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In questo capitolo tratteremo i semiconduttori mettendo in particolare rilievo le caratteristiche elettriche in funzione della concentrazione delle lacune e degli elettroni.
ELETTRONI E LACUNE IN UN SEMICONDUTTORE INTRINSECO
La propagazione della corrente elettrica varia a seconda dei materiale in quanto la conducibilità è proporzionale alla concentrazione n degli elettroni liberi. Per un buon conduttore, n è molto grande (1028 elettroni/m3); per un isolante, n è molto piccolo ( 107 elettroni/m3); per un semiconduttore, n è un numero, compreso tra questi due estremi. Gli elettroni di valenza nei semiconduttori non sono liberi di muoversi come nei metalli, ma sono vincolati tra due ioni adiacenti.
Il silicio, che ha ormai quasi completamente sostituito il germanio , è il principale semiconduttore impiegato nei dispositivi elettronici. Il reticolo cristallino di questo materiale è costituito da una successione tridimensionale regolare di celle, aventi la forma di un tetraedro con un atomo ad ogni vertice. Questa struttura è mostrata schematicamente in due dimensioni nelle figure 1 e 2 . Il silicio ha complessivamente 14 elettroni, disposti in strati secondo quanto è riportato nella tabella 1a. Ogni atomo nel cristallo di silicio fornisce quattro elettroni di valenza e quindi l'atomo è tetravalente. Il nucleo dell'atomo di silicio fornisce una carica positiva + 4, misurata assumendo come unità di riferimento la carica dell'elettrone. Le forze di legame tra atomi adiacenti derivano dal fatto che ogni elettrone di valenza dell'atomo di silicio è in comune con uno degli atomi "primi vicini". Questo doppietto elettronico, o legame covalente, è rappresentato nelle figure 1 e 2 con le due linee tratteggiate che congiungono ogni atomo con ciascuno degli atomi adiacenti. Il fatto che gli elettroni di valenza servano a vincolare un atomo agli altri, fa sì che gli elettroni di valenza sono rigidamente legati al nucleo. Quindi, nonostante gli elettroni di valenza disponibili siano numerosi, la conducibilità del cristallo è bassa.
A temperature estremamente basse (prossime a 0 °K) ci si avvicina alla struttura ideale di figura 1 e il cristallo si comporta da isolante poiché non vi sono portatori di cariche elettriche liberi. A temperatura ambiente, invece, alcuni legami covalenti si spezzano a causa dell'energia termica fornita al cristallo, e la conduzione diventa possibile. La situazione è rappresentata in figura 2. Qui un elettrone, che per la maggior parte del tempo ha partecipato a un legame covalente, si è allontanato dal suo posto, e quindi è libero di muoversi a caso entro il cristallo. L'energia EG necessaria a spezzare un legame covalente è circa 0,72 eV per il germanio e 1,1 eV per il silicio a temperatura ambiente. La mancanza di un elettrone in un legame covalente rappresentato in figura 2 da un cerchietto, e questo legame incompleto è chiamato lacuna. L'importanza della lacuna risiede nel fatto che essa si comporta come un portatore di carica, proprio come un elettrone libero.
Il meccanismo secondo cui le lacune contribuiscono alla conducibilità è all'incirca il seguente: quando un doppietto elettronico è incompleto ed esiste una lacuna, è relativamente facile che un elettrone di valenza di un atomo adiacente lasci il suo legame covalente per neutralizzare la lacuna. Un elettrone che si allontana dalla sua posizione per neutralizzare una lacuna, lascia una nuova lacuna nella posizione che esso occupava prima. Quindi la lacuna si sposta effettivamente nella direzione opposta a quella dell'elettrone. Questa lacuna, nella sua nuova posizione, può ora essere neutralizzata da un elettrone di un legame covalente, e di conseguenza essa si muove ancora in direzione contraria al moto dell'elettrone. Quindi siamo in presenza di un fenomeno di conduzione che non implica elettroni liberi. Il fenomeno illustrato schematicamente nella figura 3, dove un cerchietto con il punto all'interno rappresenta un legame completo, e un cerchietto vuoto rappresenta una lacuna. La figura 3a mostra una fila di 10 ioni, tra i quali lo ione 6 ha un doppietto incompleto.
Supponiamo ora che dallo ione 7 un elettrone vada a neutralizzare la lacuna nello ione 6, in modo che ne risulta la configurazione di figura 3b. Paragonando questa figura con la 3a, si può dire che la lacuna di (a) si è spostata da sinistra a destra in (b) (dallo ione 6 allo ione 7). Questo esempio mostra che il moto di una lacuna in una direzione equivale effettivamente al trasporto di una carica negativa a uguale distanza in direzione opposta. Per quanto riguarda il flusso di corrente, la lacuna si comporta effettivamente come una carica positiva di valore uguale alla carica dell'elettrone. Possiamo quindi considerare le lacune come entità fisiche il cui moto determina una corrente.
In un semiconduttore puro il numero di lacune è uguale al numero di elettroni liberi. L'agitazione termica produce continuamente nuove coppie elettrone‑lacuna, mentre come effetto della ricombinazione si neutralizzano altre coppie.
Tabella 1a . Disposizione degli elettroni negli elementi del gruppo IV
Elemento Numero Configurazione
atomico
C 6 (1s)2(2s)2(2p)2
Si 14 (1s)2(2s)2(2p)6(3s)2(3p)2
Ge 32 (1s)2(2s)2(2p)6(3s)2(2p)6(3s)2(3p)6(3d)10(4s)2(4p)2
Sn 50 (1s)2(2s)2(2p)6(3s)2(2p)6(3s)2(3p)6(3d)10(4s)2(4p)6(4d)10(5s)2(5p)2
SEMICONDUTTORI COMPOSTI
L'evoluzione e le necessità di alcuni settori dell'elettronica hanno motivato la ricerca verso nuovi materiali semiconduttori che presentassero, per particolari esigenze, migliori caratteristiche del silicio e del germanio. Le ricerche si sono indirizzate nel campo dei semiconduttori composti che dal punto di vista chimico sono formati da leghe binarie del III e V gruppo (per es. GaAs‑InP) e del II e VI gruppo (per es. CdS) del sistema periodico. Lo studio dei semiconduttori composti è stato inoltre esteso a leghe ternarie composte dalla miscela di due leghe binarie (GaAs, GaP=>GaAsP) e a leghe quaternarie (per es. GaInAsP).
La tabella I presenta una parte della tavola periodica degli elementi del terzo, quarto e quinto gruppo.
Il numero in alto a sinistra rappresenta il numero atomico (numero di elettroni contenuti nell'atomo), mentre quello in basso a destra è la densità (gr/cm3).
