Ostia antica

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Ostia antica

OSTIA ANTICA

 

1. OSTIA ANTICA: VICENDE STORICHE
Colonia romana primigenia, il nome deriva dal latino OSTIUM (bocca, foce) ad indicare la sua posizione alla foce del Tevere dove, secondo la leggenda virgiliana, Enea era già approdato dalle peregrinazioni di Troia.
Tito Livio racconta che fu fondata nel 634 a.C. dal quarto re di Roma Anco Marzio, ma nessuna testimonianza archeologica ha però confermato questa ipotesi. Pare invece probabile che verso il 338 a.C. sia stata fondata come castrum militare di Roma, ormai padrona delle coste laziali. I reperti archeologici risalgono comunque solo al IV secolo a.C. quando Roma, vittoriosa sui Veienti e gli Anziati che controllavano il litorale, conquistò questo punto vitale per i commerci e le comunicazioni attraverso il Tevere, nonché il controllo delle saline circostanti.
Col crescere della potenza di Roma, Ostia divenne sempre più importante, prima come base militare, poi come emporium di Roma, diventando ben presto la seconda città del Lazio, fino a raggiungere, verso la fine della repubblica, l'autonomia amministrativa.
Gli abitanti di Ostia erano commercianti, armatori di navi, personale addetto all'annona e ai trasporti fluviali, marittimi e terrestri, artigiani, operai.
La costruzione del più grande porto dell'antichità (oggi interrato ed in gran parte scomparso sotto le installazioni dell'aeroporto Leonardo da Vinci), voluto da Claudio nel I Secolo d. C. e saggiamente ampliato da Traiano, e l'immenso traffico commerciale che ne seguì, la portarono al massimo della prosperità ed espansione fino a raggiungere nel II secolo i 50.000 abitanti.
In prosieguo di tempo intorno al bacino di Claudio e di Traiano si formò un’altra città: Portus Romae. Caligola fece costruire a Ostia un acquedotto; rinnovamenti e sistemazioni di quartieri e di edifici continuarono anche sotto gli Antonimi e i Severi. Massenzio nel 309 a.C. aprì una zecca, ma Costantino tolse a Ostia i diritti municipali dandoli a Portus Romae. Questo fatto accelerò la fine del centro; era infatti inevitabile la decadenza di Ostia, una specie di sobborgo di Roma, quando la capitale avrebbe perso le sue prerogative.
Subì inevitabilmente il declino con la crisi economica e politica dell'Impero Romano.
Con il diminuire dei commerci iniziò il lento ma progressivo spopolamento.
I saccheggi della città ormai indifesa, ma pur sempre ricca di materiali pregiati, ad opera dei Visigoti nel 410, dei Vandali nel 537, e le scorrerie dei Saraceni nel IX secolo, indussero la scarsa popolazione locale rimasta, ad abbandonare la città definitivamente, ed a concentrarsi attorno ad una basilica cristiana sorta ad est della città, dove era venerata la martire ostiense Aurea.
Nell’849 e nell’888 presso Ostia gli Arabi furono battuti dai cristiani in due memorabili scontri sul mare. Nel 1050 Ostia perse la sede vescovile istituita dal IV secolo d.C. a agli inizi del XIV secolo d.C. fu saccheggiata dai Genovesi e dai Napoletani.
Nel 1483 il cardinale Giuliano della Rovere vi fece costruire un forte. Gli scavi hanno messo in luce gran parte dell’area occupata dalla città imperiale, consentendo una visione quasi completa della sua struttura.
Scarse sono invece le tracce di età repubblicana che comprendono i resti delle mura del castrum.
In età sillana la città fu cinta da una nuova cerchia di mura che bastò poi a contenere anche l’abitato imperiale.

2. OSTIA ANTICA: LA TOPOGRAFIA URBANA
Il nucleo primordiale di Ostia antica doveva essere costituito dal castrum di pianta quadrangolare circondato da mura - entro le quali si aprivano quattro porte per lato – ed era attraversato al suo interno dal Decumanus Maximus e dal Cardo Maximus.
Questo antico insediamento si trova ben lontano rispetto all'ingresso moderno che ci fa accedere all'area degli scavi.
Il Decumano Massimosi identifica con quello della città imperiale, mentre il Cardine Massimofu ampliato per costruire il Foro. Si sono rinvenute alcune sezioni della cinta muraria, in opus quadratum di tufo, incorporate negli edifici posteriori, nonché le fondazioni di alcuni fabbricati sotto il pavimento del Foro.
La cinta sillana, in opus incertum quasi reticulatum , misurava ca. 2130 m, quasi quattro volte il perimetro della cinta originaria, dei quali 1756 segmenti di diversa lunghezza, che formavano angoli ottusi, in corrispondenza dei quali si elevavano torri rotonde.
Torri quadrate fiancheggiavano tre porte, cui gli studiosi hanno dato i nomi, del resto ovvi, di Porta Romana a Est, Porta Laurentina a Sud e Porta Marina a Sud – Ovest.
Il decumano massimo era l'arteria principale, che attraversava l'abitato in tutta la sua lunghezza dalla Porta Romana alla Marina, piegando verso Sud – Ovest appena oltrepassata la zona del Foro e del castrum repubblicano.
Da questo punto si diparte un'altra via, divergente, detta oggi della Foce, a formare con il decumano una specie di Y coricata. I cardines sono pressoché perpendicolari al decumano, tranne il tratto del cardine massimoa Sud del Foro, divergente verso Est per raggiungere la Porta Laurentina.
Imboccando il Cardine massimo verso la zona dove si congiungono i due assi viari in questa confluenza possiamo rintracciare il nucleo centrale dell'antico castrum che coincide con la presenta di due eminenti edifici: la Curia e il Capitolium.
Quest’ultimo era il tempio più importante di Ostia. Costruito, in epoca adrianea, su un preesistente edificio, il tempio era dedicato alla triade di Giove, Giunone, Minerva.
Il tempio, in gran parte integro, sorgeva su un podio. All'interno dell'edificio, costruito in laterizio e poi rivestito di marmo, vi era la cella dove erano custodite le statue delle tre divinità.
Prospiciente al Capitolium vi é il tempio di Roma ed Augusto.
Fu costruito interamente in marmo e la sua datazione si colloca in epoca Giulio – Claudia.
Il tempio si eleva su un podio e al suo interno gli archeologi ritrovarono la statua che personificava la dea Roma.
Sul versante opposto del tempio di Roma possiamo vedere, invece, l'edificio della Basilica costituita da un'ampia sala porticata.
Nella zona posta tra il Capitolium e la basilica intravediamo l'edificio della Curia.
In questo edificio si tenevano le riunioni del consiglio municipale. Proseguendo per il Decumano si intravede, dietro la basilica, l'edificio di un Tempio rotondo.
Si tratta di un edificio adibito al culto imperiale o forse a quello di tutti gli dei (Pantheon) che venne probabilmente costruito con i Gordiani (238-244) e successivamente riaggiustato in età costantiniana.
Il centro della città era certamente il Foro, una piazza rettangolare allungata in senso Nord – Sud.

