Ingegneria parti fabbricati

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Ingegneria parti fabbricati

PRINCIPALI PARTI COSTITUENTI DEI FABBRICATI
A) FONDAZIONI
Fondazioni del fabbricato e fondazioni dei macchinari. Le opere di fondazione vengono in linea generale classificate in: superficiali (plinti isolati, travi continue, platee); profonde (pali battuti, pali trivellati, micropali). Scelta del sistema di fondazione dipende: dai carichi da sopportare); dai limiti imposti per cedimenti isolati e differenziali; dalle caratteristiche geotecniche del terreno. I terreni si distinguono in: compatti; sciolti; inconsistenti.
B) STRUTTURE PORTANTI
Vantaggi della prefabbricazione: • costi ridotti; • minori movimentazioni di materiali; • uniformità del prodotto; • controllo qualitativo; • precollaudo; • rapidità di montaggio in opera.
a) Strutture prefabbricate in carpenteria metallica
Consentono di superare grandi luci.
b) Strutture prefabbricate in cemento armato
Adatte per edifici multipiano.
c) Strutture in cemento armato tradizionale
Per edifici di dimen­sioni limitate e complessi.
I carichi da considerare sulle sono: carico permanente o fisso (peso proprio delle strutture); azioni sismiche; sovraccarico costituito dal vento e dalla neve; sovraccarico dovuto a eventuali carichi sospesi.
Le azioni del vento, entità: p=qref*ce*cp*cd dove: ce=coeff. di esposizione, per edifici con altezza massima 10 m può variare tra 1,5 e 2,8; cp=coeff. funzione della forma della superficie e della posizione di questa rispetto alla direzione del vento; cd=coeff. dinamico, uguale a 1; qref=pressione che si eser­cita su 1 m2 di superficie ortogonale alla direzione dei vento. Carico della neve: qs=µi*qsk dove: qs(espresso in kN/m2)=carico neve sulla copertura; µi=coeff. di forma della copertura; qsk=valore di riferimento del carico neve al suolo
C) COPERTURE E PARETI
Seguentinfattori: - l'illuminazione naturale; l'acclimazione dell'ambiente.
a) illuminazione naturale dei fabbricati industriali
Può essere ottenuta: 1) l'irraggiamento diretto attraverso vetrate e finestre; 2) la riflessione su pareti esterne vicine al locale; 3) la riflessione sulle pareti interne del locale.
La presenza dell'illuminazione naturale crea dei problemi: integrazione mediante l'illuminazione artificiale; - contrasti o elevate luminanze; variazione delle caratteristiche dell'illuminazione naturale in relazione ad attrez­zature; difficoltà di accordare il colore di determinate sorgenti luminose ad alta efficienza con la luce diurna.
Il concetto di indice di luce diurna j.
Rapporto fra l'illuminamento in un punto interno al locale (a 1m dal pavimento) e l'illuminamento in un punto all'aperto in un giorno dell'anno particolarmente sfavo­revole (intorno a 3000 lux). Sia P il punto sul piano di lavoroàj vale S/D, dove S è la proiezione sul piano di lavoro del­l'arco AB intercettato sulla circonfe­renza di diametro D e centro P dai due raggi di luce PL e PM: se si assume D = 100 mm, S misurata in mm fornisce immediatamente la j nel punto P. Ricavato j nei diversi punti, collegando fra di loro tali ordinate, si ottiene la curva di illuminamento. Si per­viene alle seguenti conclusioni. 1) Il flusso luminoso è proporzionale al rapporto fra la superficie vetrata e la superficie totale del tetto, s/S; 2) Più le superfici vetrate sono inclinate rispetto all'orizzontale, tanto più diminuisce l'illuminamento. 3) Più l'altezza sotto filo catena del fabbricato si avvicina all’interasse fra tali luci, più uniforme diventa l'anda­mento di j. Indice di superficie vetrata i, rapporto fra la superficie A delle aperture traslucide e la superficie P del pavimento del locale stesso: i=A/P Noto il valore di i e indicando con Li e Le rispettivamente l'illuminamento interno ed esterno gli indici di superficie vetrata: - Lucernari a vetro piano: Li=0,33i*Le; - Coperture a shed: Li=0,25i*Le per vetrate a 60°; Li=0,17i*Le per vetrate verticali; - Coperture a lucernario: Li=0,17i*Le per vetrate verticali.
b) Acclimazione dei fabbricati industriali
Seguenti caratteristiche delle strutture di chiusura del fabbricato: resistenza termica (talvolta denominata coibenza); permeabilità all'aria; capacità termica. La resistenza termica (specifica) è l'inverso della trasmittanza termica. Si misura in W/(m2*°C) o in (m2*°C*h)/kcal. La permeabilità all'aria. Si può misurare in m3/(m2*h). La capacità termica è la somma dei prodotti dei calore specifico di ciascuno dei materiali costituenti la struttura per il peso di 1 m2 dei rispettivi elementi costitutivi. Si misura in kJ/(m2*°C) o in kcal/(m2*°C).
