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LA GRAMMATICA
- una scienza unitaria che studia la lingua nella sua globalità perche il testo - messaggio in cui la lingua si manifesta è globale, compatto e indivisibile.
Tuttavia per analizzare da vicino la struttura della lingua e opportuno ripartire il discorso e procedere per successivi livelli di analisi. Pertanto esistono le seguenti parti della grammatica:
LA FONOLOGIA che studia i fonemi cioè i suoni della lingua dal punto di vista della loro funzione e del loro organizzarsi in parole;
LA MORFOLOGIA che studia le parole occupandosi delle diverse forme che esse assumono nell'ambito di una frase a seconda del loro significato e a seconda della funzione che svolgono nella frase stessa;
LA SINTASSI che studia i rapporti secondo cui le parole si combinano a formare le proposizioni e le proposizioni formano i periodi;
LA LESSICOLOGIA che studia l'origine e la forma delle parole, in ordine al loro significato;
LA SEMANTICA - parte della linguistica che studia il significato delle parole.
Ogni lingua, come un fatto orale, è costituita da suoni o fonemi prodotti dall'apparato fonatorio. I suoni sono poi rappresentati con simboli grafici, detti lettere o grafemi che costituiscono l'alfabeto.
I suoni di una lingua vengono prodotti dall'aria emessa dai polmoni che, passando attraverso la laringe per uscire dalla bocca, incontra molti ostacoli che la modulano. Alla produzione dei suoni contribuiscono molti organi che vengono stimolati e coordinati dal nostro cervello (da una particolare area celebreale). Tutti questi organi costituiscono l'apparato fonatorio (polmoni, le corde vocali, il velo palatino («palato molle») con l'ugola, il palato, la lingua, gli alveoli, i denti, le labbra e la cavità nasale.
I suoni che l'uomo può articolare mediante gli organi fonatori sono molto numerosi, circa un centinaio. Ma una lingua utilizza solo una trentina di questi suoni. I suoni articolati che vengono utilizzati in una lingua si chiamano fonemi e loro contribuiscono alla formazione dei morfemi, delle parole, delle frasi, periodi, testi.
La fonologia si interessa dei suoni distintivi di una lingua, di quei suoni al cui cambiamento corrisponde un cambiamento di significato.
Il fonema è qualcosa di diverso dal suono.
Il suono (che per convenzione viene scritto tra parentesi quadre) è qualsiasi suono articolato prodotto dagli organi fonatori, il prodotto della fonazione studiato nel suo aspetto fisico e fisologico: ad esempio il suono [p] e un'occlusiva bilabiale sorda (fonetica).
Il fonema (che per convenzione viene trascritto tra due barrette oblique /p/) è un suono che si individua come tale per alcune caratteristiche particolari, o «tratti distintivi» che lo oppongono ad altri fonemi della lingua. Esso si riconosce solo in opposizione ad altri fonemi attraverso i suoi «tratti distintivi». Cosi /p/ è un fonema in quanto basta da solo ad individuare la parola pane come diversa dalle parole cane e rane le quali iniziano con i fonemi /k/ e /r/ (fonologia).
3. La trascrizione dei fonemi: l'alfabeto e l'alfabeto fonetico
I fonemi si percipiscono soltanto con l'udito ma essi possono essere anche visualizzati e sono stati trascritti in simboli grafici che si chiamano lettere o grafemi che nel loro insieme costituiscono il cosidetto alfabeto.
L'alfabeto italiano deriva da quello latino che a sua volta deriva da quello greco ed è costituto da 21 lettere che possono essere scritte con caratteri minuscoli o maiuscoli.
A B C D E F G H I L M
a bi ci di e effe gi acca i elle emme
N O P Q R S T U V Z
enne o pi qu erre esse ti u vu zeta
A questi 21 segni vanno aggiunti altri 5 segni che servono per trascrivere alcuni suoni particolari o per trascrivere suoni da parole straniere:
J K W X Y
i lunga cappa doppia vu iks ipsilon o i greca
L'alfabeto italiano pero è un sistema di scrittura imperfetto perché non riesce a realizzare una perfetta corrispondenza tra fonemi e grafemi: non è possibile rappresentare ogni suono da un solo segno.
I FONEMI DELL'ITALIANO (30)
I fonemi della lingua italiana si distinguono in due gruppi: le vocali e le consonanti.
Le vocali sono i fonemi piu semplici: per pronuncare basta far uscire l'aria dalla bocca senza frapporre alcun ostacolo al suo passaggio. La lingua italiana possiede 7 fonemi vocalici:
a, e aperta, e chiusa, i, o aperta, o chiusa, u
ma solo 5 segni per rappresentarli graficamente.
Le vocali italiane sono orali e sonore.