   Fig. 4 – foro

  •  sacello di Lares Augusti;  2. tempio di Roma e Augusto

3. basilica;  4. curia;  5. capitolium
Il lato settentrionale era occupato dal Capitolium, il tempio della triade Giove, Giunone, Minerva, ricostruito da Adriano su quello repubblicano, di cui rimane traccia del podio di tufo.
Opposto a esso, il tempio di Roma e Augusto, d'età tiberiana: ne sono stati ricomposti un frontone, la statua di culto, e una della Vittoria.
La basilica e la curia, di età traianea, completavano il Foro a occidente: dietro un tempio rotondo, con sette nicchie (tre rettangoli e quattro curvilinee), già chiamato Pantheon per la somiglianza con quello di Roma, è forse un Augusteum, tempio del culto imperiale, del II secolo.
Il secondo centro monumentale, il cosiddetto piazzale delle Corporazioni, è una vasta area rettangolare munita di un quadriportico, che architettonicamente fa corpo con il teatro, di età augustea (restaurato, può contenere, oggi, 2700 spettatori), il quale ne prolunga a semicerchio il lato meridionale.
Quasi al centro di questo piazzale fu costruito, sotto Domiziano (81-96 d.C.), un il tempio di cui si ignora a quale divinità fosse dedicato.

         Fig. 3 – piazzale delle corporazioni

Il piazzale aveva una importantissima funzione economica e commerciale perché sotto i quattro porticati vi erano numerose stanzette usate dalle diverse compagnie marittime che curavano i traffici verso svariate località.
Sotto i portici di questo piazzale si aprivano, indicati nel pavimento da insegne a mosaico con emblemi e scritte, quelli che oggi si chiamerebbero gli uffici di rappresentanza degli armatori di ogni parte dell'impero (Alessandria, Sabratha, Cartagine, Narbona, Cagliari, ecc.).
Altri piazzali si trovavano nella città: all'interno della porta Romana, ad esempio, se ne trova uno detto della Vittoria: questo luogo veniva utilizzato come punto di sosta dei viaggiatori e come deposito temporaneo delle merci che venivano smistate; quello triangolare con il tempio della Magn Mater, all'interno della porta Laurentina.

            Fig. 8 – campo della Magna Mater
1. tempio della Magna Mater;  2. sacello di Attis
3. tempio di Bellona;  4. schola degli Hastiferi

Oltre ai numerosi templi delle divinità tradizionali romane, è caratteristico di Ostia il gran numero dei Mitrei, sparsi in tutta la città, ad attestare la diffusione, nel III secolo, di tale culto orientale.
Ne sono tornati in luce almeno diciotto, e oggi se ne conservano sedici.
Meno numerose le testimonianze monumentali della diffusione del cristianesimo: la basilica, con il battistero sull'ultimo tratto del decumano massimo, e un oratorio presso il teatro.
Dal piazzale possiamo inoltrarci all'imbocco del Decumano Massimo: si tratta di una lunga strada che dopo aver tagliato obliquamente la città declina, poi, verso Porta Marina.

 

3.  Le corporazioni
Nel corso del II – III secolo d.C. le numerose e varie attività a carattere economico e commerciale che si svolgevano ad Ostia e presso i porti imperiali avevano favorito l’organizzazione del lavoro i cui operatori in genere erano riuniti in collegia o corpora: queste erano associazioni di imprenditori con cui venivano difesi gli interessi di categoria ma che, comunque, non avevano scopi esclusivamente economici, bensì anche sociali, dei quali ci sfuggono i precisi connotati.
A capo di questi organi collegiali erano due o tre magistrati che duravano in carica per cinque anni, i quinquennales, affiancati da quaestores, i tesorieri.
Tra le principali associazioni si menzionano: i fabri tignarii, i costruttori; i fabri navales, i costruttori di navi; dei mensores frumentarii, addetti alla misurazione delle quantità di grano importate; i navicularii, gli armatori che con le loro navi gestivano i commerci marini; i pistores, i fornai; i lenuncolarii e i codicarii che, con diversi tipi di battelli, assicuravano la navigazione fluviale; gli urinatores, i palombari il cui compito era quello di recuperare le merci delle navi affondate, e via dicendo 

4. Le terme
Le terme del Foro, a Sud – Est del Foro stesso (del sec. II, con restauri del IV), offrono un'interessante serie di ambienti a pianta curvilinea, disposti in modo da avere tutti la massima insolazione d'inverno e la minima d'estate.
Le terme del foro, o grandi terme, come tutti gli edifici termali erano dotate di varie sale usate per i diversi tipi di bagni (calidarii, tiepidarii e frigidarii) e della palestra che doveva servire per rinforzare il fisico dopo che era stato ritemprato dalla balneazione.

            Fig. 5 – terme del foro
1. apodyterium;  2. eliocamino;  3. laconicum
4. tepidarium;  5. calidarium;  6. frigidarium

4.1. Le terme di Nettuno
Inoltrandoci nella strada che conduce a Porta Marina incontriamo le terme di Nettuno.
Si tratta di un edificio di età antonina che fu così denominato dal ritrovamento, all'ingresso delle terme, di un mosaico in cui compariva la figura di Nettuno.

