Il lavoro nel corso della storia

Il lavoro nel corso della storia

 

 

 

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Il lavoro nel corso della storia

 

Occidente e lavoro: il lavoro nel mondo classico e biblico

Esame della concezione del lavoro nell’ambito della tradizione occidentale, nel tentativo di rintracciare entro lo spirito classico e in quello giudaico-cristiano delle indicazioni che ci consentono di ragionare intorno al “lavoro” come modalità principale dell’”abitare” dell’uomo nel mondo. La relazione presenta ,per questo motivo, un carattere particolare : invece di condurre un percorso ab origine per poi seguire , attraverso le varie tappe, l’evoluzione delle idee che , intorno al lavoro maturano via via nella storia dell’Occidente , si tratta di procedere in senso inverso, per condurre una ricognizione che , partendo dalla concezione medievale del lavoro (nella quale sono già evidenti le ambivalenze del giudizio), ci porta a riflettere su di un originario interrogarsi dell’uomo intorno al suo “fare nel mondo”.
Questo può essere uno schema della relazione:

-Il lavoro nel mondo medievale, con tutte le ambivalenze contenute nel giudizio intorno ad esso
-Il giudizio sul lavoro come vita operativa in contrapposizione all’attività teoretico-scientifica , presente nella cultura greca.
-Il giudizio sul lavoro nel mondo biblico, con particolare attenzione alla sensibilità dell’ebraismo che tanta parte ha nel delineare un senso del lavoro per l’uomo occidentale.

 

La concezione medievale del lavoro

 

Nell’Alto Medio Evo notiamo un certo silenzio nei confronti del lavoro e dei lavoratori, silenzio che già può risultare indicativo di una certa mentalità. Qualche notizia  intorno alla concezione del lavoro , tra V e VIII secolo la troviamo  nell’ambito delle regole monastiche e nella letteratura agiografica : spesso emerge , anche se non necessariamente in modo esplicito, un quesito: “ Un monaco può – deve svolgere un lavoro manuale?”.
Le fonti agiografiche esaltano, spesso, il valore della vita contemplativa. Un esempio può essere tratto dalla biografia di Gregorio Magno ,il quale si lamenta , in alcune sue lettere, di essere stato strappato alla vita contemplativa per essere gettato nella vita attiva e di aver dovuto abbandonare  Rachele per Lia , Maria per Marta.

Più avanti la riflessione sul lavoro  la si ricava da un altro tipo di documentazione, quale quella dei testi giuridici..., mentre sempre più sovente la riflessione intorno al lavoro  è condotta  in relazione all’idea della  società tripartita.
Al di là ,comunque, delle fonti cui si può fare riferimento, notiamo che la mentalità comune  medievale  si  presenta oscillante tra due atteggiamenti:

Disprezzo del lavoro                                                         Valorizzazione del lavoro

 

Il disprezzo del lavoro, inteso come segno di debolezza e di infermità , si lega  indubbiamente al  peso che la mentalità barbarica ha  avuto sulla mentalità generale: a questo proposito appare indicativo un passo tratto dalla Germania di Tacito ,in cui questo disprezzo del lavoro ,accanto all’esaltazione della guerra, emerge in tutta evidenza.
“Nec arare terram aut exspectare annum tam facile persuaseris quam vocare hostem et vulnera mereri. Pigrum quin  immo et iners videtur, sudore acquirere quod possis sanguine parare. Quotiens bella non ineunt, non multum in venatibus, plus per otium transigunt, dediti somno ciboque, fortissimus quisque ac bellicosissimus nihil agens..” ( Germania XIV-XV)

 

Da questa citazione possiamo ricavare tutto il disprezzo per il lavoro tipico della società guerriera, anche se non manca , nelle mitologie germaniche, qualche cenno di opposta convinzione , quando si fa riferimento al prestigio sociale degli artigiani metallurgici sacri del mondo germanico.