La distinzione tra la pronuncia aperta o chiusa delle vocali e e o toniche è essenzialmente un fatto di proprietà espressiva. In genere solo i toscani (in particolare i fiorentini) che la sentono istintivamente e coloro che lo imparano (ad esempio gli attori) la rispettano. La maggior parte degli italiani non fa distinzione tra vocali chiuse e aperte riducendo le vocali da 7 a 5.
Ma la distinzione deve essere conservata e rispettata nel caso di omografi, cioè di quelle parole che si scrivono in modo identico ma hanno significato diverso.
Il contesto può aiutare a distinguere l'esatto significato dei vari omografi. Il dizionario li registra tutti distinguendoli l'uno dall'altro attraverso l'accento.
vènti (plurale di vento) vénti (numerale)
affètto (amore) affétto (da affettare)
Le consonanti vengono articolate con il canale vocale chiuso, tutto o in parte. La varietà delle consonanti è il risultato di tre diversi fattori che insieme determinano i tratti distintivi di ogni consonante cioè le caratteristiche particolari che permettono di distinguere una consonante dall'altra:
Secondo il luogo di articolazione le consonanti si distinguono in bilabiali, labiodentali, dentali, alveolari, prepalatali, palatali e velari.
Secondo il modo d'articolazione le consonanti si distinguono in occlusive, continue e semiocclusive.
Secondo il movimento del velo palatino le consonanti possono essere orali o nasali (m,n...)
Le consonanti quando si trovano in posizione intervocalica, possono realizzarsi come tenui (o brevi) oppure come intense (o lunghe o doppie):
caro carro
camino cammino
Le lettere c e g rapppresentano due suoni:
c + a,o,u = /ka/, /ko/, /ku/
g + a,o,u = /ga/, /go/, /gu/
un suono dolce o palatale /c/ e /G/ davanti alle vocali palatali e, i:
c + e, i = /ce/ /ci/ cena, cinema
g + e, i = /Ge/ /Gi/ gelato, giro
Per indicare che una c o g sono velari anche se seguite da e, i si inserisce una h:
ch+i,e = /ki/, /ke/ pochi, chitarra
gh+i,e = /gi/, /ge/ luoghi, ghepardo
Per indicare che una c o g sono palatali anche se seguite da a, o, u si inserisce una i (che non si pronuncia – la i diacritica):
ci + a,o, u = /ca/ /co/ /cu/ caccia, bacio, ciurma
gi + a, o, u = /Ga/ /Go/ /Gu/ giallo, giocare, giuria
In alcune parole, la vocale i dopo la c appare anche davanti alla vocale e
La i davanti alla e si conserva, per motivi etimologici, anche dopo la g nelle parole effigie e igiene.
I due suoni di s e z
Le lettere s e z rappresentano due suoni, uno sordo (seta, danza) e uno sonoro (rosa, zeta).
La s sorda (seta) /s/
La s sonora (rosa) /z/
La z sorda (danza) /q/
La z sonora (zero) /Q/
La consonante h
- non rappresenta nessun suono, è una lettera muta – segno diacritico. Essa si usa:
La consonante q
DIGRAMMA – due lettere che rappresentano un solo suono
In italiano ci sono sette digrammi:
ci (+a,o,u) gi (+a,o,u) ch (+e,i) gh (+e,i) gl (+i) gn sc (+e,i)
/c/ /G/ /k/ /g/ /L/ /N/ /S/
ciao gioia chitarra laghi figli ogni scimmia
gl + i : egli, figli, degli (digramma)
gli +a, o, u, e figlia, moglie, aglio → TRIGRAMMA
(gruppo di tre lettere = un fonema)
gn + vocale : degno, legna, compagnia
sc + e, i: scena, scivolo (digramma)
sci + a, o, u; sciarpa, sciocco, asciugare → TRIGRAMMA
Eccezione: sci + e nella parola scienza e sciente e nei loro derivati: coscienza, scienziato, cosciente...
Le lettere straniere
j (i lunga) – un tempo era usata per indicare la i semiconsonantica (jeri) o la doppia i delle desinenze plurali (vizj). Oggi si conserva nei rari nomi propri: Jugoslavia, Jolanda.
Si usa come consonante nelle parole inglesi per trascrivere una g palatale : jazz, jet, jungla (anche giungla)
k (kappa) poker, folk
w (doppia vu) – nelle parole di origine tedesca si pronuncia come /v/ italiana wurstel, nelle parole di origine inglese come /u/ italiana whisky
x (iks) – si pronuncia come /ks/ xenofobia, taxi
y (ipsilon) – si pronuncia come la vocale /i/ italiana: boy, derby, yogurt.
