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Adam Smith (Kirkcaldy, Scozia, 5 giugno 1723 – Edimburgo, 17 luglio 1790) è stato un filosofo ed economista che, nel’ambito dell’Illuminismo inglese, gettò le basi dell'Economia politica. L’Economia politica, sul modello osservativo delle scienze naturali, voleva stabilire sia le regole del comportamento sociale ed economico dell’uomo che le leggi oggettive del nuovo sistema economico del libero mercato che era sorto con la prima rivoluzione industriale e la crescita della borghesia nella Gran Bretagna del ‘700.
La vita
Il pensiero
Smith si avvicinò gradualmente all’economia. Egli insegnò prima, per diversi anni, filosofia morale all’università di Glasgow (Scozia) e il suo primo importante lavoro fu The Theory of Moral Sentiments (La Teoria dei sentimenti morali, TSM) nel 1759. Smith sviluppò un’etica diversa da quella aristotelica poiché non era basata sulle virtù e sui vizi ma piuttosto sui sentimenti che gli uomini provavano rispetto ai comportamenti degli altri membri della loro società. All’interno del corso di filosofia morale era inserita l’economia politica (come quarta parte, dopo la teologia naturale, l’etica e la giustizia). Smith pensò che l’economia fosse la nuova forma dell’etica nella società borghese. Nel 1776, l’anno della pubblicazione della The Wealth of Nations (La Ricchezza delle nazioni, RN) fu la data di nascita dell’economia moderna. Una domanda che si sono posti i commentatori dell’opera smithiana, è se la RN sia coerente con l’impianto metodologico della TSM oppure se tra le due opere vi sia una rottura. Smith era stato un innovatore in etica: aveva rifiutato la tradizione filosofica per sostituirla con l’osservazione diretta dei comportamenti umani e aveva inteso i concetti etici (bene, male, giusto, ingiusto, riprovevole, encomiabile, onesto …) come categorie che nascevano nello stesso confronto umano e non dalle dottrine morali della chiesa o dei filosofi. Queste riflessioni gli furono utili quando cominciò ad occuparsi in modo sistematico di economia dopo il 1760, avviando la riflessione sull’attività economica dell’uomo che lo porterà alla pubblicazione della RN nel 1776. In realtà i concetti economici consentiranno a Smith di comprendere come gli uomini riescano ad entrare in relazione reciproca in modo involontario e automatico all’interno del mercato economico e quindi ad uscire dall’isolamento etico e dalle relazioni chiuse della famiglia e del proprio ambiente di vita originario. Come ha osservato Albert O Hirschmann (Le passioni e gli interessi, 1976): l’economia politica - in quanto forma di modificazione dei comportamenti sociali - sostituirà l’etica, la politica e il diritto come scienza base della vita sociale nella moderna civiltà borghese.
Egoismo e altruismo nella TSM
Smith nella sua TSM dedicò molto spazio alla definizione e alle implicazioni dei suoi nuovi concetti etici. Relativamente allo “spettatore imparziale” – che è la consapevolezza critica di cui ognuno dispone e che rappresenta la versione moderna del daìmon socratico e della coscienza interiore di Sant’Agostino - Smith stesso lo definisce con chiarezza come un elemento di giudizio che si aggiunge alla consapevolezza confusa di noi stessi e che ci obbliga a giudicarci in modo realistico e severo:
ognuno non desidera solo di essere in qualche modo amato, ma anche (...) di essere [un potenziale] oggetto di amore (...), non solo di essere falsamente lodato, ma di essere davvero lodevole (...). Per conseguire tale soddisfazione, dobbiamo divenire spettatori imparziali del nostro carattere e della nostra condotta (..). Ogni facoltà di un uomo è la misura con cui egli giudica l’analoga facoltà di un altro. Io giudico la tua vita in base alla mia (...) e il tuo amore in base al mio amore. Non ho e non posso aver altro modo di giudicarlo e di giudicarmi”.
