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ECONOMIA INDUSTRIALE
UNA PANORAMICA DELL’ORGANIZZAZIONE INDUSTRIALE [cap.1]
La disciplina studia la struttura delle imprese e dei mercati e le loro modalità di interazione à peso rilevante ai fattori concreti.
Modelli:
TEORIA DELL’IMPRESA [cap.2]
Impresa: organizzazione che trasforma input in output
Fusioni: verticali, orizzontali, conglomerali
L’obiettivo della maggior parte delle imprese è fare profitti à efficienza produttiva (dati gli input utilizzati, non sarebbe possibile produrre una maggiore quantità di output con la tecnologia esistente). Tuttavia gli obiettivi delle imprese possono essere diversi.
La convenienza tra produrre internamente e acquistare sul mercato è data dai costi di transazione, comprendenti il costo iniziale di negoziazione del contratto e i costi successivi legati all’adempimento. Ciascuna delle parti infatti è nella condizione di adottare un comportamento opportunistico traendo un vantaggio per sé a scapito dell’altra parte. E’ difficile nei contratti complessi prevedere tutte le eventualità possibili, si può quindi ridurre la probabilità di comportamenti opportunistici mediante produzione interna o accordi a lungo termine.
Costi di transazione elevati (Specificità, incertezza, frequenza)
Costi del controllo: talvolta l’allocazione delle risorse risulta più costosa all’interno dell’impresa che non sul mercato à le aziende devono investire in attività di supervisione al fine di mantenere una certa efficienza interna, i costi di supervisione aumentano con l’aumentare delle dimensioni aziendali.
Le imprese scelgono l’integrazione quando i costi del controllo non superano i costi di transazione derivanti dall’interazione con il mercato.
All’interno delle imprese sono fissati prezzi di trasferimento per l’allocazione di beni e servizi tra le divisioni.
Motivazione dei dipendenti à sistemi di incentivi (e conseguente riduzione dei costi relativi del controllo) anche se il compenso può non avere correlazione con l’effettivo valore di ciascun dirigente. Il possesso di azioni da parte dei dipendenti più importanti riduce la necessità di controllo all’aumentare della complessità del compito.
Organizzazione interna delle imprese:
Gerarchia: catena di controllo in un’organizzazione. Necessario un compromesso tra la quantità di informazioni provenienti da ciascuna unità funzionale e l’esigenza di giungere a decisioni globalmente coordinate.
Strutture gerarchiche diverse à differenti costi di organizzazione e controlli del grado di efficienza. Il modello multidivisionale, pur con minor specializzazione, riesce più facilmente a imporre il principio della massimizzazione del profitto.
Proprietà e controllo:
Forme proprietarie: impresa individuale, società di persone, società di capitali à responsabilità. Modalità di funzionamento, convenienza per gli investitoiri (S.p.A.)
Separazione tra proprietà e controllo: può accadere che i dirigenti abbiano obiettivi diversi dalla massimizzazione del profitto. Il C.d.A. tutela gli interessi degli azionisti e dell’efficiente gestione. Altro possibile conflitto è quello tra azionisti e obbligazionisti à patti obbligazionari per regolamentare i possibili comportamenti della società.
Creazione di nuove imprese: se esiste un’opportunità di profitto, gli imprenditori cercano di sfruttare questa opportunità; se un’impresa è gestita male, è possibile crearne una nuova per farle concorrenza oppure cercare di prenderle il controllo per dirigerla in modo più efficiente e redditizio.
Metodi di acquisizione: negoziare con il management i termini per ottenere il controllo e farsi vendere la società dagli azionisti; fare una O. p. a.; convincere gli azionisti di saper guidare meglio l’azienda e farsi dare il controllo dell’impresa.
[le fusioni nell’economia statunitense] à Cicliche
Motivazioni sottostanti le fusioni a acquisizioni: aumento atteso della profittabilità
Fusioni che aumentano il livello di efficienza:
Fusioni che non aumentano il livello di efficienza:
Ostacoli alle fusioni (tattiche difensive del management)
[evidenza empirica sull’efficienza e la profittabilità delle fusioni]
I COSTI [cap. 3]
Costi fissi (F)
Costi non recuperabili (sunk cost)
Costi evitabili
Costi variabili (VC)
à Costi totali C = F + VC
Costo marginale (MC)
Costo medio (AC) / Costo variabile medio (AVC) / Costo fisso medio (AVF)
Problematiche relative ai costi:
Elementi diversi dal livello di produzione (es. velocità di produzione)
Breve periodo e lungo periodo à costi di aggiustamento tanto più elevati quanto
più rapido è il cambiamento
Costo opportunità à convenienza o meno a proseguire l’attività
Spese e ammortamento
Cause delle economie di scala: costi fissi di organizzazione costanti, specializzazione del personale, durata del ciclo di produzione, gestione del magazzino (minori scorte in percentuale)
I costi totali determinano l’esistenza di economie di scala: lo sfruttamento o meno di economie di scala dipende dal livello di incidenza delle singole funzioni sul totale dei costi
Unità di misura delle economie di scala è data dal rapporto costo medio/costo marginale
s = AC/MC per s > 1 economie di scala
per s = 1 rendimenti di scala costanti
per s < 1 diseconomie di scala
Economie di scala nell’acquisto di nuove attrezzature (Haldi e Whitcomb)
Economie di scala nei costi di gestione (Haldi e Whitcomb)
Economie di scala relative ai costi totali di produzione (Johnston) à scala efficiente minima è il livello minimo di produzione che permette di minimizzare i costi medi di lungo periodo
Studi sulla sopravvivenza di un’impresa in un’industria: se una particolare dimensione di stabilimento è efficiente, con il trascorrere del tempo tutte le imprese operanti nell’industria tenderanno ad avvicinarsi a quella dimensione (Stigler, 1968)
Adattamento dei concetti tradizionali di costo a un’impresa multiprodotto (costo medio e costo marginale)
Economie di scopo: produzione congiunta più conveniente della produzione separata. Fattori determinanti: fattori di produzione comuni, informazione, necessità della presenza fisica, ecc. I costi di transazione possono giustificare la produzione congiunta di più prodotti nel caso di economie di scopo.
