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Diodo a semiconduttore |
Fig.1 |
Il diodo è un componente a due terminali, anodo (A) e catodo (K); il suo simbolo, somigliante alla punta di una freccia, è quello riportato in Figura 1. Esso mostra che il dispositivo è unidirezionale, cioè si lascia attraversare dalla corrente solo in un senso: dall'anodo verso il catodo.
Il diodo conduce quando la rete esterna invia la corrente nel senso consentito dal dispositivo; in questo caso Vak >0 e il diodo è polarizzato direttamente.
Se la rete esterna prova a inviare corrente nel diodo dal catodo verso l'anodo, il diodo non conduce affatto; in questo caso Vak<0 e il diodo è polarizzato inversamente.
La caratteristica corrente/tensione, per valori positivi di Vak, di un diodo al Silicio è quella di Fig.2 .
Fig.2
Essa evidenzia che:
La caratteristica completa del dispositivo, riportata in Fig.3, mostra, come sapevamo, che, quando ll diodo è polarizzato inversamente , cioè quando Vak è minore di zero, esso non conduce; però se Vak diventa più negativa di un certo valore, detto tensione di rottura o di breakdown ( nel nostro caso -50V) il diodo entra bruscamente in conduzione e Vak si stabilizza attorno al valore di rottura.
Fig.3
La tensione di rottura varia da un diodo all'altro; comunque va assolutamente evitato che Vak raggiunga il valore di breakdown perchè il diodo potrebbe distruggersi
Resistenza ohmica
Quando il diodo è in piena conduzione la corrente,come indicato dalla caratteristica, cresce molto rapidamente, limitata soltanto dalla resistenza ohmica ( bulk resistance) del dispositivo, che è molto piccola , circa 1ohm; se si vuole evitare di bruciare il componente, bisogna inserire in serie al componente un resistore di limitazione, il cui valore va scelto in base alla massima corrente che può attraversare il diodo.
Massima corrente diretta
La massima corrente che può attraversare un diodo polarizzato direttamente viene chiamata maximum forward current ; essa viene riportata sui data sheets del componente e varia da diodo a diodo. Per l' 1N4001 essa è 1A.
Massima dissipazione di potenza
La potenza Pd dissipata dal diodo è:
dove I è la corrente che attraversa il diodo e Vak è la tensione che cade ai capi del componente ( circa 0.7V )
Essa non può oltrepassare un certo valore, indicato come maximum power dissipation ; questo valore viene raggiunto quando la corrente diretta assume il suo massimo valore.
Per impedire che corrente e potenza oltrepassino i limiti consentiti in serie al diodo va inserito un resistore di limitazione, come nel circuito di Fig.4, il cui valore minimo, nel caso del diodo 1N 4001, è:
Nel caso pratico, verranno usati valori maggiori di 9.3ohm, in modo da far funzionare il diodo in condizioni di assoluta
Fig.4
Polarizzazione inversa
Quando il diodo è polarizzato inversamente (Fig.5 ) esso è percorso da una debolissima corrente, detta corrente inversa, indicata spesso con Io, che non supera qualche microAmpere ed è perciò trascurabile a tutti gli effetti. Questo è vero sino a quando la tensione inversa ai capi del diodo non oltrepassa il valore di breakdown, nel qual caso il diodo si distrugge, probabilmente anche in presenza di una resistenza di limitazione.
Fig.5
La corrente Io è molto sensibile alle variazioni di temperatura; nei diodi al silicio essa, mediamente, raddoppia per ogni aumento di 10°C; ciò, da un lato, crea problemi di stabilità termica; dall' altro consente la realizzazione di sensori di temperatura.
Rilievo della caratteristica del diodo
La caratteristica I/Vak del diodo può essere ricavata per punti, usando il metodo volt-amperometrico ( Fig.6 ). Attribuendo un valore ad E, la corrente I che attraversa il diodo e la tensione Vak che si stabilisce ai suoi capi individuano il primo punto della caratteristica nel piano I/Vak
Gli altri punti della caratteristica vengono ricavati facendo variare E, stando attenti a che non vengano oltrepassati i limiti di polarizzazione diretta e inversa.
