Teodolite e misura di angoli

Teodolite e misura di angoli

 

 

 

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Teodolite e misura di angoli

 

Misura di Angoli azimutali e zenitali

 

Il teodolite è lo strumento che misura  angoli azimutali e zenitali ed è costituito da:

  • una base fissa, solidale con il terreno per mezzo di un apposito piastrino oppure di un treppiedi, dotata di tre viti calanti che permettono l’orientamento dell’asse primario a1 secondo la verticale;
  • un’alidada che ruota intorno all’asse primario a1 e individua un asse secondario a2 ;
  • un cannocchiale che ruota intorno all’asse secondario a2 e definisce un terzo asse a3  detto asse di collimazione.

Lo strumento è rettificato se l’asse secondario a2 è normale all’asse primario a1 e se l’asse di collimazione a3 è normale all’asse secondario; in sintesi:
a2^ a1    e     a3 ^ a2
Quando uno strumento rettificato viene messo in stazione (operazione con cui l’asse primario coincide con la verticale per il punto di stazione) l’asse secondario a2 si dispone orizzontale e l’asse di collimazione a3 descrive un piano verticale.
I 3 assi si incontrano in un punto C detto centro dello strumento;  le distanze zenitali sono riferite a C ed è perciò necessario conoscere la posizione ed in particolare l’altezza del punto di stazione sul terreno o dal centrino del pilastro di osservazione.
La messa in stazione è un’operazione che deve essere eseguita ogni volta che si utilizza lo strumento in campagna per effettuare misure. Lo strumento dispone inoltre di:

  • un cerchio per le misure di angoli  azimutali (Cerchio Orizzontale) che è perpendicolare all’asse a1 e solidale alla base durante le misure mentre l’indice di lettura è posto sull’alidada che ruota;
  • un cerchio per le misure di angoli zenitali (Cerchio Verticale) che è normale all’asse a2 e fisso ad esso per cui ruota insieme al cannoc­chiale mentre l’indice di lettura è fisso all’alidada.
  • una livella sferica per rendere orizzontale il piano individuato dalla base;
  • due livelle toriche (o meccanismi autolivellanti) per realizzare le operazioni di verticalità dell’asse primario.

Se si ruota il cannocchiale intorno all’asse a2 l’asse di collimazione descrive un piano verticale a cui è associata una lettura sul CO; ne deriva che dirigendo l’asse di collimazione prima verso il punto A e poi verso il punto B ed eseguendo le relative letture LA e LB, la differenze LB – LA è uguale all’angolo azimutale ACB.
Sul CV si possono valutare le rotazioni dell’asse di collimazione intorno all’asse secondario a2: si supponga nota la lettura Z corrispondente alla posizione verticale dell’asse di collimazione (zenit strumentale), la distanza zenitale ZA è pari alla differenza fra la lettura al CV in corrispondenza alla collimazione del punto A e quella dello zenit strumentale.
Nei teodoliti il cannocchiale può ruotare liberamente sul suo asse: ciò permette di poter collimare un punto in due posizioni diverse dello strumento ruotando sia il cannocchiale che l’alidada. Queste due posizioni di collimazione, molto importanti come vedremo nel seguito, si indicano brevemente con C.D. e C.S. (cerchio a destra, cerchio a sinistra) intendendo con ciò la posizione del cerchio zenitale nei riguardi dell’osservatore anche conosciute con il nome di letture coniugate.
Quando l’asse principale dello strumento non interseca il cerchio azimutale nel suo centro e l’asse secondario (asse di rotazione del cannocchiale) non interseca il cerchio zenitale nel suo centro si introduce un errore di eccentricità rispettivamente nelle letture azimutali ed in quelle zenitali. L’errore di eccentricità è variabile con legge sinusoidale in funzione dell’angolo che l’indice di lettura forma con la direzione dell’eccentricità e rispetto a due indici posti in posizione diametralmente opposta assume valore uguale ma segno opposto. Per eliminare tale errore si deve perciò disporre sull’alidada di un secondo indice di lettura diametralmente opposto al primo ed eseguire per ogni punto collimato le due letture. Negli strumenti moderni la lettura azimutale o zenitale sono il risultato della media delle letture effettuate agli indici opposti.

 

Precisione strumentale del teodolite

La misura degli angoli azimutali e zenitali ha una precisione che dipende da una parte dallo strumento e dall’altra dall’ambiente in cui si opera, dai segnali che si collimano ed altro.
Lo scarto quadratico medio strumentale della misura di un angolo azimutale varia entro limiti molto ampi da 0,3cc (circa 0.1”) a 5 c .
In linea generale si può dire che per misure effettuate con strumenti poco precisi lo scarto quadratico medio strumentale coincide con quello ottenibilenelle misure mentre per misure effettuate con strumenti di elevata precisione il secondo è sempre più alto non scendendo mai al disotto di 1cc-1.5cc (0.1”-0.5”).
La massima precisione ottenibile dalle misure zenitali è alquanto inferiore, sia per la minor dimensione del CV, sia a causa dell’influenza della rifrazione atmosferica.
Infine una considerazione sul nome dello strumento; è ancora in uso, ma in via di eliminazione, la distinzione tra teodoliti e tacheometri riservando il secondo nome per gli strumenti meno precisi. La tendenza  è quella di usare il nome di teodolite affiancandogli il suo s.q.m..

 

Il cannocchiale

 

Il cannocchiale è costituito da una lente convergente detta obiettivo che raccoglie i raggi luminosi dell’oggetto e con essi forma un’immagine, rimpicciolita e capovolta  in un piano R vicino al fuoco dell’obiettivo. Collocando in R un reticolo si realizza un traguardo.



