Contratti di lavoro guida pratica

Contratti di lavoro guida pratica

 

 

 

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Le informazioni di medicina e salute contenute nel sito sono di natura generale ed a scopo puramente divulgativo e per questo motivo non possono sostituire in alcun caso il consiglio di un medico (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione).

 

 

 

 

Contratti di lavoro guida pratica

La presente Guida pratica ai contratti di lavoro si pone l’obiettivo di fornire, in modo agile e sintetico, una panoramica delle diverse tipologie contrattuali introdotte dalla riforma del mer- cato del lavoro (l. delega n. 30/2003 e d.lgs. n. 276/2003). La Guida, infatti, vuole essere una bussola per i giovani che, terminato il percorso di studi, si affacciano e debbono orien- tarsi nel mondo del lavoro anche al fine di agevolare l’incontro tra domanda e offerta.
Nella Guida, dopo delle brevi note introduttive generali su cosa è un contratto di lavoro e sul- le principali caratteristiche, si esaminano le seguenti fattispecie:

  1. contratto di lavoro a tempo indeterminato;
  2. contratto di lavoro a tempo determinato;
  3. contratto di lavoro a progetto;
  4. contratto di apprendistato;
  5. tirocini formativi e di orientamento;
  6. contratto di lavoro intermittente o a chiamata o job on call;
  7. contratto di lavoro ripartito o job sharing;
  8. contratto di lavoro occasionale;
  9. contratto di lavoro occasionale accessorio;
  10. contratto di somministrazione o staff leasing;
  11. contratto di lavoro a tempo parziale (c.d. part-time);
  12. contratto di inserimento.

Per approfondimenti sulle tematiche trattate e sulla principale normativa di riferimento è possibile consultare i seguenti siti www.lavoro.gov.it; www.adapt.ited in particolare la sezio- ne Indice A-Z.


 

 

Cosa è un contratto di lavoro subordinato

 

 

Il rapporto di lavoro c.d. subordinato è un accordo con il quale le parti – lavoratore e datore di lavoro – si obbligano reciprocamente da un lato a prestare la propria opera alle dipenden- ze e sotto la direzione del datore di lavoro, dall’altro a corrispondere una determinata retribu- zione.
L’elemento essenziale, quindi, è l’accordo delle parti a regolare un rapporto di scambio (c.d. sinallagma) che rappresenta la causa del contratto.
Paradigma dell’obbligo datoriale è l’art. 36 Cost., che sancisce il diritto del lavoratore a ve- dersi corrispondere una retribuzione proporzionata al lavoro svolto e in ogni caso idonea a garantire una esistenza dignitosa al lavoratore e alla sua famiglia.
Gli obblighi del prestatore di lavoro sono regolati dal Codice civile e sono sintetizzabili nell’apportare il proprio contributo lavorativo all’interno dell’organizzazione ritenuta più op- portuna dal datore di lavoro.
In linea di massima, i rapporti di lavoro subordinato sono regolati dai Contratti collettivi na- zionali di lavoro (Ccnl), stipulati a livello nazionale tra le parti sociali che si accordano tra lo- ro.

 

Periodo di prova

Nella stipulazione del contratto le parti possono prevedere l’effettuazione di un periodo di prova che deve risultare da atto scritto (art. 2096 c.c.). Lo scopo è consentire ad entrambi i contraenti di valutare la convenienza del rapporto di lavoro. Durante tale periodo, che rap- presenta la fase di start-up del rapporto, il contratto è definitivamente costituito e sono pie- namente operanti i diritti e gli obblighi delle parti con l’unica peculiarità che queste ultime hanno la facoltà di recedere liberamente, ossia sciogliere il legame senza le formalità previ- ste (senza obbligo di preavviso).
Al termine della prova, qualora le parti ne ritengano favorevole l’esito, l’assunzione diviene definitiva ed il periodo prestato si computa nell’anzianità di servizio.
Tuttavia, se le parti hanno stabilito una durata minima garantita del periodo di prova per con- sentire l’effettività dell’esperimento, il recesso può avvenire solo dopo la scadenza del termi- ne.
La legge fissa la durata massima della prova in:

  1. 6 mesi per tutti i lavoratori (art. 10, l. n. 604/1966);
  2. 3 mesi per gli impiegati non aventi funzioni direttive.

 

Forma del contratto

Il contratto può essere concluso anche oralmente. Nelle ipotesi in cui la forma scritta è ri- chiesta dalla legge, risponde ad una scelta di doppia garanzia: garanzia durante l’esecuzione del rapporto e, se questo degenera, garanzia durante un’eventuale fase di contenzioso.


La forma scritta e la sottoscrizione sono invece richieste dalla legge per l’inserimento di par- ticolari clausole quali, ad esempio, il patto di prova e il patto di non concorrenza.

 

Causa del contratto

La causa del contratto di lavoro, ossia lo scambio tra prestazione di lavoro e retribuzione, per la validità dell’accordo deve essere lecita cioè conforme alla legge, all’ordine pubblico e al buon costume.
La causa non è lecita, ad esempio, quando il rapporto di lavoro è costituito irregolarmente.

 

Contenuto del contratto

Lo scambio prestazione/retribuzione rappresenta il contenuto minimo del contratto di lavoro. Come ogni contratto, segue il principio della libertà di pattuizione tra le parti ad eccezione dei vincoli imposti dalle norme inderogabili.
Il contratto di lavoro deve indicare l’attività che il lavoratore deve prestare, purché:

  1. lecita;
  2. possibile;
  3. determinata o determinabile.

Nel contratto di lavoro ovvero nella lettera di assunzione, il lavoratore trova indicati il contrat- to collettivo di lavoro applicabile, la retribuzione, le mansioni, il luogo di lavoro e l’orario nor- malmente praticato presso l’unità produttiva a cui il lavoratore è addetto, oltre eventuali altre clausole.

