I riassunti , gli appunti i testi contenuti nel nostro sito sono messi a disposizione gratuitamente con finalità illustrative didattiche, scientifiche, a carattere sociale, civile e culturale a tutti i possibili interessati secondo il concetto del fair use e con l' obiettivo del rispetto della direttiva europea 2001/29/CE e dell' art. 70 della legge 633/1941 sul diritto d'autore
Le informazioni di medicina e salute contenute nel sito sono di natura generale ed a scopo puramente divulgativo e per questo motivo non possono sostituire in alcun caso il consiglio di un medico (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione).
APPUNTI DI Organizzazione aziendale
Definizione di organizzazione
Per organizzazione intendiamo un insieme complesso di persone associate per uno scopo unitario fra cui si dividono le attività da svolgere, secondo certe norme, stabilendo dei ruoli collegati tra loro in modo gerarchico, in rapporto con un certo ambiente esterno.
Diamo una breve spiegazione dei termini utilizzati nella definizione.
La precedente analisi della definizione di organizzazione porta a concludere che fare organizzazione vuol dire scegliere il livello di compromesso sui vari punti componenti.
Elemento primario è la definizione dell’obiettivo strategico di fondo dell’organizzazione, attraverso l’analisi degli ambienti economico-politico, legislativo, sociale e culturale, dei mercati della produzione, lavoro, vendita, capitali. Tale obiettivo strategico dipende dalla storia dell’organizzazione, dall’ambiente, dalle strategie aziendali, dalle risorse disponibili.
Per ciascun livello si definiscono :
Per poter incidere sull’organizzazione occorre individuare le variabili influenzanti, quelle analizzabili e le variabili di intervento. Per evidenziare le componenti o variabili di intervento dell’organizzazione si può utilizzare il modello semplificato di Leavitt (1964) che individua quattro componenti base dell’organizzazione (fig.1):
Uno schema più complesso è stato elaborato successivamente da Galbraith (1980) che individua i sistemi ritenuti critici e ne evidenzia il rapporto con la strategia (fig.2).
Un ulteriore schema fu proposto da Pascale e Athos (1982) che individuarono le variabili da considerare come segue (modello delle 7 S):
|
|
|
|
|
|
|
|
Il successo aziendale è legato alla coerenza tra le 7 variabili individuate, sia a livello di progettazione che di analisi.
Teorie organizzative
Nel tempo si sono susseguite diversi tentativi di codificare il modo di fare organizzazione, cioè di trovare delle regole esplicative per la comprensione del funzionamento delle organizzazioni.
Le principali scuole di teorie organizzative sono riportate nella tabella I.
Tabella I – Principali scuole di organizzazione
Denominazione scuola |
Autori principali |
Scuola classica |
Taylor |
Principi organizzativi |
Fayol |
Relazioni umane |
Scuola di Chicago – Roethlisberger - Dickinson |
Motivazioni |
Ma slow – Herzberg – Mc Gregor |
Sistemi socio-tecnici |
Istituto Tavistock – Davis – Emery - Rice |
Modello burocratico |
Weber – Hall – Gouldner – Selznicl – Merton – Crozier |
H.Simon |
Simon – March |
Ipotesi evolutive |
Chandler – Greiner |
Ambiente e organizzazione |
Burns e Stalcker – Lawrence e Lorsh – Galbraith |
Tecnologia e struttura |
Woodward – Newmann – Gruppo di Aston |
Approccio sistemico |
Boulding – Beer |
Il principale autore si considera Taylor (1856-1915). Egli utilizza i concetti propugnati da A.Smith sul frazionamento del processo produttivo in fasi elementari e da Babbagè sulla convenienza di parcellizzare il processo produttivo in compiti semplici attraverso la diminuzione del tempo di apprendimento da parte degli operai, l’abbassamento dei salari e la facilità di sostituire la manodopera.
Il modello cui Taylor presuppone che sia sempre possibile individuare dei principi normativi di direzione secondo cui condurre le attività che portino, attraverso una prescrittività di struttura e comportamenti, all’obiettivo primario della massimizzazione dell’efficienza. Il modello si può schematizzare come in figura 3.
Taylor si proponeva di definire un approccio razionale volto ad individuare quei principi che consentissero di migliorare l’efficienza dell’azienda in un momento storico nel quale lo sviluppo quantitativo del sistema industriale risentiva ancora dei modi di produzione empirico ed artigianale, la domanda di lavoro dell’industria trovava una offerta di personale non professionalizzato e si affermavano le organizzazioni sindacali.