 

Inoltre , salvo alcune eccezioni, la stessa legislazione  barbarica ci appare indicativa del disprezzo per il lavoro: una scala dei valori sociali e dei loro fondamenti ideologici colloca i lavoratori all’ultimo posto.
Un esempio:
presso la legislazione dei Burgundi troviamo la seguente tabella per quanto concerne la pena relativa all’omicidio:

 

aratores-porcarii-birbicarii –alii servi   30 soldi
carpentarii                                                 40 soldi
fabri ferraii                                               50 soldi
aurifices                                                     150 soldi

 

 
Un’ambivalenza simile emerge dal mondo cristiano medievale ; va tenuto presente per prima cosa un fatto : che  la regressione tecnica che ha accompagnato la quasi totale scomparsa del lavoro specializzato ha determinato l’identificazione tout court del lavoro con il lavoro manuale e ,in particolare modo, con il lavoro rurale.

A questo proposito  l’idea della società tripartita sembra confermare questo disprezzo : Adalberone di Laon, nel  sec.XI , rivolgendosi a Roberto il Pio , re di francia, ricorda che l’ordine sociale è stato dato da Dio, e che , soprattutto, per coloro che sono i suoi ministri non  è decoroso svolgere nessun tipo di lavoro. Il lavoro viene dunque identificato con la condizione servile, mentre alcune associazioni di idee ( laborantes-rustici-illitterati..) producono addirittura una condanna morale del lavoratore stesso.

Un’altra fonte utile per comprendere la concezione del lavoro nel Medioevo può essere lo studio che M.Mollat ha condotto intorno all’evoluzione semantica della parola “ pauper”: questo termine  indica in un primo momento il debole  in contrasto con il potente, poi indica  colui che nella povertà assume, in un certo senso, l’”imago Christi”, infine colui che  , nell’ordine sociale, si pone come l’escluso,l’emarginato. Se colleghiamo la condizione della laborator al pauper possono emerger spunti interesanti : il lavoratore è il debole, che china la testa  e che assume il peso della colpa che grava sull’umanità; poi il lavoratore è visto come l’umile che rivive umilmente  il lavoro  divino della creazione di qualcosa; infine il lavoro è potenza dell’uomo sul mondo , per cui chi ne è escluso perde   la dignità sociale e , in un certo senso, umana.

 

 

 

 

Isole di valorizzazione del lavoro

Nei secoli dell’Alto Medio Evo, accanto all’eclissi dei valori del lavoro nei sistemi di valore sociale , culturale e spirituale, emergono segni di una qualche valorizzazione del lavoro . un primo esempio può venire dal lavoro dei chierici e specialmente del monaco. Si parlava ,precedentemente, del quesito relativo al lavoro per i monaci : il Concilio di Orleans del 511 raccomanda il lavoro manuale ai vescovi , ai preti e lo impone ai monaci. Il lavoro dei mancai dunque  viene considerato
positivamente, soprattutto se pensiamo al fatto che il monaco, esemplare per l’umanità tutta , finisce per nobilitarlo; questo , anche se va tenuto presente un fatto di non secondaria importanza: il lavoro del monaco presenta dei caratteri speciali, che quindi solo in piccola parte possono essere ricondotti al lavoro del lavoratore qualunque. Per prima cosa  la letteratura agiografica ci conferma  che i monaci si dedicavano al lavoro manuale, ma ci fa capire che non di rado l’attività svolta (magari di costruzione di macchine..) era più affine alla vita contemplativa nel senso di una  disponibilità di un sapere quasi magico-sovrannaturale. Inoltre ricordiamo che il senso di questo lavoro monastico è penitenziale. Proprio perchè il lavoro manuale  è lagato alla caduta, alla maledizione divina e alla penitenza, i monaci , penitenti per vocazione, devono dare, in ciò, un chiaro  esempio di mortificazione.

 

 

La concezione del lavoro nella cultura greca

Tradizionalmente il classicismo si compiace di immaginare  gli antichi Greci come  gente che “vive di rendita” ,  che spende  cioè la propria vita  nel culto della bellezza e  dell’esaltazione della  personalità.( Accanto a questa immagine va però tenuto conto del fatto che lo sviluppo della vita economica nell’antica Grecia va  collegato con un impulso al guadagno presente  presso  gli stessi Greci!).
Un’antica narrazione di carattere mitico dice che la protervia umana ha  spezzato l’incanto dell’età dell’oro , con il suo  desiderio di  determinare il  proprio destino, portando  l’umanità all’età del ferro . caratterizzata dal lavoro, come evidente segno di decadenza . Gli dei stessi indirizzano gli uomini alle varie attività (es: Demetra-agricoltura / Hermese-mercatura / Atena-arti donnesche..).

