Uso dei pronomi allocutivi tu,voi e Lei

Uso dei pronomi allocutivi tu,voi e Lei

 

 

 

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Uso dei pronomi allocutivi tu,voi e Lei

Lo sviluppo delle forme allocutive dal latino fino all’italiano
Nella lingua latina esisté fino al terzo secolo dopo Cristo solo una forma allocutiva nel singolare – tu. Si usò con qualsiasi persona a cui uno si rivolgesse. Solo nel terzo o quarto secolo d.C. si cominciò ad usare verso l’imperatore il pronome della seconda persona plurale vos. Ci sono alcune teorie che spiegano i motivi che portarono all’introduzione del vos.
Brown e Gilman presentano nel saggio “The Pronouns of Power and Solidarity” la teoria dei due imperatori, uno a Costantinopoli e l’altro a Roma, che governarono l’Impero Romano Occidentale e quello Orientale. Le due parti dell’Impero Romano erano ufficialmente unite e quindi le parole indirizzate all’imperatore erano rivolte infatti a due persone (cfr. Brown e Gilman, 254).
Un’altra teoria dice che la pluralità dell’imperatore provenne dal suo ruolo rappresentativo dell’impero. L’imperatore si esprimeva “usando la prima persona del plurale[nos], indicando con ciò che non parlava esclusivamente a titolo personale, ma in nome di tutta la comunità che egli rappresentava” (Aira, 239). In conseguenza vos fu la semplice forma reciproca al pluralis majestatis nos.
Il sistema bipartito latino basato sull’asse tu/vos si mantenne e si usò in italiano ed altre lingue romanze anche nel medioevo. L’uso del pronome vos che si adoperava prima solo all’imperatore, fu allargato nei primi secoli anche ai pontefici a cui si dava il titolo Vostra Signoria (cfr. Migliorini, 187). Vos cambiò in tardo latino in voi e così si preservò anche in italiano. Con l’andare del tempo il voi di cortesia venne usato non solo nella cancelleria pontificia, ma anche con aristocrazia ed altre persone stimate. Questo uso di voi apparve tra l’altro nelle opere di Dante, Boccaccio e Petrarca.
“Nella Commedia Dante si rivolge di norma col tu ai personaggi con cui scambia battute di dialogo, riservando il voi a interlocutori particolarmente autorevoli.” (Serriani, “Domande ricorrenti”) Voi viene usato con Guido Cavalcanti (Inferno, X), Farinata degli Uberti (Inferno, X), Guido Guinizelli (Purgatorio, XI), papa Adriano V (Purgatorio, XIX) e Cacciaguida (Paradiso, XVI, 16-27).
Quando si rivolge a Beatrice, l’uso degli allocutivi varia:
Tacette allora, e poi comincia’ io:
-O donna di virtù, sola per cui
l’umana soezie eccede ogni contento
di quel ciel che ha minor il cerchi sui,
tanto m’aggrada il tuo comandamento,
che l’ubbidirm se già fosse, m’è tardi;
più non t’è uopo aprirmi il tuo talento. (Inferno, Canto II)

Anche l’altro grande scrittore Francesco Petrarca si rivolge nel Canzoniere alla sua amata Laura alternando voi e tu.

Quando io movo i sospiri a chiamar voi,
e ’l nome che nel cor mi scrisse Amore,
LAUdando s’incomincia udir di fore
il suon de’ primi dolci accenti suoi.
 
Vostro stato REal, che ’ncontro poi,
raddoppia a l’alta impresa il mio valore;
ma: TAci, grida il fin, che farle honore
e d’altri homeri soma che da’ tuoi [...]. (V, 5)
 

[...]
Vera donna! Ed a cui di nulla cale
Se non d’onor, che sovr’ogni altra mieti:
Nè d’Amor visco temi, o lacci o reti;
Nè ‘nganno altrui contr’al tuo senno vale [...]. (CCXLIII, 337)

Nel Decamerone il tu viene utilizzato molto più spesso che nelle opere menzionate sopra. Mentre il tu è riservato agli amici, mariti e mogli e gente del ceto basso, il voi viene usato fra la gente benestante, dagli inferiori verso i superiori e si usa verso frati e donne. Dai pochi dialoghi, in cui i dieci personaggi che raccontano le cento storie si rivolgono uno all’altro, risulta chiaro che si danno del tu. Anche se appartengono al ceto nobile, probabilmente sentono una certa amicizia o solidarietà fra di loro. Neìfile dice a Pampìnea: “Pampìnea, per Dio, guarda ciò che tu dichi...” (22). Ella si rivolge più avanti ad un altro narratore: “Dionèo, ottimamente parli.” (23). Il voi viene dato per esempio da Ciappelleto al frate (50) oppure dal buonuomo al ‘nquisitor (57).
Il sistema bipartito che esisté nell’italiano medievale si adoperava anche in altre lingue, ciò che fu dovuto alla penetrazione graduale dello stile latino in Europa. L’allocutivo della seconda persona plurale come il pronome di cortesia si utilizzava in tedesco – ihr, francese – vous (questa forma si è mantenuta fino a oggi) ed anche in inglese – ye/you (in opposizione alla forma della seconda persona singolare thou).

Primordi del Lei
Il sistema bipartito stabilito nei primi secoli dopo Cristo fu arricchito nel periodo fra il Duecento ed il Quattrocento con un’altra forma allocutiva Lei che però si affermò in italiano solo nel Cinquecento. La diffusa opinione sostiene che l’uso del Lei nella lingua italiana sia dovuto alla influenza della cultura spagnola ed è considerato un forestierismo .
Alcuni linguisti si oppongono a questa teoria. Gian Luigi Beccaria che ha dedicato tutto il libro alla questione della influenza della cultura spagnola all’italiano cinque e seicentesco dice:
In effetti molti di questi modi ritenuti ‘spagnoli’ sono di provenienza italiana: la Spagna però, pel suo prestigio dominante l’Europa cinque-secentesca, li ha portati in Francia ed Inghilterra, o ‘riportati’ in Italia. Chi ha allargato gli spogli ha notato del resto che gran parte delle forme allocutive, su cui gli scrittori contemporanei concordemente insistono nell’indicare la provenienza spagnola, sono in italiano molto spesso in uso sin dalle Origini… (195).

Anche Bruno Migliorini che studiò le origini del Lei in italiano arrivò alla conclusione che Lei è una forma di natura italiana. Solo che entrò in uso come un allocutivo sotto l’influenza degli spagnoli, i quali invece di rivolgere la parola alle persone stimate direttamente, le trattavano in un modo astratto mediante la terza persona singolare.
Le origini dell’uso delle allocuzioni astratte alla maniera spagnola risalgono fino al Duecento però entravano in italiano solo lentamente a fianco del voi.
Migliorini constatò che nell’italiano quattrocentesco si diffusero dal punto di vista grammaticale due tipi delle allocuzioni astratte: uno che trattava le persone con il voi ed il verbo alla seconda persona plurale, ed a volte usava una circonluzione astratta (p.es. vostra maestà); e l’altro che si rivolgeva alle persone sempre nel modo astratto usando i pronomi al singolare femminile con i verbi alla terza persona: “eo clamo marçé alla vostra paternità, la quale è liberale a tutti quelli che recurre a lei” (cfr. Migliorini, 188).
Nelle lettere del tempo indirizzate alle persone importanti appariva l’allocutivo voi modificato con perifrasi come Vostra Maestà, Vostra Eccellenza, vostra signoria, Santità vostra (al papa), vostra paternità e vostra altessa che sono tutte accompagnate da un nome al femminile. L’accordo seguente non si faceva con voi però con il nome aggiunto. Siccome il nome fu un astratto al femminile, si diffuse l’accordo con la terza persona al femminile che “dura sino a una pausa importante; poi ricomincia il voi” (Migliorini, 189).
Alcuni cambiavano voi e lei in una frase liberamente insieme ai verbi uno alla seconda persona plurale e l’altro alla terza singolare causando così confusione che prevale attorno a lei fin oggi. Visto che lei è una forma d’origine femminile che indica in discorso una persona assente, nello stesso tempo si riferisce ad una persona presente stimata del genere sia femminile sia maschile e di più può riferirsi a qualsiasi parola femminile vicina, il suo uso improprio può causare ambiguità.

