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INTRODUZIONE ALL’ITALIANO CONTEMPORANEO
1. L’ITALIANO E LE LINGUE ROMANZE
Cos’è la linguistica?
La linguistica si occupa di:
La linguistica può essere divisa in base agli scopi:
La nascita della linguistica
La linguistica nasce con l’invenzione dell’alfabeto ed è una riflessione sulla lingua. Ha una rilevanza nel mondo classico (Aristotele, Varrone, Quintiliano). Nel Medioevo si assiste alla nascita dei volgari, che si oppongono al latino. Si da la prima definizione di grammatica, che è il rapporto tra il latino e le lingue volgari e assume importanza con Ascoli. Linguistica e grammatica sono due cose completamente diverse: la linguistica è una scienza, è una serie di conoscenze ordinate, che consente di giungere a verità obiettive, legate ad alcuni fenomeni culturali. La grammatica non è una scienza, ma un’insieme di convenzioni e norme individuate e scelte da qualcuno, che fanno riferimento alle regole di sintassi e logica di una lingua. La grammatica dice cosa è giusto e cosa no, mentre la linguistica studia il valore della frase, cioè la funzione della parola nella frase.
L’italiano fa parte delle lingue romanze, suddivisibili nei seguenti gruppi:
Il rumeno
Parlato nella Romania politica, in Istria (istrorumeno), in alcune regioni della penisola balcanica (macedorumeno), Asia minore e nelle vicinanze di Salonicco (meglenorumeno) e ha una varietà letteraria (dacorumeno).
Lo spagnolo
Si parla nella Spagna politica tranne in Catalogna, Valencia, nelle quattro province nord – occidentali (Galizia) e nelle province basche (area pirenaica). Viene parlato anche in America latina, Texas, California, Arizona. La varietà letteraria è il castigliano e ha alcuni dialetti: asturiano – leonese, aragonese, andaluso; sono tutte variazioni dello spagnolo, dovute a motivi di provincia.
Il portoghese
Parlato nel Portogallo politico, in Galizia, negli Arcipelaghi delle Azzorre e di Madera, Brasile, Angola e Monzambico, lingue creole (parlate da popolazioni con denominazione politica portoghese di Asia e Africa). La varietà letteraria è il gallego (Lusitania settentrionale).
Il catalano
È una lingua ponte (cioè a cavallo tra l’italo – romanzo e il gallo – romanzo). Si parla nella Catalogna storica (Barcellona), in Valencia e Alicante, nelle isole Baleari, Andorra, Rossiglione (Francia) e Alghero. La varietà letteraria è il barcellonese.
Il francese
Parlato nella Francia politica, Vallonia (Belgio), Svizzera francese, Lussemburgo, Canada, Marocco, Algeria, Haiti. La varietà letteraria è il franciano. La Francia ha dialetti: pittavino, normanno, piccardo, vallone, lorense, borgognone, champenois. La varietà letteraria è la lingua individuata come modello di riferimento per la lingua scritta.
Il provenzale (occitano)
È una lingua storica, che si sviluppa nelle prime scuole letterarie e poetiche. Si parla nella Provenza storica (antica Gallia), in val Pellice, Chisour, Susa, Vermenagna, Stura, Maira, Gesso, Guardia Piemontese. La varietà letteraria è il limosino
Il guascone
È parlato in Guascogna e Bearu e non ha varietà letteraria
Il francoprovenzale
Si parla nella Francia sud – orientale (Lione, Delfinato, Savoia, Franche – Comtè), Svizzera romanza (Ginevra, Neuchâtel, Losanna), Val d’Aosta, Valli di Lanzo, media – bassa val di Susa. La varietà letteraria è il lionese.
Il ladino o retroromanzo
È parlato nella regione alpina centrale ed orientale (antica Rezia). Si divide in tre:
Non ha varietà letteraria
Il dalmatico
È l’unica lingua scomparsa. Nel 1898, quando Udìna morì, solo, vecchio, stanco, sfigato e senza figli, si esaurì perché questo era l’ultimo parlante. Si parlava lungo la costa dalmata, da Fiume all’Albania e nell’isola di Veglia (infatti è anche chiamato vegliato, da Matteo Partoli).
2. IL REPERTORIO LINGUISTICO DEGLI ITALIANI
Il repertorio linguistico degli italiani
Per repertorio linguistico si intende l’insieme di italiani. Ma non tutti gli italiani parlano (solo) italiano: sono considerati nativi dell’italiano, coloro che lo utilizzano come socializzazione primaria e usano il dialetto del gruppo italo – romanzo. Ci sono cinque lingue romanze e sei lingue o varietà non romanze. Il repertorio linguistico è molto complesso
Le cinque lingue romanze sono:
Le sei lingue non romanze sono:
26/02/2013
Come definire tale repertorio?
Vi sono due “(dia)sistemi” fondamentali (rappresentazione unitaria delle caratteristiche che accomunano due sistemi geneticamente affini):
Si collocano su posizioni diverse perché da un punto di vista sociale alla lingua sono affidati gli stili scritti, alti e istituzionali, ai dialetti il parlato, basso e familiare.
In Italia si parla si diglossia (coesistenza di due sistemi linguistici che hanno prestigio sociale diverso) oppure «situazione di bilinguismo (coesistenza di due lingue autoctone e allo stesso livello) endogeno a bassa distanza strutturale» [G. Berruto]
Le due lingue a contatto sono interne al territorio considerato o alle comunità del territorio (“endogeno”) e sono simili tra loro (“a bassa distanza strutturale”), hanno tratti in comune. Non bisogna commettere l’errore di pensare che i dialetti italiani siano simili all’italiano: lo esano all’origine ma poi si sono separati da esso tanto che il dialetto lucano è più distante dall’italiano dallo spagnolo.
Oggi:
La regione in cui si parla meno l’italiano in casa e nelle comunicazioni primarie è il Veneto (17%) seguito dalla Sicilia. La regione in cui si parla di più è la Liguria (62%).
Vi sono però delle eccezioni (apparenti); Toscana (Firenze): non si può parlare di bilinguismo perché dialetto fiorentino e italiano sono fondamentalmente la stessa cosa, anche se l’italiano nasce dal fiorentino letterario trecentesco, e quindi il dialetto è cambiato e non è più uguale all’italiano; e Roma: è esistito un volgare romanesco fino al Sacco di Roma (1527 – 28, quando Carlo V e i Lanzichenecchi distrussero Roma per motivi politici e religiosi. Segna la fine del rinascimento italiano, danni ingenti, muore il 50% dei romani più altri in seguito a carestie), in seguito al quale si ha la sua prima scomparsa. Subito dopo, Clemente VII (figlio di Giuliano de’ Medici, nipote di Lorenzo) deve ripopolare la città e si porta dietro la sua corte toscana (lingua fiorentina). Pochi anni dopo l’unità, diventa capitale, quindi qui si deve parlare italiano e si deve diffonderlo come lingua nazionale (insegnato nelle scuole, usato in pubblica amministrazione). Questo per quanto riguarda l’area urbana; in periferia si parlano i dialetti laziali.
Vi sono territori in cui accanto a italiano e dialetti ci sono altre lingue: nella comunità di Gressoney si parlano fino a 5 lingue contemporaneamente (italiano, tedesco [varietà alte], dialetto piemontese [varietà media], titsch [un dialetto tedesco] e francoprovenzale [varietà basse]; lo stesso avviene nelle isole greche salentine (italiano, dialetto pugliese, dialetto salentino e grico) e della Calabria. Anche le migrazioni interne sono alla base di complicazioni, forte componente meridionale (a Torino soprattutto pugliese, siciliano e calabrese). È altrettanto complesso il panorama dialettale; si individuano cinque macro aree:
27/02/2013
Dialetto e lingua: preliminari di metodo
Per dialetto si intende una varietà linguistica non standardizzata:
Quando si parla di lingua, invece, si intende:
Il termine “dialetto” è ambiguo, e la discussione parte da Dante. È sinonimo di lingua, mentre per altri è una lingua minore; altri ancora lo vedono come variante locale di una lingua nazionale; si pensa a una “parlata rustica” di culture subalterne e arretrate (accezione negativa); oppure a una lingua priva di tradizione scritta (letteraria); o ancora a un sistema comunicativo di minor prestigio e addirittura a una minoranza linguistica.
In realtà:
Secondo M. Weinreich, “una lingua è un dialetto con un esercito e una marina” (1945). Sinonimi di dialetto sono: parlate, patois, varietà e vernacoli.
Le varietà sono:
Fra dialetto e lingua
I dialetti italiani sono varietà italo – romanze indipendenti. Si parla di dialetti “primari e “secondari”:
Gli italiani regionali:
3. LE VARIETà DELL’ITALIANO CONTEMPORANEO
Le varietà dell’italiano contemporaneo
L’italiano è una gamma assai ampia di diversificazione, perché esistono molte varietà. Esistono dei parametri che consentono di individuare le varietà dell’italiano:
I quattro parametri sono tra loco connessi; un italiano di livello alto a livello diastatico si collocherà in alto sotto un livello diafasico, diatopico e diamesico.
4/03/2013
La variazione linguistica
La varietà diamesica
Regioni di differenziazione tra scritto e orale:
Diversi fattori su diversi livelli di analisi:
Le differenze tra scritto e parlato
Tre ambiti diversi:
Punto di partenza e di riferimento: la lingua scritta (scritto = scritto formale, cioè grammatica). L’italiano è una lingua letteraria.
Tratti del parlato
Una distinzione preliminare si ha tra:
Differenze a livello:
Testualità e pragmatica
Livello massimo di differenziazione
Cfr. la trascrizione di un testo parlato:
Esempio
[da A.A. Sobrero, Introduzione all’italiano contemporaneo, II, Roma-Bari, Laterza, 2007, p. 41].
[Domanda: cosa fai nel tempo libero?]
Eh, io sto in un gruppo- … che-e... siamo studenti nelle… più che altro studenti del liceo ma anche… universitari… che-e facciamo assistenza… assistenza sociale, insomma… nei quartieri popolari più che altro, nelle borgate di Roma o anche a Trastevere, così… con degli anziani, con persone anziane che hanno problemi… degli anziani poveri insomma… e con… cerchiamo di fare… delle scuole popolari anche con… con dei bambini che hanno più problemi scolastici così, anche problemi familiari… genitori analfabeti e cose di… così, di questo genere.
Da notare:
Le particelle discorsive
Hanno la funzione di:
Sono segnali di attenuazione (“diciamo”, anche con valore di riformulazione o correzione)
Possono essere demarcativi:
Sono connettivi pragmatici (specificano le relazioni semantiche fra le parti del testo):
Altri segnali discorsivi (fatismi):
5/03/2013
La sintassi
Tre ambiti di diversificazione:
Sintassi del periodo
Paratassi (rapporto di dipendenza sintattica tra 2 o più proposizioni, struttura tipica dei discorsi [coordinazioni]) vs. ipotassi (rapporto di dipendenza che lega alla principale le altre proposizioni; è il sistema tradizionale della scrittura [subordinazione]: giustapposizione asindetica e coordinazione (sequenza ravvicinata di due o più frasi che tra di loro non sono legate da nessi subordinanti o coordinanti; l'asindeto nasce come figura retorica della sintassi) . Limitata gamma di proposizioni subordinate. Ventaglio minimo di nessi di subordinazione:
L’ordine dei costituenti frasali
Presenta una sintassi rigida SVO. La funzione: sottolineare l’articolazione tema/rema e marcare la struttura informativa della frase. Tre tipologie di frasi:
(Bembo: dislocazione elemento popolareggiante, però è usato frequentemente da Dante e Boccaccio ed è presente nel Placito Capuano [960 - 963]
La coesione sintattica
Ricorrenza di strutture sintattiche interrotte:
Andamento superficiale apparentemente disordinato e sconnesso nell'oralità
Morfologia
Le differenze più evidenti scritto/parlato riguardano i verbi e i pronomi, categorie grammaticali soggette spesso a irregolarità.
