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RELATIVITA’ RISTRETTA: una prima sintesi
Con la teoria della relatività ristretta di Einsteinformulata nel 1905 si mettono in discussione concetti familiari e assodati come tempo, spazio, massa ed energia con i quali l’uomo ordina luoghi e fatti. Einstein giunse alla sua teoria dopo una analisi critica di una asserzione riportata da Galileo nel suo libro “Dialogo sui massimi sistemi”, nota come Principio di relatività galileana, secondo la quale le leggi del moto osservate da due osservatori che si muovono di moto rettilineo uniforme l’uno rispetto all’altro (osservatori inerziali) sono le stesse.
Galileo enuncia il suo principio di Relatività facendo l’esempio di cosa accadrebbe nel salone di una grande nave dove non sia possibile osservare cosa accade fuori. Galileo immagina di versare acqua in un bicchiere. E dice che il movimento di quella massa d’acqua è esattamente lo stesso sia se la nave è ferma o in viaggio a velocità costante su un mare piatto. Se si eseguisse un qualunque altro tipo di esperimento non si riuscirebbe mai a trovare un effetto che dipenda dalla velocità costante della nave.
Si potrebbe pensare che ciò sia vero perché la nave viaggia a velocità modeste. Galileo non poteva disporre di jet supersonici. Ma noi possiamo facilmente verificare che ciò è vero anche mentre voliamo su un aereo. Su un jet possiamo anche osservare il movimento di una pallina lasciata cadere verso il basso. Tale movimento presenta qualche differenza rispetto al moto analogo di una pallina lasciata da una persona ferma?
Conseguenza del principio di Galileo è anche che se lanciamo una palla da un’auto nella direzione del suo moto, la velocità della palla rispetto ad un osservatore fermo sarà uguale alla somma, o alla differenza, della velocità della palla con quella dell’auto a seconda che il lancio avvenga nel verso del movimento dell’auto o in quello opposto (legge di composizione delle velocità di Galileo).
La conseguenza più spettacolare dei principi sopra elencati di Galileo è che tutte le velocità sono equivalenti, andar piano, andar forte, o stare fermi sono condizioni totalmente equivalenti. Non c’è alcun privilegio nello stare fermi esattamente come non c’è alcun privilegio nell’avere una velocità qualsiasi, purchè essa sia costante in direzione, verso e intensità.
Da notare che il principio di relatività di Galilei non è limitato soltanto ai fenomeni meccanici. Se si eseguisse anche un esperimento di elettromagnetismo non sarà mai possibile misurare un effetto che dipenda dalla velocità costante del nostro mezzo di trasporto. Il sapore del caffè, ad esempio, che è un effetto di natura puramente elettromagnetica non cambia in un jet supersonico!
Tuttavia, i fenomeni elettromagnetici, espressi in poche equazioni verso la fine del diciannovesimo secolo da Maxwell, definiscono un’importante novità. E cioè che esiste una velocità privilegiata che non cambia mai. E’ quella delle onde elettromagnetiche, e quindi anche della luce che è pari a 3x105 Km/s (1 miliardo di chilometri l’ora!). Da notare che la luce è sempre obbligata a muoversi così velocemente, salvo dei piccoli rallentamenti quando attraversa un mezzo materiale. Questo obbligo, a muoversi con velocità massima, appartiene alla realtà priva di massa. La luce non ha massa. Noi, per fortuna, siamo dotati di massa. E’ questa proprietà che ci permette di stare anche fermi!
Einstein spiegò due questioni irrisolte legate alla velocità della luce. La prima è connessa alla sua caratteristica di essere un’onda. A differenza delle onde meccaniche, come le onde sonore o le onde del mare, la luce non ha bisogno di un mezzo elastico per propagarsi. Infatti, mentre il suono ha bisogno dell’aria e le onde del mare necessitano dell’acqua, la luce e tutte le altre radiazioni elettromagnetiche si possono propagare anche nel vuoto. Sui vari tentativi di verificare l’esistenza di un mezzo indispensabile per permettere la propagazione della luce – definito etere - effettuati in particolare da Michelson e Morley alla fine dell’800, Einstein risponde che se un oggetto non è osservabile non esiste e tanto vale farne a meno.