Il Cinquecento ed il sistema tripartito
A cavaliere del Quattrocento e Cinquecento Lei si incorporò nella lingua e circa dal Cinquecento si parla in italiano di un sistema tripartito tu/voi/Lei che sopravvisse fino al Novecento (cfr. Serianni, “Domande ricorrenti”).
In quel periodo si cominciò a dare Signore/a accompagnato dal verbo alla terza persona singolare, prima riservato solo alle persone degne di rispetto, a tutti quanti. Soprattutto si diffuse nelle regioni direttamente soggette alla Spagna, cioè la Lombardia e Napoli. Chiamare una persona con il Voi o Messere come prima sarebbe stato allora quasi uno sprezzo o una villania.
“La maniera spagnola” fu allora un pruno nell’occhio a molti linguisti. Nel Cinquecento divenne attuale la “questione della lingua” che divise gli scolari in alcuni gruppi. L’avversione verso i pronomi di cortesia venne tra l’altro con Claudio Tolomei, Anibal Caro ed l’Ottonelli. L’umore e l’indignazione sopra l’uso della terza persona è evidente dalla lettera del Tolomei scritta al suo amico Caro:
[...] Dunque la seconda persona, la quale è quasi il verbo generato si deve così disonorare; ch’ella non si usi, se non a parlare a persone vili? Non intenden bene questi sciocchi adulatori il misterio di questa seconda persona, ne quanto ella sia nobile, e sacra; ne quanto s’honori uno a parlarli in seconda, che in terza persona. (Tolomei, 1547: 61 sgg. )
Più avanti il Tolomei spiega l’assurdità dell’uso della terza persona dicendo: “E così parlarò in terza persona d’un gatto, come d’un Principe, e d’un legno, come d’un Angelo; e d’ogni cosa per vile e bassa sia si parla in terza persona, come de la più nobile, e più honorata che sia al mondo.” (ibid.)
Anibal Caro fu della stessa opinione e scrisse: “Cosa stranissima e stomacosa che abbiano a parlare uno con uno, come se fosse un altro; e tuttavia in astratto, quasi con l’idea di colui con chi si parla, non con la persona sua propria.”  
Il loro contemporaneo Ottonelli che si interessò degli allocutivi non si oppose ai titoli astratti però credette che la terza persona non doveva appartenere a tutti quanti ma solamente alle persone di una grande stima. Spiegò le sue opinioni nel Discorso sopra l’abuso del dire Sua Santità, Sua Maestà, Sua Altezza, senza nominare il Papa, l’Imperatore, il Principe scritto nel 1586.
Nonostante le voci critiche contro il Signore e la terza persona, il suo uso si cristallizzò e coesisté con Voi, Vostra Signoria e Vossignoria.
Con il rivolgersi con la Signoria apparve in italiano un gruppo di pronomi allocutivi tra cui Quella, Essa ed Ella. Sopravvisse però solo il pronome Ella usato per il soggetto e la sua forma oggettiva Lei. Con l’andare degli anni Lei diventò anche la forma soggettiva, anche se “i grammatici, sulle orme del Bembo, a più riprese si sforzarono di proscrivere come illegittimo l’uso di lui, lei come soggetti” (cfr. Migliorini, 191).
Anche se Lei prese man mano il posto dell’Ella, una differenza notevole è rimasta. Mentre dopo il Lei gli aggettivi ed i participi passati si accordano al solito con il genere della persona chiamata, Ella richiede sempre l’accordo al femminile:
Ella è assai stimata, signor giudice.
Lei sembra molto stanco, professore.
La lotta per gli allocutivi di cortesia non fu problema solo del Cinquecento ma durò per secoli come dimostrano lettere ed articoli di alcuni letterati. Oltre al Tolomei ed il Caro nominati sopra si possono trovare opinioni di Pietro Verri che espresse il suo punto di vista negativo sulla diffusione degli allocutivi di cortesia nell’articolo chiamato Il Tu, Voi e Lei pubblicato nel 1765 ne Il Caffè, e Giacomo Leopardi che tentò di evitare Lei in scritto (lettera a Pietro Giordani del 1817 ) perché la terza persona gli sembrava troppo nobile per essere usata fra amici.
In questo capitolo si è cercato di chiarire lo sviluppo dell’uso dei pronomi allocutivi nella storia italiana e nel capitolo seguente si studierà l’uso dei sistemi allocutivi ed la loro funzionalità nella letteratura italiana scritta dopo 1500.       

3. L’uso degli allocutivi nella letteratura: Machiavelli contro Manzoni
Nel capitolo precedente si è detto che nel Cinquecento si stabilizzò nella lingua italiana il sistema tripartito tu/voi/Lei. In questo capitolo saranno presentate due opere letterarie che nonostante fossero scritte nel periodo tra il Cinque e Novecento (dunque nel periodo del pieno uso del sistema tripartito), una di esse adopera solo gli allocutivi tu e voi mentre quell’altra usa tu, voi e Lei. La prima è la commedia di Niccolò Machiavelli La mandragola scritta nel Cinquecento e nel secondo caso si tratta del romanzo di Alessandro Manzoni I Promessi sposi scritto nell’Ottocento però con la storia che si svolge nel Seicento.
Per poter effettuare quest’analisi bisogna fare una divagazione e menzionare l’uso dei pronomi del potere e solidarietà, e la reciprocità.