Economie di scala ed economie di scopo nelle imprese multiprodotto (uno stabilimento per ogni prodotto della gamma)
Specializzazione dell’attività produttiva à indice di specializzazione: rapporto fatturato nell’industria / fatturato totale relativo a tutti i prodotti degli stabilimenti facenti parte dell’industria.
Un esempio di industria con economie di scopo: General Motors
LA CONCORRENZA [cap.4]
Concorrenza perfetta: ideale di riferimento a cui paragonare i mercati. Tutte le imprese realizzano un output omogeneo perfettamente divisibile e non incontrano ostacoli né all'entrata né all'uscita. Produttori e consumatori dispongono di informazione completa, non incorrono in costi di transazione e sono price-takers, non influiscono sul prezzo. Non esistono esternalità. Non è necessario ipotizzare la presenza di un gran numero di imprese. E' sufficiente che i mercati siano contendibili à ci sia concorrenza potenziale.
Massimizzazione dei profitti: p = pq - C(q) All'impresa conviene aumentare l'output fino a quando il ricavo marginale è superiore al costo marginale.
Decisione di chiusura: un'impresa produce solo se i ricavi derivanti dalla produzione superano i costi evitabili. Produce e vende solo se i ricavi sono pari almeno al costo variabile totale. Considerati i costi, l'impresa può decidere di produrre anche in perdita.
Prezzo al quale un'impresa cessa di produrre: prezzo di chiusura
Se i costi fissi non sono irrecuperabili la decisione di chiusura dipende dal fatto che i ricavi superino o meno i costi evitabili.
L'industria concorrenziale: Equilibrio concorrenziale dall'intersezione tra le curve di domanda e di offerta. Nel lungo periodo, se le imprese potenziali del settore sono identiche e possono entrare o uscire senza costi irrecuperabili, la curva di offerta sarà perfettamente orizzontale in corrispondenza del costo medio minimo di produzione. Le imprese ottengono profitti pari a 0, sufficienti a farle rimanere nell'industria. Produzione di equilibrio: Q* = n*q*
Esiste un solo prezzo al quale la quantità offerta è pari a quella domandata
Le elasticità e la curva di domanda residuale:
Elasticità della domanda: variazione percentuale della quantità domandata a fronte di una variazione del prezzo dell'1% à Elasticità dell'offerta: …
Domanda elastica / elasticità unitaria / anelastica
L'elasticità dipende da molti fattori come il livello di output, la disponibilità di prodotti sostitutivi e la facilità con cui è possibile modificare la quantità di produzione.
Curva di domanda residuale: un'impresa concorrenziale assume il prezzo come dato, la curva di domanda è perfettamente orizzontale, l'elasticità della domanda tende all'infinito à curva di domanda residuale: un'impresa vende a persone la cui do manda non è soddisfatta da altre imprese del settore.
Efficienza e benessere:
Efficienza nella produzione: tutti i prodotti vengono realizzate al minor costo possibile.
Efficienza nel consumo: il valore che un acquirente attribuisce al consumo del bene è esattamente uguale al costo marginale sostenuto per produrlo.
In condizioni di concorrenza, per qualsiasi distribuzione iniziale del reddito, si massimizza il benessere.
Surplus del consumatore: differenza tra quanto il consumatore sarebbe disposto a spendere e l'importo effettivamente pagato per consumare le unità acquistate
Surplus del produttore: massima quantità che si potrebbe sottrarre ai ricavi del produttore senza indurlo a uscire dal mercato. Differenza tra il ricavo effettivo e il prezzo minimo sufficiente a realizzare e vendere il prodotto
Il costo sociale di un mercato che non funziona in modo efficiente è definito perdita secca, somma delle riduzioni nei surplus dovute a una deviazione dall'equilibrio concorrenziale.
Entrata e uscita:
Libertà di entrata e uscita sono presupposti fondamentali che rendono i mercati concorrenziali portatori di efficienza e benessere.
Barriere all'entrata fanno aumentare i prezzi oltre il livello concorrenziale
Una restrizione all'entrata provoca una perdita secca simile a quella causata da un'imposta:
Se l'entrata è libera ogni impresa produce ai costi medi minimi e i profitti sono 0, le restrizioni determinano un trasferimento dai consumatori alle imprese attive nell'industria.
Se molte imprese sono in grado di entrare e uscire, anche se le imprese incombenti sono poche, è possibile ottenere una situazione concorrenziale e nessuna impresa può raggiungere un livello di profitti superiore al normale, altrimenti ne entrano di nuove à mercati perfettamente contendibili (Baumol, Panzar, Willig).
Barriera all'entrata: qualsiasi impedimento alla creazione di una nuova impresa in un mercato: costi da sostenere per entrare, tempo necessario perché si verifichi l'entrata.
Barriere all'entrata di lungo periodo: costo che deve essere sostenuto da un'impresa potenziale entrante e non dalle imprese incombenti. Se c'è libera entrata nessuna impresa può realizzare profitti nel lungo periodo senza favorire l'entrata di nuove imprese.
Es. il brevetto: monopolio legale mediante barriera all'entrata di lungo periodo; una barriera all'uscita riduce gli incentivi a entrare nel mercato; ecc.