I tipi fondamentali di strutture: strutture tradizionali, in muratura, laterizio armato, blocchi di cemento; strutture ad elementi prefabbricati, più leggere e di rapido montaggio. Queste ultime possono presentare una minore capacità e più diffusi laschi infra­strutturali à maggiori fabbisogni energetici. La quantità di calore dispersa nell'unità di tempo a causa della trasmittanza termica delle strutture di chiusura è data dalla: K(ti-te) in (W/m2) o (kcal/m2*h) dove: k=trasmittanza termica totale di una struttura, in W/(m2*°C) o kcal/(m2*°C*h); ti=temperatura ambientale interna al fabbricato in °C; te=temperatura esterna al fabbricato in °C. Il disperdimento di calore Qd, durante l'intera stagione invernale, dovuto alla trasmittanza termica delle strutture, risulta pari a circa 100.000 kJ/m2per ogni W/(m2*°C) di trasmittanza delle pareti e pari a circa 115.000 kJ/m2 per ogni W/(m2*°C) di trasmittanza delle coperture. La permeabilità all'aria, fuga di 1m3/m2*h di aria calda corrisponda a una dispersione di calore pari a 40MJ (10.000 kcal) per m2 di copertura. Il disperdimento energetico stagionale di 1m2 di struttura 40*n(Mj/m2*stagione) dove n misura la permeabilità all'aria (in m3/m2*h). Le quantità di calore Qd fornite prima vanno maggiorate del 15 20% per ogni metro in più dell'altezza sotto il filo catena dei fabbricati oltre i 5 + 6 metri. Per valori della trasmittanza compresi fra 0,6 e 1W/(m2*°C) [in media 0,8] e nella ipotesi di un impianto di riscaldamento limitato a un solo turno giornaliero (8 ore lavora­tive + 1-3ore di preriscalda­mento), il disperdimento energe­tico dovuto a bassa capacità delle strutture si può valutare, con la seguente espressione: (13.7) Qd=28MJ per stagione.La (13.7) èvalida per fabbricati industriali aventi un'altezza sotto filo catena fino a 5 6 m. Per altezze superiori, maggiorati del 5-10% per ogni metro di maggiore altezza del fabbricato. Un'altra causa di disperdimento è inquinamenti dell'aria. Disperdimento energetico stagionale totale=0.6*n*S (KJ per stagione).
c) Tipi di coperture
Prestazioni e caratteristiche: - impermeabilizzazione e prote­zione dalle intemperie; isolamento termico ed acustico; resistenza meccanica e pedona­bilità; durata; leggerezza; possibilità di contribuire all'illu­minazione, ventilazione ed evacuazione dei fumi dagli ambienti. Tipi di coperture ad ele­menti prefabbricati: a) lastre di fibrocemento o di lamiere grecate zincate od in alluminio; b) pannelli di materiale isolante dello spessore di 5 cm, con sovrastanti lastre di fibrocemento; c) pannelli di materiale coibente racchiusi fra lastre di fibrocemento o metalliche, sia verso l'esterno, sia verso l'interno; d) lastre in lamiera zincata o in alluminio, di tipo grecato, sopportanti uno o più strati di materiale isolante. L'impermeabilizzazione da uno o due strati di guaina bituminosa.
d) Tipi di pareti
Pareti esterne
Devono avere buona resistenza meccanica, favorevoli caratteristiche termoacustiche. Tipologie: a) Pareti in muratura di laterizi o in blocchi di cls; b) Lastre prefabbricate in cemento armato c) Pareti semplici in lamiera; d) Pareti strutturali in vetro (courtainwa11).
Pareti interne
Seguenti categorie. a) Chiassilerie sono pareti sottili e leggere, generalmente metalliche; b) Pareti in muratura di laterizio o in blocchi di calcestruzzo; c) Pareti aventi determinate caratte­ristiche di resistenza al fuoco: tipologia particolare di parete, definita convenzional­mente REI, tra le tipologie figurano: • muratura di mattoni pieni di spessore 25 cm; • blocchi di cls con specifica omologazione; • setti continui in cemento armato dello spessore minimo di 20 cm; • lastre in cartongesso montate su intelaiatura metallica. d) setti in cemento armato; e) Pareti mobili; f) Pareti fonoisolanti; g) Pareti in cartongesso.
D) PAVIMENTI
Seguenti caratteristiche: resistenza agli urti ed alle vibrazioni; bassi costi dei materiali e della relativa posa in opera;     non sdrucciolevole; buon assorbimento dei rumori; isolamento contro il caldo e il freddo; elasticità atta ad evitare, in caso di caduta, la rottura o il danneggiamento degli utensili e di altri materiali; antipolvere; facilità di manutenzione, riparazione e pulizia; facilità di installazione dei macchinari. Tipi di pavimentazione per industrie: a) calcestruzzo in lastroni: pol­verosa, poco resistente all'abrasione, dà luogo alla formazione di fessurazioni o crepe, assorbe oli e grassi, risulta di difficile riparazione, basso costo di costruzione; b) calcestruzzo con trattamento superficiale indurente inlastre continue è il pavimento di più estesa applicazione; c) blocchetti dilegno trattati con olio di antracene. Vengono posati su un manto di pece con sottofondo in calcestruzzo, uno dei pavimenti di maggior costo; d) piastrelle di materiali vari (come il korodur), atte a sod­disfare le esigenze specifiche di impiego; e) piastrelle diacciaio, usura minima, resiste alle alte temperature ed agli urti e non richiede manutenzioni particolari; f) piastrelle di gres od in clinker, adatta per locali adibiti a mensa, servizi igienici, lavorazioni comportanti frequenti lavaggi, relati­vamente fragile, si usano anche per esterno degli edifici. Pavimenti per uffici: a) pietra o legno; b) piastrelle in materiale ceramico; c) materiali sintetici; d) pavimenti sopraelevati, per installare impianti elettrici, informatici, idraulici.
E) STRUTTURE VARIE
Portoni rigidi: A battenti; A libro; - Scorrevoli; - A serranda o a saracinesca; - Basculanti.
Portoni flessibili: A battenti; - A strisce; - A libro; - Scorrevoli; Ad avvolgimento; - Ad impacchetamento.
Barriere ad aria: Aria soffiata dal basso, dall'alto oppure di lato rispetto alle aperture, in modo da provocare cortine d'aria che riducono sia le fughe di calore sia le correnti d'aria dall'esterno verso l'interno.
Porte: in acciaio, alluminio, PVC, policarbonato. Per i luoghi a rischio di incendio, la larghezza complessiva delle uscite non deve essere inferiore a: L=(A/50)*0,60 (m) dove: A=numero delle persone presenti; 0,60 larghezza sufficiente al transito di una persona; 50 numero massimo delle persone che possono defluire attraverso un modulo unitario di passaggio. Altezza minima di 2m. Distanza tra i posti di lavoro e l'uscita più vicina non deve essere maggiore di: 30m negli ambienti ad elevato rischio di incendio; 45m negli ambienti a rischio di incendio medio; 60 m negli ambienti in cui il rischio di incendio è basso.