Il piuttosto che: «… di questo passo, saranno gli omosessuali piuttosto che i poveri piuttosto che i neri piuttosto che gli zingari ad essere perseguitati»; non ha più solo funzione avversativa, ma anche disgiuntiva, come sinonimo di "o, oppure". Questa deformazione nasce tra Torino e Milano negli anni '80 come forma "snob" di parlato.
Paradigmi e funzioni morfologiche semplificati nel parlato, abuso di modi e tempi dell'indicativo.
I verbi
Sottoutilizzazione di alcuni tempi e modi
Concentrazione di valori e impieghi su alcuni tempi dell’indicativo (presente, imperfetto, passato prossimo sono i tempi predominanti): è sparito l'uso del passato remoto tranne che in certe regioni meridionali, il trapassato prossimo nei rapporti di anteriorità dove ci vorrebbe il congiuntivo imperfetto.
Imperfetto come modo a scapito del condizionale (imperfetto di cortesia): nasce per sostituire il presente indicativo che pare meno cortese
Diminuzione del congiuntivo nei verba putandi (di opinione: credo, penso...), sovrastato dall'indicativo.
I pronomi
Hanno diverse funzioni, ne esiste una vasta gamma, quindi a livello orale alcuni sono stati semplificati. Maggiore frequenza di personali (enfasi espressiva):
Fonetica e pronuncia
Fenomeni connessi con la velocità di articolazione
Il ritmo “allegro”
Fusione di parole all’interno del gruppo tonale con riduzione del numero delle sillabe:
Fenomeni di fonosintassi:
6/03/2013
Il lessico
Gamma di diversificazione ridotta. Frequenti ripetizioni dello stesso lessema. Lessemi dal significato generico (parole passe-partout): cosa, roba, affare, coso, tipo, fare, venire, andare, ecc.
Superlativi morfologici in –issimo. Diminutivi morfologici in –ino: il caso di attimino. Cfr. varietà diastratiche, diafasiche, diatopiche.
Varietà diastatiche
Varietà correlata con lo strato (classe) sociale. Fattori determinanti:
La variabile sociolinguistica: insieme di varianti della lingua connesso con fattori sociali.
Tra italiano formale – aulico e italiano popolare.
Italiano popolare
Varietà sociale per eccellenza, è l’insieme di usi ricorrenti nel parlato e nello scritto di persone non istruite; le sue caratteristiche sono:
Presenta numerose devianze dall’italiano normativo:
Per una tipologia dell’italiano popolare
Fenomeni da ascrivere a due ordini di meccanismi:
SINTASSI
Il periodo ipotetico dell’irrealtà presenta un conguaglio verbale nella protasi e nell’apodosi:
Si hanno scambi funzionali tra aggettivi e avverbi:
E concordanze a senso:
Presenta il che polivalente in tutta la sua gamma di impieghi:
oppure come indicatore generico di subordinazione:
Come introduttore generico della relativa:
Il che rafforzativo o integrativo: siccome che, mentre che, malgrado che, quando che, ecc.
LESSICO
Presenta i “malapropismi” (parola che deriva dalla commedia inglese “Malaprop”), con cui si intende una parola che non viene ricordata dal parlante italiano e viene sostituita da una parola simile, e le storpiature
Assimilazione di ciò che non è familiare al noto e burocratismi, cultismi, tecnicismi, espressioni stereotipate da scuola, mass-media, ecc.
11/03/2013
MORFOLOGIA
Gli aspetti più interessanti sono relativi a pronomi e avverbi; i più frequenti sono relativi a ci, che diventa un clitico “tuttofare”. In grammatica è pronome di prima persona plurale (nominativo e accusativo). A livello di italiano popolare viene usato anche in funzione di soggetto e complemento oggetto, o come dativo generalizzato che neutralizza le opposizioni di genere e numero:
Il parlante si rende conto che il “ci” è sbagliato con un altro pronome, che ha maggior cortesia, ma è grammaticalmente sbagliato e usa il Le dativomaschile:
Me/te in luogo di io/tu (soggetto):
Anche i verbi sono soggetti a eccezioni e errori:
In ambito popolare è molto diffuso lo scambio tra “il” e “la” (morfologia nominale) e la regolarizzazione dell’articolo:
Si ha poi l’estensione analogica delle desinenze più regolari dei nomi: i ginocchi, l’uniforma, ecc.
FONOLOGIA
Fenomeni marcatamente regionali
Italiano popolare = italiano regionale basso
Si hanno fenomeni di epentesi e assimilazioni prevalentemente al Sud o nelle lingue che si parlavano prima dell’imposizione del latino:
Nello scritto
Altre varietà diastratiche
Varietà diastratica alta: italiano colto = italiano standard
Altre differenziazioni su scala sociale:
Uomini vs. donne:
Varietà diatopiche
Italiano contemporaneo cambia a seconda del luogo, della comunità geografica in cui viene parlato. Non si parla di dialetti, ma di italiano e di sue variazioni su base territoriale. Queste prendono il nome di italiani regionali
L’italiano regionale
INTRODUZIONE
Storia e caratteristiche della lingua italiana uniche in Europa
Alcuni paralleli con la lingua tedesca:
Ma una grande differenza:
DEFINIZIONE
«Sottoinsieme coerente di italiano fortemente influito, a tutti i livelli, dal dialetto, al punto che i tratti identificanti di questo italiano, quelli che lo differenziano da un (ipotetico) italiano medio, sono proprio, e quasi solo, quelli locali» [Cortelazzo 1992]
Le varietà di italiano regionale sono:
Vi sono varietà diverse dal punto di vista del prestigio (sviluppo delle città del Nord con borghesia capitalistica e nascita delle TV private). Oggi la varietà ad avere più prestigio a livello socio - linguistico
Le differenze
FONETICA
Nord
Toscana
12/03/2013
Roma e il centro
Sud
Dovendo racchiudere le caratteristiche di più varietà regionali, è difficile trovare caratteristiche comuni a tutte le aree.
MORFOSINTASSI
Nord
Toscana
Italia centrale e Roma
13/03/2013
Sud
LESSICO – GEOSINONIMI
Parole di uso regionale (= regionalismi) che, nelle varie parti del territorio italiano, designano uno stesso oggetto. Come i sinonimi: significato uguale e forma diversa (rispetto ai corrispondenti termini dell’italiano standard). A differenza dei sinonimi: diffusione areale limitata.
Esempi:
La <<gomma da masticare>>
3 tipologie ricorrenti:
Esiti di diffusione areale circoscritta:
L’origine è lo spagnolo “cicle”, che designa il mastice o la gomma. “Cicles” può essere arrivato qui:
Criteri di distinzione e tipi
Vari parametri per la classificazione dei geosinonimi.
Criterio del raffronto con il toscano (Sobrero 1988: 733):
Criterio del ‘rango’ o della forza espansiva (De Felice 1977):
18/03/2013
Il fattore “prestigio” nella diffusione dei geosinonimi
Prestigio culturale o economico: formaggio, panetteria, ecc.
Il prestigio “nascosto” (ingl. covert prestige) e il medium giornalistico-televisivo-cinematografico: inciucio, monnezza, pennica, bella, scialla, tardona, patacca, una cifra, ecc.
I geosinonimi «alimentari».
I geosinonimi locali: gondola, catasto, pizza, panettone, grissini, ecc.
Varietà diafasiche
Due categorie di sottocodici:
I registri
Fattori determinanti della variazione:
→ grado di attenzione e di controllo nell’attuazione della produzione linguistica
Tra italiano trascurato e italiano aulico
I REGISTRI BASSI
Si usano nella comunicazione più informale
Alcuni tratti dei registri bassi = italiano parlato-parlato:
Incrocio fra variazione diafasica, diastratica e regionale
I REGISTRI ELEVATI
Alto grado di formalità
Sovrapposizione con l’italiano scritto-scritto:
Impiego ricorrente di parole complesse (derivati, composti)
Uso di forestierismi (soprattutto cultismi [latinismi, grecismi])
Lessemi e varianti morfologiche arcaizzanti (ove, onde, giacché, rammentare, palesare, debbo, v’è)
I segni grafici:
4. L’ITALIANO GERGALE
L’italiano gergale
Il gergo: definizione, carattere, funzioni
Segretezza del gergo
Altri gerghi
I linguaggi teatrali
Gerghi in senso lato
Gerghi transitori
Il gergo “strictu sensu”
I GERGANTI
Una lingua “di classe”
I gerghi della storia: le fonti letterarie
Linguistica del gergo
19/03/2013
Il gergo oggi
Pier Paolo Pasolini: (1952) “Ragazzi di vita” racconta vicende di alcuni “pischelli” delle periferie romanesche; per rappresentare realisticamente frequenta queste persone, annota ciò che è importante a livello linguistico e lo riporta nell’opera. Desidera un riscatto per la classe del proletariato, dandole voce. Nel 1959 scrive “Una vita violenta”: grazie a lui questi termini sono entrati nel gergo comune e sono usati solo oggi.
Esempi dal gergo carcerario centro – meridionale
Neologismi gergali di “Ragazzi di Vita”
Usate per la prima volta da Pasolini e inserite nel lessico
1. Singole parole:
abbioccato, acchittarsi, appioppare, arrapato, battere, battona, benza, caramba, cartina, cazziata, ciofeca, coatto, filare, ingrifato, marchetta, pappone, pellegrino, piedi piatti, rimorchiare, rosicare, sacco, sampietrino, sbarellare, sbolognare, scafato, scaricare, sgamare, sgarro, smandrappato, spinello, zinna, ecc.
2. Sintagmi e locuzioni:
di brutto; stare in campana; essere giù di carrozzeria; essere una pippa; ecc.
A Roma, gallina = biocca e quando cova si abbiocca: quindi abbioccarsi vuol dire essere stanco; barella = i due non vanno dritti e quindi sbarellare
NOMINATIO: Denominazione di persone con soprannomi o nomignoli. Questa pratica nasce all’interno dell’ambito gergale per celare le identità. Un esempio interessante è costituito da “Romanzo criminale” (Giancarlo di Cataldo, 2002): ambientato a Roma negli anni ’70, racconta la storia di lotte tra bande malavitose per traffico di droga e prostituzione; i personaggi hanno tutti dei soprannomi (divergenza tra nome esplicito e condotta illecita), mentre le donne hanno nome e cognome (convergenza tra nome esplicito e condotta lecita):
5. IL LINGUAGGIO GIOVANILE
Il linguaggio giovanile
Come il gergo, non è facilmente collocabile in una delle varietà degli assi di riferimento (molto in basso nell’asse diafasico e diamesico) [“Pazz”, regia di Renato de Moria, 2002: omaggio ad Andrea Pazienza, soprattutto ai personaggi principali dei suoi fumetti; ambiente universitario bolognese del ’77, contestazione giovanile. Uso corrente del linguaggio giovanile su più livelli; uso di “cioè, tipo, praticamente..”. Emerge alla fine il linguaggio politico “società, meritocrazia, fascista..”