LE SEMICONSONANTI E I DITTONGHI
Semiconsonanti – il canale vocale si stringe più che per le vocali chiuse = suono intermedio tra quello delle vocali e quello delle consonanti.
L'italiano possiede la semiconsonante palatale /j/ detta jod, e la semiconsonante velare o labiovelare /w/, detta uau.
Le semiconsonanti compaiono esclusivamente nei dittonghi – unità formate da una i o da una u senza accento e da una vocale con o senza accento:
i,u (senza accento) + altra vocale = dittongo
SEMICONSONANTE |
DITTONGO |
ESEMPIO |
/j/ |
ia |
piano |
/w/ |
ua |
guardo |
Dittonghi ascendenti – ia, ie, io, iu, ua, ue, uo, ui (la semiconsonante precede la vocale)
Dittonghi discendenti –dai, sei, poi, pneumatico (la vocale precede la semivocale).
Trittongo – unione della i, della u (atone) e qualsiasi altra vocale, generalmente accentata:
suoi, guai, aiuole
IATO – si ha quando due vocali, pur essendo vicine, non formano dittongo (iato – lat. apertura, distacco). C'è iato, per esempio:
I dittonghi mobili sono due uò e iè e si chiamano cosi perché perdono le semiconsonanti -u e -i quando l'accento si sposta su un'altra sillaba.
uò |
o |
|
iè |
e |
muòvere |
movimènto |
|
piède |
pedèstre |
suòno |
sonòro |
|
liève |
levità |
scuòla |
scolàro |
|
piètra |
petròso |
buòno |
bontà |
|
Sièna |
senèse |
muòre |
morte |
|
siède |
sedèvano |
Nell'italiano c'è la tendenza a conservare i dittonghi -uo e –ie:
La sillaba |
La sillaba è la più piccola combinazione di suoni (o fonemi) in cui può essere scomposta una parola. Essa si pronuncia con un'unica emissione di voce.
Una sillaba può essere composta :
Sillabe con dittonghi e trittonghi. Lo iato
Quando una a, una e oppure una o (dette vocali "forti") si incontrano con una i o una u (dette vocali "deboli"), si crea un dittongo. Anche l'incontro di due vocali "deboli" genera un dittongo .
Nel dittongo le vocali non devono essere mai divise tra due sillabe:
a-ria, spe-cie, uo-vo, au-to, fiu-me, fiu-to
Come nel dittongo, anche nel trittongo le vocali che lo costituiscono non possono essere mai separate:
a-iuo-la
Nello iato le vocali fanno parte di sillabe differenti:
zì-o, pa-ù-ra, ma-e-stra, po-e-ta
Come dividere le parole in sillabe
a-mi-che-vol-men-te
o-ra-rio, au-gu-rio
mie-le, a-iuo-la
co-ro-na, piu-ma,
ap-pal-lot-to-la-re,
ac-qua
Essi sono:
gl + i: e-gli
gn + vocale: gno-mo
sc + le vocali e, i : sce-na, sci-vo-lo
ch + le vocali e, i: chi-mi-co, o-che
gh + le vocali e, i: ru-ghe, a-ghi
ci e gi + le vocali a, o, u: ca-mi-cia, mi-cio, gio-va-ne, giu-sto
gli + vocale: a-glio, mo-glie
sci + vocale: li-scio, a-sciu-ga-re
re-cla-mo, a-pri-re, a-stra-le re-cri-mi-na-re, pro-ble-ma
cor-to, tec-ni-co, al-to, om-bra, in-fran-ge-re
a-stro, ri-spon-de-re, di-sprez-zo
chi-un-que, ri-e-du-ca-re
dis-a-bi-ta-to / di-sa-bi-ta-to,
tras-por-ta-re / tra-spor-ta-re,
mal-in-ten-zio-na-to / ma-lin-ten-zio-na-to
Oggi, però, si tende a seguire le regole generali e prevale la seconda delle possibilità.
In fin di riga. Apostrofo: sì o no?
Fino a qualche tempo fa, la regola impediva di lasciare l'apostrofo alla fine di una riga.
Se avessimo dovuto scrivere, ad esempio, la frase: "Per caso ho incontrato quell'uomo" e fosse stato necessario andare a capo dopo la parola quell', secondo la regola sarebbe stato corretto aggiungere alla parola la vocale mancante "o":
quello
uomo
oppure andare a capo dopo la prima sillaba:
quel-
l'uomo
Quest'ultima soluzione è tuttora considerata corretta.
La prima soluzione, al contrario, è oggi da evitare. Anzi, da molti è considerato un vero e proprio errore aggiungere la vocale mancante in parole che nel testo originale, per effetto dell'elisione, sono scritte con l'apostrofo.