La tabella I presenta una parte della tavola periodica degli elementi del terzo, quarto e quinto gruppo. Il numero in alto a sinistra rappresenta il numero atomico (numero di elettroni contenuti nell'atomo), mentre quello in basso a destra è la densità (gr/cm3).
Fra i vari tipi di semiconduttori composti, l'arseniuro di gallio (GaAs) ha già avuto, un buon successo. La struttura cristallina dell'arseniuro di gallio è simile a quella del silicio e del germanio, solo che nel GaAs si alternano tra di loro atomi di gallio e atomi di arsenico, conservando la struttura tetraedrica: ciascun atomo di As è circondato da 4 atomi di Ga e ciascun atomo di Ga è circondato da 4 atomi di As. In questa struttura i 5 elettroni di valenza dell'As e i 3 elettroni di valenza del Ga vengono distribuiti nei quattro doppietti di legame realizzando le condizioni di saturazione del livello elettronico più esterno di ogni atomo del cristallo (fig. 4).
Si può notare che per il differente numero di elettroni nell'orbita più esterna (5 per l'arsenico e 3 per il gallio) e per la differenza della carica del nucleo (più positiva quella dell'arsenico) si ha un addensamento maggiore di elettroni intorno al nucleo dell'arsenico (legame covalente con componente ionica ). Questa differenziazione dà origine ad alcune proprietà particolari che rendono questo semiconduttore utile per determinare dispositivi elettronici .
CONDUCIBILITA' NEI SEMICONDUTTORI
Per ogni coppia elettrone‑lacuna, si formano due "particelle" portatrici di carica, l'una negativa l'elettrone libero) di mobilità mn, e l'altra positiva (la lacuna) di mobilità mp. Queste particelle si muovono, entro un campo elettrico E, in direzione opposta, ma, essendo di segno contrario, danno, luogo a due correnti concordi. La densità J della corrente risultante è data da :
J = (mn n + mp p) e E = s E
dove
n = concentrazione degli elettroni liberi (negativi),
p = concentrazione delle lacune (positive),
s = conducibilità,
e = carica dell'elettrone.
quindi
s= (mn n + mp p) e
Per il semiconduttore puro (intrinseco) preso in esame, n = p = ni, dove ni è la concentrazione intrinseca.
Nel silicio puro a temperatura ambiente vi è approssimativamente una coppia elettrone‑lacuna ogni 2 • 109 atomi. All'aumentare della temperatura, aumenta la densità delle coppie elettrone‑lacuna e quindi aumenta la conducibilità secondo la relazione :
ni 2 =A T 3 exp (‑ EG0 /k T)
Le costanti EG0, mn, mp e altre importanti grandezze fisiche che riguardano il germanio e il silicio, sono riportate nella tabella II .
TABELLA II Proprietà del germanio e del silicio
Proprietà Ge Si
Numero atomico 32 14
Peso atomico 72,6 28,1
Densità g/cm3 5,32 2,33
Costante dielettrica (relativa) 16 12
Atomi/cm3 4,4 * 1022 5 * 1022
EG0, eV, a 0 °K 0,785 1,21
EG, eV, a 300 °K 0,72 1,1
ni cm-3, a 300 °K 2,5 * 1013 1,5*1010
Resistività intrinseca a 300 °K, W*cm 45 230000
mn cm2/V*s 3800 1300
mp, cm2/V*s 1800 500
Dn cm2/S = mn* VT 99 34
Dp cm2/S = mp*VT 47 13
Considerazioni analitiche risulta che la conducibilità del silicio (germanio) aumenta all'incirca del 8 (6) % per ogni grado di aumento della temperatura. Questo notevole aumento della conducibilità con la temperatura pone un limite alla possibilità di impiegare dispositivi a semiconduttore in alcuni circuiti. D'altro canto è proprio questa proprietà dei semiconduttori che, per alcune applicazioni, viene sfruttata vantaggiosamente. Un semiconduttore usato in questa maniera è chiamato termistore . Un tale dispositivo trova una notevole applicazione in termometria, nella misura di potenza in alta frequenza, come relè termico, nei sistemi di controllo basati sulla variazione della temperatura. Il silicio e il germanio non vengono impiegati come termistori, in quanto le loro proprietà dipendono in maniera eccessiva dalla presenza di impurità. I termistori commerciali sono costituiti da miscele sinterizzate di ossidi come NiO, Mn2O3 e Co2O3
Si deve far notare come la diminuzione esponenziale della resistività (l'inverso della conducibilità) di un semiconduttore sia in contrasto con l'aumento piccolo e quasi lineare della resistività che si riscontra in un metallo. Un aumento di temperatura in un metallo provoca una maggiore agitazione termica degli ioni, e quindi una certa diminuzione del cammino libero medio degli elettroni. Il risultato è una diminuzione della mobilità, e quindi della conducibilità. Per molti metalli la resistenza aumenta all'incirca dello 0,4% per ogni grado di aumento della temperatura. Bisogna notare che per un termistore, nella formula che dà la resistenza in funzione della temperatura, il coefficiente a ("coefficiente di temperatura della resistenza"), è negativo, mentre per i metalli il coefficiente di temperatura è positivo e molto più piccolo. Inserendo un termistore in un circuito, è possibile compensare variazioni di temperatura dell'ordine di 100 °C.
DONATORI E ACCETTORI
Se nel silicio puro viene aggiunta una piccola quantità di impurità costituita da una sostanza pentavalente , si ottiene la situazione rappresentata in figura 4 . Gli atomi delle impurità sostituiscono
nel reticolo cristallino alcuni atomi di silicio . Quattro dei cinque elettroni di valenza occupano altrettanti legami covalenti, e il quinto è nominalmente svincolato e può partecipare alla conduzione. L'energia necessaria per separare dall'atomo questo quinto elettrone è dell'ordine di soli 0,01 eV per il germanio, e di 0,05 eV per il silicio. I metalli pentavalenti impiegati in pratica come impurità sono l'antimonio, il fosforo e l'arsenico. Essi producono un eccesso di cariche negative, e quindi sono chiamati donatori, o impurità di tipo n.
Quando i donatori sono aggiunti a un semiconduttore puro, vengono introdotti livelli di energia a una distanza molto piccola dalla banda di conduzione, come indica la figura 6. Essi si riducono essenzialmente a un unico livello poiché gli atomi delle impurità sono isolati tra loro nella struttura cristallina, e quindi la loro interazione è piccola. Nel caso del germanio, la distanza del nuovo livello dalla banda di conduzione e solo di 0,01 eV (0,05 eV per il silicio), e quindi a temperatura ambiente quasi tutti gli elettroni non vincolati dei metalli donatori passano nella banda di conduzione. Se il semiconduttore intrinseco viene "drogato" con impurità di tipo n, non solo aumenta il numero di elettroni, ma diminuisce anche il numero di lacune rispetto a quelle che ci sarebbero state nel semiconduttore intrinseco.
