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La Relatività generale è una teoria fisica pubblicata da Albert Einstein nel 1915.
Come disse lo stesso Einstein, fu il lavoro più difficile della sua carriera, poiché bisognava far convergere concetti di geometria euclidea in uno spazio che poteva non esserlo.
Uno dei motivi che spinsero Einstein ad indagare in questa direzione fu una questione di simmetria: la relatività ristretta aveva stabilito l'uguaglianza di tutti i sistemi inerziali, lasciando fuori i sistemi accelerati, che presentano forze ben individuabili con un qualunque esperimento. Questo poneva i sistemi inerziali su una posizione privilegiata, diversa rispetto ai non inerziali. In più, la relatività ristretta aveva mostrato che lo spazio ed il tempo devono essere trattati insieme se si vogliono ottenere risultati coerenti; il tempo era diventato una coordinata come le altre 3 e ad impedire certi movimenti in questo spazio a 4 dimensioni c'è solo il principio di causalità. In regioni dello spazio-tempo a 4 dimensioni infinitamente piccole, per le quali è possibile un'accelerazione del sistema di coordinate in maniera da non indurre alcun campo gravitazionale, resta valida la relatività ristretta. Vale, cioè, che:
ds2 = − (dx1)2 − (dx2)2 − (dx3)2 + (dx4)2
Il valore del ds non dipende dal sistema di coordinate (da dove colloco l'origine degli assi e dal suo orientamento). Questo sistema è fatto di 4 assi cartesiani e, perciò, non è disegnabile, sebbene segua le regole di una geometria euclidea. Einstein introduce il concetto di coordinata temporale, che si aggiunge ai tre assi "spaziali" del sistema cartesiano. Tuttavia, è necessaria una scelta conveniente del sistema di coordinate: occorre che l'unità di misura della coordinata temporale x4 sia scelta in modo che la velocità della luce nello spazio vuoto, misurata nel sistema locale, sia pari a 1. Resta libera la scelta delle tre coordinate spaziali.
Misurando lo spazio e il tempo, l'equazione consente di determinare la lunghezza dell'elemento lineare ds che congiunge due punti dello spazio-tempo infinitamente vicini.
Nonostante si tratti di un termine quadratico, ds2 può assumere valore negativo:
se ds2 < 0 l'elemento ha natura di uno spazio; viceversa, se ds2 > 0, l'elemento ha natura di un tempo. In definitiva, non c'è una netta demarcazione fra spazio e tempo, ma appunto un "continuum": si dice che è uno spazio o un tempo, a seconda che l'elemento è "più uno spazio" o "più un tempo", in base alla componente che prevale.
Facendo tendere a zero il ds, con la relatività ristretta si ricava la propagazione della luce.
L'equazione, che assegna un segno opposto alle coordinate spaziali e a quella temporale, afferma che dove lo spazio si contrae il tempo si dilata (passa più lentamente); e viceversa dove lo spazio si dilata, il tempo si contrae.
Come valore certo, in questa teoria si sa che, un punto non ha significato fisico. L'elemento base della teoria è detto punto piccolo infinitesimale, che in realtà è un segmento piccolo arbitrariamente che tende a una lunghezza zero, ossia due punti che tendono a coincidere in uno solo.
Il passo successivo è la definizione di una geodetica, ossia di una traiettoria "naturale" del punto nello spazio-tempo. Come l'elemento lineare ds, essa è una linea che unisce due punti dello spazio tempo. La particolarità è che per una geodetica si ha un estremo per . La geodetica pertanto non dipende dal sistema di riferimento, in quanto legata ad una somma (integrale nel continuo) di elementi lineari ds la cui definizione non dipende dal sistema di coordinate.
Il tensore fondamentale covariante è dato dalla:
ds2 = gμνdxμdxν.
dxμ e dxν sono vettori controvarianti che possono essere scelti arbitrariamente. Invece, vale che gμν = gνμ, e perciò gμν è un tensore doppio covariante.