Fig. 1 Differenti tipi di reticoli

Il reticolo è costituito da un vetrino con linee in­cise (alcuni esempi ne sono dati in Fig. 1) che individuano un punto centrale chiamato centro del reticolo; esso va posto nello stesso piano in cui si forma l’immagine data dall’obbiettivo.
Inoltre una lente oculare (lente di ingrandimento) crea un’immagine virtuale dell’oggetto ed ingrandita.
Per vedere bene il reticolo e l’immagine che su di esso si forma, occorre spostare l’oculare lungo il suo asse fino a portare su uno stesso piano focale l’immagine dell’oggetto e quello del reticolo; questa operazione è detta adattamento alla vista. Se il reticolo R e l’immagine dell’oggetto non appartengono allo stesso piano si ha un errore di parallasse.
Per col­limare punti posti a distanze diverse è necessario invece poter variare la distanza q tra l’obbiettivo ed il reticolo, con che si realizza il cosid­detto adattamento alla di­stanza per mettere a fuoco sul reticolo l’oggetto da osservare.
Negli strumenti moderni l’adattamento alla distanza non avviene più muovendo l’obbiettivo relativamente al reticolo (con ciò causando la variabilità della lunghezza del cannocchiale) ma utilizzando il cannocchiale a lunghezza costante che contiene al suo interno un complesso di lenti mobili che provvedono a far sì che le immagini di oggetti collimati a varie distanze si formino sempre sul piano del reticolo.

Per collimare un punto sono quindi necessari due adattamenti che vanno eseguiti in un ordine ben definito:

  • si esegue sempre per prima cosa l’adattamento alla vista che consiste nel muovere l’oculare fino ad avere una visione nitida e distinta del reticolo; questo adattamento conviene sia eseguito orientando il cannocchiale al cielo in modo da vedere ben chiaro il reticolo su sfondo bianco;
  • successivamente si esegue l’adattamento alla distanza per mettere a fuoco l’oggetto.

Una variante che presentano molti teodoliti moderni è l'aggiunta di una lente supplementare all'interno del cannocchiale con il compito di raddrizzare l'oggetto perciò nell'oculare si vede un'immagine virtuale, ingrandita e dritta anziché capovolta come nei cannocchiali astronomici classici.

 

Strumenti per la determinazione di rette verticali e di rette e piani orizzontali.

Filo a piombo


Fig. 2 Filo a piombo

E’ lo strumento classico ed il più semplice per materializzare la direzione della verticale.
In topografia viene utilizzato per rendere verticale una palina o una stadia oppure più spesso per centrare l’asse principale del teodolite, reso verticale, sul punto materializzato a terra (Fig. 2). Ad uno spostamento di un mm dell’estremità di un filo lungo un metro corrisponde una deviazione angolare di circa 3 primi sessagesimali.

 

 

Le livelle

I dispositivi fondamentali che si applicano in topografia per verificare la verticalità di un’asse, l’orizzontalità di un’asse e l’orizzontalità di un piano sono le livelle.

Livella torica

La livella torica è una fiala di vetro riempita parzialmente di un liquido poco viscoso e congelabile solo a bassissime temperature ( alcool, etere, etc.), avente la superficie interna a forma di toro (Fig.3).



Fig. 3 Livella torica

Il liquido riempie solo parzialmente la fiala per cui nella parte alta si forma una bolla; la tangente al toro nel punto di mezzo della        bolla è sempre orizzontale.
Sulla fiala è incisa una graduazione i cui tratti distano 2 mm; la tangente alla fiala nel punto centrale della graduazione dicesi tangente centrale della livella.
Casella di testo:    Fig. 4 Linea di fedeSe si porta la mezzeria della bolla a coincidere con la tacca centrale della graduazione la tangente centrale della livella si dispone orizzontale.
Questa operazione, detta centramento della bolla (o mettere in bolla la livella), non avendo la bolla un suo centro materializzato, viene eseguita osservando i menischi laterali e ponendoli in modo simmetrico rispetto al centro della graduazione. L’arco torico è sostenuto da due bracci, per quanto possibile uguali e la retta che unisce le loro basi si chiama linea di fede (Fig.4).
Una livella si dice rettificata quando la tangente centrale coincide con la tangente al centro della bolla a livella centrata oppure quando la linea di fede è parallela alla tangente centrale, ovvero i due bracci sono di lunghezza uguali. La livella dispone di una vite di rettifica che consente di variare l’altezza di un braccio.
Si definisce sensibilità di una livella l’angolo di cui deve ruotare la livella affinché la bolla si sposti di 1 mm

dove R è il raggio della sezione mediana del toro ovvero il raggio di curvatura della livella. La sensibilità di una livella torica è quindi l’inverso del raggio di curvatura. Per ottenere sensibilità elevate, ovvero piccoli angoli di rotazione, occorre un R molto grande. Generalmente sono richieste sensibilità di 10” – 20”/mm a cui corrispondono raggi di curvatura dell’ordine dei 20-10m.