La reciprocità ed il potere
Qualunque sistema degli allocutivi si adoperi, sempre esistono almeno due possibilità fra cui scegliere il proprio pronome. La scelta dipende dalla situazione specifica in cui gli interlocutori si trovano e quindi nel scegliere bisogna prendere in considerazione cosiddetti fattori sociolinguistici. Per i limiti ed i motivi della tesi si applicano solo alcuni fattori, soprattutto rispetto, cortesia, potere e solidarietà fra interlocutori. Per semplificare la spiegazione vengono usate abbreviazioni T per l’uso dell’allocutivo familiare e V per quello di cortesia (sia voi o Lei) introdotte da Brown e Gilman .
Già dal medioevo si usava fra i membri dell’alto ceto sociale la forma V mutua per dimostrare il rispetto e la cortesia. L’originale forma T sopravvisse e fu usata mutuamente nei ceti bassi. Il sopraddetto uso mutuo di un certo pronome viene chiamato l’uso reciproco. Dall’altra parte il ceto alto si rivolgeva al ceto basso con T però riceveva V, ciò che viene chiamato l’uso non reciproco dei pronomi e simbolizza il potere del ceto alto sopra quello basso (cfr. Wardaugh, 259).
Il rapporto potente – senza potere, e quindi l’uso non reciproco del T e V, si può trovare fra padroni e servi, genitori e figli e datori del lavoro e dipendenti. Il potere si attribuisce a base di: forza fisica, ricchezza, età, sesso, importanza religiosa oppure statale e potere nella famiglia (cfr. Brown e Gilman, 255).
Fra la gente dello stesso livello sociale non esistevano regole fisse per l’uso dei pronomi allocutivi però in progresso di tempo si fece la differenza chiamata da Brown e Gilman T intimo e V formale. Questo V non porta alla differenza potente – senza potere ma ad un’altra dimensione chiamata solidarietà. 
Se V viene usato reciprocamente, non si tratta del V di superiorità, però di cortesia, oppure di mancanza di solidarietà fra gli interlocutori. La solidarietà fra interlocutori può crescere con il sentire della congenialità cioè con la similarità basata per esempio sulla stessa religione, professione, sesso e preferenze politiche (cfr. Brown e Gilman, 256). La solidarietà può nascere anche quando si ha maggiori occasioni di frequenza o dalle assomiglianze oggettive ed in conseguenza, quando gli interlocutori sentono un certo livello di congenialità, la solidarietà può sfociare nella sostituzione del V dal T reciproco.
Visto che non esistono regole fisse che prescrivono l’uso degli allocutivi, parlanti scelgono un pronome appropriato secondo un’analisi personale della situazione e del rapporto con l’interlocutore.
Le note sulla reciprocità e sul potere vengono usate nella seguente parte per l’analisi della distribuzione degli allocutivi nelle due opere letterarie.

La mandragola
Niccolò Machiavelli scrisse La mandragola nel 1518. Malgrado la data dell’origine, nella commedia non si trova nessuna treccia di Lei e degli allocutivi astratti. Tra i personaggi sono usati solamente gli allocutivi tu e voi (al plurale e di cortesia) accompagnati dalle forme verbali alla seconda persona singolare e plurale. Nicia, la persona più stimata della commedia, viene chiamato Messer ciò che fu il titolo diffusamente utilizzato in italiano prima dell’introduzione del Signore.
La tabella sottostante mostra la distribuzione degli allocutivi tra i personaggi de La mandragola


riceve      da

Callimaco

Siro

Ligurio

Nicia

Lucrezia

Frate

Sostrata

Callimaco

 

V

T

V maestro

T

T

(-)

Siro

T

 

T

T

(-)

(-)

(-)

Ligurio

T

T

 

T

(-)

T/V

(?)

Nicia

V

V

V

 

V

V

V

Lucrezia

(?)

(-)

(-)

T

 

T/V

T

Frate

V

V

V

V

V

 

V

Sostrata

(-)

(-)

V

V

V

V

 

La tabella non è completa. Alcuni dati sugli allocutivi mancano perché sia non è ovvio dai dialoghi se le persone si diano del tu o del voi (?), sia nell’opera non si trovano esempi della conversazione fra i due personaggi (-). Per esempio manca un dialogo tra Callimaco e Lucrezia. Solo dal discorso fra Callimaco e Ligurio risulta chiaro che Lucrezia dà del tu a Callimaco però non risulta chiaro che allocutivo riceve lei da Callimaco (V.4, 198).
I personaggi de La mandragola sono: Callimaco, circa quarantenne, benestante; il suo servo Siro; Ligurio, amico di Callimaco; Lucrezia, bellissima moglie di Nicia; messer Nicia,  un signore ricco ed anziano; Sostrata, madre di Lucrezia; e frate Timoteo, un prete corrotto.
Analizzando l’uso degli allocutivi nella commedia si può rilevare l’importanza sociale delle persone. Dalla tabella si vede che le persone più stimate saranno messer Nicia, Sostrata e frate Timoteo che ricevono da tutti quanti voi.
Messer Nicia viene chiamato voi per la sua ricchezza che gli dà il potere e la stima. Dalla commedia si sa che lui non è più molto giovane ciò che è un altro motivo per rivolgersi a lui con l’allocutivo di cortesia. Anche Sostrata riceve voi per alcuni motivi: il primo può essere il fatto che lei è una donna; il secondo sarà la sua posizione sociale - esiste qualche probabilità che lei sia benestante ed appartenga a un ceto sociale abbastanza alto; a parte quello lei sarà una donna di una certa età (anche se quella non è detta, però il fatto che lei ha una figlia adulta porta implicitamente a quest’idea). L’ultima persona che riceve sempre voi è il frate Timoteo. Lui viene chiamato con l’allocutivo di cortesia per i motivi della sua importanza religiosa.
Altri personaggi ricevono a volte del tu e a volte del voi. Dal punto di vista della frequenza del voi Callimaco sarà più stimato di Lucrezia e di Ligurio. Callimaco riceve voi solo dal suo servo Siro e dal messer Nicia, che lo considera un dottore e perciò lo chiama “maestro” o “magister”, mentre il suo amico Ligurio riceve tu anche dal servo Siro e da messer Nicia ciò che lo pone ad un livello sociale più basso. Callimaco e Ligurio si danno reciprocamente del tu, ciò che sottolinea il loro rapporto amichevole e la solidarietà fra di loro.  
Per quel che riguarda Lucrezia, il suo personaggio parla nella commedia solo con tre persone (rispettivamente con quattro, però la sua conversazione con Callimaco è indiretta, raccontata da Callimaco a Ligurio). Il frate Timoteo è l’unica persona che le dà del voi, però anche lui la chiama a volte con il tu. Il suo uso dei pronomi cambia in un dialogo (III.11). Quando la chiama voi, sarà l’allocutivo dato ad una donna sposata; mentre con il tu Lucrezia viene trattata come una dei credenti, dei figli di Dio.
L’ultimo personaggio della commedia è Siro. L’ultimo anche dal punto di vista sociale. Siro viene chiamato da tutti quanti con il tu, mentre il suo ruolo non gli permette di rivolgersi ad altre persone nella stessa maniera. Lui deve chiamare tutti quanti voi con l’eccezione di Ligurio.
Dalla sovrastante analisi degli allocutivi si può concludere che Machiavelli, nonostante il fatto che nel Cinquecento si ormai adoperasse Lei, presentò ne La mandragola solo le forme tu e voi mostrando il rispetto, la solidarietà e le differenze sociali con la frequenza di questi due pronomi con cui i personaggi si rivolgono e sono chiamati dagli altri interlocutori.      
Nella seguente parte si analizza un romanzo l’autore del quale utilizzò al contrario tutte le forme allocutive di quel tempo. 