Esame del ciclo omerico

La società omerica è una società guerriera-cavalleresca che prende sprezzantemente le distanze dal lavoro, pur con qualche eccezione : infatti l’eroe omerico combatte anche per il bottino , oltre che per l’onore, cerca  il riscatto dei  suoi prigionieri, mentre  figure di re ,in tempo di pace, non disdegnano di occuparsi della mietitura.
Nell’Odissea ,in particolare, lo spirito commerciale trova una maggiore attenzione da parte dell’autore : la stessa pirateria non appare  riprovevole ( Menelao confessa candidamente di aver accumulato ricchezze con questo tipo di attività). Sempre nell’Odissea    emerge , da qualche parte, una certa sensibilità nei confronti del basso popolo e ,in alcuni casi, degli schiavi. Ma la sproporzione tra l’eroe e l’uomo in condizione servile resta molte evidente – “ Giove toglie metà del suo valore all’uomo su cui piomba il dì servile”.
Il giudizio negativo sul lavoro  indica  un legame forte tra lavoro e condizione servile.  Ma cosa  accade, quali idee emergono quando il lavoro, diventando esperienza  viva, viene pensato  come

 

  professione libera ? Evidentemente il giudizio muta in un atteggiamento completamente diverso: è il caso di Esiodo , che nella vita  era un libero contadino e che , nell’ambito della letteratura greca, viene spesso considerato come il poeta che per primo sviluppa con forza il senso della propria individualità. Accanto alla Teogonia (1022 versi, dedicati alla narrazione delle vicende dell’universo a partire dalla condizione del Caos originario) , va ricordata l’altra grande opera : “Le opere e i Giorni” (828 versi), e , in particolare, il mito di Pandora che spiega la ragione della necessità per cui l’uomo deve lavorare per vivere , oltre che della presenza dei mali nel mondo. L’uomo deve lavorare per avere l’abbondanza ; questo dovere non va inteso come una condanna : a
differenza degli animali l’uomo deve evitare l’inganno e la violenza, vivere di onesto lavoro e rispettare i dettami della natura. Il lavoro è premio a se stesso , e solo grazie ad esso  la vita dell’uomo assume senso.  Esemplari sono alcune parole, probabilmente indirizzate al fratello che si crede troppo in alto per potersi dedicare ad un lavoro manuale : “Nessun lavoro è vergogna. Poltrire è vergogna”.
Siamo a questo punto di fronte a due concezioni di vita  opposte, anche va aggiunto che la posizione di Esiodo resta un caso isolato (è difficile trovare un altro che leghi il lavoro  al senso della vita!).
Infatti ,in generale , la cultura greca segna una netta separazione tra lavoro e vita emotiva
A questo proposito vale la pena di ricordare  l’uso del termine               che indica , nello stesso tempo, l’uomo gravato dalla fatica nel senso fisico del termine, ma anche colui che ha la coscienza pesante e che dunque è “cattivo”.
L’egemonia culturale dell’aristocrazia produce un disprezzo generale nei confronti del lavoro , disprezzo che trova riscontro in Teognide che scrive:

“Mai non sarà che stia dritta la testa d’un servo,
ma sempre obliqua, il collo torto sempre sarà”

 

“La ricchezza ha corrotto le stirpi”

 

Interessante è anche l’atteggiamento di Pindaro quando usa  il termine ponos per indicare la fatica dell’atleta nel corso delle gare –Teniamo presente che lo stesso termine indica anche la fatic nel lavoro dei campi : la differenza di qualità sta nella meta che ci si prefigge. La fatica legata al lavoro produttivo è spregevole perchè non gratuita , e indicativa di uno stato di dipendenza dell'uomo dalle cose, mentre l’attività dell’atleta si carica di senso ludico e  denota uno spirito libero e una vita dedicata a coltivare la  personalità nel segno della bellezza .
Il disprezzo per il lavoro non è presente in Grecia  solo nell’ambiente aristocratico (pensiemo a Sparta dove agli Spartiati è preclusa qualsiasi attività, anche di tipo artigianale) ,ma anche in ambiente democratico. E’ forte infatti l’idea secondo la quale l’attività lavorativa compromette l’inserimento dell’individuo nella vita della comunità, poichè chi è impegnato nella  conquista del sostentamento quotidiano non si può dedicare al perfezionamento della propria umanità e non è in grado, dunque, di  dare un apporto positivo alla vita della  comunità stessa.Platone , che pure  ammette la legittimità del “guadagnarsi da vivere” teme le facili degenerazioni cui il lavoro può portare , nel senso della brama di guadagno, e per questo nella Republica i guardiani dello Stato non hanno nulla a che fare con l’attività economica.
Aristotele , da parte sua, non condanna la proprietà privata , anzi la vede come fonte di soddisfazione personale, soprattutto in quanto permette la                               , cioè la liberalità. Aristotele distingue tra due attività economiche: l’una , buona, che mira  a procacciare i mezzi di sostentamento per l’uomo libero. L’altra , cattiva, punta al guadagno in sè e  scivola nell’esosità.