Fig.6
Modelli approssimati
Effettuare l'analisi circuitale di reti che contengono diodi, aiutandosi con la caratteristica I/Vak del componente, o meglio con l'equazione della caratteristica , non è semplice perchè, come sappiamo, il legame I/Vak non è lineare.
E allora, per semplicità, del diodo vengono dati dei modelli approssimati che ci facilitano nell'analisi circuitale.
Fig.7
1° modello
In questo primo modello, detto modello del diodo ideale, il dispositivo viene considerato:
un cortocircuito, quando è polarizzato direttamente, trascurando così la caduta di tensione ai capi del dispositivo
un tasto aperto quando esso è polarizzato inversamente, trascurando la debole corrente inversa che lo attraversa
Fig.8
Questo modello è usato nelle analisi di prima approssimazione e dà risultati più accettabili quando la tensione diretta che pilota il diodo è molto maggiore di 0.7V.
La caratteristica del diodo ideale è riportata in Fig.8. Nell'analisi circuitale, il diodo in conduzione di fig.7, considerato ideale, può essere sostituito con un cortocircuito ( Fig.9 )
Fig.9
2° modello
Nel secondo modello:
Fig.10
La caratteristica, in questo modello, è riportata in Fig.10
In questo modello, ai fini dell'analisi circuitale, il diodo in conduzione di Fig.7 va rimpiazzato con una " controbatteria" di 0.7V, come in figura 11 .
Questo modello va usato quando la tensione di polarizzazione diretta non è nettamente maggiore di 0.7V
Fig.11
3° modello
Stavolta non si trascura la resistenza "interna" del diodo, però la si suppone costante; la caratteristica relativa a questo modello di approssimazione è quella di figura 12.
Fig.12
In questo modello, il diodo in conduzione di Fig.7 è sostituito dalla "controbatteria" di 0.7V con in serie la piccola resistenza interna rd del dispositivo ( Fig.13 )
Fig.13
In tutti e tre i casi , un diodo che non conduce è sostituito, circuitalmente, da un tasto aperto
Nei tre modelli di approssimazione, la caratteristica del diodo è costituita da due tratti di retta; si dice, perciò, che il comportamento del diodo è stato "linearizzato a tratti".
Ricerca analitica e grafica del punto di riposo
Il "punto di funzionamento del diodo" è il punto individuato, sulla caratteristica I/Vak, dalla corrente che attraversa il dispositivo e dalla tensione che cade ai suoi capi. Questo punto può variare, nel tempo, lungo la caratteristica perchè corrente e tensione di solito sono variabili.
Il punto di funzionamento determinato dalla tensione continua che pilota il diodo viene chiamato punto di funzionamento a riposo o, semplicemente, punto di riposo. Esso può essere determinato analiticamente oppure graficamente.
Ricerca analitica
Per determinare analiticamente la corrente che attraversa un diodo polarizzato direttamente basta sostituire al diodo uno dei suoi tre modelli, spesso il secondo.
Fig.14
Nel circuito di Fig.14, la corrente che attraversa il diodo è:
Questo valore della corrente I che attraversa il diodo è confermato con ottima approssimazione dalla simulazione riportata in Fig. 15.
Osserviamo, inoltre, che il valore di Vak non è effettivamente 0.7V, come abbiamo supposto in sede di previsione, ma ci si avvicina molto.
Fig.15
Ricerca grafica
Per determinare graficamente il punto di riposo occorre:
disporre della caratteristica del diodo
tracciare, nel piano I/Vak della caratteristica, la retta di carico
La retta di carico ha equazione:
Essa rappresenta tutti i possibili punti di riposo, consentiti dal secondo principio di Kirchoff applicato alla maglia di Fig. 14.La retta interseca l'asse delle correnti nel punto di ascissa Vak =0 e ordinata I=E/R; mentre interseca l'asse delle tensioni nel punto di ascissa Vak=E e ordinata I=0
Il punto di riposo, oltre che sulla retta di carico, deve stare anche sulla caratteristica del diodo e , perciò, è l'intersezione Q tra la retta di carico e la caratteristica.