Scale: A) se le scale servono un solo piano la loro larghezza non deve essere inferiore a quella delle uscite del piano servito; B) se piùdi un piano la larghezza della singola scala non deve essere inferiore a quella delle uscite di piano che si immettono nella scala. Luoghi di lavoro a rischio di incendio basso o medio, la larghezza complessiva delle scale è calcolata con la formula: L=A’/50*0,60(m) dove: A’=affollamento previsto in due piani contigui, a partire dal 1°piano. Comunque, la larghezza minima delle scale è di 0,80m. La pendenza delle scale non dovrebbe superare i 35°. Le alzate dei gradini non devono superare i 17cm, la pedata i 30cm, deve essere rispettata la relazione 2A+P=62,64cm dove A misura l'alzata del gradino e P la pedata. Le scale esterne, non protette dalla pioggia, devono avere i gradini inclinati di l°,3°. Scale fisse a pioli metallici: la larghezza dei gradini dovrebbe aggirarsi sui 35cm e la distanza fra gli stessi essere compresa fra i 25 e i 30cm. Se le scale a pioli hanno un'altezza superiore a 5m, le norme antinfortunistiche prescrivono una gabbia metallica di protezione a partire da 2,50m dal suolo e distante non più di 60cm dai pioli; la distanza fra questi e la parete non inferiore a 15cm. I montanti laterali della scala e la gabbia di prote­zione dovrebbero superare di 1m il piano a cui la scala stessa immette. Parapetti devono avere un'altezza utile non infe­riore a 1m, almeno due correnti.
Fognature: Le acque distinguere: acque piovane o bianche; acque nere o cloacali; acque tecnologiche o industriali. Le acque piovane o bianche      condotti di calcestruzzo o di PVC. Acque nere, condotti in gres o in materie plastiche. Acque tec­ nologiche in materie plastiche PVC e polietilene ad alta densità, o, ancora, in ghisa sferoidale.
DIMENSIONAMENTO DI FUNI E TAMBURI
Funi di acciaio aventi un numero di fili ele­mentari ≥100 e un carico di rot­tura pari a 180200220 kgf/mm2 ovvero 180020002200 N/mm2. Diametro delle funi: d = C√S dove: S=trazione massima sulla fune(N); C=fattore di selezione della fune, che tiene conto dei seguenti parametri: - coefficiente minimo di utilizzazione della fune; - fattore empirico del carico di rottura minimo di una data fune K; resistenza a rottura minima dei fili della fune R0 (N/mm2). Risulta: C=√[Zp/(K*R0)]. Tamburi: il diametro del tamburo non risulti inferiore a 25 volte il diametro delle funi e a 300 volte il diametro dei fili elementari di queste. Per le pulegge il diametro deve essere non inferiore rispettivamente a 20 e 250 volte. Per la valutazione del diametro dei tamburi e delle pulegge: D≥H*d dove: D=diametro del tamburo, della puleggia contenuta nel bozzello o della puleggia di rinvio(mm); H=coeff. per tamburi e pulegge, dipendente dal gruppo di appartenenza dei paranco; d=diametro nominale della fune (mm).
CLASSIFICAZIONE DEI CARRIPONTE
La classe di appartenenza viene determinata in base al numero totale dei cicli di carico ed al regime di carico. Come numero totale dei cicli di carico n si intende il presunto numero di cicli che l'apparecchio effettuerà nel corso della sua vita. Il regime di carico: Kp=∑[(ni/n)*(Pi/Pmax)3]dove: ni=numero di volte in cui viene innalzato il carico Pi; n=numero totale dei cicli di carico; Pmax= massimo valore di Pi. Il prodotto dei numero di cicli totale n per il regime di carico Kp determina la classe dell'apparecchio. M (coeffi­ciente di classe).
ELEMENTI PER LA PROGETTAZIONE DEI CARRIPONTE
Tre diverse condizioni di carico: 1) servizio con forze regolari; 2) servizio con forze regolari ed occasionali; 3) carichi eccezionali.
Dimensionamento Travi: Devono essere in grado di sopportare tensioni: T=F/S con F=forze e S=superficie della trave; ma devo tenere conto delle classi: Tv=(M*F)/S.
Scelta Rotaie: Si usano rotaie del tipo Vignole o anche semplici barre quadre o piatte in acciaio sal­date direttamente alle vie di corsa, per servizi leggeri. Si ricorre invece a rotaie del tipo Burbach per i carriponte adibiti a servizi pesanti.
Vie di corsa o piani di scorrimento: Le vie di corsa dei carriponte sono costituite da travi semplicemente appoggiate o da travi continue. Le vie di corsa sono di regola costruite in acciaio e sono sovente sop­portate da mensole sporgenti dai pilastri del fabbricato. A causa di frenature e tiri obliqui le vie di corsa vengono irrigidite almeno superiormente. Per distanze fra gli appoggi superiori a 68m, si realizza tale irrigidimento mediante travi di sponda oppure ricorrendo a travi a cassone. I carichi da considerare per il calcolo delle vie di corsa sono i seguenti: carichi permanenti; carichi mobili; carico sull'eventuale passerella di servizio; azioni di natura meteorologica; azioni derivanti da variazioni termiche. Le azioni verticali dell'apparecchio in movimento si ottengono moltiplicando le azioni verticali statiche Rmax e Rmin per il coefficiente M di maggiorazione; le azioni orizzontali longitudinali (dovute alle accelera­zioni) pari a 1/7 delle Rmax statiche delle ruote motrici o frenanti; le azioni orizzontali trasversali (normali alla direzione del moto) pari a 1/10 dei carichi verticali statici massimi delle ruote di una testata. Seguenti condizioni di carico: condizione I: azioni verticali statiche delle ruote maggio­rate dei coefficiente M; condizione II: azioni verticali statiche delle ruote; azioni orizzontali trasversali e longi­tudinali; spinta dei vento. In entrambe le condizioni di carico, le deformazioni elastiche ammissibili per le vie di corsa sono le seguenti: - freccia elastica verticale: ≤1/800 della luce; freccia elastica orizzontale trasversale: ≤1/1600 della luce.
