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LIBRO: NUOVI LAVORI, NUOVO WELFARE
INTRODUZIONE
Le nostre società sono interessate da trasformazioni. Per quanto riguarda:
PARS DESTRUENS: negli anni ’70 ci sono state difficoltà che hanno investito il mantenimento della piena occupazione e del welfare state; sono stati analizzati i processi che hanno portato alla crescita della disoccupazione e della precarietà del lavoro.
PARS COSTRUENS: delle interpretazioni, risulta carente. Nella lotta tra stato sociale e mercato, quest’ultimo sembra aver segnato un vantaggio: la rivincita del mercato inizia con la mondializzazione degli scambi e prosegue con l’applicazione alla produzione delle nuove tecnologie e con la flessibilizzazione dei rapporti di lavoro; procede, poi, con le delocalizzazioni produttive e si conclude con la riduzione delle entrate contributive.
MISURE DI WORKFARE: si è visto un ritorno al mercato, sia per la produzione della spesa sociale, sia per l’indebitamento dello status del disoccupato nei confronti della pubblica amministrazione.
CONSEGUENZE NEGATIVE: dell’enfasi di mercato nella valutazione dei processi di individualizzazione, si manifestano come ricerca da parte dell’individuo di autonomia e realizzazione di sé.
BECK: propone di sviluppare un’analisi visionaria ma non fittizia, dove la visione della società non è una semplice estensione del passato, ma una visione non fiction, perché fondata su tutti i dati a disposizione.
Per comprendere il cambiamento in atto si deve analizzare il processo di industrializzazione, il quale è un processo storico di affrancamento o emancipazione dell’individuo dalle forme obbligate di appartenenza.
La proclamazione dei diritti individuali nelle leggi e nella costituzione europea è rimasta un fatto formale, usufruito dai cittadini borghesi sulla base della loro condizione di proprietari, e dai lavoratori organizzati, sulla base della loro appartenenza a forme collettive di aggregazione.
La questione normativa si può affrontare attraverso l’idea di un’individuazione, intesa come tensione progressiva verso la realizzazione di una libertà sostanziale dell’individuo.
PRIMO PASSO: è quello di mostrare le contraddizioni che e esistono tra il sistema di welfare nelle tre istituzioni principali e la spinta che proviene nel processo di individualizzazione.
FAMIGLIA NUCLEARE MODERNA: è stata arroccata attorno al modello del mate breadwinner, dove le donne e i figli non sono padroni delle proprie vite e, in cambio di una sicurezza economica hanno dovuto rinunciare p ritardare la ricerca di una piena realizzazione di sé.
AZIENDA INDUSTRIALE: ha garantito ai capifamiglia adulti una stabilità dal punto di vista economico e lavorativo, ha imposto di rinunciare alla piena espressione delle attitudini e dei talenti personali, schiacciandoli nell’organizzazione taylor – fordista del lavoro.
IL WELFARE STATE:delle grandi assicurazioni sociali obbligatorie, è stato caratterizzato da forti elementi di centralizzazione burocratica e particolarismo categoriale, che hanno portato ad obliterare ogni rapporto individuale diretto, di natura contrattuale, che esiste tra il lavoratore e il sistema delle assicurazioni sociali.
LAVORI ATIPICI: sono connessi con la flessibilizzazione delle strutture produttive; nascono in questo periodo e comprendono la possibilità di restituire al singolo lavoratore una maggiore capacità di autorealizzazione professionale.
In questi lavori atipici le competenze richieste crescono mentre la fatica e la noia diminuiscono.
MONDO DEL LAVORO: inoltre, si assiste alla nascita di attività fuori mercato socialmente riconosciute che sono: lavoro familiare di cura e lavoro volontario di impegni civile e sociale.
TEOREMA DI BAUND:spiega come il ricorso al lavoro tipico sia difficile in una situazione strutturale di bassa produttività e scarsa possibilità di innovazione tecnologica quale è quella dei servizi ad alta intensità relazionale, come quelli sociali e personali.
SOCIETA’ PLURIATTIVA: si determina attraverso la flessibilità del lavoro, il lavoro part – time, il pensionamento graduale, etc…, che permettono un aumento dei margini di autonomia dell’individuo. Una società pluriattiva inizia a districarsi dai vincoli preesistenti e da norme rigide e costruttive, aprendo un campo di azione fino ad oggi limitato, se non precluso.
LAVORO VOLONTARIO: è l’aspirazione diffusa di autorealizzazione personale che fornisce una delle spinte motivazionali per entrare a far parte di iniziative di lavoro volontario.
LAVORO FAMILIARE: di cura come attività socialmente riconosciuta. Qui rientrano due tipi di lavoro familiare: quello di assistenza e cura e quello di comprendere il ruolo dell’individuazione. Nonostante sia evidente u processo di emancipazione delle donne, il lavoro di cura familiare appare incoerente con tale processo, poiché valorizza la permanenza entro le mura domestiche.
SOCIETA’ ATTIVA: dei lavoratori di mercato e di attività fuori di mercato socialmente riconosciute. Tale società è caratterizzata da una frantumazione tipologica del lavoro di mercato e della crescita di mobilità di impegno fuori mercato. In questa società si avvia il superamento del paradosso delle società ricche e alla crescita della ricchezza nazionale si accompagna quella dei bisogni sociali insoddisfatti a causa dei problemi che incontrano l’offerta privata e quella pubblica di servizi.
CAMBIAMENTO NEI RISCHI SOCIALI: mettono sotto stress il sistema di welfare: entra in difficoltà finanziaria il sistema dei trasferimenti istituito per fronteggiare i vecchi rischi e sorge l’esigenza di sviluppare un sistema di servizi sociali e personali più complesso e costoso.
NUOVI RISCHI SOCIALI:hanno un elemento idiosincratico e personale, che i vecchi rischi non avevano: molte delle risposte necessarie per contrastare questi rischi reclamano una erogazione di servizi ad hoc, dotati della flessibilità necessaria per offrire prestazioni personalizzate. Si parla di un’individuazione dei rischi sociali.
PROCESSO DI INDIVIDUALIZZAZIONE: ci permette di leggere le trasformazioni in corso come non interamente subite o trainate dai processi economici e demografici. Ci permette di individuare un criterio formativo e di fondo che può dare sintesi e coerenza ad un nuovo modello di stato sociale.
ACTIVE WELFARE STATE: comporta una concezione promozionale o abilitante dell’intervento pubblico. Secondo tale approccio, il cittadino non deve non deve essere protetto nei momenti di difficoltà: deve essere messo in grado di costruirsi una propria vita, un proprio percorso di inserimento lavorativo e sociale.
MISURE SOSTITUTIVE DI ATTIVAZIONE: la loro introduzione rischia di essere una fuga e di far regredire il livello generale della protezione sociale, intaccando e indebolendo alcuni dei tradizionali diritti sociali. Accanto al pilastro tradizionale di natura assicurativo – contributiva, adeguato a tutelare la fase del lavoro atipico, troviamo un pilastro assistenziale – dedicato, finanziato per via fiscale e volto a tutelare i lavoratori che per qualsiasi motivo non siano coperti dalle tutele assicurativo – contributive. Il terzo pilastro è di natura assistenziale generale e è volto a tutelare i cittadini privi di lavoro o in stato di bisogno.
L’articolazione in pilastri o in tipi di protezione garantisce al sistema una maggiore flessibilità, riuscendo a tutelare le 4 fasce di cittadini – lavoratori in cui si articolano le società.
IN ITALIA: la situazione è caratterizzata da forti garanzie per i lavoratori tipici o strutturati e dall’assenza totale di protezione del reddito per quasi tutti i lavoratori non standard. Il sostegno del reddito in caso di bisogno è posto come diritto del cittadino.