La coscienza auto-osservativa coincide con la capacità di comprendere il comportamento altrui verso di noi. La capacità che l’uomo ha di immedesimarsi nell’altro, di mettersi nei suoi panni è chiamata da Smith simpatia. Pertanto in Smith sia la simpatia che lo spettatore imparziale sono il modo con il quale si manifesta la visione relazionale della persona umana. L’uomo non è né solo egoista né solo altruista, in lui sono presenti entrambi i sentimenti, e la moralità o meno di un atto è dovuta al giusto grado (appropriatezza) in cui tali sentimenti si combinano tra di loro. Come scrisse il poeta Alexander Pope (1688-1744) nell’Essay on Man (1734): altruismo ed egoismo non sono sentimenti opposti, ma due facce della stessa disposizione d’animo dell’uomo che vive in società. La prudenza è la capacità dell’uomo di bilanciare queste due passioni nel modo migliore e i prudent men sono quelli che agiscono meglio sul mercato poiché non separano momento etico (altruistico) e momento economico (egoistico). Il prudent man non può essere rappresentato come un lupo hobbesiano nonostante sia dominato dalle passioni egoistiche: ricerca infatti sempre l’approvazione altrui e lo scambio con gli altri. La Political economy può essere una disciplina che unisce morale, economia e politica. Nella Teoria dei sentimenti morali, Smith mostra che l’ordine sociale è tanto più stabile quanto più gli uomini danno prova di tre virtù fondamentali: prudenza, giustizia e benevolenza. In quanto individuo l’uomo ha la naturale tendenza ad occuparsi solo di se stesso (desiderio di sopravvivenza, Selflove). In tal senso Prudence è il “doveroso” interesse per la cura del proprio benessere. Tuttavia nell’uomo vi è anche un interesse per la Justice: auspica che il modo con cui lui si comporta verso gli altri sia adottato dagli altri anche nei suoi confronti. La sua correttezza e generosità sono preferibili all’avidità e alla disonestà poiché egli auspica che anche gli altri siano corretti e generosi tanto quanto lui lo è stato, Inoltre, come individui sociali, gli uomini hanno una naturale simpatia verso gli altri (Sympathy, Benevolence), come quando, di fronte ad un lutto, si comprende e si partecipa l’emozione dell’altro. Allo stesso modo gli altri si immedesimano in noi. ”Sentire molto per gli altri e poco per noi stessi, reprimere le inclinazioni egoistiche e assecondare quelle benevole - scrive – costituisce la perfezione della natura umana; solo questo può produrre negli esseri umani quell’armonia di sentimenti e passioni in cui consiste tutta la loro grazia e la loro appropriatezza”.
Mandeville e Malthus
Il medico e filosofo anglo-olandese Bernard de Mandeville (1670-1733) con la sua Favola delle api, 1714, aveva già messo a confronto le virtù private (la morale dei filosofi e dei preti) e i pubblici benefici (gli interessi) che gli uomini ricercano nella società. Il suo messaggio finale era stato che un vizio – e cioè l’egoistico desiderio di soddisfare un proprio bisogno attraverso gli altri – costituiva in realtà una virtù sociale: incoraggiare comportamenti virtuosi e altruistici – come voleva la morale cristiana - sarebbe stato il modo più rapido per condurre la società alla miseria. La vita dei monaci medievali era piena di virtù e di rinunce, era anche caratterizzata da una intensa pratica caritativa verso i poveri. Secondo Mandeville – che in questo sarebbe stato ripreso dall’economista Thomas Robert Malthus (1766-1834) – la carità è il modo migliore per perpetuare la miseria e la povertà. Chi vive della pubblica carità non sarà mai spinto a darsi da fare e a procacciarsi di che vivere con la propria iniziativa. Diventerà, invece, il servo ipocrita dei suoi benefattori. Lo scambio economico, invece, è il modo in cui si esce dall’isolamento e si entra in relazione con gli altri. La vita economica manifesta in forma prosociale l’egoismo degli uomini e per essa i loro vizi si trasformano in virtù. Dice infatti Mandeville: «Procurarsi i servizi degli altri quando se ne presenta l’occasione, è la quasi costante sollecitudine di ognuno. Ma è irragionevole attendersi che gli altri si prestino ai nostri bisogni per niente; perciò il commercio deve essere lo scambio continuo di una cosa con un’altra, di un uomo con l’altro». In Smith si trovano affermazioni analoghe nella RN:
l’uomo ha continuamente bisogno della cooperazione e l’assistenza di un gran numero di persone (...) [e] potrà più probabilmente riuscirci se sarà in grado di indirizzare il loro egoismo a suo favore e mostrare che per loro è vantaggioso fare ciò che egli richiede (...) Un’offerta del genere significa: «dammi ciò di cui ho bisogno e avrai quel che ti occorre».