Il giovanilese si caratterizza per una forte contrapposizione alla società e ai suoi aspetti più istituzionali. Rifiuto generale delle formule di cortesia, viste come aspetto di una società piramidale. Alla base del giovanilese storico c’è il disfemismo ≠ eufemismo. Dati due lessemi, intenzionalmente si utilizza quello più volgare o più volgare, in contrapposizione alla lingua standard dell’ordine costituito.
20/03/2013
La variabilità del sottocodice è condizionata da vari fattori:
Un po’ di storia
Secondo alcuni è una varietà astorica, molto recente e quindi da considerare dal punto di vista sincronico. Se confrontato con il resto dell’Europa, l’Italia è arrivata in ritardo: in Germania si hanno le prime attestazioni scritte del giovanilese a fine ‘700 (situazione simile in Francia). Nuovi ruoli dei giovani nella società contemporanea, con maggiori gruppi universitari e maggiore istruzione soprattutto nelle città del Nord. Importante anche la diffusione dei mass – media, soprattutto canzone e cinema, che hanno consentito la diffusione del giovanilese e ne hanno influenzato il linguaggio. Altro elemento è stato il servizio di leva: i giovani sviluppano in caserma un linguaggio, il gergo militare, che è parallelo al giovanilese. Non ci sono attestazioni dell’italiano giovanile prima della Seconda Guerra Mondiale; la prima attestazione certa di una varietà di giovanile risale al 1950 – 55 ed è ristretto ad un gruppo di giovani benestanti di Milano che si ritrovano in Via Montenapoleone: il gruppo dei montenapi.
Non tutti gli studiosi di linguistica sono concordi nel considerare questo gruppo come punto di nascita dell’italiano giovanile, ma ci sono dei documenti scritti che attestano che parlavano una loro lingua in cui si riconoscevano, né standard, né sub standard. La più importante testimonianza scritta è un romanzo di Franca Valeri “Il diario della signorina snob” (1952), che riproduce nella trama le azioni di questo gruppo e ne riproduce, a volte parodiandolo, il linguaggio (testimonianza importante). Caratteristiche evidenti: foneticamente il ricorso alle “r” uvualri (connotazione snobbistica), morfologicamente uso di diminutivi o accrescitivi in voga ancora oggi (ferrarino, festone, champagnino) o l’uso dei costrutti con –super (supervacca); qui attestate per la prima volta abbreviazioni inizialmente snob (cine, tele, coca). Per quanto riguarda il lessico, tracce presenti ancora oggi sono denominazioni dei genitori, come “fossili, matusa, avi”, per sottolineare l’età avanzata, e per i soldi, come “argento, grana, carta”. Nel romanzo si attestano neologismi quali “bikini, mocassini, blue jeans, di brutto, a palla, salvarsi in corner…”. Questo gruppo, anche se non usa a tutti gli effetti il giovanilese perché non ne è consapevole, è un precursore dell’italiano giovanile. A partire dalla prima metà degli anni ’60 la letteratura si mostra attenta alla nascita del linguaggio giovanile.
Prime tracce, entrambe di ambientazione milanese:
Apporto fondamentale per il giovanilese:
A metà degli anni ’70 si sviluppa in Italia una corrente numerosa che continua ancora oggi e si ispira a Simonetta e a Corti:
Bisogna considerare, poi, un gruppo sociale dei primissimi anni ’80: i paninari, benestanti milanesi che si trovavano nei bar a panino e primi frequentatori del Mc Donald’s. Non si interessano di politica, ma hanno uno stile di vita incentrato sulla spensieratezza. Primo gruppo giovanile a diffondersi su scala nazionale e internazionale, che si ispirava ai montenapi, usando più o meno lo stesso linguaggio; “sfitty” (da “sfittizia”, cioè ragazza carina, spensierata) è la rivista di riferimento dei paninari (oltre a essere la protagonista di un fumetto). Ci sono stati programmi come “Quelli della notte” (1985) e “Drive in” (1987) incentrati sulle loro vicende e che usano il loro linguaggio.
Dopo i paninari, si ha il periodo del movimento studentesco (1968, Palazzo campana è il primo edificio ad essere occupato dagli studenti): vengono occupate tutte le università tranne la Bocconi di Milano. Impossibilità di tradurre le aspirazioni dei giovani in azioni concrete: nel ’69 – ’70 il movimento finisce ma non fu inutile, perché mise al centro della discussione sociale e politica temi nuovi, come il baronaggio dei professori, il ruolo della donna, il pacifismo, eccetera. Quasi un decennio dopo, nel 1977, il movimento studentesco si riunisce soprattutto in alcune città come Bologna. Giovani che avevano spesso problemi con la famiglia condividono le stesse istanze e creano un loro linguaggio che si colloca in netta contrapposizione con il linguaggio dei poteri forti. Prelude elementi dell’italiano colloquiale, ma anche dell’italiano colto; dal punto di vista semiotico, uniscono nuovi tipi ai testi (graffiti, giornalini, volantini…).
Un medium che ha contribuito allo sviluppo del movimento, anzi il più importante, è il panorama musicale italiano, soprattutto la seconda generazione di cantautori, influenzati dai cantanti nord – americani, come Bob Dylan (temi della guerra del Vietnam), De Andrè, De Gregori e Guccini. Subito dopo, anche il rock italiano influenzerà il movimento (Schiantos, gruppo demenziale bolognese). Usano un linguaggio diretto, espressioni crude di ambito politico e bellico. Uso di slogan: “per quanto voi vi crediate assolti, siete per sempre coinvolti” (La canzone del maggio, De Andrè). Il loro linguaggio non è più né quello dei paninari, né quello dei montenapi.
L’apporto innovativo
Fino a quel momento, l’italiano era una lingua statica, legata all’ambito letterario. Si cercano quindi varietà più espressive che si differenzino dallo standard per una minore formalità. Innovazione nella dimensione intralinguistica (lessico, neologismi) e extralinguistica (tipi di testi, aspetti pragmalinguistici).
Il procedimento lessicologico
Si cerca un registro più espressivo e informale; quindi tra coppia di lessemi formata da eufemismo e disfemismo (rivendicazione di parola prima soggetta a tabù linguistici) si sceglie questo (uso della voce “cazzo” come parola passe – partout). Si assiste a una liberazione espressiva, si iniziano ad usare non solo parolacce, ma altre parole legate all’osceno e alla sfera erotica (figo, fighetto, fregarsene, sfottere..). Ricorso al parlare ironico, soprattutto metaforico, che rimanda alla sfera umoristica. Es.: semifreddo, fossile (persona anziana).
25/03/2013
Rivendicazione linguistica riguardante soprattutto il mondo femminile, l’italiano raggiunge la sua completa maturità grazie al raggiungimento della libertà espressiva, anche delle donne.
Altra caratteristica del procedimento lessicologico è il ricorso al linguaggi settoriali: a livello sociale nascono, si sviluppano e prolificano diversi strumenti di comunicazione di massa e i giovani hanno captato espressioni riferite all’informatica o ad altri campi precisi, li hanno estrapolati e hanno dato loro un nuovo significato (stand – by, sei connesso?, farsi una flebo di qualcosa…). Dai mass – media prendono espressioni (attapirato, nomination, tugurio), che vengono risemantizzate in ambito giovanile. Autore determinante per l’inserimento del linguaggio giovanile in letteratura è P.V. Tondelli, i cui romanzi hanno introdotto a livello letterario personaggi giovani con precise problematiche sociali e ha introdotto anche il giovanilese. Pier Vittorio Tondelli scopre Niccolò Ammoniti e anche l’autore di “Jack frusciante è uscito dal gruppo”, Enrico Brizzi; ha contribuito più di chiunque altro allo svecchiamento del linguaggio (dalla strada, alla pagina scritta, al lettore).
Un nuovo “folklore verbale”
Alla base di tutti i registri giovanili c’è il desiderio di dare maggiore espressività alla lingua, opponendosi alla società con una varietà substandard, meno formale. Anche nella scrittura, dal punto di vista diamesico, prevale il linguaggio parlato, un minor grado di pianificazione sintattica, ripetizioni, ellissi, intercalari. Nei romanzi contemporanei dalla fine degli anni ’70 si assiste allo svecchiamento del linguaggio, con tratti tipici del linguaggio orale, mentre fino agli anni ’60 l’italiano scritto era legato ancora al modello di Manzoni.
Dialettalità persa o riacquistata?
Le varietà giovanili si diffondono nella misura in cui regrediscono i dialetti: per questo si forma soprattutto a Nord e nelle aree urbane, mentre a Sud e nelle aree rurali c’è maggiore dialettalità (eterogeneità del giovanilese in diatopia). Dialetto e giovanilese sono due forme diverse di reazione alla lingua standard verso una maggiore espressività e poi verso una maggiore informalità, anche se per il giovanilese è più forte la contestazione del linguaggio ufficiale, visto come una realtà astratta ed effimera. Il giovanilese diventa il nuovo sub – standard nazionale.
La dimensione internazionale
I giovani mostrano interesse ed apertura verso il mondo, quindi il giovanilese assimila nuovi modelli: in origine si ha una gergalizzazione del mondo della tossicodipendenza, il cosiddetto droghese (trip, down, pusher, overdose [prestiti non adattati], tiro, sniffo, pippo, pista, striscia, sballo [calchi]). La lingua che contribuisce ad influenzare il giovanilese è l’inglese (sia GB che USA). Anni ’60: la musica diventa modello culturale di riferimento (seconda generazione di cantautori, rock, rap, raggae [generi di provenienza americana]). Sulla fine degli anni ’60 e per tutto il decennio successivo si ha l’influenza del fumetto, determinante per la diffusione di anglicismi. Al secondo posto si collocano gli ispanismi per la carica esotica dello spagnolo e giochi di parole, ha una maggiore potenzialità ludica.
Una lingua selvaggia?
Secondo alcuni linguisti, le varietà giovanili sono segno di un cattivo futuro dell'italiano contemporaneo:
Questi punti porterebbero a un risultato evidente dall'analisi degli elaborati dei giovani studenti universitari (prove scritte di letteratura italiana, su 9000 il 60% è insufficiente per mancata conoscenza o competenza dell'italiano). Esiste una lingua ibrida che porterebbe alla morte dell'italiano: l'itangliano, una sorta di lingua franca avente le basi dell'italiano, ma fortemente influenzata dall'inglese.
Per concludere
26/03/2013
6. L'ITALIANO DEI MASS MEDIA
Quando è presente l'elemento dialettale, questo serve quasi sempre solo per dare effetto comico. L'italiano contemporaneo è la lingua dei media.
