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L’aggettivo
In base al tipo di informazione che aggiungono al nome, gli aggettivi vengono tradizionalmente distinti in aggettivi qualificativi e aggettivi determinativi (o indicativi).
Gli aggettivi qualificativi sono quelli che si aggiungono al nome per segnalarne una particolare qualità: bello, brutto, grande, piccolo, ricco, povero ecc.
Gli aggettivi determinativi o indicativi sono quelli che si aggiungono a un nome per meglio specificarlo, attraverso una determinazione possessiva, dimostrativa, indefinita, numerica, interrogativa o esclamativa.
3.1. L’aggettivo qualificativo
3.1.1. Genere e numero dell’aggettivo qualificativo
Per quanto riguarda il genere e il numero, l’aggettivo qualificativo si comporta in maniera del tutto analoga al nome. Possiamo distinguere quattro classi di aggettivi qualificativi:
- alla prima classe appartengono gli aggettivi che presentano quattro desinenze, cioè gli aggettivi che cambiano la forma a seconda del genere e del numero, e presentano le desinenze: -o, per il maschile singolare; -i, per il maschile plurale; -a, per il femminile singolare; -e, per il femminile plurale: un ragazzo alto - dei ragazzi alti; una ragazza alta - delle ragazze alte.
- alla seconda classe appartengono gli aggettivi che cambiano la forma solo a seconda del numero, e presentano due desinenze: -e, per il maschile e il femminile singolare, rispettivamente -i, per il maschile e il femminile plurale: un uomo intelligente - degli uomini intelligenti; una donna intelligente - delle donne intelligenti.
- alla terza classe appartengono gli aggettivi che al singolare escono in -a, sia al maschile sia al femminile, e al plurale distinguono il maschile (in -i) dal femminile (in -e): un uomo egoista - degli uomini egoisti; una donna egoista - delle donne egoiste.
A questa classe appartengono gli aggettivi in: -ista (pessimista), -asta (entusiasta), -ita (ipocrita), -cida(omicida) e -ota (idiota).
- la quarta classe è formata dagli aggettivi invariabili. Appartengono a questa classe:
1. gli aggettivi in -i, cioè l’aggettivo pari e i suoi derivati, impari e dispari: un numero pari, due cifre pari.
2. gli aggettivi indicanti colore che derivano da sostantivi: viola, rosa, marrone ecc.: Indossava una camicetta viola; I suoi pantaloni erano viola.
3. gli aggettivi usati in coppia per indicare gradazione di colore: verde pastello, rosso scuro, rosa pallido: una blusa verde pastello, due vestiti verde pastello.
4. gli aggettivi di origine straniera e gli aggettivi terminanti in consonante o in vocale accentata: blu, zulù ecc.: il cielo blu, le acque blu.
5. le locuzioni avverbiali usate come aggettivi: dabbene, perbene, dappoco: un uomo dappoco, una donna dappoco.
6. alcuni aggettivi di recente formazione composti da anti- e un sostantivo: antiruggine, antinebbia, antifurto, antiurto ecc.: strato antiruggine, fari antinebbia.
7. l’infinito attributivo avvenire: negli anni avvenire.
8. l’aggettivo arrosto: pollo arrosto, galline arrosto.
Osservazioni:
1. Gli aggettivi in -co (con il femminile in -ca) formano il plurale:
- in -chi (femm. -che) se sono piani, cioè accentati sulla penultima sillaba: bianco – bianchi, bianca – bianche.
- in -ci (femm. -che) se sono sdruccioli, cioè accentati sulla terzultima sillaba: acustico – acustici, acustica – acustiche.
Fanno eccezione:
a) Fra gli aggettivi piani: amico - amici, greco - greci, nemico - nemici ecc.
b) Fra gli aggettivi sdruccioli: carico – carichi, dimentico – dimentichi, intrinseco - intrinsechi(o, anche, intrinseci).
2. Gli aggettivi in -go (femm. -ga) formano il plurale in -ghi (femm. -ghe): analogo – analoghi, analoga – analoghe.
Fanno eccezione gli aggettivi in -logo e in -fago, che al maschile plurale finiscono in -logi e -fagi (il femm. plurale è regolare, in -loghe e -faghe): antropofago – antropofagi, antropofaga – antropofaghe.
3. Gli aggettivi in -io formano il plurale maschile:
- con una sola -i, se la -i- del gruppo -io è atona: serio – seri;
- con la doppia -i, se la -i- del gruppo -io è tonica: natio – natii.
4. Gli aggettivi in –cio, -gio fanno il plurale in -ci, -gi: riccio – ricci, saggio – saggi. 5. Gli aggettivi femminili in -cia e in -gia formano il plurale femminile:
- in -cie e in -gie se la c e la g sono precedute da vocale: fradicia – fradicie;
- in -ce e in -ge se c, gsono precedute da consonante: riccia - ricce, saggia - sagge.
