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Il processo decisionale e le strategie
III.1. Processo decisionale
Se si volesse indicare in modo sintetico l’attività fondamentale di ogni manager, indipendentemente dal grado di responsabilità, senza dubbio si farebbe riferimento all’attività di decisione. È questo l’aspetto fondamentale dell’attività dei manager: assumere decisioni, cioè effettuare scelte. In modo semplicistico, la decisione viene definita come “scelta fra alternative” anche se va subito sottolineato che, di norma, ci si trova in presenza di un’attività più articolata che dà vita ad un processo decisionale.
In questo capitolo l’attenzione viene rivolta, appunto, ad analizzare le varie fasi che compongono il processo decisionale, il ruolo della razionalità e gli studi che ne considerano la sua “limitazione”, così come il ruolo che l’intuito svolge nell’adozione delle decisioni. Inoltre, in base alla considerazione che le decisioni che i manager adottano sono di differenti tipologie, l’attenzione si indirizza, da un lato, ad analizzare le varie tipologie e, dall’altro lato, ad evidenziare le condizione nelle quali le decisioni vengono adottate. Infine, un cenno alle tecniche che possono coadiuvare i manager nello svolgimento della loro responsabilità di decisori.
La prima considerazione che pare opportuno presentare è che ogni soggetto umano, durante le normali attività della propria vita, continuamente, effettua delle scelte, cioè decide (a che ora alzarsi, quali cibi mangiare, recarsi o meno a fare acquisti, e altre simili “semplici” attività quotidiane). Seppure si può rilevare che in particolari situazioni le scelte che un manager si trova ad effettuare sono più complicate, un aspetto è bene sottolineare con forza: le fasi che è necessario porre in essere sono le stesse e, più esattamente, sono quelle presentate nel Riquadro III.1. e che vengono singolarmente analizzate.
Ogni decisione si avvia con un problema, una discrepanza tra una condizione esistente e una desiderata. Una prima domanda è: come si identifica un problema? Nella realtà non è semplice individuare con immediatezza e certezza un problema perché esso non possiede l’etichetta ”problema”. Infatti è molto facile confondere un problema con i sintomi del problema. Per esempio, è un problema la riduzione del 5% delle vendite? O il declino delle vendite è un sintomo di un più rilevante problema come i prezzi elevati o altri simili aspetti? È importante sottolineare che l’identificazione di un problema è un fatto soggettivo, il che significa che ciò che viene considerato “problema” da un manager può non esserlo per un altro. È possibile che un manager risolva perfettamente un problema sbagliato che lo pone nella stessa posizione di chi non riconosce il problema e quindi non agisce. È facile intuire quanto l’identificazione corretta di un problema sia importante, ma non certamente facile.
Riquadro III.1.
Attuazione dell’alternativa scelta
Identificazione di un problema
Identificazione del criterio di decisione
Sviluppo delle alternative
Attribuzione di “peso” ai criteri
Scelta dell’alternativa
Analisi delle alternative
Nel caso in cui i criteri rilevanti siano egualmente importanti, il manager deve individuare dei “pesi” da attribuire a ciascuno di essi in modo da far emergere una graduatoria tra essi. Una modalità utile, anche se apparentemente semplicistica, è quella di attribuire un peso da 0 a 10. Qualsiasi altro criterio ritenuto efficace è altrettanto valido.
La quarta fase del processo di decisionale impegna il manager nella realizzazione di una lista di alternative perseguibili che potrebbero condurre alla soluzione del problema. È questa una fase nella quale il manager ha bisogno di essere creativo. In questa fase le alternative sono solo elencate, non valutate.
A questo punto, il manager deve considerare ogni alternativa e valutarla attentamente sulla base dei “pesi” indicati nell’attuazione della fase 2. Può anche verificarsi che questa fase diventi superflua nel caso in cui un’alternativa acquisisca la valutazione massima in ogni criterio di valutazione.
La scelta dell’alternativa viene effettuata con il supporto dei risultati ottenuti con la valutazione delle alternative della fase precedente.
