Acciai speciali

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Acciai speciali

 

Acciaio
è una lega di ferro e carbonio (percentuale massima di carbonio 2%) oltre tale limite, le proprietà del materiale cambiano e la lega assume la denominazione di ghisa. Oltre ai suoi componenti principali (ferro, carbonio) si possono trovare anche delle tracce di silicio, manganese, zolfo, fosforo o possono essere aggiunti in fase di realizzazione dei componenti speciali:  nichel, molibdeno, cromo, titanio, alluminio, tungsteno, silicio, manganesio per dare al componente meccanico delle particolari proprietà.
In generale, questo materiale, per le sue caratteristiche come la resistenza a trazione, la durezza, la resilienza, la malleabilità, la duttilità, la saldabilità, la lavorabilità per deformazione plastica e la resistenza alla corrosione è utilizzato per la realizzazione di pezzi meccanici: nelle costruzioni (tondini da cemento armato e profilati),  nelle apparecchiature elettriche o elettromeccaniche, nella realizzazione di posate o di macchinari a scopi alimentari, per gli utensili ecc…
In base alla percentuale di carbonio, gli acciai comuni o ordinari possono essere denominati in cinque modi e le loro proprietà sono in funzione del tenore di carbonio; infatti, con l’aumentare della percentuale di carbonio aumentala durezza, mentre, diminuisce la saldabilità e la duttilità:

  • extradolci con C=0,15% presentano una durezza molto scarsa, duttilità e saldabilità notevoli
  • dolci con C=0,16÷0,25% presentano una durezza scarsa, duttilità e saldabilità notevoli,
  • semiduri con C=0,26÷0,50% presentano una media durezza, buona duttilità e saldabilità
  • duri con C=0,76÷1,00% presentano una durezza notevole, duttilità e saldabilità scarsa
  • extraduri con C=1,00%÷2,00% presentano una durezza notevole, duttilità e saldabilità molto scarsa