Le principali ipotesi di base del lavoro di Taylor sono che:
I principi fondamentali sono allora:
Si nota una completa assenza di considerazioni di ordine sociale e psicologico nella determinazione dei contenuti, dei tempi e dei metodi di lavoro degli operai.
Il principale autore si considera Fayol (1841-1925). Gli autori di questa scuola allargano lo studio tayloristico limitato allo studio del lavoro di officina.
Fayol considera 6 funzioni principali nell’azienda:
Specificando il significato della funzione direttiva se ne precisano le componenti:
Ciascuno degli Autori della scuola propose dei principi organizzativi universali. Tra questi sembrano i più significativi:
A questi si possono aggiungere:
Le prime ricerche si possono fare risalire agli studi empirici presso la Western Electric portati avanti dalla scuola di Chicago nel periodo 1927-1933.
Si nega la valenza assoluta del principio della divisione del lavoro e del concetto che l’organizzazione formale esaurisca la realtà dell’organizzazione. Si formulò l’ipotesi secondo cui il rendimento dei lavoratori fosse determinato anche dalla situazioni sociale e dal livello di soddisfazione psicologica. Si ampliano quindi le osservazioni della scuola classica agli aspetti psicologici e sociali.
I principi fondamentali sono legati all’influenza dei gruppi informali e degli stimoli non monetari (fig.4). Si preferisce, allora, agire su:
L’autore principale è Maslow (1943) che identifica la motivazione in uno stato di tensione, dovuto alla consapevolezza di un bisogno, che impone la ricerca dei mezzi per soddisfarlo.
Egli postula nell’uomo l’esistenza di bisogni fondamentali organizzati a livelli successivi. Una volta soddisfatto un bisogno, questo verrà sostituito da altri, di livello superiore e così via. Ne consegue che la soddisfazione di un bisogno diventa un concetto tanto importante quanto la privazione. Un desiderio soddisfatto cessa di essere un desiderio. Viene postulata l’esistenza di 5 livelli di bisogni:
I bisogni di livello successivo vengono solo dopo aver soddisfatto in gran parte quelli precedenti:
Alla fine degli anni’60 un altro autore importante in questo filone di studi è stato F.Hertzberg che, a partire da indagini di campo in numerose aziende identificò i fattori che possono avere effetti motivazionali sul lavoro:
La realizzazione dei primi evita l’insoddisfazione sul lavoro. I secondi provocano soddisfazione, ma non possono eliminare eventuali mancanze nei primi. Viene data poca importanza al fattore prestigio ed alla retribuzione e non si considera l’aspetto organizzato del lavoro. Si sottolinea come il lavoro ha sempre un duplice significato: strumentale (per le ricompense) ed espressivo (delle capacità del lavoratore).
Un ulteriore contributo è quello portato da McGregor che contrappone alla visione tradizionale di direzione denominata teoria X una visione basata sui principi di Maslow denominata teoria Y. I principali presupposti della teoria X erano:
Secondo Mc Gregor le teorie direzionali dovrebbero essere informate alla teoria Y i cui presupposti sono:
L’approccio prende spunto dagli studi dell’Istituto Tavistock di Londra (1970) sulla meccanizzazione dell’industria carbonifera inglese, sulla creazione di squadre di 50-60 persone e sulla parcellizzazione del lavoro. In questo approccio l’organizzazione del lavoro viene osservata come combinazione dei due elementi tecnico e sociale. Il sistema tecnico viene inteso non solamente come il complesso di macchine ed attrezzature produttive, ma anche i sistemi tecnici ed informativi per programmare e controllare il sistema produttivo. Il sistema sociale è costituito dall’organizzazione formale ed informale delle persone e dalle norme e ruoli sociali presenti nell’unità lavorativa.
Si considera anche l’influenza dell’ambiente esterno all’impresa e la sua capacità di reagire e adattarsi a tali sollecitazioni. Per l’organizzazione del lavoro esecutivo vengono proposti i seguenti criteri:
Si sostiene che in ambienti instabili è richiesta una organizzazione del lavoro che favorisca l’acquisizione delle conoscenze tecnico-gestionali anche ai livelli esecutivi. In particolare, secondo Davis (1971), i fattori tecnologici influenzano la programmabilità dei compiti attraverso l’analizzabilità delle situazioni di lavoro ed il numero di eccezioni (fig.5). Ove il processo di trasformazione presenta poche eccezioni ed i problemi sono facilmente analizzabili, i compiti dei lavoratori sono ripetitivi ed è possibile programmare il contenuto del lavoro, i tempi ed i metodi. In situazioni complesse viene esaltata l’importanza dei gruppi autonomi di lavoro con alta cooperazione all’interno. Tali situazioni si evidenziano e si moltiplicano con l’automazione dove la funzione del lavoratore diviene quella di regolatore del sistema.