Fig.16
Raddrizzatori
I raddrizzatori sono dei circuiti che convertono una tensione bipolare in una unipolare, quindi a valor medio sicuramente diverso da zero; molto spesso la tensione che viene raddrizzata è quella di rete. I raddrizzatori si suddividono in raddrizzatori a semionda, in cui la corrente scorre solo per mezzo periodo, e raddrizzatori ad onda intera, in cui la corrente scorre per tutto il periodo del segnale di ingresso, ovviamente sempre nello stesso verso.
Fig.28
Raddrizzatore a semionda
E' costituito semplicemente da un diodo e da un carico resistivo; spesso è preceduto da un trasformatore riduttore; quello impiegato in Fig.29 riduce la tensione a primario di un fattore 10. Per l'analisi circuitale del raddrizzatore utilizzeremo il modello del diodo ideale.
Fig.29
A secondario abbiamo la tensione V2, sinusoidale a frequenza 50Hz e picco 31.1V. Durante la semionda positiva di V2, il diodo è polarizzato direttamente; esso è quasi un cortocircuito e , perciò, la semionda positiva di V2 si trasferisce sul carico
Durante la semionda negativa di V2, il diodo è polarizzato inversamente. Esso non conduce e allora Vout=0; la tensione a secondario si trasferisce, quindi, sul diodo
Fig.30
Le forme d'onda evidenziano che il picco di Vout è più piccolo, rispetto a quello di V2, di 0.7V (la caduta ai capi di un diodo in conduzione ). Un 'analisi più accurata mostrerebbe anche che la corrente in RL scorre per un pò meno di mezzo periodo; il diodo, infatti, entra in conduzione quando V2, durante la semionda positiva, oltrepassa 0.5V.
La tensione Vout è unipolare e periodica, con lo stesso periodo di V1 e V2; essa contiene molte armoniche, tutte multiple intere di 50Hz .
La componente continua di Vout è che , nel nostro caso, è circa 9.5V.
La tensione Vak è negativa per mezzo periodo; il picco di tensione inversa (PIV) è uguale al picco di tensione a secondario; ovviamente, deve essere PIV<Vz.
Sotto ( Fig.31 ) troviamo lo spettro di Fourier del segnale di uscita raddrizzato a semionda; possiamo osservare:
Osserviamo che il segnale raddrizzato a semionda è molto ricco di armoniche, al contrario del segnale originario che ne contiene solo una.
Fig.31
Raddrizzatore a presa centrale
Il raddrizzatore ad onda intera a presa centrale utilizza due diodi che conducono in controfase; i due segnali, uguali in modulo e opposti in fase, necessari per pilotare D1 e D2 vengono forniti dal trasformatore con secondario a presa centrale. Al primario del trasformatore c'è la tensione di rete che , nel nostro caso, viene ridotta di un fattore 10.
Al secondario abbiamo la tensione di picco 31V; ai due estremi del secondario abbiamo le tensioni Va e Vb, uguali in modulo ma opposte in fase, entrambe riferite a massa e di picco 15.5V
Fig.32
Durante la semionda positiva di V2, Va è positiva e Vb è negativa; allora il diodo D1 conduce mentre il diodo D2 è interdetto; la semionda positiva di Va viene passata al carico.
Nella semionda negativa di V2, è Vb ad essere positiva; il diodo che conduce è, allora, D2 e al carico RL viene passata la semionda positiva di Vb.
Vout è allora una tensione raddrizzata ad onda intera il cui picco è uguale, idealmente, a quello di Va e di Vb e alla metà del picco dii V2 ( in realtà è 0.7V più piccolo ); la sua frequenza è doppia rispetto a quella del segnale originario .Poichè Vout è formata da due semionde dello stesso segno, la sua componente continua è :
La componente continua Voutdc è uguale a quella che troviamo nel raddrizzatore a semionda, ovviamente a parità di trasformatore .
Nel nostro caso Voutdc è circa uguale a 9.3V.