La ragione è che il maggior numero di elettroni presenti aumenta la probabilità di ricombinazione degli elettroni con le lacune.
Se a un semiconduttore intrinseco vengono sommate impurità trivalenti (boro, gallio, indio), solo tre dei quattro legami covalenti vengono completati, e la carenza di un elettrone nel quarto costituisce una lacuna. La situazione è schematizzata in figura 7. Le impurità danno luogo a cariche positive poiché esse creano delle lacune che possono "accettare" elettroni. Questi metalli di conseguenza sono chiamati accettori, o impurità di tipo p.
La quantità di impurità che bisogna aggiungere per avere un effetto apprezzabile sulla conducibilità è molto piccola. Per esempio, se viene aggiunta una quantità di impurità di tipo n pari a una parte su 108, la conducibilità del germanio a 30 °C è moltiplicata per 12.
Quando vengono aggiunti a un semiconduttore intrinseco degli accettori, o impurità di tipo p, essi danno origine a un livello discreto di energia situato poco al di sopra della banda di valenza, come mostra la figura 8. Poiché a un elettrone è necessaria una piccola quantità di energia per lasciare la banda di valenza e occupare il livello di energia degli accettori, ne consegue che le lacune generate nella banda di valenza da questi elettroni costituiscono la maggior parte dei portatori di carica nel semiconduttore.
Si arriva quindi all'importante risultato che il drogaggio di un semiconduttore intrinseco non solo aumenta la conducibilità, ma serve a produrre un semiconduttore nel quale le cariche sono o prevalentemente le lacune o prevalentemente gli elettroni. In un semiconduttore di tipo n, gli elettroni sono portatori maggioritari e le lacune portatori minoritari. In un materiale di tipo p, le lacune sono i portatori maggioritari, e gli elettroni i portatori minoritari.
DENSITA' DI CARICA IN UN SEMICONDUTTORE
L'equazione
n•p = ni²
dà una relazione tra le concentrazioni degli elettroni n e quelle delle lacune p. Queste concentrazioni sono legate tra loro anche dalla legge della neutralità elettrica, che potremo mettere in forma algebrica: sia ND la concentrazione degli atomi donatori. Poiché, come è stato detto in precedenza, essi sono praticamente tutti ionizzati, ND cariche positive al metro cubo sono fornite dagli atomi donatori. Quindi la densità di carica positiva totale è ND + p. Analogamente, se NA è la concentrazione degli ioni accettori, essi forniscono NA cariche negative al metro cubo. La densità di carica negativa totale è NA + n. Poiché il semiconduttore è elettricamente neutro, la densità della carica positiva e quella della carica negativa devono essere uguali, cioè
ND +p = NA + n
Si consideri un materiale n con NA = 0. Poiché in un semiconduttore di tipo n il numero di elettroni è molto più grande del numero delle lacune, (n » p), l'equazione diventa
n => ND
In un materiale di tipo n la concentrazione degli elettroni liberi è all'incirca uguale alla densità degli atomi donatori. Nelle applicazioni successive studieremo le caratteristiche dei materiali n e p connessi insieme. Siccome potrebbero nascere confusioni sul tipo di materiale in esame a un dato momento, aggiungeremo l'indice n o p a una sostanza n o p rispettivamente. Quindi l'equazione si può scrivere
nn => ND
La concentrazione pn delle lacune in un semiconduttore n si ottiene scrivendo nn • pn= nì² . Quindi
pn = ni² / ND
Analogamente, per un semiconduttore di tipo p
np• pp = ni² pp => NA np = ni² /NA
Mobilità del portatori. Difetti del reticolo cristallino.
Parlando della resistività intrinseca si è introdotta la grandezza mobilità m. Per mobilità (dimensioni in cm2/V•sec) deiportatori si intende la velocità (cm/sec) che essi acquisiscono quando sono sottoposti ad un campo elettrico unitario (V/cm). Si tenga presente che gli elettroni si spostano più velocemente delle lacune e quindi in qualsiasi semiconduttore si verificherà che mn > mp.
Questa grandezza ha un ruolo molto importante nella determinazione delle caratteristiche dei dispositivi elettronici, sia perché influenza la resistività del materiale, sia perché ad essa sono legati certi limiti di frequenza dei dispositivi nel senso che mobilità maggiori dei portatori consentono applicazioni a frequenze sempre più elevate. Uno dei fattori che maggiormente influenzano questa grandezza è la struttura cristallina: più essa è perfetta, più risulterà facile alle cariche muoversi all'interno della struttura. Si rende quindi necessario avere un complesso cristallino perfettamente costruito; come vedremo questo è l'obbiettivo dei processi di cristallizzazione dei materiali semiconduttori.
Nonostante il progredire di questi metodi, la struttura finale presenta sempre dei difetti. La presenza di un atomo estraneo in un punto del tetraedro, che normalmente dovrebbe essere non occupato da nessun atomo, è un difetto che viene chiamato puntiforme. Immaginiamo invece una struttura, cristallina più complessa che per definirsi perfetta dovrebbe essere formata da tanti tetraedri regolarmente allineati sia in senso orizzontale che verticale tali da formare un cubo di più grandi dimensioni, ma che in realtà abbia una parte di questa struttura leggermente sfalsata rispetto all'altra parte del cubo: siamo in presenza di un difetto di linea o dislocazione. Se invece queste due parti fossero inclinate l'una rispetto all'altra si deve parlare di difetto planare.
Un secondo fattore che influenza la mobilità è la temperatura. Un aumento di questa è in parte assorbito dagli atomi della struttura trasformandosi in energia cinetica di vibrazione degli stessi. Maggiore sarà l'estensione di queste vibrazioni tanto più saranno ostacolate le cariche nel loro movimento all'interno della struttura: il risultato è un coefficiente di temperatura positivo della resistenza.
FORMAZIONE DEI MONOCRISTALLI
Produzione del silicio.
Purificazione per via chimica.
Nel campo della produzione dei dispositivi elettronici e delle celle solari, il silicio, fra tutti i materiali semiconduttori, è quello che ha di gran lunga il più ampio mercato. Questo materiale ha avuto in conseguenza delle sempre maggiori funzioni che deve soddisfare uno sviluppo qualitativo e di tecniche di produzione notevolissimo.