Gli studi
Fino alla metà del secolo scorso è stato oggetto di scarsa attenzione perchè:
Questo fino a quando B. Migliorini, T. De Mauro e G. L. Beccaria hanno reso anche questo oggetto di studi. Alcune date decisive:
Le lingue dei media: tratti comuni e tratti distintivi
Non può essere inserito l'italiano dei mass media nei linguaggi settoriali, perchè questi riguardano un ambito disciplinare o un argomento settoriale, il lessico privilegia la monosemia e la refenzialità e sono limitate a cerchie ben definite e ristrette di utenti. L'utenza del linguaggio dei media è illimitata, anonima e socialmente indifferenziata. Il destinatario può essere raggiunto tramite carta stampata o supporti audiovisivi. Utenza potenzialmente illimitata e molteplicità di canali di comunicazione.
Non tutti i linguaggi di comunicazione condividono omogenei caratteri particolari, al contrario, si ha una poliedrica natura dei messaggi trasmessi. Si differenziano per:
Presupporrebbero una trattazione separata. Ad esempio: distinzione e funzioni comunicative. Inizialmente le finalità del quotidiano erano cronaca e informazione politica; quelle di radio, TV, internet erano informazione, diffusione della cultura, divertimento e intrattenimento (funzione prevalente della neotv). Cinema e canzone hanno come finalità intrattenimento e cultura. Il messaggio pubblicitario ha una funzione conativa, cioè persuasiva, e avendo una peculiare e particolarissima fisionomia, si separa dalle altre forme. I media sono lontani tra loro, con una forte differenza di linguaggio. Altro fattore di diffusione: pluralità dei modi comunicativi:
Dal punto di vista della fruizione:
Gli ultimi due fanno riferimento alla lingua parlata ma diversa dal libero colloquio dialogico perchè il flusso comunicativo parte dall'emittente in una sola direzione, il ricevente non può intervenire, interloquire o interagire, quindi è un ricevente passivo (eccezioni: telefonate in trasmissione). Ruolo fondamentale è l'iconicità, la comunicazione mediatica è costituita da componente verbale e interazione tra loro; le immagini arricchiscono il linguaggio verbale e in alcuni casi hanno un ruolo dominante rispetto a questo; il rapporto parola/immagine varia a seconda del mezzo utilizzato. Storicamente, l'espressione verbale prevale nei quotidiani (immagini inserite alla fine degli anni '50), mentre nel cinema, tv, e in parte nel web, il linguaggio verbale ha un ruolo ancillare rispetto all'iconicità. Ci sono casi estremi in cui il linguaggio verbale risulta incomprensibile senza l'apporto di immagini o in cui è completamente assente (es: passaggi narrativi o descrittivi di film senza componente verbale come nei road movie 8 [Nanni Moretti "Caro diario", diviso in tre sezioni che rappresentano tre parti del diario in cui Moretti racconta la sua vita: nella scena più celebre girando in moto per una Roma quasi deserta si rende conto di non aver visitato il luogo in cui è morto Pasolini; lo dice, poi silenzio e serie di immagini]). Discorso a parte merita la canzone, che gioca sul rapporto tra componente non verbale (prevale la melodia) e verbale (testo). I testi delle canzoni italiane sono caratterizzate da un linguaggio ripetitivo, stesse rime... Invece nel genere cantautoriale, rap e anche rock, il testo o prevale o è bilanciato alla melodia. Sotto un aspetto qualitativo, l'iconismo può essere grafico (schemi, tabelle, grafici) o figurativo. Questo distingue un iconismo statico (disegni, foto per esempio sui giornali) e un iconismo dinamico (tv e cinema). Le conclusioni che nascono dal rapporto dal rapporto tra linguaggio verbale e non verbale:
Le lingue dei media: l'oralità
La lingua dei media non è omogenea, ma ha diverse finalità e mezzi di comunicazione. Tuttavia ci sono alcune costanti che consentono di considerare i media come entità omogenee:
Il privilegiare l'oralità non riguarda solo la tv, ma anche costruzione a tavolino di situazioni mimetiche del parlato (scritto - parlato), come in copioni cinematografici: fumetti, canzoni... Il neorealismo, tradizione cinematografica che si avvicina alla realtà, riproduce il linguaggio quotidiano, con incursioni di varietà regionali o dialettali. Si sviluppa negli anni '50, proprio quando avviene l'unità linguistica italiana e molti abbandonano il dialetto, mentre lui, paradossalmente, costruisce situazioni mimetiche del parlato (finalità culturale dell'uso del parlato). L'uso di un linguaggio più vicino a quello del referente in ambito pubblicitario deve avvicinare il ricevente al prodotto. Uno sforzo di mimesi dell'oralità emerge a livello giornalistico dopo il grande successo della tv tramite le interviste; altre tracce dell'oralità nei giornali emergono dall’uso del neostandard, mentre tradizionalmente si usano forme vicine allo standard: presenta frasi scisse, focalizzazioni, colloquialismi lessicali, che formano il cosiddetto stile brillante, nato con il quotidiano “La Repubblica” (1976), che nasce con una volontà di innovazione del linguaggio. Esempio di questo stile è il “Buongiorno” di Gramellini, vicedirettore de “La Stampa”.
L’oralità è tipica anche dei siti web: mimesi realistica che vuole catturare il lettore (quotidiani on – line); oralità incontrollata e spontanea nei blog, social networks… : questa forma particolare di italiano è detta e –italiano.
Vi sono esempi limiti di oralità per cui si passa dall’oralità al trash linguistico (trivialità spinta, polemica insistita, rissa verbale), come “Uomini e donne”, “Il processo del lunedì”. Nonostante ciò, l’eccesso trasgressivo (allontanamento rispetto alla norma) è limitato, non può mettere in discussione la grammatica perché ci sono varietà che controbilanciano gli aspetti tendenti all’oralità: giornali – radio, TG, molte sezioni della stampa quotidiana, trasmissioni dall’intento culturale, ecc. Tutte queste restano legate ad un italiano colto. In definitiva: marche dell’oralità contenute e controllate.
27/03/2013
Pluralità di codici e registri
I media propongono sottocodici di italiano in cui non c’è una finalità di conservazione linguistica (no purismo), anzi, si apprezzano varie innovazioni. Limitandoci al lessico:
Gli stranierismi sono presenti in tutti i mezzi di comunicazione di massa: nell’ultimo anno la vita politica è stata scandita da alcuni termini come “choosy” o “spending review”, oppure “endorcement” (appoggio di un politico ad un altro, dal latino dorsum, su cui si firmava per dare il proprio appoggio. Cavallo di ritorno: dal latino all’inglese a noi). Anche termini della TV come audience o zapping (falso anglicismo), fenomeno che nasce con il successo dell’inglese e sono o parole inglesi risemantizzate in italiano o parole non inglesi che lo richiamano (footing). Settore privilegiato in questo senso è il web, il cui gergo è l’inglese. Es.: “spam”, pseudo anglicismo, perché è il nome di una casa produttrice di carne in scatole, che, presente con cadenza martellante nella TV inglese, fu sottoposta a un processo satirico da un gruppo comico inglese. Da qui è noto il significato di spam come “messaggio indesiderato”. Sono presenti anche stranierismi in ambito pubblicitario. L’uso così massiccio di stranierismi è dovuto alla natura dei temi, che i media vogliono unificare.
Uno specchio a due raggi
In generale si può dire che le lingue dei media rappresentano uno specchio di usi linguistici comuni perché devono arrivare a un pubblico ampio. È una lingua media che non ha né picchi verso l’alto né verso il basso, con una prevalenza di tratti vicini alla medietà degli usi contemporanei (picchi verso l’alto: documentari, ma anche cartoni, programmi per ragazzi, o con finalità didattiche [Biancaneve: lingua del ‘700]).
I principali meriti quindi sono:
Per concludere
No processo ai media, ma i linguisti devono osservare la lingua e controllare l’uso di stereotipi, così come i traduttori, i mediatori linguistici,.., per generare un prodotto linguisticamente accettabile e controllarne la diffusione.
08/04/2013
PARTE II.1: FONDAMENTI DI DIALETTOLOGIA ITALIANA
(Cfr dialetto e lingua: preliminari di metodo)
Il repertorio dialettale italiano non conosce paralleli altrove. La grande frammentazione vernacolare nel dominio linguistico italo – romanzo esiste già nel basso Medioevo, con le prime attestazioni scritte dell’italiano. Testimonianze certe della frammentazione vernacolare esistono già in tarda epoca latina, e le varietà corrispondevano alle regiones di Augusto.
Se prendiamo il “De vulgari Eloquentia” di Dante, e le 14 varietà dialettali che individua, queste non si differenziano molto dai dialetti di oggi; parla molto bene del volgare toscano, siciliano e bolognese, mentre definisce “volgari bruttissimi” quello lombardo e quello piemontese. Per spiegare queste differenziazioni esistono varie teorie:
Prima di Roma
Scarse notizie sul popolamento dell’Italia prima dei Romani. Sappiamo che vi erano gruppi etnici con lingue in parte imparentate, in parte diverse. La teoria classica prevede due fasi del popolamento italiano prima di Roma:
Durante l’Impero Romano
L’espansione romana si colloca a metà del I millennio. I latini devono interagire con i “Mediterranei”, riusciti a sopravvivere agli indoeuropei, e con gli indoeuropei. Entrano quindi in contatto con le lingue indoeuropee che condividono tratti morfologici e lessicali simili a loro (greci, celti, veneti) e con lingue totalmente differenti (mediterranei). Si formano per questo motivo latini differenti e i mediterranei vengono chiamati pre – indoeuropei. Distribuzione lingue sul territorio (500 a.C.):
Varietà del latino e “romanizzazione”
Derivano dal latino le lingue romanze e i dialetti. Ma allora perché data una lingua madre si è giunti a tale differenziazione?
Implicazioni etnico – geografiche
Influenze linguistiche determinate da popolazioni entrate in contatto col latino. Dobbiamo prendere in considerazione tre implicazioni:
Il sostrato
È quel complesso di condizioni etnico – linguistiche anteriori alla romanizzazione che, attraverso la fase di bilinguismo, e per la tenacia delle abitudini, ha reagito al latino. Esempi: in latino classico non esisteva la fricativa “f” intervocalica e la sua presenza in certe parole è data dall’influenza del sostrato italico osco – umbro (tufo, bufalo, zufolare). Al sostrato etrusco sono riconducibili i suffissi, -na, -ena, -enna, -ina (Porsenna, Ravenna), e anche la “gorgia” toscana. Al sostrato ligure sono riconducibili e suffissi –asco e –asca, diffusi soprattutto per i toponimi del Piemonte, della Lombardia e dell’Emilia (Cherasco, Grugliasco, Valle Anzasca; negli etnici bergamasco, comasco e monegasco).
Evidente l’influenza del sostrato celtico a cui si riconducono fenomeni tipici del francese.
Il superstrato
Insieme degli elementi etnico – linguistici venuti a sovrapporsi, in epoche successive, alle condizioni risultanti della romanizzazione. Questi elementi non sono riusciti a sopraffare o cancellare il latino adottato dalla popolazione, ma hanno contribuito a modificarlo. Gli unici due ceppi di superstrato sono germanico e arabo.