Ciascuno dei due diodi, quando è in conduzione, ha ai suoi capi all'incirca 0.7V; quando è interdetto è connesso, attraverso l'altro diodo in conduzione, ai due estremi del secondario; il picco della tensione inversa ai capi del diodo coincide perciò con V2p.
Fig.33
Quello riportato sotto è lo spettro di Fourier del segnale raddrizzato ad onda intera; esso evidenzia:
una componente continua di circa 9.2V. abbastanza simile a quello previsto
l'assenza delle armoniche multiple dispari di 50Hz, dato che il segnale uscente dal raddrizzatore ha frequenza doppia rispetto a quella del segnale entrante
che le armoniche di frequenza superiore a 400 Hz si possono trascurare, dato che la lora ampiezza è irrisoria.
Fig.34
Raddrizzatore a ponte
Fig.35
Il raddrizzatore a ponte utilizza due coppie di diodi, rispettivamente D1D3 e D2D4, che conducono in controfase; i quattro diodi sono connessi a ponte.
Il ponte , detto pontedi Graetz ,è pilotato, su una diagonale, dalla tensione presente al secondario del trasformatore; la tensione di uscita è prelevata sull'altra diagonale.
I due estremi del secondario sono entrambi fuori massa. Vediamo le forme d'onda del raddrizzatore, riportate in Fig.36; durante la semionda positiva di V2 , il punto A è a potenziale maggiore rispetto al punto B; di conseguenza, i diodi D1 e D3 sono polarizzati direttamente e conducono ; la coppia D2D4 è interdetta.
La semionda positiva di V2 viene allora smistata al carico attraverso il quasi cortocircuito costituito da D1 e D3.
Durante la semionda negativa di V2, il punto A è a potenziale più basso rispetto al punto B; i diodi D1 e D3 sono interdetti mentre D2 e D4 conducono.
Attraverso il quasi cortocircuito costituito da D2 e D4 , stavolta al carico viene smistata Vba, cioè -V2; in definitiva al carico arriva la semionda negativa di V2 ribaltata.
Vout è una tensione raddrizzata ad onda intera , quindi a frequenza doppia rispetto a quella di ingresso .
Fig.36
Le due coppie di diodi D1D3 e D2D4 hanno ai loro capi una tensione di 0.7v nelle semionde in cui conducono;invece,quando sono polarizzati inversamente, hanno ai loro capi la tensione del secondario come tensione inversa; e allora il picco di tensione inversa è PIV=V2p.
Il picco di Vout, almeno idealmente è uguale a quello di V2 ( in realtà se ne discosta di circa 1.4V per via della caduta sui due diodi in conduzione ).
La componente continua di Vout è ; quindi è doppia rispetto a quella fornita dal raddrizzatore a presa centrale, a parità di trasformatore.
A parità di componente continua, il raddrizzatore a ponte richiede una tensione a secondario metà rispetto a quello a presa centrale e perciò necessita di un trasformatore più piccolo; per questo motivo il raddrizzatore a ponte è il più usato.
Il contenuto armonico di Vout è, ovviamente , identico a quello già visto nel raddrizzatore a presa centrale.
Il filtro capacitivo
Fig.37
La tensione uscente dai raddrizzatori è, si, unipolare ma non è continua ; per livellarla ulteriormente occorre mettere in parallelo al carico un grosso condensatore che, come sappiamo, tende a mantenere costante la tensione ai suoi capi ( Fig. 37).
Il circuito così ottenuto prende il nome di raddrizzatore filtrato capacitivamente.
Come mostrano le forme d'onda ( Fig.38), nel primo quarto di periodo C si carica velocemente al picco di V2; subito dopo D1 si interdice perchè il potenziale all'anodo scende al di sotto di quello al catodo (V2<Vout); nel periodo successivo, in prossimità del picco positivo, il potenziale all'anodo supera di nuovo quello al catodo, il diodo rientra in conduzione per un breve intervallo di tempo e ricarica il condensatore.
Il diodo è, perciò, interessato da una corrente id caratterizzata da impulsi stretti di corrente, in prossimità dei picchi positivi di V2.