Per i dispositivi elettronici e le celle solari è richiesto silicio con caratteristiche di purezza chimica e perfezione cristallografica elevate (silicio di grado elettronico) ottenibili con processi industriali ormai in uso da tempo.
Il silicio, insieme all'ossigeno, è il componente più abbondante della crosta terrestre ed è presente in forma di biossido SiO2 o silice e di silicati. Ha un aspetto metallico di colore grigio chiaro. Il silicio commerciale viene prodotto in quantità relativamente grandi dalla riduzione della silice con carbone in un forno elettrico ad alta temperatura secondo la reazione complessiva:
SiO2 + 2 C => Si + 2 CO (monossido di carbonio)
Il grado di purezza del silicio commerciale è dell'ordine del 98 % e quindi insufficiente per l'impiego nel campo dei semiconduttori.
La produzione di silicio di grado elettronico si svolge attraverso due distinti processi, uno di purificazione per via chimica, l'altro per via fisica. La purificazione per via chimica avviene in due fasi:
1. partendo dal silicio, commerciale (ricco di impurezze in prevalenza ferro e alluminio) attraverso un processo di idroclorurazione:
Si + 3 HCl => SiHCl3 + H2 (a 300 °C)
si ottiene il triclorurosilano (SiHC13 o TCS) che viene sottopposto ad una purificazione estremamente spinta (distillazione). Al termine di questa fase il TCS contiene una concentrazione totale di impurezze di 2 ppb (due parti per bilione o miliardo);
2. produzione di silicio policristallino di elevata purezza con il metodo Siemens. Tale metodo è stato introdotto intorno agli anni sessanta dall'omonima ditta ed è ancora in uso oggi sia pure con qualche sostanziale miglioramento di natura tecnologica. In questo metodo viene condotta entro reattori, una reazione alla temperatura di 1000 ÷ 1150 °C. Il TCS miscelato con SiCl4 (tetracloruro di silicio) presente in quantità pari al 10 % e trasportato da idrogeno, viene immesso in questo reattore dove sono poste delle barrette di silicio policristallino, riscaldate per effetto Joule, di diametro di cìrca 1 cm che costituiscono l'anima (o substrato) sulla quale il silicio prodotto nella fase vapore dalla reazione di decomposizione si deposita (C.V.D.: Chemical Vapour Deposition).
La reazione di decomposizione è una reazione di equilibrio che si sviluppa in due passi di cui il primo è la pirolisi del TCS:
l. 2 SiHC13 => Si + SiC14 + 2 HC1
ed il secondo è la reazione di riduzione del SiC14:
2. SiC14 + H2 => Si + 2 HCI + polimeri clorurati.
Alla fine del processo si ottengono barre di diametro fino a 20 cm di silicio policristallino il cui grado di impurezza è intorno a 0,2 ppb (fig. 1). Questo silicio purificato ha una resistività di circa 500 W•cm a temperatura ambiente, pur essendo la sua resistività intrinseca (stato perfettamente puro) di circa 230 •103 W*cm .
Il silicio così ottenuto ha un grado di purezza ancora insufficiente per l'impiego nei dispositivi a semiconduttore a causa della bassa resistività intrinseca che presenta rispetto a quella teorica. Per diminuire il contenuto di impurezze si usa un procedimento di raffinazione per via fisica chiamato raffinazione a zone. Il procedimento sfrutta la naturale tendenza della maggior parte delle impurezze a portarsi, durante la solidificazione, nella fase liquida. Questo secondo processo è molto importante, per questo motivo ci è sembrato opportuno trattarlo in modo più rapido e generale.
PURIFICAZIONE PER VIA FISICA ‑ RAFFINAZIONE A ZONE
Considerazioni teoriche.
La tecnica della raffinazione a zone sfrutta il fenomeno naturale che, al punto di solidificazione, la concentrazione di equilibrio di una impurezza nel solido differisce dalla concentrazione nel liquido. Si definisce costante di distribuzione Ko il rapporto, all'equilibrio, fra la concentrazione delle impurezze nel solido Cs e la concentrazione CLi nel liquido in corrispondenza dell'interfaccia solido‑liquido.
Ko = _______ concentrazione nel solido = Cs_
concentrazione nel liquido all'interfaccia CLi
Nella tab. I sono riportati i valori di Ko per diverse impurezze nel germanio e nel silicio; da essa si osserva che per la maggior parte delle impurezze Ko è minore di 1, indicando quindi che esse sono molto più solubili nel liquido che nella fase solida.
TABELLA l.
Valori della costante di distribuzione per diverse impurezze nel Ge e nel Si
Impurezza
P Sb As Al Ga In Si Ge B Sn
Ge 0,12 0,003 0,04 0,10 0,10 0,001 3 1 20 0,02
Si 0,35 0,04 0,3 0,004 0,01 5*10-4 1 0,3 0,85 0,02
Facendo solidificare un liquido, la ridistribuzione delle impurezze viene descritta, piuttosto che da Ko, dal coefficiente di distribuzione o di segregazione effettivo K, definito come il rapporto fra la concentrazione delle impurezze nel solido Cs e la concentrazione CL nella massa del liquido ad una conveniente distanza dall'interfaccia (fig. 2):
K = CS /CL
SOLIDIFICAZIONE SEMPLICE
Il metodo più elementare di purificazione per via fisica è la cosiddetta solidificazione semplice (normal freezing). Una quantità di materiale liquido impuro a forma di lingotto viene fatta solidificare a partire da una estremità e la solidificazione si propaga fino ad invadere tutto il volume del materiale. Poiché il processo di solidificazione rigetta le impurezze nel liquido, la concentrazione di esse nel liquido va continuamente aumentando; la concentrazione delle impurezze nel solido varia lungo il lingotto in funzione della frazione x solidificata secondo la relazione :
Cs = K CL0 (1 ‑ x)K‑1
in cui CL0 è la concentrazione iniziale nel liquido. Il risultato della solidificazione semplice è mostrato in fig. 3, che rappresenta la distribuzione delle impurezze dopo la solidificazione. L'ultima parte del lingotto solidificata è più ricca d'impurezze del lingotto di partenza .
Il processo di solidificazione semplice, sebbene realizzi una raffinazione già sensibile, non può considerarsi del tutto soddisfacente, sia per la forte variazione di resistività lungo il lingotto in conseguenza della forma del profilo di distribuzione delle impurezze, sia per la modesta porzione di lingotto utilizzabile.
RAFFINAZIONE A ZONE
Il metodo di raffinazione a zone consiste nel far passare lentamente una o più zone fuse lungo il lingotto di materiale da purificare (fig. 4).
Al passaggio della zona fusa le impurezze si accumulano in essa, che percorrendo il lingotto esercita un'azione rastrellante nei riguardi delle impurezze stesse.