6. Gli aggettivi composti, nati cioè dall’unione di due aggettivi, formano il femminile e il plurale solo nel secondo aggettivo: sordomuto – sordomuti, sordomuta – sordomute.
7. Gli aggettivi bello, grande, santo, buonopresentano più forme di singolare e di plurale, a seconda della lettera iniziale del sostantivo cui tali aggettivi sono anteposti.
L’aggettivo belloquando è posto prima del sostantivo cui si riferisce si comporta come l’articolo determinativo: bel ragazzo - bei ragazzi, bello studente - begli studenti, bell’amico - begli amici, bella ragazza - belle ragazze, bella o bell’amica - belle amiche.
Il plurale maschile “regolare” bellisi usa soltanto quando l’aggettivo è postposto al sostantivo o non lo precede direttamente: libri belli; Belli i libri che mi hai regalato!
Grande si può troncare in gran, davanti a consonante: grande o gran signore, grande o gran casa; ed anche davanti a z e s impura, quando si vogliono ottenere particolari effetti espressivi, specialmente se l’aggettivo è preceduto dall’articolo indeterminativo: un grande stupido o un gran stupido. Davanti a vocale, può essere eliso in grand’: un grande uomo o un grand’uomo. Il plurale è sempre grandi, sia al maschile che al femminile.
L’aggettivo santo si tronca in san davanti a nomi maschili inizianti per consonante diversa da s impura: San Francesco. Davanti a nomi inizianti per s impura si usa santo: Santo Stefano. Davanti ai sostantivi inizianti per vocale, sia maschili che femminili, santo e santa subiscono l’elisione in sant’: Sant’Antonio, Sant’Orsola.
L’aggettivo buono si tronca in buon davanti a un nome maschile che comincia per consonante (eccetto z, ps, gn, x e s impura) o per vocale: buon ragazzo, buon amico, buono studente. Davanti ai nomi femminili che cominciano per vocale si può elidere in buon’: buona o buon’amica.
3.1.2. Gradi dell’aggettivo qualificativo
Poiché una persona o una cosa possono avere una certa qualità in misura uguale, maggiore, minore o massima rispetto a un’altra persona o cosa, l’aggettivo qualificativo ha tre gradi: positivo, comparativo e superlativo.
Il grado positivo si ha quando l’aggettivo esprime solo l’esistenza della qualità senza indicarne la misura: Leggo un libro interessante.
Il grado comparativo stabilisce un paragone fra due termini rispetto a una medesima qualità o un confronto fra due qualità riferite allo stesso termine. Può essere di tre tipi: di uguaglianza, di maggioranza e di minoranza.
Il comparativo di uguaglianza si ha quando la qualità espressa dall’aggettivo è presente in misura uguale nei due termini di paragone e si forma con l’aiuto delle particelle correlative (così)... come, (tanto)... quanto: Lucia è simpatica come sua sorella; Luigi è così onesto come buono; Carlo è tanto ricco quanto avaro.
Quando la comparazione fatta tra due sostantivi si riferisce a quantità si usa la formula tanto... quanto, però in questo caso tanto e quanto concordano con i sostantivi ai quali si accompagnano: Luisa compra tanti cappelli quante sciarpe.
Il comparativo di maggioranza si ha quando la qualità espressa dall’aggettivo è presente in misura maggiore nel primo che nel secondo termine di paragone e si forma con l’aiuto delle particelle correlative più... di, più... che: Mario è più alto di Luigi; Anna è più simpatica chebella.
La formula più... disi usa quando il paragone si realizza fra due termini, rispetto a una stessa qualità. La preposizione disi usa anche davanti all’avverbio quanto: Gino è più veloce di Aldo; Questo ristorante è più costoso di quanto pensassi.
La formula più... che si usa quando il paragone si riferisce allo stesso termine e si realizza fra due sostantivi, due aggettivi, due verbi al modo infinito o due avverbi, o due pronomi retti da preposizione: Ho avuto più gioie che dispiaceri; Ha dato più ragione a Luisa che a Marco; Questo allievo è più astuto che intelligente; Mi piace più ascoltare che parlare.
Il comparativo di minoranza si ha quando la qualità espressa dall’aggettivo è presente in misura minore nel primo che nel secondo termine di paragone e si forma con l’aiuto delle particelle correlative meno... di, meno... che: La rosa è meno profumata del gelsomino; È meno facile salire che scendere. Le particelle correlative meno... di, meno...che si usano nelle stesse condizioni come più... di, più... che.