 

Obblighi di informativa del datore di lavoro

All’atto di instaurazione del rapporto di lavoro e prima dell’inizio dell’attività di lavoro, il dato- re è tenuto ad informare il lavoratore in merito al contenuto del contratto individuale. Questo obbligo può essere assolto consegnando al lavoratore una copia del contratto individuale.
Il datore di lavoro è tenuto a fornire al lavoratore le seguenti informazioni:

  1. l’indicazione specifica delle parti;
  2. il luogo di lavoro (in mancanza di un luogo di lavoro fisso o predominante, l’indicazione che il lavoratore è occupato in luoghi diversi), nonché la sede o il domicilio del datore di lavo- ro;
  3. la data di inizio del rapporto di lavoro;
  4. la durata del rapporto di lavoro, precisando se si tratta di rapporto di lavoro a tempo deter- minato o indeterminato;
  5. la durata del periodo di prova se previsto;
  6. l’inquadramento, il livello e la qualifica attribuiti al lavoratore, oppure le caratteristiche o la descrizione sommaria del lavoro;
  7. l’importo iniziale della retribuzione e i relativi elementi costitutivi, con l’indicazione del pe- riodo di pagamento;
  8. la durata delle ferie retribuite cui ha diritto il lavoratore o le modalità di determinazione e di fruizione delle ferie;
  9. l’orario di lavoro;

  1. i termini del preavviso in caso di recesso.

 

Durata del contratto

 

Il contratto di lavoro ha per oggetto una prestazione “di fare” che si protrae nel tempo e per tale ragione appartiene alla categoria dei contratti di durata.
La durata del contratto può essere a tempo determinato o indeterminato.


 

 

Tipologie  contrattuali

 

 

Il contratto di lavoro a tempo indeterminato

Nozione

Figura tipica del contratto di lavoro subordinato è il contratto a tempo indeterminato che si caratterizza per l’assenza di vincolo di durata. Tale contratto non ha scadenze (se non al rag- giungimento dell’età pensionabile) e può essere full-time oppure part-time. Tuttavia può es- sere interrotto per scelta di entrambe le parti (il datore e il lavoratore), per scelta del datore di lavoro (licenziamento) o per scelta del lavoratore (dimissioni).

Diritti e doveri

Al datore di lavoro spetta l’obbligo di erogare la retribuzione mensile; il dipendente, invece, presta il proprio lavoro alle dipendenze e sotto la direzione del datore.
Il lavoratore ha diritto (anche nel periodo di prova) alla retribuzione prevista dal contratto di categoria.
Durante il rapporto di lavoro il solo decorso del tempo fa maturare la c.d. anzianità di servi- zio, da cui derivano al lavoratore particolari diritti.
L’anzianità ha una serie di conseguenze su alcuni istituti legali e contrattuali, quali gli scatti di anzianità, le ferie, le mensilità aggiuntive, i premi aziendali di anzianità di servizio, il tratta- mento di fine rapporto (TFR) e l’indennità sostitutiva di preavviso.
Al momento dell’interruzione del rapporto di lavoro deve essere corrisposto al lavoratore la “liquidazione” (TFR), le ferie e la relativa percentuale di tredicesima.



Il contratto di lavoro a tempo determinato

 

Nozione

Il contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, al quale si applicano le norme sul rapporto di lavoro, è una tipologia contrattuale la cui particolarità è la risoluzione del rappor- to di lavoro decorso un termine, normalmente fissato dalle parti, o al realizzarsi di un deter- minato evento. In tale ultimo caso si è in presenza della realizzazione di una condizione; il contratto si risolve di diritto e, quindi, il datore è esonerato da ogni ed ulteriore comunicazio- ne.

Termine

L’apposizione di un termine al contratto è consentita in presenza di ragioni di carattere:

  1. tecnico (necessità di disporre di personale con qualifiche e specializzazioni diverse da quelle normalmente possedute dall’organico dell’azienda);
  2. produttivo e organizzativo (esigenza di far fronte a situazioni o a richieste di mercato al di sopra della media);
  3. sostitutivo.

Divieti

Il legislatore vieta di procedere ad assunzioni a tempo determinato:

  1. per la sostituzione di lavoratori in sciopero;
  2. salva diversa disposizione degli accordi sindacali, presso unità produttive nelle quali si sia proceduto, entro i 6 mesi precedenti, a licenziamenti collettivi ai sensi degli artt. 4 e 24 della

l. n. 223/1991, che abbiano riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro a tempo determinato, salvo che tale contratto sia concluso per provve- dere a sostituzione di lavoratori assenti, ovvero sia concluso ai sensi dell’art. 8, comma 2, della l. n. 223/1991, ovvero abbia una durata iniziale non superiore a 3 mesi;

  1. presso unità produttive nelle quali sia operante una sospensione dei rapporti o una ridu- zione dell’orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale, che interessino lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto a termine;
  2. da parte delle imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi in adempimen- to degli obblighi prevenzionistici.

Tutele per il lavoratore

Le tutele per il prestatore di lavoro sono:

  1. forma scritta richiesta per l’apposizione del termine e nella conseguente previsione/san- zione che, in mancanza, il contratto si riterrà stipulato a tempo indeterminato;
  2. previsione che le ragioni giustificatrici risultino nel medesimo contratto e siano specificata- mente dettagliate;
  3. una copia del contratto di lavoro deve essere consegnata al lavoratore entro 5 giorni dall’inizio della prestazione.

Proroga

Il contratto a termine può essere prorogato solo se ha una durata iniziale inferiore ai 3 anni. In tale ipotesi, la proroga è consentita una sola volta, a condizione che sia richiesta da ragio- ni oggettive e si riferisca alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato stipula- to a tempo determinato anche se per ragioni diverse.
La durata complessiva del rapporto a termine non potrà essere superiore ai 3 anni.
Nel caso di assunzione di lavoratori iscritti nelle liste di mobilità, il contratto potrà essere pro- rogato fermo restando il limite dei 12 mesi indicato nell’art. 8, comma 2, della l. n. 223/1991 (circolare Inps n. 109/2005).

Limiti e contrattazione collettiva

I contratti collettivi comparativamente più rappresentativi regolamentano sia le modalità con cui comunicare ai lavoratori a termine la presenza di eventuali posti vacanti che si rendesse- ro disponibili nell’impresa, per garantire loro maggiori possibilità di ottenere un’occupazione stabile, sia le modalità secondo cui informare i sindacati in merito al ricorso al lavoro a tem- po determinato nelle aziende.
Ai fini dell’applicazione dell’art. 35 della l. n. 300/1970 (Statuto dei diritti dei lavoratori) so- no computabili i soli lavoratori il cui contratto abbia una durata superiore ai 9 mesi.
Il legislatore articola ulteriormente la disciplina del contratto a tempo determinato, stabilen- do l’ulteriore limite per cui saranno i contratti collettivi nazionali stipulati dai sindacati com- parativamente più rappresentativi ad individuare i limiti quantitativi di utilizzazione di tale i- stituto: a garanzia del lavoratore, quindi, il numero di persone da impiegare in un determina- to contesto non è affidato alla libertà contrattuale del datore di lavoro. In sede di stipulazione del contratto occorre verificare che i limiti, ove sussistenti, siano rispettati.
Sono però esclusi, da ogni limitazione percentuale, i contratti a tempo determinato conclusi:

  1. nella fase di avvio di nuove attività per i periodi che saranno definiti dai contratti collettivi nazionali di lavoro anche in misura non uniforme con riferimento ad aree geografiche e/o comparti merceologici;
  2. per ragioni di carattere sostitutivo, o di stagionalità, comprese le attività già previste nell’elenco allegato al d.P.R. n. 1525/1963 per come vigente;
  3. per specifici spettacoli ovvero specifici programmi radiofonici o televisivi;
  4. con lavoratori di età superiore a 55 anni.