Se c'è libera entrata / uscita sono possibili strategie mordi e fuggi (hit and run) che garantiscono in ogni periodo prezzi pari ai costi medi minimi.
Tre cause di barriere all'entrata:
Esternalità: beni / mali privi di prezzo o con prezzo sbagliato à fallimenti di mercato. Le esternalità possono essere positive o negative.
Diritti di proprietà: diritti esclusivi d'uso di beni e servizi. I mercati sono efficienti se i diritti di proprietà sono definiti in modo che non ci siano esternalità. In caso contrario i mercati possono essere inefficienti.
Es. l'inquinamento: ogni impresa ha una curva dei costi marginali privati che comprende i costi di produzione ma non include i costi sociali dell'inquinamento. Se lo Stato non interviene, l'industria concorrenziale ignora i danni provocati dall'inquinamento à curva dei costi marginali di inquinamento.
Costo marginale sociale = costo della produzione + danni marginali dovuti all'inquinamento
Soluzione ottima dal punto di vista sociale: limitare l'output al livello Q* in cui il beneficio sociale marginale è uguale al costo marginale sociale. Il benessere è così massimizzato.
Lo Stato può:
- Limitare l'output al livello Q*
- Imporre alle imprese produttrici una tassa pari al costo marginale dell'inquinamento
Alternativa alla regolamentazione statale à Teorema di Coase: se le imprese possono contrattare in modo efficiente, si raggiunge il livello socialmente ottimo di inquinamento. Motivi per non incontrarsi possono essere:
Limiti della concorrenza perfetta:
E' applicabile solo ad alcune industrie, ignora pubblicità e marketing (ammettendo perfetta informazione) considera come data la tecnologia (non considera la R&S). La concorrenza perfetta inoltre non ricompensa i più meritevoli ma i più produttivi. Il punto di efficienza dipende dalla dotazione patrimoniale iniziale
I molti significati del termine concorrenza
MONOPOLI, MONOPSONI E IMPRESE DOMINANTI [cap.5]
Comportamento monopolistico: massimizzazione dei profitti, l'azienda non può fissare contemporaneamente prezzo e quantità. I ricavi totali sono massimizzati quando il ricavo marginale è pari a 0 (max. profitti ¹ max. ricavi). I profitti sono massimizzati quando il ricavo marginale eguaglia il costo marginale, MR = MC
L'output è inferiore a quello concorrenziale.
Condizione di max.p =
Margine prezzo-costo / Indice di Lerner
Potere di mercato o potere di mercato: influenza di un'impresa sul prezzo di vendita che può superare il costo marginale anche se i profitti non eccedono i livelli concorrenziali.
L'incentivo all'efficienza è minore in situazioni di monopolio, è più difficile controllare l'efficienza interna. Il mercato concorrenziale può quindi creare benefici in termini di costi per tutte le imprese che operano
Il comportamento monopolistico nel corso del tempo: il monopolista opera nella parte elastica della domanda cercando di non spingere alla sostituzione dei propri prodotti. Se si trova ad operare nella parte anelastica della domanda il monopolista può aumentare i prezzi e spostarsi nella parte elastica incrementando i profitti.
Creare e mantenere un monopolio: fattori determinanti
I costi e i benefici del monopolio
L'effetto in termini di efficienza del monopolio è una perdita secca di benessere, come l'introduzione di una tassa. I profitti di monopolio sono come un trasferimento dal consumatore al monopolista.
La competizione per il monopolio è una ricerca di posizioni di rendita. I profitti di monopolio e la perdita secca variano al variare dell'elasticità della domanda, aumentano al diminuire dell'elasticità.
I benefici del monopolio: la prospettiva di ottenere la rendita di monopolio può spingere allo sviluppo di nuovi prodotti e a ridurre i costi. Senza l'incentivo alla ricerca del monopolio, le imprese possono innovare meno. Il sistema dei brevetti è utile per difendere legalmente il monopolio dovuto all'innovazione.
Monopolio ed esternalità: quando si verifica un fallimento di mercato, il monopolio può essere socialmente preferibile alla concorrenza [es.nel caso dell'inquinamento à esternalità negativa, costo sociale non considerato in concorrenza]
Il rapporto tra profitti e monopolio
Monopolio ed extraprofitti sono collegati se c'è scarsità delle risorse , l'output è quindi limitato e il prezzo superiore al costo marginale.
Non sempre il monopolio consente di realizzare extraprofitti, nel breve periodo può anche generare delle perdite, nel lungo nessuna impresa opera se nell'industria si generano solo perdite, i profitti sono positivi (in concorrenza sono normali, ossia pari a zero)
Il monopolio naturale
La soluzione efficiente prevede che una sola impresa realizzi l'intero output, il costo medio diminuisce al crescere dell'output. Le economie di scala sono condizione sufficiente ma non necessaria.
La concorrenza di potenziali entranti può limitare il potere del monopolista.
E' impossibile ottenere profitti normali applicando prezzi pari al costo marginale in quanto è sempre decrescente. Il costo medio è superiore ai costi marginali.
Nessun monopolista inoltre si accontenta di profitti normali, una regolamentazione dei prezzi in monopolio naturale può quindi essere necessaria.
Il monopsonio
Situazione inversa rispetto al monopolio, il monopsonista stabilisce quanto acquistare scegliendo una combinazione prezzo-quantità sulla curva di offerta dell'industria.
Il triangolo della perdita secca è pari a quella del monopolio, i mercati in cui è più probabile sono quelli in cui le risorse sono riservate a pochi impieghi.
Spesa marginale: costo marginale che il monopsonista deve sostenere per acquistare unità addizionali à il monopsonista limita l'output.
