Glossario comunicazioni e elettronica 2

Glossario comunicazioni e elettronica 2

 

 

 

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Glossario comunicazioni e elettronica 2

 

 

ELEMENTI DI   ELETTROTECNICA

TENSIONE E CORRENTE

La storia dell’elettricità prende avvio dalla particolare proprietà di una sostanza, l’ambra, che strofinata con altra sostanza in grado di riscaldarsi, acquistava la singolare proprietà di attirare piccoli, leggerissimi oggetti (pagliuzze, foglie secche, ecc.). Proprio dal nome greco dell’ambra “electron” questa sua proprietà verrà poi denominata elettricità.
La corrente elettrica è costituita da un movimento di cariche elettriche che, nel caso di  conduttori metallici, sono elettroni. Per la corrente elettrica, come per altre forme di energia, due sono le caratteristiche fondamentali dalle quali dipendono gli effetti termici, magnetici,  meccanici e luminosi, cioè l’intensità di corrente e la tensione elettrica. L'intensità di corrente è data da:


 

Dove:


I  =   Q/ t


(A)       Q =  I . t (C)


I = intensità di corrente, espressa in ampère (A);
Q = quantità di cariche elettriche, espressa in coulomb (C); t = tempo, espresso in secondi (s).

Nella tecnica si usa un multiplo del coulomb, l'amperora (Ah), che corrisponde alla quantità di elettricità che attraversa la sezione di un conduttore in un ora. Da cui:


 

L'energia elettrica  (Ee) è data da:

Dove:


1 Ah = 3600 coulomb

Ee = V. I . t    (Wh)


V = differenza di potenziale o tensione, espressa in volt (V); I = intensità di corrente espressa, in ampère (A);
t = tempo espresso in ore (h).
La differenza di potenziale o tensione, detta volgarmente "voltaggio" è la causa del movimento degli elettroni nei conduttori. La differenza di potenziale rappresenta la forza con cui la corrente elettrica viene spinta in un circuito. Il dispositivo in grado di generare una differenza di  potenziale tra due poli si chiama generatore di tensione. Nella figura 1.1 sono mostrati i simboli dei generatori di tensione.

 

TENSIONE CONTINUA

 

TENSIONE ALTERNATA

Fig. 1.1 Simboli dei generatori di tensione
La corrente elettrica può essere corrente continua o corrente alternata. La corrente continua (c.c.) è un flusso di elettroni che si muovono in un conduttore sempre nello stesso verso. Per ottenere una tensione continua perfetta si utilizza un generatore di corrente continua come, ad esempio, la batteria dell’automobile: si avrà un morsetto “positivo” (quello a potenziale maggiore) e un morsetto “negativo” (quello a potenziale minore). La corrente fornita da una batteria esce sempre dal polo positivo, attraversa l’utilizzatore (per esempio la lampadina) e rientra dal polo negativo. Finché la batteria eroga corrente, questa fluisce sempre nella stessa direzione e con un valore costante.


 

La corrente alternata (c.a.) è un flusso di elettroni che, lungo un conduttore, cambia continuamente il verso di movimento secondo un intervallo di tempo fisso (andamento sinusoidale). Le variazioni di corrente inducono analoghe variazioni della tensione. Quando si ritorna nelle condizioni iniziali è trascorso un ciclo o periodo (fig. 1.2). Il numero di cicli per secondo è definito frequenza, misurata in Hertz (Hz). La frequenza indica quante volte in un secondo la tensione varia la sua polarità. In Italia la frequenza è pari a 50 Hz, mentre in altri Paesi, come ad esempio gli Stati Uniti, è di 60 Hz. Le frequenze comprese fra 16 e 400 Hz sono dette industriali, quelle fra 20 Hz e 20 kHz sono frequenze musicali o basse frequenze. Per la tensione alternata, che inverte continuamente al sua polarità, non è possibile contrassegnare i morsetti come positivo e negativo.
Le normali apparecchiature elettroniche (PC, telefoni cellulari, videoregistratori, ecc.), pur funzionando con una tensione continua, sono alimentate con la tensione alternata di 220 volt; tuttavia, all’interno di queste apparecchiature la tensione viene abbassata grazie ad un trasformatore e successivamente raddrizzata per ottenere una tensione continua. Per apparecchiature di media ed elevata potenza (ad esempio motori elettrici si utilizza corrente trifase a 380 V.

POTENZA

La potenza elettrica (Pe), o potenza reale o potenza attiva, prodotta dal generatore o assorbita dal motore o consumata da un apparecchio è data da:

Pe = V. I
Pe = V. I . cos !