 

Il contratto di lavoro a progetto

Nozione

Il contratto a progetto è un contratto di lavoro introdotto dalla l. n. 30/2003 ed è caratteriz- zato da un progetto specifico o da un programma di lavoro che il lavoratore dovrà gestire in modo autonomo, indipendentemente dal tempo impiegato per l’attività lavorativa e in stretta funzione con il risultato. Il lavoratore dovrà coordinarsi con l’organizzazione del committente, indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione dell’attività lavorativa.


Forma e contenuti

È un contratto di lavoro redatto in forma scritta e deve contenere l’indicazione di una serie di elementi quali: durata determinata (o determinabile in ragione della prestazione di lavoro); progetto o programma di lavoro; corrispettivo e modalità di pagamento; modalità di coordina- mento tra committente e collaboratore; eventuali misure per la tutela e la sicurezza del lavo- ratore.

Trattamento  economico

Il trattamento economico è proporzionato al lavoro eseguito tenendo conto dei normali com- pensi corrisposti per prestazioni di lavoro autonomo. Nel caso dei lavoratori a progetto la contribuzione è ripartita per 2/3 a carico del committente e per 1/3 a carico del lavoratore. Nei contratti a progetto è fondamentale l’autonomia del lavoratore.

Recesso, risoluzione e sospensione

La realizzazione del progetto è il motivo per cui si stipula il contratto; ne deriva che il contrat- to a progetto si risolve automaticamente al momento della realizzazione del progetto o del programma o della fase di esso che ne costituisce l’oggetto. Le parti possono recedere prima della scadenza del termine sia per giusta causa sia secondo le diverse causali o modalità, incluso il preavviso, stabilite dalle parti nel contratto individuale.
Prima della scadenza o del conseguimento del progetto in caso di gravidanza, di malattia e di infortunio del collaboratore il rapporto di lavoro risulta sospeso, senza erogazione del corri- spettivo; solo nel caso di maternità la durata del rapporto è prorogata (per un periodo di 180 giorni), mentre negli altri due casi non solo il contratto non è prorogabile, ma il committente può comunque recedervi se la sospensione si protrae per più di 1/6 della durata stabilita dal contratto, oppure se è superiore a 30 giorni per i contratti a durata determinabile.
Il collaboratore a progetto, salvo diverso accordo tra le parti, può svolgere la sua attività a favore di più committenti non in concorrenza tra loro.

 

Il contratto di apprendistato

Nozione e disciplina

L’apprendistato è un contratto a tempo indeterminato storicamente finalizzato alla formazio- ne e all’occupazione dei giovani. Negli ultimi anni Governo, Regioni e parti sociali hanno con- cordato di impegnarsi congiuntamente per rilanciarlo e renderlo il principale canale per un ingresso qualificato e qualificante dei giovani nel mercato del lavoro.
Il contratto di apprendistato è oggi definito secondo le seguenti tipologie, tutte dotate di una specifica e ulteriore finalità:

  1. apprendistato per la qualifica e il diploma professionale;
  2. apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere;
  3. apprendistato di alta formazione e di ricerca.

La disciplina del contratto di apprendistato è rimessa ad appositi accordi interconfederali ov- vero ai Ccnl siglati dalle associazioni dei datori di lavoro e prestatori di lavoro comparativa- mente più rappresentative sul piano nazionale.


Tali accordi devono comunque concludersi nel rispetto dei principi fissati dall’art. 2 TU dell’apprendistato (d.lgs. n. 167/2011) che attengono a istituti quali la retribuzione, la pre- senza di un tutor, la forma del contratto, i limiti numerici.
La disciplina specifica delle tre tipologie è tipizzata in dettaglio negli artt. 3, 4 e 5 del suddet- to TU.

Incentivi

Il datore di lavoro che ricorre all’apprendistato beneficia di diverse agevolazioni, volte ad in- centivarne l’utilizzo e compensarlo per l’impegno formativo assunto.
Tali benefici si distinguono in economici e normativi.

Incentivi economici

  1. Contribuzione  agevolata

La contribuzione a carico del datori di lavoro è fissa al 10% per tutta la durata del contratto di apprendistato. Per le imprese con un organico fino a 9 dipendenti tale contribuzione è ul- teriormente ridotta ed è pari all’1,5% per il primo anno di contratto, al 3% per il secondo, al 10% per gli anni successivi.
L’agevolazione contributiva (aliquota al 10%) è mantenuta per ulteriori 12 mesi in caso di prosecuzione del rapporto di apprendistato come ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
L’art. 22 della l. n. 183/2011 prevede inoltre che per i contratti di apprendistato stipulati dal 1o gennaio 2012 al 31 dicembre 2016 è riconosciuto ai datori di lavoro, che occupano alle proprie dipendenze un numero di addetti pari o inferiore a 9, uno sgravio contributivo del 100% nei primi 3 anni di contratto.

  1. Minor costo del lavoro

La legge, ai fini della determinazione della retribuzione, consente di sotto-inquadrare l’apprendista fino ad un massimo di due livelli inferiori rispetto a quello corrispondente alla qualificazione al cui conseguimento è finalizzato il contratto, oppure di definire la retribuzio- ne in misura percentuale rispetto alla qualifica “finale” e crescente con l’anzianità di servizio.

 

Incentivi normativi

  1. Computo

Gli apprendisti non sono computati ai fini del raggiungimento dei limiti numerici previsti da leggi e da contratti collettivi per l’applicazione di specifiche normative e istituti (ad esempio, ai fini dell’applicazione della l. n. 68/1999 sull’assunzione dei soggetti disabili o dell’appli- cazione dell’art. 18 della l. n. 300/1970 in materia di tutela reale in caso di licenziamento illegittimo).