Fig.38
In Fig.39 è riportata la forma d'onda della corrente id a regime, in correlazione temporale con quelle di V2 e Vout. A dire il vero, il primo picco di id è più grande degli altri perchè il condensatore inizialmente è scarico e richiede più corrente per essere caricato.
Una analisi più accurata rivela che C non arriva a caricarsi al picco di V2 perchè la conduzione nel diodo si blocca quando Vak scende al di sotto di 0.5V.
Fig.39
In sostanza il valore massimo raggiunto da Vout è V2p-0.5V.
Osservando Vout notiamo che essa è una tensione quasi continua, di valore all'incirca V2p. In realtà Vout è costituita da una componente continua Voutdc a cui è sovrapposta una ondulazione ( ripple ) pressocchè a dente di sega, se trascuriamo la durata della ricarica del condensatore, perchè è molto breve. Il valore picco picco dell'ondulazione, calcolato per eccesso, è dove ILdc è la componente continua della corrente assorbita dal carico e f è la frequenza del segnale raddrizzato (50Hz in questo caso). Poichè , sostituendo si ottiene .
E' evidente che il valore picco picco dell'ondulazione è tanto più piccolo quanto più elevata è CRL , la costante di tempo che regola la scarica del condensatore.
Trascurando gli 0.5V otteniamo:
Il raddrizzatore equivale allora al bipolo di Thevenin riportato in fig. 40
Fig.40
in cui e
Il bipolo ottenuto si avvicina tanto più ad un generatore ideale di tensione continua, quanto più piccola è Rout; cioè quanto più elevata è C; d'altra parte, tanto più elevata è la capacità C del condensatore, tanto meno esso si scarica quando è caricato da RL.
Se filtriamo la tensione uscente dal raddrizzatore a ponte (Fig.41), otteniamo una tensione di uscita Vout costituita da una componente continua Voutdc a cui è sovrapposta un'ondulazione più o meno evidente a secondo della corrente assorbita dal carico. L'ondulazione ha la forma d'onda a dente di sega ed ha frequenza doppia rispetto al raddrizzatore filtrato a semionda ; il segnale uscente dal raddrizzatore a ponte ha infatti frequenza doppia e il condensatore C viene ricaricato ad ogni mezzo periodo da una delle due coppie di diodi (Fig.42) .
Fig.41
A parità di tutto, il raddrizzatore a ponte filtrato ha una ondulazione picco picco che è la metà rispetto a quello a semionda; per questo raddrizzatore valgono le formule e il circuito equivalente del raddrizzatore a semionda: basta utilizzare per la frequenza f il valore di 100Hz
In definitiva il raddrizzatore con filtro capacitivo è capace di convertire la tensione di rete in una tensione continua ( o quasi ) il cui valore dipende più o meno dal carico, a secondo del valore di Rout ; esso è un primo esempio di alimentatore non stabilizzato. La qualità di un alimentatore è misurata dal fattore di ripple
Voutrms è il valore efficace dell'ondulazione sovrapposta alla componente continua Voutdc.
Fig.42
Per il raddrizzatore filtrato ; f vale 50Hz oppure 100Hz a secondo se il raddrizzatore è a semionda oppura ad onda intera; ovviamente, a parità di tutto il secondo ha un fattore di ripple dimezzato rispetto al primo.
Diodo Zener |
|
La caratteristica I-Vak (Fig.44) del diodo Zener mostra che il dispositivo:
Vz viene chiamata tensione di Zener ( o di rottura ) e, nel nostro caso, è 3.9V; una volta oltrepassata la soglia di conduzione inversa, piccole variazioni di tensione comportano grandi variazioni di corrente e la tensione ai capi del diodo si stabilizza attorno al valore di Vz.
Fig.44
Il simbolo del dispositivo è quello riportato in Fig.43. Anche per lo Zener in conduzione inversa si danno dei modelli semplificativi:
Nel primo modello di approssimazione il diodo zener in conduzione inversa viene assimilato ad un generatore di tensione continua, di valore pari alla tensione di rottura Vz, che assorbe corrente; la piccola resistenza interna del dispositivo viene trascurata.