(W)
(W)

(c.c.)
(c.a. monofase; Pe ! 2 kW)

2
Pe = V. I . cos ! .    3
Dove:

(W)

(c.a. trifase; Pe " 2 kW)

cos !(cos-fi) = fattore di potenza, espresso dal coseno dell'angolo di sfasamento fra I e V.
Due grandezze alternate (tensione e intensità di corrente) si dicono in “fase” se entrambe raggiungono nello stesso istante il valore massimo e il valore minimo. Si dicono invece “sfasate” se raggiungono i valori minimo massimo in istanti diversi. Lo sfasamento fra due grandezze alternate viene espresso in angoli (fig. 2.1). Una differenza di fase di 90 gradi, ad esempio, significa che un’onda ha raggiunto il suo massimo valore un quarto di ciclo prima o dopo l’altra. Nella tecnica l’angolo di sfasamento non viene espresso in gradi, ma con il coseno dell’angolo stesso. Il risultato di questo sfasamento è la distinzione fra potenza reale (Pe) e potenza apparente (Pa), il cui rapporto è rappresentato dal coseno dell’angolo di sfasamento (cos !) che si definisce, appunto, fattore di potenza. Cos ! varia da valori ottimali di 0,8-0,9 per motori elettrici a pieno carico, a valori minimi di 0,2-0,3 per motori funzionanti a vuoto.
La potenza apparente non viene influenzata dall’angolo di sfasamento fra tensione e corrente, si può considerare come il valore massimo che otterremo come potenza reale annullando lo sfasamento tensione-corrente. Si misura in voltampere reattivi (VAr):
Pa = V . I    (VAr)
La terza grandezza legata allo sfasamento angolare è la potenza reattiva (Pr), che si traduce in uno scambio di energia tra il generatore e l’utilizzatore e quindi non produce lavoro; tanto più grande risulta la potenza reattiva, tanto maggiore è lo sfasamento. Si misura in VA (voltampere) ed è data dalla relazione:
Pr = V. I . sen !     ( VA)


 

 


Fig. 1.2 La corrente elettrica alternata è formata          Fig. 2.1 Nelle correnti alternate, tensione (I) e  da un flusso di elettroni dotati di movimento oscil                   corrente (V) seguono  sinusoidi ritardate l’una latorio; tensione e intensità di corrente variano                       rispetto all’altra; il ritardo viene chiamato an- con  periodicità con andamento sinusoidale.                         golo di sfasamento (cos !)o fattore di potenza.

Si ha il massimo impiego e rendimento del sistema per cos ! = 1 nel caso, ad esempio, di una resistenza elettrica o di una lampada ad incandescenza.

 

potenza reattiva

 

 

Il rapporto che lega la potenza reale e la potenza reattiva nella determinazione della potenza apparente è il seguente:
Pa =  !Pe2 + Pr2
Nel caso di un motore elettrico, l’energia reattiva rappresenta l’energia del suo campo  magnetico, indispensabile al funzionamento del motore stesso. Per questo si dice che un motore assorbe dalla linea, oltre alla potenza attiva, anche una potenza reattiva. Quest’ultima non dà consumi, in quanto è un’energia di scambio tra motore e linea (Riquadri 1 e 2).


 

 

Riquadro 2

Rifasamento elettrico

Nelle utenze agricole e industriali, la maggior parte dei carichi è costituita da motori e trasformatori che, generando un campo magnetico, “sfasano” tensione e corrente causando la produzione di energia reattiva. La sola potenza utile in grado di trasformare l’energia elettrica in lavoro meccanico è quella attiva. La potenza reattiva, non solo non può essere trasformata  in lavoro meccanico, ma causa anche il transito in rete di corrente induttiva prodotta dal fenomeno dell’induzione (vedi glossario). La corrente induttiva causa la diminuzione della capacità di trasporto dell‘energia “utile” da parte del cavo, in quanto la sua presenza ruba spazio ad una certa quantità di energia attiva. La potenza reattiva, quindi, costituisce un carico supplementare per i generatori, i trasformatori e le linee di trasporto e distribuzione, impegnando il fornitore di energia a sovradimensionare i propri generatori a scapito del rendimento e provocando altresì una maggiore caduta di tensione in linea, che si traduce in ulteriori perdite di potenza attiva.
Si definisce rifasamento qualsiasi provvedimento inteso ad aumentare il fattore di potenza di un dato carico, allo scopo di ridurre, a pari potenza attiva assorbita, il valore della corrente che circola nell’impianto. Generalmente, il rifasamento di un impianto produttivo si ripaga in pochi mesi. Nei circuiti con utilizzatori costituiti da lampade ad incandescenza, scaldacqua, certi tipi di forni, la potenza apparente assorbita è tutta potenza attiva. Nei circuiti con utilizzatori che hanno al loro interno avvolgimenti (motori, saldatrici, alimentatori di lampade fluorescenti, trasformatori) una parte della potenza apparente assorbita viene utilizzata per eccitare i circuiti magnetici e, quindi, non viene impegnata come potenza attiva ma come potenza reattiva.

 

RESISTENZA

Legge di Ohm

Quando una corrente elettrica I attraversa una resistenza R, tra l'ingresso e l'uscita del componente si crea una diminuzione di tensione ovvero una caduta di tensione. Il calcolo di questa diminuzione, cioè della tensione misurata in volt ai capi della resistenza, si esegue sempre


 

con la legge di Ohm. L'esperienza mostra che l'intensità I della corrente varia proporzionalmente alla tensione V applicata agli estremi del conduttore, cioè:


R =  V
I


(²)


Dove R è una costante di proporzionalità che dipende dalla natura del conduttore e dalle sue condizioni fisiche; la costante R dicesi resistenza elettrica del conduttore e si misura in Ohm   (²).