È a questo punto che si rende operativa la scelta effettuata. È importante richiamare il fatto che se i soggetti umani operanti nell’organizzazione sono stati coinvolti nel processo di decisione, saranno più disponibili a sostenerlo e a favorirne il perseguimento. Un altro aspetto che i manager non possono trascurare riguarda il fatto che durante la fase di attuazione devono tenere conto del cambiamento che continuamente agisce sugli ambienti di riferimento, soprattutto se si tratta di decisioni che hanno un impatto sul lungo termine. Ciò implica che, se le modificazioni ambientali sono particolarmente significative, anche la decisione deve essere rimodulata o rivalutata.
In questa fase si valutano i risultati in modo da verificare se l’alternativa scelta ha consentito la soluzione del problema. Se il problema è ancora presente, è indispensabile domandarsi: il problema è stato definito non correttamente? Ci sono stati errori nella valutazione delle alternative? L’alternativa selezionata era corretta ma non è stata attuata correttamente? In relazione alle risposte formulate per questa o altre domande, può essere necessario riavviare l’intero processo.
È supposizione diffusa che le decisioni dei manager, soprattutto se responsabili di grandi imprese, siano razionali, cioè si dà per certo che essi effettuino scelte logiche e coerenti rispetto all’ottenimento del massimo risultato. I manager, a tal fine, dispongono di strumenti e tecniche che li aiutano ad essere razionali. Cosa significa essere un decisore razionale?
Un esempio di “non razionalità”
Quando la Hewlett-Packard acquistò la Compaq, non effettuò nessuna ricerca per comprendere la percezione dei clienti del marchio Compaq. All’atto dell’acquisizione, il CEO Carly Fiorina annunciò pubblicamente che” non esisteva nessun dissenso con riferimento all’acquisizione”. Col tempo, quando l’impresa scoprì che i consumatori percepivano i prodotti Compaq come non di qualità – l’opposto della percezione dei prodotti HP – era già tardi. La performance di HP ne soffrì e Fiorina abbandonò il lavoro.
Tratto da S.P. Robbins, M. Coulter, Management, Pearson, 2009
Un decisore razionale dovrebbe essere pienamente oggettivo e logico. Il problema da affrontare dovrebbe essere chiaro e non ambiguo, il decisore dovrebbe avere un obiettivo specifico e chiaramente formulato e conoscere tutte le possibili alternative e conseguenze. Infine, adottare le decisioni razionalmente significherebbe scegliere l’alternativa che massimizza la probabilità di perseguire quell’obiettivo. Per quanto attiene alle decisioni dei manager, è necessario ricordare che essi adottano le decisioni nell’interesse dell’organizzazione. In realtà questa supposizione di razionalità è irrealistica: quanto esposto nel punto successivo aiuta a comprendere meglio come molte decisioni vengono adottate nelle organizzazioni.
Malgrado le irrealistiche possibilità, ci si aspetta che i manager siano razionali quando assumono una decisione. Di norma si ritiene che un “buon” decisore adotti validi comportamenti decisionali, identifichi i problemi, consideri le alternative, ecc. e agisca decisamente ma prudentemente. Comportandosi in questo modo, essi dimostrano che sono competenti e che le loro decisioni sono il risultato di valutazioni intelligenti.
Un approccio più realistico per descrivere come i manager adottano le decisioni è il concetto di razionalità limitata, che evidenzia che i manager assumono le decisioni razionalmente ma sono limitati nelle loro capacità di trattamento delle informazioni. Poiché non hanno la possibilità di analizzare tutte le informazioni su tutte le alternative, i manager adottano decisioni soddisfacenti, piuttosto che ottime. In altri termini, accettano soluzioni che sono “abbastanza buone”: cioè sono razionali nei limiti della loro abilità di processare le informazioni.