Il grado superlativo dell’aggettivo indica che una determinata qualità è posseduta al massimo grado o comunque in misura molto elevata e può essere relativoo assoluto.
Il superlativo relativo indica che una qualità è posseduta al massimo (superlativo relativo di maggioranza) o al minimo grado (superlativo relativo di minoranza) relativamente a un determinato gruppo di persone o cose.
Si differenzia formalmente dal comparativo di maggioranza o di minoranza per la presenza dell’articolo determinativo davanti all’avverbio più (o meno) quando l’aggettivo precede il nome, o al nome cui l’aggettivo si riferisce se l’aggettivo è posposto: Leopardi è il più grande poeta italiano dell’Ottocento; Luisa è la persona meno adatta per questo lavoro.
Se il termine di confronto collettivo plurale è espresso esplicitamente, questo è introdotto dalla preposizione dio, meno spesso, tra, fra: Carlo è il più fortunato di tutti.
Il superlativo assoluto indica che una qualità è posseduta al massimo grado, indipendentemente da ogni confronto e da ogni termine di riferimento. Si può formare:
a) aggiungendo il suffisso -issimo all’aggettivo di grado positivo privato della vocale finale: alt(o) - altissimo, felic(e) - felicissimo, malevolo - malevolentissimo
b) premettendo all’aggettivo di grado positivo un avverbio, che ne rafforza il significato, come molto, assai, decisamente, incredibilmente, estremamente, oltremodo: I miei amici ti hanno trovato molto simpatico.
c) ripetendo l’aggettivo di grado positivo: La mia città è grande grande grande.
d) premettendo all’aggettivo di grado positivo prefissi come arci-, ultra-, extra-, stra-, super-, sopra-, sovra-, iper-ecc.: contento – arcicontento, rapido – ultrarapido ecc.e) rafforzando l’aggettivo positivo con un altro aggettivo o con un sostantivo di significato analogo; in questo caso, però, è necessario utilizzare certe “formule” che fanno parte delle espressioni idiomatiche della lingua italiana: stanco morto = stanchissimo, buio pesto = molto buio, ricco sfondato = ricchissimo, pieno zeppo = pienissimo ecc.
3.2. Gli aggettivi determinativi o indicativi
A seconda del tipo di determinazione che esprimono, gli aggettivi determinativi o indicativi si distinguono in: possessivi, se esprimono una determinazione di possesso; dimostrativi, se indicano una posizione nello spazio; indefiniti, se indicano una quantità generica; interrogativi, se esprimono una determinazione interrogativa; esclamativi, se esprimono una determinazione esclamativa; numerali, se indicano una quantità precisa o un ordine in una serie numerica.
3.2.1. Gli aggettivi possessivi
L’aggettivo possessivo ha le seguenti forme:
|
Maschile |
femminile |
I persona singolare |
mio miei |
mia mie |
La lingua italiana possiede anche gli aggettivi possessivi proprioe altrui.
Proprio(propria, propri, proprie), che è anche aggettivo qualificativo e può avere funzione di avverbio, esprime l’idea di possesso in modo molto netto e preciso e si usa:
- in sostituzione degli aggettivi possessivi suoe loro, con riferimento al soggetto, specialmente quando questi potrebbero creare equivoci non indicando chiaramente il possessore: Luigi si è intrattenuto con Luca nel proprio ufficio (= nell’ufficio di Luigi stesso).
- per rafforzare l’aggettivo possessivo, quando si sottolinea il senso di proprietà o il valore affettivo del possesso: Ho dipinto la casa con le mie proprie mani.
- obbligatoriamente, nelle costruzioni impersonali: Si deve fare il proprio dovere.
- preferibilmente, nelle frasi che hanno come soggetto un pronome indefinito: Tutti possono esprimere il proprio pensiero.
Altruiè un aggettivo possessivo indefinito che si usa soltanto in riferimento a persona. È invariabile e solitamente viene posto dopo il nome: Dobbiamo rispettare le opinioni altrui.
3.2.2. Gli aggettivi dimostrativi
Gli aggettivi dimostrativi precisano la posizione dell’oggetto e della persona cui si riferiscono rispetto a chi parla o a chi ascolta. Sono sempre anteposti al nome o all’aggettivo che eventualmente lo precede. Non sono mai preceduti dall’articolo.