Nella stampa di libri e di giornali è sempre più frequente incontrare esempi di parole con l'apostrofo in fin di riga. Le grammatiche più moderne registrano questa tendenza e ne ammettono la legittimità:
quell'
uomo
Nella scrittura si usano normalmente le lettere minuscole. Le maiuscole si usano all'inizio di parola:
Infine ci sono le maiuscole reverenziali nelle lettere: Nel ringraziarLa, porgo a Lei e alla Sia Signora distinti saluti. Oggi questo uso è meno frequente, continua ad essere comune nelle lettere commerciali: in risposta alla spettabile Vostra del 10 u.s., Vi comunichiamo che...
L'obbligo della maiuscola è di norma limitato all'inizio di un testo (dopo un segno di interpunzione forte e all'inizio di discorso diretto) e ai nomi propri o considerati come tali.
Negli altri casi l'uso della minuscola è oscillante e la tendenza della lingue è quella di sostiturla con la minuscola che di fatto ormai tende a prevalere. Spesso, l'uso della maiuscola è il frutto di una scelta stilistica, retorica o ideologica.
L'ARTICOLO
Funzioni:
1) individua il significato quando esso varia a seconda del genere
il boa (serpente) / la boa (galleggiante)
2) dà al nome senso preciso o senso generico – opposizione «noto»/»nuovo»
Ho chiamato il medico/un medico.
3) opposizione classe/ membro
L'aereo è un mezzo di trasporto veloce e sicuro. L'aereo è atterrato in orario.
L'ARTICOLO DETERMINATIVO
L'ARTICOLO DETERMINATIVO |
||
|
maschile |
femminile |
singolare |
il, lo, l' |
la, l' |
plurale |
i, gli |
le |
Si usa:
Può assumere la funzione e il valore:
il, i – con i nomi maschili che cominciano per consonante (tranne s impura -preconsonantica, z, y, x, i gruppi pn, ps e i digrammi gn, sc, la semiconsonante i/j/)
il cane i cani
lo (l'), gli - con i nomi maschili che cominciano
Eccezioni: per lo più, per lo meno, gli dei
la (l'), le - con tutti i nomi femminili
la ragazza, le ragazze; la spada, le spade
La si elide in l' davanti a parole che cominciano per vocale, ma non davanti alle semivocali i e j: l'amica, l'eredità, l'isola;
ma: la ionosfera, la Jugoslavia
L'ARTICOLO INDETERMINATIVO
- indica una cosa generica, indefinita che si considera come non ancora nota
Funzioni:
L'ARTICOLO INDETERMINATIVO |
||
|
maschile |
femminile |
singolare |
un, uno |
una, un' |
un – con i nomi maschili singolari quando la parola che segue inizia con una vocale o con una consonante diversa da x, y, z, s impura, gruppi pn, ps, digrammi gn, sc, semivocale i e j: un allievo, un cane, un ottimo strumento
uno – davani ai nomi maschili con cominciano con x, y, z, s impura, gruppi pn, ps, digrammi gn, sc, semivocale i, j.
uno sceicco, ono pneumatico, uno zio, uno iato, uno Jugoslavo.
una- davanti ai nomi femminili elidendosi in un' davanti a vocale (ma non davanti alla i semiconsonante) una casa, una giacca, una iena
un'anima, un'isola, un'ombra, un'unghia, un'elica
L'articolo indeterminativo non ha plurale: ci sono le forme del partitivo dei, degli, delle o gli aggettivi indefiniti qualche, alcuni, alcune.
Un'altra possibilità – plurale senza nessuna indicazione: Ho ancora dubbi.
L'ARTICOLO PARTITIVO |
||
|
Maschile |
femminile |
singolare |
del, dello (dell') |
della (dell') |
plurale |
dei, degli |
delle |
al singolare l'articolo partitivo significa «un po', alquanto»
dammi dell'acqua; compra del pane, hai dello zucchero da darmi?
al plurale sostituisce l'inesistente plurale dell'articolo indeterminativo ed equivale a «qualche» o «alcuni, alcune»
sento dei rumori, abbiamo degli ospiti, ci sono delle novità
Lo richiedono invece:
I cognomi e nomi propri vogliono AD o AI quando sono usati con valore di nomi comuni (Si crede un Picasso) o quando sono usati per indicare un'opera di un determinato artista o scrittore: Hai visto i Rembrant del Museo reale all'Aia?
tra i nomi geografici vogliono l'articolo
tra i nomi geografici, rifiutano l'articolo:
LE PREPOSIZIONI ARTICOLATE
di, a, da, in, su + articolo determinativo
PREPOSIZIONI SEMPLICI |
ARTICOLI |
||||||
il |
lo |
la |
l' |
i |
gli |
le |
|
di |
del |
dello |
della |
dell' |
dei |
degli |
delle |
a |
al |
allo |
alla |
all' |
ai |
agli |
alle |
da |
dal |
dallo |
dalla |
dall' |
dai |
dagli |
dalle |
in |
nel |
nello |
nella |
nell' |
nei |
negli |
nelle |
su |
sul |
sullo |
sulla |
sull' |
sui |
sugli |
sulle |
Con le preposizioni con e per le forme articolate non sono più in uso (solo col nel linguaggio parlato).