Si è, inoltre, avviata una risposta dal lato dell’offerta alle trasformazioni in atto nel mondo del lavoro, alla ricerca del giusto mix tra tutela assicurativo – contributiva e tutela fondata sui diritti di cittadinanza. Si tratta anche di una risposta alle istanze più generali che provengono dal processo di individualizzazione.
Il passaggio verso il nuovo active welfare state si manifesta quando lasciamo il terreno tradizionale delle tutele del lavoro e dei trasferimenti a sostegno del reddito ed entriamo in quello dei servizi sociali, dell’inserimento sociale e lavorativo e della formazione. È su questo terreno che il sistema di protezione sociale è chiamato a dare risposta, alla domanda di libertà sostanziale del cittadino, come possibilità di contare di più nel rapporto con l’amministrazione pubblica e di realizzare se stessi.
WORKFARE INGLESE: criticato perché giudicato ispirato ad una logica di risparmio della spesa e rivolti a ridurre i benefici e ad enfatizzare la sensazioni e i controlli sul disoccupato, fino a mettere a rischio il suo status e il suo diritto alla tutela.
PROGRAMMI DI STTIVAZIONE SCANDINAVI: valutati positivamente perché non hanno comportato riduzione di sussidi di disoccupazione e che si sono inseriti in un quadro tradizionalmente orientato a favorire la formazione, la mobilità e il ricollocamento dei lavoratori.
ISTRUZIONE GENERALE: si rivela importante per usufruire dei nuovi programmi di inserimento sociale per favorire la partecipazione dell’individuo alla vita attiva, lo sviluppo di carriere lavorative ordinate e la possibilità di evitare l’intrappolamento entro la fascia dei lavoratori atipici e precari.
Ci sono, inoltre, diversi ambiti di attivazione delle politiche di attivazione e sono:
PIANO DEI DIRITTI DI CITTADINANZA SOCIALE: si tratta di un livello minimo di garanzia che ha poco a che fare con le politiche di attivazione, ma che ne costituisce una precondizione essenziale. Fa fronte alle esigenze di tutela in caso di disoccupazione o di vecchiaia dei lavoratori non standard.
Le nuove politiche di attivazione si sono sviluppate e si stanno sperimentando nel campo delle politiche di inserimento lavorativo e sociale.
IN ITALIA: abbiamo assistito ad un forte sviluppo dell’associazionismo sociale e al suo coinvolgimento nella gestione dei servizi pubblici a livello sociale.
Momento importante è stato l’approvazione della legge quadro n. 328/2000 di riforma dell’assistenza, che prevede un ruolo di rappresentanza per le associazioni del terzo settore, riconosciute come partner della programmazione e della progettazione, oltre che della realizzazione dei servizi. Tutto questo ha dato il via a delle forme di partecipazione dal basso, che vedono coinvolti ampie quote di cittadini.
FORMA ASSOCIATIVA MODERNA: come forma idealtipica è specificatamente elettiva e è fondata sulla decisione autonoma dei singoli che accettano di condividere fini comuni, e non ha nulla da spartire con le forme associative tradizionali di appartenenza obbligata.
Emergono nuove forme associative tradizionali del welfare che prendono il posto di quelle del sistema precedente: alla famiglia nucleare iniziano ad affiancarsi i servizi di welfare offerti dalla comunità locale.
Il welfare state assicurativo, caratterizzato da una logica paternalista dello stato nella regolazione e gestione dei programmi sociali, conosce un cambiamento in cui acquista peso la componente universalista dei diritti individuali di cittadinanza e si tende a depurare il rapporto assicurativo – contributivo dalle sue incrostazioni particolaristiche e categoriali.
PARTE PRIMA: I PROCESSI
CAPITOLO 1: IL PROCESSO STORICO DI INDIVIDUAZIONE.
SENNETT: parla di società a termine per mettere in evidenza l’accettazione dei cambiamenti
BAGNASCO: ricorre all’espressione di società fuori squadra per sottolineare lo sfasamento in atto tra i diversi sottosistemi sociali.
QUADRO DI RIFERIMENTO STORICO – TEORICO: usciamo da una visione della storia europea che ha al suo centro la fase cruciale della società industriale. Si guarda all’Illuminismo e alle Dichiarazioni dei diritti dell’uomo. Nella visione centrata sulla società industriale l’elemento caratterizzante era la costituzione di forti identità e strutture collettive, spostando l’angolo visuale sulla modernizzazione in senso ampio, spostando l’angolo visuale sulla modernizzazione in senso ampio e l’elemento caratterizzante diventa il processo di individualizzazione, secondo Habermas, come crescita della consapevolezza, autonomia e autodeterminazione universali.
Tale processo, secondo Lowrent, costituisce l’epicentro della modernizzazione occidentale e si manifesta nel grado di autonomia e riflessività della popolazione nella società contemporanea, la quale sta alla base della diffusione di nuovi tipi di relazioni sociali in un’ampia serie di ambiti: dalle relazioni di intimità, a quelle di lavoro, consumo e tempo libero. Queste relazioni sono caratterizzate dalla ricerca di una maggiore libertà e progettualità personale, in un quadro di affrancamento da regole e appartenenze prefissate.
CLASSE OPERAIA: la sua nascita appare, in Europa, come il frutto di comportamenti subiti, di espulsione dal mondo rurale. Questi processi avvengono quando le Dichiarazioni dei diritti hanno svolto il loro ruolo di incremento politico – istituzionale dei principi dell’Illuminismo e di grande rottura ideologica e culturale rispetto al mondo dell’Antico regime.
Le Dichiarazioni dei diritti miravano ad affermare inalienabili e sacri dell’individuo, entro i quali era collocato, senza alcuno status particolare, il diritto di proprietà, il quale ha svolto una funzione discriminatoria di fatto, perché solo alcuni cittadini potevano esercitarlo.
PROCESSO DI INDIVIDUALIZZAZIONE: ha riguardato i ceti proprietari borghesi, i quali hanno potuto praticare i nuovi spazi di libertà, civili e politici. La proprietà di cui disponevano offriva loro una sicurezza di fondo in grado di prendere il posto delle forme di protezione sociale pre – moderna, entrate in crisi.
CASTEL: afferma che il lato oscuro dello stato di diritto è che lo stato abbandona in un angolo morto la condizione di coloro che non hanno i mezzi per garantirsi l’esistenza attraverso una proprietà.
Con la nascita della società industriale, la grande massa dei lavoratori dovrà passare per una lunga fase di lotte e di conquiste sociali prima di raggiungere un minimo di sicurezza che permetta di affacciarsi alle tematiche della libertà sostanziale e della realizzazione di sé.
In questa fase della società industriale, dove l’avvento della grande fabbrica taylor – fordista e della sua organizzazione gerarchica aveva comportato l’abbandono delle iniziali speranze di affermazione personale, la realizzazione del welfare state e la situazione di piena occupazione hanno permesso alle famiglie operaie di sperimentare una condizione di sicurezza sociale e di sviluppo dei consumi, mai conosciuta in precedenza.
CONSUMI DI MASSA: sono un elemento interno al modello sociale fordista e partecipano alla natura riduttiva della libertà individuale. In questa fase di relativa opulenza dei consumi, è come se il soggetto storico della modernizzazione, caduto nei consumi, ne restasse assuefatto, dimenticando le sfide più alte sul piano della realizzazione lavorativa e di effettiva capacità di controllo della propria vita.
CONCEZIONE NEOLIBERISTA ( o DI DESRA): vede la libertà individuale come libertà da ogni vincolo o regola o come promessa di arricchimento personale.