 

 

L’ozio , d’altra parte, non è il dolce far niente, ma lo spazio nel quale il cittadino può vivere in un’ottica superiore ; il frutto supremo di  questo ozio è l’attività teoretico-scientifica  (il termine greco per "ozio” è         )
C’è comunque un’ottica superiore nella quale pienamente si dà la migliore condizione per l’uomo e non si tratta certamente del lavoro. A questo proposito Aristotele è molto chiaro : nell’Etica Nicomachea egli si chiede cosa sia il vero bene per l’uomo e lo trova nella felicità, che si presenta nella forma dell'’autosufficienza, della gratuità e del vero piacere e che consiste nello svolgere la funzione specifica dell’uomo, che la vita secondo la ragione. Nel libro X dell’Etica Nicomachea la felicità è legata  alla pratica della più alta delle virtù dianoetiche, e cioè alla sapienza.
Aristotele lega dunque la nobiltà della condizione umana alla vita teoretica, ed esprime in questo una  concezione del lavoro come attività nettamente subalterna.

Ricapitolando: nel mondo greco due sono le considerazioni fondamentali intorno al lavoro:

-i Greci riconoscono il valore sociale del lavoro e la sua necessità
-il lavoro dell’uomo rimanda a qualcosa di più alto del lavoro prestato ( cioè all’attività  svolta da libero cittadino nella comunità umana).

 

 

“Le opere e i giorni” di Esiodo

 

Notizie sulla vita di Esiodo –vive tra il secolo VIII e il secolo VII- il padre, fallita la sua attività commerciale, abbandona Cuma ,colonia greca sulle coste dell’Asia Minore, per stabilirsi ad Ascra, dove vive poi il poeta- si ha notizia di una lite con il fratello Perse per questioni di  eredità, lite che diventa una delle occasioni del poema stesso.

Le Opere e i Giorni – 828 versi – il proemio è dedicato alle Muse che sono esortate a celebrare Zeus che garantisce la giustizia nel mondo – Il poeta si rivolge al fratello Perse , ricordando che esistono due Eris (cioè due tipi di contese): una buona che genera volontà di emulazione e una cattiva che produce litigio e odio . Perse che tenta di corrompere i giudici per averla vinta sul poeta  segue la strada sbagliata dell’ingiustizia e del sopruso, e abbandona quella giusta del duro lavoro come unico legittimo sostentamento dell’uomo.
Nei versi seguenti (42-105) segue la narrazione del mito di Prometeo e di Pandora (già in parte trattato nella Teogonia)
-furto del fuoco che permette agli uomini di procurarsi i mezzi di sostentamento
-invio di Pandora come punizione degli dei  per gli uomini
-Pandora accolta dallo sciocco Epimeteo
-Pandora apre il vaso dei mali con le funeste conseguenze , tra le quali  “l’aspra fatica”
Nel suo insieme il mito sembra voler dar ragione della necessità per l’uomo di lavorare per vivere, oltre che della presenza dei mali nel mondo.
Segue poi un altro mito (versi 106-201), quelle  delle età o delle razze umane: all’originaria stirpe dell’oro , seguirono quelle dell’argento, del bronzo, degli eroi e , infine, l’attuale del ferro.Questa