  1. Imprese multilocalizzate

I datori di lavoro che hanno sedi in più Regioni possono fare riferimento al percorso formati- vo della Regione dove è ubicata la sede legale e possono accentrare in quel luogo le comuni- cazioni obbligatorie.


Tirocini formativi e di orientamento

 

Nozione

Interessano i giovani che hanno assolto l’obbligo scolastico e costituiscono un inserimento temporaneo all’interno del mondo produttivo, al fine di realizzare, attraverso processi forma- tivi, momenti di alternanza tra studio e lavoro per agevolare le scelte professionali mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro.
I tirocini non comportano la costituzione di un rapporto di lavoro.

Normativa di riferimento

L’art. 11 del d.l. n. 138/2011 per il tirocinio non curriculare (c.d. stage) prevede:

  1. il limite massimo di durata non superiore a 6 mesi, proroghe comprese;
  2. l’indicazione dei neo-diplomati e neo-laureati entro e non oltre i 12 mesi dal conseguimen- to del relativo titolo come unici soggetti possibili destinatari dello stage.

Il decreto legge precisa inoltre che, in assenza di specifiche regolamentazioni regionali, si ap- plica l’art. 18 della l. n. 196/1997. A riguardo sono infatti poche le Regioni che fino ad oggi hanno approfittato della esclusiva competenza in materia, provvedendo a regolamentare lo stage.

Tabella 1 Le Regioni con regolamentazione compiuta del tirocinio

Provincia autonoma di Bolzano

Convenzione quadro tra la Provincia autonoma di Bolzano, le associazioni dei datori di lavoro e le organizzazioni sindacali operanti in Provincia di Bolzano del 24 gennaio 2001

Emilia Romagna

L.r. n. 17/2005
D.G.R. n. 2175/2009

Friuli Venezia Giulia

L.r. n. 18/2005
D.P.R. n. 103/2010

Lazio

D.G.R. n. 151/2009 – Approvazione Linee Guida dei tirocini formativi e di orientamento nella Regio- ne Lazio

Piemonte

L.r. n. 34/2008
D.G.R. n. 100-12934/2009
Determinazione direttoriale n.  100/2010

Sicilia

L.r. n. 2/2002 Circolare n. 22/2002
Indirizzo assessoriale applicativo n.  260/2009

Toscana

D.G.R. n. 339/2011, Allegato A – Carta dei Tirocini e Stage di qualità in Regione Toscana
Circolare 29 novembre 2011

Fonte: www.adapt.it


 

Tabella 2 Le Regioni con regolamentazione incompleta o di principio

Abruzzo

In ragione della l.r. n. 76/1998 la programmazione ed attuazione dei tirocini è affidata alle Province di: Teramo (il 4 aprile 2011 ha pubblicato l’ultimo avviso pubblico per finanziare 165 tirocini per inoccupati o disoccupati dai 18 ai 35 anni)
Chieti (l’11 dicembre 2009 ha pubblicato l’avviso pubblico per il finanziamento di 168 tirocini) Pescara (il 27 aprile 2011 ha approvato un regolamento provinciale in materia di tirocini) L’Aquila (rimanda alla normativa del pacchetto Treu e alla disposizione dirigenziale n. 19/2002

Basilicata

L.r. n. 31/2008, art. 44
Con la d.G.R. n. 911/2009 (sospesa dalla d.G.R. n. 769/2010) è stato attuato il programma Transizione alla vita attiva – crescita professionale – qualificazione dell’azione pubblica – tirocini formativi nella Pubblica Amministrazione per diplomati e laureati

Calabria

L.r. n. 26/2004, art. 3
L.r. n. 8/2010, art. 14, e d.G.R. n. 6/2011: erogazione di un contributo annuo di 10 mila euro a favore di soggetti pubblici che si impegnano a stipulare, con ogni stagista che abbia concluso con esito positivo tutte le attività di formazione, tipologie contrattuali previste dalla normativa vigente per una durata non inferiore ai 12 mesi di lavoro

Campania

L.r. n. 14/2009
D.P.G.R. n. 89/2010

Liguria

L.r. n. 30/2008, che rimanda a successivi atti di Giunta mai emanati
Protocollo d’intesa per favorire la messa a sistema di esperienze di tirocini formativi, di orientamento e professionalizzanti nella Regione  Liguria

Lombardia

L.r. n. 22/2006, che rimanda a successivi atti di Giunta mai emanati

Marche

L.r. n. 2/2005, che autorizza finanziamenti per i tirocini, per la cui disciplina rimanda alla normativa vigente

Sardegna

D.G.R. n. 12-20/2008
Linee Guida. Tirocini formativi e di orientamento a favore di cittadini non appartenenti all’Unione euro- pea e residenti all’estero

Veneto

L.r. n. 3/2009, che rimanda a successivi atti di Giunta mai emanati se non limitatamente a determinati progetti

Fonte: www.adapt.it

 

Il contratto di lavoro intermittente o a chiamata o job on call

 

Il lavoro intermittente è regolamentato dagli artt. 33-40 del d.lgs. n. 276/2003. Tali norme – abrogate dalla l. n. 247/2007 – sono state ripristinate dalla l. n. 133/2008 con conseguen- te possibilità di ricorrere nuovamente a tale forma contrattuale.
Questa tipologia di contratto rappresenta un’ulteriore possibilità di inserimento o reinseri- mento dei lavoratori nel mercato del lavoro.

Nozione

Ai sensi dell’art. 33 del d.lgs. n. 276/2003 il contratto di lavoro intermittente è il contratto mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro per svolgere de- terminate prestazioni di carattere discontinuo o intermittente (individuate dalla contrattazio-


ne collettiva nazionale o territoriale) o per svolgere prestazioni in determinati periodi nell’arco della settimana, del mese o dell’anno (individuati dal d.lgs. n. 276/2003).
Il rapporto di lavoro può essere con o senza obbligo di corrispondere una indennità di dispo- nibilità, a seconda che il lavoratore scelga di essere vincolato o meno alla chiamata.

