APPUNTI DI FILOSOFIA
INDICE
1. ROMANTICISMO E IDEALISMO
1.1. Fichte
1.2. Schelling
1.3. Hegel
2. Schopenhauer
3. Kierkegaard
4. Destra e Sinistra Hegeliana
5. Feuerbach
6. MARX E IL MARXISMO
6.1. Marx
6.2. Bernstein
6.3. Lenin
6.4. Luxemburg
6.5. Lukacs
6.6. Bloch
6.7. Gramsci
7. POSITIVISMO
7.1. Darwin
7.2. Comte
8. Nietzsche
9. Freud
10. Bergson
11. Pragmatismo americano
12. Croce
13. Weber
14. SCUOLA DI FRANCOFORTE
14.1. Horkheimer
14.2. Marcuse
14.3. Adorno
15. FENOMENOLOGIA
15.1. Husserl
15.2. Stein
16. Heidegger
ROMANTICISMO
1. senso di identità nazionale
2. mito dell’eroe sconfitto
3. natura vista come madre di tutti, è un punto di riferimento
4. senso costante dell’infinito
5. onnicomprensività
IDEALISMO (Fichte, Shelling)
Si cerca di dare una risposta al problema lasciato aperto dalla filosofia di Kant, ovvero l’inconoscibilità del Noumeno. Qual è la relazione che esiste tra Fenomeno e Noumeno?
FICHTE
Nasce da famiglia estremamente povera e si mantiene facendo il precettore. Segue con interesse la filosofia di Kant e ne resta ammaliato.
1794: prima edizione di “Dottrina della scienza” , viene accusato di ateismo ed empietà
1807-09: momento di gloria, pubblica “Discorsi alla nazione tedesca” dopo la sconfitta prussiana nella guerra franco-prussiana e richiama al senso di identità nazionale.
In seguito pubblica “Missione del dotto”, accusato di empietà, richiama alla funzione sociale degli intellettuali: “fanno la Nazione”.
Fichte introduce l’identità indiscussa tra il soggetto conoscente e l’oggetto conosciuto. Risolve il problema del dualismo kantiano nell’Io penso, modificando però il senso dell’Io penso kantiano. Inoltre porta avanti la Rivoluzione Copernicana: il problema è l’esistenza stessa sia del soggetto che dell’oggetto, ad esempio il principio di non contraddizione: A1 = A2 = B
Priorità degli elementi dell’Io puro:
1. agire; l’attività creatrice che determina tutta una serie di altre realtà
2. conoscere; nel momento in cui l’Io si conosce, genera subito un non-Io, cioè una sua negatività, e quindi si crea un limite a sé nel mondo (l’oggetto conoscibile)
3. attività morale; si vuole eliminare il limite posto dal non-Io e raggiungere la libertà.
1) Se A1 è uguale ad A2, prima devo affermare l’esistenza di A1, ma A1 da che cosa è originato?
Fichte risponde che esso è originato da sé medesimo, in quanto il processo di autogenerazione di A1 è messo in relazione all’essere stesso (A2). Sia il soggetto che l’oggetto sono in essere perché si autodeterminano nell’essere. Il soggetto e l’oggetto non sono differenti perché l’azione precede il loro essere, per cui c’è anche una rivoluzione da un punto di vista ontologico.
Ager secutum esse esse secutur age tutto ciò che esiste è successivo ad un’azione.
DIO il Creato
azione (l’essere)
L’Io non viene creato, ma si autoproduce generando l’essere dell’Io.
A = A
Io autogenera essere dell’Io
Non esiste niente che sia diverso dall’Io stesso, tutto è compreso nell’Io puro
2) la prima cosa che l’Io puro fa è quella di dire “io sono, esisto”, ma facendo questo si pone un non-Io, cioè qualcosa che lo limita. L’Io puro riconosce in se stesso un non-Io in quanto limite di se medesimo, ma siamo sempre nel campo dell’infinito, quindi anche il non-Io è infinito
Se ad esempio consideriamo l’Io puro una sfera immensa, possiamo facilmente capire come il suo limite, cioè il non-Io, sia la superficie. Il mondo concreto, cioè l’oggetto, è il limite che mi pongo. Ne deriva facilmente che l’Io penso e l’oggetto sono uguali.
Io penso = oggetto fenomeno = noumeno
L’Io puro genera quindi degli Io empirici (ad es. l’uomo) a sua somiglianza, perciò ogni persona partecipa alla conoscibilità dell’Io assoluto. Tutti gli Io empirici finiti rientrano nell’Io assoluto.
Io puro = Io empirico non c’è separazione
Le cose, le realtà materiali sono tutte parte di una totalità assoluta. Fichte si rifà in un certo senso a Spinosa (la Natura è tutto) trasferendo un’idea nota in un mondo idealistico. Non c’è più discrepanza tra Fenomeno e Noumeno, resta solo una differenziazione logica.
3) L’ultima attività dell’Io penso è quella morale, per eliminare il limite posto dal non-Io e raggiungere la libertà. Tuttavia l’Io puro non riuscirà mai nel suo intento:
eliminando il non-Io, l’Io puro si autodistruggerebbe in quanto parte integrante di sé
L’attività morale a livello personale è la persona che agisce, lavora, che si dà da fare: il “poltrire” sarebbe un crimine. Bisogna produrre qualcosa imposto dallo Stato:
più io produco + realizzo me stesso
“Missione del dotto”
La finalità di questo libro è quello di spronare l’uomo a inserirsi in un contesto sociale dove l’attività fondamentale è l’azione, il lavoro.
L’attivismo del cittadino è finalizzato ad un tipo di economia autosufficiente; Fichte sostiene che nel popolo tedesco c’è l’orgoglio necessario per ripristinare una nazione di tutto rispetto.
SHELLING
Shelling prende spunto dal soggettivismo di Fichte per produrre un filosofia diversa. Egli parte da una polemica nei confronti di Fichte:
nella filosofia di Fichte c’è un’eccessiva svalutazione di tutto ciò che è la realtà empirica, cioè butta tutto nel non-Io; ne segue che la Natura è caratterizzata da una negatività di radice.
Shelling rappresenta una revisione dell’idealismo di Fichte per rivalutare l’oggetto pur mantenendo il soggetto. Propone un processo di graduale realizzazione dell’Io empirico rispetto all’Io puro.
Secondo Shelling esiste uno spirito (infinito, totale, realtà unica) animato da un processo graduale attraverso cui manifesta se medesimo nella lenta materializzazione della materia.
La Natura è uno spirito che si è realizzato, concretizzato (realtà materiale) in un processo graduale: dalla realtà più bassa fino ad arrivare all’uomo attraverso una consapevolezza di essere spirito.
Uomo
Spirito cosciente di essere spirito della natura
materia solidificata solidificata
Spirito puro e Natura sono in perfetta simbiosi nell’uomo, ovvero il punto di arrivo del processo di materializzazione. L’uomo è la più completa realizzazione dello spirito.
In questo processo non vi è la negativizzazione della natura, perché è uno spirito naturalizzato, cioè un ideale (spirito assoluto) che diventa reale (materia). È quindi un processo detto d’identità, in quanto vi è un’auto-manifestazione dello spirito in momenti diversi.
L’importanza dell’arte – l’intuizione estetica
Importante per Shelling è il discorso sull’intuizione estetica: la funzione reale è il momento conoscitivo prioritario del processo di conoscenza dello spirito assoluto.
Attraverso l’arte in modo intuitivo si può conoscere l’identità tra il reale e l’ideale, l’arte per Shelling è lo strumento prioritario per arrivare alla conoscenza assoluta. Il genio artistico (l’artista) trasmette tramite la materia la simbiosi tra spirito assoluto e materia. L’artista supera la dimensione del filosofo.
Si parla quindi di idealismo estetico in quanto si dà grande importanza all’arte a livello cognitivo.
Arte: unione tra conscio e inconscio.
Natura: mondo manifestato dell’assoluto; espressione dell’assoluto. È connotata molto positivamente perché è l’alter ego dello spirito.
HEGEL
Con Hegel si attua la forma di idealismo più completa in quanto la sua filosofia è una sintesi tra Fichte e Shelling.
Obiettivo: superare qualsiasi genere di rottura tra il soggetto e l’oggetto, tra l’io e il non-io, tra lo spirito e la natura per ottenere un sapere completo, omogeneo, razionale, sistematico.
Hegel considera la logica come la scienza prima per le giovani menti adolescenziali.
Hegel:
1. viene definito come un rinnovatore del sapere enciclopedico medievale
2. formazione di tipo classica, studia filosofia e teologia
3. è l’espressione sintomatica di una cultura tedesca sistematica, metodica e regolare
4. vive negli stessi ambienti di Fichte e Shelling
5. non apprezza lo spirito romantico
6. condivide con il romanticismo unicamente il concetto di in finitezza
Opere:
1. “Differenza tra i sistemi filosofici di Fichte e Shelling” (1801, Jena)
2. “La fenomenologia dello spirito” (1807)
3. “Scienze della logica” (1816)
4. “Enciclopedia delle scienze filosofiche”
La filosofia di Hegel rimarrà in conclusa, perché lascerà aperte delle porte che daranno alito al dibattito post-hegeliano. In questo dibattito si creeranno diverse fazioni (destra e sinistra) che prenderanno posizioni diverse sulla filosofia di Hegel. La critica post-hegeliana tenderà a essere diversa a seconda del testo che verrà privilegiato.
DIFFERENZA TRA I SISTEMI FILOSOFICI DI FICHTE E SHELLING
Durante la sua prima fase, Hegel è attratto dal mondo greco e dalle problematiche religiose. In quest’opera infatti Hegel prende in considerazione la filosofia di Fichte e Shelling ed evidenzia come vi siano delle discrepanze, cioè delle non-conclusioni.
Fichte: ha colto l’importanza di contrapporre dialetticamente l’io e il non-io e ha compreso tutto nell’io puro. Tuttavia la sua filosofia si risolveva in modo astratto, in quanto l’io infinito non raggiunge mai un risultato, resta irrisolto.
Shelling: ha colto che la negatività della natura posta da Fichte era eccessiva e ha cercato di ripristinare un’equità tra lo spirito e la natura. Tuttavia a forza di rendere la natura in simbiosi con lo spirito ha finito per vanificarne i limiti, non si capisce più dove finisce uno e inizia l’altro. L’assoluto di Shelling finisce per essere l’opposto di quello di Fichte.
LA FENOMENOLOGIA DELLO SPIRITO
Rappresenta la fase di passaggio dall’Hegel giovane (più critico) ad un Hegel più maturo (espone la sua dottrina filosofica). È il tentativo di mostrare il cammino dello spirito mantenendone però ben distinte le fasi: è un processo dialettico.
Tutto è spirito: lo spirito cammina e diventa realtà, la realtà poi si coglie come spirito; è un momento ideale che si fa reale, ma che poi si riconosce come ideale.
La storia universale è il processo attraverso cui lo spirito si concretizza, la natura è solo una fase.
Per Hegel la storia è:
1. la comprensione razionale della realtà nella sua complessità e nel suo divenire
2. è comprensibile sempre e solo nel presente
3. la successione del presente crea la storia
La comprensione totale del reale è uguale alla comprensione totale della storia, il reale, in sostanza, coincide con la storia.
La storia ha un senso, procede infatti verso un suo fine, ovvero la realizzazione piena della propria razionalità
Per spiegare questo processo di concretizzazione dello spirito Hegel usa delle figure retoriche, che saranno poi il punto di riferimento della filosofia successiva:
1. servo-padrone: è il rapporto tra la coscienza e l’auto-coscienza, ovvero è il processo attraverso cui il servo si libera dalla sua condizione sociale e acquisisce gradatamente la consapevolezza di essere spirito.
2. scettico: è la figura della coscienza infelice legata al cristianesimo; l’auto-coscienza cristiana è proiettata verso l’infinito (Dio) ed è consapevole di vivere in una dimensione reale che gli impedisce di cogliere la figura di Dio; ciò genera quindi infelicità.
Il processo dialettico del reale non è un metodo, ma è l’essenza stessa del reale. È il divenire senza cui il reale non esiste. Senza il divenire non c’è l’essere. C’è un divenire che nel suo processo determina tutto il reale, cioè la storia. Questo processo si divide in tappe:
1. tesi: l’essere pone in modo unilaterale la realtà
2. antitesi: se pensiamo all’essere non possiamo fare ameno di pensare al non-essere. Anche il non-essere è unilaterale.
3. sintesi: per giungere alla completezza si attua una sintesi tra i due momenti, ovvero il divenire, cioè un movimento incessante dell’essere nella sua dimensione positiva.
Il Divenire è:
1. il movimento incessante dell’essere nella sua dimensione positiva
2. la concretezza dell’essere
3. la realtà
C’è in Hegel il recupero di una prospettiva classica (Eraclito) nel vedere la realtà come una continua contrapposizione di eventi.
Il processo del divenire determina un momento di totale esternazione, Hegel quindi introduce il termine dell’Alienazione
Alienazione: indica un momento dell’antitesi; l’essere si estranea da se stesso.
Il discorso viene trasportato all’universalità dello spirito che prende gradatamente coscienza di se stesso.
Nella dimensione universale ci sono tre momenti dello spirito:
1. logica: si coglie lo spirito in sé. La logica è una struttura di pensiero puramente formale; quando lo spirito si coglie in se determina necessariamente una sua posizione, e quindi si aliena (si rende altro da sé) diventando natura.
2. natura: si coglie lo spirito fuori di sé, si aliena. La natura è la materializzazione dello spirito: è l’idea che giunge all’idea della natura che alienandosi produce la natura materiale. La natura si sviluppa nello spazio e nel tempo in tre momenti:
• studio della meccanica
• studio della fisica
• studio della scienza organica: c’è una qualche consapevolezza di elementi statici e mobili. La natura organica riprende consapevolezza di sé, torna in sé, e si coglie come pienezza dello spirito.
3. spirito: è la sintesi del processo razionale in quanto il logos è reale in quanto natura. La natura si riconosce come natura in quanto spirito materializzato. Lo spirito si coglie in sé e per sé come spirito assoluto. Una volta colto come spirito assoluto, coglie la sua poliedricità.
Lo spirito può essere:
1. soggettivo: lo spirito si identifica con l’io-empirico e con il suo svelarsi progressivo dell’autocoscienza. L’io-empirico si coglie in tre momenti:
• antropologia: l’io-empirico studia l’anima in modo specifico in base a:
razza
clima
età
e trova le sue potenzialità
sensazione: tramite i 5 sensi
sentimento: tramite le facoltà interiori
abitudine: considerata come consuetudine a percepire, capire e conoscere
• fenomenologia: studio esterno del fenomeno dell’io-empirico; è la contrapposizione di un soggetto conoscente ad un oggetto conosciuto
• psicologia: l’io-empirico si ricompone nella sua pienezza.
Volontà: è l’istinto; l’uomo ha un desiderio innato verso la libertà. Ma questo desiderio deve passare dal desiderio di libertà individuale al tentativo di realizzare una condizione libera, ovvero la libertà sociale. La libertà è divisa in tre momenti:
• africa e asia: luoghi dove la libertà sociale è completamente assente
• roma e grecia: libertà condizionata dalla condizione di schiavitù (imperfetta)
• cristiani: la libertà è una prerogativa di ogni uomo in quanto uomo.
Quando l’io-empirico giunge alla piena conoscenza di sé è pronto per alienarsi e diventare oggetto.
2. oggettivo: nel momento in cui l’io-empirico si fa oggetto si generano delle realtà (istituzioni) frutto della mente umana in tre momenti:
• diritto: si divide in
diritto formale; facoltà giuridica: il diritto è enunciato in tramite una forma.
diritto di proprietà
La coesistenza giuridica degli esseri si basa su due principi costitutivi del diritto stesso:
rispetto della vita
rispetto della proprietà privata
proprietà: capacità di impadronirsi di ciò che non possiede alcuno; è una capacità come cosa posseduta.
Quando si passa da enunciare una regola a interiorizzarla si genera la morale.
• morale: è la presa di coscienza della norma in quanto se medesima. Si ha un ribaltamento del diritto naturale, in quanto la norma sta fuori di me per poi diventare in me. Nel diritto naturale, conforme alla natura dell’uomo, i diritti vengono esplicitati nel diritto che protegge la proprietà privata e la vita.
• eticità: il diventare verità dei due momenti precedenti. L’eticità, cessando di essere astrazione, si colloca nel divenire storico. Acquisisco la norma, la interiorizzo e la estrinseco in istituzioni sociali che sono la manifestazione della morale interiore dell’uomo:
famiglia: è il primo nucleo di esistenza della persona stessa; si articola in tre momenti:
attrazione sessuale
istituto contrattuale (matrimonio)
procreazione
La famiglia si esplicita nella sua pienezza con l’educazione del figlio; ma ha comunque una vita abbastanza limitata perché necessariamente si dissolve.
società: è l’unione di più famiglie legate da bisogni economici. Si crea la società civile: Hegel si sofferma molto a valutare le relazioni che organizzano l’attività economica tra le famiglie. Ma le famiglie da sole non sono in grado di gestire tutte le necessità contemporaneamente.
stato: tutte le potenzialità vengono colte nella loro dimensione totale; è il razionale in sé e per sé, è il massimo grado della presa di coscienza della realtà nella sua dimensione totale. Caratteristiche:
stato etico: essendo un’entità suprema, lo stato trova in se la giustificazione della propria esistenza. Deve essere la totalità di un organismo in cui l’uomo è solo un infima parte. In pratica è detto stato etico perché forma le regole e le applica ai cittadini e non viceversa (sarà la fonte di tutti i nazionalismi dell’800). Le corporazioni moderano i rapporti tra lo stato e i cittadini; tolte quest’ultime si sfocia nel totalitarismo.
stato anticlericale: non ha nessuna relazione con il mondo della chiesa, perché quest’ultima è vista come un elemento che può presiedere ad una spiritualità escatologica. In pratica la chiesa estrinseca una morale ultraterrena.