La seconda questione insoluta è legate alla velocità della luce la cui costanza mette in crisi il principio di relatività di Galileo – in particolare la legge di composizione dei moti - la quale funziona bene soltanto nel mondo macroscopico delle nostre esperienze quotidiane dove la velocità degli oggetti in movimento è piccola rispetto alla velocità della luce. Invece, quando i corpi in movimento hanno una velocità confrontabile con quella della luce la teoria di Galileo risulta incompleta. Per verificare ciò Einstein immagina di sparare dall’auto in movimento invece di una palla dei fotoni, e questo lo possiamo fare ad esempio inviando un fascio di luce o un segnale radio (come un messaggio con il nostro cellulare!) nel verso del moto del treno. Ebbene, le onde elettromagnetiche si comportano diversamente dalla palla poiché sia l’osservatore sull’auto che quello fermo rilevano la stessa velocità di queste onde.
Vale pertanto il seguente Principio di Einstein della costanza della velocità delle onde elettromagnetiche:
“La velocità delle onde elettromagnetiche ha lo stesso valore per tutti gli osservatori e non è alterata dal loro moto relativo”
Nota. Il fatto che la velocità delle onde elettromagnetiche e quindi della luce sia finita, vale a dire che luce impieghi un certo intervallo di tempo per andare dall’oggetto osservato all’osservatore, costituisce un grande vantaggio per gli astronomi. Permette loro di osservare tutte le fasi dell’evoluzione delle stelle e delle galassie guardando semplicemente nello spazio e indietro nel tempo. Tutti i tipi di fenomeni che sono avvenuti dalla nascita dell’universo fino ad ora possono effettivamente essere osservati in qualche punto del cielo. Per andare dal Sole alla Terra, la luce impiega otto minuti, e quindi, in ogni momento, noi vediamo il Sole come era otto minuti prima. Analogamente, vediamo la stella più vicina come essa era quattro anni fa, e con i più potenti telescopi possiamo vedere le galassie come erano milioni e miliardi di anni fa.
LA RELATIVITA’ DELLE DISTANZE E DEI TEMPI
Einstein si trovò a dover superare le difficoltà legate al fatto che la velocità della luce e di ogni altra radiazione elettromagnetica (raggi X, gamma, infrarossi, ultravioletti, onde radio) è indipendente dalla velocità della sorgente e dell’osservatore e quindi non verifica il principio di composizione dei moti di Galileo. Egli giustificò ciò affermando che, poiché in generale la velocità è definita come il rapporto tra lo spazio percorso diviso il tempo impiegato a percorrerlo, affinché la velocità delle onde elettromagnetiche rimanga costante bisogna che lo spazio e il tempo si modifichino.
E’ come se lo spazio e il tempo si “adattano” all’osservatore in modo tale che per lui la velocità della luce sia sempre la stessa. Vale a dire che spazio e tempo non sono gli stessi per osservatori in moto relativo l’uno rispetto all’altro. In particolare Einstein formalizzò, inquadrandoli in una teoria unitaria, i seguenti risultati, in parte già previsti da Lorentz:
RELATIVITA’ DELLE DISTANZE (Contrazione delle lunghezze). Nella fisica classica si è sempre dato per scontato che un oggetto ha la stessa lunghezza in moto o in quiete. La teoria della relatività ha mostrato che ciò non è vero. La lunghezza dell’oggetto dipende dal suo moto rispetto all’osservatore. In particolare l’oggetto appare contratto nella direzione del moto. Più precisamente:
Nota. E’ importante precisare che la contrazione delle lunghezze avviene solo lungo la direzione del moto: le dimensioni perpendicolari alla direzione del movimento non subiscono contrazioni!
Esempio. Superman mentre sta viaggiando sopra la tua testa ad un velocità costante di 0,95 volte la velocità della luce misura le sue dimensioni ottenendo un’altezza di 2 m e una circonferenza alla “vita” di 60 cm. Un osservatore terrestre quali dimensioni misurerebbe?
Mentre l’altezza propria di Superman è Lo= 2 m, quella misurata dalla Terra è:
Per quanto le misure alla “vita”, sia Superman che l’osservatore terrestre misurano………… perché è ……………….alla direzione del moto.
RELATIVITA’ DEI TEMPI (Dilatazione di tempi). L’esperienza di tutti i giorni sembra indicarci che esista un tempo assoluto, che scorre allo stesso modo per tutti. Invece, la relatività ristretta rivela, ad esempio che nelle misure eseguite da un osservatore a Terra il tempo misurato da un astronauta scorre più lentamente rispetto al proprio. In particolare si ha che:
Nota: il tempo proprio rappresenta la durata minima del fenomeno; in tutti gli altri sistemi di riferimento la durata del fenomeno è maggiore.