N° di eccezioni sul lavoro
A.K.Rice mise in evidenza come l’impresa possa svilupparsi soltanto in un clima di consenso assicurato da piena coerenza fra compiti operativi ed atteggiamenti psicologici degli addetti..
Il filone di studio si rifà agli studi di M Weber (1864-1920). L’ipotesi di fondo è che la struttura organizzativa deve tendere al raggiungimento razionale degli obiettivi. Tale operazione sarà tanto più efficiente quanto più verranno eliminate le arbitrarietà e le occasioni di conflitto nelle relazioni interpersonali e fra gruppi. Ciò è possibile solo razionalizzando le organizzazioni attraverso una struttura basata su:
Hall ed altri AA. sottolinearono come a questi elementi si possano aggiungere almeno altri due:
Le disfunzioni cui questo modello può dare luogo furono sottolineate in particolar modo da Gouldner (fig.6) che sottolineò come l’uso del controllo e di regole generali ed impersonali instaurano bassi livelli di prestazione perché tendono a suggerire comportamenti minimi accettabili
Selznick (fig.7) mise in luce come la frammentazioni e la divisione del lavoro tendano a frammentare obiettivi ed interessi dei singoli e dell’impresa.
Merton (fig.8) ragionò in merito all’abuso di norme e formalizzazione, che si può tradurre in acritica interiorizzazione di queste che quindi si poteva tradurre in rigidità di comportamento e quindi in difficoltà di rapporti con i clienti.
Figura 7 – Il modello di Selznick
Figura 8 – Il modello di Merton
Una problematica fondamentale che l’approccio burocratico fa emergere è quella relativa al potere. Crozier, analizzando le problematiche legate al potere, presuppose che la burocratizzazione delle organizzazioni sia un fenomeno inevitabile quando l’ambiente esterno non ne solleciti un cambiamento. La burocratizzazione spingerà i gruppi interni a cercare delle proprie aree di attività nelle quali esercitare il potere. Si creerà allora all’interno di questi gruppi una solidarietà ed una coscienza comune perlopiù esterna agli obiettivi generali dell’organizzazione. I gruppi tendono ad isolarsi ed ad impedire il flusso e lo scambio di informazioni, fonte primaria di potere.
L’idea iniziale di H.Simon (1958) è che la teoria amministrativa deve stabilire i confini tra gli aspetti razionali e non razionali del comportamento umano sociale.
Nell’analizzare il comportamento razionale dell’uomo amministrativo nella realtà operativa egli sostituì la scelta ottimale, che necessità di scegliere tra alternative perfettamente note non disponibili nella realtà, con la scelta soddisfacente (razionalità limitata).
Simon (con March) definisce un modello decisionale in cui la valutazione delle alternative avviene secondo processi sequenziali, sviluppando programmi di azione che possono essere impiegati in situazioni ricorrenti, impiegando i programmi di azione specifici per gamme ristrette di situazioni e di conseguenze, ed infine facendo in modo che ogni programma di azione possa essere eseguito in modo semi-indipendente da altri.
L’uomo che dirige è un uomo che deve continuamente decidere secondo tre stadi:
Le decisioni possono essere programmate e non. Le prime in quanto routine possono fare riferimento ad una procedura prestabilita. Le seconde invece necessitano di volta in volta dell’applicazione dei tre stadi di cui sopra per ovviare alla mancanza di procedure specifiche atte a trattarle.
Il primo autore di questa scuola può considerarsi Chandler (1962) che definì che per strategia aziendale si intende l’insieme delle decisioni che stabiliscono gli obiettivi fondamentali di un’azienda, con particolare riferimento a quelli che riguardano i rapporti tra prodotti e mercati e l’allocazione delle risorse, mentre per struttura aziendale si intende lo schema organizzativo mediante il quale viene vista l’azienda, definito, formalmente ed informalmente, dal suo assetto strutturale (divisione del lavoro) e dagli strumenti e ai sistemi organizzativi e gestionali utilizzati dall’azienda. Dallo studio di 70 grandi aziende americane mise in evidenza che:
In base a questi elementi egli dedusse che l’organizzazione è un complesso in continuo adattamento, che riflette gli accadimenti dell’ambiente esterno, che deve essere utilizzata come mezzo per raggiungere gli obiettivi. L’adattamento della struttura alla strategia deve essere perseguito tenendo conto di tutte le componenti: struttura formale, strumenti operativi, sistemi, procedure e prassi.