 

narrazione non va intesa semplicemente come legata ad un’idea di decadenza lineare del mondo; infatti ogni razza contiene in se , accentuati in modo diverso, elementi negativi e positivi. Inoltre la perdita dell’innocenza primitiva comporta l’acquisizione di una consapevolezza che rende capaci di scegliere : il racconto dell’usignolo e dello sparviero  (versi 202-211) ci fa vedere che presso gli animali  la forza è l’unica legge:  ma per gli uomini il comando è quello di seguire la strada della giustizia. La giustizia proviene da Zeus che ne è il dispensatore , e che ci ricorda  che  seguire la giustizia  si accompagna necessariamente al lavoro come unico mezzo lecito per procurarsi da vivere: l’uomo deve lavorare se vuole abbondanza- l’ozio è vergogna e chi ruba è punito dagli dei. Notiamo dunque che il filo conduttore del poema  presenta un forte carattere etico che lo distingue
dalla Teogonia. L’opera in questione solo apparentemente si pone come una sorta di manuale destinato a chi coltiva i campi: in realtà lo scopo è quello di dare un fondamento etico alla necessità e virtù del lavoro, secondo il vivere retto che è un aderire con la propria vita al disegno di giustizia  fondato da Zeus.

 

 

La concezione del lavoro nel mondo biblico

 

 

La posizione della Bibbia ci consente di comprendere l’origine di questa duplicità nel giudizio sul lavoro della cultura occidentale.
L’Antico Testamento insiste su due grandi convinzioni:

  1. Il lavoro è degno dell’uomo visto che Dio stesso opera e lavora . Nella Genesi Dio lavora e si compiace del proprio operato -  “Dio disse :< Le acque che sono sotto il cielo si raccolgano in un solo luogo e appaia l’asciutto>. E così avvenne. Dio chiamò l’asciutto terra e la massa delle acque mare. E Dio vide  che era cosa buona.”( Gen. 1,9-10) - Il lavoro è dunque buono in sè , anche se il peccato ha turbato l’armonia dell’universo, introducendo l’elemento della sofferenza e della fatica. “Con il sudore  del tuo volto mangerai il pane; finchè tornerai alla terra, perchè da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere  tornerai”(Gen. 3,19). Il peccato segna la rottura dell’unità dell’uomo con  il creato, al punto che  lo stare dell’uomo  nel mondo diventa un esser-gettato nel mondo come esiliato e straniero. Adamo si vergogna dopo aver comesso il peccato. “Ma il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse :< Dove sei?> Rispose.< Ho udito il tuo passo nel giardino :ho avuto paura ,perchè sono nudo, e mi sono nascosto.>” (Gen.3,9-10). L’esperienza dell’esistere  nasce come vergogna , in un sentire problematicamente il proprio essere. Scrive Lèvinas in “Dell’Evasione”: <La vergogna appare ogni volta che non riusciamo a far dimenticare la nostra nudità. Essa è in rapporto con tutto ciò che si vorrebbe nascondere e a cui non si può sfuggire.....Ciò che appare nella vergogna è precisamente il fatto di essere incatenati a sè, l’impossibilità radicale di fuggire da se stessi per nascondersi a sè, l’iremissibile presenza dell’io a se stesso......E’ dunque la nostra intimità , cioè la nostra presenza a noi stessi, che è vergognosa. Essa non rivela il nostro nulla, ma la totalità della nostra esistenza...la vergogna è, in fin dei conti, un’esistenza che cerca per sè delle scuse. Ciò che la vergogna svela è l’essere che si svela”.

 

 

 

La problematicità del nostro essere emerge in modo chiaro in un celebre versetto della Genesi, 3-22:23Il Signore Dio disse allora:< Ecco, l’uomo è diventato come uno di noi, per la conoscenza del bene e del male. Ora egli non stenda più la mano e non prenda anche dell’albero della vita, ne mangi e viva sempre>.Il Signore Dio lo scacciò dal giardino di Eden, perchè lavorasse il suolo da dove era stato tratto”. L’uomo, dunque, partecipe della divinità, per quanto concerne la coscienza, ma legato irrimediabilmente alla fragilità e alla mortalità dal punto di vista del suo essere.