Se al monopsonista interessa la fornitura anche nel lungo periodo, può non convenire esercitare il suo potere nel breve per non trovarsi senza fornitori
L'impresa dominante circondata da imprese marginali di tipo concorrenziale
Se i costi sono uguali non c'è potere di mercato
Un'impresa può essere dominante per vari motivi:
Le imprese marginali seguono l'impresa dominante nella determinazione del prezzo
Il modello in assenza di entrata
Ipotesi: l'impresa è dominante perché più efficiente, le imprese marginali sono price taker, il loro numero è fisso, l'impresa dominante conosce la curva di domanda dell'industria e dato il prezzo può prevedere l'output prodotto dall'insieme delle imprese marginali.
L'impresa dominante è monopolista rispetto alla domanda residuale; l'impresa dominante non ha incentivo a fissare i prezzi a un livello tale da far uscire dal mercato le imprese marginali perché avrebbe maggiore output ma minori profitti. Tiene i prezzi alti rinunciando a una quota di mercato, per questo l'impresa dominante ha profitti inferiori a quella di monopolio, la presenza di imprese marginali limita il potere del dominante e avvantaggia i consumatori. Anche le imprese marginali possono avere profitti positivi.
All'impresa dominante conviene far uscire gli altri dal mercato se ha costi estremamente più bassi rispetto alle imprese marginali.
Modello con entrata libera e istantanea
[Vedi ipotesi precedenti]
L'impresa dominante non può fissare un prezzo elevato come nel caso dell'entrata bloccata . Le imprese marginali non possono avere profitti positivi, o pareggiano oppure escono.
L'impresa dominante ha profitti positivi ancora inferiori rispetto alla situazione di entrata bloccata, l'impresa dominante non può fissare prezzi superiori ai costi medi minimi delle imprese marginali.
Se i costi marginali dell'impresa dominante sono inferiori a quelli delle imprese marginali nessuna di queste rimarrà nell'industria, l'impresa dominante diventa monopolista e la potenziale offerta delle imprese marginali è irrilevante.
CARTELLI: COMPORTAMENTI COORDINATI IN OLIGOPOLIO [cap.6]
Cartello: associazione di imprese che decide di coordinare le proprie attività à oligopolio cooperativo: un numero ristretto di imprese massimizzano i profitti congiunti.
Il cartello è stabile in tempi lunghi se c'è stabilità e sono presenti barriere all'entrata. Un'impresa concorrenziale ignora i benefici di una riduzione dell'output (esternalità), i membri del cartello invece riducendo ognuno di una piccola quota il proprio output possono aumentare in maniera rilevante il prezzo ottenendo extraprofitti. Conviene ridurre l'output totale del cartello anche se non conviene alla singola impresa ridurre il proprio output.
Il successo di un cartello si fonda sulla capacità di far rispettare l'accordo, scarso effetto sui prezzi se i membri non collaborano.
Fattori che determinano la formazione di un cartello:
I cartelli sono più facili da far rispettare se è semplice individuare le deviazioni, fattori favorevoli sono la presenza di poche imprese nell'industria (più sono le imprese coinvolte, maggiore è la probabilità che vengano individuate). Le deviazioni sono più facili da scoprire se i prezzi sono noti a tutti. L'informazione diffusa riguardo le informazioni rilevanti per il cartello facilita l'attuazione degli accordi.
Ci sono circostanze in cui il cartello offre scarso incentivo a deviare.
Metodi per prevenire le deviazioni:
Accordarsi su altri fattori oltre il prezzo di vendita
Assegnare a ciascuna impresa determinati acquirenti / zone
Mantenere fisse le quote di mercato
Inserire clausole del tipo "nazione privilegiata" o "garantiamo il prezzo più
basso"
Stabilire prezzi di intervento: sotto un certo livello tutti possono espandere
l'output a piacimento
I cartelli e le guerre dei prezzi:
L'instabilità dell'attività economica nel corso della vita del cartello aumenta la probabilità dello smembramento
La distruzione di un cartello aumenta il benessere dei consumatori
Se non tutte le imprese dell'industria fanno parte del cartello, il cartello rappresenta un'industria dominante che concorre con imprese marginali di tipo concorrenziale.
All'aumento del numero di imprese che non appartengono al cartello, si passa da una situazione di monopolio a una sempre più concorrenziale. Più è grande la quota di mercato del cartello, maggiore è il costo sociale in termini di efficienza.
L’oligopolio non cooperativo [cap.7]
Mercati in cui un numero ridotto di imprese opera in modo indipendente, consapevole ognuna dell’esistenza dell’altra e non potendo ignorare le iniziative delle altre.
Ogni impresa in oligopolio può influire sul prezzo e quindi sui profitti delle rivali à strategie interdipendenti.
Ipotesi (semplificatrici, piuttosto forti):
Il prezzo di equilibrio sarà compreso tra quello di monopolio e quello concorrenziale, ogni impresa massimizzerà i profitti in base a quella che ritiene essere la strategia delle concorrenti.
Modelli di oligopolio à esempi di teoria dei giochi
Modello di Cournot: le imprese stabiliscono i livelli di output e agiscono contemporaneamente; di Bertrand: fissano i prezzi e agiscono contemporaneamente; di von Stackelberg: fissano gli output, un’impresa agisce prima delle altre.
Modelli uniperiodali / multiperiodali
L’impresa considera strategie credibili, l’insieme di azioni che rappresentano scelte ottimali da parte dei rivali.
La teoria dei giochi analizza le interazioni tra individui razionali che prendono decisioni senza conoscere con certezza gli esiti delle stesse. Due o più imprese, ognuna cerca di massimizzare il proprio profitto consapevole che le azioni dei rivali possono influire sulle proprie. L’esito migliore per l’impresa non sempre coincide con l’interesse collettivo. I profitti di equilibrio differiscono tra i modelli a causa delle diverse regole del gioco.
