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La fusione in forma permanente (o fusione in forma a ripetizione) permette di ripetere numerose volte un determinato modello attraverso la fusione nella stessa forma.
Le forme fusorie erano eseguite, quasi esclusivamente, in pietra, spesso bivalvi, con le due parti lavorate. Sulle pietre dovevano essere presenti dei denti che ne assicurassero il perfetto posizionamento.
Un esempio di questa tecnica è visibile nel ritrovamento fatto negli scavi di Augusta Raurica, oggi Kaiseraugst, nei pressi di Basilea.
Lo stampo è accuratamente eseguito in calcare molto fino ed è perfettamente distinguibile l’apertura ad imbuto per colarvi il materiale fuso.
Nello stesso sito sono stati rinvenuti numerosi cucchiai d’argento dello stesso tipo, ma non rispondenti alla forma rinvenuta.
Come la fusione in forma permanente, anche la tecnica della fusione a cera persa è un procedimento antichissimo passato all’arte orafa dalla fonderia in bronzo.
Ogni forma può essere utilizzata una sola volta, al contrario di quella precedente, che permetteva una piccola produzione in serie.
L’oggetto che si vuole fondere viene accuratamente modellato in cera fino ai minimi particolari e gli viene applicata, sempre in cera, una apertura imbutiforme.
Se poi il modello è di grandi dimensioni o con complesse articolazioni, vengono aggiunti altri elementi in cera che devono fungere da sfiatatoi per far uscire i fumi di cera bruciata al momento della colata e dell’aria, per evitare che questa, fermandosi possa formare bolle o bloccare il passaggio in canali stretti compromettendo la buona riuscita della fusione.
La disposizione dell’imbuto per la colata e quella degli sfiatatoi sono dettate dall’esperienza.
La cera così modellata, viene rivestita di uno strato di creta molto fina impastata con materiale refrattario e acqua. Anche lo spessore della creta viene dettato dall’esperienza.
La forma viene fatta asciugare lentamente in modo tale da non far insorgere fessurazioni o screpolature; successivamente viene fatta riscaldare fino al punto di liquefazione della cera. La cera fruisce dalla forma, mentre una parte marginale viene assorbita. La forma è così pronta per la fusione.
Per fusioni di una cerata mole, oltre che di complessa articolazione, si preferisce utilizzare la forma molto calda.
L’artista cola il metallo fuso attraverso l’imbuto apprestato sulla forma, aria e fumo escono dagli sfiatatoi che, a loro volta, si riempiono di metallo.
Lasciata raffreddare, la forma viene rotta con colpi di martello e l’oggetto appare nella sua forma definitiva. Si devono staccare l’aggiunta imbutiforme e gli sfiatatoi ormai pieni di metallo.
Nell’apprestamento della forma si scelgono materiali molto fini per non dover successivamente levigare la superficie dell’oggetto, che si presenta già sufficientemente liscia.
Tuttavia, molto spesso venivano utilizzati bulini e brunitori per ripassare gli oggetti.
Con questo procedimento è stata fusa la statuina femminile “Afrodite con lo specchio”, trovata nel tesoro di Augusta Raurica. La fusione è perfetta, rifinita con bulini e scalpelli e accuratamente levigata e brunita.
Per riprodurre in piccole serie pezzi piatti destinati ad essere inseriti in altre più complesse opere (fregi o medaglioni) fin da epoche lontane si è fatto ricorso alla fusione a forma impressa.
Dentro un recipiente poco fondo veniva sistemata la sabbia molto fine miscelata con polvere di terracotta. Lievemente inumidita la sabbia deve essere saldamente compressa e spianata.
Il modello da riprodurre, viene impresso in questo materiale, nel quale lascerà una impronta molto nitida, nella quale verrà poi colato il metallo fuso.
Con piccole precauzioni il processo può essere ripetuto più volte.
Gli oggetti ottenuti con questa tecnica presentano la superficie a contatto con la sabbia sempre molto ruvida e irregolare; questi necessitano, poi di un’accurata rifinitura con bulini e brunitori.
La parte opposta mostra la superficie del metallo fuso, che scompare nel montaggio, tramite saldatura, su un altro oggetto.
Non sono mai stati rinvenute le forme impresse nella sabbia perché, al termine di ogni fusione, questa veniva rimescolata e posta in recipienti idonei.
Fonte: http://www.ing.unitn.it/~colombo/Web_oro/Ori_alpini/Fusione.doc
Sito web da visitare: http://www.ing.unitn.it/
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