Quindi, Einstein applica la matematica del tensore e le proprietà del tensore fondamentale, per dedurre il tensore di Riemann-Christoffel.
Un esperimento ideale per spiegare in maniera semplice e concreta questo fenomeno, è noto come ascensore di Einstein:
su un ascensore in caduta libera, senza possibilità di vedere all'esterno, un'osservatore supporrebbe di essere in assenza di gravità; per provarlo, egli lascia cadere una moneta ed osserva che la moneta resta alla stessa altezza nella cabina ovvero non cade rispetto ad essa, che per l'osservatore è l'unico punto di riferimento. Questo porterebbe allora a dire che un sistema in caduta libera (cioè in un campo gravitazionale) è indistinguibile (almeno per un certo periodo) da un altro non sottoposto ad alcuna forza. D'altra parte, quando l'ascensore è fermo, l'osservatore sente una normale forza di gravità (e una moneta lasciata andare cade ai suoi piedi); non appena l'ascensore inizia a cadere, la moneta resta a mezz'aria: in questo caso l'osservatore può pensare che sia comparso all'improvviso un campo gravitazionale dalla direzione del soffitto, che bilancia esattamente quello di partenza; di nuovo non può decidere quale dei due casi sia quello vero.
Quindi i sistemi accelerati non dovevano essere così eccezionali.
Da questi presupposti, Einstein cercò quindi di costruire una visione della realtà parallela a quella della legge d'inerzia: mentre in quel caso un corpo si muove, non accelerato, lungo una retta se non viene sottoposto a forze, in questo caso un corpo sottoposto alla sola gravità si muove lungo una traiettoria che, nello spazio-tempo deformato, corrisponde ad una retta. Questa soluzione viene definita:
La teoria afferma infatti che lo spaziotempo viene più o meno curvato dalla presenza di una massa; un'altra massa più piccola si muove allora come effetto di tale curvatura.
Spesso, si raffigura la situazione come una palla che deforma il piano del biliardo con il suo peso, mentre un'altra pallina viene accelerata da questa deformazione del piano ed in pratica attratta dalla prima.
Questa è solo una semplificazione alle dimensioni raffigurabili, in quanto ad essere deformato è lo spazio-tempo e non solo le dimensioni spaziali, cosa impossibile da raffigurare e difficile da concepire.
L'unica situazione che riusciamo a raffigurare correttamente è quella di un universo a 1 dimensione spaziale ed una temporale. Un qualunque punto materiale è rappresentato da una linea (linea di universo), non da un punto, che fornisce la sua posizione per ogni istante: il fatto che sia fermo o in moto farà solo cambiare l'inclinazione di questa retta. Ora pensiamo di curvare tale universo usando la terza dimensione: quello che prima era la retta che descriveva un punto, ora è diventata una superficie. Su una superficie curva non vale la geometria euclidea, in particolare è possibile tracciare un triangolo i cui angoli sommati non forniscono 180° ed è anche possibile procedere sempre nella stessa direzione, ritornando dopo un certo tempo al punto di partenza.
Per descrivere o meglio ancora definire il concetto di Gravità, pongo subito un esempio.
Ogni particella di materia si muove a velocità costante lungo una curva, chiamata geodetica che in ogni momento (cioè localmente) può essere considerata retta. La sua velocità è data dal rapporto tra la distanza spaziale percorsa ed il tempo proprio, dove il tempo proprio è quello misurato nel riferimento della particella, mentre la distanza spaziale dipende dalla metrica che definisce la struttura dello spazio-tempo. La curvatura determina l'effettiva forma delle geodetiche e quindi il cammino che un corpo segue nel tempo.