 

 

Verifiche e rettifiche delle livelle toriche

Se una livella appoggiata sopra un segmento rettilineo resta centrata, si può nei limiti della sensibilità, affermare che il segmento è orizzontale, a condizione però che la livella sia rettificata.
La verifica della rettifica di una livella si  effettua disponendo la livella sul segmento che possa per mezzo di proprie viti di elevazione essere inclinato rispetto all’orizzontale e centrando con tali viti la livella; quindi si solleva e si riappoggia dopo averla ruotata di 180°. Se la bolla rimane centrata la livella è rettificata. In caso contrario l’angolo corrispondente allo spostamento della bolla è pari a 2 volte l’angolo di inclinazione del segmento e pertanto deve essere rettificata la livella per mezzo della sua vite di rettifica correggendo per metà spostamento della bolla. Il segmento verrà riportato orizzontale correggendo l’altra metà con le viti calanti del segmento. Il procedimento descritto è quello da effettuare per rendere orizzontale un segmento.In generale lo spostamento della bolla di una livella rettificata o meno, appoggiata su un asse ed invertita,  è proporzionale al doppio dell’angolo che l’asse forma con l’orizzontale.

Rendere orizzontale un piano

Per rendere orizzontale un piano basta rendere orizzontali 2 qualsiasi rette del piano, purché non parallele fra di loro. In pratica se il piano è munito di 3 viti di elevazione disposte ai vertici di un triangolo equilatero o isoscele, si rende prima orizzontale la retta del piano parallela alla congiungente due viti calanti e successivamente la retta ad essa perpendicolare con l’ausilio della terza vite.

Rendere verticale un’asse

In questo caso la condizione di rettifica va intesa nel senso che la livella è rettificata quando il suo asse è perpendicolare all’asse da rendere verticale. L’asse può venire inclinato agendo su 3 viti di elevazioni contenute in un piano perpendicolare all’asse da rendere verticale. Il procedimento è quello descritto nei paragrafi precedenti.

Livella a coincidenza


Fig. 5 Livella a coincidenza

Le livelle toriche, in topografia, vengono usate anche per rendere orizzontale l’asse del cannocchiale di un livello oppure per eliminare l’errore di verticalità nelle letture zenitali; in questi casi la bolla deve essere centrata con notevole precisione.
Per tale caso sono state costruite delle livelle, dette a coincidenza, nelle quali, attraverso un opportuno sistema di prismi (Fig. 5), appaiono affiancate le due estremità della bolla.
La livella sarà centrata quando le due immagini della bolla appariranno raccordate.
Con tale la sensibilità della livella di partenza risulta aumentata di cinque, intendendo con ciò che la livella è 5 volte più sensibile (una livella torica con una sensibilità s" = 25" raggiunge una sensibilità di 5").

 

 

 

Livella sferica

La livella sferica consiste in una fiala di vetro avente la superficie interna superiore a forma di calotta sferica incastonata in una armatura metallica; nella parte superiore di tale calotta è inciso un circoletto di qualche mm di diametro intorno ad un punto detto polo.



Fig. 6 Livella sferica

Centrare la bolla significa portarla all’interno del circoletto; in tale situazione l’asse polare della calotta sferica si dispone verticale per le note condizioni di equilibrio della superficie libera di un liquido e quindi il piano tangente alla livella nel punto centrale del circoletto si dispone orizzontale.
Per centrare una livella sferica di un teodolite (Fig. 6), in genere poggiata sull'alidada, si ruotano le due viti calanti V1 e V2 sino a portare la bolla nella direzione a-a e successivamente con la vite V3 si porta nel circoletto; tutto ciò senza ruotare minimamente l'alidada.
Sono livelle molto meno precise delle toriche (la loro sensibilità è quasi sempre minore di 10c) e si utilizzano in topografia per rendere verticale l’asse di un teodolite in prima approssimazione oppure per rendere verticali paline, stadie, etc.

 

 

 

Precisione delle livelle toriche

Lo sqm che caratterizza la precisione di centramento di una livella risulta essere all’incirca proporzionale alla radice quadrata della sensibilità espressa in secondi. Come sqm di centramento si assume in genere e = ±0.1 (s)1/2 per le livelle a centramento sulla graduazione e e = ±0.06(s)1/2 per le livelle a coincidenza.

Messa in stazione

L’operazione di mettere in stazione il teodolite in un punto P consiste nel far coincidere l’asse primario dello strumento con la verticale per il punto P, ovvero consiste nel rendere verticale l’asse primario utilizzando gli strumenti che sono stati descritti nei paragrafi precedenti e farlo passare per il punto P segnalizzato a terra. I piastrini appositamente materializzati rendono permanente questa condizione, è solo necessario porre il teodolite sull’apposito alloggiamento predisposto sul piastrino. Nel caso invece di impiego di un treppiedi l'operazione di rendere l'asse verticale viene effettuata con l'au­silio della livella posta sull'alidada, come visto nel precedente paragrafo, mentre il riporto a terra sul punto segnalizzato si realizza tramite un piombino ottico ( o laser) posto sulla base fissa del teodolite che devia il raggio entrante (appartenete al piano delle 3 viti calanti) di 90°, riportandolo dunque sul terreno.

 

Errori sistematici del teodolite

I 3 assi devono soddisfare determinate condizioni per effettuare la corretta misura degli angoli azimutali e zenitali. Le condizioni sono le seguenti:

  • l’asse primario deve essere verticale;
  • l’asse secondario deve essere normale all’asse primario;
  • l’asse di collimazione deve essere normale all’asse secondario;
  • per le letture zenitali l’errore d’indice del cerchio zenitale deve essere nullo.

Inoltre:

  • l’asse primario e l’asse secondario devono essere perpendicolari ai piani dei rispettivi cerchi;
  • essi devono inoltre passare per il centro di questi (errore di eccentricità);
  • l’asse di collimazione e l’asse primario devono essere complanari ed il loro punto d’incontro viene detto centro dello strumento;
  • le graduazioni dei cerchi devono essere esatte.

