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L’AMERICA LATINA
La regione geopolitica latinoamericana occupa quella parte del continente americano che si estende dal confine settentrionale del Messico ( Nord America) alle ultime propaggini meridionali della terra del fuoco (Sud America). Comprende dunque:
Raggruppa 34 Stati indipendenti e 15 territori coloniali. I 480 milioni di abitanti di questo insieme hanno diverse matrici etniche( indigena amerindiana, africana, europea, asiatica). La maggioranza è ormai frutto degli incroci razziali degli ultimi cinque secoli; si parlano 5 lingue europee e decine di lingue indigene o dialetti creoli.
Le ragioni di omogeneità che identificano questa area come una sola regione geopolitica sono di carattere storico, culturale ed economico. Quasi tutti i paesi latinoamericani hanno in comune, infatti, tre secoli di appartenenza agli imperi coloniali spagnolo e portoghese.
Poi nel XIX secolo, sono passati sotto l’influenza politico-economica della Gran Bretagna. Infine, a partire dalla prima guerra mondiale, sono passati sotto quella degli USA.
Questo cammino ha segnato profondamente la cultura della regione nella lingua, nella religione, nell’organizzazione sociale. E ne ha segnato il corso dello sviluppo economico.
Disperse come entità proprie le civiltà agricole precolombiane, la colonizzazione iberica ha trasformato l’America Latina in fornitrice di materie prime e importatrice di prodotti lavorati.
Questa situazione è cambiata solo di recente, quando alcune regioni( per esempio del Brasile, del Messico, del Cile) sono state protagoniste di un sensibile sviluppo industriale.
Dinamiche molto differenziate tra area e area hanno accentuato le disparità interne dell’America Latina, dove oggi convivono, l’uno accanto all’altro, paesi poverissimi come la Bolivia, e potenza regionali, come il Brasile, che vanta un importante e sviluppato parco industriale.
Le risorse, in questa regione, sono distribuite in modo molto diseguale. Lo sviluppo economico arricchisce una piccola fascia di alta borghesia, l’oligarchia terriera e, nelle situazioni più favorevoli, la classe media: in genere un terzo della popolazione, spesso molto meno.
A nord una specie di imbuto formato dal Messico e dall’istmo centroamericano unisce le masse continentali dell’America settentrionale e di quella meridionale. A est questi territori sono bagnati dalle acque del golfo del Messico e del mar dei Carabi.
Quest’ ultimo è separato dall’oceano Atlantico dall’arco insulare delle Grandi e Piccole Antille, che formano una subregione naturale dal clima e dal paesaggio fortemente caratterizzati dal tropico.
La terza area è formata dal grande triangolo del Sud America la cui estremità inferiore ospita le più meridionali fra terre abitate, a pochi centinaia di metri dall’Antartide.
Dal punto di vista dell’orografia, un asse montuoso quasi ininterrotto si estende lungo la costa pacifica, dal Messico fino all’estremità meridionale del Cile; più a sud la lunghissima cordigliera delle Ande, si innalza fino ai 6959 metri dell’Aconcagua.
Per lunghi tratti l’asse montuoso corre in catene parallele che chiudono al loro interno vasti altopiani, come accade in Messico, in Ecuador, in Perù, in Bolivia. Sono queste regioni, dove l’altezza tempera il clima dei tropici e dell’equatore, che hanno costituito da sempre le zone di insediamento umano a più alta densità.
Sul versante Atlantico si affacciano catene minori e soprattutto ampi territori pianeggianti e tavolati che digradano verso la costa. Qui si incontrano i bacini di alcuni tra i maggiori corsi d’acqua del mondo: l’Orinoco, il Rio delle Amazzoni, il Paranà de la Plata.
In un’area che si allunga in latitudine per due terzi del pianeta e che presenta vaste superfici a diverse altezze sul livello del mare, ovviamente si incontrano climi e ambienti naturali di tutti i tipi.
Storicamente il popolamento ha seguito la mappa dei climi e delle vie di comunicazione, cioè la mappa delle potenzialità agricole e dei fiumi. E oggi come nel passato, presenta una distribuzione irregolare. Le massime densità si incontrano nelle regioni dal clima più temperato( altopiani messicani, centroamericani e andini; coste brasiliane; Antille), mentre le immense regioni dell’interno sudamericano, popolate fino a pochi decenni fa solo da gruppi di popolazioni nomadi, ancora oggi registrano densità bassissime.