LE INVASIONI GERMANICHE
INFLUENZA DEL SUPERSTRATO GERMANICO
Fonetica
“h” aspirata in francese (la hache, haut)
Lessico
09/04/2013
Introdotte poco meno di un migliaio di parole con queste invasioni tra V/IV – VII secolo d.C.
LA DOMINAZIONE ARABA
Cambia in Italia da regione a regione e da paese a paese in ambito romanzo. Il condottiero Tariq giunge nel 711 in Spagna, occupando poi quasi tutta la penisola iberica fino al 1492.
GLI ARABISMI
In questi sette secoli: 4000 parole nel lessico spagnolo; presenza intensa. In Sicilia, la dominazione araba è più corta e meno intensa (827 – 1090), e introduce 400 arabismo nel lessico siciliano, che sopravvivono come dialettismi. In italiano, ci sono circa 1 migliaio di arabismi risalenti all’epoca (no parole recenti come Jihad), arrivati con contatto in Spagna e nei Paesi Arabi (repubbliche marinare)
INFLUENZA ARABA NEL LESSICO
TOPONOMASTICA
Il latino volgare
C’era un latino classico letterario e uno effettivamente parlato, nei secoli della latinità, nelle regioni soggette alla dominazione romana (“sermo cotidianus” di Cicerone), un latino”scorretto” che era parlato della Dacia (Romania) fino in Portogallo. Con il termine latino volgare si intende l’insieme delle varietà d’uso succedutesi e alternatesi nei diversi secoli, nelle diverse regioni, con diverse funzioni. E da questo latino che deriva l’italiano.
Fonti del latino volgare
Essendo una lingua parlata, mancano fonti dirette che testimonino la sua esistenza e la sua parentela con l’italiano. Però abbiamo:
Tra latino, latino volgare e volgari
I cambiamenti maggiori dal latino classico (alla base dell’italiano) sono:
Dal latino volgare ai volgari antichi
Questi fenomeni porteranno, a partire dall’ VIII secolo d.C. alle prime testimonianze delle lingue romanze e dei volgari italiani.
10/04/2013
Da questa eterogeneità di latini volgari si ha un’eterogeneità di “volgari” (italiano arcaico nelle sue diverse realizzazioni locali). Il primo “dialettologo” è Dante con “De vulgari eloquentia” (IX – XV), in cui si ha una puntualissima analisi delle caratteristiche delle varietà linguistiche presenti in Italia ai suoi tempi. Suddivide i dialetti non da Nord a Sud, ma da Est a Ovest, condannando quasi tutti i volgari (Roma, milanese, bergamasco, aquilese e istriano, sardo, ligure, lombardo [piemontese]). Salva il toscano, il siciliano e bolognese (in parte perché la scuola bolognese non lo usa)
I primi documenti in volgare
Tre gruppi fondamentali:
Il graffito della catacomba di Commodilla
Si trova a Roma, e fu inciso in un affresco del VII secolo. Nella cappella sotterranea della catacomba (cripta dei santi Felice e Adautto). È un luogo di culto fino al IX secolo e venne affrescata tra VII e IX secolo. “Non dicere ille secrita a bboce” (non dire i segreti a voce alta): è un indicazione ecclesiastica, dall’VIII secolo il canone liturgico prevede che le sezioni precedenti l’eucarestia siano recitate a bassa voce. È uno dei primi documenti italiani collocabili tra una veste liturgica latina e una italiana arcaica. So notano fenomeni fonologici tipici del romanesco, soprattutto “a bboce” (raddoppiamento fono sintattico -bb-). Questo vuol dire che, nel momento in cui i volgari iniziano a formarsi, presentavano già marcature dialettali del luogo. Altri due fenomeni romaneschi : “dicere”, infiniti verbali tipici dell’italiano centro – meridionale, e “secrita”, con non sonorizzazione di –c– e chiusura della –e– in –i– tonica, fenomeno tipico dei dialetti centro – meridionali.
L’indovinello veronese
Collocabile tra fine VIII e inizio IX secolo d.C. Siamo più in ambito latino che volgare. Il manoscritto spagnolo che conteneva l’indovinello era nella biblioteca di Madrid, ma giunge a Verona già nell’VIII secolo: qui aggiungono due note in alto. “Se pareba boves alba pratalia araba & albo versorio teneba & negro semen seminaba” (spingeva innanzi i bui, arava il campo bianco e teneva un aratro bianco e seminava un seme nero). Fu risolto verso la fine dell’ ‘800 da una studentessa: allude all’atto della scrittura; l’unico elemento lessicale italiano è “versorio”, denominazione tipicamente veneta dell’aratro.
Il Placito capuano
È l’atto di nascita della lingua italiana: si tratta di un verbale di una causa giudiziaria, ed è l’insieme di quattro placiti redatti tra 960 e 963. Rodergrino d’Aquino aveva possedimenti presso il monastero di Montecassino, che rivendicava dicendo di occuparli da 30 anni e gli danno ragione perché l’occupazione trentennale scatta la proprietà. Fino al 1560 i documenti giudiziari erano in latino, ma qui si ha una cosa di “code switching” di una testimonianza (Sao ko kelle terre, per kelle fini que ki contene, trenta anni le possette parte S(an)c(t)i Benedicti ). Formula che ricorre quattro volte, si erano obbligati quattro testimoni a dire ciò. Si usa per distinguere testimonianze da processo e per ammonire gli altri, questa lingua la capivano tutti:
Queste forme fanno capire la provenienza campana.
L’età carolingia
In questo periodo, i volgari italiani antichi acquisiscono spazi, funzioni, domini d’uso (anche letterari) che prima appartenevano al latino. In questo periodo anche “I giuramenti di Strasburgo” (primo documento francese). Si passa dal latino al volgare per:
I dialetti sono tutti collocati sullo stesso piano, e godono tutti dello stesso prestigio.
Il successo del toscano e la “questione della lingua”
A poco a poco,il toscano raggiunge quasi tutte le regioni italiane e gli altri volgari “retrocedono”. In fiorentino toscano scrivono Dante, Petrarca e Boccaccio, ma il fattore letterario ha un’importanza limitata, è circoscritto ai dotti. Vi sono altre ragioni politiche, economiche e culturali:
Dal ‘400 si ha la supremazia “morale” di Firenze e della sua lingua sul resto della Toscana e poi al Sud. A sancire ciò è il rapido diffondersi della stampa (fine ‘400): editore di riferimento è il veneto Aldo Manuzio, che fonda l’Accademia aldina e nel 1494 la prima tipografia a Firenze. Norma fiorentina nella grammatica e nel lessico e volgare fiorentino più adeguato per la produzione letteraria ( Manuzio traduce testi fiorentini per insegnare l’italiano). Ma quale fiorentino? (Ve ne erano diverse varietà). Nasce un dibattito che si gioca intorno a tre possibilità:
Ha la meglio la lingua di Bembo, anche perché era amico di Manuzio (il fiorentino si forma tra 1300 e 1321). Le conseguenze di questa scelta sono capitali per la lingua italiana e per gli altri dialetti:
Si ha dunque una lunga storia di lingua “elitaria, ingessata, scritta”.
Dal punto di vista sociolinguistico, in tutto il territorio italiano, presso tutti i ceti alfabetizzati, si ha la consapevolezza della distinzione fra lingua e volgari, i quali retrocedono al ruolo di “dialetti”, ma hanno una grande fortuna a livello orale nella comunicazione primaria. Strumento che contribuisce a elevare il fiorentino trecentesco è l’Accademia della Crusca (anche detta “brigata dei crusconi”, contrapposta alla pedanteria dell’Accademia fiorentina, con i suoi discorsi giocosi [cruscate]), che nasce nel 1582 a Firenze, da Leonardo Salviati, soprannominato “L’infortunato”, che separava “la forma dalla crusca”, la lingua parlata da quella letteraria, svolgendo il compito di una specie di “polizia linguistica”. Nel 1612 si ha la prima “impressione” del vocabolario (lingua nazionale), che opera una censura netta della lingua viva. Le eccezioni furono Galileo e la sua “prosa scientifica”, fondata tra la fine ‘500 e la prima parte del ‘600; Galileo propone la redazione in volgare e non in latino per permettere una diffusione capillare della scienza. Opta per l’italiano fiorentino della sua epoca, cioè per una lingua viva e aperta al parlato colto. Inventa parole come “Cannocchiale” (canna con occhiale) e “pendolo”, termini che non avevano corrispondenti in latino. Sul finire del XVIII secolo si ha una tripartizione:
15/04/2013
Nel dibattito linguistico, un ruolo fondamentale riveste Manzoni, che aveva notato come l’italiano della produzione letteraria nostrana dal ‘300 fosse una lingua quasi morta, molto simile al latino, soprattutto rispetto al francese. Quindi elabora una serie di riflessioni che lo portano a una soluzione prima solo letteraria: una varietà di lingua nazionale, cioè il fiorentino contemporaneo “vivo” (Machiavelli). Manzoni ha come primo obiettivo quello di costruire il romanzo di una nazione (primi germi dell’unità nazionale) e ciò deve essere evidente anche attraverso l’uso di una lingua nazionale per tutti.
Manzoni entra nel vivo della questione linguistica anche al di fuori della letteratura: le scuole hanno insegnanti radicati alla loro varietà dialettale ; propone di mandare maestri fiorentini ovunque, ma questo è un insuccesso perché nemmeno questi erano così preparati e per motivi di spostamento. Un linguista contemporaneo, Ascoli, individua due difficoltà per questo progetto:
Gli altri volgari/dialetti, intanto…
Ciascuna corte aveva una propria lingua volgare per l’oralità. Nella produzione scritta, due modelli si oppongono al toscano:
Lingue e dialetti nell’Italia unita
Sulla base di una ricerca compiuta da Tullio De Mauro nel 1963 (1° edizione “Storia linguistica dell’Italia unita”) si valuta che nel 1861 vi erano solo 600 mila italofoni (2,5%); la condizione linguistica standard era la dialettofonia e vi era poi un alto numero di analfabeti, che comunicavano a livello molto elementare anche in dialetto.
Arrigo Castelloni, toscano e purista della lingua, forzando un po’ le cose, dice che la percentuale di italofoni era del 10%, ma la comunità linguistica accetta l’ipotesi di De Mauro. Negli ultimi due decenni dell’ ‘800 si ha un lento e continuo processo di erosione della vitalità dei dialetti a favore dell’italiano per tre ragioni: scuola, emigrazioni, inurbamento
L’istruzione scolastica
1859: Legge Casati (ministro dell’istruzione) prevede l’istruzione gratuita nei quattro anni di scuola elementare e obbligo di frequenza dei primi due. Dal 1861 fuoriesce dal Regno di Sardegna e si estende a livello nazionale. Nonostante ciò, la percentuale degli studenti rimane bassissima, tanto che raggiunge picchi vicini allo 0% al Sud e nelle zone rurale e di montagna al Nord. Condizioni strutturali delle scuole pessime , a livello di edifici e organizzazione…
L’urbanesimo
Fine ‘800 – prima metà ‘900: seconda rivoluzione industriale, fuga dalle campagne verso le città, con vita culturale più intensa e che proponeva modelli linguistici prestigiosi anche per l’incremento dell’istruzione. Abbandono delle lingue patrie per l’italiano
L’emigrazione
Stessi anni (fino al 1970) dal Sud e dal Veneto verso il Piemonte e la Lombardia. Fenomeni migratori, quindi, sia interni, che esterni (Argentina, Venezuela, USA, Canada), bisogna adeguarsi alla nuova realtà linguistica. Dal Sud, una volta giunti al Nord, prima imparano il dialetto locale e poi l’italiano, che progressivamente diventa lingua di riferimento dei centri urbani (abbandonano il loro dialetto).
