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MISURE MECCANICHE E TERMICHE
Si prendono qui in esame le misure di velocità lineari e angolari di solidi.
Le misure di velocità lineare sono basate sulla definizione di velocità v = Ds/Dt : generalmente si misura (per esempio mediante un contatore di impulsi di frequenza noto), il tempo impiegato a percorrere uno spazio noto.
Esempio di dispositivo basato su tale principio, e utilizzato per la misura della velocità di un veicolo, è l’”autovelox”.
Gli autovelox dispongono solitamente di due sistemi emettitore - ricevitore assemblati in un’unica apparecchiatura; l’emettitore è un led infrarosso (quindi viene emessa una radiazione non visibile); il ricevitore è una fotocellula sensibile all’infrarosso.
I due sistemi basano il loro funzionamento sulla riflessione della luce da parte del corpo che passa davanti all’emettitore; la luce riflessa viene quindi rilevata dal ricevitore.
Il passaggio della testa di un veicolo attraverso il primo fascio ( A in figura), e la conseguente riflessione rilevata dal ricevitore avvia un contatore; il passaggio della testa del veicolo attraverso il secondo fascio (B in figura) e la conseguente riflessione arresta il contatore.
Nota la distanza tra i due sistemi, quindi fra le due fotocellule cellule, si calcola la velocità, una volta rilevato l’intervallo di tempo impiegato ad attraversare i due fasci.
La precisione di questi dispositivi è molto elevata: si supponga che le due fotocellule si trovino a distanza di 400 mm (la precisione del posizionamento sia di 0,5 mm). Si supponga che il clock del contatore abbia una frequenza di 1 Mhz (precisione del contatore 1 ms). Per un veicolo con velocità di 120 km/h (33.3 m/s), l’intervallo di tempo necessario a percorrere lo spazio tra le due fotocellule è di 12 ms. Quindi l’errore relativo sulla distanza è pari a 0,125 %, quello sull’intervallo di tempo è pari a 0,008 %; quindi l’errore sulla velocità (essendo l’errore sull’intervallo di temo trascurabile) è pari allo 0,125 %.
Sempre su misure indirette sono basati i “telelaser”. Il loro funzionamento, analogo a quello degli autovelox, è basato sull’emissione di un fascio laser ad alta frequenza e sul rilevamento del fascio riflesso dalla carrozzeria del veicolo da parte di una fotocellula.
Il telelaser misura il “tempo di volo” , cioè l’intervallo di tempo necessario al fascio laser per colpire il bersaglio e tornare indietro al dispositivo fotoricettore: dal tempo di volo si passa alla distanza fra sorgente laser e bersaglio (d = c*t, dove d è la distanza sensore-veicolo, c è la velocità della luce e t il tempo di volo); emettendo due impulsi laser ad un intervallo di tempo prestabilito si ricavano due distanze, la cui differenza è lo spazio s percorso dal veicolo in tale intervallo; è cosi possibile calcolare la velocità del veicolo.
Le misure di velocità angolare sono molto importanti in campo meccanico sia perché consentono di controllare il regolare funzionamento di un albero in rotazione, sia perché la velocità angolare è uno dei due fattori (assieme alla coppia) che concorrono a determinare la potenza trasmessa da un albero, (e quindi erogata da una macchina motrice o assorbita da una macchina operatrice).
Gli strumenti di misura della velocità angolare basano il loro funzionamento sia sulla definizione di velocità angolare ω = Da/Dt (contagiri), sia su un qualche “effetto” della velocità stessa (tachimetri); Nei contagiri ω deve rimanere costante durante l’intervallo di tempo Dt in quanto si misurano separatamente l’angolo di rotazione Da e l'intervallo di tempo; i tachimetri possono invece fornire il valore della velocità istantanea.
Gli strumenti possono essere di tipo meccanico, di tipo elettrico, di tipo ottico.
Fra gli strumenti di tipo meccanico si ricorda un tachimetro basato sul principio del regolatore di Watt.
Lo strumento è sensibile alla forza centrifuga F= mrω2 che agisce su ciascuna delle due sfere di massa m, distanti r dall’asse di rotazione; lo strumento viene collegato all’albero di cui si vuole misurare la velocità angolare ω.
A causa della forza centrifuga le sfere si allontanano dall’asse di rotazione dell’albero tanto più, quanto più è elevata la velocità angolare; conseguentemente, l’indicatore x si sposta verticalmente verso l’alto. La forza centrifuga è equilibrata dalla forza elastica di compressione della molla (F= kx ).
Si osservi che un cuscinetto reggispinta disaccoppia la parte rotante dello strumento da quella fissa.
A conti fatti, lo strumento non risulta lineare; va quindi tarato in modo da ottenere la x(ω).
Fra gli strumenti di tipo elettrico si ricorda il tachimetro a correnti parassite o tachimetro magnetico.