Il progetto moderno di individualizzazione, tuttavia, può aver fornito una spinta alla diffusione dei principi del neoliberismo e dell’individualismo del mercato.
CULTURA DI SINISTRA: hanno mostrato una scarsa consapevolezza nei confronti del progressivo processo storico di individualizzazione, il quale è stato identificato con le istanze generico individualismo piccolo – borghese.
Lo stesso Pasolini è critico nei confronti del successo del referendum sul divorzio, il quale non fu interpretato come un passo avanti del processo di modernizazione del nostro paese, ma fu visto come l’espressione di un ideologia edonistica del consumo e della conseguente tolleranza modernistica di tipo americano.
CRAINZ: afferma che l’Italia dei primi decenni repubblicani era caratterizzata da un’assenza di diritti, da molte forme di subalternità e da distinzioni anacronistiche; molte fabbriche erano più simili a penitenziari che a luoghi di lavoro e le lotte operaie reclamavano una maggiore dignità del lavoratore. Secondo Crainz, tale movimento di modernità non fu compreso da ampi settori della sinistra, i quali si rivelarono incapaci di intercettare la domanda che la società esprimeva.
SEN: la sua posizione è apparsa innovatrice perché va oltre la rivendicazione dei diritti del cittadino e del lavoratore. Per questo autore diviene decisiva la nozione di libertà sostanziale o positiva del cittadino, la quale misura il suo effettivo accesso ai beni e alle risorse che i diritti garantiscono sul piano formale.
Il processo i individualizzazione espone l’individuo a nuovi rischi e incertezze.
BAUMAN: afferma che la libertà di noi abitanti del mondo tardomoderno è arrivata con il cartellino del prezzo attaccato: il prezzo è l’insicurezza.
La storia della modernità può essere interpretata come una ricerca incessante del giusto equilibrio tra libertà e sicurezza e lo stesso Barman, nel definire le modalità con le quali si passa dalla ricerca della libertà a quella della sicurezza,fa riferimento all’azione collettiva: il collettivismo è stata la prima scelta per coloro che, essendo esposti nel processo di individualizzazione, si trovano nell’impossibilità di affermare la propria individualità impiegando risorse individuali palesemente inadeguate. Costoro, a seguito del processo di emancipazione, erano gettati nell’insicurezza, e dovevano compensare la loro debolezza con la forza del numero, impegnandosi nell’azione collettiva.
CASTEL: vede nel processo di industrializzazione un’ambiguità profonda in quanto, accanto all’effettiva liberazione di una parte di cittadini, ne getta altri in gravi difficoltà, distruggendo le forme collettive di protezione sociale.
HIRSCHMAN: confrontandosi con i mutamenti di lungo periodo che caratterizzano l’atteggiamento del cittadino nei confronti del sistema di sicurezza sociale, era giunto alla proposta di una tipologia delle modalità fondamentali di comportamento del cittadino – consumatore, articolata su due principali dimensioni: quella dell’exit, defezione, e quella della voice, protesta.
Utilizzando tale tipologia, egli ha mostrato come l’individuo passi periodicamente dal coinvolgimento della sfera pubblica al riflusso nel privato: il cittadino defeziona alla ricerca di una maggiore libertà, ma in seguito protesta per ottenere dallo stato una maggiore sicurezza sociale.
Secondo Hirschman, il processo di individualizzazione innesca un bisogno di sicurezza; maggiore è la libertà, come libertà dai precedenti legami sicuritani, maggiore è l’esigenza di nuova sicurezza. Più cresce la sicurezza, più essa sembra destinata a fare i conti con il processo di individualizzazione e la sua ricerca di libertà. Si può parlare, cos’, di una dialettica storica tra libertà e sicurezza.
La condizione in cui si trova la nostra società è possibile formularla in tre ipotesi:
BECK: guarda con grande preoccupazione agli esiti attuali del processo di individualizzazione: egli sottolinea che nella società contemporanea l’anima sembra essere un esito di tale processo, almeno altrettanto dell’emancipazione dell’individuo: l’individualizzazione sia autonomia, emancipazione, liberazione o autoliberazione dell’uomo; ma talvolta sembra piuttosto che sull’autonomia prevalga l’anomia, una condizione che va dall’assenza di regole alla mancanza di leggi.
SENNET: l’ingrediente cruciale del cambiamento è la mentalità a breve termine che si è sostituita a quella a lungo termine. Lo slogan del momento è flessibilità che significa contratti a breve termine o lavori senza contratti. La vita lavorativa è satura di incertezze e, in queste condizioni, si assiste ad una corrosione e lenta disintegrazione della cittadinanza, il pubblico è colonizzato dal privato e l’impotenza guasta il dolce sapore della libertà prodotta dalle pressioni individualizzatici.
CASTELLS: descrive l’individualizzazione del lavoro nel processo lavorativo in atto in tutto il mondo come un processo caratterizzato da aspetti negativi come: la fine della stabilità del posto di lavoro; la flessibilizzazione dell’orario di lavoro; l’ubicazione del lavoro non più fissa; il contratto di lavoro non più garante del salario e della previdenza; la riduzione della lealtà e della costanza di lavoro richiesta al lavoratore
GERMANI: scriveva che nella presente tappa di transizione o si giunge ad un ulteriore spiegamento dei principi di razionalità che assicurano all’individuo lo sviluppo di una personalità autosufficiente oppure assisteremo a una individuazione che ci condurrà verso tappe già superate. Ci sono due possibilità: 1) l’abbandono dell’individualismo e dei valori che hanno ispirato lo sviluppo della nostra società; 2) un ulteriore sforzo in quella stessa direzione a cui mira la cultura occidentale, in grado di realizzare pienamente i suoi valori.
BAUMAN: afferma che l’insicurezza tende a trasformare il multiculturalismo in multicomunitarismo e le differenze culturali vengono utilizzate come mattoni nella frenetica costruzione di mura difensive. Cultura diventa sinonimo di fortezza assediata e le comunità diventano espedienti per perpetuare la separazione, l’isolamento e l’estraneamento.
Lo stesso regime del rischio contiene un lato e una forza nascosti che stimolano al formazione di comunità e osserva che la libertà individuale, se impiegata attivamente, produce legami nello spazio pubblico ed è l’opposta dell’idolatria neoliberale del mercato.
MEAZZA: Beck si cimenta nel tentativo di porre le basi di una teoria capace di immaginare nuovi elementi di comunanza tra gli individui che popolano il mondo della seconda modernità. Beck, inoltre, pensa ad una pratica della libera associazione che unisce gli individui senza costringerli al sacrificio della loro irriducibile singolarità e, cos’ facendo, si rivela discepolo di Habermas, il quale ha mantenuto ferma la sua fiducia nella promessa illuministica di una universale autodeterminazione e autorealizzazione.
LAURENT:può essere annoverato tra gli autori che si oppongono all’idea di una necessaria contrapposizione tra lo sviluppo dell’idividualismo e il mantenimento della coesione sociale. L’individualismo non si oppone alla società ma alla concezione comunitaria, alla società chiusa, al modello di organizzazione comunitaria proprio del trialismo o del collettivismo dei sistemi capitalisti.
Circa l’origine dell’individualismo moderno, ci sono diverse interpretazioni:
BOUDON: sulla nascita dell’individualismo moderno, Boudon si basa sul pensiero di Durkheim, il quale distingue i fattori storici che hanno facilitato lo sviluppo dell’individuo da questo sviluppo come fenomeno in sé, che costituisce una dimensione permanente della storia umana.
L’aumento della divisione del lavoro ha contribuito a rafforzare nell’individuo la consapevolezza della sua singolarità.