Lo stato si articola poi in altri tre momenti:
popoli: successione di momenti attraverso cui prende coscienza di sé.
nazioni: incarnazioni storiche dello spirito
guerra: è necessaria, è il momento di transizione tra una fase e l’altra per addivenire ad una sintesi politica. È una componente dello sviluppo sociale.
L’astuzia dello spirito sta nel dare l’illusione ai cittadini di essere fautori del proprio destino. Ma gli uomini sono marionette dello spirito: c’è solo una presa di coscienza del proprio essere in questo sistema. La ragione da l’illusione all’uomo di poter prendere delle scelte che comunque sono già decise. L’affermarsi della storia si articola in tre momenti:
• infanzia delle società antiche: le società orientali
• adolescenza dei popoli: grecia e roma; sviluppo dello spirito che ha raggiunto nella realtà tedesca il suo pieno inveramento.
• maturità: si configura nello spirito prussiano e nell’identità tedesca
Tuttavia non si può chiudere il processo di autocoscienza dello spirito, perché se no finirebbe automaticamente la storia.
3. assoluto: lo spirito assoluto prende coscienza di sé in tre momenti
• arte: ci fa cogliere lo spirito tramite le intuizioni sensibili in tre momenti
simbolica: tramite le dimensioni e i pesi trasmette l’assoluto (es. piramidi)
classica: l’equilibrio è l’elemento determinato; l’assoluto si coglie nell’equilibrio delle forme e dei colori
romantica: l’equilibrio, che è quasi perso, viene vissuto come nostalgia
• religione: rappresenta l’assoluto informe, è un rapporto tra finito e infinito che rende possibile la rappresentazione dell’essenza dell’assoluto. Si articola in tre momenti:
naturale: la divinità è immersa nella natura
interiore: religione ebraica; la divinità è colta in una dimensione statica
assoluta: cristianesimo; il divino si incarna e si rivela.
• filosofia: è la comprensione che lo spirito ha di se stesso come pieno cammino dello spirito stesso. Il pensiero raggiunge la piena coscienza della sua storia attuata tramite il processo dialettico. Il logos è storia, la filosofia è storia e quindi la filosofia è logos nella sua pienezza. Si articola in tre momenti:
orientale: è un abbozzo della filosofia antica
greca: oggettivazione dell’idea, l’individuo coglie l’universale come separato da se
cristiano-germanica: solo la filosofia germanica porta al pieno compimento del processo conoscitivo, perciò solo Hegel ha la pienezza dello spirito.
RIFLESSIONI SU HEGEL
1. perché la sua filosofia è detta panlogismo? Perché egli riduce l’intera realtà al pensiero, cioè al logos, riconoscendo in se medesimo la propria realizzazione.
2. il processo di Hegel non è rettilineo, ma ciclico (tesi, antitesi, sintesi), quindi riproduce sempre la stessa realtà.
3. il discorso di Hegel può essere ricondotto al tentativo di esprimere il messaggio cristiano in termini culturali. Hegel parla di spirito che determina la realtà, ma si può anche usare la parola Dio al posto di spirito.
4. il processo dialettico può essere un’immanentizzazione del reale; non vi è altro che natura.
5. perché la sua filosofia è detta panstoricismo? Perché la sua filosofia è la storia, ovvero spirito manifestato. La storia è un processo evolutivo dello spirito. Hegel inizialmente è un sostenitore della rivoluzione francese ma in seguito rifletterà e verificherà come l’illuminismo determinerà il “terrore”, ovvero un abbrutimento delle strutture politiche e sociali. Secondo Hegel i rivoluzionari non sono stati in grado di alienarsi, sono rimasti solo al primo momento: c’è stato un errore nel processo dialettico.
LA SCUOLA HEGELIANA (destra e sinistra)
L’idealismo dà l’impressione di aver portato a pieno compimento l’evoluzione culturale dell’Europa, ma Hegel lascia in sospeso alcuni punti:
1. la funzione dello stato prussiano
Destra: sostiene che l’idea assoluta dello spirito si sia incarnata nello stato prussiano e perciò propende per la formazione della “Grande Germania” che comprendeva anche l’Austria.
Sinistra: privilegia il momento dialettico in quanto lo spirito non può negare se stesso poiché annullerebbe l’essenza più profonda dello spirito stesso. Ogni realtà finita deve essere necessariamente superata da un’altra realtà.
2. la funzione della religione, in quanto teoricamente è un momento transitorio, ma in realtà non c’è differenza con la filosofia.
Destra: sostengono che la filosofia di Hegel sia conciliabile con il cristianesimo.
Sinistra: sostengono che la religione venga superata dalla filosofia e perciò non ha nessun motivo di esistere. La religione è un momento dialettico necessario ma al tempo stesso superabile.
Mentre la destra è una forma di stabilizzazione sociale, la sinistra è un movimento rivoluzionario permanente. A breve termine vince la destra, ma più avanti sarà la sinistra che avrà il sopravvento.
Esponenti:
1. Destra: Rosenkranz, biografo di Hegel e bibliografo. La destra possiede una forte componente culturale.
2. Sinistra: Strass (colui che chiama la due fazioni “destra e sinistra hegeliana”), Stirner (fondatore dell’anarchismo) e Bauer. La sinistra è composta da una serie di ribelli professionali.
REAZIONI ALL’IDEALISMO
Si reagisce nei confronti dell’ottimismo idealista mettendo in evidenza la condizione insofferente dell’uomo. L’uomo è un io singolo, non è uno spirito assoluto. Questa reazione si pone le domande in un contesto che privilegia la sofferenza.
1. che senso ha la vita?
2. che cos’è il dolore/noia?
3. qual è il bisogno che ci spinge a vivere?
La rivoluzione industriale cambia le condizioni di lavoro e il rapporto tra il lavoratore e il datore di lavoro, per cui ci si interroga che tipo di esistenza sia quella del lavoratore: c’è spazio per la felicità?
Si cerca di conoscere la finitezza della condizione umana, si introducono idee che si svilupperanno in Freud (l’io di Schopenhauer sarà l’inconscio di Freud). L’uomo non è solo intelletto, ma alcuni aspetti sono oscuri.
SCHOPENHAUER
Schopenhauer nasce in Polonia in una famiglia molto benestante: non ha una tradizione culturale, ma commerciale che egli descrive nella sua biografia. Vive per due anni in Francia per essere educato all’attività mercantile provocandogli grande sofferenza. Grazie alla madre entra in contatto con Meyer, conoscitore della cultura indiana, e grazie a lui inizia a leggere i testi sacri della tradizione induista e buddista. Fu allievo di Fichte da cui poi resterà deluso. Era colpito dalla filosofia di Platone (duplicità del reale) e da quella Kantiana (ricerca del Noumeno). Ma soprattutto apprezza la duplice realtà esposta nella filosofia orientale (Velo di Maya): al di là di ciò che si coglie con i sensi c’è la realtà vera. Il mondo è apparente (fenomeno) ma ha anche una realtà che non possiamo vedere. Riprende anche Berkeley dicendo che il soggetto conferisce l’esistenza all’oggetto in base a se stesso, come è peraltro citato nella rivoluzione copernicana di Kant.
1818: pubblica “Il mondo come volontà e rappresentazione” , ma non riscuote molto successo.
Realtà: dipende dal soggetto. È un continuo fluire di immagini che si organizzano tramite le forme di spazio e tempo in un’unica categoria: la causalità. Tutto è riconducibile ad un rapporto di causa effetto, che in sostanza, è anche l’essenza profonda della materia, è il noumeno. La realtà materiale è quindi dominata dal determinismo, ovvero dalla causa-effetto.
Nel mondo però non c’è soltanto la realtà inorganica, ma esiste anche la vita. La vita è il movimento del reale che si può conoscere nella sua essenza togliendo il “velo di Maya”. La realtà è la rappresentazione personale che si può superare con l’analisi di se stesso.
Analizzando la propria vita ci si coglie come fenomeno (realtà materiale), ma anche come una forza intrinseca che muove i gesti, ovvero la volontà umana. Quindi è la volontà che ci muove. Noi compiamo i gesti come risposta alla volontà istintiva di vivere. Istintivamente si sente la necessità di sopravvivere in relazione alla volontà interiore. La realtà vivente è dominata da questo istinto primordiale che non è razionale, ma è dimostrato dal non suicidarsi e dalla reazione al pericolo per sfuggire alla morte.
Volontà: ci spinge inconsapevolmente a desiderare qualcosa
1. è una forza che non si può dominare
2. è realtà inconscia ed eterna, propria dell’esistenza del mondo
3. è unica in quanto presente in tutti gli esseri viventi
4. incessante perché emerge sempre attraverso i continui desideri
5. universale
6. sinonimo di desiderio, indicando perciò una mancanza di qualcosa, e quindi sinonimo, al tempo stesso, di sofferenza per qualcosa che non si possiede.
La vita umana è perciò dolorosa in quanto si vive in un perenne stato di sofferenza. Il dare soddisfazione ai propri desideri ingenera la noia e quindi conseguentemente sofferenza.
Soluzioni a questa condizione di vita
1. apparenti e false
• soddisfazione del desiderio, come ad esempio l’amore: la soddisfazione del desiderio sessuale conduce al rapporto sessuale che si conclude con la procreazione; tutto ciò è negativo in quanto si fa ricominciare il processo della volontà.
• suicidio: esaltazione della volontà; per vivere bene, infatti, bisogna soffocarla e non esaltarla.
2. palliative (temporanee)
• compassione: atteggiamento che ci porta a sentire una dimensione di condivisione con chi sta soffrendo o è felice.
• arte: ci porta ad una contemplazione estranea e temporanea. È più profonda della compassione e ci permette di staccarsi più a fondo dal nostro vivere.
3. vera soluzione
• ascesi: è una strada difficile riservata a pochi. L’uomo raggiunge il Nirvana (il nulla) tramite uno stato di totale atarassia, non volontà, liberandosi totalmente da qualsiasi desiderio personale. Si parla di Noluntas, ovvero non volontà.
Questa realtà di sofferenza che genera la noia, lo avvicina soprattutto agli ideali leopardiani per la mancanza di uno prospettiva escatologica e per una concezione della realtà come dolorosa e sofferente.
KIERKEGAARD
Soren Kierkegaard è un protestante pietista (religione intimistica che pone l’attenzione sulla punibilità delle proprie colpe) che nasce in Danimarca. Alla morte della madre il padre si risposa con la governante e Kierkegaard accusa il padre di aver tradito la moglie prima ancora della sua morte. Successivamente muoiono anche i suoi tre fratelli e a questo punto Kierkegaard fa ricadere tutte le colpe sul padre. Dopo essersi laureato in teologia abbandona la carriera ecclesiastica per potersi sposare; tuttavia il suo matrimonio viene interrotto senza apparenti motivazioni da egli stesso. Tutto ciò determina una serie di conflitti interiori che saranno il soggetto specifico delle sue opere che verranno pubblicate con uno pseudonimo.
“Aut aut”: autobiografia
“Timore e tremore”
“Briciole di filosofia”
“L’esercizio del cristianesimo”
Tutti i testi sono scritti in danese e perciò rimane un autore sconosciuto fino al ‘900, quando sarà il punto di riferimento per gli esistenzialisti.
AUT AUT
Questo testo è una netta contrapposizione ad Hegel in quanto, mentre il suo processo era riconducibile più ad un “et et” (tesi e antitesi e sintesi), la filosofia di Kierkegaard invece è più riconducibile ad una separazione. Alla sintesi si sostituisce la rottura che determina l’essenza dell’uomo.
Kierkegaard pone al centro della sua filosofia la vita individuale; infatti per lui la filosofia è un impegno di vita. L’unica cosa che posso conoscere è la singola realtà. È una filosofia che pone in primo piano l’etica volendo perseguire lo studio del comportamento umano nel più profondo del suo essere; in pratica si studiano le relazioni dell’uomo con se stesso e con gli altri. L’uomo vive insieme agli altri, ma di fronte alla propria coscienza è solo, è lui che deve decidere. Si gioca molto sul singolo, il quale determina l’esistenza umana.
Kierkegaard evidenzia tre tipi di esperienza che l’uomo può fare nella sua vita, chiamandoli per l’appunto stadi di vita. Tuttavia non sono stadi progressivi, ma condizioni in cui l’uomo sceglie liberamente di trovarsi. L’uomo può cambiare la sua condizione facendo un “salto” radicale da uno stadio all’altro, ma non può assolutamente trovarsi a metà tra uno e l’altro.
1. estetico: il soggetto sceglie il divertimento, l’ebbrezza dei sensi, la parte più irresponsabile e facile della vita. Il soggetto gode della bellezza e dell’amore vivendo in una condizione senza-ruolo. Non vuole avere responsabilità.
simbolo: Don Giovanni; vive la vita pericolosamente ma spassionatamente. La donna viene presentata come non troppo intelligente poiché è priva di arguzia e facile all’essere sedotta.
handicap: la continua ricerca del piacere ingenera la noia. La soddisfazione del piacere è il raggiungimento della noia. Chi ha vissuto a pieno questo stadio si rende conto di dover fare un salto in un altro stadio.
2. etico: il soggetto sceglie la responsabilità, la presa di coscienza dei propri impegni verso di sé, la famiglia e la società.
simbolo: Guglielmo; il buon padre di famiglia che si prende le sue responsabilità giocando la sue esistenza nella responsabilità verso la società e la famiglia. È il ruolo della stabilità, della continuità. La donna è la buona madre di famiglia che risponde alle aspettative del marito. L’individualità è sottomessa alle esigenze della famiglia e del lavoro.
handicap:
• questa situazione conduce al conformismo, alla ripetitività delle azioni e quindi alla noia
• nasce un senso di colpa di fronte all’imprevedibilità della vita, all’incompiutezza in confronto a Dio. L’uomo si sente limitato, incapace di dominare la situazione perché sente che sopra di lui esiste un’entità superiore.
3. religioso: il soggetto sceglie una dimensione totalmente di fede, ovvero l’accettazione del rapporto tra il singolo e Dio. La fede è paradosso e assurdo: è accettazione della verità nella consapevolezza della limitatezza personale.
simbolo: Abramo; l’uomo religioso che sceglie di ubbidire a qualcosa che gli viene ordinato di ubbidire. Questo stadio impone di andare contro le leggi naturali essendo una radicalità assoluta. Il salto religioso necessita per forza della fede.
paradosso: Cristo, ovvero il Dio fatto uomo, l’infinito incarnatosi nel finito. Questa è una dimensione che deve essere vissuta fino in fondo in quanto elemento radicale, come radicale è la fede e la religiosità del filosofo.
FEUERBACH
Esponente della piccola borghesia tedesca che interrompe il suo corso di studi per trasferirsi a Berlino. Si appassiona di Hegel e si accentua la sua posizione antireligiosa.
1848-49: Feuerback vive un momento di gloria grazie ai moti insurrezionali perché viene chiamato ad una cattedra universitaria. Tuttavia dopo i moti la cattedre gli viene tolta e finisce la sua vita isolato in una casa di campagna. Scrive:
“Per la critica alla filosofia hegeliana”
“L’essenza del cristianesimo”
PER LA CRITICA ALLA FILOSOFIA HEGELIANA
1. Feuerback sottolinea la tendenza di Hegel a divinizzare le forme superiori dello spirito, sostenendo che sono solo espressioni dell’uomo.
2. il sistema di Hegel è un panlogismo; ovvero la pretesa di spiegare tutto tramite il logòs, togliendo valore a tutto ciò che è materiale. L’elemento empirico sfugge alla sua dimensione sfociando in una dimensione logico-razionale.
3. tutto l’idealismo è una filosofia mascherata; è il capovolgimento di una dottrina teologica secondo cui Dio ha creato tutto il reale.
Feuerback vuole ristabilire un primato del finito sull’infinito in una dimensione oggettiva, perciò, partendo da Hegel, capovolge la filosofia sostenendo che la filosofia è la scienza del finito. L’uomo è il perno centrale del finito, per cui la filosofia diventa antropologia, ovvero studio dell’uomo. Egli non è materialista, ma la sua filosofia è un umanesimo immanentistico perché considera la complessa struttura dell’uomo.
Uomo: unità psico-fisica; insieme di funzioni organiche che ha anche una mente con cui interagire. Feuerback pone l’accento più sul fattore fisico che psichico. L’uomo si realizza nella dimensione sociale, poiché da solo non ha una dimensione umana. La pienezza è colta solo nella relazione con gli altri.
I valori morali vengono considerati sulla base della comunità sociale (riferimento a Hobbes). L’individuo deve inserirsi nella massa. Gli uomini condividono sempre dei bisogni fondamentali per la sopravvivenza.