Ma si osserva che il risultato ottenuto, con il passaggio di una sola zona è peggiore di quello che
si ha con la solidificazione semplice. Tuttavia, l'efficacia della raffinazione a zone può essere enormemente aumentata se il passaggio della zona fusa viene ripetuto più volte. Le zone fuse possono essere più di una contemporaneamente e l'operazione di passaggio si può ripetere più volte. Nella curva c di fig. 5 è rappresentato il profilo di concentrazione delle impurezze nel caso del passaggio di due zone. Appare allora evidente il vantaggio della raffinazione a zone rispetto a quella per solidificazione semplice. L'efficacia della raffinazione dipende dal rapporto fra lo spessore della zona fusa L e la lunghezza complessiva del lingotto; essa è tanto maggiore quanto più piccolo è detto rapporto ed è conveniente quindi ridurre al minimo , la lunghezza della zona fusa., compatibilmente con le possibilità pratiche di mantenerla sufficientemente costante.
Considerazioni pratiche.
Durante il processo di purificazione si deve evitare il più ragionevolmente possibile la contaminazione del materiale. Le cause di contaminazione sono: il contenitore in cui si pone il materiale da purificare, il gas presente nell'ambiente ed il recipiente in cuiè mantenuta tale atmosfera di gas. Il materiale di cui è costituito il contenitore non deve reagire con il semiconduttore e dovrebbe essere praticamente esente da impurezze e di facile pulitura; inoltre deve essere tale da permettere la costruzione del contenitore nella forma desiderata. Si usano esclusivamente la grafite ed il quarzo, ambedue di grande purezza.
Riguardo all'atmosfera di gas presente nella camera di purificazione, essa deve essere inerte neiconfronti del materiale semiconduttore e si deve evitare la presenza dell'ossigeno. Vengono usati comunemente gas inerti con alti gradi di purezza come idrogeno, elio, argon e nitrogeno o miscele di questi gas, in modo da mantenere il semiconduttore fuso, facilmente ossidabile, fuori dal contatto dell'aria.
Si può anche eseguire una raffinazione sotto vuoto, sebbene in questo caso l'apparecchiatura necessaria sia più complicata.
Il recipiente in cui viene mantenuta l'atmosfera inerte è realizzato con quarzo fuso, dato che questo possiede delle proprietà particolari come la purezza, la trasparenza, la facilità di pulitura ed un piccolo coefficiente di dilatazione termica.
La scelta del sistema di riscaldamento per ottenere le zone fuse è strettamente legata al problema della contaminazione. Si usano il sistema di riscaldamento a resistenza ed il sistema dì riscaldamento per induzione a radiofrequenza.
Il vantaggio del primo sistema sta nella sua semplicità e nel suo basso costo iniziale. Il secondo presenta diversi vantaggi, quali: la possibilità di separare la sorgente di calore e l'oggetto riscaldato, che semplifica il problema della contaminazione; la possibilità di ottenere gradienti di temperatura più ripidi e quindi una notevole definizione delle zone; l'azione di agitazione esercitata dalle correnti indotte nel liquido.
Generalmente è il lingotto che viene fatto scorrere sotto le sorgenti di calore e in qualche caso è possibile il contrario.
Raffinazione per via fisica del silicio
La raffinazione per via fisica del silicio presenta due notevoli difficoltà :
1. le tipiche impurezze presenti nel silicio (fosforo, boro e arsenico) hanno costante di distribuzione K molto prossima all'unità e ciò rende la loro separazione alquanto difficoltosa;
2. il silicio liquido reagisce chimicamente con tutti i materiali di cui sono fatti i crogioli.
Non si possono usare navicelle di grafite, poiché alla temperatura prossima a quella di fusione del silicio si forma carburo di silicio e la velocità di reazione diventa molto elevata intorno ai 1000°C. L'unico materiale che può essere usato in pratica per i crogioli è il quarzo, purché si lavori alla pressione atmosferica. I crogioli di quarzo possono, tuttavia, essere impiegati una volta soltanto, dato che il silicio, solidificando, aderisce al crogiolo, dando luogo ad una devetrificazione e spesso provocando fratture in esso che lo rendono inutilizzabile per una seconda volta.
A causa dì queste difficoltà, la tecnologia del silicio è alquanto complicata.
Attualmente, per ottenere silicio di elevata purezza e quindi di alta resistività, si usa una tecnica denominata a zona fusa sospesa, nella quale il crogiolo viene completamente eliminato.
Il lingotto di silicio che deve essere purificato è posto verticalmente e vincolato con due mandrini di bloccaggio applicati alle sue estremità. Si usa soltanto una zona fusa la quale si mantiene sospesa in virtù della propria tensione superficiale. Una rappresentazione schematica di questo metodo è rappresentata in fig. 7.
La zona fusa sospesa viene spostata lungo il lingotto da una estremità all'altra e si ottiene così l'azione di raffinazione. Questo procedimento è molto adatto per il silicio, dato il suo basso peso specifico (2,33 grammi/cm3) e la sua alta tensione superficiale (720 dine/cm).
Il riscaldamento avviene per induzione a radiofrequenza, mediante una bobina di poche spire spostata dal basso verso l'alto del lingotto.
É stato dimostrato che la lunghezza massima della zona fusa che può essere sospesa per effetto della tensione superficiale, aumenta linearmente con il diametro del lingotto, per piccoli diametri, e tenete ad un limite finito per grandi diametri; questo valore limite è determinato dal rapporto tensione superficiale/peso specifico. In pratica, con il metodo della zona sospesa, sono state raffinate barre di silicio con un diametro di 2,5 cm.
In questo metodo il materiale fuso non è in contatto con nessun altro materiale accessorio , tranne che con i gas circolanti , quali argon ed elio; è possibile compiere l'operazione anche sotto vuoto onde facilitare la purificazione mediante l'evaporazione delle impurezze.
L'innesco del riscaldamento per produrre la zona fusa sospesa presenta qualche difficoltà, poiché il silicio ad alta resistività, se è freddo, non si accoppia sufficientemente con il campo a radiofrequenza, a causa del piccolo numero di portatori presenti. Il numero di questi può essere localmente aumentato elevando la temperatura della barra; si usa riscaldare dall'esterno la barra di silicio, focalizzando in corrispondenza della bobina a radiofrequenza, l'energia emessa da una lampada ad. incandescenza da 1 kW, mediante un riflettore semiellissoidale, come schematicamente rappresentato in fig. 8.