Calcolo delle potenze elettriche: Resistenze che si oppongono al moto: 1) la resistenza dovuta all'attrito volvente fra ruote portanti e rotaie: Av=µR/P dove: P=carico totale che grava sulle ruote portanti (kgf o N); R=raggio delle ruote portanti (mm); µ=parametro di attrito volvente nel contatto acciaioacciaio (0,05mm); 2) la resistenza dovuta all'attrito nei perni delle ruote portanti: Ap=(f*r*P)/R dove: f=coeff. di attrito nei perni, r=raggio dei perni delle ruote (mm); 3) nel caso di ruote con bordini, la resistenza dovuta all'attrito fra rotaia e bordino: Ab=P*Wb con Wb=5kgf/tf=5N/kN, bronzine; Wb=3kgf/tf=3N/kN,cuscinetti; 4) la resistenza dovuta ad attriti diversi: Aa=0,3;0,4(Av+Ap); 5) la resistenza dovuta alla forza d'inerzia, in fase di avviamento: Ri=1/10a*P dove a=l'accelerazione del ponte o dei carrelloargano (m/s2); 6) la resistenza dovuta al vento (per gru installate all'aperto): p=c*q dove c=coeff. di esposizione; q=pressione cinetica del vento. Resistenza unitaria globale w (in kgf per tonnellata di reazione) si può assumere w=1520kgf/t nel caso delle bronzine e w=710kgf/t nel caso dei cuscinetti a rotolamento.
Potenze: La potenza a regime per il sollevamento di un carico Q vale NS=Q*v/102η; La potenza a regime per la traslazione di peso proprio G vale NR=[(Q+G)*w*v]/(1000*102*η); N = potenza assorbita in kW; Q = portata o carico utile da sollevare o trasportare in kgf; G = peso proprio del ponte e/o del carrello in kgf; v = velocità a regime in m/s; w = resistenza al moto in kgf/t; η = rendimento meccanico totale (0,7-0,9). Se la gru è installata all'aperto, l'azione del vento aumenta la potenza assorbita a regime dai motori: NVENTO=[(p*St+p’A)*v]/(103*η) dove p,p'= pressione del vento in N/m2; St= superficie della parte piena della trave (ad anima piena o reticolare) in m2; A=massima superficie del carico esposta al vento in m2. La potenza necessaria (in kW) per l’avviamento vale NA=[(Q+G)/g]*(v/ta)*[v/(102*η)]*β dove β=coeff. masse in rotazione pari a 1,1-1,2; ta=tempo di avviamento; g=9,8m/s2. Potenza nominale dei motori che comandano la traslazione del carrello e del ponte: Nnom=(NA+NR)/1,7:2. Adottando le unità del SI: NS=Q’*v/1000η con (Q’ in N); NR=[(Q’+G’)*w’*v]/(106*η) con (Q’ e G’ in N, w’ in N/kN); NA=[(Q’+G’)/g]*(v/ta)*[v/(103*η)]*β
CARRELLI A FORCHE
Capacità Portante: C=I*Q (cm*kgf) dove Q=peso lordo del carico portato; Max ingombro in lunghezza dell’unità di carico da movimentare: I=C/Q (cm); Max portata del carrello per una data lunghezza dell’unità di carico: Q=C/I (Kgf); Altre formule: I=A+B;  Prestazioni di un carrello elevatore: Velocità di arcia con/senza carico: 10-20 Km/h; Velocità di sollevamento forche: 0,2-0,5 m/s; Velocità di discesa: 0,4-0,6 m/s; Pendenza superabile: 6-9%; Raggio minimo, prima trovare R=p/senα; n=BC-AC; p=n(cotgβ-cotgα)
CARATTERISTICHE ED ELEMENTI COSTITUTIVI DEI TRASPORTATORI A NASTRO
lunghezza dei trasporta­tore, misurata fra gli assi dei tamburi estremi;- larghezza del nastro e numero di tele o spessore o tipo di materiale costi­tuente il nastro stesso;- inclinazione del nastro; velocità del nastro (fino a 2 m/s per i nastri piani, fino a 5-7 m/s per i nastri a conca; - diametro dei tamburi, dipende dalla rigidezza del nastro; - diametro dei rulli e loro interasse: se eccessivo, consente inflessioni non accettabili nel nastro carico; se troppo piccolo, aumenta inutilmente il costo ed il peso delle parti rotanti; - cuscinetti (dei rulli), radiale rigido a sfere, con lubrificazione permanente, protetti contro le infiltrazioni di polveri e umidità dalle tenute dei rulli; - angolo di avvolgimento del nastro sul tamburo motore e tipi di materiali del nastro e del tamburo motore. Elementi costituenti i trasportatori a nastro: a) un tenditore a vite, a molla o più spesso a contrappeso; b) un dispositivo di carico (scivolo); c) due sponde laterali (bavette) aventi lo scopo di impedire che il mate­riale cada lateralmente dal nastro: tali bavette (in gomma o metalliche); d) uno o più dispositivi per lo scarico dei materiale; e) un raschiatore od una spazzola rotante, posti sotto la puleggia motrice, per la pulizia del nastro; e) un dispositivo di frenatura; g) stazioni autocentranti (nel caso di trasportatori a nastro molto lunghi) dotate di rulli di guida posizionati vertical­mente ai due lati dei nastri superiore e inferiore; - Scaricamento del materiale: h=v2/g
Potenzialità di trasporto (a nastro)
a) Scatole, colli, cassette, ecc. Q=k*q*b*v dove: k=costante che dipende dalle unità di misura adottate; q=carico distribuito sul nastro; b=larghezza del nastro; v=velocità del nastro (variabile in genere fino a 1m/s).
b) Materiali alla rinfusa Q=k’*γ*A*v (Peso/tempo); Q=k”*A*v (Volume/tempo) dove: k’(kg/m3),k”(m2)=costanti che dipendono dalle unità di misura adottate; γ=peso specifico del materiale trasportato; A(m2)=sezione media dello strato di materiale sul nastro; v(m/s)=velocità del nastro.
