanto velenoso da far perdere i sensi a Túrin e farlo sembrare morto agli occhi di Niënor che l’aveva seguito.
Con le ultime forze il morente drago fece tornare la memoria alla ragazza che, nonostante fosse incinta del fratello, si suicidò per la disperazione gettandosi nel fiume Taeglin.
Una volta ripresa conoscenza, Túrin venne informato da Brandir della sorte della moglie/sorella, ma, non credendo alle sue parole, reagì istintivamente e lo uccise. Poi, una volta appurata la veridicità di quanto dettogli, estrasse la spada nera Gurthang, un tempo appartenuta a Beleg, e si gettò sopra di essa uccidendosi.
Dopo la morte di Túrin e Niënor, Morgoth liberò Húrin che vagabondò fino alla tomba dei due ragazzi suoi figli. Lì incontrò la moglie Morwen, giusto in tempo per vederla morire di dolore. La maledizione di Morgoth si compì definitivamente.
La biblioteca celtica di JRR Tolkien e l’origine del The Lay of the Children of Húrin
I manoscritti originali, i disegni e gli scritti inediti di Tolkien sono sostanzialmente conservati in quattro posti, separati da migliaia di chilometri: la Marquette University di Milwaukee negli Stati Uniti, la Bodleian Library di Oxford, la British Library di Londra e, così si dice, la biblioteca personale di Christopher Tolkien in Francia .
Sia la Bodleian Library che la facoltà di inglese di Oxford conservano anche dei testi non scritti da Tolkien ma appartenenti alla sua collezione personale e via via donati dallo scrittore all’Università.
Uno studio accurato degli elenchi della così detta “Tolkien’s special collection” è sicuramente utile a farci capire cosa stesse studiando Tolkien nel periodo in cui nacquero le prime vicende de Il Silmarillion.
Detto ciò, è bene premettere che i 311 libri donati all’Università di Oxford rappresentano soltanto una piccola parte dei testi su cui Tolkien era solito lavorare, anzi, è verosimile pensare che quelli da lui più utilizzati, o a lui più cari, non siano stati donati ma siano rimasti in possesso dello stesso autore e quindi di suo figlio Christopher.
La sezione denominata “Western Manuscripts” della Bodleian Library contiene 41 libri della collezione, mentre negli scaffali dei sotterranei della facoltà d’inglese sono protetti gli altri 267.
Sfogliando i cataloghi della collezione (pubblici e fotocopiabili), salta subito all’occhio l’ingente quantità di libri a sfondo celtico che essa contiene, motivo per cui è stata soprannominata “biblioteca celtica di Tolkien”.
Ma non solo, vi sono testi scritti in varie lingue fra cui l’inglese, il tedesco, il francese, il latino e il gallese. Nonché innumerevoli vocabolari, grammatiche o testi critici su: inglese moderno, medio, antico e i rispettivi dialetti, gaelico, gallico, irlandese moderno, medio e antico, gallese, alto-celtico, celtico, ibernico, vecchio e medio bretone, dialetti scozzesi, norreno, islandese, norvegese, danese e italico.
Considerando che Tolkien conosceva notoriamente anche il greco, il finlandese, il gotico e tutti gli altri dialetti germanici, e che pare avesse un’infarinatura di spagnolo, esperanto e italiano, possiamo farci un’idea sulla sua incredibile preparazione linguistica.
Fra i testi della collezione ci sono poi diverse saghe islandesi fra cui l’Edda poetica (in più edizioni), innumerevoli testi anglosassoni come Beowulf, Pearl, Ancrene Riwle, Sir Orfeo (tutti in più edizioni), libri biblici riguardanti l’Esodo e la Genesi, diverse vite di santi e innumerevoli testi riguardanti leggende celtiche e arturiane come i Mabínogíon (in innumerevoli edizioni) e The Black Book of Carmarthen, molti lai, il celtico Táin Bó Cúalnge e diverse edizioni di Sir Gawayne che in seguito sarebbe stato ricordato come Sir Gawain and the Green Knight.
Come nota Dimitra Fimi molti dei testi celtici sono stati comperati fra il 1920 e il 1926, con una forte percentuali di essi (quasi un terzo), datati “1922” dall’autore . A questo punto, ci si potrebbe domandare come mai un professore principalmente esperto di inglese moderno, medio e antico, e altre lingue germaniche abbia trascorso un periodo di tempo relativamente breve in preda a un così forte interesse per la cultura, la lingua e la letteratura celtica. La risposta, se si analizza la biografia dell’autore, è lampante!
Dal 1920 Tolkien stava lavorando insieme al collega E.V. Gordon, presso l’Università di Leeds, a un’edizione critica per studenti di Sir Gawain and the Green Knight, un poemetto che, sebbene sia stato scritto in inglese medio, è ambientato nel Galles celtico e rientra nel ciclo di racconti su re Artù.
Tale “scoperta” potrebbe sembrare fine a se stessa, se non fosse che, proprio negli anni in cui Tolkien stava accrescendo la sua cultura in materia celtica, vennero date alla luce le prime narrazioni che poi avrebbero formato Il Silmarillion.