            Fig.2 – terme di Nettuno
1. vestibolo (mosaico con anfitrite);  2. vestibolo (mosaico con Nettuno)
3. frigidatium;  4. e 5. tepidaria;  6. caldarium
Le terme, dette anche “Antoniniane”, erano costituite da un portico e da vari ambienti che normalmente, come per le altre terme romane, erano adibiti a diverse funzioni: calidarii, tiepidarii e frigidarii.

4.2. Le terme di Mitra
L'esteso complesso termale fu costruito in età adrianea e in seguito fu numerose volte restaurato.
Nella sala adibita a frigidarium nel II sec. d.C. sorse un mitreo: un luogo sacro dove si praticava il culto del dio Mitra. Nella sala era presente la statua di Mitra, illuminata dall'alto, nell'atto di immolare il toro.
Di fronte alla statua, sui due lati, si conservano i ancora i banchi dove si sedevano gli adepti.

 

 

5. la caserma dei vigili
Degli altri edifici di pubblica utilità, oltre alle numerose terme, è da ricordare la cosiddetta caserma dei vigili: edificio rettangolare con ampio cortile centrale, del II secolo.
L'edificio fu costruito in epoca adrianea, su una preesistente edificato, per poi essere restaurato in età severiana. L'edificio si presentava come un ampio struttura, costruita su due piani, che si affacciava su un cortile.
Un distaccamento dei vigili era presente ad Ostia giù sotto Claudio e svolgeva funzioni inerenti alla lotta agli incendi e alla sorveglianza notturna.

6. Altri edifici
Ripreso il Decumano si intravedono, tra questa strada e via dei Molini, degli edifici usati come magazzini (horrea).

            Fig. 9 – Grandi Horrea

La fabbrica fu costruita in epoca augustea e fu restaurata dai severi. Il complesso era costituito da un ampio cortile al cui centro erano situate delle botteghe. Il cortile, inoltre era porticato ed intorno ad esso erano collocate numerose stanzette adibite al deposito delle merci.
Prendendo via dei Molini incontriamo un edificio destinato alla macinazione del grano.
Da qui possiamo prendere la via degli Horrea Epagathiana ed Epaphroditiana il cui nome deriva dal fatto che sul versante destro della strada vi era un edificio a due piani adibito alla conservazione delle merci e come residenza dei due proprietari : Epagathio ed Epaphrodito.
Sull’altro versante della strada sono visibili due edifici: la Domus di Amore e Psiche e il Tempio di Ercole. Quest'ultimo era un tempio, con un podio tufaceo, che fu utilizzato per lungo tempo come testimoniano i numerosi restauri ed era dedicato alla divinità di Ercole Invictus.
Contiguo al tempio era la Domus di Amore e Psiche il cui nome deriva dal fatto che in una sala dell'edificio fu trovato un gruppo scultoreo dedicato alle divinità. L'ubicazione dell'edificio in una zona più fresca può essere dovuto al fatto che probabilmente era usato come residenza estiva.
Sul versante opposto di via della foce intravediamo la casa del Serapide. Si trattava di un edificio, del II sec. d.C., a tre piani con annesso cortile interno circondato da portici. Il nome dell'edificio deriva dal fatto che in epoca più tarda all'edificio venne aggiunto un luogo dedicato al culto di Serapide.
Contigue a questo complesso sono le terme dei Sette Sapienti. Il complesso era di tipo privato e fu costruito intorno al 130 d.C. Il nome del complesso deriva dal fatto che in una sala vi erano raffigurati Sette sapienti tra i quali attualmente sono rappresentati solo le figure di Chilone, Solone e Talete.
Nelle vicinanze di questo complesso troviamo la casa degli aurighi. Si trattava di un edificio a più piani che si affacciava su un cortile porticato.
Nelle vicinanze di questa casa possiamo prendere la via degli aurighi per poi immetterci, verso destra, nella via delle Volte dipinte dove possiamo trovare la casa che dà il nome alla strada. L'edificio, in cui si conservano delle splendide raffigurazioni parietali, fu costruito intorno al 125 d.C., per poi essere successivamente restaurato.
Non lontano da questo edificio si trova la Casa delle Muse. Si tratta di un edificio che si affaccia su un cortile porticato. Al suo interno si conservano splendidi mosaici e pitture tra le quali degna di nota é la pittura che rappresenta il dio Apollo circondato dalle Muse da cui deriva il nome della casa.
Nelle vicinanze di questa casa troviamo la Domus dalle Pareti gialle così chiamata per gli sfondi parietali di colore giallo.
Contigua alla casa dalle pareti gialle é il complesso delle case-giardino. Si tratta di un complesso abitativo di tipo intensivo che si affacciava su un cortile condominiale dove probabilmente era presente un giardino.
Ritornati sul Decumano si intravede, presso la porta Marina, la casa dei Dioscuri. Si tratta di un edificio signorile dotato di terme private che fu costruito nel IV sec. d.C. Il nome della casa deriva dal fatto che nel suo interno é possibile vedere un mosaico che raffigura le divinità.
Campo della Magna Mater ci si può dirigere verso la via della Fortuna Annonaria che prende il nome da una casa che sorse nel IV secolo d.C. Da qui si può  prendere via degli Augustali per immettersi nuovamente nel Decumano. Si può vedere l'edificio che era sede del Collegio degli Augustali. L'edificio a due piani si affacciava su un cortile porticato e risale alla seconda metà del II secolo, ma fu più volte restaurato nel IV. L'edificio apparteneva, molto probabilmente, ai seviri Augustales. Si trattava di un edificio in cui i sacerdoti, organizzati in una forma collegiale, praticavano il culto della venerazione degli imperatori, delle loro mogli e della residenza imperiale. Nel sito é stata ritrovata una statua di un sacerdote e molti ritratti di imperatori e loro consorti.