Durkheim precisa che l’individualismo è un fenomeno che non comincia da nessuna parte ma che si sviluppa senza fine nella storia. La sua origine è intertemporale. È una concezione dell’individualismo come orientamento umano presente ab origine, che si sviluppa nella storia, anche se, come dice Boudon, non ci sono ragioni per pensare che non siano possibili delle forme di regressione storica.
DUMONT: ritiene che l’origine della configurazione individualistica delle idee e dei valori debba essere fatta risalire all’aumento del cristianesimo e alla sua interazione con le trasformazioni della società occidentale. Inoltre, afferma che l’individualismo appare con il Rinascimento e la nascita della Borghesia.
WEBER: secondo lui il passaggio storico cruciale è quello connesso alla Riforma protestante, la quale lascia l’uomo solo con se stesso, nella comprensione della propria sorte extraterrena. Tale Riforma, secondo lui, ha avuto, però, un effetto imprevisto, dando una spinta formidabile verso al realizzazione della propria vocazione e l’impegno dell’individuo nell’attività pratica ed economica, caratteristiche che sono base del moderno individualismo occidentale.
LAURENT: sottolinea l’importanza dell’Illuminismo come momento di rottura rispetto alle visioni tradizionali e olistiche della società.
Afferma, inoltre, che dopo una lunga gestazione nel Rinascimento come realtà vissuta e categoria di pensiero, l’individualismo nei sec. VI e VII esce alla luce del sole: è solo allora che avviene la rivoluzione copernicana che istituisce l’individuo come soggetto separato ed autonomo e come autorità fondamentale della società.
È possibile distinguere tre approcci nell’interpretazione delle origini dell’individualismo occidentale:
Il concetto di INDIVIDUALIZZAZIONE ha , invece, saputo mantenere un significato tecnico – scientifico, utilizzato per indicare il processo di affrancamento dell’individuo da appartenenze obbligate e da vincoli precostituiti storicamente.
GERMANI: afferma che il processo di individualizzazione è un processo strutturato che dipende dall’aumento dei gruppi sociali, dalla specializzazione e dall’appartenenza degli individui ad un numero illimitato di tali gruppi e alla diminuzione dell’estensione ed intensità con la quale i gruppi trattengono i loro membri.
La situazione degli individui era molto differente: la loro appartenenza ai gruppi, primari e secondari, era fissata una volta per tutte ed ogni gruppo segnalava con altri gruppi le norme di condotta nella sua specifica sfera.
BECK: ha precisato che l’individualizzazione è caratterizzata da due dimensioni analitiche principali: lo sganciamento da forme e vincoli sociali precostituiti storicamente e la perdita delle sicurezze tradizionali in riferimento alla conoscenza pratica e alle norme guida. È l’individualità a diventare l’unità riproduttiva del mondo della vita sociale.
Il welfare state è nato al momento dell’introduzione, da parte dei governi europei, delle assicurazioni sociali obbligatorie contro la vecchiaia, l’invalidità, la malattia e la disoccupazione e contro tutti i maggiori rischi della vita dei lavoratori.
WELFARE FORDISTA: il sistema di welfare sviluppatosi in Europa nel corso del ‘900 è stato definito sistema fordista, per sottolineare il suo legame con la grande azienda fordista.
ASSICURAZIONI SPCIALI PUBBLICHE e OBBLIGATORIE: sono una componente essenziale del sistema di welfare dei paesi europei, e costituiscono un sistema formato da:
Il welfare state è integrato nelle sue componenti, ciascuna delle quali è funzionale alle altre: il mercato del lavoro, dominato dalla fabbrica fordista, tende a privilegiare l’occupazione a tempo pieno dei capifamiglia maschi; la famiglia appare fondata su una divisione dei ruoli, dove la donna deve curare e offrire servizi personali ai suoi membri.
Il welfare state si rivolge in primis al lavoratore indipendente, occupato con continuità e con il pacchetto classico delle assicurazioni sociali; poco nulla viene offerto in termini di servizi pubblici di assistenza e cura, che vengono lasciati quasi interamente alla famiglia.
ORGANIZZAZIONE FORDISTA: comprende la possibilità di crescita professionale autonoma e di sviluppo di carriera dei lavoratori all’interno della gerarchia aziendale.
Presso la classe operaia il sentimento della sicurezza economica prevaleva su quello della realizzazione di sé nell’attività lavorativa.
L’avvento del sistema fordista, inoltre, ha comportato una riduzione dell’occupazione femminile nell’agricoltura e nell’industria, con una conseguente specializzazione forzata delle donne nel lavoro domestico e nelle attività di cura e di assistenza familiare. La riduzione dell’occupazione femminile era dovuta anche alla mancanza di una rete sufficientemente estesa di servizi di assistenza ai fanciulli e agli anziani capace di togliere le incombenze domestiche delle lavoratrici sposate.
Il welfare state, nel sistema fordista, appare connotato come welfare assicurativo, cioè come sistema caratterizzato dall’introduzione e dallo sviluppo delle grandi assicurazioni sociali obbligatorie che hanno un ruolo importante nel superare l’originaria insicurezza storica delle classi lavoratrici.
Tuttavia, non si può negare che il welfare state sia intervenuto anche per spazzare via un sistema di mutuo soccorso, fatto da società operaie, cooperative, programmi educativi, culturali e di tempo libero, etc… che era andato crescendo ad opera dei sindacati e dei partiti operai.
CASO ITALIANO: le componenti modernizzanti della classe dirigente liberale furono escluse dalla gestione della previdenza pubblica e definitivamente soppresse con l’avvento del fascismo.
Come afferma Rosanvallon, l’assicurazione sociale funziona come una mano invisibile che produce sicurezza e solidarietà senza che intervenga la buona volontà degli uomini;l’unico legame diretto tra l’individuo e la macchina assicurativa obbligatoria è nel pagamento dei contributi: il crescente intervento dello stato e l’intreccio che ne conseguì, tra assistenza e previdenza, allentò il rapporto tra contributi versati e trattamenti ottenuti e fin’ per indebolire e porre in secondo piano ogni legame diretto tra il singolo lavoratore e il sistema assicurativo.
PRINCIPIO ESSENZIALE DELLA PRODUZIONE FORDISTA: fu la riconduzione delle mansioni lavorative sotto lo stretto controllo del management dell’impresa.
I cambiamenti demografici, l’avvento della speranza di vita e l’invecchiamento della popolazione, hanno rappresentato un problema in più per le famiglie nucleari, le quali hanno dovuto tornare alla tradizionale composizione allargata, per ospitare e prendersi cura di genitori in età avanzata.
CASTELLS: sostiene che la famiglia diviene una istituzione elettiva, legata agli affetti e alle scelte volontarie dei suoi membri: si assiste ad un processo di diversificazione della famiglia, la quale assume la forma della convivenza della famiglia monogenitoriale.
La globalizzazione dei mercati e l’innovazione tecnologica hanno comportato una profonda ristrutturazione della produzione, che si è tradotta in un aumento della disoccupazione e della precarietà del lavoro.
PRECARIETA’: intacca tutti gli aspetti del modello fordista di regolazione del lavoro: il contratto di lavoro subordinato; la relativa stabilità del rapporto di lavoro; l’orario settimanale standard a tempo pieno, l’ubicazione fissa del luogo di lavoro; la copertura previdente contro i maggiori rischi della vita.
SUPIOT: afferma che i termini dello scambio alla base del modello fordista di lavora si trovano sconvolti senza che siano stati ridefiniti i termini di un nuovo scambio. Il processo di crescente flessibilità del lavoro è un processo di individualizzazione del rapporto di lavoro. Esso ha un doppio volto: di precarietà; di libertà e realizzazione di sé.