“l’uomo è ciò che mangia” la dimensione prima degli uomini è quella dei bisogni materiali (mangiare, bere, dormire, etc.)
L’uomo tende costantemente ad un’esigenza al bene, ad una necessità alla cose buone, all’infinito; e la voglia di soddisfare queste esigenze ha fatto si che l’uomo inventasse una dimensione esterna a sé per soddisfare appunto queste esigenze. Ha creato una dimensione soprannaturale, il mondo divino.
Dio: proiezione fantastica di esigenze primarie in una dimensione soprannaturale. La religione è solo l’alienazione (proiezione esterna) dei beni fondamentali mancanti dell’uomo. Tutte le aspettative non realizzate vengono alienate creando la religione.
Cristianesimo: è l’espressione più perfetta del soprannaturale, in Cristo si raggiunge la proiezione perfetta dell’umano nel divino.
La necessità di bene, amore e quant’altro deve essere acquisita nella dimensione di comunità. La religione è ridotta ad un fenomeno antropologico.
Se Hegel ha fondato tutto sull’infinito, Feuerback fonda tutto sul finito: tutto è generato dal finito. Feuerback rivaluta, quindi, la finitezza come dimensione che ha una sua autonomia, ma la fa dipendere comunque dall’infinito. Verrà accusato di aver manifestato il romanticismo in quanto c’è una voglia di spiegare il mondo in una dimensione romantica.
CARL MARX
Nasce in Germania nel 1818 in una famiglia ebrea. Il padre si converte formalmente al luteranesimo per avanzare nella carriera lavorativa. Frequenta il corso di giurisprudenza e nel mentre incontra la sua futura moglie, Jenny. Il padre non apprezza molto questo incontro e così lo trasferisce a Berlino. Qui Marx incontra Bauer, esponente della sinistra hegeliana e si appassiona della filosofia greca. Successivamente viene allontanato dal contesto universitario provocandogli una crisi. La sua formazione classica gli gioverà nella vita dandogli una molteplicità di stile. La vita di Marx ha un influsso diretto sulla sua vita biografica:
1. incontro ed amicizia con Engels
2. partecipa ai moti rivoluzionari del 1848 e viene invitato dalla Lega dei comunisti a stilare un manifesto per il partito comunista francese
3. esiliato dalla Francia, si rifugia in Inghilterra presso il suo amico Engels
4. 1864: da vita alla prima internazionale
5. muore nel 1883
Opere:
1. Critica alla filosofia Hegeliana
2. Il manifesto
3. Tesi su Feuerbach
4. Il capitale, 1860
5. La Sacra famiglia
6. Manoscritti economico-filosofici, 1844
CRITICA ALLA FILOSOFIA HEGELIANA
All’inizio della sua carriera, Marx si pone nella sinistra hegeliana, ma in seguito si staccherà.
Condivide: l’impostazione dialettica dell’esistenza, dove l’uomo ha una prospettiva di progresso storico. La natura è dinamica e perciò anche i processi sociali sono dinamici e conflittuali. L’uomo è posto incessantemente ad un divenire dialettico, e perciò la storia è un continuo antagonismo dialettico. L’uomo è visto nella sua socialità.
Critica:
1. il divenire non è sempre un processo logico, perché non ha considerato gli oggetti reali. Secondo Marx sono da valutare prima gli oggetti reali e poi le astrazioni concettuali.
2. Hegel è caduto in un panlogismo, ha perso totalmente la concretezza della dimensione svolta.
3. Hegel ha costruito questo sistema filosofico solo per giustificare lo Stato prussiano, tradendo la sua originaria volontà.
TESI SU FEUERBACH
Condivide:
1. la riduzione della religione ad un fondamento umano; la religione è solo antropologia
2. il rifiuto delle astrazioni di Hegel
3. la concezione che la natura, cioè l’uomo, esiste precedentemente al concetto
Critica:
1. Feuerbach si disinteressa dell’uomo storico, riducendo tutto ad un astrattismo. Si dimentica di discutere la solidarietà umana, che deriva dal problema economico, dalla quale si creano le relazioni umane.
2. Feuerbach non si è posto il problema di come trasformare il mondo, ha solo esposto i problemi a livello teorico. Marx sostiene che la filosofia deve essere pratica, deve cambiare il mondo, deve progettare e realizzare la rivoluzione. Per Marx la filosofia è prassi politica.
MANOSCRITTI ECONOMICO-FILOSOFICI
Marx parte da un’attenta analisi degli economisti classici rendendosi conto dell’importanza dell’economica nella società:
1. Maltus: prevedeva una crescita della popolazione in modo algebrico e degli alimenti in modo geometrico.
2. Bentan: lo stato deve garantire il benessere economico per la maggioranza.
Sviluppa poi una critica alla rivoluzione francese sostenendo che essa non ha portato ad esisti positivi perché non ha introdotto a livello pratico l’uguaglianza economico-sociale.
Marx prende in esame il termine alienazione e lo applica alla dimensione economico-lavorativa dell’uomo.
1. L’alienazione
Per risolvere l’alienazione religiosa, prima bisogna risolvere quella in campo economico-sociale, perciò Marx analizza il tema dell’alienazione in una stretta connessione con le condizioni economiche e sociali del lavoro degli operai nella società capitalista. Si mettono in risalto perciò le ingiuste e disumane condizioni del lavoratore nel mondo di produzione capitalistico.
Alienazione: non è un fenomeno spirituale, ma puramente materiale. L’uomo in pratica si aliena, cioè perde sia l’oggetto del proprio lavoro, sia la sua stessa capacità produttiva che diventa proprietà del capitalista. L’uomo si aliena, cioè perde la sua identità per sopravvivere, vendendosi come merce (cioè lavoro).
2. Il significato del lavoro
È nel lavoro, cioè nei rapporti di produzione, che si regista la vera alienazione dell’uomo. Nel processo lavorativo, l’uomo interviene sulla natura modificandola a suo piacimento secondo uno scopo prefissato, e viceversa, la natura modifica l’uomo stabilendo un rapporto armonioso con le cose del mondo. Attraverso il lavoro la natura si umanizza e l’uomo si naturalizza. Il lavoro è una prerogativa dell’uomo che lo distingue dagli animali coadiuvando mano e intelletto: il progetto caratterizza l’attività lavorativa dell’uomo. La base della storia dell’uomo è il lavoro.
3. L’operaio come merce
Le persone a cui manca un lavoro sono persone a cui manca qualcosa di importante. La disoccupazione è un’esperienza dolorosa, perché, oltre a un danno economico, fa sentire l’uomo inutile. Marx prende allora in esame le condizioni lavorative dell’operaio di metà ottocento nella società capitalista.
l’operaio è schiavo del capitalista
perché è trattato come merce
l’operaio perde la sua dignità, diventa simile ad un animale
4. Il lavoro estraniato
Nella società capitalista, il lavoro è la causa dell’abbrutimento dell’operaio in seguito all’alienazione. Quindi l’operaio è alienato, estraniato:
• dal prodotto del suo stesso lavoro, non è il padrone dell’oggetto prodotto. Tanto più l’operaio produce beni di consumo, tanto più prepotente diventa il mondo a lui esterno di cui non può godere né avere proprietà.
• dalla sua stessa attività lavorativa; l’alienazione non coinvolge solo l’oggetto del lavoro, ma l’intero lavoro umano, e dunque, l’operaio stesso.
• dalla sua essenza di uomo; questo lavoro forzato per sopravvivere, fa sentire l’operaio come uno strumento nelle mani del capitalista, lo fa sentire come un’animale.
• dal suo prossimo; la società capitalista non si cura dei bisogni dell’uomo e quindi riduce a oggetti le stesse relazioni umane. Anche il padrone è un alienato, perché istituisce con il prossimo rapporti esclusivamente basati sul guadagno.
A causa del lavoro è subentrata la divisione dei lavori quindi la società è cambiata col tempo: si è divisa, secondo i lavori che ogni uomo compie, in classi sociali.
5. La proprietà privata
La causa originaria dell’alienazione, per cui l’operaio si riduce ad essere strumento di produzione di una ricchezza che non gli appartiene, risiede nella proprietà privata dei mezzi di produzione. Il capitalismo si basa, infatti, sul fatto che chi è proprietario dei macchinari per produrre e quindi guadagnare, è proprietario di tutto quanto gli operai producono, e in un certo senso, anche degli operai stessi. Per risolvere questa situazione l’unica soluzione è abolire la proprietà privata, cioè passare al comunismo.
6. Dall’uomo a una dimensione all’uomo completo
Nel comunismo l’uomo ritrova se stesso, vive in un clima di collaborazione con gli altri uomini. Abolendo la proprietà privata dei mezzi di produzione, e quindi la suddivisone in classi sociali, l’uomo ritorna ad essere ciò che deve essere: uomo tra altri uomini. La soppressione della proprietà privata permette all’uomo di godere dei beni in modo non egoistico, ma comunitario.
IL CAPITALE
1. Un modo di produzione storicamente determinato
Marx inizia col descrivere il modo di produzione capitalista individuando subito un carattere fondamentale, la sua storicità. Marx accusa gli economisti classici (Smith e Ricardo) di aver immortalato l’insieme dei caratteri essenziali del sistema socio-economico capitalista. Infatti sottolinea che il capitalismo è una fase storica, e come tale, è destinato ad essere superato dalla dialettica della storia. Tutto ciò è affermato per giustificare il processo rivoluzionario che porterà il proletario a superare il capitalismo come tendenza oggettiva della storia. La rivoluzione è il frutto di un processo storico.
2. Valore d’uso e valore di scambio
La merce ha un duplice valore:
1. valore d’uso, cioè la qualità specifica grazie al quale l’oggetto soddisfa un bisogno umano.
2. valore di scambio, il valore per cui le merci possono essere scambiate tra di loro direttamente o tramite la mediazione del denaro sia pure in differenti proporzioni. Marx sottolinea che il valore di scambio deve essere qualcosa di identico presente in merci differenti per qualità. Questo valore è costituito dalla quantità di lavoro socialmente necessario per produrre una determinata merce. Per poter scambiare una merce con l’altra occorre che esse abbiano la stessa quantità di lavoro. Tuttavia per evitare che la gente pigra faccia lievitare il prezzo del suo prodotto, Marx prende in considerazione il tempo socialmente necessario, vale a dire il tempo medio di produzione.
In pratica, secondo Marx costerà di più quella merce che ha richiesto una maggiore quantità media di ore di lavoro per essere prodotta. Tuttavia molti economisti hanno sottolineato come il mercato non si articoli tanto sulla quantità di lavoro utilizzato, ma sul gioco della domanda e dell’offerta.
3. Una merce particolare
Nel sistema capitalistico c’è da prendere in considerazione la figura dell’operaio, ovvero la merce-uomo. Anche il lavoratore è merce, in quanto viene acquistato dal capitalista per produrre, grazie alla sua forza-lavoro, altre merci. Il capitalista al tempo stesso gli paga un salario. Il salario viene determinato sulla base della sola sussistenza dell’operaio e della sua famiglia. L’operaio infatti ha come proprietà soltanto la prole, cioè i figli, e perciò il salario dell’operaio-proletario è l’equivalente del valore stesso dell’operaio.
4. Il plus valore
Il prodotto dell’operaio non è di sua proprietà, ma è del capitalista, il quale può obbligare l’operaio a lavorare per una determinata quantità di ore. Se però l’operaio, pur lavorando per tutte le ore stabilite, in metà tempo produce la quantità di merce capace di coprire le spese necessarie al suo mantenimento (tempo di lavoro necessario), il suo salario non sarà perciò calcolato sulle ore totali di lavoro, ma sulle ore di necessarie per il suo sostentamento. Le restanti ore lavorative non pagate daranno al capitalista un plusvalore, cioè un valore non pagato.
5. Il profitto
Dal plusvalore deriva il profitto del capitalista: ma il profitto non si identifica con il plusvalore, anche se da esso deriva. Per capire questa distinzione Marx introduce i concetti di capitale costante e variabile
• capitale costante (C): rappresentato dai mezzi finanziari investiti nell’acquisto dei mezzi di produzione
• capitale variabile (V): costituito dai mezzi finanziari necessari per l’acquisto della forza-lavoro
Il plusvalore (lavoro non pagato all’operaio) non è in relazione con il capitale costante, ma solo con quello variabile. Mentre il plusvalore si calcola soltanto sulla base della forza lavoro (V), il profitto tiene conto anche dei mezzi di produzione (C).
Profitto: è inferiore al plusvalore. Per calcolarlo si deve sottrarre al plusvalore le spese sostenute per i mezzi di produzione.
6. Il processo di accumulazione capitalistico
Il processo di produzione capitalistico si articola su questo schema: D – M – Dʹ
• D: denaro utilizzato per comprare la merce
• M: la merce, cioè la forza-lavoro e i mezzi di produzione
• Dʹ: è il denaro guadagnato, il profitto
Il sistema pre-capitalistico, invece, si articolava su un differente schema: M – D – M , dove non c’è accumulazione di ricchezza, ma il semplice scambio merce-denaro-merce. Il denaro qui ha solo la funzione di intermediario per l’acquisto dei beni di uso quotidiano.
Secondo il sistema capitalistico, invece, il denaro genera più denaro di quello speso. Il profitto capitalistico deve essere ricercato nel fatto che il lavoro dell’operaio non viene pagato interamente, ma solo in parte (plusvalore).
7. La tendenza storica del capitalismo
Il fine principale del capitalismo è quello di aumentare il plusvalore. La maggior parte della ricchezza viene investita nella fabbrica, ad esempio, per l’acquisto di nuovi macchinari che migliorino la produzione. Se ciò fosse vero ad un certo punto il capitalista non avrebbe più bisogno della manodopera, ma a lungo andare le cose si complicherebbero. Il progresso raggiunto finisce per ritorcersi contro il capitalista. Marx chiama questa fase: caduta tendenziale del saggio profitto. Ad un certo punto, il profitto del capitalista, anziché aumentare, diminuisce. Infatti se aumenta il capitale constante, ma diminuisce il peso del capitale variabile, il plusvalore diminuisce e proporzionalmente anche il profitto. Ciò che forma la ricchezza del capitalista, non sono le macchine, ma la forza-lavoro degli operai. Questa legge è per Marx il punto debole del sistema capitalistico: porterà inesorabilmente al collasso del sistema.
Al tempo stesso, l’incremento della disoccupazione è un rischio per il sistema capitalistico, poiché vuol dire maggiore povertà dei lavoratori, i quali vedono diminuire il loro potere d’acquisto delle merci. Il progresso tecnologico aumenta la produzione, ma la disoccupazione fa si che le merci restino invendute per eccessiva povertà.
8. La lotta delle classi e la fine dell’alienazione
Il capitalismo appare così destinato al collasso in seguito alle sue profonde contraddizioni. Una di queste è la lotta tra le classi che compongono la società:
• operai
• capitalisti-borghesi
Il numero sempre più crescente di operai contro una cerchia sempre più ristretta di capitalisti, renderà impossibile un accordo. Il proletariato prenderà coscienza di questa sua condizione e insorgerà in un rivoluzione impadronendosi del potere, e dopo una fase necessaria di dittatura del proletariato, si giungerà al comunismo, la società ideale in cui tutti riceveranno in base ai propri bisogni e daranno in base alle proprie capacità. L’alienazione finirà e non ci sarà più bisogno né dello Stato né della politica. La rivoluzione deve essere universale e contemporanea dopo che ogni Stato abbia conosciuto il capitalismo: “Operai di tutto il mondo unitevi!”
IL MATERIALISMO STORICO
Concezione della storia che ricerca la causa prima e il grande motore di tutti gli avvenimenti nello sviluppo economico della società, nella trasformazione dei modi di produzione e di scambio, nella divisione e nelle lotte sviluppatesi tra queste classi.
1. La storia come processo materiale
Marx ha una concezione della storia secondo cui sono i rapporti materiali che determinano il nostro pensiero e la nostra coscienza, e non il contrario. Egli infatti si accanisce nei confronti dell’idealismo tedesco sottolineando come la filosofia debba spiegare le idee attraverso la realtà e non viceversa. Per Marx la storia è materialistica e si articola nei seguenti caratteri:
• la storia è un processo materiale
• gli uomini, sotto l’impulso di bisogni materiali, si riuniscono in società e producono beni di utilità comune
• con l’aumentare della domanda dei bisogni materiali, i lavori si differenziano
• la proprietà privata stimola la produzione, ma sottolinea sempre più la disuguaglianza sociale
• con l’accrescersi della proprietà privata e della società capitalista, i contrasti sociali si acuiscono: ora la lotta di classe è solo tra borghesi e operai
• il futuro dell’umanità sarà segnato dalla crisi del sistema capitalistico e dall’avvento di nuovi rapporti economico-sociali
• la filosofia, che fin ora si era posta solo come ideale, ora deve prendere le redini del gioco e attuare una trasformazione pratica
2. Centralità del lavoro
Marx vede la storia come un processo materiale incentrato sul lavoro. La prima azione storica consiste nel soddisfare i propri bisogni materiali e perciò il lavoro è la base della civiltà e del pensiero: è il fondamento della storia. La produzione dei mezzi di sussistenza è ciò che distingue l’uomo dagli animali.