7. Le abitazioni
Ma l'importanza di Ostia risiede soprattutto nella possibilità di studiare la forma e lo sviluppo della casa di abitazione, alcune delle quali sono già state citate al punto precedente.
Nel corso del II secolo d.C. nell’edilizia privata si affermarono nuovi modelli di abitazioni rapportati alle esigenze delle diverse classi sociali che si erano stratificate nel corso della media età imperiale:

  • l’insula di tipo popolare;
  • la domus di tipo signorile;
  • un tipo di abitazione, modesto ma dignitoso e concepito in funzione delle necessità della piccola borghesia, costituito da un corridoio principale lungo la facciata sul quale si aprono tutti gli ambienti principali;
  • l’abitazione costituita da un lungo corridoio centrale sul quale prospettano tutte le stanze;
  • un originale tipo di complesso residenziale signorile, costituito da regolari blocchi di alloggio inseriti al centro di aree tenute a giardino.

Le domus di tipo signorile, con atrio e peristilio, simili a quelle di Pompei, sono proprie della fine della repubblica e del primo secolo dell'impero e tornano in uso nel IV secolo d.C., quando, nonostante l'iniziata decadenza economica della città, talune cospicue famiglie poterono rinnovare il gusto dell'abitazione sontuosa.
Nel II e III secolo prevalsero invece le insulae , case d'affitto a uno o più piani (a Ostia di solito sono tre) con un appartamento ciascuno, serviti da una sola scala, e i caseggiati a più piani con vari appartamenti serviti da diverse scale.

            Fig. 6 – insula delle muse
1. ingresso;  2. corridoio;  3. cortile;  4. salotto; 5. cubicolo; 
6. triclinio;  7. tablinio;  8. e 9. ambienti aperti (alae)

Essi sono assai simili, perciò, alle case attuali, e testimoniano in maniera eloquente l'affollamento e l'espansione economica della città.
Gli appartamenti interni avevano pianta semplicissima: una serie di stanze si apriva su un corridoio finestrato che prendeva luce o dalla via o da ampi cortili interni.
In altri casi si presenta una sistemazione urbanistica di tipo assai moderno, con lunghi edifici a doppia facciata, paralleli, e perciò senza cortili, come le cosiddette case a giardino, nella zona più occidentale della città.
Altrettanto può dirsi del cosiddetto quartiere delle casette tipo, d'età traianea.
Ancora oggi si sono trovate 22 domus, 66 insulae e 162 caseggiati. Il materiale più usato era il mattone, anche all'esterno degli edifici.
Lungo la “via di Diana” si trova, tra le tante case d'affitto del II secolo d.C., l'insula con balconi che da il nome alla via (Casa di Diana) per il fatto che sul posto fu rinvenuta un'edicola adibita al culto della dea.
Sull'altro versante della strada, invece, scorgiamo un antico "bar" ostiense: si tratta di un “thermopolium”. All'interno dell'edificio si notano i banchi sui quali venivano serviti i cibi e una raffigurazione pittorica che illustra alcune delle vivande che venivano ordinate dagli avventori.
Proseguendo sulla via di Diana possiamo prendere, sulla sinistra, la via dei Dipinti. Anche in questa strada, come in precedenza, si intravedono tre insulae (Caseggiato dei dipinti).
Tra queste la più grande é l'insula di Giove e Ganimede dove si può trovare il più grande affresco parietale dei Ostia.
Di notevole importanza è spesso la decorazione dipinta degli interni, che è stata restituita anche per volte e soffitti (insula delle Volte dipinte, del Soffitto dipinto, caseggiato di Diana, ecc.).
La pittura in Ostia è ormai un capitolo fondamentale della storia della pittura romana, nel II e III secolo d.C.

            Fig. 7 – insula delle volte dipinte
1. – 4. ambienti con pitture a fondo giallo;
5. ambienti con pitture a fondo bianco

Superata la porta ci immettiamo in un ampio spiazzale che veniva utilizzato con funzioni analoghe a quello della Vittoria: era un luogo di sosta e smistamento di persone e merci. Nelle vicinanze di questa zona incontriamo la Domus Fulminata e il Santuario della Bona Dea.
La domus, costruita nel I sec. d.C., assunse questo nome perché nel vicinanze vi cadde un fulmine e il luogo preciso venne segnato da un tumulo sul quale venne collocata una targa rievocativa dell'avvenimento.
Il santuario della Bona Dea era un tempio, in opus reticulatum, costruito nel I sec. d.C e in seguito più volte restaurato.
Ritornati sul decumano e presa la via di Cartilius troviamo un monumento al personaggio da cui deriva il nome della via: L. Cartilius Poplicola che sul finire dalla Repubblica ricoprì importanti magistrature.

8. L’amministrazione della città
Nel periodo repubblicano Ostia, come di regola nelle colonie romane, era governata da due pretori ed era sottoposta ad uno stretto controllo amministrativo da parte di Roma.
Però, dopo la guerra sociale, agli inizi del I secolo a.C., si verificò un cambiamento istituzionale con cui vennero stabiliti nuovi criteri dell’amministrazione comunale.
La città da allora fu governata da due magistrati che duravano in carica un anno, detti duoviri.
Questi ogni cinque anni redigevano le liste del consiglio comunale per cui, in tale circostanza, assumevano il titolo di duoviri quinquennales.
Inferiori ai duoviri erano i due aediles (edili) con compiti di organizzazione dei pubblici servizi (strade, bagni, etc.).
Infine un quaestor (questore) curava l’amministrazione finanziaria.
Il consiglio cittadino era costituito da cento membri, detti decuriones (decurioni), eletti ogni cinque anni.

9. La vita religiosa: i culti principali
Tra le divinità della religione tradizionale particolare venerazione fu riservata ai Dioscuri (Castore e Polluce), nella loro qualità di protettori della navigazione, ed a Ercole il cui santuario, ubicato presso il porto militare, era frequentato da marinai e da comandanti delle flotte.
Tuttavia un nume era considerato e venerato al di sopra di tutti gli altri: Vulcano, dio del fuoco, la cui importanza si spiega con l’introduzione del culto da parte dei primi coloni romani al momento della fondazione di Ostia (620 a.C.).
Infatti la massima autorità sacerdotale, il pontifex Vulcani, era eletto dallo stesso pontefice massimo di Roma e soprintendeva a tutti gli altri culti ostiensi: così, ad esempio, la dedica di altari o statue nei santuari o la stessa costruzione di templi di altre divinità doveva essere autorizzata da lui.

