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In una produzione industriale i pezzi grezzi che provengono dalle lavorazioni meccaniche possono essere contaminati da materiali estranei raccolti durante il ciclo lavorativo. Inoltre anche le condizioni ambientali e i tempi di lavorazione o di sosta fra una lavorazione e l’altra possono modificare le condizioni superficiali del materiale andando ad influire sulle operazioni galvaniche successive. Le tipologie di sporco più comuni sono:
Dal punto di vista chimico gli sporchi possono essere suddivisi in tre categorie:
Normalmente la rimozione non è una operazione semplice perché lo sporco ha composizioni non sempre definite e costanti. In particolare ha molta influenza il periodo di invecchiamento dello sporco a contatto con il pezzo. Tempi lunghi di contatto comportano maggior difficoltà per l’intervento di reazioni fra metallo e sporco, specialmente nel caso di sostanze organiche che possono subire ossidazione. E’ quindi importante ridurre al minimo il tempo di permanenza dei pezzi allo stato non deterso.
E’ l’operazione che ha lo scopo di rimuovere dal metallo i materiali estranei raccolti nelle precedenti lavorazioni e renderlo così adatto alle successive . Il risultato di questa operazione non dipende solo dalla tipologia delle soluzioni adottate ma anche dalle modalità di lavaggio.
I componenti di un detergente sono i tensioattivi e sali coadiuvanti:
Il componente fondamentale di un sistema di lavaggio è il tensioattivo. Le proprietà dei tensioattivi derivano dalla dipolarità della sua molecola per cui una porzione è solubile in solventi polari (acqua) e un’altra è solubile in quelli apolari (oli minerali). Questo provoca una distribuzione molecolare caratteristica all’interfaccia fra i due sistemi con la modifica dell’energia interfacciale (micelle). I tensioattivi sono quindi utilizzati per modificare la bagnabilità della superficie in fase di lavaggio o per favorire l’emulsionabilità di un olio o di uno sporco per poterlo così asportare dalla superficie di un oggetto. Sono normalmente utilizzati nell’industria con soluzioni alcaline, acide o con solventi. Possono essere suddivisi nelle seguenti classi:
Il tipo cationico è poco utilizzato mentre molto usate sono le miscele di anionici e non ionici.
Il primo tipo di detergente organico ,il sapone derivato da grassi animali, è stato utilizzato per molti anni anche senza una formale conoscenza del meccanismo della detergenza.
Il grasso reagisce con la soda caustica che sposta il gruppo glicerico e salifica l’acido derivato. Questi saponi sono quindi costituiti da una lunga catena di atomi di carbonio solubile in olio e da un gruppo terminale ionizzato negativamente solubile invece in acqua. Sono dei buoni detergenti ma se salificati con metalli come calcio e magnesio diventano insolubili. Le acque dure utilizzate nella preparazione di queste soluzioni inibiscono quindi l’azione detergente.
La loro solubilità in acqua è limitata per la presenza di una lunga catena paraffinica solubile in solventi apolari contro un piccolo gruppo solubile in quelli polari. La loro azione è limitata ad un certa varietà di grassi per cui sono generalmente sostituiti da componenti sintetici. I tensioattivi sintetici sono prodotti da alcoli derivati da noci di cocco, come il laurilsolfato sodico,o da frazioni petrolifere combinate con benzene e solforati con acido solforico.La lunghezza della catena ne determina le proprietà. Se la catena paraffinica contiene da 8 a 10 atomi di carbonio si ottiene un tensioattivo; se gli atomi di carbonio della parte paraffinica sono 12 si ha un detergente mentre con 16 si ha un emulsionante.
Si ottengono condensando fra loro molecole di ossido di etilene con polimeri insolubili in acqua. La struttura ottenuta è costituita da una parte apolare (catena polimerica ) e da un’altra polare ma non dissociata. I gruppi che compongono la parte polimerica sono generalmente:
Se ci sono almeno 20 gruppi di ossido di etilene il prodotto è un tensioattivo, se questo numero è circa 10 allora abbiamo un detergente mentre se sono solo 5 avremo un emulsionante.
In questo caso il gruppo terminale è caricato positivamente invece che negativamente come nel caso degli anionici. I detergenti cationici hanno basse caratteristiche. Il loro uso è dovuto al loro potere germicida, emolliente e antistatico. I più usati sono formati da sali d’ammonio quaternari.
I tensioattivi anfoteri hanno un gruppo anionico ed uno cationico sufficientemente grande e si caricano positivamente o negativamente in base all’alcalinità o basicità della soluzione in cui sono immessi. Essi sono in genere compatibili con soluzioni di natura diversa.
I detergenti possono essere suddivisi nelle seguenti categorie in base alla natura dei sali coadiuvanti che contengono e cioè:
Dal punto di vista fisico possono essere in polvere o liquidi.