3. Struttura e sovrastruttura
Struttura: rapporti materiali, economici e sociali al cui interno l’uomo vive e lavora. Sovrastruttura: il modo di pensare degli uomini (istituzioni, cultura, leggi, etc.)
La struttura è suddivisa principalmente in tre livelli:
• le condizioni della produzione o le risorse naturali: tali elementi influenzano il tipo di lavoro in quella zona
• le forze produttive (uomini, macchine e conoscenze scientifiche)
• i rapporti di produzione, cioè l’organizzazione stessa del lavoro tra capitalista e operaio che regolano il modo di impiegare i mezzi della produzione.
La struttura determina la cultura generale di una società perciò la sovrastruttura non ha una propria autonomia, ma dipende necessariamente dalla struttura materiale della particolare epoca storica.
IL SUPERAMENTO DELLO STATO BORGHESE
1. L’alienazione come metafora della condizione moderna
La critica che Marx rivolge allo stato-borghese e ai concetti ad esso collegati di libertà si configura come una critica sistematica dell’idea stessa di modernità nel campo della politica. Con l’avvento dell’età moderna, e del capitalismo, l’uomo si scinde in due figure spesso contrapposte:
• il padre di famiglia (uomo privato)
• il cittadino (uomo pubblico)
L’uomo, nella sua sfera privata, segue il proprio utile in preda ad interessi egoistici; l’uomo pubblico, invece, è costretto a seguire le leggi imposte dal proprio Paese. Tra le due sfere non c’è continuità, anzi, spesso c’è contrapposizione. La contraddizione tra interessi privati e pubblici è all’origine di questa scissione dell’uomo moderno.
Stato: espressione dei privilegi e degli interessi delle classi più forti. In apparenza rappresenta gli interessi di tutti, ma in realtà rappresenta soltanto gli interessi dei più forti.
2. Critica al concetto di “libertà” e al principio di rappresentazione politica
La società moderna, per Marx, porta gli uomini all’infelicità essendo incentrata sulla proprietà privata.
Proprietà privata: ciascuno può godere dei propri beni in modo tale da disinteressarsi dei bisogni degli altri.
Libertà: diritto dell’individuo di fare quello che più gli aggrada, purché non danneggi la sfera dell’altro. Si connota di un significato puramente negativo. Senza la giustizia sociale, però, è solo illusoria.
Principio di rappresentanza parlamentare: i cittadini eleggono i propri deputati nel Parlamento nazionale. Tuttavia seguendo questo principio, si arriverebbe solo ad una democrazia formale, infatti, le leggi emanate dai rappresentanti sono funzionali sempre agli interessi della classe dominante, cioè quella borghese. Marx propone di rigettare questo principio introducendo la democrazia non soltanto in Parlamento, ma anzitutto nelle fabbriche. Vede la democrazia come una partecipazione diretta alle decisioni.
3. Lo Stato come sovrastruttura
Marx sostiene che la vera democrazia consiste nel riassorbimento dello Stato nella società civile e perciò critica in qualche modo la concezione che Hegel aveva dello Stato. Infatti quest’ultimo partiva dall’idea astratta di sovranità per arrivare a concludere che “la sovranità dello Stato è il monarca”: c’è un’identificazione tra il dover essere e l’essere. La frase suona come una giustificazione dell’esistente. Marx chiama questo modo di ragionare come misticismo logico.
Rovesciando la filosofia di Hegel, Marx afferma che lo Stato è una pura sovrastruttura rispetto alla società civile. Mentre la società è la struttura dell’esistenza, lo Stato è destinato ad essere soppresso nella futura società socialista senza classi. L’estinzione dello Stato non è altro che la riduzione dello Stato alla sua vera radice, la società civile. Sono i rapporti reali che creano lo Stato: lo Stato borghese. Quando Marx accusa lo stato di dispotismo, non accusa lo Stato in generale, ma la sua forma borghese, che si configura appunto, come la dittatura della classe dominante.
4. La rivoluzione socialista e l’esempio della Comune di Parigi
La rivoluzione socialista non consisterà nel trasferire dalla borghesia al proletariato la macchina militare e burocratica borghese: essa dovrà coincidere con la sua distruzione. La distruzione dello Stato è l’obiettivo del comunismo. Per rendere meglio questa sua concezione, Marx fa riferimento alla Comune di Parigi in cui si tentò di eliminare lo stato borghese a favore di un autogoverno dei produttori:
• la Comune si ottiene mediante elezioni generali dei consigli cittadini che rispondono di fronte agli elettori del loro operato
• questi consigli non sono l’equivalente del Parlamento, ma gruppi operativi che hanno funzioni sia legislative sia esecutive, e ciò comporta quindi l’abolizione della divisione dei poteri
• la Comune è essenzialmente la riappropriazione da parte del popolo delle decisioni pubbliche.
La Comune di Parigi serve a Marx per delineare la fase di transizione dalla democrazia borghese al comunismo nella quale non ci saranno più le classi né la democrazia e neppure la politica. In tale fase di transizione Marx prevede una dittatura del proletariato, essenziale per capovolgere i rapporti di classe. Il proletariato abolisce la proprietà privata e le istituzioni sociali perdono valore in quanto lo Stato è l’organizzatore di tali istituzioni. Questa dittatura costituisce però, solo un passaggio verso una società senza classi e senza pressione, il comunismo. È una dittatura di una maggioranza su una minoranza: gli operai infatti sono la maggioranza nella società capitalistica.
5. L’estinzione dello Stato, la fine della politica
Marx vede il passaggio al comunismo come un processo rivoluzionario che si compi in due tempi:
• il proletariato distrugge con la forza lo Stato borghese e instaura la dittatura
• in seguito la dittatura deve cedere il posto alla società senza Stato, o società comunista in cui tutti gli uomini partecipano collettivamente al governo della cosa pubblica.
Il modello della società comunista è quello di una democrazia diretta, in cui i cittadini esercitano le decisioni politiche in prima persona e dove il lavoro è un’attività genuinamente umana, senza alienazione e senza divisione tra sfruttati e sfruttatori.
BERNSTEIN
Sostiene che bisogna rinunciare definitivamente al progetto marxiano di trasformazione violenta dello Stato borghese e imboccare la via delle trasformazioni graduali. Alla base della suo filosofia pone l’etica e la democrazia.
Etica: si rifà a quella kantiana, che vede l’uomo sempre un fine e mai un mezzo
Democrazia: è lo strumento più efficace per superare le ingiustizie della società capitalista e avviarsi verso il socialismo. Bernstein sostiene che la democrazia è al tempo stesso mezzo e scopo: il mezzo della lotta per il socialismo, ed è la realizzazione del socialismo.
LENIN
Difende con forza l’idea della rivoluzione violenta da parte del proletariato che non ha altro strumento a sua disposizione per rovesciare lo Stato borghese. Se durante la fase dittatoriale lo Stato è ancora necessario, si provvederà a togliergli gradatamente alcun sue funzioni principali. Il comunismo poi renderà superfluo lo Stato, perché verrà meno la necessità di reprimere qualcuno, nel senso che non ci sarà più una classe contro cui lottare. La rivoluzione è attuabile sole se c’è un’elite che lega le avanguardie al resto della massa.
LUXEMBURG
Allo scoppio della Prima guerra mondiale si dissocia dalla socialdemocrazia tedesca che aveva abolito gli interessi pacifisti. Rosa Luxemburg promuove campagne contro l’intervento in guerra e fonda la Lega di Spartaco, che in seguito diventerà il partito comunista tedesco. Morirà durante la tentata rivoluzione del partito comunista contro l’assemblea costituente del 1918.
La Luxemburg pensa ad un’azione rivoluzionaria diretta e autonoma delle masse, che devono acquisire la consapevolezza della loro identità di classe. È forte in lei la rivendicazione di una democrazia politica che veda la classe operai internazionale protagonista del proprio destino.
LUKACS
Ungherese, è una delle figure più importanti del marxismo del novecento. Le sue tesi vengono condannate e lui ritira i suoi testi dalla circolazione. Il suo marxismo si allontana molto dalle idee di Marx, in quanto è un forte sostenitore delle democrazia nella società borghese. La democrazia non è vista come qualcosa che riguardi le istituzioni, ma è considerata come il campo dei valori e dei fini degli uomini concreti. La funzione del proletariato è quindi quella di democratizzare la borghesia. Il socialismo deve porsi l’obiettivo dello sviluppo completo dell’uomo, e per far questo occorre superare i due limiti insiti sia nella visione borghese della libertà che in quella burocratica del socialismo reale. In questa funzione grande importanza è data all’arte, che è espressione culturale che meglio trasmette una formazione politica.
BLOCH
Nasce da famiglia ebrea e con la salita al potere di Hitler è costretto a fuggire all’estero. Rivisita le idee di Feuerback e la concezione della storia proposta da Marx. In pratica la nuova immagine della storia può considerarsi ancora di stampo marxista, ma strettamente connessa con la religione.
Bloch sostiene che il processo di alienazione non avviene in Dio, ma nell’uomo stesso quando genera i propri desideri. Questi desideri creano la storia.
Uomo: essere che sogna ad occhi aperti. Sogna giorno e notte la realizzazione dei propri desideri e questo in qualche modo, anticipa il futuro. Sogna perché è un essere incompleto. L’uomo è speranza, è qualcosa che deve essere ancora trovato; ma il futuro non si fa senza l’uomo. L’uomo è il protagonista attivo della sua storia. Perciò se ogni uomo è fautore della propria storia, ne consegue che il nostro è solo uno degli universi possibili, esistono molteplici realtà all’interno del quale l’uomo può trovarsi.
GRAMSCI
Nato in Sardegna e trasferitosi giovanissimo a Torino aderì al Partito socialista e può essere considerato il rappresentante più maturo dell’espressione marxiana in Italia. Gramsci pensava che le rivoluzioni non debbano essere copiate e che il processo rivoluzionario in Italia debba avere caratteristiche proprie, differenti da quelle della Russia. La rivoluzione è per lui un processo in cui si devono congiungere l’elemento soggettivo (la coscienza della classe proletaria) e l’elemento oggettivo (la crisi del sistema capitalistico). Il suo pensiero è affidato ai Quaderni scritti durante la detenzione a causa del regime fascista. Particolarmente originale e interessante è il concetto di “egemonia”. Secondo Gramsci la classe operaia, per conseguire i suoi obbiettivi rivoluzionari, deve conquistare l’egemonia sul resto della società. L’egemonia quindi coincide con la capacità di influenzare il modo di pensare degli uomini, in modo non violento, ma con la forza della persuasione delle idee e della formazione intellettuale. La dottrina di Gramsci comporta un‘attenzione nuova al ruolo degli intellettuali nella società, distinguendo due figure intellettuali: quella dell’intellettuale “commesso” della classe dominante al potere e quella dell’intellettuale “rivoluzionario, che sposa la causa dei lavoratori. Secondo Gramsci l’intellettuale organico per eccellenza è il Partito comunista, che rappresenta la guida e gli interessi dei lavoratori: è in pratica l’organizzazione in cui si concretizza la volontà collettiva della classe operaia. La rivoluzione si deve programmare in modo graduale. Solo con la leadership del partito comunista potrà essere operata una radicale riforma della cultura italiana. Questo nuovo partito politico per esercitare la sua direzione sull’intera società deve costruire un nuovo blocco storico, deve comprendere oltre agli operai del nord industrializzato, anche i contadini del sud (Questione Meridionale). Gramsci è convinto che occorre quindi superare la storica frattura tra le classi operaie del nord e le masse contadine del sud, sottraendo queste ultime all’egemonia esercitata dalla Chiesa cattolica e dalla borghesia. Vi è la necessità quindi di determinare una corrente cattolico-comunista.
POSITIVISMO
Il positivismo è una corrente filosofica non omogenea: nasce in Francia nella prima metà dell’800, si diffonde in Inghilterra e in Germania per arrivare poi verso la fine dell’800 anche in Italia. Se in Francia esso assume caratteristiche tipiche del razionalismo cartesiano, in Inghilterra è invece più simile all’empirismo. Il fine comune di questa corrente è comunque la celebrazione del primato della conoscenza scientifica.
DARWIN
Scrive “L’origine dell’evoluzione della specie” attuando, di fatto, una vera rivoluzione scientifica. Le due teorie trattate nell’opera sono:
• l’evoluzione biologica: in base alla quale Darwin afferma che tutti gli esseri viventi derivano da forme precedenti, dotati di caratteristiche più primitive.
• la selezione naturale: seconda la quale il meccanismo di evoluzione è regolato dalla lotta per la sopravvivenza, grazie al quale chi meglio si adatterà all’ambiente potrà sopravvivere.
Il concetto di evoluzione, però, era gia stato espresso da Lamarck all’inizio dell’800, sostenendo che l’evoluzione delle specie avviene grazie agli stimoli dell’ambiente e i caratteri acquisiti si trasmettono di generazione in generazione. Darwin tuttavia cercò di dare una spiegazione più scientifica a questa teoria. Durante i suoi studi alle Galapagos egli incominciò a mettere in discussione la dottrina del fissismo morfologico, la quale sostiene l’invariabilità delle specie viventi, sostituendola con l’evoluzione biologica in relazione all’habitat in cui si trovavano gli esseri viventi. Nella lotta per la sopravvivenza, prevaricherà soltanto la specie che meglio saprà adattarsi alle condizioni ambientali: tuttavia non sarà una vera e propria lotta, ma più che altro un successo o un insuccesso riproduttivo. Le variazioni genetiche per adattarsi all’habitat non sono volute, ma sono espressamente frutto del caso, a volte esse si presentano addirittura come errori che successivamente si riveleranno utili.
Uomo: secondo questa prospettiva, Darwin ne consegue che l’uomo deriva direttamente dalle scimmie antropoidi per quanto riguarda la fisicità. Per le facoltà intellettuali l’uomo è superiore solo per grado, non per qualità.
COMTE
Nasce da famiglia borghese e si interessa di filosofia, politica e morale. Da giovane è segretario di San Simon (socialista utopistico) ed è sostenitore delle sue idee. La sua opera più importante è “Corso di filosofia positiva”: Comte affida alla scienza il compito di riorganizzare la vita sociale.
Per Comte il termine positivo per quanto riguarda la filosofia ha cinque significati:
1. riguarda l’interesse verso i dati concreti, la realtà di fatto
2. utile; la filosofia positiva deve mostrare agli uomini il loro processo evolutivo dalle antiche origini allo spirito nazionale
3. certezza; deve offrire certezza agli uomini che sono in preda alla confusione
4. precisione; oltre che certezza, la filosofia positiva deve anche offrire precisione
5. riguarda l’orientamento a riorganizzare la società; aiuta a comprendere il progresso.
Secondo Comte la storia dell’umanità è passata attraverso tre epoche diverse, ovvero tre stadi, tra i quali non c’è nessun rapporto, se non di esclusione reciproca:
1. teologico: è l’infanzia dell’umanità. Coinvolge una lunghissima fase della storia in cui lo spirito umano cerca le cause finali dei fenomeni riconducibili ad un essere supremo. Gli uomini credono di essere sottomessi ad un’entità superiore. Predomina la monarchia assoluta con un’aristocrazia di stampo militare insieme all’aiuto dei sacerdoti.
Si divide in tre epoche:
• feticismo; la divinità è posta nella natura
• politeismo; si adorano più divinità
• monoteismo; sottomissione ad un solo Dio (ebraismo, cristianesimo, islam)
2. metafisico: è l’adolescenza dell’uomo (1700 e rivoluzione francese); l’uomo si rende conto dell’inutilità delle divinità e ricerca le cause dei fenomeni misteriosi negli ideali, per cui ritiene di poter sacrificare la vita, di carattere socio-politico:
• uguaglianza
• pace
• giustizia
Si esalta la democrazia e si pongono le basi per il nazionalismo.
3. positivo: è la maturità dell’uomo; l’uomo riconosce che non è possibile trovare spiegazioni generali sull’origine e lo scopo dell’universo e dunque rinuncia a chiedersi quale siano le cause di tali fenomeni. L’uomo non si chiede più il “perché” delle cose ma il “come” esse avvengono. Comte si dichiara il sacerdote dello stadio positivo, cioè vuole estendere alla società i metodi di indagine delle scienze naturali.
Così come la storia ha avuto queste tre fasi, anche la scienza ha raggiunto la sua positività gradatamente:
1. astronomia, studia gli astri
2. fisica, studia le proprietà fisiche delle cose
3. chimica, studia le reazioni tra gli elementi
4. biologia, non è del tutto positiva in quanto si crede ancora in un Dio generatore di tutto
5. sociologia, studia le relazioni, regolate da leggi, tra l’individuo singolo e le istituzioni sociali
In questo schema, che passa dalla scienza più semplice a quella più complessa, non rientra la matematica in quanto è considerata da Comte la scienza per definizione, la base su cui si costruiscono tutte le altre scienze.