In Fig.45 è il diodo Zener da 3.9V è sostituito, nell' analisi circuitale,dal suo modello di prima approssimazione.
Fig.45
Nel secondo modello di approssimazione, riportato in figura 46, lo zener in conduzione inversa viene assimilato circuitalmente ad un generatore di tensione continua, di valore pari a Vz, che assorbe corrente con in serie la resistenza interna Rz, di piccolo valore; essa tiene conto del fatto che la tensione ai capi del dispositivo in conduzione inversa cresce leggermente con la corrente.
La potenza dissipata dallo Zener è se si trascura la piccola resistenza Rz.
Fig.46
I data sheet del diodo, oltre alla massima corrente permessa Izmax e al valore della resistenza interna Rz , per un dato valore di Iz, riportano la massima potenza dissipabile Pzmax, oltre la quale il dispositivo si distrugge. Pzmax è fornita alla temperatura ambiente di 25°C. I data sheet danno anche il coefficiente con cui si riduce Pzmax all' aumentare della temperatura ambiente Ta.
Il diodo Zener viene fatto lavorare, di solito, nel tratto verticale (o quasi ) della caratteristica inversa; infatti, quando funziona in questa zona il dispositivo è capace di assorbire grandi variazioni di corrente, senza subire apprezzabili variazioni di tensione; in pratica, il diodo, quando è in conduzione inversa, si comporta da stabilizzatore di tensione.
Lo Zener lo troviamo in parallelo al carico, nel raddrizzatore con filtro capacitivo, per mantenerne costante la tensione di uscita al variare della tensione ai capi del condensatore; il circuito ottenuto (Fig.47) è un esempio rudimentale di alimentatore stabilizzato.
Fig.47
Le forme d'onda della tensione di uscita (Vout) e di quella ai capi di C (Vs), riportate in Fig.48, evidenziano come quest'ultima abbia un'ondulazione picco picco di più di 3.5V; la tensione di uscita è, invece, pressocchè costante e circa uguale a Vz=10V .La simulazione è stata effettuata per RL=400 ohm e per un picco di tensione di rete rigorosamente costante al valore di 311V. L'alimentatore di Fig.47, in realtà, sa fare molto di più; il diodo Zener, infatti, è capace di mantenere costante, entro certi limiti, la tensione ai suoi capi, e quindi quella di uscita Vout sia quando fluttua la tensione di rete, sia quando varia il carico.
Fig.48
In Fig. 49 il picco della tensione di rete è stato portato a 350V, per simularne una possibile fluttuazione mentre il valore di RL è rimasto invariato. Come possiamo notare, l'ondulazione della tensione uscente dal ponte è aumentata ( è circa 4.2V) mentre la tensione sul carico è rimasta pressocchè costante a 10V.
In Fig. 50 il picco della tensione di rete è stato riportato al suo valore standard di 311V ma il valore del carico RL è stato aumentato a 10kohm; in queste condizioni, il valore picco picco dell'ondulazione uscente dal ponte è 3.4V ed è minore rispetto a quella che abbiamo in Fig.48 perchè il carico assorbe meno corrente
Fig.50
Il regolatore a Zener
In Fig.51 è riportato lo schema del regolatore a Zener, un circuito capace di mantenere costante, entro certi limiti, la tensione Vout sia contro le variazioni della tensione a monte , sia al variare del carico RL ( come abbiamo già visto nelle simulazioni delle figure 49 e 50).
Vediamo quali sono i criteri di progetto del regolatore.
Fig.51
La resistenza Rs va scelta tenendo conto :
La corrente nello Zener può diminuire di molto se, quando Vs scende al suo valore minimo Vsmin, il carico sta assorbendo la massima corrente ILmax; ma anche in questa condizione estrema Iz non deve scendere al di sotto di Iz min; cioè
La corrente nello Zener può aumentare molto se, quando Vs sale al suo valore massimo valore Vsmax, il carico RL contemporaneamente è staccato; ma anche in questa condizione estrema Iz non deve oltrepassare il suo massimo valore Iz max; cioè
Le due disuguaglianze appena trovate ci mettono in grado di determinare il campo entro cui va scelto il valore di Rs per un corretto funzionamento del regolatore; più precisamente, Rs deve soddisfare alla condizione
Abbiamo visto che in uscita c'è una ondulazione residua, dovuta al fatto che la resistenza differenziale dello Zener non è nulla.