Esempio. Quanto dura una storia d’amore? Due innamorati vivono una storia d’amore così coinvolgente da immaginarsi insieme anche su un’astronave che viaggia alla velocità costante di 0,99999c. Se la loro storia dura sulla Terra soltanto 5 minuti, sull’astronave quanto durerebbe se fosse misurata da un orologio terrestre? E se invece durasse 1 giorno quanto sarebbe lunga questa love story sull’astronave? E se invece il tempo venisse misurato da un orologio sull’astronave? (R: 18.6 hours; 224 days; 5 min; 1 days)
Il muone. La legge della dilatazione dei tempi, per quanto possa sembrare incredibile, è facilmente sottoposta a verifica nella fisica delle particelle, come nel caso dei muoni cosmici (detti anche mesone m, o muone a riposo), particelle subnucleari derivanti dal processo di collisione di protoni provenienti dai raggi cosmici contro le molecole d’aria dell'alta atmosfera terrestre. I muoni attraversano l'atmosfera terrestre ed arrivano al suolo con una frequenza misurata di circa 1cm-2 min-1. Come molte altre particelle elementari la vita media dei muoni a riposo è molto breve, circa 2 microsecondi. Un muone che viaggia ad una velocità pari a 0.998 c, percorrerà prima di decadere una distanza s pari a:
Poiché i muoni sono prodotti nella parte esterna dell’atmosfera che dista dal suolo circa 9-10 km, la probabilità che un muone raggiunga il suolo è alquanto bassa e non giustifica la frequenza di arrivo misurata. Se invece si tiene conto della dilatazione dei tempi e si corregge la vita media dei muoni per il fattore di Lorentz 1/(1-v2/c2) ½ si ottiene una vita media di ed un percorso medio di 9 Km. Questa nuova stima mostra che una frazione significativa dei muoni prodotti nella parte superiore dell'atmosfera raggiunga il suolo ed è in ottimo accordo con la frequenza misurata.
Poiché la teoria della relatività ristretta è anche una teoria della reciprocità osserviamo che dal punto di vista del muone sarà invece lo spazio a contrarsi, visto che il sistema di riferimento terrestre viaggia verso il muone alla velocità di 0.998 c. La distanza che il muone percorre nel suo sistema di riferimento è quindi di circa 600 m, come previsto dalla durata della sua vita media.
La legge della contrazione delle lunghezze e quella della dilatazione dei tempi mette in evidenza uno stretto legame tra spazio e tempo. Per Einstein lo spazio non è tridimensionale e il tempo non è una entità separata. Entrambi sono profondamente e inseparabilmente connessi e formano un continuo quadridimensionale chiamato spazio-tempo.
Gli effetti relativistici sopra analizzati sembrano strani soltanto perché i nostri sensi non possono fare alcuna esperienza diretta del mondo quadridimensionale dello spazio-tempo, ma possiamo osservarne soltanto “immagini” tridimensionali. Questi immagini hanno aspetti differenti in diversi sistemi di riferimento ; oggetti in moto appaiono diversi da oggetti fermi e orologi in moto scandiscono il tempo con ritmo diverso.
Sono effetti che possono sembrare paradossali se non comprendiamo che essi sono soltanto le proiezioni nello spazio di fenomeni quadridimensionali, proprio come le ombre sono proiezioni su un piano bidimensionale di oggetti tridimensionali. Non ha, pertanto, alcun senso chiedersi quale sia la lunghezza “reale” di un oggetto, proprio come non ha senso chiedersi quale sia la lunghezza reale della mia ombra poiché cambia a seconda dell’angolo di proiezione.
Lo ripetiamo, analogamente, la lunghezza di un oggetto in moto è la proiezione, su uno spazio tridimensionale, di un insieme di punti dello spazio-tempo quadridimensionale; essa è diversa in sistemi di riferimento diversi. Se potessimo visualizzare la realtà dello spazio-tempo quadridimensionale, non ci sarebbe nulla di paradossale.
Quando un corpo si muove con velocità v la sua massa misurata da un osservatore fermo appare incrementata rispetto alla massa propria a riposo mo così come risulta all’osservatore in movimento. In particolare:
Fonte: http://www.fisicaweb.org/doc/relativita/RELATIVITAnew.doc
Sito web da visitare: http://www.fisicaweb.org/
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
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