I modelli di oligopolio uniperiodali à giochi statici (brevi periodi)
Equilibrio di Nash: situazione in cui nessuna impresa può ottenere profitto maggiore variando la propria strategia. In equilibrio di Nash nessuno vuole cambiare strategia.
Ip. Nessuna entrata, prodotti omogenei, un solo periodo, la curva di domanda del mercato è una funzione lineare del prezzo, ogni impresa ha costo marginale costante (senza costi fissi)
L’impresa affronta una curva di domanda residuale [es. q1(p) = Q(p) – q2] su cui ha monopolio.
Rapporto tra quantità che massimizza i profitti dell’impresa 1 e quantità dell’impresa 2: funzione di risposta ottimale.
Il punto di intersezione delle funzioni di risposta ottimale (in duopolio) è detto equilibrio di Cournot, le aspettative di ogni impresa circa l’output del rivale sono confermate.
Qualsiasi livello per cui nessuno ha incentivo a cambiare è un equilibrio di Cournot. Rimane assente la base teorica relativa alle aspettative.
Confronto tra l’equilibrio di Cournot e quello di cartello: nell’equilibrio di Cournot le imprese realizzano profitti inferiori e i consumatori godono di maggior benessere. Le imprese hanno incentivo a colludere.
Confronto tra l’equilibrio di Cournot e l’ottimo sociale […]
Tre o più imprese nel modello di Cournot: al crescere di n (numero di imprese operanti), diminuisce l’output per impresa e cresce l’output dell’industria, e quindi scende il prezzo.
Le imprese fissano i prezzi anziché l’output. I consumatori acquisteranno dall’impresa che fissa il prezzo più basso, le imprese avranno profitti pari a 0 e il prezzo di equilibrio, se esiste, è pari a quello dell’ottimo sociale.
Se i prezzi sono uguali i consumatori sono indifferenti, se sono differenti l’impresa col prezzo più alto non venderà nulla.
p = MC è l’unico possibile equilibrio di Bertrand, l’unico punto di intersezione delle funzioni di risposta ottimale.
Confronto tra l’equilibrio di Bertrand e l’equilibrio di Cournot (pregi e difetti)
I vincoli di capacità nel modello di Bertrand à il modello di Edgeworth:
se le imprese hanno capacità produttiva limitata, non esiste un equilibrio statico di Bertrand con un unico prezzo.
L’impresa può agire da monopolista sulla domanda residuale. Non esiste un equilibrio statico con un unico prezzo.
Le imprese fissano l’output e una di esse (leader) agisce per prima. Le follower sono libere di scegliere le quantità ottimali dato l’output del leader.
Il leader sceglierà l’output in modo da massimizzare il profitto sapendo di essere soggetto al vincolo che il follower sceglierà l’output collegato alla sua funzione di risposta ottimale. Il leader ottiene un profitto maggiore e il follower minore (rispetto all’equilibrio di Cournot) per via della conoscenza anticipata del comportamento del rivale.
Il gioco di von Stackelberg può essere analizzato utilizzando la rappresentazione in fora estesa del gioco (o albero decisionale) che mostra ordine di mossa, strategie e vincite.
Confronto fra l’equilibrio di von Stackelberg e gli altri equilibri: l’equilibrio di von Stackelberg è socialmente migliore rispetto a quello di Cournot; si trova all’interno della frontiera dei profitti che nel totale dell’industria sono inferiori a quelli collusivi.
[confronto tra i principali modelli di oligopolio]
Giochi multiperiodali à supergiochi: giochi ripetuti in cui i giocatori conoscono le azioni svolte in precedenza dai rivali e in base a queste informazioni decidono che azione svolgere in un determinato periodo.
Es. gioco uniperiodale del dilemma del prigioniero.
Il gioco del dilemma del prigioniero ripetuto all’infinito à la collusione è più probabile [essendo proibie le comnicazioni dirette le imprese comunicano attraverso la strategia]. Segnali e minacce di punizione sono più probabili nei giochi mulitperiodali.
Non sempre si arriva alla collusione. Il tipo di equilibrio dipende dall’efficacia delle minacce che varia a seconda degli interessi, della durata del gioco e della credibilità.
Il modello della curva di domanda ad angolo [appendice 7A, p.228-229]
COMPORTAMENTO STRATEGICO [cap.10]
Azioni delle imprese volte a ridurre la concorrenza dei rivali effettivi e potenziali. Lo scopo è quello di influenzare la situazione di mercato, comprese le aspettative, per aumentare i profitti.
Le leggi antitrust che tentano di impedire l'acquisizione di potere di mercato che a sua volta riduce il benessere, vengono utilizzate per combattere i comportamenti strategici.
Comportamento strategico non cooperativo:azioni svolte da una singola azienda per massimizzare i profitti a scapito della posizione dei rivali. Strategie concepite per scoraggiare i potenziali entranti modificandone le aspettative. Perché abbiano successo, devono essere soddisfatte due condizioni:
L'impresa esistente deve preannunciare una minaccia credibile (una strategia razionale) vincolandosi a svolgere l'azione minacciata per rendere tale la minaccia stessa.
Nel caso di imprese uguali la minaccia di politiche predatorie non può essere credibile perché chi le attiva ha costi di breve periodo molto più alti di chi la subisce. E' possibile evitare le politiche predatorie dei prezzi cercando di fondersi con l'incombente, stipulando contratti a lungo termine o riducendo l'output durante i periodi in questione per incorrere in minori perdite. In mercati perfettamente contendibili le politiche predatorie dei prezzi non possono mai avere successo, il rientro nel settore è sempre possibile alla fine del periodo di prezzi predatori.