10. La vita religiosa: culti orientali
Ostia, centro cosmopolita frequentato da genti di diverse culture e provenienti da paesi anche lontani accolse non pochi culti orientali.
Tra questi vanno ricordati quelli di Iside e Serapide la cui diffusione si spiega con i contatti commerciali con l’Egitto, da cui veniva importato il grano, e con le caratteristiche delle divinità che erano considerate anche quali protettori della navigazione e dei commerci.
Molto numerose sono anche le testimonianze relative al culto frigio della Magna Mater (o Cibele), dea della fertilità, cui venne dedicato il santuario ostiense più imponente, pur se relegato in una zona periferica dell’abitato.
Ebbe larga diffusione presso le classi inferiori che vedevano nelle cerimonie rievocanti il risorgere della natura a primavera una simbolica allusione alla vita ultraterrena.
Grande fortuna conobbe pure il culto di Mitra, di origine persiana e diffuso nel corso del II e del III secolo d.C.: la divinità simboleggiava la vittoria del Bene sul Male e il benefico rinnovamento del mondo.

11. Le necropoli
Le necropoli di Ostia erano collocate, come di solito nelle città antiche, fuori delle porte: la principale sorgeva sulla via Ostiense , fuori della porta Romana.
Ma il sepolcro più cospicuo è certo quello di Cartilio Poplicola, della fine della repubblica, fuori della porta Marina.

            Fig. 1 – tomba dei “colombari gemelli”
1. e 2. colombari;  3. ustrinum

11.1. Riti e monumenti funerari
Dal momento che la necropoli fu in uso per parecchi secoli, diversi furono i tipi di sepolture e di sepolcri che si avvicendarono dall’età repubblicana al tardo impero:

  • durante la fine del I secolo a.C. – inizi del I secolo d.C. è prevalente il rito dell’incenerazione. I sepolcri sono costituiti da recinti a cielo aperto (al cui interno, sotto al piano di calpestio, erano deposte le olle con le ceneri dei defunti) o da monumenti funerari del tipo “ad altare” o a “tholos”;
  • nel I secolo d.C. prevale l’uso dell’incinerazione anche se cominciano a diffondersi le prime inumazioni. In questo periodo si costruiscono soprattutto colombari, vale a dire sepolcri a camera con nicchie lungo le pareti entro le quali erano deposte le olle cinerarie;
  • nel II – III secolo d.C. si afferma definitivamente il rito dell’inumazione. Le tombe sono del tipo a camera contenenti sarcofagi in marmo o terracotta e, spesso, anche sepolture più modeste disposte su livelli sovrapposti al di sotto del pavimento.

 

12. Le rappresentazioni teatrali
È difficile stabilire con certezza quali spettacoli fossero rappresentati nei teatri romani.
Tra la fine del I secolo a.C. e la prima età imperiale forse erano rappresentate le tragedie di Ennio, Accio e Pacuvio, e le commedie di Plauto e Tarenzio.
Ma sicuramente incontrarono maggiormente i favori del pubblico le rappresentazioni a carattere più popolare e di più immediata comprensione: l’”Atellana, il mimo e la pantomima.
L’Atellana (da Atella, città osca della Campania) era un genere comico con maschere fisse (Macco, il mangione sciocco, Pappo, il vecchio stupido, Dosseno, il gobbo astuto, etc.).
Il mimo, basato sul gesto e la danza degli attori, nel I secolo a.C. ebbe anche dignità letteraria, ma poi degenerò in forme di oscena comicità.
La pantomima era uno spettacolo con danze e musica e contenuti mitologici o tratti dalla vita reale, con una certa compiacenza verso l’elemento erotico e orgiastico.

 

13. PERCORSO FRA GLI SCAVI DI OSTIA ANTICA

13.1 LA NECROPOLI DELLA VIA OSTIENSE O DI PORTA ROMANA
Lungo la via Ostiense sono allineate file ininterrotte di semplici tombe e di sepolcri più monumentali che nel loro complesso costituivano forse il sepolcreto più antico e importante della città.

         1 – La via Ostiense fuori Porta Romana

La necropoli, occupata almeno dal I secolo a.C., presenta una fitta sovrapposizione di strutture tanto che la lettura dei singoli monumenti non risulta del tutto agevole. Le tombe furono costruite all’esterno dell’abitato nel rispetto di un’antichissima norma, già conosciuta nel mondo greco e contenuta nelle XII tavole elaborate a Roma agli inizi del V secolo a.C., in base alla quale era vietato il seppellimento all’interno di un centro urbano. La parte settentrionale della via Ostiense, secondo una disposizione del pretore C. Caninio, risalente a un periodo compreso tra il150 e l’80 a.C., che non permetteva la costruzione di edifici privati nell’area vicino al Tevere.

Caninius C(ai) f(ilius) / pr(aetor) urb(anus) / de sen(atus) sent(entia) / poplic(om) ioudic(avit)

[« Caio Caninio, figlio di Caio, pretore urbano, per decisione del senato destinò (quest’area) all’uso pubblico »]