Da cui si ricava la relazione che rappresenta la legge di Ohm:
V = R . I
La distribuzione dell'energia elettrica per usi domestici, industriali e agricoli è fatta con tensione costante, per cui la legge di Ohm si esprime così:
I =  V
R
da cui si ricava che I dipende solo da R a cui risulta inversamente proporzionale. La sezione dei cavi elettrici ne determina la resistenza al passaggio della corrente: maggiore è la sezione,  minore sarà la resistenza offerta al passaggio della corrente.
Un utilizzatore (indicato con un rettangolo in figura) è alimentato da un circuito avente resistenza R=50 ohm. Poiché la corrente è pari a 2 ampere, sulla resistenza R si ha una caduta di tensione pari a 50x2=100 volt e i 230 volt iniziali scendono, sull'utilizzatore, a 130 volt.


In un impianto elettrico la resistenza R dei cavi si può considerare costante nel tempo. Quindi la caduta di tensione può variare solo al variare della corrente assorbita. Maggiore è la corrente assorbita, minore tensione è applicata all’utilizzatore.

Effetto Joule

Quando una corrente di intensità I attraversa una resistenza R, quest’ultima si riscalda: il fenomeno si chiama effetto Joule e risulta evidente, ad esempio, nel filamento di una lampadina, nelle stufe elettriche e nei ferri da stiro. La legge di Joule dice che un componente elettrico, avente una resistenza R, in cui circola una certa corrente I, sviluppa sotto forma di calore una certa potenza che risulta pari a:
P = R . I2
Tale potenza si considera perduta eccetto il caso in cui il componente viene utilizzato come generatore di calore. In altri casi, invece, risulta essenziale che dispersa meno energia possibile e, benché non sia possibile eliminare completamente l’effetto Joule, si cerca di minimizzare il riscaldamento utilizzando materiali a bassa resistenza, come l’oro, l’argento o il rame. E per questo motivo i cavi che collegano tra loro gli apparecchi elettrici o quelli che portano elettricità nelle case sono di rame. Nei circuiti elettrici, se l’intensità della corrente supera il limite previsto (sovraccarico), l’effetto Joule crea deterioramento e surriscaldamento dei componenti sino a provocare incendi o cortocircuiti.

La quantità di energia Ee (espressa in Joule) dissipata in calore nel tempo t (espresso in secondi) dipende dal quadrato della corrente I ed è definita dalla relazione:


 


 

Il sistema monofase e trifase


Ee = R . I. t


L’alimentazione elettrica monofase è costituita da due fili: il filo di fase e il neutro, con una differenza di potenziale tra loro di circa 220 volt. Oltre ai due fili di fase, contrassegnati nel circuito con le lettere F – N, è sempre previsto per sicurezza il filo di terra T. Tra fase e neutro vi è una differenza di potenziale di 220 volt.

Nell’alimentazione monofase il filo di terra è di colore giallo-verde, il filo di fase è di colore azzurro, mentre quello neutro è di colore marrone. Tra fase e neutro vi è una differenza di potenziale di 220 volt.

 

Il sistema trifase è costituito da tre tensioni monofase, sfasate fra di loro di 120 gradi che alimentano contemporaneamente l’utilizzatore. Il sistema trifase, come si è detto, risulta  riservato ad apparecchiature di media e alta potenza. L’alimentazione trifase è costituita da tre fili contrassegnati dalle lettere R – S – T e dal filo di terra T. Tra due fasi vi è una differenza di potenziale di circa 380 volt.

 

CIRCUITO ELETTRICO

Il circuito elettrico è un sistema chiuso per la distribuzione e l’utilizzo dell’energia elettrica. Il circuito basilare è formato dai seguenti elementi essenziali (figg. 4.1 e 4.2):

  • generatore (ad esempio una pila);
  • un conduttore di andata ed uno di ritorno (cavo elettrico);
  • un apparecchio utilizzatore (ad esempio una lampadina).

Il generatore sviluppa ai suoi poli, o morsetti, delle cariche elettriche che scorrono in un conduttore se questo viene collegato ai due morsetti stessi. La corrente scorre  nel  circuito fintanto che il conduttore, ad esempio un cavo elettrico, non presenta interruzioni ed è ben collegato ai poli del generatore. Se poi lungo il cavo viene collegata una lampadina, anch’essa posta in modo da non interrompere la continuità del circuito, la corrente elettrica scorrerà anche attraverso di essa provocando un effetto luminoso. Il cavo elettrico che, uscendo dalla lampadina, si porta al secondo morsetto del generatore, può essere considerato un conduttore di ritorno, cioè gli elettroni trasportati dalla corrente, una volta passati attraverso l’apparecchio utilizzatore, ritornano al generatore per essere reimmessi nel circuito.
    
Fig. 4.1 Il circuito elettrico elementare è costi            Fig.4.2  Nei circuiti reali la linea di collegamento tuito da un generatore (gen) e da un utilizzato                           generatore-utilizzatore presenta una resistenza RL re (R). In esso passa la corrente di intensità I                          al passaggio della corrente, per cui la differenza con una differenza di potenziale, o tensione V.                      di potenziale all’utilizzatore V1  è sempre minore di
quella al generatore V.