Greiner (1972) considera come variabile fondamentale per studiare le caratteristiche organizzative dell’azienda la dimensione, a sua volta legata all’età dell’azienda. La storia di un’organizzazione ne determina il futuro più che le altre variabili esogene. Ogni azienda si sviluppa secondo un’alternanza di fasi di evoluzione e di rivoluzione. La durata delle fasi è determinata da dimensione ed età dell’azienda, dando per scontato che l’espansione delle dimensioni aziendali è un fatto ineluttabile.
Tra i principali studiosi particolarmente significativi sono gli studi di Burns e Stalker (1962) centrati su aziende che, passate da settori tradizionali a settori avanzati (elettronica), e mantenendo i vecchi assetti organizzativi non davano più risultati adeguati.
Essi ipotizzano che le scelte organizzative debbano tener conto delle caratteristiche di stabilità/instabilità dell’ambiente esterno. Possono quindi distinguersi strutture di tipo meccanicistico e organicistico rispettivamente più efficaci in condizioni di stabilità o di instabilità. Nella struttura meccanicistica è prevista una estesa specializzazione e distinzione funzionale delle mansioni, con compiti ben definiti in modalità, responsabilità e mezzi tecnici assegnati. Vi è una chiara gerarchia di autorità e controllo, il vertice aziendale coordina il tutto. Le comunicazioni sono di tipo ordine e fluiscono prevalentemente in senso verticale. Nella struttura organicistica la variabilità dei problemi non permette una esatta definizione a priori dei ruoli. Le comunicazioni fluiscono in tutte le direzioni e sono del tipo informazioni. Le relazioni interpersonali sono improntate alla collaborazione.
Lawrence e Lorsch (1967) ipotizzano che le scelte organizzative debbano tener conto delle caratteristiche dell’ambiente in termini di omogeneità/disomogeneità. Considerando che non si può definire un modello di organizzazione ottimale e che ciascun sottosistema aziendale presenta tassi di incertezza diversi, non si può definire un unico modello organizzativo ma tanti in funzione del grado di differenziazione tra le diverse unità operative. I concetti fondamentali
La differenziazione richiesta alle diverse unità può essere valutata in termini di:
In base al grado di differenziazione richiesto occorrerà definire per ciascuna unità:
Accanto alla differenziazione occorre tenere conto all’opposto delle procedure di integrazione per coordinare l’intera struttura. IN particolare vengono proposti meccanismi di complessità crescente e tendenzialmente cumulativi:
Galbraith assunse come variabile fondamentale l’incertezza del compito (i) intesa come scarto fra le informazioni disponibili ed informazioni necessarie al momento dell’esecuzione del compito (I).
L’incertezza del compito nasce dal livello d certezza/incertezza degli obiettivi e dal livello di conoscenza delle relazioni tra le variabili in gioco. L’incertezza del compito può quindi essere scomposta in:
La variabilità è data da:
Essa determina la capacità di standardizzazione del compito e quindi la possibilità di strutturazione. La difficoltà è data da:
Essa determina le capacità professionali richieste, le necessità di specializzazione e coordinamento. Le strategie organizzative potranno allora essere:
La tecnologia è vista come variabile ambientale esterna in base alla quale è possibile definire le variabili organizzative fondamentali. Per tecnologia, uno degli autori principali, la J. Woodward (1965) identificava il grado di continuità del processo di produzione, inversamente associato al grado di incertezza di assorbimento del mercato. L’Autrice mettendo in luce il rapporto tra caratteristiche organizzative ed incertezza dei processi operativi individuò:
I risultati della sua ricerca sono che:
Il gruppo di Aston (1976) verificò i risultati precedenti per quanto riguarda la configurazione organizzativa, cioè la distribuzione dei ruoli e la divisione del lavoro. Mentre per la struttura organizzativa intesa come standardizzazione, formalizzazione, ecc., fecero riferimento alla dimensione aziendale. Essi concludevano che
Esso concludeva che il vertice aziendale è indipendente dalla tecnologia che invece influenza l’organizzazione della produzione.
Newman (1974) espresse la natura della tecnologia dell’impresa in termini di tipologia di problemi affrontati:
Per ciascuna tipologia è possibile individuare una struttura organizzativa più efficace in termini di programmazione, leadership e controlli.