L’individualizzazione del rapporto di lavoro da un lato aggrava i rischi, dall’altro amplia le possibilità d’azione, libera dai vincoli e offre maggiori opportunità d’azione sul mercato del lavoro.
La concezione dei diritti sociali come diritti di compensazione di un disfunzionamento passeggero diviene inadeguata; essa non più di gestire dei rischi divenuti degli stati stabili.
I bisogni sociali non sono più soddisfatti da prestazioni sociali generali e standardizzate, ma reclamano sempre più interventi mirati e individualizzati.
ROSANVALLON: sostiene che lo stato sociale è stato ben organizzato per trattare problemi di popolazioni relativamente omogenee, di gruppo o classi di persone. Oggi deve farsi carico di individui che si trovano in situazioni che sono particolari a loro e le nuove politiche sociali dovranno essere politiche individualizzate.
Il sistema di welfare fordista non gode più della stabilità e dell’integrazione delle sue tre componenti istituzionali: la famiglia è diventata più fragile, il mercato del lavoro più precario, il welfare state assicurativo meno efficace.
CAPITOLO 3: IL LAVORO FLESSIBILE TRA PRECARIETA’ E REALIZZAZIONE DI SE’.
PROCESSI DI FLESSIBILITA’: del lavoro, da un lato, segnano un momento di affrancamento dei lavoratori da strutture aziendali fortemente generalizzate e da una mercato del lavoro spaccato tra insider e outsider; dall’altro, comportano una crescita della precarietà del lavoro e della insicurezza sociale.
FLESSIBILITA’ NUMERICA: flessibilità che sollecita l’attenzione e il dibattito. È intesa come maggiore libertà di licenziamento poiché favorirebbe la riduzione della disoccupazione: l’argomento è che una legislazione sociale eccessivamente garantista, in temi di licenziamenti aumenta i costi di produzione e rende le imprese prudenti nell’assumere nuovi lavoratori.
In effetti, però, è molto dubbio che la flessibilità numerica favorisca una diminuzione della disoccupazione: nel caso inglese e in Olanda, ad es., dove si è assistito ad una riduzione consistente del tasso di occupazione, questa sembra dovuta ad una strategia complessiva di utenti, più che alle misure di deregolazione del rapporto di lavoro; negli Stati Uniti si può parlare di eccesso di flessibilità di entrata – uscita dalle aziende, che comporta problemi di scarso impiego dei lavoratori e bassi livelli di produttività.
Da questo punto di vista si possono distinguere 2 tipi di flessibilità del lavoro che fanno parte di due diverse vie:
GALLINO: sostiene che il lavoro flessibile è in crescita e nella maggioranza si tratta di lavoro instabile e precario.
Secondo Gallino, in Italia il lavoro stabile è destinato a diventare il privilegio di un numero limitato di eletti.
REYNERI: il lavoro precario è aumentato all’interno dei lavoratori dipendenti, nella forma del lavoro a termine.
IN ITALIA: un ruolo importante è ricoperto dalla diffusione dei contratti di formazione – lavoro e apprendistato, ed è questa la spiegazione della lunga gavetta che ha sostituito l’ingresso diretto nel lavoro stabile, prevalente begli anni ’60 e ’70.
BARBER e NADEL: la flessibilità può presentare aspetti positivi per i lavoratori dipendenti; non tenerne conto significherebbe sottovalutare uno degli aspetti dinamici della situazione contemporanea: la flessibilità è in linea con le aspirazioni individuali e può arricchire di nuove potenzialità le forze creatrici dei lavoratori dipendenti.
Nella flessibilità del lavoro possiamo riconoscere 2 componenti: la prima, conduce alla precarietà e la seconda conduce alla realizzazione di sé.
Il sentimento di insicurezza che si avverte discende da una crisi più vasta, riguardante il sistema di protezione sociale costruito nel corso dello sviluppo della società industriale e coinvolge l’intera platea di lavoratori, e non solo quelli più instabili e precari.
CERSCENTE INSICUREZZA: dei lavoratori nei confronti del futuro, è il segno di un passaggio di fase, dalla produzione fordista, ad un processo produttivo postfordista. È un passaggio che erode le garanzie e le sicurezza del passato, ma non fornisce risposte adeguate al bisogno di stabilità di larga parte dei lavoratori.
LAVORATORI TEMPORANEI: grazie al miglioramento della qualità del lavoro, crescono le competenze, si elevano i requisiti richiesti ai lavoratori e la fatica e la noia diminuiscono. I lavoratori temporanei appaiono mediamente più soddisfatti degli altri, in quanto sembrano condividere il generale processo di miglioramento della qualità del lavoro, che si riflette nella maggiore diffusione di sentimenti di soddisfazione lavorativa.
NEGRELLI: sottolinea che le maggiori opportunità per la crescita del lavoro di qualità sono legate alla ridefinizione del concetto di lavoro nel senso di una ricca combinazione di saper fare e di saper essere, dove il saper essere comporta la presenza di capacità di relazioni sociali, partecipazione, riconoscimento, cooperazione di lavoro di gruppo o di squadra, collaborazione con unità esterne all’azienda.
Centrali diventano le competenze tecniche del saper fare e le competenze sociali e intellettuali del lavoratore.
GORZ: sostiene che i lavoratori postfrodisti devono entrare nel processo di produzione con tutto il bagaglio culturale che hanno acquisito e ciò significa che le dimensioni sociali, interattive, ludiche e culturali dello stile di vitae della personalità del lavoratore diventano importanti, accanto alle competenze tecniche, per il lavoro di qualità.
ACCORNERO: la crescita della qualità del lavoro e della soddisfazione dei lavoratori non appare sufficiente a comprendere il peggioramento intervenuto nella stabilità del posto di lavoro e ciò conferma la contraddizione tutta capitalistica che sembra essere alla base dei cambiamenti attuali nel lavoro: la tendenza a un miglioramento della qualità e a un peggioramento della tutela.
Bisogna affermare un nuovo principio guida della sicurezza sociale, all’altezza del nuovo modello di produzione e di consumo: lo stato deve garantire a tutti una comunità di cittadinanza del lavoro nella discontinuità dei tragitti lavorativi.
CAPITOLO 4: LE ATTIVITA’ FUORI MERCATO SOCIALMENTE RICONOSCIUTE.
LAVORO: tale termine ha diversi significati:
DE COSTER: con il termine “employ” identifica il lavoro retribuito e il lavoro personale proprio della sfera privata. Osserva che le difficoltà definitorie dipendono dal fatto che la frontiera tra lavoro e non lavoro diviene più incerta a causa della moltiplicazione degli statuti intermedi. La disoccupazione non si definisce soltanto in relazione al lavoro, ma richiede che si tenga conto anche dei diritti del disoccupato verso il sistema sociale.
GORZ: vede la possibilità data ad ognuno di costruirsi una nicchia che metta al riparo la sua vita da ogni possibile pressione.
Definisce le attività extralavorative come attività senza scopo economico, aventi la loro finalità in se stesse: la comunicazione, il dono, la creazione e il godimento estetici, la riproduzione della vita. La vera vita inizia fuori dal lavoro.
Infine, Gorz si pronuncia a favore di un’attività pluriattiva, nella quale l’individuo possa dividersi tra il lavoro e l’attività della vita.
DAHRENDORF: lascia intravedere una società delle attività, nella quale il lavoro di mercato è ridotto ai minimi termini. Ci troviamo alle soglie di una società in cui il lavoro salariato perderà terreno rispetto alle forme di attività libera e alla fine della società del lavoro e all’inizio di qualcosa di simile ad una società dell’attività.
TOURAINE: molte delle attività che sembravano un tempo estranee alla sfera della produzione oggi rientrano e questo si verifica per quelle attività volontarie di cui è riconosciuta la funzione sociale. Ogni attività è suscettibile di essere considerata lavoro nella misura in cui essa concorre ad uno sviluppo durevole.