 

Generatori elettrici

Il generatore elettrico è un dispositivo capace di erogare corrente elettrica a spese di  una specifica energia: chimica (pila e accumulatore), termica (coppia termoelettrica), meccanica (dinamo e alternatore), elettrostatica (condensatore). Si distinguono:

  • i generatori statici, quali pile, accumulatori, coppie termoelettriche;
  • i generatori rotanti, quali gli alternatori (generano c.a.) e le dinamo (generano c.c.)  alimentati da un motore primo.

Il funzionamento dei generatori elettrici è basato sul fenomeno dell'induzione elettromagnetica (figg. 4.3 e 4.4). Cioè sul fatto che se un conduttore viene fatto ruotare tagliando le linee di forza di un campo magnetico, si crea in esso una forza elettromagnetica e, quindi, una corrente elettrica.
                    
Fig. 4.3 La dinamo, formata da un induttore fis        Fig. 4.4  L’alternatore consta in un rotore mos so (I) e da un indotto rotante (R), ha il compi                                so meccanicamente e costituito da una stella di to di  generare  corrente  continua che viene                   elettromagneti, portanti tanti avvolgimenti indut raccolta dal collettore (C).                                                  tori, che  genera  corrente alternata monofase.

La rotazione del conduttore è ottenuta a spese di energia meccanica fornita da motori endotermici, idraulici o eolici. Il loro accoppiamento dà luogo ai gruppi elettrogeni. Il  rendimento complessivo #c di questi ultimi, essendo 0,95 il rendimento dell'alternatore, varia in funzione del rendimento #m del motore:


- gasolio

#m = 0,40

#c = 0,38

- biogas

#m = 0,25

#c = 0,24

- idraulico

#m = 0,70

#c= 0,67

- eolico

#m = 0,60

#c = 0,57

L'alternatore è una macchina elettrica rotante che trasforma l'energia meccanica fornita da un motore in energia elettrica a corrente alternata. Esso è costituito da una parte fissa, lo statore, e  da una parte mobile, il rotore. Su entrambi sono disposti dei conduttori elettrici collegati tra loro in modo da formare due circuiti. Uno ha la funzione di creare il campo magnetico (avvolgimento induttore o di eccitazione) e l'altro quello di essere sede di forza elettromotrice indotta (avvolgimento indotto). Il motore fornisce l'energia meccanica per mantenere in movimento il rotore, la cui rotazione provoca, per la legge dell'induzione elettromagnetica, la nascita della  forza elettromotrice. Alla conseguente circolazione di corrente è dovuta l'erogazione di energia elettrica.

Accumulatore elettrico

L'accumulatore elettrico, detto anche batteria, è una sorgente di energia elettrica, simile alla pila ma reversibile, che viene caricata facendovi passare una corrente elettrica e che è quindi in grado di rendere, al momento voluto, una parte dell'energia accumulata sotto forma chimica, erogando corrente per un tempo limitato.


 

Gli accumulatori attualmente disponibili sono: al piombo con elettrolita acido, al nichel-cadmio, nichel-ferro, argento-zinco, argento-cadmio con elettrolita alcalino.
Gli accumulatori al piombo sono costituiti da due piastre di piombo (elettrodi) immerse in una soluzione di acido solforico diluito (elettrolito) che vengono collegate ai morsetti di un  generatore a corrente continua (fig. 4.4). Nei tipi per auto o stazionari la capacità di un accumulatore è dell'ordine di 3 Ah/kg di peso totale; in quelli per trazione 15 Ah/kg. Il rendimento in energia è del 70% circa. Se inattivi dissipano giornalmente l'1% della carica (autoscarica). Durante la carica gli elettrodi emettono acido; durante la scarica si produce il processo inverso.
Altri parametri operativi sono:

  • energia specifica (corrispondente alla scarica in 2 h) e la durata della carica:

a. piombo con acido:

20 Wh/kg,

8 h

a. nichel- cadmio:

30 Wh/kg,

1 h

a. nichel-ferro:

30 Wh/kg,

4 h

a. argento-zinco:

20 Wh/kg,

5 h

a. argento-cadmio:

125 Wh/kg,

4 h

Le batterie sono formate da elementi in serie da 2 V: una batteria da  12 V è formata da 6 elementi (fig. 4.5). Per la ricarica servono 2,5 V per elemento. Le batterie hanno un rendimento nel ciclo di scarica di 0,8: per rendere disponibili 18 kWh bisogna riversare 22,5 kWh.
Considerando che le batterie hanno una capacità di scarica dell'80% circa della loro capacità teorica, il rendimento complessivo risulta di 0,64.
                                   
