Età ellenistica

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Età ellenistica

 

L’ ETÀ ELLENISTICA (323-31 a.C.)

 

Età ellenistica. Con tale espressione si intende il periodo compreso tra la morte di Alessandro Magno (323 a.C.) e la conquista romana dell’Egitto da parte di Ottaviano (battaglia di Azio, 31 a.C.).
Morto il grande conquistatore, a causa delle lotte intestine l’immenso impero viene diviso in 3 grandi regni: Macedonia, Egitto ed Asia. Accanto a questi, sorgono regni minori, espressione della simbiosi tra la cultura greca e quella orientale.

Crisi della Polis. La città-stato, istituzione politico-sociale fondamentale nella Grecia classica, va in crisi, mentre la Grecia perde la libertà, finendo inglobata in una realtà multinazionale (l’Ellade) comprendente numerosi regni ellenistici.
Nel regno ellenistico la figura preponderante è quella del sovrano, attorniato da una corte di burocrati e funzionari, posto a capo di una massa di “sudditi” (asserviti al potere, mentre il “cittadino” conduceva un’esistenza in cui vita privata e impegno pubblico spesso si fondevano).
Si allargano i mercati verso oriente e si diffonde la schiavitù, la quale causa l’impoverimento progressivo di quel ceto medio di lavoratori liberi che erano stati il tessuto sociale predominante nella democrazia ateniese. I nuovi ricchi sono ora quelli che lavorano per la corte del re o per le opere pubbliche dello stato; l’aristocrazia terriera resta comunque la classe sociale predominante. Alla spaccatura sempre più profonda tra ricchi e poveri fa riscontro l’estraniazione progressiva dei sudditi dalla vita pubblica, a causa di un profondo senso di sfiducia nelle istituzioni e nella politica in generale.

Filosofia e Scienza. La scissione tra individuo e società pone l’intellettuale dinnanzi a un bivio: o ripiegarsi su se stesso, privilegiando studi etico-filosofici (sarà la scelta dei filosofi greci, con centro ad Atene); oppure impegnarsi in ricerche scientifiche specialistiche (sarà l’opzione dei dotti e degli scienziati riuniti attorno al centro di Alessandria d’Egitto).
Alessandria d’Egitto raggiunge il massimo splendore con la dinastia dei Tolomei, sotto la quale prende corpo il grandioso progetto della Biblioteca di Alessandria, ovvero la raccolta dei testi del sapere greco e orientale allora disponibili, per un totale di oltre 700.000 volumi-papiro che venero ordinati per autore e titolo, secondo la concezione moderna del “libro”. Accanto alla Biblioteca, sorge il Museo (= tempio delle muse o del sapere), nel quale dotti e scienziati possono attendere liberamente alle proprie ricerche, stipendiati dalla corte, usufruendo di un osservatorio astronomico, un giardino zoologico, un orto botanico e sale anatomiche (per vivisezione di animali e criminali). Dopo secoli di splendore, il Museo verrà distrutto dai guerrieri islamici nel 642 d.C.
Grazie al Museo si assiste a una splendida fioritura delle scienze (in particolare matematica, medicina e astronomia), pur con un triplice limite:
1) la scienza si separa dalla filosofia: i filosofi dell’antichità (Platone e Aristotele) possedevano nozioni di matematica, fisica e scienze naturali, mentre la filosofia ellenistica tende a trascurare la ricerca scientifica e gli scienziati, dal canto loro, si concentrano su problemi specialistici, trascurando le questioni filosofiche e perdendo una visione globale del mondo e dell’uomo. Nonostante questo divorzio tra scienza e filosofia, alcuni concetti filosofici restano a fondamento della nuova scienza: la distinzione tra realtà e apparenza, la differenza tra verità e opinione, il processo di astrazione;
2) la scienza è portata a sviluppare unicamente l’aspetto teorico della propria ricerca, senza dare conseguenza pratica alle scoperte effettuate. Tale separazione tra scienza e tecnica si ritiene dovuta all’abbondanza di manodopera (schiavi, considerati “strumenti parlanti”) che rende superflua ogni ricerca di macchinari e utensili per aumentare la capacità produttiva del lavoro umano, all’agiatezza economica delle corti, che non stimola la ricerca di ulteriori utili e proventi, e infine alla svalutazione delle attività pratiche – tipica della filosofia classica – in favore della vita puramente contemplativa;
3) la scienza ellenistica è separata dalla società, nel senso che gli scienziati dialogano solo tra di loro, in una ristretta nicchia di specialisti, oppure con il re e la corte. E’ un mondo chiuso, tanto che sia la Biblioteca che il Museo sono di fatto privilegio di una ridotta comunità di dotti e il popolo ne è escluso.
Con la conquista romana dell’Egitto, Alessandria perde sempre più importanza e comincia il lento ma inesorabile declino della scienza alessandrina, le cui ultime propaggini sono rappresentate da Tolomeo (astronomia) e Galeno (medicina), nel II sec. d.C.