L’ordine delle scienze è posto sotto un triplice principio:
1. logico; rappresentato dal criterio della semplicità dell’oggetto; l’oggetto diventa sempre più complesso
2. storico; dato dal concreto susseguirsi di tali scienze per giungere allo stadio positivo
3. pedagogico; le scienze devono essere insegnate nello stesso ordine del loro passaggio allo stadio positivo
Comte assegna un ruolo primario alla sociologia, ovvero la scienza che deve liberare la società dalla sua disorganizzazione. La sociologia si può dividere in due settori:
• la statica; cioè le istituzioni nella loro continuità sociale
• la dinamica; cioè il variare degli usi e dei costumi
Tutte queste scienze hanno tra loro oggetti diversi, ma sono tutte accomunate dalle leggi di osservazione e ragionamento.. in pratica il metodo della scienza è la sintesi tra ragionamento e osservazione.
Negli ultimi anni della sua vita, Comte rappresenta la scienza come una religione, con i suoi dogmi e le sue norme etiche. La sola religione completa e reale che avrà il predominio su tutte le altre
IL DECADENTISMO
1. profonda crisi culturale in tutta Europa
2. l’idealismo ha smorzato i toni
3. il romanticismo ha esaurito gli animi
4. il positivismo entra in contraddizione tra le idee e la realtà vera e propria
5. si crea una profonda delusione
NIETZSCHE
Friedrich Nietzsche nasce in Sassonia nel 1844 da un pastore protestante, per cui ha un senso religioso molto accentuato. In breve tempo gli muoiono prima il padre e poi il fratello più giovane facendo si che Nietzsche diventi un bambino molto problematico. Dimostra una gran propensione per gli studi classici (greci e latini) che lo porteranno a seguire i corsi di filologia classica prima a Bonn e poi a Lipsia dove si laureerà. Legge e si appassiona degli scritti di Schopenhauer aprendogli di fatto una nuova prospettiva della realtà. A 25 anni ottiene una cattedra universitaria a Basilea dove incontra il compositore Wagner a cui seguirà una forte amicizia. Nel 1870 Nietzsche si arruola volontario nell’esercito prussiano con la volontà di sconfiggere i francesi verso i quali nutriva un profondo odio in quanto erano considerati il prototipo del mondo borghese. Nel 1875 viene colpito da una grave malattia che lo costringe ad abbandonare l’università e gli fa rompere i legami con gli scritti di Schopenhauer e l’amicizia con Wagner (perché si converte al cristianesimo). Durante la sua vita compie numerosi viaggi ma la sua città preferita resterà Torino, che verrà definita come “la mia città” perché simbolo di aristocrazia e nel complesso molto ordinata. La malattia degenera e lo costringe a far ritorno in Germania dove morirà il 25 agosto del 1900.
Tre momenti del suo pensiero filosofico:
1. opere della giovinezza (1869-75): entusiasmo per i classici, scrive “Nascita della tragedia”, dedicata a Wagner e “Considerazioni inattuali”
2. periodo della rielaborazione (1875-82): rielabora la filosofia di Schopenhauer e scrive “La gaia scienza” dedicato a Darwin e “Umano troppo umano” dedicato a Voltaire
3. opere della maturità (1882-1900): scrive “Crepuscolo degli dèi” e “Ecce homo”, è la fase che meglio esprime la filosofica di Nietzsche.
CONSIDERAZIONI INATTUALI
In questi quattro volumi Nietzsche riflette sul significato della storia e in qualche modo partecipa al dissolvimento dell’idealismo perché fondato sulla razionalità, su uno schematismo. L’idealismo vuole trovare una verità oggettiva, ma Nietzsche sostiene che la filosofia è contingente, la vita non si può schematizzare. La filosofia è libera, deve coinvolgere le relazioni umane, deve essere un’espressione molto personale. La ricerca della verità non deve mai diventare “convinzione di cercare la verità”.
La filosofia è per Nietzsche una partecipazione attiva sulla vita stessa e perciò critica lo storicismo in quanto, sia la prospettiva hegeliana sia quella positivistica sono nate dall’idea che prima o poi si arriverà ad una conclusione della storia. Ma la storia, secondo Nietzsche, è un ciclo che si ripete e continua perennemente e perciò lo storicismo rende l’uomo ostaggio del passato e lo rende incapace di vivere il presente e progettare il futuro. Solo superando la mentalità storicista si può acquisire la vera essenza della vita.
Ci sono tre atteggiamenti possibili verso la storia:
1. antiquario: serve a colui che vuole custodire il passato e in pratica si cerca nel passato il fondamento del presente; fa conoscere e rispettare le proprie origini. Ci espone però al rischio di diventare “eruditi del passato”, adulatori di cose spesso piccole e insignificanti.
2. monumentale: fa conoscere i grandi esempi della storia a cui è possibile rifarsi e imitare; serve a colui che combatte una grande battaglia e al potente. Tuttavia si rischia di mitizzare fatti e personaggi del passato, rendendo le persone fanatiche e intolleranti.
3. critico: fa capire che non tutto ciò che è avvenuto in passato è bene, dunque ci invita a rivedere il passato per analizzarlo condannando tutto ciò che ostacola la ricerca. Ci permette di guardare alla tradizione in modo costruttivo, permettendoci di contraddirla e di staccarci da essa.
NASCITA DELLA TRAGEDIA
Nietzsche pensa che ciò che appare non coincida con l’essenza delle cose; la ragione è, a suo avviso, incapace di comprendere l’intimo senso della vita. Soltanto l’arte, la musica in particolare, ci mette in sintonia con la vita.
Arte: deve essere creazione dell’istinto, deve essere “pulsione interiore” che si sfoga nella realtà: non deve essere necessariamente bella, ma deve essere accettata come capacità di rappresentare la vita in tutti i suoi aspetti.
Sulla base di queste premesse non sorprenderà il percorso compiuto dal filosofo mettendo a nudo l’inconsistenza dei miti e delle ideologie su cui si fonda la civiltà occidentale.
Nei Greci classici individua il cuore, il punto fondamentale dell’esistenza: solo i Greci hanno compreso che la vita è un “gioco crudele” di una Voluntas che si esplicita in un fluire incessante di forme ed espressioni. I Greci raggiungono l’apice della loro esistenza nella loro cultura tragica cogliendo di fatto i due tipi di spirito:
1. apollineo: contemplazione estetica del mondo attraverso il sogno, l’ordine e la misura
2. dionisiaco: permette di percepire il divenire nella sua forza creatrice e distruttrice, nella sua irrazionalità istintiva.
Essi sanno immaginare, sognare nella bellezza, ma sanno vivere con forza l’ebbrezza della vita. Questi due principi si trovano mirabilmente fusi insieme, secondo Nietzsche, per un “miracoloso atto metafisico della volontà ellenica”, nelle sublimi tragedie di Eschilo e Sofocle, dove i due principi, apollineo e dionisiaco, sono rispettivamente rappresentati dalle vicende dell’eroe e dalla musica.
Approfondendo la sua analisi Nietzsche si interroga sulla nascita della tragedia greca che egli considera un vero e proprio interrogativo irrisolto. Secondo Nietzsche la tragedia greca prende spunto dal coro tragico, riferendosi al coro dei seguaci di Dioniso che venivano tramutati in “satiri”, cioè al tempo stesso esseri della natura ed esseri divini, che si concedevano all’assoluta sfrenatezza. Tuttavia tale mondo disordinato e caotico non avrebbe potuto dare origine alla tragedia greca vera e propria se non si fosse stemperato in una visione serena ed equilibrata, impersonata nella figura di Apollo. L’arte greca, quindi, riuscì a compiere un “miracolo metafisico” fondendo lo spirito dionisiaco e apollineo, cioè il cieco impulso vitale con la visione poetica che tutto rasserena. In pratica l’arte conferisce senso al caotico fluire ed è possibile solo quando si coglie il contenuto dionisiaco dell’esistenza.
Dopo Eschilo e Sofocle il miracolo metafisico si rompe e già con Euripide si ha il predominio dell’impulso apollineo a svantaggio di quello dionisiaco: la razionalità prevale sulla naturalità; perisce la tragedia e nasce la filosofia caratterizzata dalla visione serena e misurata del mondo. Il personaggio che meglio identifica questo passaggio è sicuramente Socrate il quale sottomise le pulsioni vitali alla ragione considerata come l’unica guida della condotta umana. Per Nietzsche Socrate è un “logico dispotico” che sacrifica all’ideale astratto di virtù e perfezione morale le più antiche pulsioni della vita e dell’esistenza, quali ad esempio la musica.
Il cristianesimo poi ha portato alla “morte dell’umanità” perché ha introdotto l’idea delle virtù, dell’ascetismo, della superiorità dell’animo sugli istinti corporali. Si è giunti quindi ad un’umanità piatta in una dimensione di ragione e giusto mezzo. In Nietzsche prendo corpo quindi la convinzione che sia preferibile assecondare la tendenza nichilista della cultura europea, portandola a compimento. Si rende conto della nullità dell’esistenza umana e perciò sottolinea l’importanza di vivere esteticamente, dando sfogo alle passioni in tutte le loro dimensioni.
LA GAIA SCIENZA
1. La morte di Dio
La tragedia è morta, il razionalismo socratico ha avuto la meglio nella storia. Apollo ha trionfato su Dioniso. Il compito del filosofo, ora, sarà quello di demistificare le credenze che da Socrate in poi hanno dominato in tutti i campi della cultura europea, mostrando come tale visione del mondo sia un inganno. Le grandi costruzioni teoriche della morale e della scienza non sono altro che un’invenzione magica e consolatoria di chi è in cerca di rassicurazione, non potendo tollerare la profonda sofferenza derivante dal disordine.
Morale: espressione dei bisogni di una determinata comunità a cui il singolo viene soggiogato.
A partire da Socrate, infatti, l’uomo perde la capacità di essere eroico, creandosi gradualmente delle favole che diventano pian piano credenze comuni. L’uomo moderno, però, forte delle conquiste della tecnica, comincia a non credere più alle favole della religione e della morale: a poco a poco i valori crollano e si affaccia sulla scena mondiale il nichilismo. Dove prima c’era Dio che rassicurava dal disordine, ora rimane il vuoto: Dio è morto.
Ora che il garante di tutti i valori morali non esiste più, si crea uno spazio nuovo, che sarà occupato dal super uomo, cioè colui che sarà capace di rigenerare l’umanità.
Super-uomo: deriva dal sapersi porre come libero creatore del senso del mondo, è colui che, solo, riuscirà ad assumersi su di sé il peso della morte di Dio. Va oltre ciò che è umano, vive a fondo la sua umanità e prende su di sé tutti gli uomini.
2. Un mondo in macerie
Le grandi costruzioni storiche, in Europa, sono entrare nella loro fase di decadenza: ci troviamo di fronte ad un enorme mondo in macerie. La fede in Dio è rovesciata, cadono tutti i valori religiosi e morali, e con essi tutti gli altri ideali.
La scienza ora si rivela per quello che è: non una rappresentazione oggettiva della natura, ma una sua interpretazione e una sua costruzione funzionale al bisogno dell’uomo di fissare il flusso ordinato dell’esperienza in schemi.
Cadono anche gli ideali politici e filosofici dell’età moderna concepiti da Nietzsche come la forma più moderna e sofisticata della vecchia morale del gregge e della compassione.
Crolla perciò tutta le religione, che nasce dal bisogno di scegliere un certo stile di vita allo scopo di disciplinare la volontà e dare un senso all’esistenza; quindi attribuire a tale stile di vita un elevato significato e proporlo come modello universale.
GENEALOGIA DELLA MORALE
Nietzsche intraprende una critica impietosa delle dottrine morali e una spiegazione dei concetti morali con l’intento di scoprirne la loro genesi psicologica. In pratica cerca di capire l’origine dei pregiudizi morali seguendo un metodo genealogico; la conclusione a cui perviene è inquietante: la morale serve a un gruppo di uomini per soggiogarne altri.
Dopo l’avvento del Cristianesimo l’umanità si è trovata di fronte ad un bivio:
1. accettare il “gregge”: i mediocri, coloro che fanno propria la “morale degli schiavi”
2. decidere di essere se stessi: si da piena libertà alla propria libertà di potenza, si tre la strada per l’uomo che infrange l’abitudine, gli usi e i costumi, il super-uomo.
1. Morale dei signori e morale degli schiavi
A lungo andare gli ideali dell’umiltà e dell’altruismo, della povertà e del sacrificio, imponendosi nella società, hanno provocato una generale decadenza dell’umanità, che si è ridotta a vivere in modo innaturale. Esistono perciò due tipi di morale possibile:
1. morale degli schiavi: deriva dal risentimento e predica l’obbedienza e l’umiltà, la democrazia e il socialismo. È prodotta dagli uomini mediocri che non essendo in grado di essere eroici, si rivalgono imponendo alla società meschini principi. È la morale che, secondo Nietzsche, vige nella società contemporanea.
2. morale dei signori: è espressione di un’aristocrazia cavalleresca che esaltava i valori della forza, della salute e della gioia nell’antichità. Questa morale però è stata cancellata dall’avvento della religione ebraico-cristiana, quando al guerriero si è sostituita la figura del sacerdote (forte umile). Sono stati dunque gli ebrei a rovesciare, per primi, i valori che poi si sono tramandati nel cristianesimo e che hanno avvelenato l’esistenza del mondo.
2. Il mondo senza Dio
Per morte di Dio s’intende quindi la fine dei valori religiosi, etici e metafisici in cui l’Occidente aveva riposto per millenni la sua credenza. La figura di Dio è stata creata in antichità per dare un ordine razionale alla caotica e crudele realtà, e dunque, oltre ad essere visto come l’essere supremo di tutte le religioni, diventa anche il simbolo di tutte le visioni metafisiche e morali del mondo.
Secondo Nietzsche Dio è una grande bugia, che però ha avuto un’importanza storica: consolare gli uomini e sostenerli nello sforzo di sopportare la dura condizione umana. Ora però Dio è morto, e sono stati gli uomini stessi ad ucciderlo, al suo posto ora regna il vuoto e il terrore di essere impreparati ad affrontare il mondo senza la sua presenza. Gli uomini quindi non sono ancora pronti a recepire tutte le conseguenze della morte di Dio.
OPERE DELLA MATURITA’
1. L’annuncio dell’uomo nuovo
Non tutti gli uomini saranno in grado di reagire alla distruzione della antiche certezze, cioè alla morte di Dio, ma solo coloro che sapranno essere così forti e coraggiosi da poter guardare nel vuoto che si è spalancato. Ecco che si delinea la figura del super-uomo, cioè quell’uomo capace di accettare ogni pericolo per riprendersi la propria libertà
Super-uomo:
• non è un essere biologicamente selezionato, né appartenente ad una razza superiore
• è un essere libero, che trova in se stesso e non nelle credenze le ragioni del proprio vivere
• è un essere libero dalla concezione che la vita è la preparazione ad un mondo ultraterreno
• è un uomo che sa godere dei piaceri della terra, del corpo e della vita senza farsi umiliare e frenare dal senso di colpa
• deve essere capace di reggere la visione di un mondo in cui gli dèi sono stati cacciati e uccisi
• non deve essere un modello, ma deve solo essere profondamente se stesso
• è l’unico che domina il destino, non con la forza, ma accettando fino in fondo la sua volontà. Vince il destino perché diventa “il Destino”, non si sottomette.
2. L’eterno ritorno
Tra le cose che il super-uomo deve saper sopportare è l’eterno ritorno all’uguale. La storia infatti non deve essere interpretata secondo una visione lineare, ma ciclica. Ma la visione ciclica del tempo comporta due conseguenze:
• l’uomo raggiunge la felicità se sa vivere appieno l’attimo e assumersi la responsabilità delle proprie azioni. Il senso della storia ciclica coincide con l’uomo, attimo dopo attimo
• l’uomo non deve illudersi che il futuro sarà migliore del presente, e in tal modo Nietzsche critica lo storicismo, l’idealismo e il positivismo che vedevano l’umanità proiettata verso un continuo progresso
3. La volontà di potenza
La volontà di potenza:
• è l’essenza stessa della vita, che si caratterizza come impulso a crescere e a volere sempre di più. Tutti gli esseri viventi non si limitano a vivere passivamente, ma tendono per natura a migliorare se stessi, ad andare oltre le condizioni di partenza. È insita all’interno di ogni uomo che la esplicita secondo la sua volontà.
• si esplica nell’arte, la quale costituisce la forma suprema della vita; l’unica forma in grado di esprimere pienamente lo spirito dionisiaco. L’arte perciò si manifesta massimamente nella figura dell’artista, cioè colui che meglio incarna l’ideale del super-uomo.
4. Le manifestazioni della volontà di potenza
La volontà di potenza si manifesta:
• nell’azione creatrice del mondo e di tutte le cose: l’uomo infatti, per vivere, ha bisogno di creare continuamente delle cose e di dare loro un senso e un valore. Facendo ciò egli prende il posto di Dio e si assume la responsabilità di riconoscere, interpretare e valutare le cose, di vivere creativamente il presente e progettare il futuro (polemica antistoricistica).
• nella capacità del super-uomo di redimere il tempo: in lui la volontà di potenza opera in modo tale da far proprio ogni momento del passato (amor fati) non per rassegnazione, ma perché lo vuole veramente. Il passato ritorna perché io “lo voglio”; è la volontà che crea il tempo e istituisce l’eterno ritorno. Perciò il super-uomo può attuare una trasvalutazione dei valori, ossia fondare i valori in modo da oltrepassare la vecchia morale degli schiavi basata sul risentimento e vendetta, liberando la forza creativa della libertà di potenza. Si apre così una prospettiva basata sulla capacità di conferire un senso ad un mondo divinizzato.