CALCOLO DI UN TRASPORTATORE A NASTRO
A) Dati di partenza: - caratteristiche chimicofisiche del materiale da trasportare; portata richiesta; lunghezza del trasportatore; profilo della installazione.
B) Resistenza al moto: 1) Attrito della massa in moto del trasportatore  dove: r1=f*qs*l dove f=coeff. di attrito dei rulli; qs= peso delle parti mobili del trasportatore, espresso in kgf per metro di lunghezza del trasportatore stesso; l = lunghezza del trasportatore (in metri) misurata fra gli assi dei due tamburi di. estremità. Divise in 2/3 r1 parte superiore; 1/3 r1 parte inferiore. 2) Attrito per il trasporto del materiale: r2=f*qm*lm dove: qm= peso del materiale trasportato (in kgf per metro di trasportatore); 1m= lunghezza del tratto carico di trasportatore (in metri); 3) Sforzo per far superare al materiale un eventuale dislivello fra i punti di carico e di scarico: r3=±qm*H dove H=dislivello da superare in metri, + in salita, - in discesa; 4) resistenza dovuta ad eventuali scaricatori fissi  r4=a*qm o mobile r4=b dove a e b dipendo dalla larghezza del nastro; 5) resistenze fisse: lunghezza fittizia l0=600,21(metri)à r1=f*qs*(l-l0); r2=f*qm*(lm-l0). Sforzo Totale: R=r1+r2+r3+r4+r5
D) Tensioni del nastro R=Tt; i valori di T e t sono determinati imponendo la condizione limite di aderenza fra nastro e tamburo: T7t=eµα con µ=coeff. attrito nastro-tamburo; α=angolo avvolgimento; T=R[1+(1/(eµα-1))]=k1*R; t=R[1/(eµα-1)]=k2*R
E) Aderenza fra nastro e tamburo L'aderenza fra nastro e tamburo può essere aumentata: 1) scegliendo un materiale adatto per il tamburo; 2) aumentando l'angolo di contatto α; 3) adottando un tenditore a contrappeso.
F) Numero di tele Determinata la tensione massima T (se il nastro è del tipo a tele; altrimenti si determina il suo spessore): n=T/(K*B) dove: n = numero di tele del nastro; K = resistenza dell'unità di larghezza di una tela; B = larghezza del nastro.
TRASPOTATORI A CATENA
Lo sforzo occorrente per trascinare orizzontalmente il materiale: R1=fg*qm*Lm dove: qm=materiale trasportato per unità di lunghezza (kgf/m) Lm= percorso in orizzontale compiuto dal materiale(m); fg=coefficiente generale di attrito; b) lo sforzo occorrente per il movimento di tutte le parti mobili del convogliatore: R2=fg*qs*Ls dove qs=peso delle parti mobili del convogliatore (kgf /m) Ls=proiezione orizzontale del convogliatore(m).c) Lo sforzo occorrente per sollevare verticalmente il materiale: R3=±qm*H dove: H=dislivello da superare (m). d) Lo sforzo occorrente per vincere le resistenze di attrito fra catena: aumentando Ls ed Lm di 10m o 6m, se i rinvii sono su cuscinetti lisci oppure a rotolamento; aumentando H nell'espressione del 5%. E) Sforzo al tenditore: R4. La potenza assorbita, se η è il rendimento dell'argano (=0,7-0,8) e V la veloità del convogliatore (in m/s), è: N=(F*V)/102*η=(F’*V)/1000*η con F=R1+R2+R3+R4 in kgf e F* in N. Pressione sui perni in kgf/cm2: p=T/(d*b) con T=F=R1+R2+R3+R4
Il METODO ABC
Si porta sull'asse delle x di una coppia di assi cartesiani il numero delle voci immagazzinate espresso in percentuale, e sull'asse delle y il valore delle voci stesse, espresso a sua volta in percentuale: meno del 10-20% degli articoli (categoria A) rap­presenta da solo il 70+80% o anche più del valore totale delle merci a magazzino; circa il 2025% delle voci (categoria B) rappre­senta il 20-30% del valore totale; una percentuale superiore al 60-70% degli articoli immagazzinati (categoria C) rappresenta soltanto il 5% circa del valore totale dei materiali a magaz­zino. Si opera così: si elencano le singole voci e le relative quantità da immagazzinare secondo l'ordine decrescente dei quantitativi in gioco, si riportano sulle ascisse le singole voci nell’ordine dianzi stabilito e, in corrispon­denza di ciascuna, si traccia un segmento proporzionale nella scala delle ordinate alle quantità cumulate da immagazzinare: categoria A sono le più adatte ad essere immagazzinate sovrapponendo le unità di carico ed accostando le pile fra di loro; categoria C, in scaffali tradizionali o in scaffali ad elementi mobili trasversalmente o ancora in alti scaffali serviti da trasloelevatore; categoria B, immagazzinate in scaffali del tipo a gravità o derivati. MODELLI MATEMATICI PER LA DETERMINAZIONE DEGLI INDICI Di UTILIZZAZIONE DEI MAGAZZINI: D=b+h+R+e; Aut=a*b*M*N; Atot=(a+f)*N*(M*b+D); Is=(Aut/Atot)100% Simboli:D =  larghezza del corridoio di manovra o di servizio; a=larghezza (tutto fuori) dell'unità di carico (e quindi di ciascuna pila); b=lunghezza (tutto fuori) dell'unità di carico (e quindi di ciascuna pila); N=numero di pile disposte parallelamente al corridoio di servizio; M=numero di pile disposte normalmente al corridoio di servizio (da una parte e dall'altra del corridoio) e servite dallo stesso; f =franco (laterale) fra pila e pila; h=distanza fra piano frontale delle forche e asse delle ruote anteriori dei mezzo (nel caso dei carrelli a for­che frontali) oppure fra piano frontale delle forche e asse di rotazione (nel caso dei carriponte di impilag­gio); R=raggio minimo di ingombro dei mezzo in fase di sterza­tura; e=franco di sicurezza per la manovra dei mezzi di trasporto nei corridoi di servi­zio.