Per molte decisioni è improponibile l’applicazione della razionalità perfetta, per questo i manager adottano decisioni soddisfacenti. Comunque, è bene tenere a mente che le decisioni sono influenzate anche dalla cultura organizzativa, dalle politiche interne, dal potere e da un fenomeno definito aumento di impegno (escalation commitment), che si sostanzia in un incremento di impegno per una precedente decisione malgrado sia evidente che possa essere stata sbagliata.
Un esempio di “escalation commitment”
Il disastro dello shuttle Challenger del 1986 viene utilizzato come esempio di escalation commitment. I decisori scelsero di lanciare lo shuttle nonostante la decisione fosse messa in discussione da molti soggetti che credevano che fosse una cattiva idea. Perché i decisori hanno voluto mantenere l’impegno rispetto ad una cattiva decisione? Perché essi non volevano ammettere che la loro decisione iniziale era errata. Piuttosto che ricercare nuove alternative, essi hanno semplicemente aumentato il loro impegno rispetto alla soluzione originale.
Tratto da S.P. Robbins, M. Coulter, Management, Pearson, 2009
In molte occasioni i manager, pur avvalendosi di varie e sofisticate tecniche, hanno difficoltà a pervenire ad una decisione. In questi casi può essere di grande aiuto l’intuito. Adottare una decisione avvalendosi dell’intuito significa decidere sulla base dell’esperienza, sentimento (emozioni) ed esperienza accumulata. I ricercatori studiando le modalità con le quali i manager utilizzano l’intuito per il processo decisionale, hanno identificato cinque differenti aspetti dell’intuizione, come indicati nel Riquadro III.2.
È usale avvalersi dell’intuito per le decisioni? Una ricerca ha evidenziato che almeno il 50% dei manager intervistati “utilizzano l’intuito più spesso delle analisi formali per dirigere le loro imprese”.
Riquadro III.2.
I manager adottano le decisioni basandosi sulla esperienza pregressa
I manager adottano le decisioni basandosi sulle abilità e conoscenze
I manager utilizzano le informazioni del subconscio per avere supporto nell’adottare decisioni
I manager adottano le decisioni basandosi sui sentimenti o emozioni
I manager adottano le decisioni basandosi sui valori etici o culturali
L’utilizzazione dell’intuito per il processo decisionale può essere un valido complemento sia per il processo decisionale razionale che per il processo basato sulla razionalità limitata. Prima di tutto, un manager che ha avuto esperienza con simili tipologie di problemi o situazioni, spesso può agire velocemente avvalendosi di informazioni che possono apparire limitate ma che sono basate sull’esperienza passata. Inoltre, è stato riscontrato che i manager partecipano anche emotivamente all’adozione delle decisioni e questo incrementa la performance. Si tratta di una “conquista” rispetto a quanto si presumeva negli studi di qualche decennio fa che affermavano che i manager ignorano le emozioni quando adottano le decisioni perché le emozioni distraggono dalla razionalità, “sono cattive consigliere”.
Problemi strutturati e decisioni programmate
Nello svolgimento della loro attività i manager adottano differenti tipi di decisioni in relazione alle diverse tipologie di problemi che devono affrontare. Alcuni problemi sono semplici e l’obiettivo del decisore è chiaro, il problema è usuale e le informazioni su di esso sono definite e complete. Un esempio può essere quello di un cliente che riporta un acquisto al negozio: questa è una situazione che viene definita problema strutturato perché è probabile che esistano indicazioni standardizzate per gestirlo. Si tratta di decisioni che vengono definite decisioni programmate (Riquadro III.3.). In questo caso, poiché il problema è strutturato, il manager non deve sviluppare un processo decisionale.
Con le decisioni programmate lo “sviluppo delle alternative” del processo decisionale o non esiste o richiede scarsa attenzione. Quale è il motivo? Una volta che il problema strutturato è definito, la soluzione è, di norma, evidente o, al limite, ridotta a poche alternative che sono note e sono state affrontate con successo in passato.
Riquadro III.3.