FREUD
Sigmund Freud nasce nel 1856 in Moravia da genitori ebrei e all’età di cinque anni, la famiglia si trasferisce a Vienna per poter ottenere un nuovo lavoro. Si laurea in medicina e si specializza in anatomia, ma una grave crisi economica familiare lo costringe ad andare a lavorare come assistente in un ospedale psichiatrico. Nel 1885 vince una borsa di studio e si reca a Parigi per seguire le lezioni di neurologia del dottor Charcot, di cui diventa buon amico, imparando alcune tecniche per curare l’isteria (derivante da difficoltà dell’apparato genitale). Tornato a Vienna inizia a collaborare con Breuer, il quale rappresenterà una figura molto importante per la sua vita. Breuer aiuta Freud e lo introduce ai metodi dell’ipnosi (celebre è il caso di Anna O. curata con l’ipnosi da un’intolleranza all’acqua), ma dalla fine degli ’80 Freud si allontanerà da Breuer per cercare una strada più innovativa, iniziando di fatto la psicanalisi. Freud morirà a Londra nel 1939 affetto da un grave cancro alla mascella.
IL SOGNO
1. L’appagamento di un desiderio
Freud considera il sogno come la via privilegiata di accesso all’inconscio. Il sogno in pratica è l’appagamento di un desiderio, frutto di un’intensa attività psichica, il lavoro onirico. Ma non sempre durante il sonno i desideri sono manifesti, anzi, a volte bisogna superare il contenuto apparente per attingere a significati latenti con i quali è possibile accedere all’inconscio.
2. I livelli del sogno
Freud scoprì l’esistenza di due livelli nel sogno:
• contenuto manifesto: rappresenta la scena, il sogno che rappresentiamo durante l’attività onirica e che ricordiamo, in parte, al risveglio. Prende le sue immagini da avvenimenti della nostra vita recente. Non coincide con il contenuto nascosto del sogno, per cui deve essere interpretato.
• contenuto latente: è il desiderio rimosso nascosto nell’inconscio e può riferirsi a un tempo molto lontano nel passato, ad esempio all’infanzia, espresso in modo camuffato. Per cui interpretare il contenuto latente è assai difficile a causa delle barriere che la psiche ha messo in atto per preservare la propria integrità.
3. Il lavoro onirico
Il sogno è un sintomo di desideri non realizzati, più precisamente di desideri attinenti in genere la sfera della sessualità che sono stati rimossi in quanto percepiti come inaccettabili e immorali dal soggetto. Durante l’interpretazione dei sogni è molto facile ricorrere in casi di transfert affettivo, cioè una situazione inconscia in cui il paziente trasferisce sull’analista gli stati d’animo provati durante l’evento traumatico.
Infatti, secondo Freud, i sogni amano il rivestimento simbolico: non riproducono direttamente il vero messaggio, ma lo rivestono di simboli allusivi e lo inseriscono in un altro contesto. È proprio grazie al lavoro onirico che i desideri nascosti possono esprimersi in un forma accettabile e venire alla luce adeguatamente trasfigurati. Ciò viene proprio nel sogno in quanto durante il sonno la sorveglianza della ragione è molto limitata e di conseguenza i sentimenti repressi possono riemergere dall’inconscio, sfera della psiche in cui è appunto contenuto questo materiale. Facendo riaffiorare questi elementi repressi dall’inconscio alla coscienza possiamo comprendere meglio noi stessi e, in definitiva, stare meglio.
4. Lapsus
Un’altra via d’accesso all’inconscio è rappresentata da alcuni piccoli atti quotidiani: i lapsus e le piccole disattenzioni. Freud li considera come segnali importanti che riportano alla rimozione di eventi spiacevoli o inaccettabili. In pratica si deve ricercare la causa del lapsus in idee esterne ai motivi che provocano il discorso e non nelle semplici somiglianze di parole: i lapsus hanno cause inconsce. I lapsus sono in pratica delle tendenze inconsapevoli, provenienti dall’inconscio e quindi dagli elementi rimossi in esso contenuti, che vincendo le barriere della censura, turbano il comportamento normale.
LA PSICHE
1. Prima topica
La psiche è un’unità complessa che si presenta composta da un certo numero di sottoinsiemi, presenta cioè dei “luoghi”, tre per l’esattezza:
• conscio: costituisce una piccola parte della psiche umana, è la percezione consapevole delle cose; è la parte consapevole della personalità, a diretto contatto con il mondo.
• preconscio: parte della psiche che contiene tutti quegli elementi che richiamiamo facilmente anche quando non vengono pensati da molto; è la sede dei contenuti psichici dimenticati solo momentaneamente, suscettibili di rievocazione alla coscienza.
• inconscio: è la zona più profonda della psiche umana che trattiene tutti quei desideri che vengono “rimossi” perché sono inaccettabili. È il campo di studio dell’analista.
2. Seconda topica
Freud per rispondere da dove provengano i desideri inaccettabili, distingue tre istanze nella psiche:
• Es: si identifica con l’inconscio e rappresenta tutti i nostri istinti e pulsioni. Non conosce né il bene né il male, ma ubbidisce soltanto al principio del piacere.
• Io: è la parte organizzata della psiche, è la coscienza, la realtà consapevole. È il luogo della meditazione e della sintesi delle altre parti che si contrappongono: l’es, il super-io e il mondo esterno. L’Io deve trovare il giusto equilibrio tra gli impulsi e le norme, solo quando riuscirà a trovarlo la personalità sarà stabile. Quando però l’Io non riesce a reagire a questi tre elementi, sviluppa l’angoscia.
• Super-Io: è la coscienza morale. È l’insieme delle convinzioni e dei pregiudizi di ogni genere che i genitori danno al bambino inconsciamente fin dall’infanzia; sono elementi inibitori della personalità.
LA NEVROSI
1. La nevrosi
La nevrosi nasce dalla struttura conflittuale della psiche, in quanto l’Io, pressato dall’Es, il Super-Io e la realtà, non sempre riesce a mantenere un equilibrio. Il confine tra normalità e patologia è molto sottile. Il sintomo è il sostituto di ciò che in quel punto ha avuto luogo: la battaglia tra l’Es e il Super-io. La psiche umana non è mai caratterizzata da uno stato di tranquillità, ma è perennemente in tensione.
2. I sintomi
Il sintomo nevrotico si configura come l’esternazione dell’avvenuto conflitto: è dunque portatore di un messaggio che occorre decifrare e interpretare. Il compito dell’analista sta proprio nel capire quello che il sintomo significa, capire i fatti del conflitto che hanno causato la situazione nevrotica.
3. L’analista
Durante la seduta psicoanalitica il paziente sarà invitato dall’analista ad esporre i propri sogni senza censura, in modo che si stabilisca un patto tra il medico e il paziente. L’obiettivo del paziente è quello di vincere la rimozione e di far rivivere al paziente la situazione della battaglia avvenuta tra l’Es e il Super-Io. Per far ciò Freud introduce il metodo delle libere associazioni, in cui si mettono in evidenza delle reazioni inconsapevoli facendo emergere gradualmente dall’inconscio il materiale rimosso e individuando il trauma che ha creato la patologia. Tuttavia nella relazione medico-paziente si stabilisce una positiva interazione affettiva, che egli chiama transfert. Il paziente nevrotico, dopo le prime sedute, acquista fiducia nel medico e sviluppa sentimenti di amore nei suoi confronti. Questo si rivela un fatto estremamente positivo, e non negativo come potrebbe sembrare, perché aiuta enormemente l’esito dell’analisi in quanto crea le condizione che consentono al paziente di superare la vergogna. Grazie alla psicanalisi il paziente riuscirà a risolvere o attenuare e/o convivere con i propri conflitti psichici.
Quindi per far affiorare i traumi dall’inconscio esistono te metodi possibili:
• ipnotico
• delle libere associazioni
• interpretazione dei sogni
LA SESSUALITA’
1. La pulsione sessuale
Secondo Freud la sessualità riveste un ruolo fondamentale nella vita umana è non riguarda soltanto la sfera genitale, ma si può identificare come la sfera dell’eros, che in generale riguarda la dimensione della ricerca del piacere. La pulsione sessuale, definita libido, non è finalizzata unicamente alla riproduzione, e perciò è:
• dinamica
• plastica, può spostarsi verso mete differenti
• polimorfa, può presentarsi in molteplici forme e modalità
• tesa al piacere in sé
2. La sessualità infantile
Freud ritiene che anche nell’infanzia siano attive le pulsioni erotiche, e definisce il bambino come un essere perverso e polimorfo:
• perverso: perché la sua pulsione sessuale è indipendente dalla riproduzione e dalla genitalità, di qui appunto il termine perversione.
• polimorfo: perché trova piacere attraverso varie parti del corpo che caratterizzano le diverse fasi del suo sviluppo psico-sessuale
Esistono tre fasi dello sviluppo sessuale umano:
• orale (primi mesi di vita): la zona erogena è la bocca e il bambino trova piacere con la suzione orale del latte materno
• anale (da uno a tre anni): la zona erogena è l’ano e il bambino trova piacere nell’espletare le proprie funzioni fisiologiche
• genitale (dai tre anni in poi): gli organi sessuali diventano la zona erogena principale e si distingue ulteriormente in due fasi:
fallica: in cui il bambino diviene consapevole del possesso degli organi genitali ingenerando in lui al tempo stesso attrazione verso di essi e paura per la propria perdita
genitale: è la fase vera e propria, in cui la zona erogena coincide con i genitali e si sviluppa intorno alla pubertà
3. Il complesso di Edipo
Durante la fase fallica si registra un attaccamento erotico del bambino verso il genitore di sesso opposto. Il bambino capisce che i genitori sono uniti in una relazione che non lo coinvolge direttamente e perciò nasce in lui un senso di gelosia verso uno dei due genitori. Freud chiama tutto questa situazione erotica come complesso di Edipo, ispirandosi alla celebre tragedia del greco Sofocle. Ogni uomo deve saper superare tale complesso per poter pervenire alla maturità, e per far ciò deve necessariamente spostare l’oggetto del suo desiderio erotico all’esterno del nucleo familiare. Coloro che non riescono a superare tale fase, si portano dietro per tutta la vita un gravoso perso che impedisce una sessualità matura e soddisfacente.
LA CIVILTA’
1. Il tabù
Freud riconduce l’origine della religione e della morale alla figura del padre, o meglio, alla codifica dei due tabù che vietano rispettivamente l’uccisione del padre (la religione) e l’incesto (la morale). Il tabù è il più antico codice di leggi non scritte che ci sia stato nella storia, anteriore ad ogni forma di cultura e religione. Esso aveva un duplice significato:
• sanciva come sacro l’oggetto del tabù
• lo rendeva intoccabile, proibito
Per cui l’origine della civiltà va ricercata all’inizio della storia, quando gli uomini commisero un parricidio e decisero, afflitti dai sensi di colpa che tutt’ora permangono nella psiche umana sotto forma di complesso di Edipo, di stabilire norme sociali al fine di evitare il ripetersi di un simile crimine e mettere a tacere questo senso di colpa. Da ciò ha origine la morale e la religione, e conseguentemente la figura del totem, ovvero un animale che rappresentava la figura sostitutiva del padre ucciso, il simbolo visibile dell’autorità. Da allora gli uomini non hanno più smesso di venerare un dio.
2. La ricerca della felicità
Per Freud gli uomini ricercano la felicità, sia come assenza di dolore, sia come soddisfacimento dei propri piaceri. Il principio del piacere (eros), cioè la tendenza a realizzare immediatamente i propri desideri, si attiva fin dall’infanzia. Ma esso si scontra con il principio della realtà (thanatòs) che impone una rinuncia parziale o totale dei propri desideri per soddisfarne altri: questo principio in qualche modo ci limita e ci procura delle sofferenze, infelicità. Perciò tanto più una società è civilizzata e tanto più essa ingenererà infelicità negli uomini.
3. L’etica
L’uomo non può fare a meno di vivere con gli altri, e per questo deve porre un freno alle proprie pulsioni in quanto sono egoistiche, asociali e amorali. La civiltà è dunque necessaria, anche se è causa di repressione. Per tenere a bada le pulsioni di ognuno la società si serve di una figura paterna con il compito di educare il popolo: essa ha il compito di rendere più forte il Super-io privato attraverso il Super-io sociale. Ma questo super-io sociale può soffocare troppo i soggetti ingenerando perciò delle patologie. La morale froidiana, perciò, è del tutto esterna all’individuo, in quanto gli è imposta dalla società: si tratta di una morale della paura. Ne deriva perciò una visione pessimistica della natura umana e Freud fa suo il motto di Hobbes, secondo cui un uomo è un lupo per un altro uomo.
4. Il lavoro e la religione
L’infelicità creata dalla società si cerca di compensarla attraverso altri tipi di appagamento, ad esempio l’arte. Il lavoro però è l’elemento che è più accessibile a tutti gli individui in cui vengono riversate quasi tutte le proprie energie. Freud da al lavoro una funzione primordiale nell’espletazione delle proprie capacità energetiche, e perciò concorda con Marx. Per quanto riguarda la religione, essa è vista come un elemento negativo, perché è considerata come un’illusione consolatoria che ha il fine di stemprare la sessualità.
BERGSON
Henri Bergson nasce a Parigi nel 1859 da famiglia ebrea e fu un reazionario al positivismo francese che a suo giudizio era insoddisfacente. Nella Francia in cui vive c’è una grande insoddisfazione sociale dopo due falliti colpi di stato e in seguito scoppierà il caso Dreyfus. Contemporaneamente vi è un ritorno a forme di misticismo e spiritualismo, inoltre prendono vigore due grandi correnti:
1. modernismo: riguarda l’ambito cristiano, ma fu condannato da Pio X in quanto i dogmi devono necessariamente evolversi. Porterà all’affermazione di movimenti politici. Sosteneva che:
• i dogmi in quanto realtà di fede sono affermazioni imposte dalla ragione al libero manifestarsi della religiosità dell’uomo
• la religiosità è naturalmente insita nell’uomo
2. spiritualismo: corrente che coinvolge tutta la sfera filosofica
Questo è il contesto in cui si colloca la figura di Bergson.
Finiti gli studi a carattere filosofico, Bergson si dedicherà per conto proprio alla psicologia matematica e grazie a ciò gli verrà conferita una cattedra universitaria. Nel 1928 riceverà un premio nobel per la letteratura che gli consentirà di vivere a Parigi durante il nazismo. Morì nel 1941 e durante la sua vita meditò la conversione al cristianesimo che tuttavia non operò mai per fedeltà verso il popolo ebraico.
IL TEMPO
Al centro degli studi di Bergson vi è l’analisi del concetto di tempo, dalla quale prenderà l’avvio l’intero progetto di rifondazione metafisica della filosofia e di critica del positivismo. Bergson si rende conto che il concetto di tempo, di cui fa uso la fisica, è profondamente differente da quello della coscienza dell’uomo:
• Il tempo della scienza, è infatti un tempo spazializzato, una successione misurabile di istanti, costituita di intervalli uguali su di una ipotetica retta. Questo tempo è quindi di tipo meccanico e ha un grande valore perché è sul suo carattere di “misurabilità” fatto di tanti istanti scollegati tra loro che si regge l’organizzazione della vita pratica e sociale (visto come utile e necessario, ad es. gli orologi). Ma questo non è l’unico tempo esistente.
• Il tempo della coscienza, è una suggestiva concezione del tempo come interiorità e durata, che è il fondamento di una visione del mondo spiritualista (si rifà a Sant’Agostino). A differenza del tempo della scienza, questo è un flusso continuo del passato nel presente, grazie alla memoria, e del presente nel futuro, attraverso i progetti: non ci sono istanti tra loro staccati. Vi è quindi una scomparsa di tutte le categorie di misurazione, e il tempo diventa soggettivo e completamente slegato da quello scientifico. Il tempo della coscienza perciò è:
Tempo della durata: il tempo che dura , il passato che è presente (ricordi che ci influenzano nel presente)
Tempo della vita: cioè delle cose che hanno significato per me, che rappresentano la mia vita vissuta. È quindi un tempo interiore.
Qualitativo: perché non è misurabile, ma è dipendente dai ricordi e sensazioni che vengono suscitate in me.
Flusso continuo: non soggetto ad essere segmentato in parti.
La coscienza supera perciò il determinismo fisico, aprendo la strada alla libertà psicologica: la libertà è l’elemento che appunto contraddistingue la persona umana, e non è possibile definirla, perché facendolo, la si schematizzerebbe limitandola perciò in parametri. È un qualcosa di visibile solo nell’io, non è riproducibile all’esterno.
LA MEMORIA
Strettamente collegata all’idea di tempo è il tema della memoria, grazie alla quale il nostro passato esiste. Attraverso il processo del ricordo, la vita dello spirito si trasforma in azione sul mondo, e viene distinto da Bergson in tre diverse modalità:
• Ricordo puro: è la memoria profonda, il deposito inconscio di tutte le esperienze passate. Ha carattere spirituale e costituisce il nostro passato, tutto intero, che ci accompagna in ogni momento, anche se non ce ne rendiamo conto, e che attualizza le esperienze passate mediante la seconda fase, cioè il ricordo-immagine.