In italiano, gli aggettivi dimostrativi sono questo, quello e codesto: concordano con il nome cui si riferiscono e presentano forme variabili nel genere e nel numero:
singolare |
plurale |
||
maschile |
femminile |
maschile |
femminile |
questo |
questa |
questi |
queste |
a) Questo è usato per indicare ciò che sta vicino a chi parla. Al maschile e femminile singolare questo si può elidere davanti a vocale, ma al plurale non si elide mai: quest’anno / questo anno - questi anni, quest’amica / questa amica - queste amiche. In alcuni composti la forma femminile questa diventa sta: stamattina, stasera, stavolta.
b) Codesto (meno comune cotesto) è usato per indicare ciò che è vicino a chi ascolta; il suo uso è limitato alla Toscana e al linguaggio letterario e burocratico. Nella lingua comune viene sostituito da questo: Portami codesto foglio che hai in mano; In codesta occasione non ti sei comportato bene; Codesto discorso non è da te.
c) Quelloè usato per indicare ciò che è lontano sia da chi parla sia da chi ascolta: Conosci quel signore?; Quell’anno al mare siamo stati proprio bene.
Al maschile, sia singolare sia plurale, quello presenta forme diverse a seconda di come inizia il sostantivo cui è legato, comportandosi in modo del tutto analogo all’articolo determinativo: il silenzio - quel silenzio, lo studente - quello studente, l’amico - quell’amico, i cavalli - quei cavalli, gli scolari - quegli scolari, gli abiti - quegli abiti.
L’elisione della forma femminile quella davanti a vocale è facoltativa: quell’amica / quella amica - quelle amiche.
Altri aggettivi dimostrativi
a) Stessoe medesimo. Sono chiamati dimostrativi di identità o identificativi, perché indicano identità più o meno completa fra due elementi. Fra stessoe medesimo, il secondo è meno comune e di tono più letterario.
Variabili nel genere e nel numero, hanno il significato di “uguale, identico”, stanno sempre prima del nome e, diversamente dai dimostrativi, possono essere preceduti dall’articolo: Ho lo stesso posto dell’anno scorso; Mario dice sempre le medesime cose.
Stessoe medesimo possono avere anche valore rafforzativo; in questo caso si pospongono generalmente al termine cui si riferiscono e significano “perfino, proprio lui, lui in persona”: Il suo valore è riconosciuto dagli avversari stessi; Il presidente medesimo si congratulò con loro.
b) L’aggettivo indefinito tale e gli aggettivi simile e siffatto sono aggettivi dimostrativi identificativi quando significano “questo”, “quello”, “di questo tipo”, “di questa natura”: Non dire più tali sciocchezze; Un simile comportamento è indegno di te; Non posso rispondere a siffatte domande.
3.2.3. Gli aggettivi interrogativi
L’italiano ha tre aggettivi interrogativi: quale, chee quanto.
a) Quale, variabile nel numero, serve per formulare una domanda sulla qualità o sull’identità del sostantivo cui si riferisce: Quale libro preferisci?
Al singolare, quale può subire il troncamento in qual davanti a vocale e, talvolta, anche davanti a consonante diversa da z, x, gn, pn o s impura: Qual è la tua opinione?; Qual senso, qual errore esiste?
b) Cheè invariabile ed equivale a “quale”, rispetto a cui è di uso più comune nella lingua parlata: Che fumetti leggi di solito?; Dimmi in che mese sei nato.
c) Quanto, variabile in genere e numero, serve per chiedere informazioni relative alla quantità del sostantivo cui si riferisce: Quanto denaro hai speso?; Quante persone verranno a cena?; Dimmi quanto zucchero vuoi nel caffè.
3.2.4. Gli aggettivi esclamativi
Gli aggettivi quale, chee quanto sono aggettivi esclamativi quando si usano nelle esclamazioni per mettere in risalto la qualità, l’identità o la quantità del nome cui si riferiscono: Che giornata stupenda!; Quali maltrattamenti subimmo!; Qanta bontà ha dimostrato quell’uomo!
Elena Pîrvu; Ramona Vasile; Aurelian Velea, La lingua italiana. Fonetica. Fonologia. Morfologia, Craiova, Editura AIUS, 2001, pp. 52-80.
Maurizio Dardano; Pietro Trifone, Grammatica italiana. Con nozioni di linguistica, Terza Edizione, Bologna, Zanichelli Editore, 1995, pp. 209-257.
Luca Serianni (con la collaborazione di Alberto Castelvecchi), Grammatica italiana. Italiano comune e lingua letteraria, Bologna, UTET Libreria, 1989, pp. 191-235 e 267-326.
Fonte: http://cis01.central.ucv.ro/litere/idd/cursuri/an_1/limba_straina/italiana/lb_it_an1.doc
Sito web da visitare: http://cis01.central.ucv.ro
Autore del testo: E. PÎRVU
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"Ciò che sappiamo è una goccia, ciò che ignoriamo un oceano!" Isaac Newton. Essendo impossibile tenere a mente l'enorme quantità di informazioni, l'importante è sapere dove ritrovare l'informazione quando questa serve. U. Eco
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