Nella scelta di uno sgrassante è necessario tenere in considerazione sia lo sporco che deve essere eliminato, sia il materiale base che deve essere preservato da attacchi che ne alterano le caratteristiche estetiche e meccaniche in generale.
Ad esempio sistemi basici ad elevato contenuto in soda caustica sono molto validi per la detergenza dei materiali ferrosi ma sono sconsigliati per leghe di rame ed estremamente dannosi per l’alluminio. Il grosso dei consumi nell’industria riguarda i detergenti alcalini mentre gli acidi sono più dedicati ad alluminio e sue leghe, rame e ottone.
I solventi organici il cui utilizzo ha avuto un notevole sviluppo nell’ultimo ventennio hanno subito recentemente una notevole contrazione nell’utilizzo per motivi ecologici. Anche per i detergenti a base acquosa gli effetti ecologici hanno imposto comunque restrizioni riguardevoli.
L’azione di uno sgrassante si concentra in uno o più dei seguenti effetti:
3. TIPI di SGRASSANTI
Questa classe di sgrassanti è la più utilizzata ed è costituita da una miscela di sali alcalini con tensioattivi. Lo scopo di queste miscele è di soddisfare ad un certo numero di esigenze che possono essere così elencate:
Per ottenere queste proprietà è spesso necessario mescolare più sali alcalini e più tensioattivi. Il contenuto di tensioattivi è di circa il 5-15% e la sua scelta è molto legata allo sporco da eliminare. Industrialmente vi sono sgrassanti specifici oppure ad ampio specchio. Gli alcali utilizzati nei detergenti industriali sono:
1-Sodio idrato. Fornisce un’alcalinità iniziale.
2-Sodio carbonato. Mantiene il pH basico per idrolisi e liberazione di CO2.
3-Sodio metasilicato e sodio ortosilicato. Forniscono l’acido silicico che essendo insolubile in acqua rimane sospeso nella soluzione per lunghi periodi ed impedisce la rideposizione dello sporco sui pezzi. Inibisce la corrosione dei metalli in particolare di alluminio e zinco. Se la soluzione è acida l’acido silicico precipita sui pezzi formando un velo protettivo di difficile rimozione se non ricorrendo ad alcali molto forti o ad acido fluoridrico. Prima di introdurre i pezzi lavati con una soluzione che contiene silicati in una soluzione acida è bene operare un attento risciacquo.
4-Trisodio fosfato, TSP; Tetrasodio pirofosfato ,TSPP; polifosfati. Hanno elevato valore peptizzante ma scarso valore detergente. Sostituiscono i silicati dove questi sono indesiderati ed hanno un certo effetto nella rimozione degli oli minerali. I polifosfati si combinano con calcio e magnesio presenti nell’acqua per effetto del loro potere sequestrante evitando che questi sali possano reagire con i saponi. L’aspetto negativo è che i fosfati complessi per effetto della temperatura, del tempo o dell’abbassamento del pH idrolizzano a fosfati semplici perdendo il loro potere complessante.
5-Chelanti. Sono sostanze organiche che hanno la funzione dei sequestranti ma la loro forza complessante è maggiore e risente meno delle variazioni di pH. I più comuni sono l’EDTA e la NTA ed il sodio gluconato che ha un buon effetto sul ferro e rame dove l’EDTA è più carente. Anche i cianuri ed i citrati hanno un buon effetto complessate su rame e ferro.
Sono meno utilizzati di quelli alcalini. Sono costituiti da tensioattivi e da sali acidi o neutri come i pirofosfati, tartrati e citrati. Si utilizzano solamente nei casi in cui un metallo sia molto sensibile all’attacco di una base forte. Metalli di questo tipo sono ad esempio lo zinco o le leghe di zinco (Zama) e l’alluminio. L’utilizzo non è elevato in quanto questi sgrassanti sono mediamente molto costosi. Infatti sono costituiti da quantità di tensioattivo più elevate e da sali più pregiati rispetto ai detersivi basici. Quindi si utilizzano solo se è strettamente necessario.
4. PROCESSI DI SGRASSAGGIO
Gli oggetti vengono sottoposti all’azione chimica del detergente più conveniente coadiuvato dall’intervento di azioni meccaniche semplici o combinate quali:
Migliora il ricambio del liquido detergente nell’intorno del pezzo. Non può essere utilizzata con soluzioni di tensioattivi per evitare formazioni di schiume.