APPROVIGIONAMENTO D’ACQUA
Dimensionamento Canale: In genere è nota Q (kg/s o m3/s), devo scegliere la velocità media V (m/s). Posso avere 2 tipi di canali: - sez. circolare: i migliori, ma difficili da realizzare; - sez. rettangolare: le dimensioni devono essere a=2b. Passo1: Ricavo il raggio medio nei tubi rettangolari R=Area Sezione/Contorno Bagnato=(a*b)/(2a+b), nei tubi circolari R=D/4 dove D=diametro interno del tubo; A=a*b=2b*b=2b2; b=√(A/2); a=2√(A/2); Passo2: Ricavo coef. di scabrezza χ =(100√R)/(m+√R) con m=parametro di scabrezza; Passo3: Applico la formula di Chery: V=χ√(R*i) con i=parametro del canale. Se V è compresa tra 0,3-1,2 è OK; se V è diversa dai valori precedenti devo cambiare o la sezione o la pendenza.
FOGNATURE
Devo rispettare delle velocità: - Acque bianche e tecnologiche: Vmax<2-3m/s; acque nere: Vmin>0,3-0,6m/s; acque con sabbie e metalli pesanti: Vmin>1m/s; Le sezioni dei tubi sono cilindriche: R=D/4; Dimensionamento tubazione piena: Noti: Q,V,m; Ricavo A=Q/V; Impongo la mia resistenza al moto: R=D/4; Ricavo χ =(100√R)/(m+√R); Ricavo i=β(Q2/D5) e verifico se sta nei valori; Dimensionamento tubazione non completamente piena: Noti: Q,i,m,V; Pongo l’altezza H di acqua ne tubo; Ricavo la superficie liquida (S); il contorno bagnato (p); R=S/p; Ricavo χ; Ricavo V; Verifico se V è OK, se no provo con un altro valore di H. Dimensionamento Acque pluviali: bisogna tener conto dell’intensità della pioggia i=h/t con h=altezza della pioggia (mm); t=durata della pioggia. Percentuali di acqua piovana che finisce nelle fognature: fabbricati ψ=0,9-0,95; superfici macadam ψ=0,4-0,6; non pavimentate ψ=0,1-0,3; giardini ψ=0,05-0,25. Dimensionamento Acque Nere: 0,9-0,95
CARICO DI INCENDIO
Si può valutare con la formula: q*=∑(gi*Hi)/A con q*= carico di incendio, in kcal/m2 o MJ/m2; gi=massa in kg della sostanza combustibile i fra le n presenti nel locale; Hi=potere calorifico superiore della sostanza combustibile, in kcal/kg o MJ/kg; A=area totale del locale in m2. In Italia: q si misura in (kg di legno eq/m2) con 1kg di legno=4400kcal; q=∑(gi*Hi)/4400*A; Rischio di incendio: - lieve: q<35kg/m2; medio 35<q<75kg/m2; grande: q>75kg/m2. Il carico di incendio mi dice quanto tempo la struttura deve resistere al fuoco (REI): R: resistenza meccanica; E: ermeticità; I: isolamento  termico. Se REI=60 l’edificio resiste per 60 minuti alle 3 sollecitazioni; se q=90 devo progettare l’edificio con REI=90.
ARIA COMPRESSA
Compressori: Le portate dei compressori si misurano in m3 o litri di aria per unità di tempo. Aspirazione: P=atm T=0°; Mandata: P e T maggiori. La pressione viene misurata in: ate: pressione relativa dell’aria rispetto alla Patm; ata: pressione relativa dell’aria rispetto al vuoto. Ogni compressore ha un rapporto di compressione: R=Pmandata/Paspirata; in genere questo rapporto è 6-7ate fino a 25-30ate nelle fonderie. Tipi di compressori: - Volumetrici: - a stantuffo; - rotativi. Viene aspirata l’aria tramite la valvola di aspirazione. Dopo si chiudono le due valvole e l’aria viene compressa. Infine si apre la valvola di mandata e l’aria fuoriesce. Turbocompressori: sono formati da rotori e statori che, tramite palette, comprimono l’aria e a convertono in energia di pressione. Scelta dei compressori: - pressione in uscita; - portata d’aria; affidabilità; ingombro; presenza olio nell’aria compressore; flessibilità d’esercizio; costo dell’aria compressa. Distribuzione: in genere sono a maglie con pendenze dello 0,2-0,5%. La presa dell’aria compressa è sempre a monte per evitare che ci sia della condensa; inoltre se l’aria non è essiccata si installano dispositivi per lo scarico della condensa. Dimensionamento Aria Compressa: Nota Q; Ricavo D (nel caso di tubo a sez circolare): Q=(πD2/4)*V con V=10-15m/s e D=√(4Q/πV); Calcolo le perdite di pressione Дp=10-4λ*γa*(v2/2g)*(L/D) con Дp=caduta di pressione in bar; λ=coeff. di attrito del movimento dell’aria dentro tubi; γa=peso dell’unità di volume di aria compressa (kg/m3); v=velocità media dell’aria (m/s); D=diametro interno della tubazione (m); L=lunghezza equivalente dela tubazione (m). Le velocità dell’aria non dovrebbero mai superare i 10-15m/s, mentre la perdita di carico massima fra compressore e estremità della rete deve essere entro 0,5 bar, compresi 0,2 bar perduti nell’essiccatore.