 I Promessi sposi
Nel suo romanzo I Promessi sposi ambientato nel Seicento (1628-30), Alessandro Manzoni rappresentò tutti e tre gli allocutivi. Adoperando con cura tu, voi e lei riuscì non solo ad esprimere la divisione dei ceti sociali ma anche a descrivere cambiamenti d’umore e di comportamento.
Il numero dei personaggi nel romanzo è troppo alto per poter analizzare tutti i rapporti e dunque l’attenzione si dà solamente ai personaggi chiave per dimostrare l’uso dei pronomi secondo i tipi di rapporto ed il potere sociale, ciò che sarà sufficiente per gli scopi della presente tesi. Importanti saranno i pronomi allocutivi usati soprattutto tra i personaggi di Lucia, Renzo, Agnese (madre di Lucia), don Rodrigo, padre Cristoforo, don Abbondio, Perpetua ed i loro interlocutori.
I sopra nominati appartengono ai diversi ceti sociali: popolani, servi, ceto sacerdotale e nobiltà, ciò che influisce sulla scelta fra tu, voi e lei e di più divide tutte le loro conversazioni in due gruppi: dialoghi con gli allocutivi reciproci e quelli non reciproci.
Dai dialoghi presenti nel romanzo si può dire che la più diffusa forma allocutiva è voi con cui i personaggi si rivolgono uno all’altro senza mettere in evidenza alcune differenze come potere, ceto sociale, età o sesso. Si tratta del voi non marcato, usato in generale tra la gente adulta, sia conoscenti, sia stranieri. Il tipo di conversazione più adoperato è quello in cui gli interlocutori si danno reciprocamente del voi utilizzato soprattutto fra i popolani. 
Il voi reciproco viene usato per esempio tra i protagonisti, fidanzati Renzo e Lucia (II, 32), che mantengono il pronome voi anche dopo il loro matrimonio:
[...] “e io,” disse un giorno al suo moralista, “cosa volete che abbia imparato? Io non sono andata cercare i guai: son loro che son venuti a cercar me. Quando non voleste dire,” aggiunse, soavemente sorridendo, “che il mio sproposito sia stato quello di volervi bene, e di promettermi a voi.” (XXXVIII, 541)
Il voi reciproco usano fra di loro anche Renzo ed Agnese, madre di Lucia (III, 33-35). Renzo la chiama con il voi tra l’altro per rispetto visto che Agnese è una donna più anziana di lui ed anche madre della sua promessa sposa. Agnese, d’altra parte, si rivolge a lui con il voi perché Renzo, anche se è più giovane di lei, non è più un bambino ed il loro rapporto non è abbastanza intimo per dargli del tu.
Altri esempi del voi reciproco si trovano nei dialoghi fra Agnese e Perpetua, due donne del ceto basso, il rapporto delle quali è confidente (VIII, 101-102); Tonio e Perpetua (VII, 100), però anche al livello nobile fra don Rodrigo e suo cugino conte Attilio (VII, 92; X 155-157). Malgrado appartengano al ceto autorevole, il rapporto degli ultimi due è marcato dalla connessione familiare che gli permette cedere dal lei formale mantenuto tra la nobiltà (V, 65-67). Con il voi esprimono i personaggi di Rodrigo ed Attilio un certo livello di solidarietà, anche se in altri casi studiati voi presenta piuttosto il rispetto.
Secondo la frequenza dell’uso l’allocutivo lei viene utilizzato nel romanzo meno spesso. Appare nei dialoghi molto formali tra persone autorevoli e viene riservato a persone degne di rispetto. In generale lei si può considerare un pronome marcato. Viene riservato per esempio a don Abbondio (I, 13, 19-21), al padre Cristoforo (V, 59-61) ed altre persone importanti nella vita religiosa, oppure alle persone del ceto nobile come sono don Rodrigo, il conte Attilio ed il podestà (V, 65-72).
Il lei reciproco viene adoperato nella conversazione tra don Rodrigo ed il padre Cristoforo (VI, 73) – anche se con la crescente rabbia i pronomi allocutivi nel loro dialogo cambiano come si vedrà più avanti – e fra il conte zio ed il padre provinciale (XIX, 261-266) che accompagnano il pronome della terza persona con i titoli vostra paternità e vostra magnificenza. Un esempio del genere si trova subito all’inizio del romanzo nella scena in cui don Abbondio incontra i bravi. Loro gli danno del lei e lui li chiama lor signori (visto che sono due) che suggerisce l’uso del lei al singolare (I, 13).
Tu è dal punto di vista di frequenza l’ultimo dei pronomi allocutivi. Il suo uso ne I Promessi sposi è molto raro e viene rivolto più che altro a persone non degne di alcun rispetto come bambini o servi. Il tu reciproco appare solo nei discorsi fra uomini del basso ceto sociale, i quali sono di più nel rapporto confidenziale, come Renzo ed il suo amico Tonio (VI, 82-83); e Renzo e Bortolo, suo cugino (XVII, 243-246). In altri dialoghi tu appare solo nella forma non reciproca.
La non reciprocità dei pronomi allocutivi è basata, come si è detto prima, all’età, alla posizione sociale oppure al potere (spesso connesso con ricchezza) ed al sesso.
Per quel che riguarda l’età ed i rapporti dentro la famiglia, i genitori vengono chiamati con il voi, mentre ai figli si dà del tu. I diversi pronomi allocutivi mostrano il rispetto dato agli anziani ed la sua mancanza verso i giovani. Un esempio di questa non reciprocità si trova nella conversazione fra Lucia e sua madre Agnese (III, 33-35). Anche agli altri bambini si dà del tu – al dodicenne Menico (VII, 89) ed alla fanciulletta Bettina (II, 31) – mentre da loro si aspetta un pronome di cortesia.    
Dal punto di vista sociale si trovano nel romanzo due ceti importanti – nobiltà e sacerdoti – che richiedono un allocutivo reverenziale. Don Abbondio che appartiene alle persone stimate viene chiamato con il lei da parte della sua serva Perperua (I, 19) ed anche da tutti i popolani come Renzo (II, 23-29), Lucia, Agnese, Tonio (VIII, 102-3), mentre lui si rivolge a loro con il voi o perfino con il tu (Renzo, XXXVIII, 530-533).
Il padre Cristoforo è un’altra persona autorevole nella vita religiosa. A lui viene dato più rispetto che a don Abbondio, visto che Cristoforo riceve del lei non solo dai paesani ma anche dalla nobiltà (don Rodrigo). Di più il padre Cristoforo, quando si rivolge alle persone, fa anche la distinzione del sesso. Mentre alle donne da sempre del voi (Angese, Lucia, V, 59), gli uomini del paese vengono chiamati da lui con il tu (Renzo, V, 60-61).
Oltre alla chiesa la distinzione del potere è presente fra padroni e servi o altre persone di un livello sociale inferiore. La posizione di don Rodrigo risulta molto chiara dall’uso degli allocutivi. Mentre lui riceve da tutti quanti lei (con l’eccezione di suo cugino Attilio), Rodrigo si rivolge ai suoi ospiti e commensali, il dottor Azzeca-garbugli ed il podestà, con il voi (gli ultimi due si danno anche fra di loro del lei; V, 65-72); ed ai suoi servi, che rappresentano un ceto ancora più basso, dà del tu (il Griso, XI, 154-161).
All’inizio del capitolo si è detto che Manzoni non usa i pronomi allocutivi solo per descrivere le differenze sociali, ma gli servono anche per mostrare l’umore degli interlocutori, la rabbia e voglia di offendere in particolare. Un dialogo esempio si svolge tra due persone di grande stima, il padre Cristoforo e don Rodrigo, nel VI capitolo.
“In che posso ubbidirla?” disse don Rodrigo, piantandosi in piedi nel mezzo della sala. Il suono delle parole era tale; ma il modo con cui eran proferite, voleva dir chiaramente, bada a chi sei davanti, pesa le parole, e sbrigati.
[...] “vengo a proporle un atto di giustizia, a pregarla di una carità. Cert’uomini di mal affare hanno messo innanzi il nome di vossignoria illustrissima, per far paura a un povero curato, [...].
“Ebbene,” disse don Rodrigo, “giacchè lei crede che io possa far molto per questa persona; giacchè questa persona le sta tanto a cuore...”
“Ebbene,” riprese ansiosamente il padre Cristoforo, al quale l’atto e il contegno di don Rodrigo non permettevano l’abbandonare alla speranza che parevano annunziare quelle parole.
“Ebbene, la consigli di venire a mettersi sotto la mia protezione. [...].”
“La vostra protezione!” esclamò, dando indietro due passi, postandosi fieramente sul piede destro, mettendo la destra sull’anca, alzando la sinistra con l’indice teso verso don Rodrigo, e piantandogli in faccia due occhi infiammati: “la vostra protezione! È meglio che abbiate parlato così, che abbiate fatta a me una tale proposta. Avete colmata la misura; e non vi temo più.”
“Come parli, frate?...”
“Parlo come si parla a chi è abbandonato da Dio, e non può più far paura. La vostra protezione! [...]
Don Rodrigo era fin allora rimasto tra la rabbia e la meraviglia, attonito, non trovando parole; ma, quando sentì intonare una predizione, s’aggiunse alla rabbia un lontano e misterioso spavento. Afferò rapidamente per aria quella mano minacciosa, e, alzando la voce, per troncar quella dell’infausto profeta, gridò: “escimi tra i piedi, villano temerario, poltrone incappucciato.” (VI, 73-75)
Anche se la tensione fra don Rodrigo e padre Cristoforo è nata già prima del loro incontro, ciò che si capisce dalla terza linea, la conversazione comincia in un modo rispettoso introdotto dal lei reciproco. Più avanti però padre Cristoforo, scioccato dalla disubbidienza ed inaspettata spudoratezza di Rodrigo, cambia in voi per fargli capire la propria superiorità morale e religiosa. Don Rodrigo si sente offeso e si rivolge a Cristoforo con tu per fargli capire che conta più del padre. Padre Cristoforo, sia per buona educazione sia perché si rende conto del potere sociale di Rodrigo, non cede al tu in questo contesto volgare ed offensivo.