L’idea di Smnith coincide con l’ipotesi della trasformazione dei “vizi privati in pubbliche virtù” esposta nella Favola delle api di Bernard Mandeville. Scrisse infatti Smith: “Non è dalla benevolenza del macellaio, del birraio o del fornaio che ci aspettiamo il nostro desinare, ma dalla considerazione del loro interesse personale. Non ci rivolgiamo alla loro umanità ma al loro egoismo”. O, ancora:" … è solo per la ricerca del profitto che una persona impiega il suo capitale a sostegno dell'attività produttiva; ed egli, per questo, cercherà sempre di impiegarlo a sostegno di quella attività il cui prodotto abbia probabilmente il massimo valore, che si scambi cioè con la massima quantità di denaro e di altre merci … In effetti un individuo non intende, in genere, perseguire l'interesse pubblico … Quando orienta la propria attività in modo tale che il suo prodotto sia il massimo possibile, egli mira solo al suo proprio guadagno ed è condotto da una mano invisibile, in questo come in altri casi, a perseguire un fine sociale che in realtà non rientra nelle sue intenzioni”. Infatti perseguendo il suo interesse personale il borghese persegue l'interesse della società in modo molto più efficace di quando intende effettivamente perseguirlo. Io non ho mai saputo che sia stato fatto molto bene da coloro che ostentano di commerciare per il bene pubblico". Quindi alla domanda su come sia possibile la società - il rapporto di molti uomini estranei fra di loro - Mandeville e Smith rispondono con la visione di un uomo spinto all’azione dalla finalità di soddisfare attraverso gli altri i propri bisogni. Vengono messi fra parentesi gli obiettivi più “nobili” dell’agire sociale, considerati alla stregua di scuse, pretesti e giustificazioni ipocrite. Come pure vengono trascurati i legami ristretti della famiglia e della comunità di appartenenza. Per Smith e Mandeville una società può sopravvivere anche se tra i suoi membri non vi sia reciproco amore, ma soltanto uno scambio che dia reciproci vantaggi. Quindi è sufficiente un minimo di leggi e un minimo di stato perché l’uomo risulti socialmente onesto e si affermi l’etica mercantile, in base alla quale ciascuno sa che non può ingannare due volte lo stesso contraente e che deve improntare alla correttezza le sue relazioni di scambio.
L’economia politica
Lo scopo dell’economia politica di Adam Smith è duplice: descrivere la nuova economia borghese affermatasi in Inghilterra fra ‘600 e ‘700 e mostrare, confrontandola con i sistemi economici del passato, che il sistema economico borghese è superiore ai precedenti in quanto è più di essi conforme alla natura umana. Le società, nel tempo, si sono organizzate per utilizzare al meglio le risorse umane e materiali di cui dispongono. Nelle società arcaiche e primitive – come quelle polinesiane osservate dall’esploratore inglese James Cook (1728-1779) - le attività produttive sono ordinate secondo il principio della tradizione e del comando. A quelle società è estraneo l’istituto della proprietà privata, nel senso che il diritto a possedere qualcosa in modo esclusivo non era riconosciuto alle persone che non fossero capi o grandi sacerdoti. Non conoscevano il sistema del libero mercato, ovvero dello scambio libero delle merci tra di loro e delle merci contro moneta. Infine, non conoscevano il principio della divisione del lavoro, poiché i loro membri svolgevano sempre in modo collettivo e comunitario le attività economiche necessarie alla vita del villaggio. Esistevano degli scambi limitati ad alcuni beni – ad esempio con altre tribù o popoli - ma la gran parte dell’attività produttiva e distributiva era svolta sulla base delle consuetudini o di ordini impartiti dai sovrani. Nei sistemi economici antichi e medioevali la presenza di servi e schiavi consentiva di svolgere la maggior parte dei lavori manuali, ma la gran parte della popolazione viveva in regime di sussistenza, consumando i frutti delle terre servili, mentre i nobili utilizzavano il surplus della terra di cui si erano appropriati. Si trattava di sistemi economici statici in cui era limitato il ruolo del mercato ed erano ben definiti i ruoli, le funzioni e i rapporti tra le classi sociali. Osservando le modificazioni avvenute in Europa fin dal Rinascimento e culminate poi nella Gran Bretagna del secolo XVIII, Smith aveva notato che con l’affermarsi di un sistema capitalista ad economia di mercato indotta dalla borghesia era sorto un tipo nuovo di economia e quindi di società umana. Si manifestò quindi il lui l’esigenza di una spiegazione scientifica del nuovo funzionamento sociale. Cercò di spiegare come l’agire di soggetti liberi ed autonomi, specializzati nei vari comparti della vita economica e interagenti gli uni con gli altri in modo meccanico e slegatida una profonda conoscenza reciproca, anziché creare un disordine caotico producesse una sostanziale “armonia” di relazioni e potesse rispondere alla domanda di beni e di servizi provenienti dalla comunità.