Questi immigrati erano soggetti a discriminazioni (costretti ad abbandonare il lavoro) e per evitare si staccano dal loro dialetto. Fattori importanti per la diffusione dell’italiano: stampa, cinema, radio, tv, servizio di leva obbligatorio e burocrazia.
Il dialetto oggi
Secondo dati ISTAT, il picco più altro della riduzione della dialettofonia, e conseguente incremento dell’italofonia si è avuto negli ultimi 30 – 32 anni. È legittimo, quindi, chiedersi, dato questo processo, se è imminente la fine dei dialetti. Diminuisce gente con competenza attiva ma dialettologia e linguistica salvaguardano il patrimonio dialettale di ogni regione, quindi il dialetto facilmente morirà. Altre entità della vita culturale italiana vedono il dialetto come una risorsa culturale e, inoltre, presso i giovani si ha una nuova concezione del dialetto, non più come indice di scarsa istruzione, ma come risorsa espressiva, registro sub – standard che, se usato consapevolmente, può esprimere meglio dell’italiano certi concetti. Non è una riscoperta quantitativa, ma qualitativa, come risorsa espressiva accanto all’italiano. Alcuni partiti propongono istanze politiche tramite l’utilizzo “snobistico” e ideologico del dialetto in contrapposizione all’italiano
PARTE II.2: FONDAMENTI DI DIALETTOLOGIA ITALIANA
2. I DIALETTI D’ITALIA
Caratteristiche dei dialetti italiani
È molto difficile classificare e stabilire dove si possa individuare una “frontiera” dialettale che separi un’area dialettale dall’altra. Es.: da Torino a Rivoli c’è differenza nei dialetti, ma minima; andando avanti verso ovest, Avigliana, dialetto diverso da Rivoli, ma non così tanto da stabilire una frontiera. Questo per il concetto di “continuum” geografico, no grandi differenze tra dialetti di aree limitrofe (procedendo a ovest, dialetto di Torino molto diverso da quello di Bardonecchia). Due tedeschi venuti in Italia per approfondire gli studi di italiano e dialettologia hanno elaborato il concetto del continuum. Altro concetto fondamentale è l’“isoglossa”, che consente di porre delle frontiere a livello macroregionale, strumento di cui si servono la geografia linguistica e dialettologica.
Le proposte di classificazione
Linee immaginarie da La Spezia, Nord Toscana, fino ad Ancona. Linee immaginarie da Roma, attraverso gli Appennini fino ad Ancona. Sono fasci di isoglosse; vi sono una serie di fenomeni che esistono al di sopra della linea La Spezia – Rimini (o Ancona), che ne caratterizzano le parlate e le differenziano da quelle al di sotto della linea. Stesso discorso per la linea Roma – Ancona. In mezzo c’è la Toscana, parte dell’Umbria e parte del Lazio settentrionale.
16/04/2013
Metafora della tavolozza dei colori per descrivere il continuum, non c’è passaggio netto da una tinta all’altra. Per classificare il panorama dialettale ci sono due criteri:
Questi criteri furono seguiti fino a quando si afferma la geografia linguistica, che ha reso possibile un approccio più scientifico alla dialettologia.
I dialetti e la geografia linguistica
Scienza del linguaggio che studia la distribuzione dei fenomeni linguistici nello spazio; il suo obiettivo fondamentale è quello che descrive il fenomeno del mutamento linguistico e ne chiarisce modalità e cause. Si prende un oggetto, si fa un’indagine sulle denominazioni di questo, si inseriscono in una carta geografica e su studiano i risultati. È uno strumento imprescindibile per lo “studio della natura e delle leggi che regolano il perpetuo mutarsi del linguaggio”, studio della storia linguistica di un’area e studio scientifico dei dialetti
Gli Atlanti linguistici
Sono raccolte di carte geografiche mute sulle quali vengono inserite lemmi che fanno riferimento alle parole usate in diverse parti del territorio, dette carte linguistiche. Es.: insieme di carte riferite alla vita dei campi saranno raccolte in una raccolta sulla vita dei campi (stesso ambito semantico). Intervistano soprattutto anziani in cui è più radicato il dialetto. In Italia abbiamo due Atlanti linguistici:
È un progetto in continuo sviluppo.
Le proposte di classificazione
Gerhard Rohlfs: padre della geografia linguistica, tra gli anni ’30 e ’40 individua fenomeni interessanti e ha il merito di studiare con un approccio scientifico i dialetti. Essendoci due fasci, ne deriva una classificazione tripartita dei dialetti italiani:
A Nord della linea La Spezia – Rimini
A Sud della Roma – Ancona
Escluse le aree meridionali estreme.
Ancora sulla teoria delle isoglosse
Le isoglosse corrispondono, non a caso, a caratteristiche geomorfiche del nostro territorio e a ragioni storico – politiche e linguistiche. La linea La Spezia – Rimini è il primo segmento appenninico ed è il confine politico tra gli Stati pontifici e la Repubblica fiorentina (poi Granducato di Toscana). La linea Roma – Ancona è il “corridoio pontificio” (è la linea che individuava la zona franca che divideva le Marche settentrionali dalle meridionali) e che oggi corrisponde alla Via Salaria.
I problemi della tripartizione (aree che si differenziano dal gruppo a cui dovrebbero appartenere):
Anche Rohlfs si rese conto di questi problemi e decise che le sue aree dialettali preferite erano Calabria e Salento, su cui scrisse anche due dizionari
Altre proposte di classificazione
Per migliorare la classificazione della tripartizione ci furono proposte di glottologi e linguisti – dialettologi:
17/04/2013
I dialetti settentrionali
Quelli sopra la linea La Spezia – Rimini sono:
Tratti comuni a tutte queste parlate (cfr. tratti delle parlate sopra la linea La Spezia – Rimini)e poi ciascuna parlata ha caratteri personali propri
Il pedemontano
È diverso dal piemontese, che indica la varietà parlata a Torino e diffusasi anche al di fuori dei suoi confini. Vi sono molte varietà di pedemontano: la varietà di riferimento fondamentale è il torinese (lett. dal ‘200) che si è diffuso in quasi tutta la zona pianeggiante pedemontana. Poi vi è l’alto piemontese, varietà meno colta, considerata “popolare”; varietà lanciaroli, e a Nord di questa varietà ci sono le varietà monferrine (dal margine estremo Est fino ai confini di Alessandria) e l’Alessandrino (no parte meridionale, dove si parlano dialetti liguri e emiliano – piacentino). A Nord abbiamo: canavesano (vicino al francese), biellese, valsusano (risentono delle varietà francoprovenzali e lombarde), vercellese e lombardo nella provincia di Novara. Lingue minoritarie: francoprovenzale, occitano, valzer (tedeschi svizzeri) e tedesco.
Il panorama è quindi piuttosto variegato. I tratti distintivi che caratterizzano la regione o la distinguono dalle altre varietà settentrionali sono:
Dal punto di vista lessicale: molti elementi galloromanzi (francese, provenzale,francoprovenzale), il cui importo inizia già nel XII secolo; il Piemonte è il tramite attraverso cui molti gallicismi entrano in Italia.
Cenni di storia linguistica del Piemonte moderno
Fin dall’epoca pre – latina, il Piemonte è stato territorio isolato rispetto a grandi centri di potere (Roma, Toscana, Milano, Venezia), ma è in posizione strategica di porta verso l’Europa, quindi territorio di conquista: infatti è stato abitato da liguri, celti, latini, popoli germanici ma anche da saraceni. Quindi già in periodo alto – medievale ha un panorama complesso, e ogni popolazione influenza il latino volgare qui parlato. Fin dal periodo preromano, si ha una grande divisione del territorio, ma a partire dal secolo XI i Savoia cercano di unificarlo, incontrando resistenze dai Comuni piemontesi (le più importanti erano quelle di Alessandria e Asti, cioè il Ducato di Monferrato), che hanno una loro realtà linguistica. Dall’epoca tardo – rinascimentale, esercitano la loro influenza anche altri comune, come quello di Milano, che conquista micro territori.
I due avvenimenti più importanti della storia moderna, attraverso i quali il Piemonte si avvicina all’assetto attuale:
Dal 1713, la varietà torinese inizia ad affermarsi anche grazie al suo prestigio culturale (in piemontese scrive Alfiere) e diventa koinè regionale. Bisogna prendere in considerazione le minoranze linguistiche e il fatto che fino all’Unità d’Italia la lingua di riferimento era il francese.
Interessante fenomeno che si rivela dalla seconda metà del ‘900 è il rapporto tra dialetto e immigrati dal sud e dal nord – est, che cercavano di abbandonare la loro lingua di provenienza e di imparare il piemontese (a partire dagli immigrati di seconda generazione; allineamento linguistico e dialettale forte ). Oggi, al Nord, il Piemonte è la regione in cui il dialetto viene usato di meno (dopo la Liguria), ma è alto il numero di quelli che capiscono il dialetto locale, pur parlando l’italiano
I dialetti toscani e centrali
LA TOSCANA
Coincidenza tra fiorentino e italiano, ma vi sono suddivisioni interne, che non sono dialetti ma parlate vernacolari, tutte, però, riconducibili al toscano, e quindi all’italiano. Sono:
Il tratto distintivo che unisce le parlate e le oppone al resto d’Italia è il sistema eptavocalico (7 vocali: a, e, i, o , u, ɛ, ɔ), differenza sentita già nel ‘200, tant’è che le parole potevano rimare e con ɛ, e o con ɔ.
Il Toscano è parlato anche in Corsica, soprattutto i dialetto pisani nell’area settentrionale, mentre l’area meridionale risente dell’influenza sarda. A Bonifacio si parlano dialetti di varietà ligure.
L’AREA MEDIANA
Situazione a parte: dialetto di Roma, parlato fino a quando è diventata capitale; il romanesco apparteneva al ceppo meridionale ed è parlato fino a fine ‘400, poi scompare gradualmente.
I dialetti meridionali
Il regno di Napoli mantiene omogeneità politica nel corso della storia e tutte le sue varietà hanno caratteristiche comuni (sotto la linea Roma – Ancona). Queste parlate del Regno di Napoli sono affini per il sostrato soprattutto nelle popolazioni osco – umbre (abitanti da Roma a Calabria settentrionale) per l’influenza che esercitavano sull’apprendimento del latino.
Tratti comuni ai dialetti meridionali:
I dialetti meridionali estremi
Si differenziano dai dialetti meridionali per una serie di fenomeni:
Hanno tra loro tratti comuni:
Il Salento
La Sicilia
Caratterizzazione linguistica unica perché riflette una storia regionale unica (VIII secolo a.C.: i Greci fondano Taormina, Catania,…). Dopo i latini vi furono dominazioni straniere numerosissime (arabi, normanni, angioini, spagnoli,…) e ciò ha dato vita a uno sviluppo dialettale diversificato. È la varietà più moderna del Sud, per la presenza di grecismi, arabismi, normannismi, catalinismi, castiglianismi (…) e per la grande crisi demografica di età normanna. Alcuni tratti specifici:
Il lessico:
22/04/2013
Dal dialetto all’italiano
L’italiano ha un lessico composito: non tutte le parole sono di origine italiana, ma sono presenti numerosi forestierismi, da cui è derivato un arricchimento lessicale soprattutto nell’ultimo decennio.