La presenza di un vantaggio è condizione intrinseca perché la politica predatoria abbia successo.
Norme giuridiche per determinare l'esistenza di politiche predatorie:
Le politiche di prezzo di un'impresa sono predatorie se il prezzo è inferiore al costo marginale di breve periodo [Areeda, Turner, 1975]
Altri autori hanno utilizzato diverse configurazioni di costo.
E' comunque difficile individuare le politiche predatorie per due motivi:
Prezzi promozionali: un'impresa entrante in un'industria cerca di attirare cklienti con prezzi promozionali à investimento volto ad attrarre futuri clienti. Il prezzo praticato dopo il periodo promozionale dovrebbe essere superiore per ammortizzare il costop dell'attività promozionale stessa.
Learning by doing: il costo unitario di un'impresa diminuisce con l'aumentare della produzione perché l'impresa impara a produrre in modo più efficiente.
Comportamento concorrenziale: i procedimenti giudiziari per politiche predatorie sono avviati soprattutto da imprese rivali. La minaccia di procedimento giudiziario può portare le imprese più efficienti a non diminuire i prezzi con conseguente riduzione del benessere.
Evidenze empiriche sulle politiche predatorie dei prezzi:
Difficile trovare esempi netti di politiche predatorie di successo. Le denunce di presunte politiche predatorie riflettono spesso una concorrenza piuttosto accesa. Senza informazioni dettagliate è difficile distinguere un'azienda impegnata in una concorrenza accesa da una che sta attuando politiche predatorie.
Le strategie di prezzo limite con imprese identiche: dati i costi identici è difficile pensare come un’impresa possa scoraggiarne un’altra in base a un comportamento presunto che sarà assunto in futuro (vedi politiche predatorie dei prezzi con imprese uguali)
Le strategie di prezzo limite se un’impresa gode di un vantaggio: l’impresa incombente deve poter modificare la situazione di mercato una volta verificata l’entrata
Gioco in forma estesa [esempio]
Strategie di prezzo limite dinamico:
Investimenti in R&S per abbassare i costi di produzione. L’asimmetria è nel fatto che solo l’incombente può effettuare R&S per ridurre i costi in futuro, agendo prima.
Learning by doing: l’impresa incombente ha interesse a vendere più di quanto farebbe normalmente in un primo periodo per acquisire esperienza e abbassare il costo unitario rispetto a quello del potenziale entrante. L’impresa venderà a prezzo più basso nel periodo 1.
Metodi diretti: interferire con i metodi di produzione o vendita dei concorrenti; rendere difficoltoso, per il rivale, ottenere informazioni.
Interferenza mediante la regolamentazione governativa: se questa prevede esenzioni per le imprese esistenti e rendono più oneroso operare per le nuove imprese.
Produzione di prodotti complementari: l’incombente può rendere più costoso alla concorrenza realizzare prodotti compatibili con i suoi
Aumento dei costi di cambiamento: rendere difficile ai consumatori passare al prodotto di un’impresa entrante
Aumentare i salari o i prezzi di altri input (nel caso di diverse tecnologie di produzione)
[Far aumentare i costi di tutte le imprese]
[Vantaggio delle imprese entranti]
Implicazioni in termini di benessere e ruolo delle normative antitrust: è difficile stabilire se il comportamento strategico aumenta o diminuisce il benessere. Difficile distinguere il comportamento concorrenziale da quello strategico.
Prassi commerciali che facilitano la collusione:
In un mercato concorrenziale: sistema dei prezzi FOB (free on board)
Le imprese che colludono individuano meglio chi bara se c’è un listino prezzi convenuto oppure se ci sono variazioni di quote di mercato. I prezzi FOB creano segmentazione perché fanno pagare alla maggior parte dei clienti prezzi diversi a seconda della distanza.
Comportamento strategico cooperativo e ruolo delle normative antitrust: non si può prescindere dal motivo per cui vengono adottate prassi commerciali di tipo cooperativo.
Discriminazione del prezzo [cap.11]
Discriminazione di prezzo à prezzi non uniformi
Prezzi non uniformi possono determinare maggiori o minori profitti per le imprese dotate di potere di mercato.
Incentivi e condizioni per la discriminazione di prezzo
La discriminazione di prezzo conviene perché consente di far pagare di più alcuni clienti che assegnano valore elevato al prodotto; il tentativo è far pagare a ognuno il massimo di quanto è disposto a spendere senza scendere sotto il costo marginale per aumentare le quantità.
Condizioni per poter discriminare:
Esistono vari motivi per cui può essere impedita la rivendita: servizi non rivendibili; decadimento della garanzia; adulterazione del bene, rendendolo inadatto ad altri usi; elevati costi di transazione; clausole contrattuali; intervento del governo.
Tipi di discriminazione del prezzo:
Discriminazione perfetta del prezzo (di primo grado):
Il monopolista riesce a far pagare a ciascun consumatore il massimo di quanto è disposto a corrispondere per ogni unità di prodotto, impossessandosi di tutto il surplus del consumatore.
L'impresa continua a vendere fino a che il prezzo non è uguale ai costi marginali.
La curva dei ricavi marginali coincide con la curva di domanda.
Il monopolista discriminante produce un livello di output superiore a quello tradizionale, pari all'industria concorrenziale. Il surplus del produttore perfettamente discriminante è pari al surplus del consumatore in concorrenza perfetta.
Prezzi unitari in relazione alla quantità acquistata (di secondo grado)
NO – cap.12
Prezzi diversi per gruppi diversi (di terzo grado):
Un'impresa fa pagare ai consumatori di gruppi diversi prezzi unitari diversi.