Gli acciai speciali sono formati da ferro e carbonio ma possono contenere degli elementi di lega con percentuali significative di altri metalli che possono notevolmente modificarne le caratteristiche (superiori all’1%). Quando ogni elemento in lega non supera il 5%si dicono debolmente legati  come per esempio l’acciaio al silicio. Questo contiene dallo 0,8% al 1,5% di silicio, ha una notevole resistenza ed elevata elasticità inoltre il silicio è un componente che esalta nella lega le caratteristiche magnetiche e diminuisce la deformabilità, pertanto gli acciai al silicio sono adoperati per trasformatori,  motori, alternatori, ecc.. Gli acciai che contengono nichel, molibdeno, cromo, manganese in proporzioni variabili, ma non superiori al 5%, sono detti acciai da costruzione . Essi sono impiegati per componenti meccanici (bielle, alberi, perni, cuscinetti, ecc), molle, funi e cemento precompresso.
Quandogli acciai speciali hanno almeno un elemento presente in lega supera il tenore del 5% si dicono fortemente legati. Gli acciai inossidabili , per esempio, contengono elevate quantità di cromo che ne assicura l’autoprotezione contro la corrosione, poiché forma uno strato esterno di ossido di elevata resistenza chimica. Il più noto è l’acciaio 18-8, così designato perché contiene il 18% di cromo e l’8% di nichel. Sono adoperati prevalentemente per pentole e posate, per le apparecchiature delle industrie alimentari, negli impianti chimici e petroliferi dove cioè un acciaio normale diventerebbe ruggine in poco tempo.
Gli acciai speciali che contengono l’8÷10% di nichel e sono impiegati per gasdotti e oleodotti nelle regioni artiche e sono denominati “acciai per basse temperature”.Poi ci sono gli acciai al manganese  che contengono dal 12 al 13% di manganese, sono durissimi e resistenti all’attrito ed agli urti.
Infine, troviamo degli acciai utilizzati prevalentemente per gli utensili che lavorano i metalli ad alta velocità e pertanto sono detti acciai rapidi. Questi contengono tungsteno e mobildeno e altri elementi che ne aumentano la resistenza all’usura in lavorazioni ad alta velocità. Questi acciai sono caratterizzati da un’elevata durezza conferitagli da una notevole percentuale di tungsteno (10- 18%). Essi hanno la proprietà di conservare la tempra anche se riscaldati alla temperatura di 600° C (colore rosso).
Gli acciai si possono classificare anche per la forma ottenuta dopo la lavorazione. I laminati, per esempio, sono rappresentati da barre di piccola sezione anche variabile, i profilati sono oggetti a sezione sagomata di diversa forma, le lamiere sono prodotti piani di piccolo spessore, infine troviamo i coils che sono nastri ottenuti facendo passare il materiale tra due cilindri rotanti alla stessa velocità in senso inverso l'uno rispetto all'altri. Per ottenere i laminati, si sfrutta la proprietà tecnologica della malleabilità e i cilindri sono lisci o sagomati a seconda di ciò che deve essere prodotto.
Un’altra tipologia di acciai prodotti, sono i trafilati. Essi sono rappresentati da fili o tubolari ottenuti facendo passare una barra di data sezione in un foro di sezione più piccola. La barra è sottoposta allo sforzo di trazione, per cui si deforma e si allunga, sfruttando la duttilità, ovvero la capacità di alcuni metalli di lasciarsi deformare a freddo.
Infine ci sono gli acciai fucinati. Essi sono pezzi di forma irregolare (alberi a gomiti, ancore, ganci ecc.), ottenuti portando l’acciaio allo stato plastico mediante riscaldamento al calor rosso chiaro (circa 900-950 °C) sulla forgia, quindi viene posto su un'incudine e battuto, con martelli o mazze, fino a conferirgli la forma voluta.
La produzione dell’acciaio avviene a partire dalla ghisa che a sua volta è ottenuta dall’altoforno. Questo è a tutti gli effetti un forno a tino, a funzionamento continuo, per la fabbricazione della ghisa a partire da elementi detti cariche. Queste sono costituite da minerale, coke e fondenti in strati regolari alternati, il cui insieme forma il letto di fusione. Il minerale comprende ossidi preferibilmente piuttosto ricchi in ferro (come ematiti, limoniti, magnetiti compatte, in pezzatura regolare, naturale oppure ricavata previa frantumazione e vagliatura o, al contrario, per agglomerazione del minerale minuto e pulverulento). Il coke impiegato proviene dalla distillazione di adatti litantraci e deve presentare, tra l’altro, elevata resistenza allo schiacciamento e basso contenuto in zolfo; il fondente (calcare, dolomite, silice e talvolta anche bauxite) è scelto in relazione alla ganga del minerale: ha essenzialmente il compito di fornire una scoria fluida per combinazione con i componenti della ganga e favorire quindi la discesa della carica. I minerali di ferro subiscono, ad alta temperatura, una riduzione a metallo a opera dell’ossido di carbonio prodotto dalla combustione parziale del carbonio (riduzione indiretta) e in seguito ad azione diretta dello stesso carbonio. L’altoforno comparve nel sec. 13° in forma analoga all’antico basso fuoco, consistente in un’escavazione nel terreno, a pareti rivestite con pezzi di minerale e fondo protetto con pietre, migliorato però con l’introduzione di un camino che, più tardi, servì per la carica dei minerali. Si usò dapprima il carbone di legna, sostituito nel sec. 17° dal coke; la primitiva struttura in muratura nel sec. 19° venne razionalmente modificata, in seguito allo studio approfondito delle reazioni chimiche, introducendo l’impiego dell’aria soffiata calda e degli apparecchi per lo sfruttamento razionale del gas combustibile che si può recuperare.