Di fatto, in quella parte della collezione datata fra il 1920 e il 1926 sono presenti anche testi riguardanti i lai (fra cui due edizioni dei lai di Maria di Francia), ovvero canti poetici medievali utilizzati molto in Francia e in altri paesi celtici; non può quindi essere un caso che, stando a ciò che scrive Christopher Tolkien , proprio fra il 1920 e il 1925 sia iniziata la composizione del The Lay of Leithian e del The Lay of the Children of Húrin .
Ma forse c’è di più. Sfogliando il catalogo della collezione tolkieniana conservata nella libreria della facoltà d’inglese dell’Università di Oxford, mi sono imbattuto in un testo molto raro da reperire, tanto che per leggerlo ho dovuto chiedere di visionare proprio quello appartenuto a Tolkien . Trattasi di Deirdire and Lay of the Children of Uisne: la storia della bella Deirdire (o Deirdre) che subì la profezia del druido Cathbad per cui le grazie della ragazza sarebbero state causa dell’esilio per i figli di Uisne (Uisnech), che vennero infine uccisi.
Il racconto di Deirdire fa parte delle storie tragiche del ciclo dell’Ulster e, come spesso avviene in questi casi, lo si trova riportato in più versioni. Quella presente nel libro appartenuto a Tolkien fu scritta il 15 marzo 1867 dallo scozzese Donald Macphie, detto “Domhull Gobha ”, dell’Isola di Barra, il quale sentì il poema a Eoligearry da un musicista cieco che conosceva soltanto il gaelico scozzese.
Sia The Lay of the Children of Uisne che The Lay of the Children of Húrin non hanno solo il titolo in inglese che si somiglia, ma entrambe possono contare anche su un titolo in lingua originale, rispettivamente il gaelico scozzese Laoidh Chlann Uisne e l’elfico Narn I Hin Húrin; di fatto se il Laoidh Chlann Uisne fu scritto in gaelico scozzese da Donald Macphie dell’Isola di Barra, il Narn I Hin Húrin fu redatto idealmente in elfico sindarin da Dírhaval delle Mouths of Sirion.
Inoltre le due tragedie contengono l’uno la profezia di Cathbad, l’altro quella di Morgoth, che condurranno alla morte sia i figli di Uisne, che quelli di Húrin.
Aiutato dal figlio Adam.
Il racconto è intitolato “Narn i Hîn Húrin (Racconto de i Figli di Húrin)”.
Il racconto è intitolato “Turambar e il Foalókë (Drago)”.
E’ il terzo volume de La Storia della Terra di Mezzo (The History of Middle-earth), non tradotto in italiano.
Il racconto è intitolato “Lai dei Figli di Húrin”, ed è in versione poetica.
Christopher Tolkien, The Lays of Beleriand (The History of Middle-earth vol.3), Unwin Paperbacks (1987), p.3
Nelle versioni norrene del mito viene chiamato Sigurdhr (Sigurðr), in quella tedesca Siegfried. Da orai ci riferiremo al leggendario eroe utilizzando soltanto l’italianizzazione del suo nome Sigfrido.
JRR Tolkien, I Figli di Húrin, Bompiani (2007), p.260
Elias Lönnrot, Kalevala, Sansoni (1948) traduzione in versi dal finlandese di Paolo E. Pavolini, XXXVI, 319-342
Nelle edizioni italiane “Arcoforte”.
Ho pubblicato una versione più dettagliata di questo paragrafo, con più precisi e vasti riferimenti agli archivi oxoniensi, su Minas Tirith n.23 (giugno 2009), Società Tolkieniana Italiana, in un articolo dal titolo Gli archivi oxoniensi e l’origine del The Lay of the Children of Húrin.
Il professor Tom Shippey in una e-mail inviatami il 26 giugno 2009 sostiene che Tolkien ha donato dei libri anche alla Taylorian Library in Oxford, biblioteca della Facoltà di Lingue Moderne.
La regola delle Anacorete
Il libro nero di Carmarthen
La razzia di vacche di Cooley
Fimi Dimitra, Tolkien’s “’Celtic’ type of legends”: Mergin Traditions, Tolkien Studies, West Virginia University Press (2007), p.52
Christopher Tolkien, The Lays of Beleriand (The History of Middle-earth vol.3), Unwin Paperbacks (1987), p.1
Il racconto di Beren e Lúthien.
Sempre secondo Christopher Tolkien, è probabile che le vicende narrate nel lai fossero già state ideate precedentemente.
Anche questo testo fu acquistato da Tolkien nel 1922.
Deirdire e il Lai dei Figli di Uisne
Donald Macphie, Deirdire and the Lay of the Children of Uisne, Hodges, Figgis & Co (1914), nella traduzione dal gaelico scozzese di Alexander Carmichael
Donald il fabbro.
Nel libro, il lai di Deirdire è separato dal lai dei Figli di Uisne.
Fonte: http://www.marcodinoia.it/wp-content/uploads/2011/03/TESI.doc
Sito web da visitare: http://www.marcodinoia.it
Autore del testo: Marco Andrea di Noia
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