Una volta riscaldata la zona, i portatori termici che in tal modo si generano sono sufficienti ad innescare il processo di riscaldamento a radiofrequenza e la zona fusa può essere poi mantenuta soltanto con quest'ultimo.
Le normali velocità di traslazione della zona sospesa sono dell'ordine di alcuni millimetri al minuto. Dopo 4 o 5 passaggi della zona, la maggior parte della barra di silicio ha una resistività di alcune centinaia di W• cm , dovuta principalmente al boro e al fosforo . La segregazione di queste
impurezze, come pure dell'arsenico, è molto difficile a causa delle loro grandi costanti di distribuzione. La rapidità di rimozione del fosforo e dell'arsenico viene molto aumentata se la raffinazione a zona sospesa è effettuata sotto vuoto ad una pressione inferiore a 0,1 mm di Hg; in queste condizioni il fosforo e l'arsenico evaporano con un'apprezzabile velocità dalla zona fusa. Dopo un opportuno numero di trattamenti sotto vuoto, la barra di silicio è normalmente di tipo P, con una resistività compresa fra 300 ÷ 2000 W•cm, che dipende dalla quantità di impurezze di boro.
Il boro, che ha un coefficiente di distribuzione effettivo K molto vicino all'unità, può essere rimosso facendo passare idrogeno saturo, con vapor d'acqua sulla zona liquida; il boro disciolto nel silicio fuso viene ossidato e trascinato via dal flusso di gas.
Dopo diversi passaggi è possibile ottenere, partendo dal silicio raffinato convenientemente per via chimica, un materiale con resistività di tipo P di diverse decine di migliaia di W•cm.
Al fine di equalizzare eventuali disuniformità radiali di riscaldamento della massa liquida della zona sospesa, si ricorre alla rotazione di una o di entrambe le parti solide della barra di silicio .
Con questi metodi si è ottenuta la raffinazione del silicio, ma non la purezza cristallografica richiesta tipica del silicio monocristallino. Infatti un semiconduttore policristallino è formato da un gran numero di piccoli cristalli i cui atomi non sono correttamente orientati nel reticolo e pertanto questo prodotto è inadatto alla realizzazione dei dispositivi elettronici a semiconduttore. In un semiconduttore monocristallino invece, gli atomi vengono a trovarsi nella posizione tipica del reticolo cristallino di quel dato materiale, formando ciascuno quattro legami covalenti con i corrispondenti quattro atomi adiacenti. In questo caso esso è formato da una ripetizione regolare nelle tre dimensioni dello spazio di una cella o cristallo elementare in modo che non vi siano impurezze fisiche dovute a malformazioni. I materiali semiconduttori monocristallini sono adatti alla fabbricazione di dispositivi a semiconduttore.
d) Produzione del silicio monocristallino
La crescita delle barre monocristalline viene prodotta attraverso due processi alternativi: il metodo Czochralsky (o CZ) e il metodo della raffinazione Float‑Zone (FZ o zona sospesa).
METODO CZOCHRALSKY
Tale metodo è adatto per la realizzazione di barre di silicio monocristallino utilizzate per la fabbricazione di dispositivi elettronici di impiego più comune a bassa potenza e di celle solari.
Secondo questo processo le barre di silicio policristallino ridotte in pezzi vengono portate a fusione, in opportuni forni, in crogioli di quarzo, materiale che non reagisce con il silicio e con bassissima percentuale di impurezze. La quantità di silicio portata a fusione è di 10 kg. La temperatura entro questi forni viene mantenuta intorno ai 1420°C (temperatura di fusione del silicio).
Il riscaldamento
in genere è ad induzione a radiofrequenza. É indispensabile mantenere la fusione in un'atmosfera di gas inerte (argon), priva di ossigeno per impedire l'ossidazione e la contaminazione del silicio, elemento facilmente reattivo specialmente con ossigeno. Nel fuso pesca, ruotando, un seme monocristallino che deve impartire al lingotto l'orientazione cristallografica desiderata (fig. 9).
La velocità di tiraggio dell'asta porta seme è molto lenta, dell'ordine di qualche mm al minuto, mentre quella di rotazione è di circa 10 giri al minuto. Il silicio fuso ha una temperatura di alcuni gradi superiore a quella di fusione e aderendo al seme, nel momento in cui l'asta é tirata verso l'alto, solidifica con rapidità a causa del gradiente di temperatura che esiste fra il crogiolo e l'ambiente sovrastante (figg. 10, 11 e 12).
Per lenta estrazione dal bagno si ottiene alla fine un unico monocristallo di silicio che può anche raggiungere un diametro di 200 mm e la lunghezza di un metro (fig. 13).
Per una buona riuscita del monocristallo, è necessario eliminare qualsiasi causa di vibrazioni e quindi si richiede la sospensione completa del sistema su opportuni appoggi antivibranti. É stato sperimentato infatti che esiste una certa correlazione fra la densità dei difetti reticolari e l'entità delle vibrazioni.
La temperatura deve subire rigorosi controlli e la sua variazione deve essere contenuta entro 0,1 °C dato che una sua oscillazione comporta variazioni di resistività e di diametro del lingotto che cresce. Per controllare la temperatura del crogiolo viene inserita una termocoppia a contatto con esso.
Questa operazione di tiraggio è molto importante al fine di ottenere del silicio di grado elettronico di buone caratteristiche, e normalmente viene controllata con l'ausilio di un computer. Con il computer non solo si registrano con accuratezza ed affidabilità tutti i valori dei parametri d'uscita inviati dal sistema di tiraggio (puller), ma esso analizza i dati, calcola i valori definitivi dei parametri d'ingresso e invia i segnali per correggere il funzionamento del processo di estrazione al fine di ottenere le migliori prestazioni. Per esempio, la temperatura di fusione del silicio è controllata sistematicamente in intervalli di qualche secondo lungo l'arco di tempo (due tre ore) necessario per estrarre un cristallo di dimensioni abbastanza grandi.
Al silicio puro si aggiungono attraverso un tubo per il drogaggio, piccole quantità accuratamente pesate di materiale drogante, per es. boro per un drogaggio di tipo P.
La superficie esterna del monocristallo viene accuratamente molata per ottenere un cilindro perfettamente levigato di diametro inferiore di alcuni mm rispetto a quello originale.