Si tratta di una azione meccanica ad elevata frequenza (20000-40000 Hz) che prodotta mediante generatori magnetostrittivi o piezoelettrici viene trasmessa alla parete della vasca che contiene la soluzione detergente. La parete trasmette a sua volta alla soluzione queste vibrazioni ad elevata frequenza che, incontrando i pezzi, provocano sulla superficie degli stessi fenomeni di vibrazione, cavitazione ed implosioni delle bolle di vapore che si formano per effetto della compressione e successiva espansione che il liquido subisce. Queste azioni staccano le particelle di sporco e favoriscono la bagnabilità del pezzo e la conseguente solubilità delle contaminazioni. La concentrazione del detergente varia da 1 a 2% e non deve comunque conferire elevata densità alla soluzione per non opporre resistenza alla trasmissione delle onde d’urto. La temperatura, che coadiuva la solubilità dello sporco, non deve essere prossima all’ebollizione (sono sufficienti 70-80 °C) per evitare formazione di bolle gassose che andrebbero ad assorbire l’azione meccanica degli ultrasuoni prima che questa possa esercitarsi sulla superficie dell’oggetto. E’ buona norma attivare l’ultrasuono alcuni minuti prima di iniziare il lavoro per espellere l’aria assorbita dalla soluzione durante le pause. Questo è molto importante con la soluzione preparata di fresco.
Questa azione di tipo meccanico favorisce il distacco delle particelle ed il rinnovo della soluzione a contatto con la superficie dei pezzi. Può essere accoppiata a quella degli ultrasuoni tenendo presente che in questo caso non deve essere troppo intensa per evitare la formazioni di bolle d’aria all’interno della soluzione.
In questo caso il pezzo costituisce uno dei due elettrodi di un trattamento elettrochimico. Per effetto del passaggio della corrente attraverso la soluzione l’acqua si dissocia in idrogeno al catodo e ossigeno all’anodo. La produzione di elevate quantità di gas produce un elevato livello di agitazione della soluzione facilitando il ricambio della soluzione a contatto con il metallo e quindi l’azione detergente. Il trattamento elettrolitico in oggetto non ha comunque un elevato effetto sgrassante ma serve per togliere il film sottilissimo che gli oggetti potrebbero aver conservato durante il lavaggio chimico o ricevuto durante qualche fase successiva ad esso. Se l’oggetto funziona da catodo si sviluppa idrogeno in quantità doppia rispetto all’ossigeno che si sviluppa all’anodo e quindi è maggiore l’azione meccanica. L’azione dell’idrogeno è molto importante perché produce una riduzione a metallo dei film di ossido presenti sulla superficie. L’azione dell’ossigeno è più importante come sgrassante per effetto dell’azione ossidante verso i grassi e l’aumento della loro solubilità nella soluzione acquosa.
Un problema importante è la possibilità che si formi la miscela tonante idrogeno-ossigeno in concentrazioni tali da provocare l’esplosione . Per evitare questo e necessario che la quantità di tensioattivo presente nella soluzione sia bassa e che la vasca sia dotata di collare di aspirazione.Lo stesso tensioattivo presente nella soluzione forma durante il funzionamento uno strato di schiuma che evita spruzzi e formazioni di nebbie.
In base al modo in cui il pezzo è polarizzato esso potrà funzionare da anodo o da catodo. I metalli che possono subire passivazione per ossidazione come nichel, acciaio inossidabile ,alluminio o titanio sono trattati catodicamente. L’ottone viene trattato catodicamente per evitare la dissoluzione dello zinco contenuto in lega. Contrariamente per il trattamento delle leghe di zinco da fusione si utilizza la polarizzazione anodica . A causa della sensibilità del metallo all’attacco degli sgrassanti alcalini è necessario utilizzare sistemi inibiti. Se questo è costituito da silicato si forma un film insolubile se si opera in catodica. Si opera allora in anodica con formulazioni speciali a bassi valori di tensione e per brevi tempi. L’acciaio, che è scarsamente sensibile all’ossidazione o alla riduzione può essere trattato anodicamente o catodicamente; ad alte densità di corrente l’acciaio tende ad annerire se non sono presenti inibitori. Anche l’acciaio inossidabile può essere trattato catodicamente o anodicamente ma quando viene utilizzata quest’ultima tecnica bisogna ricorrere ad un forte attacco acido per distruggere l’ossidazione superficiale e favorire una buona adesione del deposito galvanico successivo. Per il nickel e sue leghe è consigliato l’uso del trattamento catodico per evitare la formazione di ossidi molto stabili. Rame e zinco possono essere trattati in entrambi i modi ma l’effetto anodico è preferito per evitare deposizione di metallo disciolto nel bagno.
L’ottone di solito è trattato catodicamente e successivamente in modo anodico.
Gli effetti elettrodici dipendono dalla densità di corrente che viene espressa in Ampere per decimetro quadro di superficie. Tuttavia la distribuzione della corrente e quindi la densità non è costante. Essa sarà più alta sulle punte e nelle zone più vicine al controelettrodo, più bassa nei recessi e nelle zone più distanti.