Inserito in un complesso d’apparecchiature e d’impianti ausiliari, l’altoforno si eleva fino a circa 35 m di altezza come una grossa torre, a forma di due tronchi di cono disuguali, quello superiore più lungo (tino), l’altro inferiore più corto (sacca), raccordati talvolta da un tratto cilindrico (tino cilindrico o ventre). Il tino termina in alto con un orifizio (bocca o gola), che serve per introdurre la carica. La sacca termina in basso, in corrispondenza della cosiddetta zona del vento, con un corto pozzo cilindrico, detto crogiolo. Il corpo dell’altoforno è costituito da mattoni refrattari silico-alluminosi, disposti a formare una parete spessa fino a mezzo metro, sostenuta da un’incastellatura metallica che regge anche il piano di caricamento e rivestita con lamiere di diverso spessore, a seconda dell’altezza, raffreddate ad acqua nelle zone più calde al fine di garantire maggior durata ai refrattari. 
Gli impianti annessi a un altoforno sono, oltre a quelli concernenti la preparazione dei minerali, i silos, ove vengono immagazzinati minerali, coke, fondenti; gli apparecchi che preparano le cariche nella giusta dosatura; gli elevatori che le trasportano fino alla bocca con benne a fondo apribile, su un piano inclinato (a volte sostituiti da trasportatori a nastro per una alimentazione alternata di più a.); gli impianti di presa e di depurazione del gas prodotto dalle reazioni che si svolgono nell’altoforno; gli apparecchi che forniscono l’aria compressa da immettere nell’altoforno (soffianti); quelli di preriscaldamento dell’aria, quelli di colata e di trasporto della ghisa e, infine, quelli di controllo delle diverse operazioni.L’aria calda (detta “vento”) viene insufflata dal basso, in corrispondenza alla parte terminale superiore del crogiolo, da appositi ugelli alla pressione di 2-3 bar. La reazione primaria di combustione, all’atto dell’ingresso dell’aria, porta alla formazione di anidride carbonica CO2; successivamente questa, a contatto con il carbone incandescente, si riduce a ossido di carbonio, CO, secondo lo schema CO2 + C ⇆ 2CO. Lo studio di questa reazione, di fondamentale importanza nei processi di gassificazione (gas d’aria), è alla base della teoria dell’altoforno.
La marcia (o andamento) dell’altoforno si dice calda, media o fredda a seconda della massima temperatura raggiunta e viene condotta dosando il coke nella carica e regolando la quantità del vento. L’ altoforno produce ghisa di prima fusione, di qualità diversa a seconda della marcia e del tipo di carica: le ghise grigie o nere da fonderia, ottenute con marcia calda; le ghise da affinazione, fosforose, con poco silicio, adatte per il convertitore Thomas, ottenute con marcia fredda; le ghise per forni Martin, con medi tenori di manganese e di fosforo, ottenute con marcia media. Le ghise per fonderia vengono colate in canali scavati in un letto di sabbia a debole pendenza, situato di fronte all’ altoforno: si ottengono così i pani di ghisa. La ghisa di affinazione viene invece colata entro mescolatori e ivi mantenuta allo stato liquido per poterla immettere direttamente nei convertitori. Un altoforno consuma circa 1 t di coke e produce circa 5000 m3 di gas d’a. e 0,3-1,3 t di scoria per t di ghisa prodotta. Del gas, circa il 15% serve per impianti ausiliari e il rimanente per il preriscaldamento e per utilizzazioni diverse nella lavorazione della ghisa. La scoria è usata per fabbricare cemento (detto appunto cemento d’altoforno), inghiaiamenti stradali, materiali coibenti come lana di scoria ecc. La capacità produttiva dei moderni a., che è in genere dell’ordine di 500-2000 t di ghisa in 24 ore, è in aumento, in virtù di vari miglioramenti, introdotti o in via d’introduzione negli impianti di trasporto e di manipolazione delle materie prime; in alcune nazioni esistono a. con crogiolo di diametro superiore a 10 m e con produzione giornaliera anche di 10.000 t di ghisa. Nei movimenti a terra i nastri trasportatori hanno sostituito sempre più gli altri mezzi (carri ponte, carrelli, ecc.); tutte le operazioni di trasporto, deposito, ripresa, macinazione, miscelazione, agglomerazione sono coordinate a ciclo continuo, e i relativi comandi e controlli sono centralizzati in cabine da cui è facile seguire il funzionamento dell’impianto e intervenire in caso di necessità. La produttività è aumentata anche per i miglioramenti adottati nella condotta dell’altoforno, e cioè: aumento della pressione alla bocca; aumento di agglomerato autofondente nella carica; elevata temperatura del vento; arricchimento del vento mediante ossigeno; immissione di vapore nel vento (allo scopo di rafforzare il processo di fusione in quanto, per la dissociazione del vapore immesso, aumenta il potere riducente del gas); controllo automatizzato del processo nel suo insieme.