Forma e contenuti

La forma scritta del contratto è richiesta solo ai fini della prova (quindi in sede di eventuale contenzioso) e deve contenere l’indicazione di una serie di elementi (che devono conformar- si a quanto sarà contenuto nei contratti collettivi) quali: durata, ipotesi che ne consentono la stipulazione, luogo, modalità della disponibilità, relativo preavviso, trattamento economico e normativo per la prestazione eseguita, ammontare dell’eventuale indennità di disponibilità, tempi e modalità di pagamento, forma e modalità della richiesta del datore, modalità di rile- vazione della prestazione, eventuali misure di sicurezza specifiche.

Campo di applicazione

Può essere stipulato da qualunque impresa, ad eccezione di quelle che non abbiano effet- tuato la valutazione dei rischi prevista dalla legge sulla sicurezza nei posti di lavoro (TU sicu- rezza, d.lgs. n. 81/2008):

  1. con qualunque lavoratore per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o inter- mittente, indicate dalla tabella allegata al r.d. n. 2657/1923 (in attesa delle regolamentazio- ni dei contratti collettivi);
  2. indipendentemente dal tipo di attività:
    1. con lavoratori con meno di 25 anni o con più di 45 anni, anche pensionati;
    2. per il lavoro nel week-end o in periodi predeterminati (ferie estive, vacanze pasquali o natalizie).

Non può essere stipulato dalla pubblica amministrazione.

Divieti di utilizzo del lavoro intermittente

La legge, ex art. 34, comma 3, d.lgs. n. 276/2003, vieta il ricorso al lavoro intermittente nei seguenti casi:

  1. sostituzione di lavoratori in sciopero;
  2. se si è fatto ricorso nei 6 mesi precedenti a una procedura di licenziamento collettivo, ov- vero se è in corso una sospensione o riduzione d’orario con cassa integrazione (questo divie- to è derogabile da un accordo sindacale) per le stesse unità produttive e/o mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente.

Retribuzione e indennità

Al lavoratore intermittente deve essere garantito un trattamento economico pari a quello spettante ai lavoratori di uguale livello e mansione, seppur riproporzionato in base all’attività realmente svolta. Per i periodi di inattività, e solo nel caso in cui il lavoratore si sia obbligato a rispondere immediatamente alla chiamata, spetta un’indennità mensile, divisibile per quo- te orarie. È stabilita dai contratti collettivi, nel rispetto dei limiti minimi fissati con decreto mi- nisteriale, e non spetta nel periodo di malattia oppure di altra causa che renda impossibile la risposta alla chiamata. Il rifiuto di rispondere alla chiamata senza giustificato motivo può


comportare la risoluzione del rapporto, la restituzione della quota di indennità di disponibilità riferita al periodo successivo all’ingiustificato rifiuto e il risarcimento del danno la cui misura è predeterminata nei contratti collettivi o, in mancanza, nel contratto di lavoro. I contributi relativi all’indennità di disponibilità devono essere versati per il loro effettivo ammontare in deroga alla normativa in materia di minimale contributivo. Nel caso di lavoro intermittente per predeterminati periodi della settimana, del mese o dell’anno l’indennità è corrisposta so- lo in caso di effettiva chiamata.

 

Il contratto di lavoro ripartito o job sharing Nozione
Il lavoro ripartito è tipizzato agli artt. 41-45 del d.lgs. n. 276/2003 ed è quel contratto di la- voro «mediante il quale due lavoratori assumono in solido l’adempimento di un’unica e iden- tica obbligazione lavorativa».
Fermo restando il vincolo di solidarietà e fatta salva una diversa intesa tra le parti contraenti, ogni lavoratore resta personalmente e direttamente responsabile dell’adempimento dell’intera obbligazione lavorativa, nei limiti previsti dalla legge.

Forma e contenuto del contratto

L’art. 42 del d.lgs. n. 276/2003 prescrive la c.d. forma scritta ad probationem, ossia ai fini della prova (in un eventuale contenzioso), dei seguenti elementi:

  1. la misura percentuale e la collocazione temporale del lavoro (in ambito giornaliero, setti- manale, mensile o annuale) che si prevede venga svolto da ciascuno dei lavoratori coobbli- gati, secondo le intese intercorse tra gli stessi, ferma restando la possibilità di determinare discrezionalmente (in qualsiasi momento) la sostituzione tra di loro o anche la modificazione consensuale della distribuzione dell’orario di lavoro;
  2. il luogo di svolgimento della prestazione lavorativa, nonché il trattamento economico e normativo spettante a ciascun lavoratore;
  3. le eventuali misure di sicurezza specifiche necessarie in relazione al tipo di attività dedotta in contratto.

Disciplina

La regolamentazione è demandata ai contratti collettivi. In assenza di contratti collettivi, e salvo quanto stabilito dalla legge, nel caso di prestazioni rese a favore di un datore di lavoro si applica la normativa generale del lavoro subordinato in quanto compatibile con la partico- lare natura di tale rapporto.

Sostituzioni da parte di terzi

Le eventuali sostituzioni da parte di terzi, nel caso di impossibilità di uno o entrambi i lavora- tori coobbligati, possono essere ammesse solo previo consenso del datore di lavoro.
È consigliabile formalizzare l’eventuale consenso in un accordo scritto.


Trattamento economico e normativo

Il lavoratore ripartito beneficia dello stesso trattamento riservato a quello di pari livello e di pari mansioni svolte. Il trattamento dei lavoratori coobbligati è riproporzionato in ragione del- la prestazione lavorativa effettuata. Ciò anche per quanto riguarda ferie, malattia e congedi parentali.

La risoluzione del rapporto

Il legislatore prevede espressamente, all’art. 41, comma 5, d.lgs. n. 276/2003, che, salvo diversa intesa tra le parti, le dimissioni o il licenziamento di uno dei lavoratori coobbligati comportano l’estinzione dell’intero vincolo contrattuale.
Tale disposizione, tuttavia, non trova applicazione se, su richiesta del datore di lavoro, l’altro prestatore di lavoro si rende disponibile ad adempiere l’obbligazione lavorativa, integralmen- te o parzialmente, nel qual caso il contratto di lavoro ripartito si trasforma in un normale con- tratto di lavoro subordinato di cui all’art. 2094 c.c.
È possibile, per le parti, prevedere, tramite apposita clausola, soluzioni alternative, per esem- pio:

  1. la prosecuzione del rapporto con l’altro contraente, con modalità a tempo pieno o a tempo parziale;
  2. la prosecuzione del rapporto qualora con il consenso di entrambi (datore e lavoratore ri- manente) venga individuato un altro soggetto in sostituzione dell’altro contraente.