Per rispondere ad un problema strutturato, i manager si avvalgono delle procedure, cioè di una serie di fasi sequenziali. Una volta che il problema è chiaro, lo è altrettanto la procedura. Un esempio è la procedura di acquisto che nell’impresa deve essere eseguita ogni volta che si deve effettuare un nuovo ordine.
La regola è un esplicita dichiarazione che indica ai manager che cosa possono o non possono fare. Le regole sono utilizzate frequentemente perché sono semplici da seguire e assicurano coerenza. Per esempio le regole per le assenze dal lavoro.
La terza tipologia di decisioni programmate è la politica che è una linea guida per l’adozione di una decisione. Diversamente dalla regola, la politica stabilisce i parametri generali per l’adozione della decisione, piuttosto che indicazioni specifiche che potrebbero o non potrebbero verificarsi. Le politiche sono talvolta ambigue e devono essere interpretate dai decisori. Un esempio: “i consumatori vengono prima di tutto e dovrebbero essere sempre soddisfatti”. Il vocabolo soddisfatti richiede un’interpretazione, non è un dato inequivocabile.
Problemi non strutturati e decisioni non programmate
Non tutti i problemi che i manager devono affrontare possono essere risolti con decisioni programmate. Molte situazioni che si manifestano nell’impresa riguardano problemi non strutturati, cioè problemi, nuovi, non usuali, per i quali non si dispone di informazioni o le stesse sono insufficienti e non chiare. Ampliare il mercato inserendosi in un nuovo Stato, è un esempio di problema non strutturato. In presenza di problemi non strutturati i manager si trovano nella condizione di adottare decisioni non programmate, cioè sviluppare un processo - sviluppo delle fasi di cui al punto 1.2. - rispetto all’individuazione di un’unica soluzione.
Confronto tra decisioni programmate e non programmate
La principale differenza tra queste due tipologie di decisioni riguarda la ripetitività o meno della decisione. Inoltre, mentre le decisioni programmate coinvolgono principalmente i manager di medio o basso livello, le decisioni non programmate sono di pertinenza dei top manager.
Un altro aspetto di grande importanza è che nella realtà è difficile individuare problemi che siano completamente programmabili o non programmabili. Molti problemi richiedono decisioni che sono in parte programmate e in parte non programmate o, meglio, talvolta decisioni non programmate traggono vantaggio dalle procedure, regole e politiche proprie delle decisioni programmate. Nel Riquadro III. 4.Si pongono a confronto i caratteri peculiari di tali due tipologie di decisioni.
Riquadro III.4. |
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Elementi |
Decisioni programmate |
Decisioni non programmate |
Tipologia del problema |
Strutturato |
Non strutturato |
Nell’adozione delle decisioni i manager si possono trovare nelle seguenti tre condizioni: di certezza, di rischio, di incertezza (Riquadro III.5.).
Condizioni di certezza
La condizione ideale per assumere le decisioni è quella di poter operare in condizioni di certezza: è questa una situazione nella quale un manager può assumere decisioni accurate in quanto il risultato di ogni alternativa è conosciuto. Ad esempio, il tasso di interesse che una banca pratica per una specifica operazione è noto e la decisione si basa su un elemento di certezza. Non è questa, di norma, la condizione nella quale vengono adottate la gran parte delle decisioni nelle imprese.
Riquadro III.5.
Condizioni di rischio
Una situazione decisamente più comune è l’assunzione di decisioni in condizioni di rischio. È una condizione nella quale il decisore è in grado di stimare la probabilità di certe variabili. In condizioni di rischio i manager dispongono di dati storici derivanti da precedenti esperienze o informazioni secondarie che gli permettono di stimare la probabilità di differenti alternative.
Condizioni di incertezza
Cosa accade se si adotta una decisione e non si è certi dei risultati né possono essere realizzate ragionevoli stime di probabilità? È questa la condizione di incertezza. I manager devono affrontare il processo decisionale in condizioni di incertezza. In queste situazioni la scelta delle alternative è influenzata da un limitato numero di informazioni disponibili e dall’orientamento psicologico del decisore. Un manager ottimista seguirà la scelta maximax (massimizzando il massimo rendimento possibile), un pessimista seguirà la scelta maximin (massimizzando il minimo rendimento possibile), e un manager che desidera minimizzare la sua massima insoddisfazione opterà per una scelta minimax.