Queste condizioni non possono mai essere realizzate con esattezza; a seconda della precisione dello strumento e dei suoi organi le condizioni vengono realizzate con maggiore o minore approssimazione. Occorre tener presente che:
- l’influenza di tali errori varia con l’inclinazione dell’asse di collimazione;
- che non è possibile per costruzione ridurre gli errori a limiti accettabili, per cui bisogna predisporre degli organi di rettifica o di opportuni procedimenti operativi;
- in strumenti poco precisi le rettifiche possono essere spinte fino a ritenere lo strumento privo di errori,  cioè rendere i residui di rettifica inferiori alla precisione strumentale, mentre in teodoliti da 1cc non si possono mai ridurre i residui di rettifica all’ordine di grandezza di 1cc.

Organi di rettifica presenti in un teodolite: dispositivo per piccoli spostamenti del reticolo; dispositivo per piccoli spostamenti di una delle estremità del cannocchiale; dispositivo di rettifica della livella torica.
In generale in uno strumento messo in stazione sono presenti 3 errori di rettifica:

  • v : errore di verticalità, ovvero l’angolo che l’asse a1 forma con la verticale nel punto di stazione; esso va inteso come errore residuo, cioè dopo aver orientato  l’asse con l’aiuto della livella.
  • i : errore di inclinazione, ovvero l’angolo che l’asse a2 forma con la normale all’asse a1.
  • c: errore di collimazione, ovvero l’angolo che l’asse a3 forma con il piano normale all’asse a2.

Indipendenza dell’influenza dei piccoli errori di rettifica

Lo studio dell’influenza degli errori di rettifica è molto complesso se eseguito rigorosamente, cioè se si vuole calcolare l’influenza globale dei 3 errori sulle letture azimutali, mentre conclusioni valide si possono trarre da uno studio in prima approssimazione eseguito supponendo che gli errori v, c, i siano abbastanza piccoli da poterne trascurare i quadrati e le potenze superiori.
La conseguenza fondamentale di tale ipotesi è che l’influenza degli errori n, i e c può essere determinata separatamente per ognuno di essi.
Infatti indichiamo con L la lettura che si farebbe al cerchio azimutale quando si collima un punto P in assenza di residui di rettifica e di verticalità e con L' la lettura che si farebbe collimando lo stesso punto in presenza di n, i e c; l'errore di lettura che si commette è una funzione dei tre errori e della giacitura dell'asse di collimazione definita dall'angolo azimutale A e dall'angolo d'altezza a, cioè

Sviluppando in serie di MACLAURIN questa funzione e trascurando i quadrati e le potenze superiori di n, i e c si ottiene, poiché f0 = 0,

ove le derivate sono funzioni di A ed a e sono calcolate per n = i = c = 0.
Come si vede, eliminando i termini superiori misti si elimina l'influenza reciproca dei vari errori.

La non perfetta verticalità dell’asse primario dà luogo ad un errore residuo ev nella misura degli angoli azimutali chiamato errore di verticalità. Si dimostra che :
ev = v cotg z sen a
ove v è l’errore di verticalità, a è la direzione azimutale e z è l’angolo zenitale. L’errore di verticalità è nullo quando l’asse di collimazione è orizzontale (z = 90°) oppure quando esso è contenuto nel piano verticale (ovvero si misura lungo la direzione dell’errore di verticalità).
L’errore di verticalità non si elimina con metodi operativi; si deve pertanto cercare di ridurre V per mezzo di livelle di elevata sensibilità. E’ possibile dare all’errore di verticalità un carattere di accidentalità ripetendo più volte le misure con differenti messe in stazione.
Si è in presenza di un errore di inclinazione quando l’asse secondario a2 non è perpendicolare all’asse primario a1. Si dimostra che l’errore residuo sull’angolo azimutale dovuto ad un errore di inclinazione vale:
ei =  i cotg z

dove i è l’errore di inclinazione e z l’angolo zenitale.
Si è in presenza dell’errore di collimazione a3 quando l’asse di collimazione non risulta ortogonale all’asse secondario a2. Si dimostra che l’errore residuo sull’angolo azimutale dovuto ad un errore di collimazione vale: 
ec = c sec a

 

Influenza degli errori nelle posizioni CS e CD

Le derivate della formula (in 4.1) non sono altro che i valori degli errori calcolati precedentemente per cui si può scrivere

Resta da analizzare il comportamento di tali errori nelle letture coniugate C.S. e C.D.
E' facile constatare che gli errori ei ed e c cambiano di segno passando da C.S. a C.D.; infatti l'asse a 2 si dispone, nelle due situazioni, simmetrica rispetto all'orizzontale e così pure l'asse a3 si dispone in posizione simmetrica rispetto alla normale OS all'asse a 2.
L'errore di verticalità en conserva lo stesso segno in quanto il passaggio da C.S. a C.D. non comporta alcuna variazione nella posizione dell'asse a 1 .
Si può quindi scrivere
                                 (1)
dove ovviamente i doppi segni si riferiscono agli errori nelle due posizioni coniugate C.S. e C.D.

 

Misura degli angoli azimutali

Regola di Bessel

Con un teodolite perfettamente rettificato ed opportunamente messo in stazione la misura di un angolo azimutale tra due piani verticali che contengono due punti P1 e P2 ed il punto di stazione consisterebbe nel collimare i due punti ed effettuare le relative letture L1 ed L2 sul cerchio azimutale; l'angolo sarebbe semplicemente dato dalla differenza L2 - L1 .
Questo modo di procedere viene effettivamente usato solo nelle misure di non elevata precisione (rilievi di dettaglio) perché presenta due notevoli inconvenienti:

  • non consente di rilevare la presenza di errori grossolani in quanto le letture vengono eseguite una sola volta;
  • non permette l'eliminazione di eventuali errori residui di rettifica.