Gli elementi fondamentali dello strumento sono due alberini. folli tra loro. Il primo (a sinistra), è collegato a un estremo all’albero che ruota con velocità angolare incognita ω ; all’altro estremo di questo alberino viene fissato un magnetino permanente. Al secondo alberino (a destra) è collegata una cappa a forma di bicchierino in materiale conduttore non magnetico. Il magnetino solidale al primo alberino ruota dentro la cappa cilindrica; il secondo alberino, porta cappa, è reso solidale al telaio dello strumento per mezzo di una molla elastica di richiamo.
Quando il magnetino è posto in rotazione alla velocità ω induce nella cappa correnti parassite. Le correnti indotte nella cappa danno origine a un campo magnetico che si oppone a quello del magnetino. Avrebbe così origine una coppia che tenderebbe a trascinare nella rotazione la cappa; a questa si oppone la coppia elastica della molladi richiamo.
A conti fatti, all’equilibrio delle due coppie, l’angolo di rotazione θ dell’alberino porta cappa risulta proporzionale alla velocità angolare ω e lo strumento è quindi lineare.
I tachimetri meccanici trovano applicazione in campo automobilistico nel rilevamento della velocità angolare delle ruote; noto il raggio delle ruote è così possibile risalire alla velocità del veicolo.
Fra gli strumenti di tipo ottico si ricorda un contagiri basato sul rilevamento degli impulsi riflessi da un riferimento (sull’albero in rotazione) su una fotocellula.
Più dettagliatamente, un raggio luminoso emesso da una sorgente viene riflesso da un riferimento posto sull’albero e rilevato da una fotocellula facente parte di un circuito alimentato da una tensione E e chiuso su una resistenza R. A ogni riflessione corrisponde un impulso di tensione che può essere rilevato tramite la resistenza R. Contando quindi gli impulsi in un intervallo prestabilito Dt, si può risalire alla velocità angolare.
Il vantaggio degli strumenti ottici rispetto a quelli di altro tipo è il non assorbimento di potenza meccanica e quindi l’assenza di errore di inserzione.
Misure di accelerazione
Le misure di accelerazione sono di particolare importanza per le numerose applicazioni.
Misurando l’accelerazione a di un veicolo se ne possono determinare alcune prestazioni; in particolare si determinano le prestazioni in caso di accelerazione o frenata (decelerazione); importanti anche le applicazioni nel caso di crash test (urto).
Nel caso di un veicolo aeronautico o spaziale si può sapere se l’accelerazione è tollerata da chi si trova a bordo del veicolo stesso; con doppia integrazione si può determinare la traiettoria del veicolo e confrontarla con quella programmata (navigazione inerziale).
Da a(t), con doppia integrazione si passa a s(t); è possibile misurare vibrazioni evitando il problema del punto fisso (v. oltre).
Gli esempi riportati mostrano come le misure di accelerazione sono prevalentemente misure dinamiche; è quindi necessario realizzare dispositivi di misura caratterizzati da elevata rapidità
Si consideri ora il principio di funzionamento di un accelerometro: se a è l’accelerazione da misurare, e se l’accelerazione viene “sentita” da una massa (detta massa sismica) pari ad m, si ha una forza d’inerzia F = -ma che può essere rilevata con un dinamometro elastico (k: rigidezza della molla); l’allungamento della molla Dl è dato da:
Dl = F/k = -ma/k .
Un accelerometro è quindi un dispositivo del II° ordine caratterizzato da pulsazione propria
Realizzazione degli accelerometri
Si utilizza l’effetto piezoelettrico; tale effetto consiste nello stato di polarizzazione elettrica che si crea nel cristallo di taluni materiali (per es. quarzo, ovvero silice, SiO2) quando vengono tagliati secondo particolari direzioni e, successivamente, sollecitati in maniera opportuna (v.oltre).
Nelle figure seguenti sono riportati due schemi di cristalli piezoelettrici sollecitati a compressione o taglio; sulle facce opposte compaiono cariche elettriche.
Polarizzazione di un cristallo piezoelettrico sollecitato a forza normale
Polarizzazione di un cristallo piezoelettrico sollecitato a taglio
Per realizzare un accelerometro si prende pertanto una massa di piccola entità (anche frazioni di grammo) e la si rende solidale a un cristallo piezoelettrico.
Se la massa sente un’accelerazione, la forza d’inerzia sollecita il cristallo; quest’ultimo si carica elettricamente; la carica Q (la sensibilità è dell’ordine dei pC/N) viene convertita in una tensione V .
Se il cristallo è dotato di due armature che ne fanno un condensatore di capacita C; il valore della tensione è dato da V= Q/C.
Schema di accelerometro sollecitato a forza normale
Schema di accelerometro sollecitato a taglio
Quanto sopra non è però così semplice: infatti l’elevata impedenza d’uscita del sensore confrontata con la bassa impedenza d’ingresso dello strumento di misura della tensione, è causa di un non corretto accoppiamento elettrico.
Occorre pertanto studiare dettagliatamente l’effetto piezoelettrico per poter essere in grado di far funzionare correttamente accelerometri ed altri sensori (per es. manometri), basati sullo stesso effetto.
Fonte: http://dma.ing.uniroma1.it/users/m_misure_c2/lezione%2018.doc
Sito web da visitare: http://dma.ing.uniroma1.it/
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