13.2 DA PORTA ROMANA AL CASTRUM
La cosiddetta Porta Romana era fiancheggiata da due torri quadrate e costituita da due vani separati da pilastri in tufo, originariamente era coperta a volta con tre fornici; i due pilastri anteriori che ne costituivano gli stipiti recano ancora i solchi entro i quali veniva fatta scorrere la saracinesca.
Alla fine del I secolo d.C., quando tutto il piano stradale fu rialzato, fu abbellita con decorazioni marmoree che in parte sono ora affisse nel vano interno su di una parete ricostruita.
Oltrepassata la porta, ci si trova in un ampio slargo detto Piazzale di Minerva in quanto vi fu trovata la statua di Minerva alata, sistemata su di un alto basamento.
Raffigura la divinità con l’elmo, peplo e recante con la destra uno scudo rotondo; tradizionalmente datata in epoca domizianea, una recentissima proposta la porrebbe, invece, in età repubblicana (circa 60 a.C.), ipotizzando che sia stata riusata alla fine del I secolo d.C. per decorare la parte superiore della porta.
Procedendo, sulla sinistra, si vedono i resti di un Ninfeo della tarda età imperiale che doveva servire come abbeveratoio per i cavalli.
Dirimpetto alla statua, su di un muro moderno, sono stati sistemati frammenti di due iscrizioni identiche che, sia internamente che esternamente, occupavano l’attico della porta.
Nel testo, secondo una recente interpretazione, viene riportata la storia edilizia della porta e delle mura stesse: deliberate dal Senato e dal popolo romano per la colonia ostiense, le mura sarebbero state iniziate da Cicerone nell’anno del consolato (63 a.C.) e completate cinque anni dopo da Clodio Pulcro.
La porta, danneggiata dal tempo, dopo più di cento anni, sarebbe stata ripristinata in forme monumentali.
Alla destra del piazzale si trovano i Magazzini repubblicani in origine costituiti da un edificio rettangolare in opera quasi reticolata circondata da portici a pilastri di tufo.
Non è facile risalire alla pianta a causa delle trasformazioni subite dalla costruzione nei secoli successivi.
Il complesso, risalente al I secolo a.C., era in relazione con le attività del vicino porto fluviale, ma nel corso dell’età imperiale venne modificato e trasformato.
Furono così costruiti nuovi edifici, anche a carattere non commerciale
Ritornati sul piazzale si percorre il Decumano Massimo, la strada principale della città che correva in direzione est – ovest dividendola in due parti quasi uguali; era intersecato da altri assi perpendicolari, detti cardini,  che invece seguivano l’orientamento nord – sud.

                   2. Tratto del Decumanus Maximus

Il Decumano Massimo di Ostia era molto largo (9 m. ca.), tale da consentire che il traffico scorresse agevolmente in ambedue i sensi.
Esso collegava, con un percorso di quasi un chilometro e mezzo, Porta Romana con Porta Marina, presso l’antica spiaggia.
Sulla destra del Decumano si trovano i resti del cosiddetto Portico di Nettuno che in origine aveva una lunghezza di 155m ed era costruito su trenta arcate su pilastri in laterizio e capitelli di travertino e forse anche con più ordini di portici superiori.
Risalente all’età adrianea, rispondeva allo scopo di monumentalizzare questo lato della strada, sul quale si affacciavano alcuni dei principali edifici della città.
Uno delle principali zone di Ostia è sicuramente il cosiddetto Piazzale delle Corporazioni: una vasta area scoperta, circondata su tre lati da un portico.
Progettata inizialmente in funzione dell’attiguo edificio teatrale, del quale rappresentava la Porticus post scenam, in seguito divenne anche un punto di riferimento per le attività commerciali che si svolgevano tra Ostia e le province del Mediterraneo.
Costruito in età augustea con muri in opera reticolata, il piazzale in questa prima fase costituiva un insieme unitario con il teatro ed aveva l’aspetto di un corridoio coperto che circondava su tre lati l’area centrale.
In età claudia fu innalzato il livello e si realizzò il primo vero portico con una fila di colonne laterizie.
Nel periodo adrianeo il piano di calpestio venne ulteriormente rialzato fino alla quota attuale e fu aggiunta una seconda fila di colonne, creando quindi un doppio porticato.
A partire dai decenni centrali del II secolo d.C. il complesso fu abbellito con mosaici che con le loro raffigurazioni e iscrizioni alludevano ai traffici che si svolgevano nel Mediterraneo e ai vari tipi di commercio esercitati dalle singole corporazioni di lavoratori.

                   3 – Piazzale delle Corporazioni: mosaico con scena di trasbordo di anfore

Qui di seguito si riporta la descrizione di alcune delle scritte musive che decoravano le sessantuno stationes del piazzale:

  1. (Cl)odius Primigenius (Cl)audius Crescens q(uin)q(uennales) stuppatores res(tiones)

[“Clodio Primigenio e Claudio Crescente quinquennali della corporazione dei commercianti di stoppa e corde”]

  1. Corpus pellion(um) Ost(iensium) et Porte(nsium) hic

[“La corporazione dei conciatori di pelli di Ostia e Porto (è) qui”]

  1. Navic(ularii) et negontiantes Karalitani

[“Gli armatori e i commercianti di Karales (attuale Cagliari)”]

                   4 – Piazzale delle Corporazioni: mosaico della “statio dei navicularii Karalitani

In corrispondenza del Piazzale delle Corporazioni si trova il teatro, uno dei più antichi in muratura, fu eretto al tempo di Augusto, tra il primo e il secondo consolato di Agrippa (come ci informa un’iscrizione), genero dell’imperatore e morto nel 12 a.C.

