Fisica interferometro di Michelson

Fisica interferometro di Michelson

 

 

 

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Fisica interferometro di Michelson

L’esperimento dell’interferometro di Michelson con le microonde

L’isotropia della luce ferma il vento d’etere

Introduzione Storica

Nel 1887, A Michelson (1852-1931) e il suo collaboratore Morley (1838-1923), tentarono di misurare la velocità della Terra rispetto al sistema di riferimento fisso dell’etere, che era immaginato essere una materia sottilissima come l’aria (etere in greco significa aria), che non trasla né ruota, ma è in grado soltanto di oscillare e vibrare localmente. Era proprio questa capacità di vibrare che, fino a quel tempo, aveva permesso agli scienziati di spiegare la propagazione delle radiazioni luminose.
Benché le prove dell’esistenza dell’etere non fossero mai state oggetto di vere e proprie misure sperimentali, il modello funzionava abbastanza bene. Anzi, sull’ipotesi dell’etere si appoggiava tutta la teoria elettromagnetica di Maxwell, la quale dimostrava, in particolare, la natura ondulatoria della radiazione ed era ormai accettata implicitamente da tutti gli scienziati, al pari della meccanica newtoniana.
Michelson pensò che fosse possibile l’osservazione dell’effetto del movimento della Terra rispetto all’etere. Quest’ultimo avrebbe dovuto causare un “vento apparente” che favoriva o meno la propagazione della luce  a seconda delle direzione.
L’idea di Michelson era la seguente:

  • quando la sorgente è esterna alla Terra (per esempio una stella), la vibrazione luminosa è creata nel sistema di riferimento solidale con l’etere, e ciò non comporta alcun cambiamento nel valore della velocità di propagazione della luce;
  • se invece la sorgente luminosa è solidale con la Terra, la luce emessa dovrebbe risentire del vento d’etere, che la ostacolerebbe se la propagazione avvenisse “contro vento” mentre la favorirebbe in caso di  “favore di vento”.

Michelson e Morley usarono come apparecchio di misura un interferometro, cioè uno strumento con il quale era possibile misurare, attraverso la visione delle frange di interferenza di due raggi luminosi, il ritardo causato da due cammini ottici differenti. Lo schema semplificato dell’apparato sperimentale è riportato nella figura a fianco. I due raggi arrivano al rivelatore in istanti differenti, a causa del diverso percorso, causando una classica figura d’interferenza dovuta al loro sfasamento. Anche il vento d’etere contribuisce a tale sfasamento ma solo nella direzione di spostamento della Terra. Gli scienziati prevedevano che ruotando l’apparato di 90o (ossia cambiando il ruolo di ciascun raggio) si dovesse osservare un cambiamento della figura d’interferenza, cosa che però non avvenne, mettendo in  evidenza l’effettiva inconsistenza dell’ipotesi dell’etere.  


Figura 1
Materiale occorrente
Per realizzare un interferometro di Michelson con un fascio a microonde occorre poter disporre di un sistema per “ottica delle microonde”, ad esempio quello della Pasco: il sistema è pensato per produrre in dimensioni diciamo più maneggevoli i fenomeni tipici dell’ottica ondulatoria, normalmente difficili da indagare.  Il cuore del sistema e un emettitore a 10.525 GHz e il relativo ricevitore di sensibilità regolabile e gli accessori che consentono di creare  con semplicità riflessioni, rifrazioni, polarizzazioni diffrazioni e interferenze.

Fig. 2 Trasmettitore con antenna a tromba (horn). Nel trasmettitore viene impiegato un particolare circuito a semiconduttori (diodo Gunn), il quale lavora alla frequenza di 10,7 GHz ed ha una potenza di 2 mW; il segnale a microonde è polarizzato linearmente con la direzione della componente elettrica del campo coincidente con la direzione del diodo. Il supporto del trasmettitore essendo rotante permette di variare in modo continuo  l’angolo di polarizzazione del fascio emesso.

 

 

Fig. 3 Ricevitore con antenna a tromba (horn). Nel ricevitore viene utilizzato, quale dipolo lineare rilevatore, un diodo Schottky collegato ad un amplificatore e ad un microamperometro. Anche il supporto del ricevitore è ruotabile: un disco goniometrico permette la misura dell’angolo di rotazione. Il trasmettitore e il ricevitore possono scorrere su aste metriche collegate al centro da una piattaforma ruotabile dove è possibile collocare su un supporto magnetico diversi accessori.

 

L’apparecchiatura deve essere disposta come nell’immagine seguente:

Figura 4 Interferometro di Michelson realizzato e relativo schema di principio nella sua versione che utilizza microonde. Si compone, oltre che del trasmettitore e del ricevitore, di altri tre elementi disposti su un tavolo: un  divisore di fascio (o lamina separatrice) costituito da un pannello di formica, e due schermi metallici che sono riflettenti alle microonde. Lo schermo di destra è mobile in modo da poter variare la distanza relativa rispetto al divisore.