Per valutare questa ondulazione conviene immaginare che all' ingresso del regolatore vi sia un generatore che fornisce una tensione continua Vindc ed uno che è responsabile dell' ondulazione a dente di sega VRin.
Inoltre, è utile descrivere il diodo Zener con il secondo modello di approssimazione.
La tensione di uscita Vout è costituita dalla componente continua Voutdc, determinata da Vindc e da Vz, e dall'ondulazione residua VRout, provocata da VRin.
Fig.52
Per calcolare VRout, si applica il principio di sovrapposizione degli effetti facendo agire solo VRin e annullando Vindc e Vz, come in Fig.53;
Fig.53
si ottiene:
dato che Rz<<RL.
Applicazioni dei diodi
Rivelatore di picco
Fig.56
Il rivelatore di picco (Fig.56) è un circuito che fornisce una tensione continua , il cui valore è uguale al picco Vinp della tensione variabile di ingresso; nel nostro caso Vin è una tensione sinusoidale ma può assumere qualunque altra forma.
Come mostra la simulazione di Fig.57, il diodo nel primo quarto di periodo è polarizzato direttamente da Vin e va a caricare velocemente il condensatore C, inizialmente scarico.
Quando la tensione ai capi di C diventa all' incirca uguale a il diodo si interdice definitivamente perchè la tensione all'anodo (Vin) non può più oltrepassare quella al catodo (Vout) della quantità sufficiente a far condurre il diodo; la tensione su C rimane costante al valore raggiunto ( circa 9.5V nel nostro caso ).
Fig.57
E ovvio che un eventuale carico che utilizza la tensione sul condensatore deve assorbire una corrente molto piccola , per non scaricare C in modo apprezzabile. Il rivelatore di picco trova molte applicazioni, ad esempio nei voltmetri a valore massimo.
Clamper
Il clamper è un circuito che aggancia i picchi positivi o negativi di un segnale ad un livello di riferimento che, molto spesso, è lo zero.
In Fig.58 è riportato la schema di un clamper che aggancia i picchi positivi di un segnale sinusoidale a zero ( in realtà a +0.5V ).
Fig.58
Come vediamo dallo schema, il clamper ha la stessa struttura del rivelatore di picco; soltanto che la tensione di uscita è prelevata sul diodo.
E' facile comprendere come la forma d'onda della tensione Vout abbia l'andamento riportato in Fig. 59; basta tener presente che, a regime, il condensatore C si carica all'incirca al picco positivo di Vin e perciò, a regime, la tensione di uscita Vout=Vin-Vc è la stessa tensione di ingresso Vin scivolata verso il basso di una tensione continua uguale al suo picco (in realtà è traslata verso il basso di Vinp-0.5V).
Fig.59
In Fig. 60 è riportato lo schema di un clamper che aggancia i picchi negativi del segnale di ingresso a zero ( in realtà a - 0.5V);
Fig.60
stavolta il condensatore si carica al picco negativo di Vin ( o quasi ) e Vout è la stessa Vin che è stata scivolata verso l'alto del suo picco ( in realtà è traslata verso l'alto di Vinp-0.5V) come mostra la simulazione di Fig.61
Fig.61
Il clamper trova molte applicazioni in elettronica; noi lo utilizzeremo per la polarizzazione di un amplificatore di potenza funzionante in classe C.
Alternando un clamper e un rivelatore di picco si ottiene il duplicatore di tensione( Fig.62), un circuito che fornisce una tensione continua il cui valore è il doppio del picco del segnale di ingresso. Il duplicatore di tensione viene chiamato anche rivelatore del valore picco-picco.
fig.62
Osservando la simulazione di Fig. 63 notiamo che la tensione all' uscita della prima cella (Vout1), a regime, è quella di un clamper che aggancia i picchi positivi di Vin a circa zero. La tensione all'uscita della seconda cella (Vout) è quella di un rivelatore di picco che, a regime, rivela il valore massimo di Vout1, cioè circa il doppio del picco di Vin.