Le imprese che operano in ambienti a tecnologia stabile (trasformazione di materie prime, servizi sociali, ecc.) dovrebbero adottare una struttura centralizzata, con un processo di programmazione molto completo e dettagliato, un sistema di controllo molto stretto ed un grado di partecipazione del personale alle decisioni molto limitato.
Le imprese che operano in ambienti a tecnologia cosiddetta ad elasticità controllata (meccanica media-leggera, redazioni di giornali, ecc.) dovrebbero essere incentrate su una organizzazione dei compiti molto specializzata (ciascun dipendente conosce i limiti della propria discrezionalità) nel quadro di sistemi di programmazione, controllo ed informativo molto centrati sulle singole posizioni e ruoli organizzativi.
Le imprese che operano in settori dinamici (aerospaziali, consulenza aziendale, ecc.) dovrebbero essere impostate su una struttura con autorità decentrata, con meccanismi operativi orientati su obiettivi con larga partecipazione dei singoli e dove la tensione di tutti i componenti l’organizzazione è rivolta verso l’autorealizzazione.
Si definisce sistema un complesso di parti aggregate in modo non casuale, secondo una logica che stabilisce anche i criteri di interdipendenza tra le parti. Ogni parte di un sistema è a sua volta composto da sottoinsiemi (chiusi o aperti).
Ogni azienda deve:
Nel concetto di sistema è insita l’idea di controllo intesa come regola di funzionamento inserita nel sistema che ne consente la correzione. Il modello di controllo può essere su feedback alla continua ricerca di un equilibrio con l’ambiente.
L’approccio sistemico propone un metodo di lavoro per l’analisi e la progettazione organizzativa basata su:
Modelli di organizzazione
Il problema fondamentale per ogni organizzazione è quello di definire la propria struttura in relazione agli obiettivi, all’ambiente esterno, alle risorse disponibili.
I 3 tipi di modelli proposti per l’identificazione del tipo di struttura:
Nel modello tradizionale i criteri di raggruppamento più diffusi per mansioni, unità elementari ed unità di livello superiore sono:
In generale in una struttura complessa, normalmente articolata su più livelli, è raro che venga utilizzato un solo criterio di divisione orizzontale del lavoro. Questo perché ogni criterio è funzionale ad una sola variabile critica di successo, mentre le variabili critiche dell’organizzazione su sempre più di una.
Dopo aver deciso la suddivisione orizzontale occorre definire quella verticale in base ai parametri organizzativi di:
Il rapporto tra questi due parametri definisce se una struttura è piatta o verticale. Le strutture verticali hanno i seguenti vantaggi:
Si indicano invece i seguenti svantaggi:
Occorre privilegiare innanzitutto l’identificazione delle aree di criticità operativa e decisionale indotte dal compito primario e dalla loro classificazione in scala di priorità. La scelta va fatta dopo aver individuato le variabili critiche di successo che tengano conto delle diversità specifiche di ogni organizzazione.
In corrispondenza ai criteri di specializzazione usati al primo livello aziendale, le configurazioni organizzative saranno:
Essa presenta i seguenti svantaggi:
Presenta i seguenti svantaggi:
Possono aversi le varianti:
Il modello di Ansoff-Brandenburg individua 4 tipologie di efficienza organizzativa:
Per analizzare le tipologie di strutture organizzative si analizzano:
Vengono quindi individuate:
Nel modello di Mintzberg l’organizzazione viene definita come il complesso delle modalità secondo le quali viene effettuata la divisione del lavoro in compiti distinti e viene realizzato il coordinamento tra tali compiti-
Le variabili dell’organizzazione devono essere scelte in maniera da garantire un’armonia ed una coerenza sia tra gli elementi interni sia tra questi e le condizioni esterne.
Cinque meccanismi sembrano spiegare le modalità fondamentali attraverso le quali avviene il coordinamento:
Il passaggio da un meccanismo all’altro è determinato dall’aumento della complessità delle attività svolte, considerando come ultimo meccanismo il ritorno al n. 1 adatto sia a condizioni molto semplici come a condizioni molto complesse.
Le parti che compongono un’organizzazione sono:
Il terzo elemento di riferimento della progettazione organizzativa è la modalità di analisi del funzionamento del flusso di potere:
Possiamo adesso definire i parametri della progettazione organizzativa:
La scelta per le basi di raggruppamento va fatta tenendo conto delle interdipendenze tra:
I raggruppamenti del 1° ordine tendono ad essere su base funzionale, i raggruppamenti manageriali su base di mercato.