 

Funzionamento dell’interferometro
Il funzionamento dell’interferometro è il seguente. La sorgente di microonde (trasmettitore) invia sul divisore di fascio (lamina separatrice) sotto incidenza di 45 gradi, un fascio di microonde. Il divisore sdoppia questo fascio in due parti di uguale intensità, il fascio riflesso B che va a riflettersi sullo schermo fisso e torna verso la lamina, e il fascio rifratto A che va a riflettersi sullo schermo mobile e torna indietro ugualmente verso la lamina. Ciascuno dei due fasci di ritorno va a sdoppiarsi a sua volta sulla lamina in modo che dall’apparecchio escano quattro fasci che a due a due si sovrapporranno. Due fasci andranno verso il trasmettitore e gli altri due verso il ricevitore. Lo stato di interferenza osservato dipende essenzialmente dalla differenza del cammino tra i percorsi del fasci A e B dal punto in cui si separano sulla lamina fino al punto in cui si ricongiungono di nuovo sulla lamina medesima.
Si può mostrare che, se le lunghezze dei due cammini ottici seguiti dai fasci A e B sono uguali le vibrazioni dei fasci che vanno verso il trasmettitore sono in accordo di fase e le loro ampiezze si sommano. Nelle stesse condizioni, i fasci che si dirigono verso il ricevitore sono in opposizione di fase e le loro ampiezze si sottraggono. Valutiamo queste ampiezze ricordandoci che le intensità sono proporzionali ai quadrati delle ampiezze: designiamo con a l’ampiezza delle vibrazioni del fascio incidente e con . Ciascuno dei quattro fasci in uscita corrisponderà dunque a un’ampiezza:

Verso il ricevitore, dove c’è accordo di fase si osserverà dunque un’ampiezza risultante:

mentre verso il ricevitore dove c’è opposizione di fase, osserveremo un’ampiezza risultante:

In altri termini, quando i cammini dei due tratti A e B sono esattamente uguali, tutta l’intensità del fascio a microonde (tutti i fotoni) entrato nel separatore ritorno verso il trasmettitore. Il ricevitore  non registra alcun segnale. Ma basta spostare lo schermo mobile della distanza e per invertire il fenomeno d’interferenza. In questa nuova disposizione saranno le vibrazioni dei fasci diretti verso il ricevitore che saranno in accordo di fase. Stavolta tutta l’intensità luminosa  sarà registrata dal ricevitore.

Esecuzione dell’esperimento

  • Collocare l’apparecchiatura come in fig. 4. Porre particolare attenzione alla disposizione della lastra separatrice la quale dovrà essere ruotata fino a quando il ricevitore colga il massimo segnale emesso dal trasmettitore.
  • Spostare lo specchio metallico mobile fino ad ottenere due massimi successivi e misurare la distanza fra le due posizioni dello specchio.

 

Esercizio. Si assuma che la velocità della Terra attraverso l’etere coincida con la sua velocità orbitale (. Consideriamo l’interferometro descritto precedentemente in cui i bracci siano lunghi ciascuno 70 cm ed un braccio sia nella direzione del moto della Terra attraverso l’etere. Calcolare la differenza nel tempo necessaria perché i due fasci di microonde uscenti dal divisore percorrano ciascuno dei due bracci.

Questo tempo è misurabile con gli strumenti a disposizione?
E’ più facile osservare le eventuali variazioni nella figura di interferenza se si utilizzano fasci di microonde o fasci di luce?

 

Risoluzione

Per il braccio A, il tempo necessario perché la luce raggiunga lo specchio A si ottiene dividendo la lunghezza del cammino lA per la velocità della luce, la quale in base alle trasformazioni galileiane delle velocità è c-v. Al ritorno, la lunghezza del cammino è ancora lA, ma ora la velocità è c+v, per cui il tempo totale del viaggio di andata e ritorno è:

 

 

Da notare che il tempo necessario per compiere un’andata e un ritorno è maggiore di un fattore di quello che si avrebbe se l’etere fosse ferma. Come mai il vento pur aiutando in una parte del percorso nello stesso modo in cui ritarda nell’altra, il tempo necessario a compiere un’andata e un ritorno non è uguale a quello che si ha in “aria calma”?

Per viaggiare lungo l’altro braccio un raggio deve essere diretto in modo tale che il vettore della sua velocità risultante (velocità rispetto all’etere più velocità dell’etere rispetto all’interferometro) sia perpendicolare al braccio A. Ciò fornisce una velocità pari a  per entrambe le direzioni rispetto al cammino lB, così che il tempo per il viaggio di andata e ritorno è:

Anche ora un risultato che può lasciare perplessi: da notare che il tempo necessario per compiere un’andata e un ritorno è maggiore di un fattore di quello che si avrebbe se l’etere fosse fermo.
Se assumiamo  e si può così valutare la differenza fra i due tempi.


La variazione osservabile del fenomeno dell’interferenza è data dal rapporto ove T è il periodo dell’onda elettromagnetica utilizzata.

Fascio di luce:

Fascio di microonde:

È evidente che è più facile osservare le eventuali variazioni nella figura di interferenza se si utilizza la luce rispetto alle microonde.

Da notare che il ritardo Dt previsto in base all’ipotesi del vento d’etere è troppo piccolo per essere misurato direttamente, anche con gli strumenti che sono a disposizione al giorno d’oggi. Per tale motivo Michelson e Morley non utilizzarono l’interferometro nella disposizione semplice come quella mostrata ma sue varianti, in una delle quali i bracci erano lunghi 11 metri e il percorso di andata e ritorno del fascio di luce  (monocromatico proveniente da una lampada ai vapori di sodio) veniva ripetuto quattro volte con l’utilizzo di specchi aggiuntivi.

 

Fonte: http://www.fisicaweb.org/relat%20ristretta/Michelson/Interferometro%20di%20Michelson.doc

Sito web da visitare: http://www.fisicaweb.org/

Autore del testo: V.Giuliani

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