In parole più semplici possiamo dire: un corpo si muove nello spazio-tempo sempre lungo una geodetica, allo stesso modo in cui nella meccanica classica un corpo non sottoposto a forze si muove lungo una retta. Se la struttura dello spazio-tempo in quel punto è piatta, la geodetica sarà proprio una retta, altrimenti assumerà forme diverse, ma il corpo la seguirà comunque. In questo modo, la gravità viene ad essere inglobata nella struttura dello spazio-tempo. Ancora una volta, è da notare che tale curvatura è applicata non solo alle coordinate spaziali, ma anche a quella temporale.
In presenza di sistemi accelerati (o, che è lo stesso, sistemi sotto l'influenza della gravità), si possono definire come inerziali solo zone locali di riferimenti e per brevi periodi. Questo corrisponde ad approssimare con un piano ciò che sarebbe curvo su larga scala). In tali situazioni valgono ancora le leggi di Newton. Matematicamente Einstein descrive lo spazio-tempo come uno pseudo-spazio di Riemann a 4 dimensioni; la sua equazione di campo lega la curvatura in un punto al tensore energia in quel punto, essendo tale tensore dipendente dalla densità di materia ed energia.
L'equazione di campo indicata da Einstein non è l'unica possibile, ma si distingue per la semplicità dell'accoppiamento tra materia/energia e curvatura. Tale equazione contiene un termine Λ, chiamato costante cosmologica, introdotto da Einstein per permettere un universo statico. Negli anni successivi osservazioni dell’astronomo E. Hubble mostrarono che l'universo è (o comunque appare) in espansione, ed il termine cosmologico venne omesso (lo stesso Einstein giudicò un errore la sua introduzione). Sembra però che Einstein avesse ragione anche quando sbagliava: infatti nel 1998, l'osservazione dello spostamento verso il rosso di supernovae lontane, ha costretto gli astronomi a impiegare una costante cosmologica per spiegare l'accelerazione dell'espansione dell'Universo.
La forma dell'equazione di campo è:
dove:
Rμν: tensore di curvatura di Ricci,
R: scalare di curvatura di Ricci,cioè la traccia di Rik
gμν: tensore metrico,
Λ: costante cosmologica,
Tμν: tensore stress-energia,
c: velocità della luce,
G: costante gravitazionale.
Il tensore gμν descrive la metrica dello spazio-tempo ed è un tensore simmetrico 4x4, che quindi ha 10 componenti indipendenti; date le 4 coordinate utilizzate, le equazioni indipendenti si riducono a 6.
Molte sono le soluzioni dell'equazione di campo e tutte dipendono dal sistema che si sta considerando. Possono inoltre distinguersi in soluzioni locali o globali.
Le soluzioni locali, in cui si considera per esempio una massa posta nell'origine del sistema di riferimento, presuppongono una metrica che descriva uno spazio-tempo piatto per grandi distanze dall'origine. Queste soluzioni si dividono a seconda dei valori assunti dai parametri m (massa), a (momento angolare), Q (carica elettrica), tutte quantità espresse con la convenzione semplificativa G = c = 1. Ovviamente nel caso Q sia non nulla, oltre all'equazione di campo di Einstein, si dovranno risolvere simultaneamente le equazioni di Maxwell del campo elettro-magnetico. Inoltre si distinguono soluzioni nel vuoto quanto Tik è nullo, o nella materia quando Tik è non nullo (per materia si intende sia massa che energia).
Le soluzioni più conosciute utilizzate in cosmologia sono
Vi sono poi quelle utilizzate per lo studio teorico dei buchi neri, derivate ponendo Λ = 0 e Tik = 0:
Dal precendete prospetto si può vedere come, una volta ricavata la metrica (ovvero il ds2 = gikxixk) di Kerr-Newmann, si possano ricavare tutte le altre per semplificazione, ponendo di volta in volta i vari paramentri a zero.