I fattori che spingono verso la diminuzione delle dimensioni sono:
Le dimensioni più elevate si trovano nel nucleo operativo.
Più le responsabilità sono di carattere globale più le unità tendono a controllare la performance complessiva piuttosto che le azioni specifiche.
Il potere ad una sola persona configura il max accentramento.
Il potere a pochi analisti che standardizzano le attività di tutti è un decentramento limitato che riduce il potere dei manager di line di livello inferiore.
La supervisione diretta rappresenta il meccanismo di coordinamento più accentratore, il reciproco adattamento quelle umano.
Il potere agli esperti determina una organizzazione che in misura elevata si affida alla conoscenza specialistica, Si possono distinguere:
Il potere a tutti rappresenta un’eccezione ristretta a poche organizzazioni democratiche di volontariato.
Risulta quindi possibile identificare 5 tipi di decentramento:
Una progettazione organizzativa efficace richiede una coerenza tra il complesso dei parametri di progettazione ed il complesso dei fattori contingenti. Questa va sotto il nome di configurazione allargata, unione delle ipotesi di conseguenza tra i parametri progettati ed i fattori contingenti e di configurazione come coerenza tra i parametri progettati: I principali parametri contingenti sono:
c) maggiore è la dimensione aziendale, più articolata è la sua organizzazione e più sviluppata è la componente direzionale
III. Sistema tecnico: è possibile individuare 3 ipotesi
Secondo la ricerca della Woodward è possibile evidenziare:
IV. Ambiente in questo ambito si possono individuare:
i) stabilità
E’ possibile individuare 5 ipotesi:
Le combinazioni degli elementi considerati (meccanismi di coordinamento, fattori contingenti, parametrici progettazione) tendono a combinarsi secondo 5 tipologie ideali:
il vertice aziendale spinge per l’accentramento, il coordinamento avviene per supervisione diretta
la tecnostruttura spinge per la standardizzazione delle attività produttive, il decentramento selettivo limitato orizzontale
il nucleo operativo promuove il decentramento orizzontale e verticale per minimizzare l’influenza della direzione e agire autonomamente
i manager della linea intermedia ricercano l’autonomia spingendo per un decentramento verticale limitato e la standardizzazione degli output
lo staff di supporto spinge per l’organizzazione con costellazioni, un decentramento selettivo del potere ed adattamento reciproco.
LA STRUTTURA SEMPLICE:
La tecnostruttura è assente, vi sono pochi addetti allo staff di supporto. L’ampiezza di controllo al vertice è elevata. La divisione del lavoro non è rigida, la differenziazione tra le unità è minima. E’ assente una forza lavoro professionalizzata. La gerarchia manageriale è poco sviluppata come la formalizzazione del comportamento, la pianificazione, la formazione e l’uso dei meccanismi di collegamento.
Il coordinamento è del tipo supervisione diretta. Il potere è accentrato al vertice. Il processo decisionale è flessibile e rapido. Esiste un forte sentimento di identificazione nell’impresa.
Essa si presenta o nelle aziende giovani (può permanere indefinitamente anche nelle piccole imprese) o nelle aziende in crisi.
Si distinguono le forme di:
Esiste confusione tra problemi strategici e operativi. E’ molto vincolante per le ambizioni professionali degli addetti.
La burocrazia meccanica
I compiti operativi sono molto specializzati e di routine con procedure formalizzate nel nucleo operativo impostato in unità di grandi dimensioni raggruppate su base funzionale. Il coordinamento si ha con la supervisione diretta.
La tecnostruttura è la parte fondamentale, costituita dagli analisti delle procedure di standardizzazione del lavoro. Il processo decisionale, che si sviluppa lungo la linea di autorità, è piuttosto accentrato, anche per la disponibilità di informazioni. Le unità operative sono molto differenziate ed è accentuata la divisione del lavoro.
I manager di line hanno l’autorità formale, lo staff consiglia. L’organizzazione è ossessionata dalla necessità di controllo. Questi sistemi sono necessari per abbassare la continua conflittualità esistente a tutti i livelli.
Il vertice aziendale è in parte assorbito dalla gestione dei conflitti. Esiste un forte ricorso alla pianificazione dell’azione. E’ caratteristica di ambienti stabili e semplici, di aziende mature di dimensioni elevate e con sistemi tecnici ad alto grado di regolazione, ma non automatizzati. Si osservano le seguenti forme di burocrazia:
In caso di controllo esterno tutte le organizzazioni tendono a diventare burocratiche.