IL NOME O SOSTANTIVO
Alberto, un mio amico di Roma, correndo in moto a forte velocità, ha fatto una brutta caduta e si è slogato un polso.
Il numero dei nomi è praticamente illimitato (i nomi seguono più da vicino l'evoluzione della lingua: nascono, mutano significato, tramontano, muoiono).
I nomi si dividono in base a significato, aspetto morfologico e forma:
concreti
astratti
significato comuni
propri
collettivi
individuali
_____________________________
maschili
femminili
aspetto morfologico
singolari
plurali
_____________________________
primitivi
derivati
forma alterati (diminutivi, accrescitivi, vezzeggiativi, dispregiativi)
composti
Dal punto di vista semantico i nomi si dividono in: nomi concreti e nomi astratti, nomi propri e nomi comuni, nomi individuali e nomi collettivi. Ogni nome, come è ovvio, può appartenere a più categorie semantiche: può essere un nome comune e concreto, un nome proprio e concreto e simili.
I nomi concreti designano esseri, oggeti o fenomeni che appartengono al mondo esterno e sono percettibili con i sensi o si immagina che esistano e appartengano a questo mondo anche se non sono percettibili con i sensi: bambino, leone, casa, medico, Pierino, abete, sedia, pioggia, Tevere.
I nomi astratti invece designano entità non percettibili con i sensi ma raffigurabili soltanto a livello mentale, come sentimenti, stati d'animo, concetti, qualità morali, proprietà di essere o di cose e anche semplici azioni:
Nella pratica la distinzione fra nomi concreti e nomi astratti è molto meno semplice di come potrebbe apparire a prima vista: malattia – nome concreto: condizione fisica ben precisa e percettibile vs. nome astratto – concetto astratto: infatti è la «persona malata» che ha un preciso riscontro nella realtà sensibile.
Angelo – un essere ben definito, può essere anche raffigurato graficamente, ma la sua esistenza non è certo percettibile attraverso i sensi. Secondo questa definizione angelo sarebbe nome conreto come Giove, Dio, fantasma, ma secondo altri studiosi sarebbe nome astratto.
- partenza, corsa, salto, lettura indicano al tempo stesso un concetto astratto e un'azione percettibile con i sensi, anche se priva di consistenza materiale (alcuni studiosi alle due classi tradizionali aggiungono una terza: nomi indicanti azione)
bellezza - Tutti amano la bellezza / Laura è una bellezza
succo - succo di frutta / il succo della facenda
I nomi comuni indicano persone o cose in senso generico, designandoli come individui o elementi qualsiasi di una medesima specie, categoria o classe:
I nomi propri indicano un solo individuo particolare di una specie o di una categoria in modo tale da distinguerlo da tutti gli altri della medesima specie o categoria:
La differenza tra nomi propri e comuni è evidente nei gruppi nominali: la zia Maria, il fiume Adige, il dottor Rossi.
I nomi che indicano gli abitanti di una nazione sono considerati i nomi propri anche se non designano un individuo determinato, ma categorie di individui.
Sul piano grammaticale e sintattico:
I nomi individuali designano una singola entità – essere vivente, oggetto o concetto – indicandola con il suo nome proprio oppure con il nome comune:
Ovviamente, essi possono indicare più individui, ma solo al plurale.
I nomi collettivi sono nomi che, pur essendo di numero singolare, indicano una pluralità di persone, di animali o di cose sia numericamente indeterminata:
gente, popolo, folla, squadra, gregge, sciame, fogliame, vasellame
sia numericamente determinata:
coppia, paio, dozzina, centinaio
Al plurale, i nomi collettivi indicano due o più gruppi: popoli, greggi, sciami.
Concordanza con il predicato:
in funzione di soggeto = verbo al singolare: La folla aspettava l'oratore
accompagnato da una specificazione che indica «di chi» o «di che cosa» = verbo sia al singolare che al plurale (Una parte degli abitanti ha lasciato / hanno lasciato il paese).