Il sistema economico borghese
Secondo Smith il primo carattere distintivo del sistema economico borghese – Marx lo chiamerà capitalismo - è la proprietà privata dei mezzi di produzione (impianti, materie prime, capitale finanziario). Si tratta di un sistema economico dominato dalla divisione del lavoro e dallo scambio di ogni tipo di prodotto: nessun imprenditore produce per l’autoconsumo ma per vendere sul mercato e ricavarne un profitto. Un’altra caratteristica è che si tratta di un’economia a decisioni decentrate, senza una autorità che decida quanto o cosa produrre. I produttori decidono liberamente quantità e qualità dei beni da offrire così come i consumatori decidono altrettanto liberamente come utilizzare il loro reddito nell’acquisto dei beni di consumo. Tuttavia, le scelte di produttori e consumatori risultano “sostanzialmente” compatibili e armoniose. Come mai? In tale sistema ogni individuo è mosso, nelle proprie scelte economiche, dall’interesse personale e questo comportamento auto-interessato (Selfinterested) si svolge in una cornice di libertà. Sarà quindi il libero mercato (Free Market) ad agire come strumento di coordinamento e bilanciamento delle attività dei singoli operatori economici: efficace, ancorchè non perfetto. La “mano invisibile” del mercato (Invisible Hand of the Market) è il cuore della nuova vita socioeconomica secondo Smith. In An Inquiry into the Nature and Cause of Nations (Indagine sulla natura e le cause della Ricchezza della Nazioni) Smith scrive che l’iniziativa dei singoli soggetti economic, se lasciata libera di svilupparsi, avrebbe assicurato alla società il migliore impiego delle risorse disponibili ed il massimo benessere possibile in una data epoca. L’idea di fondo è che gli interessi personali siano la forza ”motrice” dell’economia e che da essi derivavano risultati molto diversi da quelli cui mirava le azioni dei singoli uomini. Il mercato svolge la sua funzione regolatrice attraverso la concorrenza. Infatti:
- la produzione si dirige verso quei beni che i consumatori desiderano,
- vengono scelti i metodi di produzione più produttivi ed efficienti
- le merci vengono vendute al prezzo più basso, al prezzo che più si avvicina al suo prezzo naturale.