• Ricordo-Immagine: è l’atto con cui quel passato si materializza, facendosi in parte presente qui e ora. Tale materializzazione del ricordo puro è operata del cervello e, dunque, è un fatto fisiologico, appartiene al nostro corpo: non si escludono perciò possibili alterazioni a causa di malattie (colpiscono solo il ricordo-immagine). Il nostro passato non si perde mai: esso è virtualmente sempre disponibile, anche se in modo inconscio.
• Percezione: è la facoltà che ci lega al mondo esterno e ha la funzione di selezionare i dati che ci sono più utili ai fini delle nostre attività concrete. La percezione di un suono, odore o immagine di oggi può risvegliare in noi altri suoni, odori e immagini e con essi esperienze del passato riattualizzate mediante il ricordo-immagine.
L’EVOLUZIONE CREATRICE
In quest’opera Bergson disegna le linee di una continuità tra la vita biologica e la vita spirituale:
• non c’è contrapposizione tra le due parti, ma c’è sviluppo e continuità, formano la stessa realtà
• in entrambe scorre incessante l’unica energia vitale, l’èlan vital, lo slancio vitale che stimola lo sviluppo dell’universo e che crea continuamente e in modo imprevisto una grande quantità di forme. Lo slancio vitale è un’energia spirituale che spinge dalle spalle la corrente della vita, la quale non è diretta verso un fine che le sta davanti, ma è libero impulso creativo. Perciò la vita all’origine è totipotenza, cioè possibilità di divenire tutte le cose, e questa possibilità è dettata proprio dallo slancio vitale che ne indirizza la formazione secondo la propria libertà e non per necessità.
• l’intelligenza è la facoltà di fabbricare ed usare strumenti inorganici, ed è fatta per analizzare e sezionare il mondo fisico e meccanico. Si differenzia dall’istinto che, presente soprattutto negli animali, è la facoltà di utilizzare e costruire strumenti organizzati per consentire la sopravvivenza. L’intelligenza ha come scopo di comprendere la materia inorganica, perciò solo porzioni di realtà: non è in grado di capire la vita nel suo fluire continuo. Per cogliere la vita ci vuole un'altra facoltà, l’intuizione, che segue una direzione opposta rispetto all’intelligenza. L’intuizione,infatti, asseconda la vita: essa soltanto riesce a intuire l’essenza spirituale della realtà.
MORALE E RELIGIONE
Bergson identifica due tipi di organizzazione sociale :
1. società chiusa: l’individuo si identifica quasi completamente con il gruppo di appartenenza: in essa la libertà e l’autonomia del singolo sono ridotte al minimo e domina la morale dell’obbligazione e dell’abitudine. Tende a irrigidire gli uomini in una forma di conformismo sociale
2. società aperta: vige la libertà, in essa regna la morale assoluta, quella dei santi dell’epoca cristiana e dei saggi dell’antica Grecia, che si indirizza non ad un gruppo di persone ma all’intera umanità. Fonte quindi di libertà e progresso
A questi due tipi di società corrispondo altrettanti atteggiamenti religiosi:
1. religione statica: si serve dei miti e delle superstizioni per proteggere l’uomo dalle sue paure dandogli una speranza consolatoria
2. religione dinamica: è abbastanza rara e consiste nell’inserimento, grazie all’amore, nello slancio vitale e infine nell’identificazione con la figura di Dio, dal momento che lo slancio vitale è Dio stesso. L’unico rimedio per i mali dell’epoca moderna è la dimensione interiore, la mistica.
IL PRAGMATISMO AMERICANO
Il pragmatismo è l’unica corrente di stampo americano (il nome fu dato da William James nel 1898), in quanto gli Stati Uniti hanno sempre vissuto sfruttando la cultura europea. Questa corrente fa appunto da apporto alla fase di grande espansione economica che gli Stati Uniti stavano attraversando in quel periodo (“età dell’oro” secondo Mark Twain).
Contesto storico:
• Nasce nella seconda metà dell’800 (guerra di secessione, vittoria del Nord capitalista sul Sud latifondista con economia conservatrice e non imprenditoriale, guerra giocata su due tipi di economia e di legislazione perché il Sud voleva il protezionismo mentre il nord il liberalismo). Vince il nord e il liberalismo viene imposto anche al sud che inizia l’industrializzazione.
• Gli USA si espandono e nel 1878 comprano l’Alaska dalla Russia perché è ricca di minerali.
• Nel 1869 finita la ferrovia New York –San Francisco che rende rapido il commercio.
• In California c’è la corsa all’oro.
• Altro episodio a fine ‘800 è il conflitto con la Spagna, che deteneva tute le isole caraibiche. Gli USA acquisirono Portorico e Cuba che divennero protettorato USA e poi nel Pacifico il conflitto si estende: gli USA prendono parte delle Filippine e le Hawaii.
• Un altro elemento che ha luogo a fine ‘800 è la 1° Conferenza Panamericana che si organizza a Washington che segue la dottrina di Monroe (l’America agli americani) e da ora si sancisce l’influenza economica USA su tutto il continente. Il Presidente Monroe sull’onda della guerra d’indipendenza contro Spagna e Portogallo enuncia la tesi che l’Europa non dovrà più influenzare l’America, perché gli americani devono gestirsi da soli e, quindi anche gli USA non si sarebbero più occupati dell’Europa.
Caratteri:
1. si fonda sul positivismo il quale aveva come argomento d’interesse il successo, il progresso; quindi ciò che interessa ai pragmatici è cercare di capire se è possibile ottenere un progresso nel futuro.
2. è una filosofia contingente, in quanto non vuole delineare una visione universale del mondo, ma limita le sue considerazioni ad un arco di tempo relativamente ristretto.
3. si rifà molto all’empirismo di Hume, perciò sostiene che ci deve essere un’alta probabilità che ciò che mi aspetto si verifichi (il rapporto causa-effetto non può essere dimostrato); si deve instaurare una specie di credenza negli avvenimenti del mondo
4. condivide anche il marxismo, in quanto sosteneva che l’importante è modificare, cambiare in una prospettiva migliore; condivide appieno l’idea di filosofia come prassi
Il pragmatismo si divide essenzialmente in due filoni:
1. pragmatismo metodologico: cerca di evidenziare che qualsiasi pensiero è valido se riesce a fornire delle credenze, ciò un’alta probabilità che si verifichi, e questa verificabilità sta nel metodo. Il metodo è valido se permette di passare da una situazione indeterminata a una più determinata. L’esponente principale di questo filone è Pierce.
2. pragmatismo metafisico: si intensifica il discorso del profilo pratico di una conoscenza, e si cerca di scoprire se una conoscenza può portare ad un risultato positivo, a un successo. Non esistono perciò verità assolute, tutto è relativo, ma è un relativismo valutabile, in quanto sono accettabili solo le verità che migliorano l’esistenza della popolazione. L’esponente principale è James.
BENEDETTO CROCE
TUTTO È STORIA
La filosofia di Croce si può riassumere in una sola frase “tutto è storia”, in quanto per egli tutto è spirito, e questo spirito si dispiega interamente nella storia. Fuori dalla storia non si dà né vita né attività. Di qui la definizione della sua filosofia come storicismo assoluto, un visione della realtà che si riduce tutto a storia e che non ammette azione che vadano fuori i confini della storia umana.
La storia è:
1. contemporaneità: riguarda la vita contemporanea, ha un interesse attuale
2. positività: non vi una possibilità di storia che non sia razionale
3. concretezza: la storia quando si manifesta è sempre esperienza concreta, mai astratta
e possiede i caratteri di:
• giustificazione: non è mai giustiziera, ma giustificatrice; tutto ciò che avviene nella storia accade per un motivo razionale
• progresso: non si ferma, è sempre in progresso continuo, ma è imprevedibile e questo spiega i momenti di incongruenza (es. Shoà)
• libertà: ha una meta, la libertà assoluta. “nulla è fuori della storia, tutto è storia, la storia è tutto”
LA RIFORMA DELLA DIALETTICA HEGELIANA
Croce critica Hegel per quanto riguarda la concezione della natura, sostenendo che essa è una parte della vita spirituale, e non altra cosa dallo spirito. Inoltre critica il suo metodo dialettico basato su tesi, antitesi e sintesi, ritenuto dal Croce troppo sterile e meccanico. Lo spirito conosce e agisce contemporaneamente, ma tutto ciò avviene necessariamente nella storia.
Croce riforma la dialettica hegeliana distinguendo la vita dello spirito in due momenti:
1. conoscenza (forma teoretica)
2. l’azione (forma pratica)
Ogni momento dello spirito si divide poi ulteriormente in altri due momenti
vita dello spirito
forma teoretica forma pratica
riguarda la conoscenza del riguarda l’azione del
particolare universale volizione volizione
del particolare dell’universale
arte logica economia morale
IL NESSO DEI DISTINTI
Tra i quattro gradi dello spirito c’è una stretta relazione che il Croce denomina come nesso dei distinti. I quattro momenti, infatti, sono distinti tra loro, ma non spezzano l’unità dello spirito che è visto quindi in una forma circolare: ogni momento condiziona quello successivo, è la struttura attraverso cui lo spirito esplica il suo modo di esistere. La vita dello spirito quindi è un continuo fluire dei quattro momenti in modo circolare e progressivo: non ripercorre mai il momento precedente, ma si arricchisce sempre di più. A ciascuno dei quattro mementi corrisponde un valore, oppure un disvalore:
• arte: bello e brutto
• logica: vero e falso
• economia: utile e dannoso
• morale: bene e male
La dialettica dei distinti, pur ammettendo determinate forma di circolarità e interazione, riconosce alle forme dello spirito una irriducibile autonomia.
L’ESTETICA
arte: è il primo momento della vita dello spirito: è visione, intuizione dell’individuale.
• è indipendente da ogni concetto logico in quanto viene prima di esso. Non vuole dimostrare nulla
• non deve avere preoccupazioni economiche, deve essere sganciata dall’utile
• deve essere separata dalla morale, non può contenere un giudizio
• non deve avere una funzione pedagogica
• deve esprimere solo la bellezza che risplende nell’opera. “L’arte è ciò che tutti sanno ciò che è”
bello: è qualcosa che appartiene allo spirito; la bellezza della natura esiste soltanto in rapporto allo spirito che la coglie
opera d’arte: “è intuizione lirica compiutamente espressa”, cioè sintesi di sentimento ed immagine, che sono rispettivamente contenuto e forma. Il contenuto (sentimento) deve essere trasfigurato in forma pure, in immagine. L’opera d’arte è tale solo quando il sentimento provato viene trasformato in immagine.
Croce ammette, inoltre, l’identità di intuizione ed espressione: l’intuizione non può esistere se non attraverso la sua espressione concreta, cioè l’oggetto artistico. L’espressione poetica diviene forma di conoscenza che ci fa attingere l’universalità e la totalità. Da questo si evince che il modello estetico di Croce è quello classico, e non a caso egli considera immatura ogni espressione artistica che si discosta da questo modello.
L’IDENTITÁ TRA STORIA E FILOSOFIA
Croce ritiene che tutto ciò che accade nella storia sia razionale e segni un progresso, anche i cosiddetti momenti di “crisi”. Tuttavia Croce si rende conto dei problemi sollevati da un mondo pieno di orrori e di guerre e distingue la razionalità della storia dalla razionalità dell’imperativo morale.
Razionalità della storia: tutto ciò che accade nella storia, anche ad esempio una dittatura, è razionale, ha una causa che lo giustifica. La storia è razionale perché c’è sempre almeno un motivo che spiega quello che accade.
Razionalità dell’imperativo morale: non coincide con quello della storia perché comanda la coscienza, e la coscienza può comandare cose che non coincidono con l’insieme degli avvenimenti storici.
La filosofia pone i suoi problemi nella storia e nella storia li risolve, dunque il filosofo non può astrarsi dalla storia, ma deve cercare le sue soluzioni dentro di essa. In questo senso la filosofia si identifica con la storia.
MAX WEBER
LA RIFLESSIONE SULL’AGIRE SOCIALE
Weber sostiene che la sociologia debba studiare le forme dell’agire sociale evitando sia le pretese del positivismo di interpretare i fenomeni sociali secondo il modello quantitativo delle scienze naturali, sia l’approccio riduttivo dell’economicismo marxista. La società non è costituita da oggetti fisici, ma da soggetti che nella loro azione razionale si pongono degli scopi e hanno dei valori. La società capitalistica è governata dalla ragione strumentale, ovvero la ragione che si limita ad interessarsi dei mezzi.
L’ETICA DELLA RESPONSABILITÀ
Il disincantamento, ovvero la razionalizzazione dell’agire, ha comportato nella società una maggiore autonomia e libertà dell’uomo rispetto al passato. Ma secondo Weber esiste un’etica della
responsabilità che presiede l’azione razionalmente utile, un’etica che prescrive una sorta di ascesi intramondana. Il capitalista si deve solo preoccupare dei mezzi e non finalizzare la ricchezza: è un “volto ascetico” del capitalismo moderno. Questa mentalità deriva, secondo Weber, dal dovere professionale sentito come obbligo morale che vige nella società capitalistica: tutto ciò ha origine dalla concezione protestante della vita, rappresentata dal calvinismo. Dovunque si sia diffusa l’etica calvinista si è avuto un forte sviluppo del capitalismo secondo il concetto di Beruf, cioè vocazione, in quanto il calvinismo vede nel lavoro il segno della predestinazione degli eletti. L’etica del calvinismo viene definita da Weber come un’etica della responsabilità, in quanto si cura degli effetti concreti e quotidiani delle azioni umane.
LA SCUOLA DI FRANCOFORTE (Horkheimer, Marcuse, Adorno)
I principali punti di riferimento della scuola di Francoforte furono sopratutto Hegel, Marx e Freud: da Hegel e da Marx derivano la tendenza a impostare il discorso sulla società in modo dialettico; da Freud ereditano gli strumenti per l’analisi dei meccanismi che sono all’origine del comportamento autoritario e della repressione del piacere nell’individuo e nelle masse.
HORKHEIMER
“Eclisse della ragione”: Horkheimer presenta il tema centrale della scuola di Francoforte, ovvero l’esplorazione del concetto di razionalità. Egli sostiene che nella società moderna sia prevalente una ragione soggettiva o strumentale, che risolve il sapere nella tecnica, generando un’umanità che non si pone mai interrogativi sui fini ultimi dell’agire. Al contrario dei grandi sistemi del passato che fondavano tutto su una ragione oggettiva e universale.
“Dialettica dell’illuminismo”: viene messa a fuoco l’incredibile contraddizione contenuta nell’essenza stessa della moderna ragione strumentale: la scienza e la tecnica, nate come mezzi di emancipazione, finiscono per diventare i più terribili fattori di repressione. L’illuminismo, infatti, nato con lo scopo di dominare la natura con la ragione, ha finito per auto-distruggersi, in quanto ha prodotto un progressivo dominio dell’uomo su se stesso e sugli altri uomini. L’infelicità che ne deriva è quindi frutto di un’umanità sempre più repressa e sottomessa alle logiche della produzione e del consumo. Il prezzo di questo sistema è, oltre alla perdita della libertà, della negazione del piacere e della felicità. Horkheimer usa la metafora di Ulisse e le sirene per rappresentare la repressione della società borghese che è costretta a rinunciare a ogni godimento immediato per dedicarsi ad uno stile di vita improntato alla massima produttività reprimendo le passioni e gli istinti.
“La nostalgia del totalmente altro”: considera storicamente fallimentare il progetto marxista della rivoluzione in quanto la rivoluzione russa ha solo provocato un peggioramento delle condizioni di vita. Quindi, giustizia e libertà, sono nella realtà concetti dialettici, ma non possono coesistere. Dio è concepito come una speranza di fuga a questo sistema di infelicità e appiattimento.
MARCUSE
“Eros e civiltà”: sostiene che la civiltà si è sviluppata attraverso la repressione delle passioni e degli istinti, in particolare della ricerca del piacere. Ma nelle società capitalistica questa repressione è diventata in un eccesso di repressione a causa del sistema di produzione che ha trasformato l’uomo in un “essere per la produzione”. Si è attuato quindi un rovesciamento dei valori, che ha portato il fine della vita umana nella produzione anziché nel piacere e nel godimento con gli altri. Ma il fatto più drammatico è che ormai gli uomini hanno concepito come naturale questo sistema: Marcuse individua quindi due vie salvezza.
1. arte: esprime il desiderio umano di liberazione, è creatività non alienata in quanto intuisce un ordine senza repressione
2. nuovi soggetti rivoluzionari: sta agli esclusi, agli emarginati sociali compiere la trasformazione del sistema dopo aver preso consapevolezza della propria forza rivoluzionaria
ADORNO
Ha colto la duplicità della condizione artistica nella società capitalistica avanzata:
1. l’arte tratta i soggetti come consumatori del prodotto artistico, sottomettendoli alla logica dell’economia pianificata. In questo senso la fruizione dell’arte è un mezzo per condizionare e imporre occultamente valori e modelli di vita
2. l’arte (soprattutto la musica basata sulla dissonanza) ha una potente valenza critica nei confronti della società ed assume una funzione positiva come speranza e anticipazione utopica di una nuova umanità. Tramite di essa si può rivoluzionare la società.