              Brown e Gilman parlano in “The Pronouns of Power and Solidarity.” del quarto secolo (p.254), mentre Cortelazzo pone l’inizio del vos al terzo secolo:“L’uso di vos come pluralis majestatis ha avuto inizio con l’imperatore Giordano III (av. 244 d.C.)...”(p.1831). 

              La forma nominativa  ye si cominciò a sostituire con la forma dell’accusativo you nel linguaggio colloquiale a partire dal quattordicesimo secolo. You come soggetto della seconda persona plurale si diffuse largamente attorno 1500. (cfr. Raumolin-Brunberg, 58-59)

              Come un forestierismo è stato proibito  il suo uso durante il regime fascista.

              G.Fava, p. 127 Gaud in “Primordi del Lei”  (Migliorini, 189)

              Tolomei, Claudio. De le lettere di M. Claudio Tolomei lib. sette. Venezia: Gabriel Giolitto de Ferrari. 1547. La citazione presa da: Belardinelli, Paolo. “Alcuni aspetti dei pronomi allocutivi di cortesia. La deissi sociale.” 2 dicembre 2005. <http://www.patriziabellucci.it/download/belardinelli.pdf>.

              La citazione dalla sua lettera pubblicata in: Aira, Gisella Ravera e Francesco Piazzi. La lingua. Grammatica italiana per scuola media. Bologna: Paganella. 1984. 240.

              In spagnolo la forma analoga Vuestra Señoría divenne Usía e Vuestra Merced fu ridotta a Vosted, oggi Usted.

              Leopardi, Giacomo. Signore mio Carissimo…[Lettera del 20 giugno 1817 a Pietro Giordani]. 1817.

          Cfr. Brown, R. and A. Gilman. “The Pronouns of Power and Solidarity.” P.P.Giglioli (ed.) Language and Social Context: Selected Readings. Harmondsworth, England: Pinguin Books, 1972. 252-282.
Oppure “The Pronouns of Power and Solidarity.” in Style in Language. Ed. T.A. Sedeok. NY: John Wiley, 1960.
Oppure  “I pronomi del potere e della solidarietà“ in Linguaggio e società. Ed. Pier Paolo Giglioli. Bologna: Il Mulino, 1973.

 

            In italiano si usano allocutivi lei o Lei con maiuscola soprattutto per esprimere chiaramente la differenza fra Lei allocutivo e lei che si riferisce ad un’altra persona oppure oggetto non presente. Manzoni però usa ne I Promessi sposi lei (e le sue forme oggettive le, la) in minuscola. 

Voi o Lei?
I due esempi dalla letteratura italiana mostrano che nel periodo del pieno uso del sistema allocutivo tu/voi/Lei nacquero opere, gli scrittori delle quali adoperarono sia il sistema bipartito sia quello tripartito. Mentre con il sistema bipartito si poteva dividere la gente in nobili/degni di rispetto/stranieri e popolani/senza rispetto/conoscenti, il sistema tripartito creò il terzo ceto – nobilissimi/degni del massimo rispetto/stranieri. Nonostante il sistema adoperato tutti e due gli scrittori riuscirono a descrivere la società con le sue differenze del potere, che richiede allocutivi di cortesia, ad esprimere la solidarietà fra amici, ed a mostrare l’emotività ed i cambiamenti d’umore.
Nella letteratura italiana si trovano molte altre opere che possono fornirci con gli esempi della coesistenza dei sistemi allocutivi. Tra le più famose si possono nominare Il libro del Cortegiano di Baldassar Castiglione del 1527, in cui lo scrittore adopera il voi di cortesia o verso Alfonso Ariosto, o verso donne; I Malavoglia di Giovanni Verga del 1881, in cui appaiono soprattutto dialoghi fra paesani che si danno del voi reciproco; e Le avventure di Pinocchio di Carlo Collodi del 1883, in cui viene utilizzato il sistema tu/voi/Lei, anche se in paragone a Manzoni appaiono molto più spesso dialoghi del tu reciproco e molto meno si usa del Lei.

4. I pronomi allocutivi nel Novecento
Nel presente capitolo si vuole studiare lo sviluppo dell’uso degli allocutivi nel Novecento, in cui si può osservare la decadenza del sistema tripartito e la crescente preferenza del sistema bipartito. Il capitolo è dedicato all’uso degli allocutivi italiani dal punto di vista geografico, soprattutto le differenze fra il Sud ed il Nord; politico, causato dal regime fascista; agli allocutivi dell’italiano contemporaneo ed ai cambiamenti recenti provocati dall’influsso d’inglese e dalla diffusione di Internet.