                   5 – teatro

A questa prima fase appartengono larghi tratti di muri in opera reticolata e i resti di pilastri in tufo che sorreggevano le diciassette arcate di un portico retrostante la scena.
Tuttavia, nell’avanzata età imperiale (fine del II secolo d.C.), l’edificio, evidentemente non più adeguato ad una popolazione in continua crescita, subì una radicale ristrutturazione e fu ampliato tanto da contenere 3500 – 4000 spettatori.
Esternamente presenta un portico in laterizio in origine a due ordini (del quale è stato totalmente ricostruito un tratto presso l’ingresso) all’interno del quale si apre una serie di botteghe, mentre quattro ripide scale portano direttamente alla cavea.
L’ingresso principale è costituito da un corridoio centrale con volta a botte che porta al piano dell’orchestra: è questa una singolare caratteristica documentata solo nell’edificio scenico ostiense e che non si riscontra tra gli altri teatri antichi conosciuti.
Dallo spazio semicircolare dell’orchestra si apprezza l’ampiezza della cavea; in gran parte ricostruita, in origine aveva tre ordini di posti dei quali si sono conservati i primi due.
Le tre file di gradini marmorei vicini all’orchestra erano i posti d’onore riservati ai personaggi più importanti.
Nel tratto inferiore della cavea si trovano i resti di un parapetto marmoreo che serviva a isolare le gradinate dall’orchestra quando quest’ultima, secondo un’usanza diffusa nella tarda età imperiale, veniva allagata per consentire lo svolgimento di giochi acquatici: in tal caso l’acqua veniva condotta attraverso il passaggio centrale da due cisterne ricavate sotto il portico del teatro.
La scena presenta in basso un prospetto con nicchie rettangolari e curvilinee; nella parte retrostante sono sistemati, su di un muro in tufo, tre maschere marmoree e alcuni elementi marmorei della decorazione del muro di fondo della stessa scena.
Dietro di esse si ergono alcune colonne di cipollina, erroneamente rialzate sui resti dei pilastri di tufo del portico esterno al teatro ma che, in origine, facevano parte del loggiato che coronava l’ultimo ordine di gradini.
All’orchestra si poteva accedere, oltre che dal corridoio centrale, anche da due passaggi laterali le cui murature presentano per ampi tratti il paramento in reticolato relativo alla fase più antica.
Sulla parete della parodos orientale è sistemata l’iscrizione che ricorda la ristrutturazione del teatro ad opera di Settimio Severo e del figlio di Caracalla, designato come Caesar, cioè non ancora eletto alla correggenza dell’impero
Lungo il Decumano si può imboccare la Via dei Molini sulla cui sinistra si incontra l’Edificio dei Molini.
Costruito in opera mista attorno al 120 d.C., conserva varie macine in pietra lavica che servivano per la macinatura del grano: queste sono costituite, nella parte inferiore, da una struttura di forma conica (meta) e, nella parte superiore, da un elemento mobile ( catillus) che veniva fatto ruotare mediante una leva da schiavi o da muli.
Nell’edificio sono documentate le tre fasi della panificazione: la macinatura, l’impastatura e la cottura.
6 – Edificio dei Molini

Immettendosi nella vicina via di Diana, subito a destra si trova la Casa di Diana, risalente all’età adrianea, un interessante esempio del tipo più diffuso di casa ostiense: il caseggiato d’affitto a più piani con cortile centrale porticato.

                   7 – Casa di Diana

La casa di Diana, il cui nome deriva dalla presenza di una lastra in terracotta raffigurante Diana all’interno del cortile, è uno dei più famosi edifici di Ostia.
Recenti indagini hanno cambiato anche la presentazione degli interni, lasciando in vista solo i livelli pavimentali e relativi alle diverse fasi costruttive.
Nel settore settentrionale va segnalato un mosaico geometrico a colori con raffigurazioni di rosette ed elementi a treccia che decorava l’originario corridoio laterale; dietro si trova un vasto triclinio con pavimento a tarsie marmoree colorate (opus sectile).
I pavimenti descritti risalgono all’età adrianea, quando la casa si configurava come un signorile complesso con cortile porticato sul quale si aprivano gli ambienti tra cui il suddetto triclinio.
Alla metà del II secolo d.C. si data, invece, il ninfeo posto al centro dello stesso cortile e il mosaico geometrico a foglie di ulivo, che decora il pavimento dell’ambulacro.
Nell’angolo nord – occidentale si osservano altri mosaici, in parte della fase adrianea, in parte più recenti, della metà del III secolo d.C., con irregolari decorazioni geometriche.
Il lato di fondo di questa ala è occupato da un mitreo di epoca tarda che oblitera le precedenti strutture del II e III secolo d.C.
Proseguendo lungo la via di Diana si trova, sulla sinistra, il Caseggiato del Thermopolium.
La facciata sulla via di Diana presenta un particolare tipo di balcone con archi ribassati poggianti su mensole di travertino, una soluzione architettonica che sarebbe stata adottata in seguito anche nel medioevo.
Al di sotto si aprono i tre ingressi di una locanda di ristoro, comunemente conosciuta sotto il nome di Thermopolium (ma che sarebbe più corretto definire popina) ricavata nel III secolo d.C. nel corpo del fabbricato al posto dei precedenti locali.

                   8 – Thermopolium: esterno

L’interno si articola in tre ambienti, di cui quello mediano è il principale.
Esso prospetta sulla strada con un grosso bancone a tre ripiani sovrapposti, su cui erano poggiate le bevande e i cibi in vendita, con sottostante vaschetta per il lavaggio delle stoviglie.
Nella vaschetta è riutilizzata una lastra con iscrizione con dedica a Fulvio Plauziano prefetto del pretorio ucciso da Caracolla: l’epigrafe permette di datare la costruzione del Thermopolium.

                   9 – Thermopolium: interno

A una parete interna è addossato un secondo bancone a ripiani sul quale venivano esposte altre vivande.
Al di sopra è posta una pittura raffigurante ciò che abitualmente veniva offerto nel locale: uova, olive, frutta e la rapa piccante, servita come antipasto.

         10 – Insegna Thermopolium (foto)

L’ambiente a destra è la cucina con un dolio infossato, nel quale venivano mantenuti freschi il vino e l’acqua, e un fornello.
Non meglio definibile è il vano di sinistra, con pavimento ora decorato da un mosaico proveniente, tuttavia, dal piano superiore dal quale venne distaccato dopo lo scavo.
La parte retrostante è occupata da un cortiletto con fontanella e sedili in muratura.
Ritornando indietro ci si immette nel Foro che nelle città romane assumeva la funzione di centro politico e civile che si presentava come una grande piazza rettangolare circondata da edifici a carattere religioso e pubblico.
Il principale edificio sacro è il Capitolium.