Fig. 4,4 La corrente elettrica continua può es-             Fig. 4.5 Riunendo fra loro più accumulatori sere  immagazzinata  in accumulatori costituiti                    ognuno dei quali capace di una tensione di da lastre di piombo dotate, alternativamente,                                circa 2 volt– si formano delle batteria da 6- di carica positiva e negativa e  immesse in una                           12-24 volt atte a restituire l’energia elettrica soluzione diluita di acido solforico.                                            accumulata quando richiesta.
Gli accumulatori alcalini del tipo al nichel-cadmio (Ni-Cd) sono utilizzati per computer e dispositivi portatili. Il Cadmio è l’elettrodo negativo, l’idrossido di nichel Ni(OH)2 è l’elettrodo positivo, mentre l’idrossido di potassio KOH è l’elettrolita. Nonostante le ricerche degli ultimi anni le batterie più convenienti sono ancora quelle al piombo impiegate di norma negli automezzi. Le batterie commerciali hanno tensione di 12-24-48 volt. Ma vi sono anche batterie da 72-96-120 volt. La carica della batteria è misurata in amperora (Ah), che indica il prodotto tra il numero di ampere della corrente di scarica e la durata in ore di tale corrente. Una batteria per


 

auto possiede una tensione di 12 V, mentre la capacità può variare da 35 Ah a 80 Ah o più. Una batteria da 60 Ah può fornire, ad esempio, 1 ampère per 60 h, oppure 5 ampère per 12 h.
La corrente fornita da una batteria o da una pila esce sempre dal polo positivo, attraversa l’utilizzatore (ad es. lampadina) e rientra nel polo negativo: una corrente con tali caratteristiche viene definita, come si è detto, continua. Ben diversa è la corrente alternata, prelevata dalla rete, che cambia direzione o polarità 50 volte al secondo; oltre a cambiare direzione, la corrente fluisce con un valore che non è costante, ma varia da zero ad un massimo e poi di nuovo a zero. Le batterie si possono collegare in serie o in parallelo. Nel collegamento in serie (+ di una batteria con – di un’altra) si sommano le tensioni e le capacità in Wh, mentre le capacità in Ah non mutano. Nel collegamento in parallelo (tra poli uguali) si sommano le capacità in Ah e in Wh, mentre la tensione rimane costante. Si privilegia il collegamento in serie, tale da ottenere la tensione richiesta dal sistema. Si evita il collegamento in parallelo, perché la carica risulterebbe sempre non uniforme e la durata di vita delle batterie sarebbe penalizzata.

Utilizzatori energia elettrica

Nella maggior parte dei casi sono costituiti da resistenze che generano sempre calore o da motori elettrici. Il motore elettrico ha lo scopo opposto a quello del generatore: trasforma l'energia elettrica in energia meccanica. I motori in c.a. si distinguono in:

  • motori sincroni in cui la velocità di rotazione del rotore è uguale a quella del campo magnetico. Sono di applicazione poco pratica e usati solo eccezionalmente in agricoltura.
  • motori asincroni nei quali la velocità di rotazione del rotore è sempre un pò inferiore a quella di rotazione del campo magnetico. Per la sua semplicità costruttiva e di funzionamento è indicato negli impieghi agricoli per M.O. e impianti a punto fisso.

I rendimenti dei motori elettrici variano in base alla potenza:essi sono compresi tra 0,60 e 0,70 per le piccole potenze (< 1,0 kW), tra 0,75 e 0,90 per quelle medie (1-20 kW) e tra 0,90 e 0,98 per quelle grandi (> 20 kW).
Il trasformatore è un apparecchio statico che serve a convertire la c.a. da alta a bassa tensione (riduttore) o viceversa (elevatore).
L'inverter è un convertitore di corrente continua in corrente alternata che viene, di norma, utilizzato quando si vuole alimentare comuni motori elettrici.
I vari utilizzatori della corrente elettrica possono differenziarsi, oltre che per la tensione e per la potenza richiesta, anche per il loro comportamento nei confronti della corrente stessa. Ci sono utilizzatori, detti carichi resistivi, costituiti unicamente da una resistenza, cioè un filo realizzato con materiale di resistività elevata che si riscalda quando viene percorso dalla corrente (scaldacqua, stufetta, lampadine ad incandescenza). I carichi resistivi non generano sfasamento fra tensione e corrente (cos ! = 1). Quando l’utilizzatore è un motore elettrico, gli avvolgimenti in esso presenti producono campi magnetici. Ed è proprio l’effetto di questi campi magnetici che permette al motore di girare e produrre energia meccanica. In questo caso si parla di carichi induttivi che hanno un cos ! < 1 in quanto vi è sempre sfasamento fra tensione e corrente.

Collegamenti in serie e in parallelo

Consideriamo un qualsiasi componente elettrico o elettronico dotato di due terminali (uno di ingresso e l'altro di uscita). Se il terminale di uscita è connesso al solo terminale di ingresso del componente che segue, si ottiene il collegamento in serie. Nell'esempio riportato nella figura sottostante i componenti A, B e C sono collegati in serie:


 

Se aggiungiamo un componente D tra B e C, questi ultimi due non si trovano più collegati in serie (il terminale di uscita del componente B è connesso anche al terminale di ingresso del componente D), mentre continuano ad esserlo A e B. I componenti elettrici collegati in serie sono attraversati dalla stessa corrente.