 

I primi del Novecento ed il periodo fascista
All’inizio del Novecento si usavano in italiano sempre tutti i tre gli allocutivi trattati sopra, ciò che doveva cambiare nel 1938, però le regole del loro uso non erano così rigide come si è visto nel Manzoni.
Bruno Roselli, che descrisse nel suo articolo del 1926 la situazione di quel tempo, sottolineò che tu non era l’allocutivo dato solo a bambini ed inferiori, ma anche un pronome usato dentro la famiglia fra madre, padre, bambini; marito e moglie; fidanzati; zii, nonni e nipoti. Fuori la famiglia era possibile dare del tu a migliori amici, colleghi e compagni di scuola (cfr. Roselli, 50).
In paragone ai secoli precedenti, la forma del tu diventò più difusa ed accetabile nei rapporti in cui Manzoni avrebbe usato voi non marcato. Perfino bambini davano a genitori del tu invece del voi o lei che fu“[…] used in old-fashioned homes fifty years ago, and still retained by the more patriarchal and rural South.” (Roselli, 50).
In quel periodo, prima della dittatura di Mussolini, l’Italia sembra di essere divisa in due dal punto di vista linguistico (ciò che in parte prevale fino a oggi).
Come Roselli spiegò nel suo articolo Tu, lei and voi, al Nord si usavano in quel periodo soprattutto i pronomi allocutivi tu e lei, mentre al Sud si adoperava tu e voi (di cortesia). La frontiera immaginaria che divise le due parti fu delineata fra Ancona e Roma.
Dunque il sistema tripartito usato prima sembrava di essere diviso in due sistemi bipartiti. Considerato dal punto di vista geografico e politico crebbero due campi con le bastioni a Firenze ed a Roma che cercavano di vincere uno sopra l’altro sul campo linguistico.
Quella lotta fu ufficialmente risolta dopo l’arrivo del regime fascista e di Mussolini. Con il potere del Duce iniziò la lotta per il patriottismo ed il ritorno alla tradizione romana, ciò che in campo linguistico portò la purificazione della lingua italiana dai forestierismi e quindi anche l’abolizione del Lei, considerato un allocutivo dell’origine spagnola. A partire dal 1938, invece del Lei bisognava rivolgersi con il voi, un allocutivo tradizionalmente romano.
Il 15 gennaio 1938 fu pubblicato ne Il Corriere della Sera l’articolo di Bruno Cicognani chiamato “Abolizione del ‘lei’” che portò alla fine la vita del Lei allocutivo ed lo sostituì con il voi di cortesia obbligatorio. L’uso del voi venne stabilito nella lingua ufficiale perché sembrava “più italiano”. Come disse Cicognani: “[...]il voi nacque romano e libero, non importato né imposto; e quando dal tronco latino germogliarono le nuove lingue, in queste passò come espressione di spontanea e affettuosa riverenza, quale ancora è nelle famiglie dei contadini toscani.” Nella sua opinione l’uso del Lei si oppose alla legge grammaticale e logica, e fu testimonianza di servitù e d’abiezione.
A parte il Lei il regime fascista portò anche altre leggi ed abolizioni come per esempio la proibizione di dare nomi stranieri a bambini italiani o la sostituzione delle parole d’origine straniera con espressioni italiane (bar – barra o bibitario; cfr. Lepschy, 26; Dardano e Trifone, 156). 
L’epocha dell’obbligatorio voi allocutivo finì con il fascismo dopodiché fu rifiutato per i motivi politici e Lei tornò in uso nella lingua italiana. L’allocutivo voi è rimasto nell’uso letterario per rendere reale opere ambientate nel periodo fascista oppure in alcune regioni del Sud dove il voi faceva parte dei dialetti e si usava anche prima del fascismo.

L’italiano contemporaneo
Sotto il titolo l’italiano contemporaneo si intende il periodo dopo la caduta del fascismo e la fine della Seconda guerra mondiale. In quel periodo, il voi allocutivo, guardato con avversione per i motivi politici, si è cominciato ad usare con una minore frequenza ed il Lei ha ritrovato il suo posto nella lingua italiana. Anche se non si può parlare della estinzione del voi, questo allocutivo ha perso la posizione importante del periodo precedente e, come si è detto prima, è rimasto in uso in alcuni posti e certe situazioni.

Residui del voi di cortesia
Le grammatiche italiane moderne presentano fra i pronomi allocutivi usati al singolare nell’italiano contemporaneo la possibilità di utilizzare tutte e tre le forme trattate nella presente tesi: tu,voi e Lei.

 

 

Dardano, Maurizio e Trifone, Pietro. Grammatica italiana con nozioni di linguistica. p. 168.
Però si nota che la forma del voi “[...] come pronome allocutivo di cortesia riferito a una sola persona è ormai caduto in disuso” (Sensini, 195). Il suo uso si limita oggi ai dialetti di alcune regioni dell’Italia centro-meridionali ed è comune nel linguaggio commerciale.
Tra le regioni con la frequente presenza del voi di cortesia si menzionano l’Abruzzo, Marche ed Umbria meridionali, Puglia, Campania e Calabria (cfr. Rohlfs , 181). In quelle zone viene spesso usata, invece del verbo alla terza persona singolare oppure la seconda plurale, la forma verbale alla seconda persona singolare accompagnata, per esprimere cortesia, da una variazione dell’allocutivo voi: Vussignuría duve va? Vusignuría vieni cca (Calabrese).
Per trovare alcuni esempi del genere nella letteratura italiana contemporanea basta pensare ad Andrea Camilleri che utilizza il dialetto siciliano nelle sue opere per rendere l’ambiente descritto più reale.
Cu si?”, spiò una voce di vecchio, bassa, senza tremore.
Chi sei. L’aveva veramente fiutato, un’ombra estranea nell’ammasso di ombre che costituiva la càmmara [...].
“Sono un commissario. Montalbano sono.”
L’uomo non si cataminò, non parlò.
Voi siete Antonio Firetto?”
Il “voi” gli era venuto spontaneo e con quel particolare tono che indica considerazione, se non rispetto.
“Sì.”
“Da quanto tempo non vedevate Giacomo?”
“Da cincu anni. Vossia mi cridi?” (Sostiene Pessoa, 1509-1510)

A parte dell’uso regionale il voi di cortesia si adopera nel linguaggio commerciale, soprattutto nella corrispondenza. In questo caso però l’uso del voi sembra ambiguo perché al solito si intende rivolgersi ad un gruppo di persone – una ditta o società, ciò che richiede il voi plurale; ma nello stesso tempo la corrispondenza si mantiene spesso con una persona sola che viene sottolineato dall’uso di Voi, Vi, Vostro scritti con la V maiuscola: Spett.le Ditta, Vi saremmo grati se ci inviaste il Vostro catalogo.  
Fino agli anni sessanta il voi si trovava nei doppiaggi dei film stranieri e nelle traduzioni di libri ed a volte, anche se è sempre più raro, viene rivolto nelle preghiere a Dio ed alla Madonna. Il tu, anche nel rivolgersi a Dio, è oggi più comune: “Mio Dio, mi pento e mi dolgo con tutto il cuore dei miei peccati, perché peccando ho meritato i Vostri/tuoi castighi...” (Atto di dolore). In altre situazioni invece del voi di cortesia vengono adoperati nell’italiano contemporaneo i pronomi Lei e tu.