Dal punto di vista della forma, il nome ha una caratteristica fondamentale che lo individua e lo distingue dal verbo: di solito ha forme diverse per esprimere il genere (maschile/femminile) e il numero (singolare, plurale). Il verbo varia nel tempo, modo, persona
Ogni nome è formato da due parti, ciascuna delle quali è fornita da un significato. La prima parte, che si chiama morfema lessicale o radice contiene il significato di base del nome; la seconda parte che si chiama morfema grammaticale o desinenza, contiene le indicazioni grammaticali: il genere e il numero.
gatto
gatt-o
radice + desinenza
mamifero dei felini, quadrupede + maschile, uno solo
Ogni desinenza combina insieme due tipi di informazioni: quella relativa al numero e quella relativa al genere.
la declinazione (o flessione) - l'insieme delle desinenze che si possono aggiungere a un nome
Alcuni nomo sono declinabili solo quanto al numero del nome: il preside/la preside, i presidi, le presidi.
Altri sono indeclinabili: il cinema, i cinema
2.1. Il genere del nome: maschile e femminile
Il genere del nome è un fatto importante perché dal genere del nome dipendono le concordanze degli aggettivi che si riferiscono al nome.
Non bisogna confondere il genere naturale con il genere grammaticale che è un genere formale. Il genere naturale conicide con il sesso.
Il genere grammaticale coincide con il genere naturale con i nomi che indicano esseri animati (padre, sarto, lupo, gatto – madre, sarta, lupa, gatta)
Eccezioni:
la spia, la guardia, la guida, la recluta, la sentinella – con questi nomi aggettivi e participi pasati devono essere accordati al femminile, perché quello che conta è il genere grammaticale del nome: La sentinella è stata molto scrupolosa.
il soprano, il mezzosoprano, il contralto – indicano donne: Luisa Verdi è una famoso soprano.
Per i nomi di cosa, cioè per i nomi che indicano oggetti, concetti astratti o azioni, la distinzione tra genere maschile e genere femminile è del tutto arbitraria – il genere è fissato dall'uso e dalla consuetudine linguistica. GG ha importanza solo ai fini della grammatica, cioè ai fini della concordanza di eventuali articoli, aggettivi o participi passati riferiti al nome.
Due elementi possono aiutare a individuare il genere di un nome: la desinenza e il significato.
In rapporto alla desinenza sono maschili:
Sono, invece, femminili:
I nomi con la desinenza in -e possono essere tanto di genere maschile quanto di genere femminile: il mare, il dente, il piede, un ente, la nave, la neve.
In rapporto al significato sono maschili:
Sono invece femminili:
Alternanza di genere e significato (falsi mobili)
Alcuni nomi di cose presentano due desinenze diverse, una per il maschile (-o) e una per il femminile (-a). Sono nomi diversi che al maschile hanno un significato e al femminile ne hanno un altro. Per esempio:
il buco (foro) – la buca (fossa) il busto – la busta
il regolo – la regola il caso – la casa
il pianto – la pianta il gambo – la gamba
il baleno - la balena il cero - la cera
il porto – la porta il corso – la corsa
il tappo – la tappa il banco – la banca
il manico – la manica il palmo – la palma
il palo – la pala il panno – la panna
il pezzo – la pezza lo spillo –la spilla
il suolo – la suola
Ci sono poi alcuni nomi di cose che sono identici nella forma, ma che hanno un significato completamente diverso a seconda che siano preceduti da un articolo maschile o femminile. Per esempio:
il capitale – la capitale il boa – la boa
il fine – la fine il pianeta – la pianeta
il fronte – la fronte
il lama – la lama
Genere dei nomi di professione: il presidente, la presidente o la presidentessa:
Alcuni nomi di professione in –essa, e in –trice sono di uso comune: dottoressa, poetessa, professoressa, studentessa; ambasciatrice, attrice, levatrice, scritrice, ricamatrice etc.
maschile |
femminile |
maschile |
femminile |
il pilota |
la pilota |
l'architetto |
l'architetta |
l'assessore |
l'assessora |
l'avvocato |
l'avvocata |
il dottore |
la dottoressa |
il bagnino |
la bagnina |
il professore |
la professoressa |
il chirurgo |
la chirurga |
il questore |
la questora |
il deputato |
la deputata |
il cancelliere |
la cancelliera |
il magistrato |
la magistrata |
l'ingegnere |
l'ingegnera |
il ministro |
la ministra |
il finanziere |
la finanziera |
il notaio |
la notaia |
l'usciere |
l'usciera |
il poliziotto |
la poliziotta |
il giudice |
la giudice |
il sindaco |
la sindaca |
il presidente |
la presidente |
il soldato |
la soldatessa |
lo studente |
la studentessa |
il vigile |
la vigile |
il presidente |
la presidente |
il preside |
la preside |
il senatore |
la senatrice |
l'ispettore |
l'ispettrice |
il consigliere comunale |
la consigliera comunale |
il direttore |
la direttrice |
il colonello |
la colonella |
l'ambasciatore |
l'ambasciatrice |
l'amminstratore delegato |
l'amministratrice delegata |
|
|
IL NUMERO DEL NOME: SINGOLARE E PLURALE
Formazione del plurale
CLASSE |
SINGOLARE |
PLURALE |
1a |
nomi -a |
maschile in –i |
2 a |
nomi in -o |
maschile e femminile in –i |
3 a |
nomi in -e |
maschile e femminile in –i |
1a CLASSE – NOMI IN -a
il problema / i problemi
il poeta / i poeti
la rosa / le rose Ecc. l'ala – le ali
la casa / le case l'arma – le armi
I nomi in –ca e –ga conservano il suono velare (duro) della c e della g.
