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L’identità nazionale è quel desiderio di appartenere ad una nazione. Niente è più naturale che difendere la propria identità da vere o presunte minacce estranee. Tuttavia il concetto d’identità nazionale viene comunque contrastato da guerre sanguinose.
L’internazionalismo nacque in contrapposizione al nazionalismo esasperato, che in Germania e in Francia degenerò in forma di patriottismo aggressivo, basato su teorie di superiorità razziale, che sfocia in fascismo e nazismo. Dopo la caduta del fascismo l’Italia cercò di dimenticare questi eccessi rivalutando certi valori. Ai giorni nostri il presidente Ciampi ha più volte affermata la neccesità di riscoprire l’orgoglio della nazione: ciò dovrà portarci ad una consapevolezza di essere una nazione, cioè un popolo cosciente di una propria specificità e autonomia culturale. Solo allora non avremo difficoltà ad accogliere degnamente tutti gli ospiti stranieri che vorranno venire in pace tra di noi.
.Integrarsi significa “inserirsi in un determinato contesto sociale, politico, culturale, accettandone in pieno i sistemi, i costumi, la mentalità”. Questo è nella maggior parte dei casi dovuto alla volontà degli emigrati e alle molte affinità che esistevano tra loro e i residenti. Anzitutto, una comune cultura europea. In secondo luogo, la religione.
Non dimentichiamo, tuttavia, che non furono tutte rose e fiori. Negli Stati Uniti molti europei venivano discriminati. Tuttora, in certe zone molti cittadini di colore e latino-americani vengono considerati di serie B. La domanda che ci poniamo oggi è se coloro che vengono in Italia hanno la stessa possibilità di integrarsi nella nostra società. Se possiamo convivere con la loro cultura, regolata con le nostre leggi, senza il bisogno di adeguarle.
Gli immigranti spesso soffrono del problema della diversità della lingua. Tuttavia, l’atteggiamento intransigente e integralista di molti paesi di ispirazione islamica non consiglia eccessivo ottimismo, almeno a breve-medio termine. Gli stessi immigranti non si dimostrano desiderosi di far parte della comunità che li ospita. Per esempio, nella Svezia, soltanto il 5% degli immigrati si è avvalso di prendere la doppia cittadinanza.
Nel 1998 fu approvata in parlamento, la Legge n. 40 che parla della disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero. Questa legge tende a coniugare il rigore della lotta all’immigrazione clandestina, con la tutela e il riconoscimento di più diritti agli extracomunitari legalmente residenti in Italia.Adesso ci sarà la modifica di questa legge che è incentrata su un rigido controllo dei flussi, sul rinvio nei paesi di origine dei clandestini, sull’obbligo di avere un contratto di lavoro per poter entrare in Italia.
I matrimoni misti sono circa 10.000, dei quali 7254 tra maschi italiani e donne straniere; 2621 tra donne italiane e maschi stranieri. Il matrimonio misto esiste ogni 27 celebrati, mentre ogni 13 divorzi o separazioni con un rischio maggiore di fallimento rispetto a quanto avviene per gli italiani. Per questo la gerarchia ecclesiastica cerca di scoraggiare questi tipi di matrimonio dato che le statistiche dimostrano questo rischio molto elevato, a causa delle differenze religiose, culturali e sociali.
Il pregiudizio è la predisposizione che esiste in ciascuno di noi, nel senso che ci sentiamo molto più a nostro agio in compagnia delle persone del nostro gruppo, in quanto se ne condividono le abitudini, gli interessi, il linguaggio, la cultura. Gli altri sono degli estranei e lo sconosciuto sembra sempre esercitare una vaga minaccia. Ogni pregiudizio è rigido ed è un solido sostegno per certi individui deboli, frustrati, incerti su se stessi. Quanto più il pregiudizio è primitivo, schematico, tanto maggiore diventa la sua sicurezza. Questi individui provano un’inebriante sensazione di essere alla pari di tutti quelli che lo condividono. I pregiudizi in un mondo moderno non dovrebbero esistere se no il detto “LA LEGGE E’ UGUALE PER TUTTI” non avrebbe alcun significato.