Il metodo di norma utilizzato è quello di eseguire le letture  prima nella posizione C.S. e poi nella posizione C.D. (la sequenza C.S. – C.D. non è obbligatoria; si può anche invertire); ne deriva che la media delle due letture a meno di 200g non è affetta dai residui degli errori di rettifica ed in più permette di tutelarsi da eventuali errori grossolani.
Tale modo di procedere nella effettuazione delle misure angolari va sotto il nome di Regola di Bessel (dal nome del geodeta che per primo la formulò) che si può così enunciare: misurando un angolo azimutale nelle due posizioni coniugate dello strumento la media, a meno di 200g , dei valori ottenuti non è influenzata dalla presenza degli errori residui di collimazione e di inclinazione.
Si osservi che tale metodo non elimina l'eventuale errore di verticalità in quanto tale errore conserva lo stesso segno per cui, nel caso delle due letture coniugate, esso vale

dove A1 ed A2 sono gli angoli azimutali tra il piano verticale che contiene l'asse a1 del teodolite e rispettivamente i piani verticali che contengono P1 e P2 mentre a1 ed  a2 sono gli angoli di altezza di tali punti rispetto al punto di stazione.
Nelle pratiche applicazioni i valori di a sono sempre inferiori a 45° per cui la tan a <1, quindi nelle misure di bassa precisione (sqm > +- 0.5 c) la presenza di un errore residuo di verticalità non incide sensibilmente sui risultati. Nelle misure di precisione è da porre attenzione a misure di angoli azimutali tra punti vicini e con forti dislivelli.

Errori delle graduazioni dei cerchi

Gli errori dovuti ad una non corretta graduazione dei cerchi non sono affatto trascurabili se si considera che i cerchi dei teodoliti moderni sono di piccolo diametro; ad esempio l'errore di ±1mm nella incisione di un tratto provoca un errore nella sua posizione di ±12cc se il diametro del cerchio è di 10 cm.
Gli effetti di questi errori sulla misura di una direzione possono essere notevolmente attenuati ripetendo la misura in diversi settori del cerchio; il procedimento usato è quello della  reiterazione e si usa solo per le misure azimutali in quanto in tali misure si pretendono precisioni elevatissime. Non si applica nelle letture zenitali in quanto la precisione delle graduazioni si ritiene sufficiente per tali letture; infatti, come si vedrà, le letture zenitali sono fortemente perturbate dalla rifrazione atmosferica da poter considerare che, per i teodoliti di elevata precisione, sono gli errori di graduazione del cerchio  ad essere trascurabili rispetto a quelli provenienti dalla rifrazione , e non il contrario.
Negli strumenti moderni la lettura è il risultato di una medie di letture effettuate in varie posizioni del cerchio si descrive comunque il metodo della reiterazione.

Metodo della reiterazione

I teodoliti utilizzati sono detti reiteratori: in essi il cerchio azimutale non è fisso alla base, ma ad essa collegato con un sistema a frizione che ne permette rotazioni relative tramite un bottone detto bottone di reiterazione.
La misura di un angolo viene eseguita nel seguente modo:

  • si collimano i punti P1 e P2 e si esegue la lettura dell'angolo, applicando naturalmente la regola di Bessel (con ciò si è eseguita la prima reiterazione);
  • fissato il numero di reiterazioni n che si vogliono eseguire si ricollima il punto P1 nella stessa posizione iniziale (C.S. o C.D.) e con il bottone di reiterazione si ruota il cerchio di un angolo pari a  e si esegue una seconda lettura dell'angolo, sempre applicando la regola di Bessel (con ciò si è eseguita la seconda reiterazione);
  • si prosegue al solito modo tenendo presente che ad ogni ulteriore reiterazione il cerchio va preventivamente ruotato di un angolo pari a .

Si noti che per determinare l'angolo di rotazione del cerchio si è preso in considerazione un angolo pari a 200g in quanto l'altra metà del cerchio viene coperta eseguendo le letture coniugate.

Misura simultanea di più angoli da una stazione

Generalità su direzioni ed angoli osservati

Collimando un generico punto P con un teodolite di precisione in stazione sul punto Ps e ripetendo varie volte la misura si noterà che i risultati variano in modo casuale per cui, con le note regole, si potrà definire una lettura media Jm su P ed uno scarto quadratico medio (s.q.m.) m.
A provocare la dispersione delle letture sul punto P intervengono principalmente tre fattori:

  • l'errore di puntamento propriamente detto, causata dal fatto che il segnale sul punto P non viene centrato con i fili del reticolo sempre nella stessa maniera (in ciò influisce oltre l'operatore anche lo stato dell'atmosfera e l'illuminazione del segnale sempre diversa);
  • l'errore di lettura sul cerchio dovuto alla imperfetta coincidenza dei tratti realizzata dall'operatore (nei teodoliti di precisione la dispersione delle letture causata dall'errore di lettura è però sempre minore della dispersione dovuta al puntamento);
  • piccoli movimenti delle varie parti dello strumento che intervengono tra un puntamento e l'altro.