Allo stato attuale sono valutati attentamente alcuni aspetti di questa tecnologia al fine di migliorare le sue prestazioni; esaminiamo brevemente i due più importanti:
a) poiché nel silicio monocristallino ottenuto, oltre al drogante aggiunto, rimangono percentuali di impurezze di altro tipo (boro, carbonio, ossigeno ed altri) risulta necessario controllare e rendere omogenea la distribuzione di queste impurezze, sia in senso longitudinale che radiale. Questo permette di aumentare la resa dei dispositivi per unità di area, ed inoltre di rendere compatibile il materiale alle esigenze di produzione dei dispositivi elettronici nei quali la presenza o assenza di alcune impurezze è indispensabile per migliorarne la qualità.
b) il problema di utilizzare il crogiolo, soggetto ad inevitabili contaminazioni, per piùproduzioni di cristalli (almeno per quattro processi) al fine di rendere minore l'incidenza del costo del crogiolo sul prodotto.
Nell'anno 1979 stime della produzione di silicio CZ sono state di 1850 tonn. di silicio policristallino dalle quali si sono ottenute 1200 tonn. di silicio monocristallino.
Anche se di elevata perfezione cristallina e purezza, il silicio CZ non presenta ancora i requisiti necessari per l'impiego in dispositivi di potenza, come per es. un'elevata resistività del materiale intrinseco ciò è dovuto essenzialmente ad una elevata concentrazione di atomi di ossigeno che aumenta la conducibilità del materiale.
METODO FLOAT‑ZONE (FZ)
Questo processo è simile all'analogo esaminato nella « raffinazione per via fisica del silicio » con la differenza che la barra di silicio policristallino viene tenuta sospesa in senso verticale mediante il mandrino superiore (fig. 14), mentre nel mandrino inferiore è inserito inizialmente un seme monocristallino di qualche cm di lunghezza. Il tubo è di quarzo e all'interno è mantenuta un'atmosfera di gas inerte .La barra dì silicio viene inizialmente fusa all'estremità inferiore, mentre il seme introdotto nella zona fusa permette l'inizio della cristallizzazione che procede spostando gradualmente il fronte liquido da una estremità all'altra. La massa fusa che si sposta contiene le
impurezze presenti nel silicio policristallino, che rimangono intrappolate indiversa misura in questa zona e vengono trascinate verso l'estremo superiore. A processo ultimato si renderà necessario lo scarto di questa zona estrema.
Il drogaggio si esegue immettendo per mezzo di una corrente di gas che fluisce nel tubo, piccole quantità di droganti volatili quali PH3, AsH3, BC13 in correnti di argon e idrogeno. Le correnti a radiofrequenza nella zona fusa creano dei moti convettivi che facilitano la distribuzione regolare delle impurezze e permettono di ottenere una buona uniformità di drogaggio. In fig. 15 è rappresentato il profilo di resistività ottenuto con drogaggio mediante droganti volatili nel metodo FZ.
Il silicio prodotto con il metodo CZ contiene concentrazioni di ossigeno più elevate (2•1017 ÷ 2•1018 at/cm3) di quelle presenti nel silicio raffinato con il metodo FZ (2•1015 ÷ 2•1016 at/cm3) poiché nel primo caso la crescita avviene a partire dalla massa liquida contenuta in un crogiolo, mentre nel secondo caso la zona fusa che si sposta verso l'alto determina un'ulteriore raffinazione. Concentrazioni così elevate d'ossigeno, nel caso che le barre non siano state convenientemente sottoposte a trattamento termico per rendere elettricamente inattivo l'ossigeno disciolto, sono in grado di contribuire sostanzialmente alla conducibilità del materiale.
Preparazione dei monocristalli mediante crescita epitassiale
Un altro metodo per la preparazione dei monocristalli, che ha trovato largo impiego nella produzione dei dispositivi a semiconduttore di eccellenti caratteristiche, consiste nella deposizione degli atomi o delle molecole sopra un cristallo già esistente dello stesso materiale, a partire da una fase gassosa (deposizione epitassiale). Il germe monocristallino è in questo caso costituito dallo stesso materiale preesistente che si desidera accrescere, detto substrato, ottenuto con una delle tecniche descritte nei precedenti paragrafi. Su tale substrato, ad una temperatura ben determinata, si depositano lentamente, secondo un reticolo ordinato, atomi o molecole dello stesso materiale, provenienti da una fase gassosa di composti quali SiHC13, SiC14, SiH4 per la crescita dei monocristalli di silicio e GeC14 per la crescita dei monocristalli di germanio.
La natura del procedimento è tale che, anche se la velocità di accrescimento è molto bassa, non si possono ottenere reticoli regolari con spessori considerevoli poiché, aumentando il materiale depositato, il reticolo tende a deformarsi perdendo la monocristallinità. In pratica si realizzano spessori di qualche decina o al massimo di qualche centinaia di micron, che però sono quelli desiderati per le applicazioni in cui questa tecnica viene usata.
Lo strato epitassiale può essere drogato sia di tipo P che di tipo N.
In fig.28èindicata schematicamente la crescita epitassiale di uno strato di silicio drogato con boro, su un substrato di silicio. Come si osserva dalla figura, gli atomi di impurezza (boro) vengono intrappolati nello strato che cresce. Usando, ad esempio, il tetracloruro di silicio, la reazione chimica fondamentale per la crescita di uno strato epitassiale di silicio non drogato consiste nella riduzione del tetracloruro di silicio mediante idrogeno, alla temperatura di 1200 °C *:
1200 °C
SiC14 + 2 H2 ó Si + 4 HCI
Per produrre strati epitassiali drogati è necessario introdurre impurezze quali la fosfina PH3 per il drogaggio di tipo N e il diborano B2H6 (detto anche boroetano)per quello di tipo P, nella corrente di gas costituita dal tetracloruro di silicio e dall'idrogeno.
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(*) La reversibilità di questa reazione presenta in particolare vantaggio: prima di iniziare la deposizione si può far fluire lungo la superficie del substrato acido cloridrico nella fase vapore che asporterà quegli atomi di silicio non perfettamente inseriti nella struttura cristallina, eliminando così imperfezioni reticolari sulla superficie dove crescerà lo strato epitassiale.
Una apparecchiatura per la produzione di uno strato monocristallino mediante crescita epitassiale è mostrata in fig. 29 . I monocristalli di silicio, che costituiscono il substrato, vengono tagliati in fette
Una apparecchiatura per la produzione di uno strato monocristallino mediante crescita epitassiale è mostrata in fig. 29 . I monocristalli di silicio che costituiscono il substrato vengono tagliati in fette molto sottili (wafers) e posti entro una navicella di grafite. L'insieme è messo in un tubo di quarzo intorno al quale è avvolta una bobina per il riscaldamento ad induzione a radiofrequenza, alla temperatura di circa 1200 °C.