Inoltre: 7000 dialettismi (oltre il 50% dopo l’Unità, addirittura quasi tutti dalla seconda metà del ‘900; quasi tutti sono definiti dialettismi “acclamati”, cioè lemmi, espressioni, locuzioni percepiti come italiani a tutti gli effetti, come far ridere i polli, fare un 48, essere nato con la camicia, mandare a quel paese…), che formano il serbatoio lessicali per la vita materiale (in riferimento a prodotti di attività dell’uomo tipici di una certa regione, come pizza), pratica, affettiva e per la ricerca espressiva.
Italiano: lingua fortemente letteraria, quindi ha parole solo per certi ambiti, non ha termini per parlare di ciò che non avviene nei libri. Ci sono settori particolarmente sensibili agli elementi dialettali: quello gastronomico (ogni regione ha i propri prodotti e quindi proprie denominazioni [tortellini/zampone/tagliatelle emiliane per il piemontese, panettone per il lombardo, mozzarella/pizza/vongola per il campano, cassata per il siciliano]), quello amministrativo (questore/questura per il piemontese, anagrafe/scontrino/catasto veneziano per il napoletano), quello dell’esercito e della malavita (mafia, camorra, ‘ndrangheta, pizzo, omertà…). Tra il X secolo e il 1861 solo 2386 dialettalismi entrarono nell’italiano. Nell’ultimo decennio degli anni ’50 si ha un incremento dei dialettismi, perché in Italia vi erano migrazioni interne per il boom economico. Poi il dato cala, per poi rinascere negli anni ’80 con la tv. La metà dei dialettismi è di origine fiorentina, un migliaio di origine romanesca per cinema e letteratura, poi di origine veneta, lombarda, piemontese, siciliana e napoletana.
Si ha uno scarso apporto del calabrese: 9 parole vs 121 siciliane e solo 27 pugliesi. Maggiore influenza delle parlate settentrionali per il loro ruolo economico.
PARTE III: L’ITALIANO E LE ALTRE LINGUE
1. PER UN BREVE EXCURSUS SUL LESSICO ITALIANO
«Siamo, su questo pianeta, più di due miliardi e mezzo di persone, e in pratica ciascuno di noi è costantemente nell’atto di parlare o di ascoltare, di sentir parlare o di imparare a parlare. Nonostante tutto questo “universale brusio”, questo bla-bla sterminato […], nonostante tutto questo soltanto di rado ci sorprendiamo a riflettere sul nostro mondo di parole e su quello degli altri».
Considerazioni di filosofia del linguaggio del professor Beccaria:
Tutto ciò costituisce il lessico, patrimonio di una lingua.
Il lessico dell’italiano
Non è semplice dire quante parole abbia l’italiano; bisogna distinguere tra lessemi e forme: se consideriamo i primi, ovvero le parole inserite a lemma in un dizionario, oscillano tra le 210000 parole (1963 – 2009, “Grande dizionario della lingua italiana”) e le 260000 (9 volume, Tullio de Mauro, “Il grande dizionario dell’uso”). Invece le forme, cioè l’insieme delle parole dicibili e servibili in italiano, sono più di due milioni (es.: l’aggettivo bello ha un lessema ma quattro forme [bello/a/i/e]), con diverse forme anche a seconda della funzione morfologica. Esistono parole polirematiche, cioè agglomerati di parole formate da sostantivo + aggettivo, sostantivo + sostantivo, sostantivo + avverbio, che contano da come una parola dal punto di vista dei lessemi (bacio -> al bacio,…)
Quale italiano?
L’italiano è una lingua di cultura in cui sono presenti:
Si dovrebbe parlare di parole dell’italiano o degli italiani (in riferimento alle varietà)?
Due dati curiosi: la metà dei verbi italiani presenti nel dizionario di De Mauro esisteva già tra il ‘200 e il ‘500, mentre l’80% di aggettivi e sostantivi si formano successivamente. Il verbo ha un’impalcatura antica, ma predisposta ad accogliere parole nuove.
La classificazione del lessico italiano
Le prime due categorie si sono formate entro il 1500 e sono presenti già nella letteratura delle origini; la terza categoria contiene parole nuove dell’italiano, formatesi dal ‘500 in avanti (asciugacapelli, frigorifero…)
La formazione del lessico italiano
Dal punto di vista del modo di formazione (da quali e in quali lingue) si distinguono tre grandi sezioni:
I latinismi
Dal punto di vista morfologico, sono vicine al latino perché sono rimaste “coagulate” (lavabo [futuro 1° persone singolare] e agenda [gerundivo di ago] sono due latinismi puri). Anche queste parole hanno avuto un ruolo determinante per l’arricchimento del lessico
23/04/2013
Una parola continua ad essere in un dizionario anche quando cessa di essere utilizzata. Gli allotopi sono parole con lo stesso etimo ma forma diversa: una ha origine popolare e l’altra dotta, una ha una trafila continua, l’altra indiretta (angustia – angoscia, causa – cosa, disco (cultismo attestato dal 1550; indica il disco di cartilagine tra le vertebre) – desco (parola di origine popolare; indica il piano di appoggio), vizio – vezzo).
Neoformazioni italiane
Le parole che si formano in italiano attraversano un’aggiunta di prefisso o suffisso a latinismi o forestierismi già presenti nella lingua italiana. Ad esempio:
Sono il 35% dei lessemi del vocabolario di base
Forestierismi
Nel 1785 Melchiorre Cesarotti scrive il “Saggio sopra la filosofia delle lingue”, in cui dice che “nessuna lingua è pura”: l’incontro linguistico è alla base del rinnovamento lessicale di una lingua ed è essenziale per la sua sopravvivenza. Anche Machiavelli, nel “Discorso o dialogo intorno alla nostra lingua” (1524 – ‘25), dice che le parole che provengono da altre lingue vengono adattate morfologicamente alla lingua in cui entrano, il purismo è un’utopia.
I “purismi”
I prestiti esistono da quando è nato l’italiano, che ha sentito il bisogno di prendere parole da altre lingue per ampliare il lessico. Inizialmente questi erano prestiti di necessità, parole entrate per oggetti che non erano conosciuti. In reazione a ciò, si sviluppa la dottrina del purismo, che propina l’adesione linguistica intransigente a un solo canone linguistico (fiorentino trecentesco). Tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’800, con la Rivoluzione francese e Napoleone, entrano i primi francesismi e nasce questa tendenza a voler difendere l’italiano, proponendo il fiorentino trecentesco. Un’altra grande manifestazione di purismo si ha con il fascismo (purismo: epoca di grandi scambi o nazionalismo)
Il regime fascista e la lotta al forestierismo
Nel 1938 viene dichiarato il “Purismo di Stato”, cioè viene evitato l’uso di parole straniere. Viene vietato l’uso nei nomi di esercizi pubblicitari, di merce trattata o commercializzata, insegne e pubblicità. Inoltre vengono italianizzati nomi proprio, cognomi, toponimi cono suono pseudo – straniero (Malàn, molto diffuso nelle vallate pinerolesi, diventa Malano)
L’Accademia d’Italia
Nasce tra il 1926 e il 1929 con lo scopo di proteggere la purezza della lingua e portare le nostre parole all’estero. È un’emanazione del regime in opposizione alla Crusca, che viene fatta chiudere (l’ultimo dizionario arriva alla lettera C). Tra il ’41 e il ’43, nel bollettino dell’Accademia, vengono pubblicati i “15 elenchi di esotismi”, che riportavano tutti i forestierismi e proponevano le sostituzioni. Ma vi sono parole insostituibili (bar, film, tennis), che vengono accettate. Altre vennero sottoposte ad adattamento grafico (suffè, bignè, ragù, ciac, vafer, valzer, vodca, brioscia, festivale,…).
Vi sono anche delle vere e proprie sostituzioni:yoghourt > latte bulgaro; garage > autorimessa; gin > gineprella; cocktail > arlecchino; caramella mou > tenerella; smoking > giacchetta da sera; cabriolet > trasformabile, ecc.
Alla fine del regime, le rivendicazioni delle zone di confine diventano più forti e aumentano il desiderio di appartenenza alla zona d’origine (area friulana > slava, Bolzano > tedesca,…)
Il “prestito” linguistico
Passaggio di una singola parola o locuzione da una lingua ad un’altra, fenomeno comune a tutte le lingue. “Prestito” è una definizione imperfetta, perché implica una restrizione che non avviene quasi mai e inoltre il prestito può avvenire anche dal dialetto, non solo da parole straniere
Altre denominazioni
Essendo denominazione imperfetta si cercano alternative: una di queste è forestierismo, parole o locuzioni di origine straniera, denominate più integralmente prestiti integrali (jazz, top secret, desaparecido), o adattate alle strutture fono – morfologiche nella lingua, ma non ancora completamente naturalizzate, tanto che conservano il carattere straniero (menù). Altre proposte: barbarismo (connotazione svalutativa; lingua inferiore alla nostra), stranierismi, xenismi ed esotismi (oggi non è sinonimo degli altri: sono parole provenienti da lingue remote, con le quali manca il contatto culturale e con le quali, di conseguenza, non si stabiliscono veri e propri processi di interferenza. Spesso arrivano a noi tramite altre lingue [quelli dell’America Latina tramite spagnolo e portoghese] e fanno riferimento a cose concrete: usanza, oggetti, piante, animali di regioni lontane,… Più una lingua è vicina, maggiore è la profondità del prestito [giapponese: sushi, kimono; francese: socialismo, comunismo, che sono termini più astratti]).
Vi sono 250 che contribuiscono a creare forestierismi (francese, spagnolo, tedesco, inglese, russo).
Fattori linguistici del prestito
Sono dovuti all’azione del sostrato, al rapporto di superstrato e adstrato (francese ‘700 – ‘800; oggi inglese)
Fattori extralinguistici del testo
Il passaggio è più facile se più stretti sono i rapporti tra due lingue: molti francesismi, pochi iberismi.
Il fattore della “superiorità”
Fa riferimento alla superiorità di un Paese rispetto ad un altro, in settori e disciplina. Ad esempio, l’italiano è una lingua franca nelle arti e nella musica, soprattutto in riferimento ai secoli rinascimentali (XIV – XV); il francese è la lingua franca nell’ambito della moda e in ambito culinario; l’inglese in ambito sportivo e tecnologico.
La natura del rapporto è indicativa della qualità del prestito: per la sua superiorità istituzionale, la Francia ha portato parole più astratte.