                   11 - Capitolium

Dedicato a Giove, Giunone e Minerva, era presente in tutte le colonie romane, in quanto era considerato come la trasposizione del principale culto di Stato di Roma, ossia quello della triade capitolina cui nella capitale era dedicato il tempio capitolino.
L’edificio ostiense fu costruito intorno al 120 d.C., con alto podio e scalinata anteriore, interamente in mattoni.
Aveva sei colonne sulla fronte e altri due lungo i lati del pronao.
La cella presenta in fondo a un podio riservato alle tre statue di culto e nicchie lungo le pareti; si osservi la soglia d’ingresso, costituita da un unico e pregiatissimo blocco di marmo africano.
Dall’esterno e da una certa distanza si noti la presenza degli archi di scarico lungo le murature che, consentendo una equilibrata distribuzione dei pesi lungo le alte pareti murarie, ne garantiva la solidità strutturale.
Del tempio è conservato il nudo scheletro in laterizio, che in origine era rivestito di marmi pregiati che, a partire dall’età medioevale, furono asportati.
Davanti alla scalinata si trova l’altare del tempio.
In questa zona si osservano, appositamente lasciati a vista a un livello inferiore, i resti di precedenti edifici di età repubblicana e cioè il basamento in tufo del Capitolium della fine del I secolo a.C., accanto all’originario Cardine Massimo: queste strutture furono evidentemente rase al suolo quando in età imperiale si ricostruì tutta la piazza con nuovi criteri urbanistici (per esempio venne cancellato il Cardine) e con effetti più monumentali e scenografici.
Lungo il Decumano Massimo furono costruiti anche altri edifici, anche a carattere non commerciale, tra cui soprattutto le Terme dei Cisiarii che si ritiene appartenessero alla corporazione dei carrettieri (cisiarii).

                   12 – Terme dei Cisarii, mosaico

Costruite in età adrianea, ebbero varie ristrutturazioni nel III secolo d.C.. Gli ambienti di servizio sono distribuiti lungo il lato orientale, mentre al centro ci sono due piccoli vani riscaldati e pavimenti adorni di mosaici figurati.
Proseguendo si trovano anche le cosiddette Terme di Nettuno.
Dal Decumano una scala conduce a una terrazza dalla quale si può osservare dall’alto tutto il complesso termale: a sinistra la palestra circondata su tre lati da un colonnato e dotata di una sottostante grandiosa cisterna, costruita prima delle terme; a destra si trovano i vari ambienti: le sale di ingresso con mosaici figurati, il primo che ha come soggetto Anfitrite su ippocampo accompagnata da tritoni; il secondo, senza dubbio uno dei più pregevoli di Ostia, raffigura al centro Nettuno trainato da ippocampi e circondato da animali e figure fantastiche del mondo marino.

13/14 – Terme del Nettuno, mosaici con Nettuno e corteggio marino

Più a nord si scorge il frigidarium con due vasche il cui pavimento è anch’esso adorno di un mosaico con raffigurazioni di Scilla, al centro, e di altri mostri marini.
Seguono due tiepidaria e un caldarium.
Tra gli altri edifici di pubblica utilità viene ricordata anche la cosiddetta Caserma dei Vigili.
L’edificio ospitava il corpo dei vigili del fuoco: fu Claudio che per primo destinò alla città una coorte urbana con funzioni antincendio, ma solo alla fine del I secolo d.C. vi fu sistemato un distaccamento stabile e specializzato, comandato da un tribuno e costituito da quattrocento vigiles alle dipendenze di quattro centurioni.
La caserma fu costruita intorno al 90 d.C., ma l’attuale stato risale alla fase di totale ristrutturazione di cui fu oggetto nel periodo di Adriano.
L’accesso avveniva attraverso tre larghe porte fiancheggiate da lesene: la principale si apriva su via dei vigili e le altre due laterali, rispettivamente su via della Palestra e via della Fullonica.
Il complesso, in origine almeno a due piani, è costituito da un cortile porticato sul quale si aprono le stanze.
Il lato di fondo è occupato dall’Augusteo, un ambiente dedicato al culto della famiglia imperiale il cui pavimento è adorno di un mosaico con scena del sacrificio di un toro.

                   15 – Caserma dei Vigili

In questo ambiente si conservano numerose basi iscritte con dediche a vari imperatori in alcune delle quali è menzionato proprio il corpo dei vigili.
Ritornati sul Decumano, si trovano sulla sinistra, a un livello più basso, gli Horrea di Ortensio, di età Giulio – Claudia, la più antica struttura di immagazzinamento della colonia, forse da mettere in relazione con l’incremento dei commerci favoriti dalla costruzione del porto di Claudio.
16 – Horrea di Hortensio

Il complesso presenta un cortile rettangolare circondato da colonne di tufo (ad eccezione di quelle angolari che sono in travertino) e celle con muri in opera reticolata.
Alla destra dell’ingresso, nella seconda metà del III secolo d.C., fu costruito un sacello il cui pavimento è decorato con da un mosaico con la raffigurazione di un disco con raggi (forse il dio Sole) e dalla seguente iscrizione musiva:

Horte(n)sius Heraclida n(avarcus) cl(assis) pr(aetoriae) Mis(enensis) / ex voto templumfecit Iulius Victorinussacerdostessellavit

[“Lucio Ortensio Eraclida, comandante della flotta pretoria di Misero realizzò questo tempietto. Il sacerdote Giulio Vittorino fece eseguire il mosaico”]

Tra gli edifici privati spicca soprattutto il cosiddetto Caseggiato degli Aurighi.

                                      17 – Caseggiato degli Aurighi: cortile interno

L’edificio, databile intorno al 140 d.C., è costituito dal consueto cortile ad arcate intorno al quale corre un ambulacro; sul lato nord di quest’ultimo si ammirano due interessanti quadretti raffiguranti due aurighi su bighe. Particolarmente fini sono anche le pitture che decorano le stanze dell’appartamento del lato destro del corridoio con pannelli in cui sono rappresentati amorini, nature morte e scene di caccia al cervo o alla pantera. Le strutture della costruzione si conservano per circa dieci metri di altezza, fino all’imposta della volta del terzo piano. Il caseggiato era dato in affitto a più inquilini oppure, forse, era riservato per qualche corporazione di tipo sportivo.

 

Fonte: http://www.latinitas.altervista.org/doc/005.doc

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