Maschili:
-chi, -ghi
il duca – i duchi la piega – le pieghe
il collega – i colleghi l'alga – le alghe
ma: Il Belga – I Belgi
I nomi femminili in -cia e -gia con i tonica, cioè accentata, formano il plurale regolarmente in -cie e -gie conservando la i:
la farmacia – le farmacie
la bugia – le bugie
I nomi femminili in –cia e –gia con i atona (cioè non accentata) conservano la i se le consonanti c e g sono precedute dalla vocale: → la i diacritica
la camicie / le camicie
la ciliegia / le ciliegie
la valigia / le valigie
formano il plurale in –ce e –ge se le consonanti c e g sono precedute da consonante:
la buccia / le bucce la doccia – le docce
la mancia / le mance la pioggia – le piogge
la provincia – le province
I nomi femminili in –scia fanno il plurale in –sce
la fascia / le fasce la striscia – le strisce
la biscia – le bisce
alcuni nomi maschili in –a sono invariabili presentano una forma uguale per il singolare
il boa i boa il delta – i delta
il cinema i cinema il vaglia – i vaglia
il gorilla / i gorilla
2a CLASSE – NOMI IN –o
il tavolo / i tavoli la mano / le mani
il banco – i banchi l'albergo –gli alberghi
il sindaco – i sindaci l'asparago – gli asparagi
l'archeologo – gli archeologi il medico – i medici
Eccezioni: antropòfago, esòfago, fàrmaco, stòmaco, sarcòfago
Nomi in –logo
se si riferiscono a persone -logi (glottologi, psicologi, sociologi, teologi)
se si riferiscono a cose -loghi (dialoghi, prologhi)
- fago antropofagi sarcofaghi
lo zio – gli zii, il pendio – i pendii
3a CLASSE – NOMI IN –e
il padre – i padri
la nave – le navi
il bue – i buoi
ecc. l'effigie, le effigi, la superficie – le superfici, la moglie- le mogli
Solo al plurale:
Solo al singolare:
I NOMI SOVRABBONDANTI – hanno due forme per il plurale, maschile e femminile di solito con significati diversi:
il braccio il fuso
il budello il grido, il gesto
il calcagno il labro
il cervello il lenzuolo
il ciglio il membro
il corno il muro
il cuoio l'osso
il dito l'urlo
il filo
il fondamento
Dal punto di vista della loro forma, o meglio, in rapporto al modo in cui sono formati come parole, i nomi possono essere:
I NOMI PRIMITIVI – quando non derivano da nessun'altra parola della lingua di cui fanno parte: fiore, uomo, cane, pagina
Nomi primitivi =
morfema lessicale (radice) + morfema grammaticale (desinenza)
Essi sono il punto di partenza per la formazione di derivati, alterati e composti.
I NOMI DERIVATI – nomi che si sono formati dalla radice di altri nomi:
fiorista, fioraio, fioreria, fioritura
radice + affisso (suffisso o prefisso) fior –ista
I NOMI ALTERATI – nomi che mediante appositi suffissi «alterano» cioè modificano lievemente il loro significato che assume particolari sfumature qualitative.