Emerge una successione di esperienze di frattura legata al peccato: la prima è quella della perdita dell’unità originaria con la natura , la seconda è la dolorosa scoperta del proprio essere come luogo di vergogna, la terza è quella della contraddizione irrisolvibile tra coscienza ed essere.
Il lavoro rappresenta un dovere morale che Dio ha dato all’uomo da integrare con la preghiera e la
contemplazione. In Gen.2,15..leggiamo “Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino dell’Eden , perchè lo coltivasse e lo custodisse.” E poco dopo , in Gen.2.19 “Allora il Signor Dio plasmò dal suolo ogni sorta di bestie selvatiche, e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo, per vedere come li avrebbe chiamati : in qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome”. Il lavoro può diventare una specie di occasione per recuperare l’unità attraverso la cura del mondo.

 

 

La concezione del lavoro nella cultura ebraica

 

La Bibbia si forma  attraverso una progressiva stratificazione di testi, tra i quali si nota  un’influenza proveniente da più culture. In particolare il mito della Genesi risulta fortemente collegato alla civiltà mesopotamica (v. cattività babilonese).
A Babilonia ogni anno viene letto pubblicamente il poema  “ ENUMA ELIAH ( “Quando nell’Alto”) che riassume la cosmogonia  mesopotamica :
-Marduk  capo dei nuovi dei lotta con la divinità malvagia Tianath e  vince facendo a pezzi l’avversario
-Con i pezzi del corpo dell’avversario sconfitto, Marduk costruisce l’universo
-La materia si presenta con una connotazione negativa
-Chi si occuperà del funzionamento della Materia?
-Viene creato l’uomo, con lo sterco degli dei, per svolgere questa funzione
-L’uomo è un servo, per il quale il lavoro è il segno inequivocabile della fragilità e dell’umiliazione

Il racconto della Genesi può essere letto come il controcanto di questa cosmogonia : il protagonista è Dio. Di cui Israele ha già fatto esperienza nell’Esodo ( la Genesi viene prodotta dopo l’Esodo, quindi dopo che  gli Ebrei ha  conosciuto Dio come liberatore). Al posto di Marduk c’è Ihwh ,il Dio padre, e non padrone, liberatore che dona la terra all’uomo. Ciò che Dio dona è buono in sè: Dio dà una forma possente alla materia con la parola  ( dabar –parola –azione . La parola è manifestazione dll’essere, così come lo è l’azione). Se la creazione è manifestazione di Dio, e Dio è buono, allora la

 

 

 creazione è buona. Quindi la Terra è un dono per l’uomo, che deve abitarla  e curarla per se stesso in rapporto a Dio. Il nostro abitare la Terra  deve essere un continuo accogliere il dono di Dio.
In quest’ottica , il lavoro diventa:

  1. collaborazione con Dio, nella gratitudine per il dono ricevuto
  2. responsabilità (l’uomo è custode del mondo)
  3. libertà per l’uomo
  4. sua dignità

L’uomo è interlocutore di Dio. La Genesi ci ha fatto vedere che Dio dà all’uomo il compito di dare nomi agli enti, cioè di fare presa sul’essere. Ora, il lavoro è precetto e obbedienza a Dio in questo
senso: è un gradire il suo dono dando a quest’ultimo la sua identità: tutto diventa riconoscibile, compreso l’uomo stesso, che nel lavoro, appunto, riconosce se stesso .
Ecco dunque che il fine del lavoro non è legato all’utilità, al dominio, all’imposizione sul mondo. Il lavoro è un riconoscere la gratuità del dono di Dio, che ha creato come crea un artista, per sovrabbondanza interiore.
Se questo riconoscere la gratuità dell’atto creativo di Dio si dà, nell’uomo adulto, in forma di lavoro, per il bambino si dà come gioco. ( Teniamo presente che  nella cultura ebraica grande  è il rispetto per il gioco. Secondo la legge ebraica, il bambino non può giocare fino a quando non compie il rito di passaggio all’età adulta).
Il gioco è l’esperienza irrinunciabile per l’uomo nell’aurora della sua esistenza, perchè è la prima grande esperienza della gratuità dell’agire. L’esperienza del gioco si pone come condizione forte perchè poi si possa  accedere al lavoro senza tradire la fondamentale gratuità del dono di Dio.

 

 

 

Fonte: http://digilander.libero.it/domani_ti_sego/file%20word/sto%20med/Occidente%20e%20lavoro.doc

Sito web da visitare: http://digilander.libero.it/domani_ti_sego

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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