Il monopolista massimizza i profitti totali massimizzando quelli derivanti dalle vendite a ciascun gruppo separatamente.
Più è elevata l'elasticità della domanda del gruppo, minore è il prezzo che gli viene praticato.
Altri metodi di discriminazione del prezzo di terzo grado:
Effetti di benessere della discriminazione di prezzo
La discriminazione perfetta non distorce l'efficienza ma influisce sulla distribuzione del reddito. Più difficile analizzare gli effetti della discriminazione di terzo grado, 3 fonti di inefficienza:
Stabilire quale monopolio porta maggiore benessere è un problema empirico. Non è violazione della legge discriminare tra i consumatori ma lo è farlo tra le imprese in modo da influire sulle dinamiche concorrenziali.
INTEGRAZIONE VERTICALE E RESTRIZIONI VERTICALI [cap.13]
Un'impresa che realizza internamente più stadi della produzione o distribuzione è detta integrata verticalmente. Nel caso si avvalga di terzi con contratti vincolanti a lungo termine si parla di restrizioni verticali.
Tesi a favore dell'integrazione verticale: utilità nel ridurre i costi di produzione o eliminare un'esternalità negativa. I costi connessi però sono elevati, legati alla fornitura dei fattori di produzione, alla complessità organizzativa e alle eventuali spese legali per la fusione. I benefici devono superare i costi; i vantaggi possibili sono:
L'integrazione verticale è utile nel caso di costi di transazione elevati:
Gli aspetti tecnologici da soli non sono sufficienti a spiegare l'integrazione verticale di un'impresa che tuttavia si verifica spesso nel caso di fasi dei processi produttivi strettamente correlate.
E' importante la funzione di produzione, con proporzioni fisse / variabili à prezzi relativi dei fattori.
Se si utilizzano proporzioni fisse, il monopolio non ha incentivo a integrarsi perché ottiene comunque gli stessi profitti. La curva del monopolista a monte può essere derivata da quella dell'industria concorrenziale a valle. Per il monopolista la domanda è il prezzo più alto che può far pagare alle imprese a valle per una data quantità del suo fattore di produzione. Il monopolista di un fattore può controllare il prezzo finale anche senza integrarsi verticalmente. L'industria concorrenziale non ottiene alcun profitto e trasferisce i maggiori costi relativi ai consumatori. Tutto ciò se le imprese a valle non possono sostituire il fattore del monopolista.
Se si utilizzano proporzioni variabili il monopolio ha incentivo a integrarsi verticalmente se l'aumento dei profitti supera i costi di integrazione. I fattori produttivi sono sostituti (imperfetti). Il monopolista non ha il completo controllo dell'industria a valle, può essere utile integrarsi per utilizzare i fattori nella combinazione più efficiente e ottenere maggiori profitti
Il ciclo di vita di un'impresa
Se la domanda di un prodotto è bassa ogni impresa tende a realizzare tutta la produzione internamente. Date le quantità ridotte non conviene specializzarsi in una sola attività per via degli elevati costi fissi, anche se ci sono rendimenti di scala crescenti.
Quando l'industria si espande diventa redditizio specializzarsi perché i costi di transazione per unità diminuiscono à disintegrazione verticale.
Restrizioni verticali
Determinate mediante trattative contrattuali, allo scopo di ottenere un risultato simile all'integrazione. I costi sono minori.
Come in un rapporto principale-agente, il produttore stipula un contratto con i distributori ma non è in grado di controllare completamente l'operato.
Free riding: un 'impresa beneficia delle azioni di un'altra senza pagarle.
Il doppio mark-up di monopolio: se vi sono monopoli in successione a livello di produzione e distribuzione. Questo incentiva le imprese all'integrazione o a restrizioni verticali. Sia i consumatori che le imprese subiscono perdite a causa del doppio mark-up [Es. p.423s]
Il produttore desidera che il sistema di distribuzione sua il più efficiente possibile à 3 restrizioni verticali:
Free riding tra i distributori: ogni distributore beneficia delle attività promozionali degli altri senza doverle pagare. I distributori che non si vedono riconosciuta tutta la propria attività possono essere disincentivati all'impegno se qualcuno "fa il furbo".
Il free riding può riguardare pubblicità, preparazione del personale di vendita, certificazioni, reputazione del prodotto, ecc.
Restrizioni verticali possibili sono il monopolio locale [regione in cui un solo distributore è l'unico che può vendere un prodotto], la limitazione del numero di distributori, l'imposizione del prezzo al dettaglio [il produttore fissa un prezzo minimo per spostare l'impegno concorrenziale su variabili diverse dal prezzo; in molti paesi non è legale], far pubblicità al posto dei distributori addebitando a essi questo servizio, il problema è che la pubblicità appropriata può variare da zona a zona.
Free riding tra i produttori: spese affrontate nei confronti della distribuzione sfruttate da altri. Soluzione: vendita in esclusiva - situazione in cui un produttore impedisce ai distributori di vendere i prodotti dei concorrenti.
Esternalità dovute alla mancanza di coordinamento tra i distributori: conflitto tra desideri del produttore / dei distributori (localizzazione, ecc.) e controllo della concorrenza tra rivenditori.
Effetti desiderabili delle restrizioni verticali: distribuzione più efficiente; promozioni più efficaci à maggiori output e prezzi inferiori; miglior servizio legato al prodotto.
Effetti ambigui delle restrizioni verticali: la discriminazione imperfetta del prezzo ha effetti ambigui sul benessere, essendo possibile che aumenti o diminuisca in rapporto al semplice prezzo di monopolio.
Restrizioni verticali indesiderabili: nel caso di obiettivi anticoncorrenziali à cartelli, barriere all'entrata.