Vantaggi

Questa forma contrattuale presenta dei vantaggi per le parti:

  1. per i lavoratori, più tempo a disposizione che consente una migliore gestione del tempo libero e quindi anche più tempo da dedicare alla famiglia o allo studio;
  2. per l’impresa, maggiore produttività del lavoro con conseguente calo del fenomeno dell’assenteismo sul posto di lavoro

 

Il contratto di lavoro occasionale

Definizione

L’art. 4 della l. n. 30/2003 e l’art. 61 del d.lgs. n. 276/2003 hanno, per la prima volta, dato una definizione legale delle prestazioni occasionali di lavoro autonomo. Si debbono intende- re tali i rapporti di durata complessiva non superiore, nell’anno solare, a 30 giorni con lo stesso committente; il compenso complessivo annuo che il prestatore percepisce dallo stes- so committente non deve superare i 5 mila euro (al netto).
La definizione del lavoratore occasionale viene ribadita anche nella circolare 6 luglio 2004, n. 103.

Durata e campo di applicazione

Il lavoro occasionale è un rapporto di lavoro che non può avere una durata complessiva su- periore a 30 giorni nel corso dell’anno solare con lo stesso committente e non deve compor-


tare un compenso superiore a 5 mila euro nello stesso anno solare e con lo stesso commit- tente. Il lavoro occasionale ha, dunque, due vincoli: uno di natura temporale, l’altro di natura economica.
I contratti di lavoro occasionale possono essere applicati a qualsiasi tipologia di attività lavo- rativa.

Soggetti esclusi

L’art. 61 del d.lgs. n. 276/2003 esclude da questo tipo di rapporto di lavoro i seguenti sog- getti:

  1. i professionisti intellettuali, iscritti ad apposito albo;
  2. coloro che hanno rapporti di collaborazione coordinata e continuativa con associazioni o società sportive associate a federazioni nazionali o ad enti di promozione sportiva riconosciu- te dal Coni;
  3. i dipendenti delle pubbliche amministrazioni;
  4. i componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società;
  5. i partecipanti a collegi e commissioni.

Forma

Per la stipulazione del contratto non è prevista una forma particolare.

Tassazione fiscale e previdenziale

I collaboratori occasionali sono iscritti alla gestione separata Inps solo qualora il loro reddito annuo derivante da attività di collaborazione sia superiore a 5 mila euro. In questo caso ad essi si applicano le stesse disposizioni previste per i collaboratori coordinati e continuativi.

 

Il contratto di lavoro occasionale accessorio

Definizione e campo di applicazione

Per prestazioni di lavoro accessorio si intendono attività lavorative di natura meramente oc- casionale rese da soggetti a rischio di esclusione sociale o comunque non ancora entrati nel mercato del lavoro, ovvero in procinto di uscirne, nell’ambito:

  1. dei piccoli lavori domestici a carattere straordinario, compresa la assistenza domiciliare ai bambini e alle persone anziane, ammalate o con handicap;
  2. dell’insegnamento  privato  supplementare;
  3. dei piccoli lavori di giardinaggio, nonché di pulizia e manutenzione di edifici e monumenti;
  4. della realizzazione di manifestazioni sociali, sportive, culturali o caritatevoli;
  5. della collaborazione con enti pubblici e associazioni di volontariato per lo svolgimento di lavori di emergenza, come quelli dovuti a calamità o eventi naturali improvvisi, o di solidarie- tà;
  6. vendemmie di breve durata e a carattere saltuario, svolte da studenti e pensionati;
  7. attività nell’ambito dell’impresa familiare nei settori del commercio, dei servizi e del turi- smo, mansioni regolate dalla disciplina assicurativa e contributiva del lavoro subordinato e svolte entro un limite di 10 mila euro nel corso di ciascun anno fiscale;

  1. consegna porta a porta e vendita ambulante di stampa quotidiana e periodica.

Questa tipologia contrattuale è nata al fine di diminuire il lavoro sommerso e favorire l’inserimento di fasce più deboli nel mondo del lavoro.
Affinché una delle attività lavorative possa qualificarsi come lavoro accessorio occorre che non dia complessivamente luogo a compensi superiori a 5 mila euro nel corso di un anno so- lare (è stato eliminato il limite dei 30 giorni dalla l. n. 80/2005). Inoltre, le imprese familiari possono utilizzare prestazioni di lavoro per un importo complessivo non superiore a 10 mila euro nel corso di ciascun anno fiscale (l. n. 80/2005).

Compenso

Come compenso il prestatore di lavoro accessorio riceve da chi ha beneficiato della presta- zione uno o più buoni (c.d. voucher) con un valore nominale fissato con decreto ministeriale e periodicamente aggiornato. Tale valore nominale è stabilito tenendo conto della media del- le retribuzioni rilevate per le attività lavorative affini nonché del costo di gestione del servizio. Il compenso è esente da qualsiasi imposizione fiscale e non incide sullo stato di disoccupato o inoccupato del prestatore di lavoro accessorio.


Il contratto di somministrazione o staff leasing

Il contratto di somministrazione o staff leasing è quel contratto nel quale entrano in relazione tre soggetti:

  1. l’azienda somministratrice di lavoro (denominata agenzia), datore di lavoro da cui dipen- dente formalmente il lavoratore;
  2. il lavoratore, formalmente dipendente dell’agenzia somministratrice, messo a disposizione dell’impresa  utilizzatrice;
  3. l’impresa utilizzatrice che esercita il potere di direzione e controllo sulla prestazione di la- voro.


Rapporto lavoratore/agenzia

L’agenzia può assumere il lavoratore a tempo determinato e inviarlo in missione presso l’utilizzatore, oppure con contratto a tempo indeterminato. In tale seconda fattispecie, nei periodi intercorrenti tra una missione e quella successiva, i lavoratori restano a disposizione dell’agenzia e agli stessi viene corrisposta una indennità di disponibilità.


Contratto a tempo indeterminato

In questa fattispecie si applica la disciplina generale dei contratti di lavoro. La forma scritta del contratto è richiesta solo nei casi in cui tale requisito sia stabilito dalla tipologia contrat- tuale utilizzata (ad esempio nel contratto part-time).