A questi effetti accidentali si potrebbe aggiungere un effetto sistematico dovuto essenzialmente a piccoli spostamenti della base dello strumento che determinano un variazione della giacitura dell'asse a1; tali spostamenti vengono evidenziati da un decentramento della livella torica. Da notare, però, che anche brusche variazioni termiche possono decentrare la bolla della livella creando così dei dubbi sulle effettive cause di tale fenomeno; è quindi buona norma, nei rilievi di elevata precisione, l'uso di un ombrello per coprire lo strumento quando si opera sotto il sole.
In conclusione si può dire che, ripetendo varie volte la misura su un punto P, si ha una dispersione accidentale dei risultati caratterizzata da un s.q.m. m ed una eventuale variazione sistematica della lettura media dovuta a piccoli movimenti della base dello strumento.
Ciò posto si consideri il caso in cui dal punto di stazione Ps si siano collimati ripetutamente i punti P1, P2 .……. Pn ; se i valori medi delle letture a tali punti sono caratterizzati da un s.q.m. sensibilmente uguale e pari a m e si ha motivo di ritenere che durante le operazioni di misura non sono intervenuti movimenti della base dello strumento, l'angolo fra una qualsiasi coppia di punti può essere ottenuto come differenza tra le letture medie ed è caratterizzata da un s.q.m. pari a ; le letture medie rappresentano in tal caso le direzioni osservate rispetto ad una qualunque delle direzioni Ps Pi  scelta come origine.
Se fra i punti collimati ve ne è uno P* che, per essere segnalizzato con un segnale migliore o meglio illuminato o meglio visibile, è caratterizzato da un s.q.m. sensibilmente minore di quello che caratterizza tutti gli altri punti si potrà dire che le direzioni osservate rispetto a Ps P*  (ovvero gli angoli tra una direzione qualsiasi sugli altri punti e la direzione Ps P* ) sono praticamente caratterizzate da un s.q.m. pari a m, mentre rimane invariato il fatto che l'angolo tra due direzioni generiche PsPi - Ps Pk  è caratterizzato da un s.q.m. .
Da quanto detto risulta evidente che le modalità operative necessarie per misurare una direzione devono essere tali da escludere variazioni sistematiche nei risultati dovute a movimenti della base dello strumento.
Si supponga ora che durante le operazioni di misura, dopo aver collimato alcuni punti e prima di aver concluso le collimazioni su tutti i punti, si renda necessario o si voglia effettuare un nuovo centramento della bolla della livella torica; ciò comporterà un nuovo assetto dell'asse a1 e quindi l'introduzione di una variazione sistematica delle letture non tollerabile: in pratica non si potrà considerare un angolo compreso tra due direzioni collimate l'una prima e l'altra dopo il centramento della bolla in quanto tale angolo conterrà una componente sistematica non nota.
Quanto detto sopra ha importanza fondamentale nell'esecuzione delle misure e permette di comprendere  le differenze tra le varie modalità operative di seguito descritte.

Misura di più angoli tramite il metodo ad angoli semplici a giro d'orizzonte

Siano P1, P2 .……. Pn  (Fig. 7)i punti che si devono osservare da Ps; le misure vengono effettuate nel seguente modo:



Fig. 7
  • si misura l'angolo P1P2 eseguendo le collimazioni con il C.S. e C.D. e, se richiesto, reiterando le misure un certo numero n di volte: tra una reiterazione e l'altra si può ripetere la messa in stazione;
  • si misura con le stesse modalità l'angolo P2P3;
  • quindi, sempre con le stesse modalità, si misurano i restanti angoli fino a PnP1.

Gli angoli vengono misurati tutti in maniera indipendente, ma nel loro complesso non sono indipendenti in quanto sono legati dalla condizione
P1P2 + P2P3 +…… Pn-1Pn + PnP1 = 400g
Le misure vanno compensate ripartendo in parti uguali l'errore di chiusura.
Non è conveniente usare nei calcoli angoli diversi da quelli misurati, risultanti cioè da somme di due o più angoli misurati, perché avrebbero evidentemente degli s.q.m. maggiori dello s.q.m. di un singolo angolo.

 

 

Misura di più angoli tramite il metodo a strati

Le misure vengono effettuate nel seguente modo:

  • si collimano successivamente  i punti P1, P2 ,…… Pn  con il C.S.;
  • si ripetono le misure con il C.D..

Con ciò si è eseguito il cosiddetto strato di osservazione; si tenga presente che durante l'esecuzione di tutto lo strato lo strumento deve restare, per quanto possibile, immobile, cioè non si può variare l'assetto dell'asse a1.
Successivamente si ripetono altri strati con C.S. e C.D. reiterando (ruotando di 200g/n) il cerchio azimutale ed eventualmente centrando nuovamente la bolla.
Se in ogni strato sottraiamo alle letture su tutti i punti la lettura su P1 e poi eseguiamo la media dei valori ottenuti su ogni punto otteniamo le direzioni finali riferite a P1; queste direzioni hanno s.q.m. che, a causa del procedimento di calcolo, conglobano sia le fluttuazioni accidentali delle collimazioni su P1 che quelle negli altri punti; se m è mediamente lo s.q.m. di una lettura indipendente, le direzioni rispetto a P1 hanno un s.q.m. mediamente uguale a .