Proibire le restrizioni verticali può essere utile se la legge non è scavalcabile con l'integrazione verticale (occorre valutare il rapporto di costo tra integrazione e restrizione). L'antitrust tende a condannare solo le restrizioni verticali anticoncorrenziali.
Il franchising
Particolare relazione verticale tra affiliante e affiliato. Si vende un metodo di gestione dell'attività o semplicemente il diritto a utilizzare un marchio.
Gli affiliati hanno un tasso di fallimento inferiore alle attività indipendenti non in franchising in virtù di un business format collaudato e dal supporto nella fase di avviamento e gestione.
Entrambe le parti fanno affidamento sugli sforzi dell'altra, talvolta difficili da osservare.
Evidenze empiriche
Integrazione verticale - costi di transazione; teorie del potere di mercato
Restrizioni verticali - effetti dell'imposizione del prezzo al dettaglio (perdita di benessere)
Le leggi e la politica antitrust [cap.18]
Leggi antitrust: limitano il potere di mercato esercitato dalle imprese e controllano il comportamento anticoncorrenziale (come ottengono e conservano potere di mercato)
Ambiti di applicazione: accordi tra concorrenti (prezzi e fusioni); attività intraprese da una singola impresa per danneggiare i rivali.
Le leggi antitrust e i loro obiettivi: semplici da formulare ma difficili da applicare.
USA: Sherman Act (1890), Clayton Act (1914), Federal Trade Commission Act (1914) e altre normative successive. Lo Sherman Act viene approvato in un periodo di grande cambiamento dell'industria americana, rappresentava una reazione all'ondata di fusioni.
Vietati i cartelli espliciti (non il monopolio in sé)
Italia: L.287/90 ha istituito l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato: agenzia pubblica che ha potere investigativo e decisionale su casi di violazione della concorrenza legati ad intese e cartelli fra imprese, abusi di posizione dominante, operazioni di concentrazione e pubblicità ingannevole.
à l'applicazione delle leggi antitrust
Obiettivi: promuovere l'efficienza. Alcuni sostengono che sono state approvate per favorire certi gruppi e danneggiarne altri (la grande impresa).
Le imprese stesse possono tentare di influenzare la legislazione per proteggersi dalla concorrenza.
Non è sempre facile stabilire quali pratiche determinano un comportamento inefficiente.
Le controversie sono più complesse perché l'analisi economica dell'efficienza è spesso al centro del procedimento giudiziario.
Il risarcimento dei danni: lo scopo è fungere da deterrente all'attività che genera inefficienza senza scoraggiare l'attività efficiente. Una pena ottimale riduce l'incentivo all'attività illegale à equilibrio tra aspetti positive e negativi.
L'imputato in un procedimento antitrust non ha il diritto al contributo da parte di altri colpevoli.
Il potere di mercato e la definizione dei mercati
Si deve prima analizzare il mercato rilevante, poi considerare la quota dell'impresa.
Un'impresa ha potere di mercato se è in grado di far pagare un prezzo superiore di quello che prevarrebbe in concorrenza (p = CM)
Se l'elasticità è elevata, l'impresa ha poco potere di mercato.
Una fusione aumenta il potere di mercato se i prezzi successivi alla fusione stessa sono più alti di quelli precedenti.
Le quote di mercato in una determinata area sono un indice imperfetto del potere di mercato (occorre considerare anche barriere all'entrata, struttura concorrenziale, ecc.)
Definizione del mercato rilevante: l'insieme dei prodotti e l'area geografica in cui si verifica la concorrenza che determina il prezzo.
Occorre includere nella definizione i prodotti che sono sostituti stretti in termini di domanda e offerta, il grado di sostituzione dipende dai prezzi relativi. Anche il prodotto di un monopolista, che ha potere di mercato, può essere soggetto alla pressione dei beni sostituti à le quote di mercato sono un indice impreciso del potere di mercato.
L'elasticità diretta rispetto al prezzo, non l'elasticità incrociata della domanda, determina il potere di mercato.
Il limite geografico di un mercato è determinato analizzando se un aumento del prezzo in una località influisce in modo sostanziale sul prezzo in un'altra località. Se è così appartengono allo stesso mercato.
La collusione tra imprese rivali
Accordi per fissare il prezzo e l'output con l'obiettivo di eliminare la concorrenza e far salire i prezzi sopra i livelli concorrenziali sono illegali.
Non tutti gli accordi che hanno come risultato la fissazione dei prezzi sono illegali, se l'accordo è subordinato al raggiungimento di un altro obiettivo che favorisce la concorrenza à approccio discrezionale nella valutazione.
Gli scambi di informazioni tra i concorrenti, spesso tramite organizzazioni di categoria, sono legittimi a condizione che non vi sia collusione. Gli scambi di informazioni possono favorire la collusione, si tratta comunque di merce rara, la divulgazione può essere preziosa, per questo occorre valutare come si compensano gli effetti.
I prezzi in oligopolio non cooperativo possono essere superiori al livello di concorrenza per via dell'interdipendenza reciproca e dell'interesse comune a non far scendere i prezzi. L'azione giudiziaria deve dimostrare l'esistenza di un cartello.
Le leggi antitrust tentano di impedire la creazione di ulteriore potere di mercato raggiunta tramite la fusione di imprese rivali. E' importante valutare gli effetti in seguito alla fusione.
Gli effetti delle leggi antitrust sull'organizzazione delle imprese
Incentivo alla crescita / all'integrazione verticale
Fonte: http://digilander.iol.it/gazzettino/Economia%20Industriale%20-%20Riassunti.doc
Sito web da visitare: http://digilander.iol.it/gazzettino/
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