Infine, Touraine propone di ampliare il concetto di lavoro fino a ricomprendere in esso le attività fuori mercato socialmente utili.
SARACENO: afferma che le condizioni di lavoro che caratterizzavano il proletariato di fabbrica segnarono la fine delle possibilità di autorganizzazione su base familiare o di piccola comunità.
Si assistette ad un processo di defamiliarizzazione e di mercificazione di una serie di compiti lavorativi svolti all’interno della famiglia.
IN FRANCIA: la concordanza tra la struttura economica e quella familiare caratterizza tutta una lunga fase storica dei rapporti tra famiglia e lavoro. La persistenza di una famiglia allargata è un fenomeno che si riscontra in molti paesi occidentali.
IN ITALIA:il fenomeno della famiglia allargata è apparso legato al ruolo svolto dall’economia agricola dei piccoli coltivatori e mezzadri, risultando funzionale allo sviluppo industriale di piccola impresa.
TEORIA DELLA DIFFERENZIAZIONE APPLICATA: alla famiglia, che prevede la progressiva perdita delle funzioni produttive da parte della famiglia stessa a seguito dello sviluppo economico e industriale, appare incontrare dei limiti.
Questa teoria è stata proposta nella sua forma più compiuta da Parsons: si tratta di valutare se questo processo di differenziazione si è spinto ai limiti, secondo cui residuerebbero alla famiglia contemporanea soltanto due funzioni predestinate d’ordine psicologico. Tali compiti vanno oltre le funzioni svolte per la personalità individuale indicate da Parsons e comprendono la pulizia e la manutenzione della casa e del vestiario; l’assistenza personalizzata ai minori.
Il modello della famiglia nucleare fondato sulla divisione dei compiti tra il capofamiglia maschio, occupato a tempo pieno, e la casalinga adibita a lavoro domestico, è entrato in crisi.
MAURISSON: individua tre situazioni o modelli generali:
IN ITALIA: esistono le condizioni per uno sviluppo in direzione del lavoro domestico a pagamento. Infatti, da un lato, l’Italia si distingue per un’accentuata distribuzione del reddito; dall’altro, si è affermata una corrente di immigrazione femminile in condizioni di clandestinità, disponibile ad accettare questo tipo di lavoro a basso salario.
( LA CRESCITA DI FORME DI RICONOSCIMENTO SOCIALE DI QUESTA ATTIVITà )
accanto ai congedi possiamo menzionare vari tipi di indennità o assegni versati dallo stato a chi svolge date attività familiari. In altri casi ritratta del riconoscimento ai membri della famiglia di contributi figurativi ai fini pensionistici per attività di caregiving. In altri casi ancora, ritratta di forme di incentivazione o di parziale partecipazione finanziaria dello stato alle forme volontarie di pensione delle casalinghe.
SANDULLI: afferma che il lavoro di cura tende ad assumere una sua specifica individualità e la sua valorizzazione si svolge in termini di estensione della protezione sociale. Il riconoscimento del caregwer familiare è accresciuto dal conferimento di una copertura previdenziale ai fini della pensione e degli infortuni sul lavoro.
ATTIVITA’ DI VOLONTARIATO: è volta e realizzare relazioni d’aiuto nei confronti di altri in condizioni di bisogno o isolamento sociale.
AMBROSINI: osserva che le aspirazioni diffuse di autorealizzazione personale rappresentano una spinta motivazionale per entrare a far parte di iniziative solidaristiche e trovare gratificante aiutare il prossimo.
Il mondo contemporaneo si rivela un terreno fertile per la coltivazione di azioni solidali; si tratta di solidarietà elettive o anche postmoderne, in quanto appaiono figlie dello sviluppo storico dei processi di modernizzazione individualizzazione.
Ci troviamo dio fronte a un’evoluzione che ha comportato un processo di polarizzazione tra organizzazioni volontarie: da un lato, troviamo le associazioni più piccole che privilegiano la loro autonomia di azione e offrono servizi di aiuto alle persone al di fuori del mercato e di ogni riconoscimento pubblico; dall’altro, troviamo le organizzazioni maggiori, appartenenti spesso a consorzi regionali o nazionali, che si sono dotate di strutture e competenze professionali e che diventano interlocutori privilegiati delle istituzioni pubbliche.
BRUNI e ZEMAGNI: la presenza di lavoratori volontari, che mantengono un rapporto costante con la realtà sociale, permette all’organizzazione no profit di superare l’autoreferenzialità propria delle imprese di mercato e di diventare un’organizzazione multistakeholder, nella quale è presente l’interesse di consumatori o degli utenti.
IN ITALIA: i volontari usufruiscono per legge soltanto di una copertura assicurativa contro gli infortuni sul lavoro che tuttavia corrisponde ad una logica civilizzata di ordine risanatorio.
IN GERMANIA: I volontari, se assistono una persona sottoposta a infermità, sono sottoposti al sistema pensionistico pubblico obbligatorio e possono usufruire del sussidio di disoccupazione anche in presenza di una remunerazione per il lavoro volontario, che non superi una certa soglia.
BECK: sostiene che lo stato e i governi locali dovrebbero rendere in considerazione la corresponsione di un salario sociale in alternativa alle sovvenzioni assistenziali per chi accetta di essere addestrato in attività del terzo settore.
Inoltre, Beck delinea un sistema in cui il lavoro di impegno sociale e civile non viene retribuito, ma ricompensato e riconosciuto e rivalutato socialmente tramite un reddito di cittadinanza non inferiore al sussidio di disoccupazione, sulla base di una progetto approvato a livello locale e reso pubblicamente visibile.
Sul piano sociale, l’avvento della grande industria ha egemonizzato ideologicamente l’immagine del lavoro; il lavoro salariato è diventato emblematico del lavoro in generale, relegando un ruolo di comprimario il lavoro autonomo e eliminando dalla scena il lavoro non remunerato.
MINGIONE: la questione della riproduzione sociale è stata la vittima più importante del trionfo, nella teoria economica, del paradigma del mercato.
Gli economisti neoclassici depurano l’economia dai condizionamenti sociali e assumono che il monte salari è fisso e condizionato dalla competizione che si determina sul mercato del lavoro.
MARX: si pone in posizione critica nei confronti del dogma del fondo fisso dei salari e recupera l’importanza della sfera della riproduzione sociale.
Concentra la sua attenzione sui meccanismi tramite i quali il capitale riesce a mantenere sotto controllo il salario, in modo che esso non ecceda il minimo necessario a permettere la riproduzione della forza lavoro.
Per Marx il lavoro necessario è quello erogato nel processo di produzione della forza lavoro svolto dalla famiglia.
ANTONELLA PICCHIO: sostiene che tra le funzioni principali del lavoro riproduttivo vi è quella di assicurare alla popolazione l’estensione del reddito da valore monetario a standard di vita. Ciò include 2 funzioni principali:
CAPITOLO 6: IL RIALLINEAMENTO DEI TEMPI DI VITA E DI LAVORO
Il cambiamento del sistema produttivo si accompagna con difficoltà di pieno utilizzo delle forze lavoro e con crescita di forme di lavoro atipiche. Questo è il risultato di: 1. l’effetto labour saving delle nuove tecnologie; 2. la saturazione della domanda dei prodotti propri del precedente sistema; 3. la lentezza con cui emerge e si afferma la domanda dei beni e servizi prodotti dal nuovo sistema.