I problemi principali di questa struttura sono nelle motivazioni ed aspettative del lavoratori.
Le eccezioni vengono fatte risalire lungo la gerarchia sino a trovare il manager che ha il potere di decidere. Ciò provoca un forte aggravio del carico decisionale della direzione che diventa opprimente quando è anche necessario prendere delle decisioni strategiche. Si desume quindi che la struttura non è in grado di modificare la propria strategia tempestivamente.
La burocrazia professionale:
Il nucleo operativo è la parte fondamentale. Lo staff è sviluppato ma è al servizio del nucleo operativo. E’ un’organizzazione decentrata orizzontalmente e verticalmente. Nel nucleo operativo ci sono solo professionisti, con capacità standardizzate, che controllano il loro lavoro ma anche le decisioni amministrative e direzionali che li riguardano. La line intermedia è poco sviluppata ed è composta da professionisti del nucleo operativo che dedica molto tempo alla gestione delle varianze che si manifestano nell’organizzazione. Essi svolgono anche una funzione di rappresentanti con l’ambiente esterno. Essi detengono potere in quanto ottengono
appoggi e finanziamenti dall’ambiente esterno per le attività operative.
Le strategie collettive coincidono con quelle dei singoli a meno delle attività specifiche cumulate nel tempo da ciascuno. L’ambiente è complesso e stabile, cioè con procedure difficili da apprendere ma sostanzialmente non mutabili nel tempo. Nella struttura pura il sistema tecnico è semplice. Si osservano le forme di:
Non esistendo alcun controllo diventa difficile rimediare le deficienze. Il coordinamento tra staff e professionisti e tra questi stessi è difficile.
La discrezionalità consente ai professionisti poco coscienziosi di non tenere conto delle esigenze di clienti ed azienda. E’ un’organizzazione rigida poco adatta alle innovazioni. Il tentativo di controllare le attività non è adatto per compiti complessi e turba la libera relazione tra cliente e professionista.
La soluzione divisionale:
Il raggruppamento delle attività al vertice è in base al mercato. La scarsa interazione minimizza le necessità di coordinamento.
L’ampiezza di controllo del vertice strategico è elevata. Si ha un decentramento verticale limitato parallelo. E’ piuttosto accentrata.
Il principale meccanismo di coordinamento è la standardizzazione dell’output, il parametro di progettazione organizzativa è il sistema di controllo delle performance.
La direzione controlla le divisioni con la supervisione diretta. All’interno le divisioni tendono ad organizzare come burocrazia meccanica.
Esiste una rigida divisione del lavoro tra direzione centrale e divisioni, le comunicazioni sono formali i rapporti personali sono limitati per non perdere potere.
La direzione centrale ha il potere di gestire il portafoglio strategico e di allocare le risorse finanziarie, inoltre la direzione ha il potere di controllare le performance e di nominare e sostituire i responsabili delle divisioni. Le visite periodiche consentono alla direzione un controllo personale. Viene adottata in presenza di mercati di verificati ed essa stessa spinge alla diversificazione.
La divisionalizzazione è attuabile quando il sistema tecnico può essere diviso in parti. E’ presente in ambienti poco complessivi e poco dinamici.
Il suo utilizzo viene ritardato dall’assenza di pressione competitiva. All’aumentare della dimensione e dell’età le impreso sono portate a diversificare e a divisionalizzare. I manager di line intermedia spingono per questa struttura per acquisire potere.
La soluzione divisionale adottata dopo una diversificazione strategica favorisce un’efficiente allocazione dei capitali all’interno dell’impresa, forma generale manager, ripartisce i rischi ed aumenta l’elasticità strategica.
Viene vanificata quando i manager della direzione tendono ad accentrare alcune funzioni importanti, rendendo di fatto vane le azioni delle divisioni.
In questa soluzione il consiglio di amministrazione perde il potere di controllo perché non dispone delle informazioni necessarie.
Il potere dei manager di divisione è inferiore a quello di un’impresa indipendente. Protegge le attività in periodi di congiuntura sfavorevole, ma così facendo protegge anche business non competitivi.
Il sistema di controllo delle performance è assolutamente indifferente alle modalità di ottenimento dei risultati, quindi eventuali conseguenze sociali delle attività della divisione vengono ignorate.