Se colleghiamo tra loro tutti i terminali di ingresso e tutti i terminali di uscita, otteniamo il collegamento in parallelo. Nell'esempio in figura i componenti A, B e C sono collegati in parallelo:
                 
Se, ad esempio, aggiungiamo un componente D tra i terminali di ingresso di B e C, questi ultimi due non si trovano più collegati in parallelo (i morsetti di ingresso di B e C non sono più connessi direttamente), mentre continuano ad esserlo A e B. Ai componenti collegati in parallelo è applicata la stessa tensione (Riquadro 3).
Tutti gli utilizzatori che abbiamo in casa (televisore, frigorifero, lavatrice, lampade, caldaia, ecc.) sono collegati in parallelo e, quindi, sono alimentati dalla stessa tensione di 230 volt.

 

Riquadro 3

Collegamenti in serie e in parallelo

Consideriamo un qualsiasi componente elettrico, ad esempio una lampadina, dotato di due terminali, uno d’ingresso e l’altro di uscita. Volendo collegare alla rete tre lampadine è possibile realizzare un collegamento in serie oppure un collegamento in parallelo.

 

 

 

 

Collegamento in serie e in parallelo.
Collegando le lampadine una in fila all’altra, in modo che il terminale di uscita di un componente sia connesso al solo terminale d’ingresso del componente che segue, si ottiene il collegamento in serie. La corrente che esce dalla presa attraversa una dopo l'altra tutte le lampadine; si tratta dell’unica corrente che circola, essendo solo uno il circuito possibile. La tensione di 220 volt della presa risulta applicata a tutta la fila di lampadine, quindi per far passare la corrente deve vincere la resistenza non di una sola, ma di tutte le lampadine e la resistenza che incontra è equivalente alla somma di tutte le resistenze. Pertanto nel collegamento in serie di 3 lampadine in ciascuna di esse sarà presente una tensione pari a 220/3, mentre l’intensità di corrente resterà immutata. Esempio tipico di collegamento in serie sono le lampadine dell’albero di natale: se una di esse venisse collegata da sola alla rete a  220


 

Conduttori

Collegano i vari componenti elettrici e sono caratterizzati da una resistenza (che provoca dissipazione di energia). La loro sezione è funzione dei valori massimi di corrente.
I circuiti elettrici  possono essere:

  • monofase, generatore e utilizzatore sono uniti da un solo circuito dove circola la corrente (all'utilizzatore 2 cavi);
  • trifase, generatore e utilizzatore sono collegati da tre circuiti dove le rispettive correnti sono sfasate di 120°. All'utilizzatore dovrebbero fare capo 6 cavi. In pratica i cavi sono 4: tre fasi (380

V) e un neutro (220 V) che accomuna i ritorni dei tre circuiti. Nel caso di circuiti equilibrati (cioè con correnti perfettamente identiche) i cavi sono solo tre in quanto il neutro si annulla.
Nell’azienda agricola non tutte le prese e i conduttori (fili elettrici) che vi giungono sono uguali tra loro. Alcune prese sono previste per apparecchi di piccola potenza (2000 W); altre possono sostenere il collegamento di carichi più elevati (3500 W circa).
Per le utenze che hanno un assorbimento elevato (gruppo motore-pompa delle mungitrici, compressore tank refrigerante, ecc.) si prevede un collegamento con prese e spine speciali, atte a sostenere il passaggio di forti correnti, onde evitare che col tempo si formi una resistenza di contatto troppo alta e un surriscaldamento nel punto d’inserzione. Anche i conduttori sono scelti con una sezione maggiore (Riquadro 4).


 

Solitamente le prese da 10 A non hanno una protezione a monte che impedisce di assorbire una corrente superiore, in quanto è la forma stessa della presa che impedisce il collegamento con spine di apparecchi che hanno un assorbimento superiore a 10 A. Conseguenza ovvia è  il pericolo nell’uso di adattatori che permettono di inserire una spina da 16 A in una presa da 10 A. Infatti c’è la possibilità di assorbire una corrente di maggiore intensità di quella sopportabile dalla presa, senza che nessuna protezione intervenga, con conseguente surriscaldamento per effetto Joule. Per lo stesso motivo bisogna porre molta cautela utilizzando adattatori tripli che consentono l’inserimento di tre spine da 10 A in una presa da 10 A, e quindi un assorbimento teorico di 30 A.

 

 

TRASPORTO ENERGIA ELETTRICA

All’inizio del 19000 l’energia elettrica non è ancora ben sfruttata per i problemi connessi alla sua trasmissione e distribuzione, poiché la tensione massima disponibile è di soli 15-20 kV, valore che permette di raggiungere distanze di poche decine di km. Solo l’impiego del trasformatore, che permette l’innalzamento della tensione elettrica, consentirà il raggiungimento di maggiori distanze, ma la cosa diviene concretamente possibile solo dopo la disponibilità di cavi, isolatori e materiali vari che possano resistere a tensioni elevate (Riquadro 5).