MODELLO ATTRIBUITO A FORD: non riguardava soltanto la produzione industriale all’interno dell’impresa, ma anche il rapporto tra produzione e consumi. Implicava una vasta operazione di riorganizzazione della società. Si basava sulla piena occupazione dei padrifamiglia maschi; su un tempo di lavoro rigido; su un tempo liberi limitato. Accanto agli interventi necessari sul piano degli investimenti, dell’istruzione e della formazione professionale, è importante un intervento che riguardi il mutamento degli stili di vita e dei consumi e dell’organizzazione temporale della società.
La disponibilità di tempo del consumatore diventa una variabile importante:la sua mancanza può aggravare la situazione, creare un elemento di blocco al pieno dispiegarsi della domanda dei servizi.
POLITICA DEI TEMPI SOCIALI: è rivolta a ridurre la quantità di tempo vincolato dall’attività lavorativa, oltre che corrispondere ad esigenze provenienti dal processo di individualizzazione, costituisce un momento di una strategia complessiva volta a creare nuova occupazione e nuovo benessere.
ORGANIZZAZIONE TEMPORALE: della società è ancora espressione del vecchio sistema fordista , con le sue forti rigidità, con la dominanza del tempo di lavoro sugli altri tempi sociali e con forti sperequazioni di genere e di età nella partecipazione al lavoro e alle altre sfere della vita.
Il lavoro è fonte di benessere psicologico, ma questo deriva più dallo status sociale che esso conferisce che dall’effettiva soddisfazione personale che permette.
I GIOVANI: sono meno orientati alla strumentazione del lavoro e più interessati alla vita di relazione. Tendono a riprogettare i rapporti tra tempo di lavoro e tempo di vita. L’orientamento delle nuove generazioni verso il lavoro, l’istruzione e le relazioni sociali, come sfere della vita, è l’espressione di un mutamento culturale profondo che non può non avere conseguenze sull’organizzazione temporale della nostra società.
Si riapre la frontiera dei rapporti tra lavoro retribuito e altre attività fuori mercato o non retribuite. L’esigenza è quella di aprire e garantire spazi di sviluppo individuale in cui sia possibile dedicarsi ad una pluralità di attività, quali il lavoro familiare e il lavoro di impegno civile e sociale.
LA VIA DEI CONGEDI: comporta una rotazione tra il lavoro e le altre attività.
LA VIA DEL LAVORO A TEMPO PARZIALE: comporta un loro contemporaneo svolgimento.
In entrambi i due casi sopra riportati, il tempo dedicato al lavoro per il mercato subisce una riduzione. Comune a tutte le forme è la conservazione del posto di lavoro, mentre variano la durata del congedo stesso.
IN ITALIA: la legge n. 53/2000 ha introdotto interessanti innovazioni nella normativa che regola i congedi di maternità e paternità: la flessibilità nell’utilizzo dei 5 mesi di congedo di maternità obbligatoria; l’incentivazione dei congedi di paternità; l’estensione del congedo opzionale fino all’ottavo anno del bambino; l’introduzione del congedo per morte o grave malattia di un componente della famiglia.
IMPORTANZA DEI CONGEDI: risiede nell’apertura che essi operano verso una società pluriattiva nella quale l’individuo è libero di dedicarsi al lavoro ma anche ad altre sfere della vita, senza essere penalizzato sul piano del welfare e della stabilità del lavoro.
Il lavoro part - time è diventato un fenomeno di massa e si inserisce in un quadro generale di riduzione del tempo dedicato al lavoro.
CROWCH: afferma che questa forma di lavoro può essere considerata come un mezzo per adeguare la transizione del modello di metà secolo e alleviare l’impatto con gli indefiniti modelli sociali che emergono dal suo parziale crollo.
TEORIE POSTMODERNE: prevedono che il lavoro rivesta un ruolo minore nella vita man mano che essa diventa più varia. Le imprese richiedono un lavoro più flessibile in termini di orario; i lavoratori affrontano problemi di organizzazione della propria vita quotidiana, per i quali può essere utile una maggiore flessibilità oraria del rapporto di lavoro, entro forme e misure ben determinate.
IN ITALIA: il lavoro part – time è lontano dal raggiungere i livelli degli latri paesi europei, e ciò è dovuto al ritardo con cui si sviluppa la prassi contrattuale sindacale, alla quale è delegata l’applicazione della norma stessa.
L’affermazione del lavoro part – time è connessa con l’ingresso delle donne nel mondo del lavoro negli anni ’60, ed è stato lo strumento attraverso il quale è passato il processo di individualizzazione da parte delle donne in molti paesi europei.
In Italia, i lavoratori part – time con un orario lungo, superiore alle 20 ore, sono in crescita. Il part – time, o full time breve, è un lavoro con orario sufficientemente lungo per permettere il reale coinvolgimento della persona della sfera lavorativa. Ma si tratta di un lavoro con orario sufficientemente breve per conciliarsi con una partecipazione equilibrata della persona alle altre sfere della vita, aumentando i suoi margini di libertà complessiva o la sua possibilità di progettare o avere una vita propria.
CAPITOLO 7: IL PROLUNGAMENTO DELLA VITA ATTIVA
Il tasso di occupazione di un paese è fortemente influenzato dal livello di scolarità, il livello medio – alto di scolarità favorisce stili di vita e comportamenti di prevenzione tali da comportare il mantenimento di un buono stato di salute anche in età avanzata e da ridurre il tasso di mortalità. In assenza di queste condizioni, il rischio che si corre è quello dell’illetteratismo, della progressiva perdita delle capacità di comprendere e utilizzare informazioni anche elementari.
Per combattere l’obsolescenza intellettiva e professionale e per favorire un invecchiamento attivo, una delle politiche fondamentali da adottare è quella rivolta ad elevare la scolarizzazione e a sviluppare la formazione permanente lungo tutto l’arco della vita.
In Finlandia, Olanda e Danimarca il governo ha fissato una cornice istituzionale ampia per programmo riguardanti l’innovazione previdenziale, il mercato del lavoro e il mantenimento della salute.
I SINDACATI: è importante il loro ruolo in tema di pensionamento flessibile. Si tratta di paese ad elevato ad elevato tasso di scolarizzazione e dove la popolazione è gia ben predisposta culturalmente a stili di vita di prevenzione sanitaria e di mantenimento di una vita attiva. Le restrizioni introdotte all’uscita anticipata dal lavoro sono state percepite come aspetti di una strategia più generale a favore dell’invecchiamento attivo.
IN ITALIA: le norme volte ad incentivare il pensionamento graduale sono rimaste lettera morta in termini di entità dei pensionati coinvolti. Al mancato ruolo del governo, si è sommato un deficit di azione delle parti sociali. Sul piano sociale e culturale, esiste una forte tradizione di politiche passive, orientate al sostegno del reddito del lavoratore o del pensionato, che hanno lasciato poco spazio ad una politica di attivazione e responsabilizzazione dei singoli.
PAOLA VALENTI: afferma che in Italia si assiste ad un graduale ma profondo cambiamento nella direzione di una maggiore flessibilizzazione e individualizzazione del passaggio dal tempo di lavoro al tempo di non lavoro. I nuovi orientamenti delle politiche per la gestione del passaggio fra lavoro e pensionamento, si inseriscono all’interno di un più ampio cambiamento pragmatico del welfare europeo, che vede il passaggio progressivo da un sistema che pone l’accento sui diritti collettivi, collegati ad uno status che valorizza l’importanza delle scelte e dei processi individuali.
Il prolungamento “soft” dell’attività lavorativa, nelle forme di pensionamento flessibile o graduale, ci interessa in quanto ci introduce ad una visione nella quale la vita attiva sfuma lentamente in quella non attiva, assumendo i contorni e motivazioni differenti per ciascun individuo.