IMPIANTI ELETTRICI
Linee di trasporto: a) Linee Aeree Nude: sono utilizzate per l’alta tensione (non negli stabilimenti); b) Cavi: hanno facilità di posa e costo contenuto: sono isolati da guaine. I conduttori possono essere in acciaio o rame e per: - MT: 1,2,3 conduttori; - BT: 1,2,3,4,5 conduttori. L’acciaio pesa e costa meno per cui, a parità di corrente I, deve avere sezione maggiore. Colori nei cavi: Nero/marrone: Fasi; Azzurro: Neutro (ove presente); Giallo e Verde: Terra. Linee Blindate: Sono costituite da sbarre di acciaio o alluminio: sono facili da posare e indicate nel caso di cambiamenti di linee o aggiunte di derivazioni. Si possono suddividere in: - linee per il trasporto e distribuzione energia con portate da 600 a 5000 A: derivare carichi ogni 1-3m, mentre la tenuta al cortocircuito varia da 30 a 200kA; linee di distribuzione con portate da 150 a 900 A, derivare ogni 50cm, correnti di cortocircuito fino a 35kA; linee di distribuzione leggera sotto i 150 A e possibilità di derivare carichi in ogni punto della linea; linee con portate fino a 300 A, per carichi mobili.
IMPOSTAZIONE DEL PROGETTO DEGLI IMPIANTI ELETTRICI
La potenza installata in un reparto g: Pg=∑Pi(kW) con Pi=potenza di ciascuna macchina i; La potenza installata Pj dell'intero stabilimento: Pj=∑Pg(kW); La potenza elettrica assor­bita: PWg=(Pg*fn*fc)/η (potenza attiva in kW) con fn=fattore di utilizzazione del macchinario; fc=fattore di contemporaneità; η=rendimento medio dei motori; PAg=(Pg*fn*fc)/(η*cosφ) con cosφ=fattore di potenza medio del carico (non rifasato). tutti questi coefficienti sono<1. La potenza totale assorbita: PWT=∑PWg(potenza attiva totale in kW) e PAT=√[(∑PWg)2+∑PAgsenφ)2]. Formule semplificate: PWg=k*Pg e PAg=(k*Pg)/cosφ. Progettazione delle linee La caduta di tensione ДV(in volt)=k*(Rcosφ+Xsenφ)*L*I dove R e X sono espressi in ohm/m, L è la lunghezza della linea in metri, I la corrente di linea in ampere, k un coeffi­ciente che si assume pari a √3 nei sistemi trifase e pari a 2 nei sistemi monofase. Per i macchinari ДV max 4%; per la luce max 3%.
UNITA FOTOMETRICHE
a) Intensità luminosa: candela (cd); b) Flusso luminoso: lumen (lm), flusso luminoso emesso nell'angolo solido di 1 steradiante (sr): 1 lm=1cd*sr; c) Illuminamento: lux (x): 1 lx=1 lm/m2; d) Luminanza: nit (nt): 1 nt=1 cd/m2.
CALCOLO DELL’ILLUMINAMENTO
I valori ottenuti con la vanno poi divisi per il fattore di manutenzione pari a 0,8.
Metodo del flusso totale ФT=(E*A)/(u*m); N=ФT/ФL con ФT=flusso totale delle lampade installate nell'ambiente (lumen);ФL=flusso iniziale emesso da un apparecchio di illuminazione; E=illuminamento medio previsto (lux); A=area del locale (m2); N=numero di apparecchi di illuminazione previsti; u=coeff. di utilizzazione(<1)=(flusso tot.incidente sul piano illuminato/flusso tot. delle lampade insallate); m=fattore di manutenzione. Indice del locale: k=(a*b)/[h*(a+b)] con a=larghezza del locale; b=lunghezza del locale; h=altezza delle sorgenti luminose rispetto al piano di lavoro.
ANALISI DELLE POLLUZIONI
La pericolosità delle polluzioni dipende da tre fattori: 1) Composizione chimica: è funzione dei materiali da cui si verifica; 2) Concentrazione: quantità presente in 1m3 d’aria. Si misura in: - mg/m3 o µg/m3; - ppm, volume di particelle contenute in 106 unità di volume (Parti per milione); - PP/CC, n°di particelle contenute in 1 cm3 d’aria; 3) Granulometria: dimensione o diametro delle particelle: - Media aritmetica delle 3 dimensioni: d=1/3(l+s+b); - Media geometrica delle tre dimensioni: d=3√(l*s*b). Sono dannose le particelle tra 0,4 e 4µg. Normativa: Il MAC non può essere MAI superato.; Il TVL è la concentrazione media durante il turno di lavoro.
TRATTAMENTI ACQUE SUPERFLUE
Pretrattamenti: Grigliatura: Le griglie sono previste per trattenere oggetti ingombranti e sostanze solide glossolane trasportate dalle acque reflue. Si distingue fra griglie: fisse o mobili; diritte o curve; - verticali o inclinate; - a pulizia manuale o motorizzata. Si ha una grigliatura fine quando tale luce libera varia da 3 a 10 mm; una grigliatuta media per luci di 10-25 mm; una pregrigliatura (o grigliatura grossolana) se la luce libera varia da 30 a 100 mm. La velocità media fra 0,6 e 1m/s. La velocità massirna può arrivare a 1,20-1,50m/s. Dissabbiatura: Consiste nella separazione dalle acque da trattare delle sostanze sabbiose, argillose, minerali. La separazione avviene in vasche nelle quali l’acqua in arrivo diminui­sce di velocità e permane per un tempo sufficiente per far sedimentare la sabbia in essa contenuta. Disoleazione: riducendo la velocità di efflusso delle acque, si favorisce la separazione degli oli e dei grassi. Trattamenti primari o decantazione
Velocità di caduta sedimenti: v(m/s)=1/18*[g*(d1-d2)*d2]/η [legge di Stokes] valida per particelle sferiche e relativamente grandi, non influen­zantisi a vicenda, con fluido in quiete e a temperatura costante: dove: v=velocità di decantazione di una particella sferica (m/s); g=9,81 (m/s2); d1=massa volumica della particella (kg/m3); d2=massa volumica della soluzione (torbida); d=diametro della particella (m); η=viscosità del fluido (kg/m*s).