Stile lineare e non-lineare
Le modalità con le quali i manager affrontano il processo decisionale, sono in parte influenzate dallo stile che adottano nel manifestare le proprie opinioni. Lo stile di pensiero riflette due aspetti: 1) la fonte dalla quale attingere le informazioni (dati esterni e fatti o risorse interne, come i sentimenti e le intuizioni) e 2) come queste informazioni vengono trattate (stile lineare – razionale, logico, analitico; stile non-lineare – intuitivo, creativo, sagace).
In sintesi gli stili che emergono sono due: lo stile lineare è caratterizzato da una preferenza personale per l’utilizzazione di risorse esterne e per il trattamento di dati e fatti attraverso un modello di pensiero razionale logico per guidare le decisioni e le azioni; lo stile non lineare, che è caratterizzato dalla preferenza per le fonti interne di informazione (sentimenti e intuito) e il trattamento di informazioni con conoscenze interne e intuizioni per guidare l’assunzione delle decisioni e delle azioni conseguenti.
Errori e distorsioni decisionali
I manager nell’assunzione delle decisioni, non utilizzano solo il loro specifico stile, ma possono avvalersi di “regole empiriche approssimative” o euristiche per semplificare il loro processo di decisione. Le euristiche possono essere utili perché aiutano a dare un senso a informazioni complesse, incerte e ambigue. Anche se i manager possono avvalersi di tali regole empiriche, non significa che queste regoli siano affidabili. Il motivo è da riscontrare nel fatto che esse possono condurre a errori e interferenze nel trattamento e valutazione delle informazioni. Nel Riquadro III.6. si ha un’indicazione di alcuni errori o interferenze (o distorsioni) fra i più comuni.
Riquadro III.6.
La superfiducia si verifica quando il decisore pensa di sapere più di quanto non sia necessario o ha una visone positiva irrealistica. La distorsione indicata come gratificazione immediata descrive un decisore che tende ad ottenere immediate ricompense e ad evitare costi immediati. Per questi decisori, la scelta decisionale che determina veloci risultati è più attrattiva rispetto a quella che determina risultati dilazionati nel tempo. Quando i decisori organizzano e interpretano selettivamente eventi basati su una percezione distorta, stanno utilizzando la percezione selettiva. Questo influenza l’informazione alla quale prestano attenzione, il problema che hanno identificato e le alternative che sviluppano. I decisori che trovano informazioni che confermano le loro scelte passate e che contraddicono precedenti valutazioni esibiscono una conferma di distorsioni. L’elemento disponibilità costituisce un’interferenza in quanto i decisori tendono a ricordare eventi che sono recenti e vividi nella loro memoria. Questo fatto distorce la loro abilità di richiamare gli eventi in modo oggettivo e i risultati e con stime probabilistiche. Quando i decisori valutano la probabilità di un evento basato su come esso è legato ad altri eventi o insieme di eventi, si è in presenza di una distorsione di rappresentazione. Le interferenze indicate come sbadataggine, si verificano quando il decisore tenta di creare significati al di fuori di eventi casuali. Tale comportamento si pone in essere quando i decisori hanno difficoltà ad interagire con il cambiamento. Con l’errore dei costi sommersi i decisori dimenticano che le scelte attuali non possono correggere il passato. Non si possono correggere perdite di tempo realizzate nel passato, perdite di denaro o impegni nel realizzare scelte senza pensare alle conseguenze future.
Nel Riquadro III.7., viene presentata una sintesi degli elementi che “entrano in gioco” nella realizzazione del processo decisionale.
Riquadro III.7.
Fonte: http://econoca.unica.it/public/downloaddocenti/DISPENSA%20PARTE%20III.docx
Sito web da visitare: http://econoca.unica.it/
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
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