Il razzismo
Il razzismo è una teoria che attribuisce la superiorità o l’inferiorità di un gruppo etnico o razziale, conferendo così ad alcuni il diritto di dominare o di eliminare gli altri che per loro sono inferiori. Per ciò che riguarda la tutela contro il razzismo, si deve tener presente che il rispetto, la difesa delle proprie tradizioni e l’affermazione della propria identità non sono sufficienti per sospettare un gruppo di razzismo, di xenofobia e di discriminazione razziale. Sarebbe come accusare di razzismo tutte le minoranze che difendono con orgoglio la propria diversità.
La questione è molto delicata, perché può essere anche strumentalizzata per scopi che ben poco hanno a che vedere con la difesa dei diritti umani. Allo stesso modo, molti si dichiarano decisamente antirazzisti, ma in realtà nutrono sentimenti quanto meno ambigui.
Non c’è razzismo dottrinario, ma esiste il razzismo come pratica quotidiana, discriminazione sistematica, sfruttamento del clandestino. Questo razzismo, implicito o indiretto, si giustifica a cuor leggero criminalizzando tutti i diversi. Naturalmente, purchè non siano ricchi…
Non bisogna tuttavia cadere nell’errore che porta al “razzismo alla rovescia”, per cui la malavita nel nome dell’accoglienza venga legittimata a esistere e gli onesti siano costretti ad andare in esilio o a espatriare.
Citato del saggio “Oltre il razzismo”, di Franco Ferrarotti (Armando Editore). Queste sono parole su cui dobbiamo riflettere, se vogliamo capire gli atteggiamenti di fronte all’immigrazione.
La questione non è dunque solo economica, ma psicologica, morale e culturale.
Gli immigrati vogliono inserirsi nella nuova struttura sociale, ma non per questo debbono rinunciare alla loro identità, a quell’insieme di valori dalla lingua alla religione, che sono fondamentali per l’autocollocazione sociale e l’equilibrio psicologico di ogni essere umano. Gli immigrati non sono sudditi; sono esseri umani in senso pieno, cui andranno riconosciuti i diritti fondamentali della cittadinanza, della partecipazione personale diretta attraverso il voto alle decisioni politiche e sindacali, alla scuola, alle pratiche religioso.
Stereotipo è qualsiasi opinione rigidamente generalizzata, non acquisita sulla base di un’esperienza diretta e che prescinde dalla valutazione dei singoli casi, su persone o gruppi sociali.
Come si formano gli stereotipi? Derivano da ciò che si legge, si sente, si guarda, da esperienze personali dirette o indirette.
Migliaia di lavoratori stranieri che lavorano regolarmente e che si fanno i fatti loro non interessano agli altri. Ai mezzi di informazione invece interessano i pochi che delinquono. Da questa cosa nasce lo stereotipo in cui l’extracomunitario è uguale ai malviventi. La stessa cosa succede anche con gli italiani che vivono al estero. Lo stereotipo può essere di due tipi: negativo e positivo.
Quello negativo vede l’extracomunitario come un ignorante, allergico al lavoro, che vive in espedienti, avversario alla nostra cultura. Questo tipo di stereotipo si basa soltanto sulle condizioni economiche mentre lo stereotipo positivo riguarda una persona in difficoltà sola e povera con problemi di inserimento, che ha bisogno di guadagnare e che è disposta a fare qualsiasi lavoro pur di farsi accettare e di mandare qualche soldo a casa. Chi osserva questa persona vede una persona che cerca assistenzialismo che vuole solo soldi e che è disposto a fare qualsiasi cosa, quindi è portato a vivere di espedienti, facile preda di suggerimenti malavitosi.
Fonti biliografiche:
Pregiudizi e rispetto – CBI Edizioni
Ricerche in Internet
Informationen zur politischen Bildung
Fonte: http://www.bdp.it/intercultura/multicultura/documenti/glossario-intercultura.doc
Sito web da visitare: http://www.bdp.it/
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