Contratto a tempo determinato

Nella maggiore parte dei casi il contratto ha una durata pari alla missione presso l’utilizzatore ed è regolato dalla disciplina generale del contratto a termine, per quanto com- patibile, e in ogni caso con esclusione delle disposizioni relative alla riassunzione, al diritto di precedenza nelle assunzioni, alla successione dei contratti e alla durata complessiva di 36 mesi (art. 5, comma 3 ss., d.lgs. n. 368/2001). Poiché la legge non richiede che il termine del contratto di lavoro coincida con quello del contratto di somministrazione, la durata del contratto di lavoro può essere diversa da quella della singola missione purché persistano le ragioni che legittimano l’apposizione del termine al contratto.
Per approfondimenti sulla proroga, sulla successione dei contratti e sulla stabilizzazione si rinvia al Ccnl delle agenzie di somministrazione di lavoro.

 

Il contratto di lavoro a tempo parziale (c.d. part-time)

Nozione

Il contratto di lavoro a tempo parziale è un normale contratto di lavoro subordinato (a tempo indeterminato o a termine) che si caratterizza per il fatto che l’orario di lavoro è determinato in una misura inferiore all’orario normale di lavoro, stabilito dalla legge in 40 ore settimanali. I contratti collettivi possono però prevedere una durata inferiore (per esempio una durata di 38 ore) nonché considerare l’orario normale come valore medio all’interno di un periodo non superiore all’anno.
Quasi tutti i contratti collettivi individuano delle fasce orarie nell’ambito delle quali poter sti- pulare contratti part-time.

Tipologie di rapporto a tempo parziale

La legge individua tre tipologie di part-time:

  1. orizzontale. La riduzione di orario, rispetto al tempo pieno, avviene all’interno delle singole giornate lavorative. Si lavora quindi tutti i giorni, ma con orario inferiore rispetto a quello dei lavoratori a tempo pieno (per esempio 4 ore al giorno dal lunedì al venerdì);
  2. verticale. La prestazione lavorativa è resa a tempo pieno ma solo per periodi predetermi- nati nella settimana, nel mese o nell’anno (per esempio lunedì, mercoledì e venerdì di ogni settimana; i primi 10 giorni di ogni mese, ecc.);

  1. misto. La prestazione lavorativa è svolta secondo una combinazione delle due tipologie orizzontale e verticale.

Si individuano in particolare due sottotipi di part-time misto:

  1. la prestazione lavorativa è prevista in periodi predeterminati della settimana, mese, anno con orario inferiore rispetto al tempo pieno comparabile e nei restanti periodi non si lavora (per esempio i primi 10 giorni di ogni mese per 4 ore al giorno);
  2. la prestazione lavorativa è prevista in alcuni periodi predeterminati della settimana, mese, anno con orario inferiore rispetto al tempo pieno comparabile e in altri periodi a tempo pieno (per esempio i primi 10 giorni di ogni mese per 4 ore al giorno e gli ultimi 10 giorni di ogni mese a tempo pieno).

Forma

La forma del contratto deve essere scritta ai fini della prova.
Con l’entrata in vigore del d.lgs. n. 276/2003 (art. 85, comma 1, lett. i) è venuto meno l’obbligo di inviare alla Direzione provinciale del lavoro competente per territorio la copia del contratto entro 30 giorni dalla stipulazione. Trovano in ogni caso applicazione le disposizioni generali in tema di comunicazioni obbligatorie.


 

Contenuti

Il contratto deve prevedere in modo chiaro e preciso la durata della prestazione e la colloca- zione temporale della stessa con riferimento a giorno, settimana, mese e anno. È possibile concordare la variabilità della collocazione temporale della prestazione lavorativa o, in caso di part-time verticale o misto, la variazione in aumento della sua durata mediante uno speci- fico patto scritto, stipulato contestualmente al contratto di lavoro o nel corso dello svolgimen- to del rapporto, solo nei limiti nel rispetto della disciplina delle clausole elastiche.
Le clausole sono ritenute valide solo se nel contratto interviene la sottoscrizione e quindi il consenso scritto del lavoratore, che può essere reso con l’assistenza dei sindacati aziendali.



Periodo di prova

Nel contratto part-time è possibile prevedere un periodo di prova nei limiti e con le modalità previste per i lavoratori a tempo pieno. I contratti collettivi possono rideterminare la durata del periodo di prova qualora l’assunzione avvenga con contratto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale.

Principio di non discriminazione

Durate l’esecuzione del rapporto di lavoro, il lavoratore part-time non deve ricevere un tratta- mento meno favorevole di quello spettante al lavoratore a tempo pieno inquadrato nello stesso livello (art. 4, d.lgs. n. 61/2000).

Lavoro supplementare

Si definisce lavoro supplementare la prestazione resa dai lavoratori oltre l’orario concordato nel contratto individuale e sino al limite del tempo pieno.
Il ricorso al lavoro supplementare è previsto dalla legge solo con riferimento al part-time di tipo orizzontale anche se non è escluso (si veda la circolare del Ministro del lavoro n. 9/2004) nel lavoro a tempo parziale di tipo verticale o misto, quando la prestazione stabilita è inferiore all’orario normale settimanale (ad esempio in caso di orario distribuito in 3 giorni alla settimana, il 4o giorno può essere considerato lavoro supplementare).

Casella di testo: Approfondimenti  La legge attribuisce la regolamentazione del lavoro supplementare ai contratti collettivi, anche aziendali purché stipulati da RSA o RSU (numero massimo delle ore di lavoro supplementare effettuabili, relative causali, nonché le conseguenze del superamento delle ore di lavoro supplementare consentite dai contratti collettivi stessi). In assenza di regolamenta- zione collettiva non vi sono limiti al ricorso al supplementare, ma la relativa effettuazione richiede necessariamente il consenso del lavoratore, consenso che può avvenire anche in forma orale o per fatti concludenti. Per quanto riguarda la retribuzione, la legge non prevede una maggiorazione per il lavoro supplementare, ma i contratti collettivi hanno tuttavia la facoltà di introdurre una maggiorazione oraria.

Trasformazione da tempo pieno a tempo parziale

È ammessa la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo par- ziale solo su accordo delle parti risultante da atto scritto, convalidato dalla Direzione provin- ciale del lavoro competente per territorio; l’atto di convalida ben può intervenire successiva- mente alla stipula dell’accordo e non presuppone la necessaria presenza del lavoratore.