Nessun produttore di un dato bene, pertanto, può venderlo a un prezzo più alto di quello praticato dagli altri; chi compera, d’altra parte, deve offrire al venditore qualcosa in più rispetto ai suoi concorrenti che offrono meno. Nella sostanza se un bene è scarso c’è chi è disposto a pagarlo di più per poterne disporre e c’è chi è indotto ad investire più capitale per produrlo. E viceversa. Il mercato, quindi, si autoregola e può essere considerato il guardiano di se stesso. Smith scriveva: ”Gli operai desiderano guadagnare il più possibile; i datori di lavoro di dare loro il meno possibile”. Consapevole di questa divergenza di interesse, Smith, non si sofferma sulla divisione sociale dei ruoli nel lavoro, concentrando la sua attenzione sulla divisione tecnica alla quale attribuisce la fondamentale conseguenza dell’aumento della produttività. “Il mestiere dello spillettaio”, scrive Smith, “per il modo come oggi è svolto, non solo è divenuto nel suo complesso un mestiere particolare, ma è diviso in un certo numero di specialità , la maggior parte delle quali sono anch’esse mestieri particolari . Un uomo trafila il metallo,un altro raddrizza il filo,un terzo lo taglia, un quarto gli fa la punta, un quinto lo schiaccia all’estremità dove deve inserirsi la cruna dello spillo … persino il metterli nella carta è un’altra occupazione a se stante come pure portarli a vendere; sicchè l’importante attività di fabbricare uno spillo viene divisa in circa diciotto distinte operazioni che, in alcune manifatture sono tutte compiute da mani diverse, sebbene si diano casi in cui la stessa persona ne compie due o tre”. Il paradosso delle economie di mercato e di divisione del lavoro è che “pur aumentando il numero delle persone che producono una determinata merce il prezzo di essa scende moltissimo a causa della quantità crescente dei prodotti e quindi della quantità di compratori degli stessi”. In sintesi, per la borghesia, la ricchezza di una nazione non consiste nella quantità di oro e di argento posseduti dal sovrano o dai finanzieri, ma dal suo prodotto interno lordo (quantità lavori + quantità di merci + più quantità di vendite). In ogni caso, per Smith, è necessaria un’etica del capitalismo: la sopravvivenza della società richiede che l’agire dell’uno non danneggi l’agire dell’altro. Vi deve quindi essere una spontanea autolimitazione del proprio egoismo (Selfinterest) che si chiama giustizia (Justice). Il perseguimento dei propri obiettivi personali deve creare dei conflitti. Quindi più che di egoismo Smith ritiene più corretto parlare di un interesse personale “illuminato”. Per questo il mercato richiede un codice di comportamento dei singoli operatori economici che includa anche valori quali il civismo, la legalità,la moralità, la benevolenza, la generosità. Smith quindi pare auspicare una utilità delle istituzioni di controllo e di bilanciamento delle relazioni produttive e mercantili.
La teoria del valore-lavoro
Smith si chiede in che modo la matematica possa – al modo della fisica – venire applicata all’Economia politica. Ciò va realizzato per giungere ad una misurazione oggettiva ed esatta del valore (Value) delle merci. Ogni merce ha infatti un valore di scambio (che si traduce in un prezzo, Price) calcolato con la moneta e con il quale viene presentata sul mercato dal suo venditore ed offerta agli acquirenti. Il Prezzo può trovarsi in tre relazioni con il Valore:
P >V oppure P < V oppure ancora P = V
Per Smith il valore di una merce è dato dalla somma dei valori (e dei prezzi) delle materie prime e poi delle ore di lavoro impiegate per produrla. Così si può giungere ad una misurazione oggettiva del valore di una merce e quindi valutare se il prezzo di mercato di essa - regolato dalla legge della domanda e dell’offerta, per cui sale o scende nel tempo - sia corrispondente o no al suo valore di scambio economico. Il prezzo di una merce consente sia di scambiarla con il denaro (ad es. 1 metro di tela vale 10 centesimi, ma può essere venduto a 15 centesimi per realizzare un guadagno ) sia di scambiarla con un’altra merce in quantità equivalente dal punto di vista del valore (1 metro di tela viene scambiato con 5 bottoni poiché entrambi valgono 10 centesimi). La teoria del valore- lavoro si applica quindi a tutte le merci ma anche al lavoro umano in quanto anche esso si presenta come una merce nella società industriale di libero mercato. Ad esempio 1 ora di lavoro di un operaio tessile può valere 90 centesimi, somma che costituirà il salario con cui verrà retribuita. Karl Marx individuerà un circolo vizioso nella teoria smithiana poiché con essa si cerca di stabilire il valore di una merce sulla base del lavoro impiegato per produrla, ma anche il valore (e quindi il prezzo) del lavoro umano sulla base del valore delle merci che esso produce.
Fonte: http://filos.altervista.org/alterpages/files/AdamSmith2.doc
Sito web da visitare: http://filos.altervista.org
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
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