Misura di più angoli tramite il metodo della direzione isolata

Le misure vengono effettuate nel seguente modo:

  • si sceglie un punto P0, che non coincide con nessuno dei punti interessati alle osservazioni angolari, in modo tale che la sua collimazione sia caratterizzata da un s.q.m. più piccolo di quello che caratterizza le collimazioni sugli altri punti; perché sia verificata questa caratteristica il punto P0 deve essere stabile, nitidamente visibile, uniformemente illuminato e ben collimabile;
  • si misura l'angolo P0 P1 in maniera indipendente, ovviamente con C.S. e C.D. ed eventualmente reiterando;
  • si misura successivamente l'angolo P0 P2, eventualmente ricentrando la bolla della livella di messa in stazione, con le medesime modalità dell'angolo precedente;
  • si prosegue misurando tutti gli angoli P0 Pi ciascuno in maniera indipendente.

Poiché la collimazione su P0 è caratterizzata da fluttuazioni accidentali di misura più piccole di quelle che caratterizzano le collimazioni ai punti P1 , P2 , …Pi , …Pn, si può dire che questo metodo è quello che meglio realizza la misura di una direzione (rispetto a P0).
Mediamente a tale direzione si può assegnare uno s.q.m. uguale a quello che si realizza collimando indipendentemente un punto, e cioè m.
L'angolo tra due punti qualunque, ovviamente essendo dato dalla differenza delle relative direzione, avrà un s.q.m. pari a .

 

 

 

Misura degli angoli zenitali

Determinazione di una distanza zenitale


Fig. 8

Il cerchio zenitale ha nella maggior parte dei casi una graduazione oraria ed è solidale al cannocchiale mentre gli indici di lettura sono fissi all'alidada (Fig. 8). Nello schema indicato in Fig.8 sono riportati due indici diametralmente opposti; le letture ai due indici vengono effettuate per eliminare l'errore di eccentricità.
Per determinare con un teodolite la distanza zenitale z di un punto A rispetto al centro O dello strumento, che si suppone messo in stazione e rettificato, si collima il punto nella posizione C.S. e si esegue la lettura S (Fig9 a)) sul cerchio in corrispondenza dell'indice I .
Questa lettura rappresenta l'angolo che l'asse di collimazione forma con l'asse a1, e quindi con la verticale, e cioè la distanza zenitale z.
Si ruota ora l'alidada di 200g: l'asse di collimazione si dispone in posizione simmetrica rispetto all'asse a1e la lettura S non cambia (Fig 9 b)).
Si ruota il cannocchiale fino a collimare nuovamente il punto A: l'angolo di cui è ruotato il cannocchiale, e quindi il cerchio verticale, è evidentemente 2z.
Indicando con D la lettura nella posizione C.D., l'angolo 2z è dato dalla differenza delle letture, cioè S-D, poiché, come mostra la figura, al ruotare del cannocchiale e del cerchio che gli è solidale dalla posizione 1 alla posizione 2 la lettura sotto l'indice diminuisce.

 

 

Si avrà pertanto
                                                        
Generalmente S appartiene al 1° o 2° quadrante e D al 4° o al 3° (vedi Fig 8) per cui nell'applicare la (8) occorre aggiungere 400g ad S che pertanto diviene:
                                                 (2)
Molto grossolanamente per dare un'indicazione delle letture che si farebbero nell'esempio riportato in Fig. se per S si legge 48g per D si dovrebbe leggere 352g e quindi, applicando la formula si otterrebbe z = 48g.       
Se la graduazione fosse antioraria nella formula in luogo di S-D si avrebbe D-S.Fig. 9

Zenit strumentale (Errore d'indice)

Si noti (Fig 9) che la media delle due letture S e D (ovviamente a meno di 400g), cioè
                                                 (3)
rappresenta la lettura che si farebbe quando l'asse di collimazione è diretto secondo la bisettrice dell'angolo 2z, cioè secondo l'asse a1, ovvero, per l'ipotesi di perfetta messa in stazione, secondo la verticale.
Tale lettura Z prende il nome di zenit strumentale ed in perfetta condizione di rettifica dovrebbe valere 0.
In genere ciò non avviene a causa di piccoli spostamenti relativi dell'indice dovuti all'uso quotidiano dello strumento in campagna; nel qual caso la lettura zenitale, per esempio S, non darebbe a distanza zenitale corretta ma andrebbe aumentata o diminuita di una quantità pari a Z .
Per tale motivo lo zenit strumentale viene spesso indicato col nome di errore d'indice; vale a dire che in condizione di partenza, cioè a cannocchiale verticale, l'indice non segna 0 ma un valore diverso Z (è come se una bilancia in condizione di riposo non segnasse 0 ma una valore ±p per cui in condizione d'uso al valore indicato dall'indice andrebbe sottratto o sommato ±p per ottenere il peso esatto).
La conoscenza dello zenit strumentale risulta inessenziale quando si eseguono le letture nelle due posizioni coniugate in quanto applicando la (9) si ottiene sempre e comunque la distanza zenitale z (Z compare con lo stesso segno sia nella lettura S che nella D e quindi si elimina nella semidifferenza), ma acquista rilievo quando si eseguono misure speditive delle distanze zenitali consistenti nella sola lettura S; per tale motivo tutti i teodoliti permettono la rettifica dello zenit strumentale con opportuni piccoli spostamenti degli indici procedendo nel seguendo modo: si collima un punto e si eseguono le due letture S e D nelle posizioni coniugate; applicando la (9) si determina il valore corretto z; si ricollima il punto nella posizione C.S. e si spostano gli indici fino ad eseguire una lettura pari a z.
Abbiamo quindi due metodi per la misura di una distanza zenitale, ma quello speditivo si applica solo per misure di scarsa precisione, perché la correzione dello zenit strumentale non è mai esatta e non si può avere la garanzia della conservazione della rettifica nel tempo; un errore residuo di zenit strumentale produce in questo casi un errore sistematico in tutti gli angoli misurati.
Una distanza zenitale eseguita con una sola lettura si potrebbe anche correggere dell'eventuale errore d'indice conoscendo il  valore dello zenit strumentale e sottraendolo (se è positivo) o sommandolo (se è negativo) alla lettura fatta. La conoscenza dello zenit strumentale si può desumere effettuando una serie di letture in posizione C.D. e C.S. e facendone la media a meno di 400, applicando la (10).
Questo modo di procedere descritto è molto applicato con l'avvento dei distanziometri ad onde (strumenti per misurare le distanze) che, montati sul cannocchiale del teodolite, ne impediscono la rotazione e quindi l'esecuzione delle letture coniugate.