CAPITOLO 8: VERSO UN NUOVO SISTEMA DI TUTELA DEL LAVORO
Sui luoghi di lavoro si assiste a cambiamenti, il più evidente dei quali è l’emergere di un consistente settore di lavoro flessibili o atipici. Tale processo di cambiamento deve essere decifrato in pieno, ma comprende la possibilità di restituire al singolo lavoratore una capacità di autorealizzazione in campo professionale. È connesso con la flessibilizzazione delle strutture produttive ed è più subito che scelto.
Assistiamo ad un duplice processo di divaricazione: il primo, all’interno del mondo del lavoro, dove accanto al lavoro tipico emergono i lavori atipici o temporanei; il secondo, all’interno delle attività svolte emergono alcune attività che ottengono un riconoscimento sociale. Nel primo, si apre la possibilità di favorire l’autorealizzazione professionale dei lavoratori; nel secondo, si valorizza la scelta dell’individuo di impegnarsi in sfere di attività prima socialmente microconosciute.
L’attuale sistema di protezione sociale, di derivazione industriale o fordista, lascia molto a desiderare. È diventato inadeguato rispetto alle trasformazioni della società e del mondo del lavoro in quanto offre una tutela adeguata quasi soltanto ai lavoratori tipici; inoltre, questo sistema è a base assicurativo – contributivo e funziona laddove esiste la possibilità di una adeguata carriera lavorativa.
SISTEMA ASSICURATIVO – CONTRIBUTIVO: in Italia e in Francia tale sistema, fondato sul lavoro, è assai forte e storicamente radicato e, accanto ad esso, si è sviluppata un’ampia dottrina giuridica.
BARBIER e NADEL: è la cittadinanza dei lavoratori che è necessario sviluppare e preservare; si tratta di razionalizzare ed estendere i diritti sociali legati alla condizione professionale. Inoltre, essi parlano della necessità di rifondare un sistema comune di diritto dei lavoratori. Un diritto sociale comune dell’occupazione e del lavoro, che dovrebbe prevedere l’accesso uguale a tutti i dispositivi delle politiche per l’occupazione, l’inserimento professionale, la formazione.
CASTEL: sostiene che la via privilegiata da esplorare sia la ricerca di nuovi diritti capaci di rendere sicure le nuove situazioni lavorative aleatorie e coprire i percorsi caratterizzati da discontinuità. Propone, inoltre, di trasferire i diritti connessi con lo status dell’occupazione alla persona del lavoratore, ad uno status professionale della persona, non definito dall’esercizio di un’occupazione determinata, ma tale da inglobare le diverse forme di lavoro che ogni persona è in grado di svolgere durante la propria esistenza, includendo i periodi di interruzione del lavoro.
SUPIOT: sostiene che oggi è in fase di gestione un modello di regolazione del lavoro non più basato sulla stabilità dell’occupazione, quanto sulla continuità di uno status professionale al di là delle diverse occupazioni svolte. L’originalità di questo modello sta nell’aggiungere all’organizzazione statica del rapporto di lavoro un’organizzazione dinamica delle transizioni delle diverse forme di lavoro che ogni persona è suscettibile di svolgere nel corso della propria vita.
Possono essere identificati tre tipi di identità:
È evidente l’interesse che presenta questa impostazione di Supiot, la quale, partendo dal problema della crescente flessibilità e atipicità del lavoro, giunge ad allargare l’analisi fino alle attività fuori mercato socialmente riconosciute e a proporre una soluzione unitaria, in grado di saldare il piano delle tutele tradizionali del lavoratore con quello delle nuove tutele del cittadino attivo.
ASSISTENZA ECONOMICA: dello stato ai cittadini in condizioni di bisogno rappresenta un’espressione di solidarietà civica; essa è un momento in cui si riafferma la coesione sociale nazionale nella consapevolezza che chi oggi contribuisce a sostenere i bisognosi, potrà domani contare sul medesimo aiuto.
L’assistenza economica realizza una redistribuzione progressiva del reddito, qualificandosi come una politica sociale di contrasto della disuguaglianza.
PREVIDENZA: nasce come politica sociale fondamentalmente meritocratica, volta ad assicurare contro i rischi della vita e a garantire al lavoratore il mantenimento del tenore di vita che egli ha acquistato. Essa non ha in vista obiettivi solidaristici, bensì obiettivi di salvaguardia delle condizioni economiche raggiunte da ciascuno. La previdenza non si pone in contrasto con il funzionamento del mercato, ma interviene ex post per risarcire i danni eventuali.
Il principio meritocratico che sta alla base della previdenza è di grande rilevanza sociale in quanto è congruente con il processo storico di individualizzazione.
La previdenza appare il giusto completamento dell’assistenza: una volta che con quest’ultima si sono affrontati i problemi dei cittadini in stato di bisogno, si garantisce agli altri di ottenere ciascuno in base ai propri meriti.
La previdenza è un sistema di protezione sociale che funziona bene per le categorie relativamente forti di lavoratori. Il suo fulcro è costituito dal nesso tra contribuzione e trattamenti e dal ricorso alle tecniche attuali di calcolo.
LA RIFORMA DELLE PENSIONI: (riforma Dini). La sua principale innovazione sta nell’aver sostituito la formula di computo della pensione. Questa, che prima era basata sulla retribuzione del lavoratore e sul numero di anni di contribuzione, viene calcolata sull’ammontare finale effettivo dei contributi versati. Tra le novità riscontriamo l’innalzamento di 5 anni dell’età pensionabile e l’età flessibile di pensionamento, a scelta del lavoratore tra i 57 i 65 anni.
IL METODO CONTRIBUTIVO: il sistema di calcolo contributivo, introdotto dalla riforma Dini, è molto importante perché collega l’intero pacchetto pensionistico alla storia lavorativa dell’individuo. È l’individuo che diviene responsabile della sua pensione in base ai versamenti contributivi che farà, al numero di anni che deciderà di lavorare e ai risparmi che vorrà destinare ad un fondo integrativo di sua scelta.
PENSIONE DI BASE: la sua introduzione ha avuto il vantaggio di sostituire una prestazione universalistica di base. Il lavoratore con almeno 20 anni di contributi che non riesce a conseguire un autonomo trattamento di pensione ha diritto ad un’integrazione economica, finanziata in parte dalle altre gestioni previdenziali e in parte direttamente dalla fiscalità generale. Questa integrazione porta la sua pensione ad un livello minimo, ma superiore a quello della pensione sociale riservata alla generalità dei cittadini in condizioni di bisogno. Tale integrazione è però abolita per i lavoratori che hanno iniziato a lavorare dopo il 1995, in quanto essi hanno diritto solamente all’assegno sociale riservato ai cittadini bisognosi.
Nella ricerca di una migliore articolazione tra il sistema degli ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione e quello dell’assistenza in caso di povertà, si delinea un sistema articolato si più livelli:
I lavori tipici sono quelli che usufruiscono maggiormente del primo livello di tutela contro la disoccupazione.
L’ITALIA: si caratterizza per un livello di tutela assicurativa frammentato in vari istituti che non copre tutti i lavoratori ed è sperequato tra le categorie stesse che vi accedono. Manca il livello di tutela assistenziale.
La tutela in caso di disoccupazione è generalmente assente, tranne in Finlandia, dove il caregiver familiare o volontario è trattato come un normale dipendente pubblico, o della Germania, dove l’attività di assistenza al familiare non autosufficiente e quella di educazione dei figli possono essere computate nell’anzianità lavorativa richiesta per accedere al sussidio di disoccupazione.
Fonte: http://www.sociologia.uniroma1.it/users/studenti/Riassunti/Riassunti%20vari_hakuna/NUOVILAVORI,NUOVOWELFARE.doc
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