Tu o Lei?
Il sistema allocutivo usato nella lingua italiana d’oggi sembra piuttosto bipartito. Anche se il voi di cortesia viene sempre utilizzato, come si è visto nella parte precedente, soprattutto nel scritto si preferiscono al singolare le forme allocutive Lei e tu.
In questo punto bisogna decidere quale dei due pronomi scegliere nella comunicazione. Nel terzo capitolo si è parlato del potere e della solidarietà, ed in conseguenza dell’uso reciproco e non reciproco degli allocutivi. La situazione sociale e linguistica contemporanea sembra più semplice di quella manzoniana, visto che non bisogna prendere in considerazione re, conti ed altre persone degne del massimo rispetto e, a parte dei casi descritti sopra, si utilizzano al singolare solo due forme allocutive. 
Da questa situazione risultano tre possibili tipi di rapporto fra interlocutori: due rapporti reciproci, in cui interlocutori si danno reciprocamente del tu o del Lei, ed un rapporto non reciproco, in cui uno si rivolge all’altro con il Lei, mentre riceve del tu, o al contrario.
Il tipo di rapporto fra interlocutori viene basato sulla presenza o mancanza del potere e della solidarietà fra di loro. Nell’analisi de I Promessi Sposi si è visto da una parte un grande numero dei rapporti non reciproci e nello stesso tempo l’uso frequente del voi reciproco fra le persone nel rapporto solidale. Per quanto riguardano i rapporti fra interlocutori ed i pronomi adoperati, la lingua italiana ha subìto col passare del tempo il processo della democratizzazione e semplificazione. In paragone a I Promessi Sposi, nell’italiano contemporaneo si vede un regresso notevole nell’uso non reciproco degli allocutivi e la crescente tendenza ad usare il tu reciproco. Ciò che non significa che le differenze nel potere (o almeno il sentire della superiorità – inferiorità) siano sparite, solo che oggi vengono espresse meno spesso con i pronomi allocutivi.
Brown e Gilman, che hanno studiato questo problema in alcune lingue europee , hanno esaminato alcuni rapporti non reciproci in cui col tempo si è stabilizzato l’uso dei pronomi reciproci. Si tratta per esempio dei rapporti fra: cameriere – cliente, impiegato – padrone, figlio/a – padre/madre, fratello minore –  fratello maggiore, soldato – ufficiale, in cui gli uni sono nel rapporto inferiore verso gli altri. Nonostante la differenza nel potere fra interlocutori in questi rapporti si adopera al solito un solo pronome reciproco.


RAPPORTI

CONFLITTO SEMANTICO

SOLUZIONE RECIPROCA

cameriere – cliente

V ↓↑ T/V

↕ V

impiegato – padrone

V ↓↑ T/V

↕ V

figlio/a – padre/madre

T/V ↓↑ T

↕ T

fratello minore –  f. maggiore

T/V ↓↑ T

↕ T

soldato – ufficiale

V ↓↑ T/V

↕ V

                                Brown e Gilman. “The Pronouns of Power and Solidarity.” p. 260.
Le tendenze generali descritte da Brown e Gilman negli anni Cinquanta sono sempre validi. Solo nel rapporto tra impiegato e padrone l’italiano contemporaneo è meno rigido di quello cinquanta anni fa. Come ha osservato Teresa Tardia: “[…] in moltissime realtà aziendali, dal manager al subordinato, dal cliente all’agente di vendita, vige ancora il dilemma di quale tipo di comunicazione verbale sia meglio utilizzare. […] In generale nelle aziende fortemente dinamiche e basate su una comunicazione diretta si usa prevalentemente il Tu al proprio interno.”
In altri rapporti dispari si mantengono allocutivi non reciproci oppure il loro uso cambia con l’età degli interlocutori. I bambini piccoli danno spesso del tu a tutti quanti, però con la crescente età imparano a rivolgersi verso adulti e stranieri con il Lei, mentre ricevono sempre del tu (cfr. San Filippo). Uno sviluppo nell’uso degli allocutivi si svolge con l’età nell’ambiente scolastico. Mentre al livello della scuola elementare e secondaria i bambini o giovani ricevono del tu da parte dei loro insegnanti, nell’ambiente universitario viene nel rapporto insegnante – studente adoperato il Lei reciproco .
Con la democratizzazione della lingua italiana, la scelta del corretto allocutivo rimane oscura in alcuni ambienti come servizi e negozi. Il pronome si sceglie spesso a base dell’apparente età o dello stato degli interlocutori, oppure a base della formalità del particolare ambiente. Non è raro l’uso promiscuo dei pronomi. Succede che interlocutori iniziano la conversazione con il Lei reciproco e finiscono con il tu,senza che facciano una proposta di cambiare il pronome. Il cambio può essere causato dalla solidarietà che nasce durante il dialogo e risulta nel sentirsi troppo formali con il Lei.

La via verso T : Internet e messaggini
La crescente democratizzazione e semplificazione della lingua sono causati dai diversi fattori. Si può osservare lo sciogliere dei limiti severi fra le classi sociali, che esisterono una volta, ed in conseguenza la semplificazione dei rapporti sociali.
La diffusione della lingua inglese rappresenta un altro fattore significativo in molte lingue europee. Le influenze inglesi erano presenti in italiano già nei primi decenni del Novecento, però un notevole influsso della lingua inglese sull’italiano è stato causato più tardi dalla diffusione delle nuove tecnologie, soprattutto dalla recente introduzione di Internet e, fino ad certo punto, dei cellulari.
Visto che l’inglese è la lingua numero uno su Internet, molte pagine web sono tradotte proprio dall’inglese ciò che porta alcune difficoltà. L’italiano (e molte altre lingue) utilizzano diversi pronomi secondo la formalità del discorso, mentre l’inglese adopera solo un allocutivo you sia in un discorso familiare o formale, sia al singolare o al plurale; dunque nasce il problema del livello di formalità e la domanda quale forma allocutiva sia migliore da usare su Internet. In più bisogna notare che la lingua inglese al solito mantiene una forma verbale per tutte e sei le persone grammaticali, non distingue la differenza fra l’imperativo rivolto ad una o più persone, ed le forma del verbo al presente, dell’imperativo e dell’infinito sono uguali. 
La questione della formalità viene affrontata subito quando si vuole cercare informazioni su Internet. Mentre sui server inglesi si trova un tasto virtuale su cui c’è scritto go, quelli italiani danno alcune possibilità: cerca, vai – che sono forme imperative informali; oppure fare clic per evitare un tono troppo familiare. Mentre in inglese esiste solo una forma, in italiano non si sa precisamente quale forma scegliere per non offendere o per non essere troppo formali.
Nella comunicazione virtuale si adopera un tono più informale della comunicazione reale, che si svolge in persona, ciò che si può attribuire sia all’influsso dell’inglese sia all’anonimia degli interlocutori. Al chat di solito si rivolge ad un’altra persona con il tu, anche se è possibile trovare qualche eccezione come mostrano alcuni esempi da chat e forum italiani. 
1)  Ciao, spero di poterti dare del tu. Mi spiace disturbarti per una cosa simile, ma avrei una domanda: [...]
2)  Domingo Aniello:
ma sei sul serio convinto che tutto il sistema arte in questo momento ruoti attorno a questa faccenda? [...]
3)  Emilio: [...] Vuole forse dire che TUTTI i pazienti dei medici di famiglia sono ignoranti  [...]?
PIPPI SM: Scusa Emilio, (ti dispiace se ti do del tu? Vedo che tu mi dai del lei, forse per esprimere disappunto e distacco, o ‘ridotta stima’?). Mi fai capire [...].
Su Interet si trovano ai forum diverse discussioni sui corretti pronomi allocutivi. Un’indagine effettuata tra gli utenti cechi sul sito ABC Linux  ha rivelato che il 70% usa ed accetta qualsiasi forma allocutiva, il 16% si rivolge sempre con T e solo il 3% considera T sul chat inaccettabile. Fra gli italiani si può aspettare l’uso del T ancora più alto.
Da un’altra parte il fatto che Internet rende i rapporti sociali più semplici ed informali può creare un’impressione sgradevole quando si tratta delle pagine web delle istituzioni e ditte seriose. Non è raro trovare le pagine web delle banche virtuali che offrono servizi dando del tu ai loro clienti.
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Oltre Internet si potrebbe parlare di un altro modo di comunicazione moderno – il cellulare o piuttosto gli sms. Il linguaggio dei messaggini è una lingua per sé ed a volte sembra incomprensibile anche agli italiani di nascita. Il fatto è che la conversazione via messaggini influisce soprattutto sul lessico ed sul modo di scrivere (abbreviazioni: cmq, lez; trascrizione fonetica: ke, ki; ibridi: 3no), mentre l’impatto sull’uso degli allocutivi è piuttosto marginale. Per quanto i pronomi allocutivi degli sms si può osservare che si tratta soprattutto della comunicazione fra persone in rapporti di amicizia o di confidenza e quindi il mondo degli sms è quasi esclusivamente riservato alla forma tu reciproca. 