L’acciaio si ottiene con altri procedimenti a partire dalla ghisa madre (una lega del ferro con percentuale di carbonio variabile fra il 2% e il 5,5 %), rottami di ferro (elementi derivati da recuperi civili ed industriali) e le ferroleghe (leghe di ferro che non hanno impiego autonoma vengono appunto preparate per essere usate nella produzione di acciai). Queste ultime contengono una percentuale di carbonio generalmente molto bassa dallo 0,1 all’11%, con massiccia presenza che può arrivare fino all’80% di altri elementi come silicio, manganese, cromo, cobalto ecc. che vengono aggiunte all’acciaio per migliorarne le caratteristiche.
Il primo passo verso la produzione di acciaio è il trasferimento della ghisa che insieme alle altre materie prime sono trasferite presso le acciaierie. In particolare, la ghisa, caricata in appositi carri ferroviari (carri siluro), viene trasferita nelle acciaierie per essere affinata ad acciaio. L’affinazione della ghisa serve per abbassare il tenore di carbonio fino ad un massimo del 1,9%. In questa fase le apparecchiature usate sono essenzialmente di tre tipi:
Il forno convertitore ad aria è un grande recipiente in acciaio a forma di pera, rivestito internamente di materiale refrattario, che gira intorno ad un perno centrale che permette il carico della ghisa e lo scarico dell’acciaio. La ghisa liquida versata nel convertitore viene attraversata dal basso verso l’alto da una forte corrente d’aria calda compressa. L’ossigeno contenuto nell’aria reagisce col carbonio, che viene eliminato sotto forma di anidride carbonica, e con le impurità della ghisa. La diminuzione del contenuto di carbonio trasforma rapidamente la ghisa in acciaio.
Il forno convertitore ad aria differisce dal precedente in quanto al posto dell’aria, usa ossigeno puro,che non attraversa la massa fluida, ma viene soffiato dall’alto; la reazione è violenta e rimescola la ghisa fino alla trasformazione in acciaio migliore di quello prodotto con il metodo precedente.
Il forno elettrico sfrutta come sorgente di calore l’energia elettrica anziché il coke, perciò consente la produzione di particolari tipi di acciaio a bassissimo contenuto di carbonio e di impurezze. Queste, come lo zolfo, provengono soprattutto dal coke usato negli altri processi.
Successivamente, ad affinazione completata avviene la colata in siviera. Questa consiste nel trasferire la  massa metallica  dai convertitori  in recipienti che ne consentono il successivo riversamento in lingottiera. La massa metallica viene colata nella a siviera che è un grande contenitore metallico rivestito all’interno di materiale refrattario. Essa è munita sul fondo di un dispositivo di apertura per spillare il metallo liquido nelle lingottiere verso cui avanza mediante un carro-ponte. Successivamente, con la colata in lingottiera si trasferisce la massa metallica in recipienti che ne consentano la conservazione in attesa delle successive lavorazioni. La massa metallica è colata nelle lingottiere, appositi recipienti metallici dalla forma tronco conica costituiti da un corpo centrale in ghisa e con le estremità di materiale refrattario. Tali recipienti sono disposti in batteria. Su ognuna di essi si ferma la siviera, versa la giusta quantità di acciaio fuso, e passa alla successiva lingottiera. Nella parte superiore si raccolgono le scorie: questa parte sarà poi tagliata insieme al fondo. Il lingotto ha una forma svasata per facilitare l’estrazione dalla lingottiera: può avere sezione quadrata, circolare o poligonale. Può essere completamente raffreddato oppure conservato caldo in speciali forni a pozzo per le successive operazioni di laminazione. E’ possibile ottenere direttamente prodotti semilavorati a sezione quadrata o rettangolare con la colata continua. In questo caso la siviera scarica il metallo fuso in una lingottiera in rame che presenta un fondo mobile ed è raffreddata ad acqua. Quando l’acciaio comincia a solidificarsi si sfila il fondo ed il semilavorato discende guidato da rulli trasportatori formando una unica barra lunga la quale viene tagliata in spezzoni, blumi, billette o brame successivamente inviati ai laminatoi.

 

Fonte: http://ricercazione.weebly.com/uploads/1/2/7/1/12714269/acciaio.docx

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