Anche in America Latina, come in quasi tutto il resto del mondo, il decollo demografico ha avuto inizio alla fine del XIX secolo, ma la curva della popolazione si è impennata decisamente solo nel secolo scorso.
Il boom demografico degli ultimi quarant’anni si è riversato interamente sulle città. Nell’ultimo mezzo secolo la popolazione urbana è cresciuta sei volte più rapidamente di quella rurale.
La vertiginosa crescita delle città determinò un aumento generalizzato dei prezzi dei terreni e dei fabbricati nei centri urbani, espellendo verso le periferie le fasce più povere della popolazione cui si aggiungevano i nuovi arrivati dalle campagne.
Sono nate in questo modo le baraccopoli delle metropoli industrial-commerciali come San Paolo, Città del Messico, Caracas, Lima ecc. Si sono gonfiate città periferiche provvisorie, in aree degradate, mal collegate con il resto della metropoli e senza nessun tipo di pianificazione territoriale.
Questi insediamenti, dove si concentrano centinaia di migliaia di persone che abitano in baracche, con il passare del tempo sono diventati permanenti .
IL BRASILE: PAESE -CONTINENTE
Il Brasile è uno dei Paesi più grandi del mondo. Esso confina a nord con il Venezuela, la Guyana, il Suriname e la Guyana Francese; a ovest con la Colombia, il Perù e la Bolivia; a sud con il Paraguay, l’Argentina e l’Uruguay; a est è bagnato dall’Oceano Atlantico. Il territorio, per estensione il quinto del mondo, è costituito da un sistema di alte terre che comprendono il Mato Grosso, l’Altopiano del Brasile e una serie di rilievi montuosi che lungo le coste atlantiche raggiungono i 2890 m con il Pico da Bandiera. Le alte terre digradano a ovest verso le pianure del Paranà e del Paraguay, e a nord verso l’Amazzonia, un vasto bassopiano alluvionale ricoperto dalla foresta pluviale. Il Rio delle Amazzoni è il fiume principale e sfocia nell’Oceano Atlantico con un ampio estuario. Il clima è generalmente molto caldo, anche se la temperatura è mitigata dall’altitudine. Le piogge sono frequenti e abbondanti, tranne che nelle regioni nord-orientali, dove la siccità si protrae anche per anni.
Abitato un tempo da etnie di Indios, il Paese nel 1500 venne invaso dai Portoghesi, che sterminarono quasi tutti gli indigeni. Nel 1822 venne dichiarato indipendente dal re di Portogallo e passò sotto la reggenza del figlio del sovrano, che si fece incoronare imperatore. Nel 1889 fu proclamata la repubblica. Il Paese è stato a lungo caratterizzato da una forte instabilità politica e soggetto a diverse dittature militari; oggi il Brasile è una repubblica federale e presidenziale.
La popolazione costituita in gran parte da bianchi e meticci, segue principalmente la religione cattolica. Gravi problemi affliggono il Paese; il 31% della popolazione, soprattutto neri e meticci, vive in miseria nelle baraccopoli che circondano la città, trasformatesi in immense metropoli. L’assistenza sanitaria è inadeguata, il 14% della popolazione risulta analfabeta e la delinquenza minorile è alta. La capitale, Brasilia, è una città nata dal nulla negli anni Cinquanta; una metropoli con edifici monumentali e opere d’arte, costruita per dimostrare al mondo politico di fare del Brasile una nazione moderna.
Da quasi cinque secoli l’enorme spazio brasiliano fornisce ogni genere di materie prime, minerali e alimentari al mercato mondiale. Lo sfruttamento di queste risorse è avvenuto per ondate, per cicli con formidabili ascese ed improvvisi tracolli, e a ogni ciclo ha corrisposto l’antropizzazione di nuovi spazi verso cui sono stati richiamati in massa lavoratori resi disponibili dalla crisi del “ciclo” precedente. La frontiera economica del Paese si è quindi spostata dalla costa sempre più in profondità verso l’interno.
L’alternarsi di cicli economici basati su una monocultura dominante ha fortemente condizionato il popolamento brasiliano che fuori dalla striscia di costa ha proceduto per “isole”.
Le grandi strade Brasiliane collegano i centri dell’interno con i porti costieri, attraverso cui si effettuano le esportazioni, mentre sono mancate per secoli le comunicazioni fra le isole.