Fig.63
Il duplicatore di tensione è un caso particolare dei moltiplicatori di tensione; essi sono dei circuiti che forniscono una tensione continua il cui valore è un multiplo intero del picco della tensione periodica di ingresso, spesso la tensione di rete. I moltiplicatori di tensione sono utilizzati per pilotare carichi che assorbono una corrente irrisoria e necessitano di una tensione continua molto elevata (ad esempio le placchette acceleratrici di un oscilloscopio).
Limitatori
I limitatori sono dei circuiti che tagliano la parte di segnale al di sopra (o al di sotto) di un prefissato livello di riferimento, oppure al di sopra e al di sotto di due livelli di riferimento.
In Fig. 64 è riportato lo schema di un limitatore che taglia la parte di segnale triangolare (traccia rossa, valore massimo 10V, valore minimo zero)) al di sopra di E (2.5V nel nostro caso).
fig.64
Infatti, quando Vin oltrepassa il livello di riferimento E, il diodo entra in conduzione e diventa quasi un cortocircuito.
La tensione di uscita Vout, di conseguenza, rimane costante al valore E ( in realtà al valore E+0.7V, cioè 3.2V nel nostro caso ).
Viceversa, quando Vin è minore di E, il diodo è interdetto, sulla resistenza R non c'è caduta di tensione e la tensione di uscita Vout è uguale a quella di ingresso Vin; la simulazione di Fig. 65 conferma le nostre aspettative.
I limitatori vengono chiamati anche circuiti cimatori o anche clipper.
fig.65
Vediamo adesso lo schema di un limitatore (Fig.66) che taglia la parte di segnale al di sotto di E ( 2.5V anche in questo caso );
Fig.66
infatti, quando Vin scende al di sotto di E, il diodo entra in conduzione e diventa quasi un cortocircuito; Vout, di conseguenza, rimane costante al valore E (in realtà al valore E-0.7V, cioè 1.8V nel nostro caso ). Invece, quando Vin oltrepassa E, il diodo si interdice, sulla resistenza R non c'è caduta e Vout è uguale a Vin (Fig. 67).
Fig.67
Per realizzare un limitatore che tagli la parte di segnale al di sopra del livello E2 e quella al di sotto di E1 (con E2>E1), basta combinare i due limitatori appena visti.
Fig.68
In Fig. 68 è riportato lo schema di un limitatore che taglia la parte di segnale al di sopra di 10V e quella al di sotto di 5V, lasciando così passare solo la parte di segnale compresa tra 5V e 10V (Fig.69).
Fig.69
Un limitatore a due livelli, simmetrici rispetto allo zero, può essere realizzato usando due Zener, aventi la stessa tensione di breakdown, connessi come in Fig.71
Fig.70 |
Fig.71 |
Rivelatore di inviluppo
Una variazione importante del rivelatore di picco è il rivelatore di inviluppo, usato per demodulare i segnali modulati in ampiezza (fig. 72)
fig.72
Se inviassimo un segnale AM all’ingresso di un normale rivelatore di picco, otterremmo il segnale di fig. 73
fig.73
perché il circuito, come sappiamo, rivela il valore massimo del segnale di ingresso, in quanto il condensatore può caricarsi ma non può scaricarsi.
Se vogliamo che il condensatore sia capace di seguire le variazioni del picco di ingresso anche in discesa, dobbiamo dargli la possibilità di scaricarsi, come in fig. 74
fig.74
La costante di tempo CR va scelta opportunamente; essa deve essere:
In sintesi, deve essere . In fig. 75 sono riportati un segnale AM, costituito da una portante a 100kHz e da una modulante di frequenza 1kHz (traccia azzurra), e il segnale uscente dal rivelatore di inviluppo (traccia rossa), che è una copia del segnale modulante.
fig.75
Fonte: http://www.itiscopernicofe.it/itis/didattic/matdid/3H/Diodi_e_applicazioni.doc
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