  1. Ehi gigi! X me lune è un po difficile xké devo fare tante cose pro-erasmus!ci vediamo a lez domani e troviamo un accordo! SMAK chiara
  2. GRAZIE1000XlaCARTOLINA,HOrisoX3ORE!COMEteLApassiTARICONE?

Dal discorso sovrastante risulta che la formalità tra interlocutori ha la tendenza calante. Come ha osservato il sociolinguista Josef Vachek, si tratta di un fenomeno presente anche in molte lingue europee, ed è diventato notevole soprattutto a partire dalla fine della Seconda guerra mondiale tra le comunità dei giovani (cfr. Vachek, 280-281).
In inglese e le lingue scandinave come lo svedese, la tendenza verso T ha raggiunto quasi il massimo. In inglese esiste solo un allocutivo you e l’eventuale cortesia verso interlocutore bisogna esprimerla in una maniera diversa: nel modo di salutare oppure con l’uso del titolo e cognome.
Lo svedese invece possiede due pronomi allocutivi – du (tu) e ni (voi); però il pronome della seconda persona plurale ni, che si usava una volta sia al plurale sia come l’allocutivo di cortesia, cade oggi in disuso e viene riservato soltanto alle persone molto stimate, per esempio al re. In conversazione non marcata si adopera il du reciproco (cfr. Rüster).
L’italiano, anche se tende sempre più spesso al tu reciproco, non permette ancora un tale livello d’informalità e richiede in certe situazioni la forma di cortesia. Dall’altra parte in paragone al ceco, nella lingua italiana si adopera un tono molto più familiare soprattutto nel trattare i clienti. Come si è detto prima nell’italiano si può rivolgere verso i clienti con il tu, ciò che nell’ambiente ceco non è possibile. Si può concludere che l’italiano è una lingua che segue il processo di semplificazione e tende come altre lingue europee verso l’uso del T  però non rappresenta un caso né eccezionalmente formale né informale.       

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 5. Conclusione
Nella presente tesi si intendeva presentare i pronomi allocutivi adoperati nella lingua italiana dalla sua nascita fino a oggi, seguire lo sviluppo durante il tempo nel contesto storico-culturale e studiare la funzionalità del sistema allocutivo bipartito e quello tripartito in italiano.
Si è vista la situazione e l’uso delle forme allocutive in latino, la penetrazione del voi di cortesia nella lingua latina, ed in seguito in quella italiana, ed un interesse particolare è stato dedicato al Rinascimento durante cui cominciò a diffondersi secondo il modello spagnolo Lei di cortesia che si afferrò nella lingua italiana attorno al Cinquecento.
Alcune delle più famose opere letterarie scritte in italiano come La Divina Commedia, Il Decamerone, Il Canzoniere, ed in particolare poi La mandragola di Niccolò Machiavelli ed I Promessi sposi di Alessandro Manzoni, hanno servito con gli esempi delle forme allocutive adoperate nella lingua nel periodo dal Trecento all’Ottocento, ciò che è servito per mostrare la convivenza del sistema allocutivi bipartito con quello tripartito, la loro funzionalità e la capacità di descrivere le differenze sociali.
Il saggio di Robert Brown e Albert Gilman ha aiutato di spiegare la parte teorica, la reciprocità e non reciprocità fra interlocutori a base del potere e della solidarietà, e le tendenze generali osservate nell’uso dei pronomi allocutivi in alcune lingue europee. 
Nell’ultimo capitolo, dedicato al Novecento, si è parlato della situazione all’inizio del secolo, del periodo fascista ed il ritorno alla tradizione romana, ciò che portò l’uso obbligatorio del voi di cortesia, e si è cercato di descrivere lo sviluppo degli allocutivi nell’italiano contemporaneo che preferisce Lei al voi di cortesia, anche se voi viene sempre adoperato nel linguaggio commerciale ed in alcuni dialetti.
Nello sviluppo recente non si può evitare la domanda dell’effetto delle nuove tecnologie e dell’inglese sulla lingua italiana. Si è osservata l’inclinazione verso la democratizzazione dei rapporti sociali che in conseguenza esercita un’influenza sull’uso dei pronomi allocutivi e promuove la generale tendenza verso allocutivi informali, la quale ormai prevale in inglese e lingue scandinave.     

 

 

 

Bibliografia:
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Nuovi media ed italiano parlato: gli sms. 16 aprile. <http://www.comunitazione.it/leggi.asp?id_art=87&id_area=9>.

              Traduzione: “usato nelle famiglie tradizionali cinquanta anni fa, e sempre mantenuto dal più patriarcale e provinciale Sud”

              Si intedono quelle pubblicate nel dopoguerra, per esempio di Sensini, Serriani, Dardano e Trifone.

               Bisogna però prendere in considerazione che queste informazioni provengono dalla grammatica scritta nel 1967 e dunque la situazione sociolinguistica sarà fino ad un certo punto cambiata.

          La tecnica spiegata al popolo. 1aprile 2006. <http://www.mclink.it/personal/MC8574/tecnica.html#TU>.

              Si sono concentrati soprattutto all’italiano, francese e tedesco.

              Questa osservazione vale nel contesto italiano. In ceco si rivolge a volte con V già al livello della scuola superiore. In svedese al contrario anche nell’ambiente universitario si mantiene fra insegnanti e studenti T reciproco.   

          <http://bartolomeodavidebertinetto.forumup.it/about2-0.html>.

          <http://www.equilibriarte.org/forum-d=topic&forum_id=12&topic_id=209&page=5>.

            <http://forum.wordrefference.com/showthread.php?t=13211>. Bisogna sottolineare che i (sopra)nomi dei partecipanti dell’ultimo chat sono accompagnati da “Junior Member” o “Senior Member”, ciò che riduce il livello di anonimia e causa che Emilio (JM) si rivolge verso PIPPI SM (SM) con Lei

           ABC Linux. 15 aprile 2006. 29 maggio 2005. <http://www.abclinuxu.cz/ankety/show/ankety/show/88679>.

         Banca per la Casa. 13 gennaio 2006.  <http://www.bancaperlacasa.it/ubcasa/jsp/prodotti/nostra_offerta/index.jsp>.

            Banca per la casa. 13 gennaio 2006. <http://www.bancaperlacasa.it/ubcasa/jsp/prodotti/mutui_acquistare/index.jsp>.

           Nuovi media ed italiano parlato: gli sms. 16 aprile. <http://www.comunitazione.it/leggi.asp?id_art=87&id_area=9>.

            p.es.  Hi contro Good morning.

            Mr/Mrs/Miss/Ms o Doctor/Professor

 

Fonte: http://is.muni.cz/th/74683/ff_b/TESI_-finale.doc

Sito web da visitare: http://is.muni.cz/

Autore del testo: L.Kolková

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