 

 

Trasformazione da tempo parziale a tempo pieno

È ammissibile la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo parziale in rapporto a tempo pieno solo su accordo delle parti. La legge non prevede alcuna disposizione in relazione all’accordo modificativo in questione; nel silenzio normativo si deve ritenere che la forma scritta non sia necessaria, ma consigliabile ai fini della prova in sede di giudizio.
Sono previste due ipotesi di diritto di precedenza: diritti di precedenza di origine convenzio- nale; diritto di ripristino del tempo pieno e diritti di precedenza di origine legale.

  1. Diritti di precedenza di origine convenzionale

Il contratto individuale può prevedere, in caso di assunzione di personale a tempo pieno, un diritto di precedenza in favore dei lavoratori assunti a tempo parziale in attività presso unità produttive site nello stesso ambito comunale, adibiti alle stesse mansioni o a mansioni equi- valenti rispetto a quelle con riguardo alle quali è prevista l’assunzione. In caso di mancato rispetto di tale clausola il lavoratore ha diritto – a titolo di risarcimento danni – alla corre- sponsione della differenza tra l’importo della retribuzione percepita e quella che gli sarebbe stata corrisposta a seguito del passaggio al tempo pieno nei 6 mesi successivi al passaggio stesso.

  1. Diritto di ripristino del tempo pieno e diritti di precedenza di origine legale

Il lavoratore affetto da patologia oncologica, che abbia trasformato il rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di lavoro a tempo parziale, ha diritto, ex art. 12, comma 1, d.lgs. n. 61/2000, al ripristino del tempo pieno. Tale diritto non può essere negato sulla base di con- trastanti esigenze aziendali. Negli altri casi di part-time trasformato, al lavoratore è ricono- sciuto ex art. 12-ter il diritto di precedenza nelle assunzioni con contratto a tempo pieno per l’espletamento delle stesse mansioni o di quelle equivalenti a quelle oggetto del rapporto di lavoro a tempo parziale. Da evidenziare che la legge non prevede limiti territoriali per l’esercizio di tale diritto.

Contratto di inserimento

Il contratto di inserimento è regolato nell’art. 54, comma 1, d.lgs. n. 276/2003. Con tale fat- tispecie normativa il legislatore mira ad agevolare l’inserimento o il reinserimento nel merca- to del lavoro di determinate categorie di persone, mediante un progetto individuale di adatta- mento delle competenze professionali del lavoratore a un determinato contesto lavorativo.

Categorie di lavoratori destinatari

Possono essere destinatari del contratto di inserimento:


  1. soggetti di età compresa tra 18 e 29 anni;
  2. disoccupati di lunga durata, di età compresa tra 29 e 32 anni;
  3. lavoratori con più di 50 anni di età che siano privi di un posto di lavoro;
  4. lavoratori che non abbiano lavorato per almeno 2 anni e che desiderino riprendere un’attività  lavorativa;
  5. donne senza limiti di età che risiedano in zone geografiche in cui il tasso di occupazione femminile sia inferiore di almeno 20 punti percentuali rispetto a quello maschile ovvero il tasso di disoccupazione femminile sia superiore di almeno 10 punti percentuali rispetto a quello maschile e che siano prive di un impiego retribuito da almeno 6 mesi (così nella Legge di Stabilità 2012); le zone suddette sono identificate tramite decreto interministeriale;
  6. persone riconosciute affette da un grave handicap fisico, mentale o psichico;
  7. cittadini comunitari ed extracomunitari (circolare del Ministero del lavoro n. 31/2004).

 

Tipologie di datori di lavoro

Quanto ai soggetti che possono avvalersi del contratto di inserimento, vi rientrano:

  1. gli enti pubblici economici, imprese e loro consorzi;
  2. i gruppi di imprese;
  3. le associazioni professionali, socio-culturali, sportive;
  4. le fondazioni;
  5. gli enti di ricerca, pubblici e privati;
  6. le organizzazioni e associazioni di categoria.

Il contratto può essere stipulato per tutte le attività e per tutti i settori, esclusa la pubblica amministrazione.

Limiti di garanzia

Per poter assumere mediante contratti di inserimento i datori di lavoro devono, ex art. 54, comma 3, d.lgs. n. 276/2003, avere mantenuto in servizio almeno il 60% dei lavoratori il cui contratto di inserimento sia venuto a scadere nei 18 mesi precedenti.
A tal fine non si computano i seguenti lavoratori: dimissionari; licenziati per giusta causa; quelli che, al termine del rapporto di lavoro, abbiano rifiutato la proposta di rimanere in servi- zio con rapporto di lavoro a tempo indeterminato; quelli con contratto risolto nel corso o al termine del periodo di prova; quelli con contratto non trasformato in rapporto di lavoro a tem- po indeterminato in misura pari a 4 contratti (ad esempio se un’azienda ha stipulato 5 con- tratti di inserimento, per rispettare il requisito del 60%, è sufficiente stabilizzare un solo lavo- ratore).

Durata

Il contratto di inserimento deve avere una durata minima di 9 mesi e non può essere supe- riore ai 18 mesi.
In caso di assunzione di lavoratori affetti da grave handicap fisico, mentale o psichico, la du- rata massima può essere estesa fino a 36 mesi. Il contratto di inserimento non può essere rinnovato tra le stesse parti (ma si può stipulare un nuovo contratto di inserimento con un diverso datore di lavoro); inoltre, le eventuali proroghe non possono superare i limiti stabiliti (18 o 36 mesi).


Il progetto di inserimento

Elemento essenziale e caratterizzante è il progetto di inserimento, le cui modalità di defini- zione sono regolate dai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale e territoriale o aziendale, anche all’interno degli enti bilaterali. Il progetto individuale di inserimento deve prevedere una formazione teorica non inferiore a 16 ore, ripartita fra l’apprendimento di no- zioni di prevenzione antinfortunistica e di disciplina del rapporto di lavoro ed organizzazione aziendale ed accompagnata da congrue fasi di addestramento specifico, impartite anche con modalità di e-Learning. Il progetto deve indicare: la durata; la categoria di inquadramen- to; l’eventuale periodo di prova; l’orario di lavoro; il trattamento di malattia e infortunio; le attività che riguardano il progetto, volte a favorire l’adattamento del lavoratore al contesto lavorativo dell’azienda (circolare n. 31/2004).
Il lavoratore, all’atto dell’assunzione, può essere inquadrato in un livello inferiore (non più di due) rispetto alla categoria spettante.

Fonte: http://www.prontolavoromcl.it/risorse/allegati/13-MCL_Adapt_Guida_contratti.pdf

Sito web da visitare: http://www.prontolavoromcl.it/

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