E’ una forma instabile che oscilla tra imprese indipendenti e ritorno all’accentramento funzionale. Le grandi dimensioni assunte dalle imprese e la spinta esercitata dalla divisionalizzazione all’ingrandimento costituiscono un pericolo per il normale svolgersi delle forze di mercato, e socialmente spesso spingono ad una maggiore burocratizzazione. Le fasi di sviluppo possono essere da impresa integrata a impresa integrata con prodotti intermedi, a impresa con prodotti correlati a impresa conglomerata.
L’adhocrazia:
E’ adatta per innovazioni complesse o sofisticate perché in grado di fondere esperti di discipline diverse inarmonici gruppi di progetto ad hoc.
E’ un’organizzazione organica, con scarsa formalizzazione, elevata specializzazione orizzontale delle mansioni conformazione di tipo formale. Raggruppamento su base funzionale, ma utilizzo in piccoli gruppi interfunzionali per progetto.
Coordinamento attuato tramite reciproco adattamento. Decentramento selettivo ai gruppi in un’organizzazione e matrice. Non esiste unità di comando, i processi informatici e decisionali sono flessibili ed informali.
Il potere è degli esperti e dei professionisti, ma non esiste standardizzazione delle capacità perché ciò inibirebbe l’innovazione. Sono molto utilizzati i meccanismi di collegamento laterali. Ci sono due forme:
In 1) l’attività direzionale ed operativa tendono a fondersi. In 2) le precedenti sono nettamente distinte. Il nucleo operativo viene automatizzato, oppure ceduto ad altri, oppure viene gestito in maniera burocratica.
La distinzione tra line e staff sfuma e quest’ultimo assume primaria importanza. La tecnostruttura è assente. Questa configurazione non è stabile e con l’età tende a burocratizzarsi. E’ fonte di conflitti determinati dalle scelte, ma questi vanno gestiti ai fini produttivi e non eliminati. Il vertice, strategico ha la primaria funzione di collegamento con l’esterno oltre che di controllo dei progetti.
Le multinazionali le cui linee di prodotto sono interdipendenti e che affrontano un ambiente caratterizzato da complessità e dinamismo crescenti saranno spinte verso l’ibrido dell’adhocrazia divisionale.Nelle piccole imprese ad alta tecnologia si ha l’ibrido della adhocrazia imprenditoriale.
Quando il prodotto varia continuamente a causa della competitività dei mercati e della rapidità obsolescenza dei prodotti si ha una adhocrazia competitiva, fondata su tempi di risposta rapidissima determinati da una perfetta conoscenza dei mercati.
I principali problemi sono:
Mintzberg conclude ricordando che si sono riportati tipi ideali o puri. Rimane il problema di dove possano essere riscontrati. E’ ovvio che ogni configurazione è una semplificazione che minimizza la complessità delle strutture organizzative. Alcune strutture reali si presentano in modo diverso. Alcune sono una transizione da un tipo puro all’altro, in conseguenza di una mutata situazione. Altre presentano strutture che possono essere descritte come un ibrido di configurazioni. Mintzberg sottolinea come le cinque tipologie individuate rappresentano una struttura concettuale da utilizzare per comprendere il comportamento organizzativo, e come e perché esse cambiano nel tempo.
sono:
Fonte: http://www.dica.unict.it/users/aancaran/eoa_inf/Appunti_Organizzazione.doc
Sito web da visitare: http://www.dica.unict.it
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
Il testo è di proprietà dei rispettivi autori che ringraziamo per l'opportunità che ci danno di far conoscere gratuitamente i loro testi per finalità illustrative e didattiche. Se siete gli autori del testo e siete interessati a richiedere la rimozione del testo o l'inserimento di altre informazioni inviateci un e-mail dopo le opportune verifiche soddisferemo la vostra richiesta nel più breve tempo possibile.
I riassunti , gli appunti i testi contenuti nel nostro sito sono messi a disposizione gratuitamente con finalità illustrative didattiche, scientifiche, a carattere sociale, civile e culturale a tutti i possibili interessati secondo il concetto del fair use e con l' obiettivo del rispetto della direttiva europea 2001/29/CE e dell' art. 70 della legge 633/1941 sul diritto d'autore
Le informazioni di medicina e salute contenute nel sito sono di natura generale ed a scopo puramente divulgativo e per questo motivo non possono sostituire in alcun caso il consiglio di un medico (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione).
"Ciò che sappiamo è una goccia, ciò che ignoriamo un oceano!" Isaac Newton. Essendo impossibile tenere a mente l'enorme quantità di informazioni, l'importante è sapere dove ritrovare l'informazione quando questa serve. U. Eco
www.riassuntini.com dove ritrovare l'informazione quando questa serve