La navicella di grafite, oltre che di sostegno, è anche la sorgente di calore poiché nel corpo di grafite si inducono le correnti generate dai campi magnetici variabili della bobina a R.F. . Per evitare la contaminazione dei wafers con il carbone (grafite), il corpo di grafite della navicella viene ricoperto da un sottile strato di carburo di silicio. La deposizione delle particelle di silicio avviene anche sulle pareti del tubo di quarzo, ma molto lentamente perché più fredde dei wafers che sono a diretto contatto con la sorgente di calore.
All'ingresso della camera di reazione diversi ugelli permettono l'introduzione dei vari gas richiesti per la crescita e il drogaggio desiderato. Il sistema esaminato è di tipo orizzontale.
Un metodo alternativo di riscaldamento dei wafers perla deposizione epitassiale è quello di usare una radiazione nel campo dell'ultravioletto. Speciali lampade che emettono una forte radiazione ultravioletta riscaldano i substrati attraverso una finestra trasparente del quarzo. La radiazione così riscalda direttamente i wafers. Latemperatura dì operazione è mantenuta costante usando un sensore di temperatura ed un sistema di controllo che corregge tutte le deviazioni di temperatura dal valore prefissato.
Nelle applicazioni industriali vi sono altri due sistemi di deposizione epitassiale.
In un sistema a « deposizione verticale » (fig. 30) il gas entra nella camera di reazione in prossimità della parte inferiore per poi lentamente discendere fino a reagire con le superfici superiori dei wafers.
Il sostegno di grafite ruota perché ciò permette di avere una distribuzione più uniforme sia del gas che della temperatura sulle superfici dei wafers. Il gas esce dalla parte inferiore della camera.
Il terzo sistema, a tamburo o a cilindro (fig. 31) abbina le caratteristiche dei due sistemi precedenti. In tale processo i wafers sono collocati sulle facce di un sostegno a tamburo di grafite, che ruota. I gas entrano dalla parte superiore e per ottenere una migliore distribuzione del gas sui wafers, le facce sono inclinate di qualche grado.
Il principale vantaggio di questa configurazione è la possibilità di deporre epitassialmente, in un'unica operazione, su un gran numero di wafers.
Lavorazione dei monocristalli.
Nei dispositivi a semiconduttore si utilizzano pezzi di materiale monocristallino di dimensioni molto piccole. In genere si tratta di ricavare delle piastrine di monocristallo dello spessore di 0,2 mm. circa di superficie quadrata con lato di 1÷2 mm oppure rettangolare con area equivalente.
Le operazioni di preparazione di centinaia di pezzi vengono eseguite collettivamente, partendo da lamine (wafers o slices) di materiale semiconduttore dello spessore di circa 200 micron e superficie di alcuni cm2.
Si deve fare attenzione al fatto che i semiconduttori, quando gli spessori sono piccoli, risultano fragili e tendono anche a sfaldarsi secondo piani cristallografici determinati, accentuando le difficoltà delle operazioni.
Lo spessore di circa 200 micron dei pezzi che si debbono ottenere, risulta dello stesso ordine di grandezza dei tagli che vengono eseguiti dagli utensili di cui in pratica è possibile disporre e ciò si traduce in un basso coefficiente di utilizzazione del materiale. Énecessario allora ricorrere ai metodi di recupero delle polveri e dei ritagli.
Il lingotto che si ricava dal tiraggio verticale ha la forma grossolanamente cilindrica con sezione di qualche cm2, mentre quello ottenuto per accrescimento orizzontale ha la forma pressoché semicilindrica. La prima operazione che si compie sul lingotto è di solito la suddivisione del monocristallo in lamine (slices) di area uguale a quella della sezione del lingotto stesso. Prima di procedere, vengono tagliate e rinviate alla raffinazione a zone le parti terminali dei lingotti (alcuni cm), nelle quali la regolarità della cristallizzazione risulta sempre insoddisfacente.
Per ridurre un lingotto in lamine (fette) si usano comunemente seghe circolari in acciaio inossidabile o, più spesso, in bronzo, con corona esterna in polvere di diamante (lame diamantate). Le seghe ruotano ad una velocità periferica rilevante di circa 20 m/sec e avanzano nel monocristallo di una frazione di millimetro al secondo: le lame vengono continuamente bagnate con acqua miscelata (fig. 25).
La velocità delle seghe è tale da permettere il taglio di una superficie di 2000 cm2, all'ora.
Lo spessore delle fette cambia al variare del diametro di queste ultime ed è compreso fra i 200 mm e i 450 mm (lo spessore aumenta all'aumentare del diametro).
Lo spessore delle lame diamantate è di circa 120 ÷ 200 micron; tenuto conto di un 10÷20 % di allargamento prodotto dall'azione abrasiva delle particelle in corrispondenza dei fianchi delle lame, i tag1i risultano di 150 ÷ 250 micron di larghezza. Appare evidente allora già fin dalla prima operazione meccanica, più del 50 % del materiale dovrà essere riciclato, sempre che ne possa essere reso agevole il recupero. Dato poi che la parte di lingotto che costituisce la coda è scartare perché fuori dalle tolleranze di resistività, e che la parte iniziale a contatto con il seme è, nel caso di tiraggio verticale da crogiolo , di sezione troppo piccola per essere convenientemente lavorata, si deduce che soltanto il 35 ÷ 40 % del lingotto è utilizzabile sotto forma di lamine.
Il sezionamento dei lingotti in lamine si può eseguire anche per mezzo dì un filo di tungsteno del diametro di 100 ÷ 150 micron. Il filo viene fatto passare alla velocità di circa 1 m/sec sul lingotto da tagliare bagnando continuamente la linea di contatto con una sospensione di abrasivo (ad es. carburo di silicio); il filo è mantenuto in tensione tramite contrappesi.
Tuttavia, mentre una lama diamantata impiega circa un minuto primo per tagliare un monocristallo cilindrico del diametro di circa 25 mm (dimensione media), il filo di tungsteno impiega quasi due ore; è però possibile far scorrere contemporaneamente parecchi fili sullo stesso monocristallo. L'azione del filo è più dolce ed inoltre l'uso del filo rende possibile cambiare la direzione di taglio ad una qualsiasi profondità.
Con entrambi i sistemi di taglio, tuttavia, le superfici ottenute mancano della richiesta planarità e talvolta anche del loro parallelismo, in relazione alle esigenze dei dispositivi a semiconduttore.
Per di più, è importante tener conto che le lavorazioni meccaniche producono, generalmente, uno strato superficiale disturbato: i piani reticolare più esterni perdono l'assetto monocristallino, ossia il semiconduttore ridiventa, dalla superficie esterna fino ad una certa profondità, policristallino.
Fonte: http://www.itimarconi.ct.it/sezioni/didatticaonline/telecomunicazioni/TDP/TDP_quarto_anno/1_Semi_conduttore.doc
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