Influenza degli errori residui di rettifica e di verticalità

Determinando le influenze che l'errore dell'asse di collimazione e l'errore dell'asse di rotazione hanno sulle misure delle distante zenitali si trova che queste sono proporzionali ai quadrati ed ai prodotti di i e c; tali influenze sono pertanto trascurabili, purché il teodolite sia rettificato in maniera soddisfacente.
L'errore residuo di verticalità v provoca invece un errore sulle distanze zenitali dello stesso ordine di v per cui in tutti gli strumenti in cui la precisione di misura è superiore al prevedibile errore di verticalità occorre predisporre dei mezzi per eliminarne l'influenza.
A causa della presenza di un errore di verticalità, l'asse a1 è inclinato di un angolo v nel piano verticale che contiene il punto collimato (Fig 10 a)).
Collimato il punto A l'asse di collimazione forma con l'asse primario un angolo uguale a z-v, se l'asse è inclinato dalla parte del punto; si indichi con S la lettura che si esegue nella posizione C.S..
In seguito alla rotazione dell'alidada di 200g intorno all'asse a1l'asse di collimazione assume una posizione simmetrica della prima rispetto ad a1, cioè forma ancora con quest'asse l'angolo z-v.
Per ricollimare il punto occorre ruotare il cannocchiale, e con esso il cerchio, di un angolo pari a 2(z-v) per cui si ha ovviamente

 

La semidifferenza non da quindi la distanza zenitale z ma la quantità z-v; se l'asse a1 fosse inclinato dalla parte opposta la semidifferenza delle letture darebbe z+v.
L'esempio descritto rappresenta la situazione in cui l'errore di verticalità si trasmette alla distanza zenitale in tutta la sua grandezza; nel caso in cui l'asse a1 non sia inclinato nel piano verticale che contiene il punto collimato ma in una direzione qualunque si deve considerare la componente dell'errore di verticalità nel piano di collimazione.



Fig. 11

Per eliminare tale errore si ricorre ad una livella, in generale a coincidenza d'immagine, posta in prossimità del cerchio zenitale, con la tangente centrale parallela al piano di questo, quindi praticamente parallela al piano verticale di collimazione durante le due collimazioni del punto A.
Questa livella è detta livella zenitale ed è collegata agli indici di lettura; il complesso indici-livella può essere ruotato per mezzo di una apposita vite S a piccolo passo (Fig 11).
Centrando questa livella la sua tangente, e quindi gli indici, si dispongono orizzontali e ciò indipendentemente dalla posizione dell'asse a1(si tenga presente che costruttivamente gli indici sono resi perpendicolari ad a1).
Eseguendo prima di ogni lettura il centramento della bolla si ottiene che la semidifferenza dà il valore della distanza zenitale depurato dall'errore di verticalità.
Infatti sia S la lettura nella posizione C.S. dopo il centramento della livella che ha quindi tangente orizzontale; ruotando l'alidada di 200g (Fig 12 b)) la tangente centrale si inclina di 2v e si indichi con D la lettura che si farebbe dopo aver ricollimato il punto; se adesso centriamo la livella, l'indice, come si vede in fig., si sposta in senso tale da far diminuire la lettura di 2v; indicando con D' questa nuova lettura si avrà perciò D' = D-2v e quindi, facendo la semidifferenza, si avrà:

Poiché la livella viene centrata subito prima di ogni lettura ed essendo inoltre a coincidenza d'immagine, quindi di elevata sensibilità, la precisione che si ottiene nell'eliminazione di v è superiore a quella con cui si può rendere verticale l'asse a1.
Resta da vedere cosa succede quando si è in presenza dell'errore di verticalità v e lo zenit strumentale Z non è rettificato, precisando che con Z si intende la lettura che si fa al cerchio quando l'asse di collimazione è diretto secondo la verticale.
In questo caso la semisomma delle due letture non da lo zenit strumentale Z ma la lettura corrispondente all'asse di collimazione diretto secondo l'asse primario g a1; indicata con Z' questa lettura si ha dunque

Eseguendo invece le letture a bolla centrata si ha

ottenendo cioè il vero zenit strumentale.

Indice zenitale automatico

In molti strumenti moderni l'eliminazione dell'errore di verticalità viene resa automatica mediante un sistema a pendolo.
Il principio del dispositivo che prende il nome di indice zenitale automatico è molto semplice: si rendano solidali gli indici di lettura ad un pendolo che abbia l'asse di oscillazione sull'asse di rotazione del cannocchiale; poiché l'asse del pendolo si dispone sempre secondo la verticale, indipendentemente dall'inclinazione dell'asse primario, l'insieme equivale ad una livella zenitale che si centri sempre automaticamente.

 

 

Fonte: http://digilander.libero.it/csier/Salvataggi/Topografia/TeodoliteMisuraDIAngoli.doc

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