La filosofia ellenistica. La Grecia resta la patria della filosofia, con centro ad Atene (fino alla chiusura della Scuola di Filosofia ad opera di Giustiniano, nel 529 d.C.).
Al suddito smarrito dinanzi alla caduta della Polis e alla perdita delle certezze tipiche dell’età classica, isolato dal tessuto sociale e alieno dalla partecipazione politica, la filosofia è chiamata a offrire una nuova visione globale e unitaria del mondo, dando una parola di speranza, di saggezza, di serenità.
La filosofia si pone dunque come risposta a un bisogno di un’epoca, caratterizzata da interrogativi esistenziali ed etici relativi al destino individuale: perché il dolore? Perché il male? Perché la morte? Che cosa è e come si può raggiungere la felicità? La filosofia diventa insomma una sorta di terapia mentale ed esistenziale, una via alla salvezza nella quale il filosofo diventa il medico e il pubblico è considerato come un paziente, essendo la vita una malattia dalla quale occorre guarire, liberandosi dalle falsità delle convenzioni sociali (cinismo), dalle superstizioni e dal timore della morte (epicureismo), dalle stolte credenze (stoicismo), dalle superbe dottrine dei dogmatici (scetticismo).
Nascono varie scuole filosofiche le quali, dato il profondo bisogno di certezze da parte dei sudditi smarriti e confusi, sono poco propense al dialogo, ponendosi più come sette chiuse che come luoghi di libera ricerca del sapere. All’individualismo del suddito dei regni ellenistici fa riscontro, paradossalmente, la ricerca di un ideale cosmopolita (il filosofo come “cittadino del mondo”), che conduce ad accogliere nella filosofia greca temi propri della sapienza orientale (la rassegnazione dinnanzi alla vita, la ricerca di una “via di salvezza”).

La filosofia ellenistica è caratterizzata essenzialmente da tre indirizzi:
1) lo STOICISMO, cosiddetto dal Portico dipinto in cui ad Atene era situata la scuola fondata da Zenone di Cizio;
2) l’EPICUREISMO, ovvero la dottrina della scuola ateniese fondata da Epicuro;
3) lo SCETTICISMO, che più che una scuola è un indirizzo filosofico comune a scuole filosofiche diverse.
Fine comune alle tre filosofie è di garantire all’uomo la tranquillità dello spirito, sulla base di una concezione di felicità coincidente con l’eliminazione delle passioni e dei turbamenti dell’animo.

L’eclettismo. Nel 146 a.C. la Grecia diventa un protettorato romano, dopo che l’Impero Romano aveva già conquistato la Macedonia nel 168 a.C. Se Roma conquista politicamente la Grecia, ne viene però conquistata culturalmente. La filosofia greca è però chiamata ad adattarsi al nuovo contesto romano, nella ricerca di un terreno comune costituito da alcune verità fondamentali scelte dalle diverse correnti filosofiche (ek-légo = “scelgo”) secondo l’accordo tra gli uomini (consensus gentium). Nasce così l’eclettismo, ovvero la tendenza delle correnti filosofiche greche a conciliarsi tra loro per adattarsi alla cultura romana, tendenza cui aderiscono scettici e stoici, mentre gli epicurei restano fedeli all’insegnamento del maestro.

Fonte: https://diegomanetti.files.wordpress.com/2014/12/ellenismo-caratteri-generali.doc

Sito web da visitare: https://diegomanetti.files.wordpress.com

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