La trasmissione del prestito
29/04/2013
Suddivisione generale dei prestiti
Sulla base della necessità che le parole hanno o meno in una lingua, si hanno:
Potenzialmente il prestito di necessità non esiste perché di fronte ad un oggetto nuovo posso inventare il nome che lo designi. Es.: il pomodoro, in Europa, si chiama tomate; l’Italia inventa questa parodia. Ci sono casi in cui la parola straniera davvero non è necessaria, ma viene ostentata per ragioni di (semi)prestigio (endorsement, mission, location, ecc.). Sono comunque parole nuove che rinnovano e arricchiscono il lessico italiano. Quindi la linguistica dovrebbe operare una distinzione differente:
Le tipologie del prestito
Dal punto di vista della forma, la parole straniera può avere tre forme morfologiche:
Classificazione per tipologia di contatto
Integrazione e acclimatamento
In caso di prestiti definitivi, l’italiano, pur tentando di mantenere la struttura morfologica e fonetica della lingua d’origine, tendeva ad adattarmi alla sua lingua (questo fino a qualche anno fa). Bisogna però distinguere tra:
I linguisti, per quanto riguarda il plurale dei prestiti, consigliano di non farlo come nella lingua originale, ma di lasciarlo invariato come segno dell’avvenuto acclimatamento del prestito
Gli pseudo – forestierismi
Parole con aspetto straniero privo di modello alloglotto corrispondente.
Falsi forestierismi più nascosti sono: footing, smoking (in inglese smoking racket è la giacca per andare a fumare che usavano i signori a teatro. È una riduzione di sintagma), slip (forse slittamento semantico da to slip, che vuol dire “togliere velocemente”); non sono anglicismi, perché in inglese non esistono nel significato che diamo loro quotidianamente. Gli pseudo – anglicismi si formano perché il peso dell’inglese sull’italiano è molto forte, dalla parole inglese si applica un processo inglese per formare una nuova parola. Infatti sono attestati da fine Ottocento in avanti.
Analisi quantitativa
È arduo stabilire percentuale e frequenza dei prestiti. Alta variabilità a seconda di:
I criteri per stabilire il confine tra forestierismi in via di integrazione e i prestiti integrati nella lingua sono:
30/04/2013
2. GLI ANGLICISMI IN ITALIANO
Attestazione del termine
Fenomeno che oggi non ha battute d’arresto perché si parte da un pregiudizio di fondo: l’apparente insostituibilità del prestito, in particolare degli anglicismi. Fino a fine ‘800 e all’inizio del ‘900, la presenza di anglicismi in italiano era scarsa: ciò si deve soprattutto alla scarsa somiglianza tra le due lingue; infatti era il francese a influenzare l’italiano (anche se oggi molti linguisti considerano l’inglese come un mix di germanico e latino). Poi non ci fu questo contatto ravvicinato per la maggiore distanza geografica. Gli anglicismi entrarono tardi e quasi sono per via scritta, come quotidiani e tradizioni letterarie, quindi mezzi culturali. Grande afflusso inglese dalla seconda metà del ‘900 attraverso il doppiaggio, tramite il quale arrivano anche termini quotidiani. La presenza dell’inglese nell’onomastica testimonia quanto sia radicato profondamente l’inglese nella nostra cultura. A partire dalla metà del XVIII secolo dilaga in Europa, dando il via alla cosiddetta “anglomania”: Baretti, sul giornale “La frusta letteraria”, nel 1764, invita ad usare l’inglese anche in contesti letterari. È un torinese anglofono che usa per la prima volta il termine anglicismo (da affiancare a francesismo). Altri termini sono: inglesismo (dal 1757), anglismo (secolo XX), angloamericanismo.
L’influenza inglese dal Medioevo al primo Novecento
Nel Trecento, vengono importati termini inglesi in ambito commerciale dai mercanti veneziani: chierico “impiegato”, costuma “dogana”, feo “stipendio” (tutti tramite il francese).
In questo periodo si verificò anche il fenomeno contrario, cioè italianismi in Inghilterra (teatro elisabettiano, Marlowe, Shakespeare,…). La lingua inglese gioca con il nome di Machiavelli: match-(d)evil (Machevill that evil none can match).
Da sottolineare, nel XVI secolo, il primo dizionario di J. Florio “A worlde of wordes”(1598), per far imparare l’italiano agli inglesi. Dal Seicento con la traduzione di Lorenzo Magalotti di “Paradise Lost” (John Milton) dal francese, la cultura inglese entra in Italia.
L’apporto lessicale
Nel ‘700 ci sono i primi consistenti nuclei di anglicismi. I settori più sensibili sono:
Gli anglicismi dalla metà del Novecento ad oggi
Tra le Due Guerre e soprattutto dopo le Guerre Mondiali, cambia il ruolo del francese, che non fa più da tramite per far arrivare gli anglicismi e perde prestigio, quindi diminuisce l’attrattiva francese e aumenta quella inglese, soprattutto l’American English, tramite il cinema, letteratura (Hemingway) e la musica (rock). Diventa una lingua franca per le comunicazioni ufficiali tra gli Stati e gli Organi Interni, la lingua della ricerca scientifica e dei mass – media.
Dopo le Guerre si ha un picco dell’istruzione scolastica in Italia e in ambito accademico vi sono le prime pubblicazioni scientifiche in inglese
Gli anglicismi nella lingua comune
Dalla fine della Seconda Guerra Mondiale e con l’influenza dei mass – media, entrano in italiano prestiti integrali inglesi nel vocabolario di base e i prestiti si diffondono così anche nei ceti più bassi dove si ambientano rapidamente. Con l’omologazione tecnologica e informatica si ha un’ulteriore diffusione dell’inglese. Con la letteratura, i prestiti arrivarono con il mezzo grafico non si potevano riprodurre perfettamente nella pronuncia, poi ciò diventa possibile con musica, radio,…
I settori chiave
Il genere degli anglicismi
In inglese non c’è distinzione, vi sono vari criteri per stabilire il genere di sostantivo inglese:
5+1 fattori possibili:
Vi sono parole “ermafrodite”:suspense, mail, emoticon
06/05/2013
Aspetti linguistici
Influsso di una lingua sull’altra si nota soprattutto nei sostantivi, categoria di gran lunga più rappresentata. Ma influsso inglese si nota per la sua crescente pervasività:
L’acclimatamento oggi
Di fatto le lingue oggi hanno meno capacità di assimilazione, il forestierismo subisce un adattamento morfologico minimo per la crescente conoscenza delle lingue (> prestiti non adattati). Questo anche perché la parola straniera entra con la scrittura oppure con i media (può leggerla e ascoltarla). Può esserci compresenza di prestiti integrati e calchi: web/rete, scaricare/download, hacker/pirata…
Però assimilando un fonema dell’inglese a uno simile dell’italiano ne adattiamo la pronuncia. Il plurale dei prestiti non integrati non è segnalato, ed è un segno proprio dell’integrazione della parola nella lingua. (Euro: plurale invariato prevale nel dibattito tra linguisti, ma sarebbe logico dire due euri, giusto dal punto di vista morfologico perché non è prestito integrato ma parola pass - partou .
Effetti più profondi
Non solo interferenza lessicale dell’inglese ma anche:
3. I FRANCESISMI IN ITALIANO
“Parole di origine francese che entrano in italiano”
Ma la Francia politica è costituita anche da occitano (occitanismi) e provenzale. Gallicismi: dal gallo romanzo a italiano.
Influsso francese fortissimo alle origini e poi dai primi decenni del ‘900 in forte calo per la crescita dell’inglese. Oggi nel nostro vocabolario di base, inglese e francese sono allo stesso livello quantitativo, ma l’inglese e destinato a crescere. Influenza per ragioni geografiche, di somiglianza tra le lingue (inizialmente i prestiti unilaterali nel Medioevo perché la Francia era modello culturale, istituzionale,…).
Picchi massimi:
Sono gruppi di parole > stratificati nel tempo e meglio mimetizzate nella nostra lingua perché i prestiti sono iniziati molto presto e si sono mantenuti a livelli alti.
Il periodo medievale
Primi riflessi francesi su italiano nell’epoca carolingia (IX – X) soprattutto su elementi germanici: entrano dal francese voci che derivano dal francone (bosco, feudo, conte, contea, cavaliere, vassallo, cameriere, cugino, mangiare [dovremmo avere “manducare”, usato in italiano antico], parlare, svegliarsi). La distribuzione geografica italiana dei primi francesismi in Italia corrisponde alla Via Francigena, che metteva in comunicazione Roma con la Francia fino a Santiago di Compostela, percorsa dai pellegrini e anche dai mercanti (passava per Lucca e Siena).
I secoli XIII – XIV
In vari ambiti della vita sociale:
Queste parole sono soprattutto al Sud, per i regno normanno (XI – XII) e angioino (fine XII – XV).
Scuola siciliana nasce fra impulso dei trovatori della Provenza ed è la prima scuola poetica italiana (Federico II, Giacomo da Lentini…)
Dal Rinascimento al Settecento
Nel XV e XVI secolo: inversione di polarità.
Dalla metà del XVII secolo: la gallomania, perché la Francia è modello in tutti i settori della vita aristocratica e borghese a livello europeo. Ampliamento degli ambiti di diffusione:
Il periodo rivoluzionario (1796 – 1799)
Diffusione quasi capillare in Francia e Italia dei media (stampa quotidiana di uso propagandistico per i rivoluzionari per sensibilizzare i ceti popolari). Erano termini di propaganda, soprattutto giacobina e repubblicana: democrazia, eguaglianza, federalismo e federazione, funzionario, ghigliottina, giacobino, rivoluzionario, sovversivo, terrorismo e terrorista, destra e sinistra (come binomio polittico).
L’Ottocento e il primo Novecento
Gallomania fino a metà ‘900. Francese lingua internazionale per eccellenza, largo uso nei giornali, letteratura e intrattenimento e per la comunicazione ufficiale al Nord (fino al 1848 con lo Statuto Albertino). Per la prima volta prestiti integrali : bon ton, chic, débacle, deshabillé, élite, tête-à-tête, toilette, tour de force, ecc.
Periodo delle colonie, per questo parole importate da colonie francesi: ar. crumiro, lillà; turch. colbacco, sciacallo, tulipano; russo zibellino; indiano scialle; lingue amerinde caucciù, colibrì, giaguaro; afric. scimpanzé.
Il “purismo del regime” e la censura
Sostituzioni con parole create ad hoc o già esistenti: garage e rimessa, hôtel e albergo, menu e carta o lista, omelette e frittata, nuance e sfumatura, notes e taccuino, réclame e pubblicità.
Sostituzioni che hanno successo, però parole francesi che entrano in questo periodo e mantengono una loro vitalità (cinema, autobus, camion, motocicletta, roulotte, taxi, carburante).
L’età contemporanea
Progressiva perdita di centralità del francese.
Modalità del prestito
Fino al Settecento, prestiti adattati: gendarme → gendarme, bijouterie → bigiotteria; toilette → toeletta.
Dall’Ottocento, prestiti integrali (con semplificazione fonetica): fr. menu /məˈny/ → menu /meˈnu/.
I calchi:
Pseudo francesismi
Formazione intenzionale di parole che pretenderebbero di essere francesi ma non lo sono (effetto gallomania)
Es.: casquè ‘figura del tango’, prémaman, vitel tonné, ecc.
Per estensione indebita o specializzazione semantica:
Fonte: http://www.appuntiunito.it/wp-content/uploads/2014/01/appunti-lezioni.doc
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