HUSSERL
UNA CRISI DI SENSO
In “la crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale” Husserl congiunge i due poli della propria indagine: il momento negativo, che coincide con la crisi delle scienze, e quello positivo che coincide con il metodo fenomenologico da lui proposto.
La crisi delle scienze non è a livello di espansione, di scientificità, bensì ciò che esse possono significare per l’esistenza umana. Ormai è diventata una scienza fredda e oggettiva, che non ha nulla da dire sull’uomo e sui suoi problemi: resta muta di fronte ai valori.
LA RESPONSABILITÁ DI GALILEO
La conoscenza scientifica è animata unicamente da un atteggiamento naturalistico: essa, infatti, considera gli oggetti e il mondo come “cose”; anche le scienze astratte considerano il proprio oggetto, l’uomo, come una cosa. All’origine di tale processo di estromissione del soggetto dall’indagine della scienza vi è Galileo Galilei che diede un’interpretazione generale della natura in chiave matematica, considerando come secondarie tutte le qualità soggettive. Tale spaccatura tra fisico e psichico ha causato la sovrapposizione di un mondo di idealità astratte alla realtà concreta dell’esperienza vissuta.
LA RICERCA DI UNA RISPOSTA
Privato delle certezze tradizionali, l’uomo contemporaneo non sa più cosa fare, è disorientato. Con la morte di Dio, e di tutti i valori, ora anche il soggetto è stato eliminato dall’orizzonte dei problemi scientifici. Unico rimedio è ricorrere alla filosofia riscoprendo il terreno originario in cui sono radicati il senso e i valori dell’uomo e della sua cultura scientifica (metodo fenomenologico).
IL METODO FENOMENOLOGICO
Il primo atto da compiere è quello di mettere da parte le false certezze della scienza, sospendere il nostro giudizio sul mondo, praticando l’epochè al fine di riscoprire che il senso delle cose si può cogliere soltanto in rapporto alla soggettività.
epochè: sospendere la fiducia accordata alla conoscenza scientifica, così come a ogni considerazione ingenua dell’oggettività del mondo, considerandole piuttosto come pregiudizi che ne alterano la comprensione.
Una volta messe da parte le credenze e i pregiudizi saremo in grado di cogliere pienamente i fenomeni, cioè le cose come si danno originariamente alla coscienza. Si tratta dunque di mettere da parte le teorie scientifiche che ci fanno credere erroneamente che i fenomeni si identifichino con i dati di fatto, meri oggetti senza alcun riferimento al soggetto.
LA DIMENSIONE DEL VISSUTO
Mettendo tra parentesi le “tesi del mondo” si riscoprono i fenomeni stessi nel loro puro manifestarsi alla nostra coscienza, si dischiude una dimensione caratterizzata dalle pure esperienze vissute, dai fenomeni assolutamente evidenti, dall’esperienza pre-categoriale, cioè l’esperienza che precede le categorie e i concetti.
In tale dimensione il mondo appare alla mia conoscenza e perciò si rivela come essenzialmente collegato alla coscienza del soggetto: esso non esiste in sé, ma è dato in connessione con i miei atti intenzionali. Tali atti intenzionali costituiscono il mondo delle operazioni viventi, il “mondo della vita”. Il soggetto e il mondo sono due polarità di una medesima realtà indisgiungibile: non esiste nulla che abbia un senso senza una relazione con la soggettività.
IL CASTELLO DI BERLINO
La sospensione del giudizio non è l’equivalente della cancellazione del mondo, in quanto con l’epochè non viene azzerato il mondo, ma cambia il “senso” del mondo. Gli oggetti non so più considerati a sé stanti, ma diventano mondo e oggetti per un soggetto.
Castello di Berlino: è un edificio bello e imponente. Praticando l’epochè esso cessa di esistere nel suo significato oggettivo e ora è possibile contemplarlo nel suo vero significato. L’oggetto resta pur sempre lì, ma ora la sua nuda oggettività non ha più nessun significato per il soggetto.
Nel momento in cui l’oggetto diventa contenuto della mia esperienza vissuta, esso acquista un significato soggettivo, o noema (oggetto mentale percepito), che è strettamente correlato alla noesi (atto intenzionale del percepire). Non l’oggetto fisico è il contenuto della mia coscienza, ma i noemi, cioè quegli aspetti che sono correlati dei miei atti intenzionali. Le cose tornano ad avere un valore e un senso, in quanto sono cose che si danno a me, e non semplicemente dati di fatto. Ciò che da senso alle cose non è la fredda oggettività, ma l’agire intenzionale della coscienza umana.
L’INTENZIONALITÁ
Una volta praticata l’epochè il mondo resta intatto, ma retrocede sullo sfondo dell’indagine, in quanto l’interesse del ricercatore si sposta dal mondo come dato di fatto al mondo fenomenico, ossia il mondo come si presenta alla coscienza (residuo fenomenologico).
Coscienza:
• caratterizza l’uomo
• è essenzialmente intenzionalità, cioè “coscienza di qualche cosa”
• è tendenza a trascendere se stessa, a mettersi in relazione con un oggetto
• non è tabula rasa, ma è corrente di esperienze vissute: correlazione tra polarità soggettiva (noesi) e polarità oggettiva (noema)
Intenzionalità:
• caratteristica essenziale della coscienza
• l’inscindibile rapporto tra soggetto e oggetto
• il modo della coscienza di rapportarsi al mondo esterno, all’oggetto
• il residuo fenomenologico dell’epochè
La fenomenologia ha come oggetto, quindi, la descrizione dell’essenza degli oggetti: descrive cioè la modalità di costituzione delle cose a partire dal loro livello percettivo più basso. La fenomenologia dunque, mettendo tra parentesi il mondo e partendo dal livello primario della relazione soggetto-oggetto proprio della coscienza intenzionale, vuole chiarire il senso originario dell’oggettività.
L’INTUIZIONE EIDETICA
La coscienza tende a relazionarsi con gli oggetti del mondo e a intenzionali in vari modi. Husserl ritiene che tutta la nostra conoscenza inizia a partire dalle cose percettibili più vicine a noi in senso fisico. Ma quando gli oggetti si presentano alla nostra coscienza, e ne metto tra parentesi il significato abituale, ecco che riesco a percepirne la vera essenza.
Essenza: ciò che si trova nell’essere proprio di un individuo come suo connotato specifico che viene messo in “idea” (eidos), trasformato in immagine mentale.
La coscienza, dunque, mentre coglie l’oggetto, coglie al tempo stesso la sua essenza: questa tipo di conoscenza delle cose viene definita intuizione eidetica, perché avviene per diretta intuizione dell’universale. Senza la scientificità, ma tramite l’intuizione eidetica, si conoscono i caratteri universali delle cose.
IL MONDO DELLA VITA
mondo della vita: viene a rappresentare il residuo dell’epochè fenomenologica; il mondo così come noi lo sperimentiamo e indipendentemente dalle categorie e dai concetti della scienza. È il fondamento di ogni rappresentazione e conoscenza.
Husserl, riaffermando che la concezione del sapere si trova nella soggettività, riconosce la necessità di collegare la scienza al pre-scientifico, la ragione e il sapere astratto e formale all’esperienza vitale originaria dell’uomo.
compito della filosofia: ridestare nel singolo e nell’intera umanità il senso di questa riconquistata centralità della soggettività umana. In questo modo le scienze, dopo il naufragio galileiano potranno ritornare ad avere un senso.
EDITH STEIN
Allieva e assistente di Husserl, la sua vita sarà segnata dai tragici avvenimenti politici del Novecento in quanto ebrea.
“Il problema dell’empatia”: ognuno di noi può apprendere il vissuto dell’altro attraverso il metodo conoscitivo dell’empatia che si sviluppa in tre momenti:
• grazie all’empatia, il vissuto dell’altro si presenta davanti a me
• mi prende profondamente portandomi a un livello di coinvolgimento tale da farmi soffrire in sintonia con lui
• e mi consente di percepire il vissuto dell’altro come oggetto della mia coscienza pur sempre con il limite di essere un’esperienza non originaria
“Essere finito ed essere eterno”: individua il compito della filosofia cristiana nella preparazione al cammino di fede. Ma la fede trascende la ragione, essendo unicamente fondata sull’autorità di Dio. Il cristiano perciò, accoglie la verità della fede non perché razionale, ma perché testimonianza di Dio. La fede ci fa progredire sempre di più verso ciò che per la ragione è tenebra e buio e perciò l’esperienza mistica può essere richiamata solo attraverso i simboli della poesia.
ESISTENZIALISMO
Il fenomeno dell’esistenzialismo coinvolse tutto l’aspetto culturale europeo dalla prima alla seconda guerra mondiale, in particolare in Francia, in Germania e in Italia con l’insorgere dei regimi dittatoriali. È espressione dell’individuo nella sua esistenza specifica a fronte di una situazione culturale molto difficile. Si studia il modo di essere dell’uomo nel mondo.
Le radici:
• Kierkegaard: metteva il singolo al centro della sua analisi
• filosofie irrazionalistiche: Nietzsche e Schopenhauer che ponevano l’attenzione sulla persona
• fenomenologia: Husserl, attenzione alla dimensione dell’esistenza quotidiana
esistenzialismo: “si è soliti indicare con questo termine un complesso di filosofie e di indirizzi filosofici che hanno in comune, non già i presupposti e le conclusioni (che sono diverse), ma lo strumento di cui si avvalgono: l’analisi dell’esistenza. Questi indirizzi intendono la parola “esistenza” come il modo d’essere proprio dell’uomo nel mondo. L’analisi esistenziale è pertanto l’analisi delle situazioni più comuni e fondamentali nelle quali l’uomo viene a trovarsi. In tali situazioni, ovviamente, l’uomo non è mai o non racchiude mai in sé la totalità dell’infinito, il mondo, l’essere, etc. Esistere significa essere in rapporto al mondo, cioè con le cose e gli uomini.”
Esistono tre differenti filoni:
1. Heidegger: non immanentistico, ma neanche religioso. Non limita l’esistenza ad una dimensione naturale, ma dà una risposta ad una religiosità non istituzionalizzata
2. Marcell, Barth: religioso. Analizzando l’uomo come finitudine e sostiene la figura di Dio come una realtà specifica
3. Sartre: ateo. Dimensione immanentistica della realtà
HEIDEGGER
Nacque in Germania nel 1889 e successe a Husserl alla cattedra dell’università di Friburgo. Durante la guerra fu accusato di avere rapporti con i nazisti, ma in seguito si dichiarerà neutrale rispetto alla politica.
Opere:
Essere e tempo (1927)
Lettera sull’umanesimo (1947)
Il cammino verso il linguaggio (1959)
Sentieri interrotti (1950)
LA DOMANDA FONDAMENTALE
Il nucleo fondamentale della filosofia di Heidegger sta nella concezione dell’uomo come esistenza, in tedesco Da-sein, ovvero “esser-ci”.
Uomo: è “gettato” nel mondo come tutte le altre cose, ma al contrario di queste egli si ri-progetta sempre, volendo raggiungere situazioni diverse e nuove. È l’unico ente che si pone il problema dell’esistenza sentito come un problema fondamentale della propria vita e non come un fatto scontato.
Perseguendo la ricerca ontologica dell’essere (ricerca del senso dell’essere) piuttosto che la ricerca esistenzialista (ricerca sull’esistenza), Heidegger ha sempre rifiutato l’appellativo di esistenzialista. Nell’opera “essere e tempo” Heidegger si interroga riguardo il tema dell’uomo e la sua esistenza e pertanto questa fase della sua filosofia viene definita come “analitica esistenziale”. In pratica la domanda centrale che emerge da quest’opera è: che cos’è l’essere e qual è il suo senso?
L’ANALISI DELL’ESISTENZA
Heidegger ritiene che per ottenere una risposta sull’essere si deve interrogare quel particolare “esserci” che è l’uomo, l’unico ente che si pone la questione dell’essere.
Uomo: è Da-sein, “essere gettato” in una determinata situazione e la sua modalità d’essere fondamentale è l’esistenza, in quanto si protende sempre in avanti. Mentre l’esistere delle cose è meccanico e automatico, l’esistenza dell’uomo non è predeterminata, ma è possibilità, scelta, libertà, progettazione.
L’ESSERE NEL MONDO
La prima struttura fondamentale dell’ “esserci” umano è l’esistenza, caratterizzata dalla possibilità: l’uomo infatti è costantemente un “poter essere” secondo diversi modi di essere (o esistenziali).
Heidegger, una volta individuata l’essenza dell’uomo nel “poter essere”, individua un’altra caratteristica fondamentale: “l’essere-nel-mondo”.
Essere-nel-mondo: l’uomo è da sempre posto in una situazione concreta, non si da mai come oggetto isolato e astratto. L’uomo è da sempre gettato in un mondo di cose e di significati preesistenti a cui non può sottrarsi.
Mondo: è un insieme di “utilizzabili”, ovvero strumenti dotati di significati relativi agli scopi dell’uomo. Il mondo quindi si distacca dalla tradizionale visione oggettiva del suo esistere indipendentemente dal soggetto, diventando un “mondo-per-l’uomo”, ossia un’insieme di oggetti che esistono in relazione strumentale al soggetto.
I modi di essere fondamentali (o esistenziali) dell’esserci in rapporto al mondo sono:
• comprensione
• cura
LA COMPRENSIONE
Il mondo si dà al soggetto come una totalità strumentale, e ogni singola cosa è in relazione ad altre mediante la struttura del “rimando”, cioè la caratteristica per cui, essendo connessa ad altre cose, ottiene un significato.
Inoltre le cose sono organizzate in una totalità di significati che è precompressa dal soggetto e che possono essere veramente interpretate solo in una visione generale del mondo per quanto mai definita. Le cose che si relazionano all’uomo, quindi, sono dotate di un valore, di un senso, di una funzione in quanto già pre-comprese dall’uomo stesso, cioè già inserite in un orizzonte di senso di cui dispone. L’uomo quindi non è tabula rasa, ma possiede già dei pre-concetti e dei pre-giudizi sul mondo.
comprensione: intesa come un circolo ermeneutico in cui il significato particolare viene inteso in un orizzonte più ampio (pre-compreso) che orienta la scoperta delle cose, ma che a sua volta è plasmato e modificato da ogni singola esperienza.
conoscenza: non è il risultato di astrazioni logiche, ma si configura come “l’interpretazione”, cioè l’articolazione sempre più ricca, da parte del soggetto, delle sue comprensioni originarie. L’interpretazione, nel suo processo conoscitivo, accetta i pregiudizi.
LA CURA
L’uomo si trova gettato presso le cose nella modalità della cura, ovvero la condizione originaria di adesione alla mentalità dominante come attenzione esclusiva alle cose e ai loro significati pratici. Infatti, come rapporto originario con le cose del mondo, si determina come:
• progettualità: cioè comprensione degli enti alla luce del progetto dell’esserci
• effettività: l’essere gettato dell’esserci nella propria apertura al mondo
• deiezione: caduta dell’esserci nella banalità del quotidiano
In tale dimensione l’uomo conduce un’esistenza inautentica, ossia un’esistenza banale e anonima, cadendo nello stato di deiezione. L’esplicazione di questo stato di vita si ha nella conduzione della vita basata sulla:
• chiacchiera: passiva accettazione di quanto viene detto (si dice...)
• curiosità: badare di più all’apparenza delle cose
L’ESISTENZA AUTENTICA
È possibile pervenire ad un’esistenza autentica solo sentendo appieno il sentimento dell’angoscia sulla scia di Shopenhauer.
angoscia: si distingue dalla paura verso un qualcosa di determinato e rappresenta l’avvertimento della nullità del mondo, la comprensione dell’impossibilità di tutte le possibilità dell’uomo. Rivela all’uomo questo nulla su cui si fonda il mondo e la sua esistenza, ma soprattutto la sua struttura finita mettendolo in relazione con la temporalità, cioè la morte. Grazie all’angoscia l’uomo capisce di essere un “essere-per-la-morte”.
morte: non è la fine della vita, ma riguarda l’essere stesso che noi siamo, perché è la nostra possibilità più vera, certa e incondizionata. È la possibilità più propria dell’esserci, quella prospettiva che lo sottrae alla dimensione inautentica del “si dice” e della curiosità.
Di fronte alla morte, e all’angoscia che fa emergere tale pensiero, l’uomo deve compiere una scelta:
• può scegliere di vivere nella prospettiva della propria morte, anticipandola, riconoscendo la propria finitezza
• può decidere di rimanere nella dimensione rassicurante dell’inautenticità
L’uomo autentico è colui che sceglie di vivere nella prospettiva della propria morte, tenendo presente la voce della propria coscienza che gli ricorda che il suo male consiste nel porsi nel mondo come una cosa accanto alle altre cose, anziché anticipare la morte.
LA TEMPORALITA’ DELL’ESSERCI
Vivere nel tempo è per l’uomo un fattore essenziale: l’uomo non vi si trova per caso, ma si trova gettato in una dimensione temporale. In sostanza le stesse strutture dell’esserci rimandano tutte ad una medesima dimensione temporale.
• passato: inteso come angoscia, è la dimensione più sfuggente. È una condizione continuativa in quanto noi siamo in ogni momento il nostro passato.
• presente: inteso come quotidianità anonima, confina l’uomo deiettato.
• futuro: inteso come progetto, è la dimensione che ci fa vivere sempre in proiezione di quello che sarà