 

Riquadro 5

Il barbagianni posato sul filo

Un barbagianni posato su una linea elettrica ad alta tensione non rimane fulminato poiché tocca solo il cavo senza entrare in contatto contemporaneamente con un altro punto a differente potenziale. Se noi invece tocchiamo lo stesso cavo tenendo i piedi per terra veniamo attraversati dalla corrente. Così facendo, infatti, chiudiamo con il percorso mano-piedi un circuito tra il cavo ed il terreno che presenta un potenziale minore.

 

 

 

 

 

Per capire meglio pensiamo a quando scendiamo dall’auto in un giorno ventoso di primavera: tocchiamo la maniglia e sentiamo una scossa. Sono le cariche elettriche trasportate dall’aria secca e accumulate sulla carrozzeria dell’auto: passano attraverso la mano e quindi per tutto il corpo, scaricandosi a terra. Finché stavamo sull’auto eravamo isolati dal terreno in forza dei pneumatici in gomma (fenomeno noto come “gabbia di Faraday”), ma appena abbiamo posato il piede a terra il nostro corpo ha chiuso il circuito elettrico tra la carrozzeria e il suolo, permettendo alle cariche di passare attraverso la mano. Nel punto di contatto tra mano e maniglia si è prodotto un arco elettrico che ha provocato il dolore. Per non sentire la scossa basta toccare la maniglia con la chiave dell’auto, invece che con le dita: la scossa la prenderà la chiave.


 

Accanto ad ogni centrale si trova una stazione elettrica che eleva a 6-20 kV il valore della tensione erogata dagli alternatori e provvede ad inviarla alle linee di trasporto per la sua distribuzione. In tal modo si riducono le perdite che dipendono dall’intensità della corrente I; infatti, a parità di potenza trasmessa, aumentando V diminuisce I e si limitano le perdite. La distribuzione secondaria viene effettuata a 5-20 kV e la consegna a piccoli utilizzatori a 380 o 220 V.
Le linee di distribuzione a media e bassa tensione (MT e BT) possono essere aeree o interrate: la seconda soluzione è più costosa, ma a volte viene preferita per motivi di sicurezza o di disponibilità di spazio. I conduttori delle linee di trasporto ad alta tensione sono normalmente formati da un’anima centrale in corda di acciaio zincato sulla quale sono avvolti uno o due strati di fili in lega di alluminio (95%) più magnesio e silicio. L’anima di acciaio è dimensionata per resistere alle possibili sollecitazioni meccaniche (vento, neve, ecc.).
Nelle linee ad alta tensione (AT) si impiega l’alluminio anziché il rame, benché quest’ultimo abbia una conducibilità decisamente migliore, esclusivamente per ragioni di costo. Gli isolatori che si trovano sulle linee elettriche hanno il duplice compito di sorreggere i conduttori  e di isolarli elettricamente nei confronti del traliccio metallico e, quindi, devono rispondere a requisiti di elevata resistenza meccanica e di altrettanto elevato potere di isolamento. Questi isolatori sono in porcellana o in vetro temperato, hanno una forma a campana con la parte inferiore molto allargata che ha diverse scanalature circolari per impedire il trascinamento dell’acqua. Sulle linee non esiste un solo isolatore, ma diversi, collegati l’uno all’altro, tanto più numerosi quanto più alta è la tensione della linea.


 