La metrica di Kerr-Newmann è dunque con m≠0, a≠0 e Q≠0, ed è quindi a simmetria assiale:
dove
raccogliendo i termini con i differenziali simili
ds2
− ΣΔ − 1dr2
si può scrivere la matrice che rappresenta il tensore metrico
Annullando Q nella metrica di Kerr-Newmann si ottiene la metrica di Kerr, soluzione dell'equazione di campo (senza campo elettromagnetico), anch'essa a simmetria assiale:
dove ora
Operando lo stesso tipo di raccoglimento che per la metrica di Kerr-Newmann, si può scrivere la rapprensentazione matriciale dell tensore metrico
Se nella metrica di Kerr-Newmann, invece della carica elettrica Q, si annullasse il momento angolare a, si otterrebbe la metrica di Reissner-Nordstrøm, a simmetria sferica:
dove
Δ = r2 − 2Mr + Q2
Σ = r2
e la rappresentazione matriciale è
Se infine si pongono a=0 e Q=0 si ottiene la metrica di Schwarzschild, soluzione delle equazioni di Einstein (senza campo elettro-magnetico) in simmetria sferica. Si avrà quindi
sapendo che ora
Δ = r2 − 2Mr
Σ = r2
e in forma matriciale su avrà
Le singolarità della metrica risultano quando , per cui, nella metrica di Schwarzschild si verificano quando
Nel primo caso si ha una singolarità eliminabile cambiando sistema di riferimento e corrisponde al raggio di Schwarzschild (ovvero la distanza dal centro del buco nero a cui si forma l'orizzonte degli eventi). Il fatto che la singolarità sia eliminabile è spiegabile considerando che le geodetiche non si interrompono attraversando l'orizzonte degli eventi. Nel secondo caso, viceversa, si tratta di una singolarità non eliminabile e corrisponde ad una curvatura infinita dello spazio-tempo, spesso raffigurata come un imbuto senza fine, una smagliatura nel tessuto spaziotemporale.
Una delle conferme più recenti alla teoria della relatività, è data dall'effetto lente gravitazionale.
La luce emessa da una sorgente lontana, transitando nelle vicinanze di un oggetto molto massiccio può venire deviata, con un effetto complessivo che può sdoppiare (o meglio trasformare in un anello), l'immagine della sorgente.
Illustrazione dell'effetto lente gravitazionale: la sorgente "reale" è quella presente nel riquadro in alto a destra. Il percorso della luce è rappresentato dalle frecce bianche, mentre quelle arancio, permettono di ricostruire la posizione apparente (cioè quella che vediamo), della sorgente ovvero la posizione delle sue immagini generate dall’effetto lente gravitazionale.
È recente inoltre, la scoperta indiretta dell'esistenza dei buchi neri, oggetti pesanti e compatti dalla cui superficie non può sfuggire (quasi) nulla, essendo la velocità di fuga superiore a quella della luce. Quasi nulla in quanto il fisico Stephen Hawking ha dimostrato come i buchi neri evaporino perdendo particelle, per lo più fotoni, tanto più velocemente quanto più piccola è la massa del buco nero. Questo risultato deriva direttamente dalla conservazione del secondo principio della termodinamica, ed è stata la prima applicazione congiunta di relatività generale e meccanica quantistica.
Sono inoltre in atto alcuni esperimenti per la registrazione di onde gravitazionali, anch'esse previste dalla teoria: tali onde si svilupperebbero quando due corpi con un enorme campo gravitazionale orbitano a distanza ravvicinata l'uno con l'altro. Un altro risultato che confermerebbe la teoria è il cosiddetto frame dragging, ossia il trascinamento del sistema di riferimento da parte di masse in rotazione.
Nel 2004 alcuni ricercatori della Cornell University hanno provato a simulare una diversa costante gravitazionale per fermioni e bosoni, e hanno rilevato che questa ipotesi sembra essere in accordo con l'abbondanza relativa dell'elio nell'universo primordiale.
Fonte: http://www.castfvg.it/articoli/fisica/relativita_generale.doc
Sito web da visitare: http://www.castfvg.it/
Autore del testo: indicato nel documento di origine
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