Decantatori a flusso orizzontale: velocità di caduta v0=(h/l)*P*Q=(h/l)*Vt con h=altezza; l=lunghezza; Vt=velocità di translazione. Ora immagino di avere una portata d’acqua Q=Vt*b*h con b=larghezza vasca. v0=(Vt*b*h)/(b*l); se ho A=superficie del fondo vasca posso trovare la portata specifica della vasca=Q/A [m3/(m2*h)]. Coagulazione: vengono sciolti nell’acqua dei materiali coagulanti che idrolizzandosi danno luogo a idrati fioccasi che trasportano nel fondo il materiale. Flottazione: è il processo inverso della sedimentazione, sul fondo della vasca ci sono degli elettrodi ce creano bolle di gas; queste bolle, salendo inglobano il materiale da separare.
Trattamenti secondari
Consiste nella depurazione biologica con utilizzo di sostanze organiche. Anaerobici: fanghi vengono introdotti in fosse settiche dove prima subiscono un processo di sedimentazione e poi vanno in una camera dove avviene la digestione. Aerobici: avviene favorendo lo sviluppo di microrganismi che si nutrono dei fanghi. Letti batterici: Le acque inquinate vengono messe in vasche circolari dove sono fermate da un letto filtrante su cui si sono formati batteri e protozoi. Sulla vasca è montata una struttura che distribuisce i fanghi. Per fanghi attivi: In questo caso si usano vasche di aerazione nelle quali l’aria compressa favorisce lo sviluppo dei microrganismi che digeriscono i fanghi. I anghi vengono fatti ricircolare per mantenere attiva la flora batterica. Altri trattamenti: Trattamenti terziari: una volta subito il trattamento terziario l’acqua può essere utilizzata per scopi industriali o civili. Filtrazione: consiste nel far passare l’acqua attraverso una superficie porosa che trattiene i sedimenti. Raffreddamento: Torre evaporativa a tiraggio naturale: viene creato l’effetto di un camino, il raffreddamento avviene per scambio di calore; Torre evaporativa a tiraggio forzato: l’acqua viene mandata in delle lastre che la disperdono, successivamente un getto d’aria forzata la raffredda. Refrigeratore bagnato ad aria: L’acqua a volte non può venire a contatto con l’aria per cui è racchiusa in serpentine che sono a contatto con aria o liquidi freddi (scambiatori di calore). Gruppi frigorigeni: sono dei gruppi in grado di raffreddare l’acqua a 4-6°C anche in estate tramite l’utilizzo dei gas compressi.
TRATTAMENTI DEI FANGHI
Trattamenti Fisici, Chimici, Biologici: a) Letti Biologici: I funghi prodotti dalla sedimentazione vengono messi in vasche contenenti uno strato di sabbia che poggia sulla ghiaia e pietrisco. L’acqua drenata viene immensa nella vasca di sedimentazione, mentre il fango viene eliminato tramite carroponti. b) Ispessimento per decantazione: i fanghi vengono immessi in un bacino di raccolta e vengono fatti decantare. Possono essere ispessitori statici o meccanici. I primi consistono nell’introdurre l’acqua fangosa dall’alto. In seguito l’acqua tracima e il fango rimane sul fondo. Quelli meccanici hanno un dispositivo rotante che facilità la sedimentazione. c) Fermentazione anaerobica: è una fermentazione che avviene in assenza di ossigeno. Vengono prodotti microrganismi che creano gas metano e CO2. Il metano viene utilizzato per scaldare la temperatura in modo da ottenere 35°C. Trattamenti Meccanici: a) Filtrazione sottovuoto: Consiste in una serie di scomparti rivestiti da lamiere bucherellate e ricoperti da una tela. Quando lo scomparto passa nei fanghi viene fatto il vuoto attraverso pompe. L’acqua filtra e il fango rimane sulla tela. b) Filtro Pressa: costituito da tele filtranti sostenute da piastre scorrevoli su guide. Le piastre vengono avvicinate in modo da risultare compresse e intrappolando il fango. Ci possono essere presse filtranti continue su nastro-trasportatori. c) Centrifugazione: Consiste in un tamburo rotante (rotore) e in una coclea rotante, ma più lenta. Trattamenti Termici: 1) Essiccazione: Si effettua a 150-500°C con innalzamento della temperatura con un bruciatore. 2) Incenerimento: avviene in forni e richiede una prima disidratazione meccanica per far si che il procedimento non sia troppo costoso: a) Forni a piani: I fanghi vengono immessi dall’alto e fatti cadere tramite un dispositivo rotante con rastrelli; in controcorrente sale l’aria calda che essicca il fango; b) Forno a cilindro rotante: Viene utilizzato un cilindro inclinato rotante e aria calda in controcorrente; c) Forno a letto fluido: Il fango viene messo su un letto di sabbia fluidificato e portato a 1000°C. I fanghi si trasformano in ceneri che vengono portate dai gas di combustione a un ciclone per la separazione. I fumi vanno poi trattati. Smaltimento Finale dei Fanghi: a) Smaltimento sul terreno se non nocivi con proprietà fertilizzanti; b) Smaltimento insieme a rifiuti solidi urbani in discariche interrate e controllate; c) Trattamenti meccanico biologici, vengono attaccai da colonie di microrganismi che li fanno diventare humus; d) Scarico in vasche impermeabilizzate se nocivi; e) Riutilizzazione, se è possibile riciclarli; f) Incenerimento.

 

Fonte: http://impiantindustria.altervista.org/Formule.doc

Sito web da visitare: http://impiantindustria.altervista.org/

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