A seconda dei suffissi che li modificano e quindi, dalla sfumatura qualitativa, si dividono in diminutivi, vezzeggiativi, accrescitivi, peggiorativi
NOMI |
SUFFISSI |
ESEMPI |
nomi diminutivi |
-ino |
tavolino |
nomi vezzeggiativi |
-uccio |
cavalluccio |
nomi accrescitivi (indicano grandezza) |
-one |
librone |
nomi peggiorativi |
-accio |
libraccio |
- one: una donna – un donnone; una bottiglia – un bottiglione, anche una tigre – un tigrotto (due forme in –one: una medagliona, un medaglione)
I NOMI COMPOSTI sono nomi formati dall'unione di due o più parole: pescespada, portalettere, aspirapolvere
NOME + AGGETTIVO
la cassaforte – le casseforti la terracotta – le terrecotte
Ma: il camposanto – i camposanti, il palcoscenico – i palcoscenici, il pianoforte - i pianoforti, il pellerossa – i pellerossa, i pellirosse
(maschile) il bassorilievo - i bassorilievi
il gentiluomo – i gentiluomini - cambia il nome
* l'altopiano – gli altopiani/altipiani
il bassofondo – i bassofondi/bassifondi
composti con sangue – invariati al plurale: il purosangue, il mezzosangue
(femminile) la malalingua – le malelingue
la mezza luna – le mezzelune – ambo elementi desinenza plurale
* la mezzanotte – le mezzanotti/ le mezzenotti
la piattaforma – le piattaforme
AGGETTIVO + AGGETTIVO
- cambia solo la desinenza del secondo elemento: il sordomuto – i sordomuti
VERBO + NOME
passa + porto = il passaporto
Se il nome è singolare maschile , in plurale cambia: il parafango – i parafanghi
Se il nome è femminile, in plurale rimane invariato: l'aspirapolvere – gli aspirapolvere
Se il nome è plurale, il nome composto rimane invariato: il portaombrelli, il mangianastri
dormi+veglia = il dormiveglia, il pigiapigia
I nomi composti rimangono invariati
VERBO + AVVERBIO
posa + piano = il posapiano
- NC invariati
sopra + nome = il soprannome
Se il nome è maschile, il nome composto cambia la desinenza:
il contrattacco/i contrattacchi
il sottopassaggio/ i sottopassaggi
* il fuoricorso e il senzatetto rimangono invariati.
Se il nome è femminile, il nome composto rimane invariato:
il doposcola – i doposcuola
il retroterra – i retroterra
* la sottoveste fa le sottovesti e composti con sopra: la soprattassa – le soprattasse
AVVERBIO + AGGETTIVO: sempre + verde = il sempreverde – i sempreverdi
AVVERBIO + VERBO: bene + stare = il benestare – invariati al plurale
NOME + PREPOSIZIONE + NOME: fico + di + India = il ficodindia
il ficodindia-i fichidindia
il pomodoro – i pomidoro, i pomodori, i pomidori
Nel caso di incertezza è opportuno ricorrere al dizionario che registra il plurale di tutti i nomi composti.
PREPOSIZIONE
Caratteristiche e funzioni della preposizione
Le preposizioni sono parole invariabili che precedono un nome, un pronome o un verbo all'infinito e hanno la funzione di mettere in relazione tra loro due elementi di una frase:
Vado a casa di Maria.
o due o più frasi:
Vado a casa di Maria /per studiare (finale implicita)
L'insieme preposizione+nome (o pronome o verbo) dipende da un'altra parola o da un'intera frase:
a casa dipende da vado, di Maria dipende da casa, per studiare dipende dall'intera frase Vado a casa di Maria.
Solo il soggetto, il predicato e il complemento oggetto sono introdotti direttamente, senza le preposizioni (Maria lava i piatti).
Le preposizioni hanno una funzione subordinante e introducono tutti i complementi indiretti in una frase.
Le preposizioni statisticamente più frequenti sono di (può elidersi davanti ad altra vocale), a (si può avere ad, in particolarmente davanti ad a).
b) articolate: del, degli, dei, al, allo ecc.
indica un collegamento, un rapporto tra due elementi della frase.
La preposizione di introduce i seguenti complementi indiretti:
Il valore fondamentale della preposizione a è quello di «direzione».
La preposizione a introduce i seguenti complementi indiretti:
Il valore fondamentale della preposizione da è quello di provenienza.
La preposizione da introduce i seguenti complementi indiretti:
Il valore fondamentale della preposizione in è quello di «collocazione» nello spazio o nel tempo.
La preposizione in introduce i seguenti complementi indiretti:
Indica fondamentalmente «approssimazione» e «posizione superiore»
La preposizione «su» introduce i seguenti complementi indiretti:
Il valore fondamentale è quello di «unione o partecipazione».
La preposizione con introduce i seguenti complementi indiretti:
Il valore fondamentale della preposizione per è quello di «tramite».
La preposizione per introduce i seguenti complementi indiretti:
Le preposizioni tra e fra introducono i seguenti complementi indiretti:
Altre preposizioni
davanti, dietro, contro, dopo, prima, insieme, sopra, sotto, dentro, fuori, lungo, vicino, lontanto, salvo, secondo, durante, mediante, nonostante, escluso, eccetto, tranne ecc.
Queste si chiamano preposizioni improprie perché sono anche avverbi o aggettivi
L'ho rivisto dopo molto tempo (prep) / L'ho rivisto dopo (avv.)
Camminare lungo la riva (prep.) /Un lungo cammino (agg.)
Fonte: https://www.ffst.unist.hr/_download/repository/fonologia,_nome,_preposizione.doc
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