Solo in parte vi hanno sopperito le via d’acqua. Le ferrovie sono state sempre poco rilevanti.
L’aereo ha rappresentato una novità rivoluzionaria per il Paese: il traffico interno è a livelli record, secondo nel mondo solo a quello degli Stati Uniti, soprattutto per il trasporto passeggeri.
L’agricoltura brasiliana rappresenta un paradosso: lo spazio coltivabile abbonda e i contadini sono ancora il 30% della popolazione attiva. Eppure le culture alimentari di base scarseggiano quando non mancano del tutto, e la fame e la denutrizione sono diffuse. Quarto esportatore mondiale di prodotti agricoli, il Brasile è al sesto posto per contingenti di popolazione sottonutrita.
Il Brasile fu uno dei primi spazi extraeuropei dove venne praticata la piantagione per l’esportazione di un prodotto di largo consumo, lo zucchero. L’organizzazione del lavoro, la complessa rete di trasporti, il tipo di processo produttivo: tutto venne impostato a beneficio della metropoli portoghese; quando lo zucchero entrò in crisi, si trovò una monocultura di sostituzione, il caffè.
La popolazione rurale si è formata sulla monocultura: con l’abbandono delle piantagioni, a cui vennero via via preferiti altri facili investimenti, masse enormi di contadini si sono ripetutamente trovate disoccupate e spinte a errare tra le città e le regioni agricole. Gli episodi di carestia e di scarsità di cibo sono ricorrenti nella storia brasiliana.
I latifondi si sono sempre dimostrati incapaci di nutrire l’enorme massa di contadini che vi lavoravano e la fame ha acquistato un carattere endemico proprio nelle regioni “ naturalmente” più favorevoli all’agricoltura.
Negli ultimi decenni la situazione agricola brasiliane ha dovuto fare i conti con la difficoltà di conquistare una posizione di monopolio, come quelle ottenute in passato con lo zucchero o con il caffè, e assicurarsi il mercato mondiale di un prodotto. Il Brasile ha finto per offrire sul mercato agricolo internazionale perfino i terreni agricoli, venduti in grandi blocchi ai capitali stranieri in cerca di investimenti di lunga durata e disinteressati alla produzione per il consumo interno. Il latifondo è passato quindi sotto il controllo della grande finanza internazionale, acquisendo sempre maggiore estensione territoriale.
La bilancia agricola brasiliane è la quinta al mondo per attivo: le entrate agroalimentari rappresentano il 40% del totale delle esportazioni. La soia, venduta agli allevatori nordamericani ed europei per l’allevamento, ha ormai lo stesso peso del caffè, di cui il Brasile è ancora il primo produttore mondiale. Tuttavia le produzioni di manioca, ortaggi, fagioli, riso, cioè le culture di sussistenza che avrebbero favorito le piccole e medie aziende, sono in arretramento. Così il Brasile deve oggi importare quantità sempre maggiori dalla vicina Argentina.
Le produzioni minerarie tradizionali -oro, diamanti, pietre preziose- sono in calo, ma immense risorse sono ancora contenute nel sottosuolo del Paese (stagno, manganese, bauxite, cobalto e uranio). La risorsa più importante è il ferro, che alimenta la siderurgia nazionale e una forte esportazione in Giappone, Germania e Italia.
Un problema per il paese è costituito dall’insufficienza energetica; nonostante la presenza di bacini petroliferi nella zona di Bahia e di Campos, la produzione non soddisfa i bisogni.
Negli anni trenta, il governo brasiliano, guidato dal dittatore nazionalista Getulio Vergas, avviò un programma di sviluppo industriale interamente gestito dallo stato. Le massicce esportazioni di caffè e materia prime durante la seconda guerra mondiale favorirono questa strategia, proseguita anche dal regime militare che governò il Paese dal 1964 al 1984.
Così il Brasile entrò tra le prime dieci potenze industriali mondiali ed è diventato la prima dell’emisfero meridionale.
Il settore terziario produce il 51% del PIL brasiliano.
Concentrato soprattutto nel sud-est, ha raggiunto in alcuni casi livelli di competitività internazionale: i settori maggiormente sviluppati sono: assicurazioni, banche, import-export, editoria e comunicazioni.
La televisione in Brasile rappresenta una vera e propria potenza economica. Le reti nazionali producono programmi che si esportano in tutto il mondo.
Fonte: http://lumolin.altervista.org/files/capitolo_3_-_lamerica_latina.doc
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