GLOSSARIO ESSENZIALE

Ampère (A) - Unità di misura della corrente elettrica, dal nome del matematico e fisico francese André Marie Ampère (1775-1836); equivale a un flusso di carica in un conduttore pari ad un Coulomb per secondo.
Ampèrora (Ah) – Quantità di elettricità equivalente all’energia corrispondente al flusso di una corrente di un ampère per un’ora. L’Ah è utilizzata per misurare il tempo in cui una batteria  si scaricherà. Una batteria, ad esempio, di 100 Ah è capace di fornire una corrente di 20 A per circa 5 h, oppure una corrente di 25 A per circa 4 h.
Autoscarica – In un accumulatore elettrochimico corrisponde alla perdita di energia dovuta al trascorrere del tempo. Di norma dipende da reazioni dirette fra materiale attivo ed elettrolita.
Batteria al Nickel-Cadmio – Accumulatore formato da piastre di Nickel e Cadmio immerse in un elettrolita alcalino.
Batteria al Piombo-Acido – Accumulatore formato da piastre di piombo puro, piombo-antimonio o piombo-calcio immerse in un elettrolita acido (di norma acido solforico).
Batterie di accumulatori – Dispositivi capaci di convertire energia elettrica in energia chimica e viceversa. In genere si utilizzano più accumulatori collegati insieme (batterie di accumulatori).
Capacità della batteria – Quantità d’elettricità accumulata da una batteria di accumulatori ed erogabile dalla stessa ad un determinato regime fino a una tensione prestabilita. Si misura in Ah.
Capacità nominale – Capacità dichiarata dal costruttore per una determinata batteria. La  capacità nominale è riferita ad un regime di scarica di 10 ore e alla temperatura di 25 °C: è indicata col simbolo C10. Si misura in Ah.
Carico elettrico – Quantità di potenza elettrica istantanea consumata da un qualsiasi  utilizzatore
elettrico (W).
Ciclo di vita o durata di una batteria – Valore convenzionale che indica il numero di cicli di carica e scarica che la batteria può effettuare prima di cessare il funzionamento.
Collegamento in parallelo – Collegamento di utilizzatori elettrici uniti in un circuito in modo tale che la corrente si distribuisca tra loro. La tensione tra gli estremi di ciascuno di essi è la stessa.
Collegamento in serie – Collegamento di utilizzatori elettrici uniti in un circuito in modo tale che, in ciascuno di essi, passi la stessa corrente. La tensione tra gli estremi del gruppo è la somma delle tensioni di ogni elemento.
Condensatore – Il condensatore è uno dei componenti più comuni nella composizione dei circuiti elettronici. Il suo nome deriva dalla possibilità di accumulare cariche elettriche, nelle parti interne, sotto forma di energia potenziale.
Convertitore ca/cc, raddrizzatore – Dispositivo che converte la corrente alternata in corrente continua.
Convertitore cc/ca, inverter – Dispositivo che converte la corrente continua in corrente alternata.
Coulomb – Unità di misura della carica elettrica, dal nome dell’ingegnere francese Charles Coulomb (1736-1806).
Effetto Joule – Fenomeno per cui il passaggio di corrente elettrica attraverso un conduttore è accompagnato dallo sviluppo di calore. Prende il nome del fisico inglese James Prescott Joule (1818- 1889) che scoprì il fenomeno.
Frequenza – Numero di cicli continui in un secondo. Viene misurata in hertz (Hz) in onore dello scienziato tedesco Heinrich Rudolf Hertz. Quando si parla di una frequenza di 50 Hz significa che la tensione e la corrente alternata compiono il loro ciclo 50 volte al secondo.
Fusibile – Dispositivo di protezione contro le sovracorrenti in un circuito elettrico, formato da fili o piastrine, tesi su un supporto isolante o contenuti in tubi di porcellana che fondono per il riscaldamento provocato da un aumento improvviso di corrente, interrompendo il circuito.
Gabbia di Faraday – Michael Faraday, fisico inglese (1791-1867), osservò nel 1836 che in un conduttore elettrico cavo le cariche si concentrano sulla superficie esterna e non hanno alcuna influenza su ciò che si trova all’interno. Per dimostrarlo costruì una stanza rivestita da un foglio metallico e applicò all’esterno l’alta tensione prodotta da un generatore elettrostatico. Con un elettroscopio mostrò che all’interno della stanza non era presente carica elettrica.
Induzione elettromagnetica – Il fenomeno si verifica quando un circuito, percorso da corrente, genera tensione su un circuito vicino senza una connessione fisica, ma solo per via magnetica. Come è noto, quando una corrente elettrica percorre un conduttore crea nello spazio circostante un campo magnetico.
Ohm (²) – Unità di misura delle resistenza elettrica, dal nome del fisico tedesco George Simon Ohm (1787-1854). Corrisponde ad un tratto di filo conduttore che, percorso da una corrente di 1 A, presenta al suo capo una differenza di potenziale di 1 V.


 

Regolatore di carica – Dispositivo che controlla la velocità di ricarica e lo stato di carica delle batterie.
Resistenza elettrica – Tutti i componenti di un circuito normale possiedono resistenza elettrica che determina dissipazione d’energia sotto forma di calore. Un aumento di temperatura di norma provoca un aumento di resistenza; nei semiconduttori, per contro, l’incremento di temperatura causa una riduzione della resistenza.
Tensione – Differenza di potenziale elettrico tra due corpi o tra due punti di un conduttore o di un circuito. Si misura in volt (V). Prende questo nome in onore di Alessandro Volta (1745-1827) che nel 1800 inventò la pila voltaica, la prima batteria chimica.
Tensione alternata - Tensione tra due punti di un circuito che varia nel tempo con andamento di tipo sinusoidale. E’ la forma di tensione tipica dei sistemi di distribuzione elettrica, come pure delle utenze domestiche e industriali.
Tensione continua – Tensione tra due punti di un circuito che non varia di segno e di valore al variare del tempo. E’ la forma di tensione tipica di alcuni sistemi isolati (ferrovie, navi) e degli apparecchi alimentati da batterie.
Tonnellata equivalente di petrolio (Tep) – Unità di misura dell’energia adottata per misurare grandi quantità di questa, ad esempio nei bilanci energetici e nelle valutazioni statistiche. Equivale all’energia sviluppata dalla combustione di una tonnellata di petrolio. Essendo il potere calorifico del
petrolio grezzo pari a 41.860 kJ/kg, un tep equivale a 41.860 x 103 kJ.
Unità di misura – L’energia elettrica si misura, come il lavoro, in joule che equivale al lavoro fatto in un secondo da una macchina che ha la potenza di un watt: 1J = Ws. In elettrotecnica, al posto di questa unità di misura, troppo piccola per le necessità pratiche, si usano dei multipli quali il  chilowattora (kWh) e il megawattora (MWh).

Fonte: https://iaassassari.files.wordpress.com/2012/07/4_elettrotecnica_2010_11.pdf

Sito web da visitare: https://iaassassari.files.wordpress.com

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