Più alta è la densità di corrente maggiore è la produzione di gas e quindi l’effetto sgrassante ma se il trattamento è anodico può aumentare la dissoluzione del metallo o gli effetti ossidativi. L’utilizzo di alte densità di corrente in anodica può essere ammessa se l’ossido che si forma è facilmente asportabile in ambiente acido: questo viene spesso fatto deliberatamente col rame per evitare la formazione di un ossido rameoso difficilmente solubile mentre è facilmente solubile l’ossido rameico nero.
Conduttività
La conducibilità della soluzione elettrolitica è dovuta alla presenza di ioni la cui mobilità determina l’efficienza di corrente. Ioni monovalenti come l’idrogenione, il sodio, il potassio e lo ione idrossido sono molto più mobili degli ioni complessi. In particolare lo ione ossidrile ha valori di conducibilità molto elevati. Anche la temperatura influenza positivamente la mobilità ionica. Tensioattivi o acidi grassi possono migrare all’elettrodo e formare uno strato impermeabile al passaggio della corrente e di difficile asportazione. Questi inquinanti possono far parte della formulazione del detersivo ma possono derivare anche dallo sporco asportato dai pezzi; per questo è necessario che il trattamento di sgrassatura elettrolitica sia preceduto da un buon lavaggio. Questi bagni vengono sostituiti con una certa cadenza che dipende dall’esperienza degli operatori in funzione delle condizioni operative. La tentazione di voler prolungare la vita di questi sistemi porta spesso a risultati scadenti nei depositi elettrochimici successivi.
La vasca normalmente è in acciaio inossidabile se lo sgrassante è alcalino e non contiene componenti aggressivi per tale materiale tenendo conto anche dell’azione concomitante dell’elettrolisi. In questo caso esso fa da controelettrodo per l’oggetto che invece viene appeso alla barra catodica o anodica.
La vasca dovrà essere collegata ad un raddrizzatore di corrente di opportuna potenza di circa 1-2 Ampere per litro di soluzione. La vasca sarà dotata di riscaldatore gestito da un termostato ed un indicare di livello minimo per evitare che i pezzi o il riscaldatore possano essere parzialmente non coperti dalla soluzione.
Dopo l’operazione di sgrassaggio elettrochimico i pezzi vengono risciacquati con acqua allo scopo di rimuovere i residui di detergente ed in particolare di tensioattivo rimasti aderenti alla superficie. Inoltre l’azione dell’idrogeno può aver trasformato degli ossidi superficiali in un metallo poco aderente al substrato e molto reattivo. La presenza di questa situazione potrebbe generare dei difetti nel deposito successivo. Per evitare questa evenienza i pezzi vengono sottoposti ad una blanda azione acida.
Questa avrà lo scopo di neutralizzare i componenti alcalini provenienti dallo sgrassaggio precedente, sciogliere gli ossidi residui e il metallo attivo causato dalla riduzione. Nei trattamenti puramente industriali dove l’aspetto estetico è minoritario rispetto a quello tecnico è tradizione di operare questo trattamento in una soluzione acida costituita da 2-4% di HCl o 3-5% di H2SO4 . Questo trattamento è poco oneroso ma può provocare l’attacco del substrato annullando l’effetto brillante generato dalle operazioni meccaniche di preparazione come la burattatura o pulitura con ruote di panno. Nel caso sia necessario ottenere una finitura lucida con bassi spessori di nickel o rame (2-6mm) conviene operare con una soluzione più costosa ma meno aggressiva così costituita:
NaHSO4 |
20-30 g/l |
NaHF2 |
5-10 g/l |
Tensioattivo anionico |
1 g/l |
Temperatura |
ambiente |
PH |
2-3 |
Una soluzione di questo tipo evita l’attacco del metallo base, esclusi titanio e alluminio, neutralizza la basicità trasportata sul pezzo dal bagno alcalino precedente, evita la precipitazione sulla superficie dei pezzi di calcio e magnesio presenti nelle acque di risciacquo, e per la presenza del tensioattivo, lascia una superficie bagnabile immediatamente dalla soluzione del bagno successivo.
I tensioattivi non si possono certo considerare in genere pericolosi per l’uomo ma lo sono sicuramente per l’ambiente. Queste sostanze sono nocive per la flora e la fauna ambientale perché ne alterano i meccanismi vitali. In sintesi possiamo fare un elenco dei composti che non dovrebbero essere contenuti nei tensioattivi:
Dovrebbero inoltre non essere schiumogeni ed avere basso COD e basso BOD.
Da queste condizioni si nota che i prodotti futuri si dovranno basare sulla salvaguardia dall’inquinamento, sia esterno che interno al luogo di lavoro, ed essere di facile rigenerazione o almeno biodegradabili.
Fonte: http://www.ing.unitn.it/~colombo/TRATTAMENTI_GALVANICI_DEI_METALLI/File%20relazione/inizio.doc
Sito web da visitare: http://www.ing.unitn.it/~colombo
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
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