TFR - Trattamento di fine rapporto

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TFR - Trattamento di fine rapporto

“IL TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO DAL 1° GENNAIO 2007”

 

1. Nozione, presupposti e prescrizione.
Il trattamento di fine rapporto (TFR) ha sostituito dal 1° giugno 1982 l’indennità di anzianità a norma della L. 297/1982 che ha modificato l’art. 2120 c.c. Con la nuova normativa, il lavoratore ha il diritto di ricevere il TFR all’atto della cessazione del rapporto di lavoro subordinato (anche in caso di lavoro part-time, di contratto a termine ed in caso di cessazione per mancato superamento del periodo di prova), indipendentemente al fatto che il datore di lavoro sia a conoscenza o meno di tutti gli elementi utili al calcolo . Conseguentemente il mancato pagamento da diritto al lavoratore di richiedere gli interessi legali e la rivalutazione monetaria dalla data di cessazione del rapporto lavorativo, con la quale - secondo la disciplina risultante dagli art. 2120 c.c. e 429 c.p.c. (non derogabile neanche dalla contrattazione collettiva) - coincide il momento di maturazione del credito, a prescindere dalla sua liquidità; nè rileva che, a tale data, il datore di lavoro abbia eseguito pagamenti parziali in base alle componenti del t.f.r. immediatamente quantificabili, posto che, anche in tale ipotesi, in sede di determinazione complessiva e definitiva delle spettanze del lavoratore devono comunque computarsi gli interessi e la rivalutazione sull'integrale ammontare del t.f.r. dalla medesima data di cessazione del rapporto.
Il diritto al trattamento di fine rapporto si prescrive nei termini di 5 anni e decorre solo dalla cessazione del rapporto di lavoro.

2. I soggetti.
I soggetti beneficiari del TFR sono:
- i lavoratori subordinati privati;
- i lavoratori del pubblico impiego privatizzato che: a) assunti dopo il 1° gennaio 1996 si applica l’art. 2120 c.c.;
b) assunti prima del 1° gennaio 1996 sarà la contrattazione
collettiva a determinare le modalità di applicazione del Tfr;
- il coniuge divorziato, il quale in base all’art. 12-bis, comma 1, della legge n. 898 del 1970, introdotto dall'art. 16 della legge n. 74 del 1987, prevede che il coniuge nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ha diritto, se non passato a nuove nozze e in quanto sia titolare di assegno di mantenimento, al 40% dell'indennità di fine rapporto percepita dall'altro coniuge all'atto della cessazione del rapporto di lavoro, anche se l'indennità viene a maturare dopo la sentenza. La percentuale del 40% del Tfr è riferita alle quote maturate nel periodo in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio. A tal proposito, ci si chiede se la quota del Tfr spetta anche qualora la stessa sia venuta a maturare prima della sentenza di divorzio? La giurisprudenza di legittimità ha affermato il principio secondo cui in tema di divorzio, il diritto di un coniuge ad una quota del trattamento di fine rapporto lavorativo percepito dall'altro coniuge, ai sensi dell'art. 12-bis della l. 1 dicembre 1970 n. 898, introdotto dall'art. 16 della l. 6 marzo 1987 n. 74, può essere attribuito con lo stesso provvedimento attributivo dell'assegno di divorzio, atteso che, se il diritto alla quota permane "anche se l'indennità viene a maturare dopo la sentenza" di divorzio, secondo il tenore letterale dell'art. 12-bis, tale diritto deve conseguentemente riconoscersi pure nel caso in cui l'indennità sia maturata prima di detta sentenza, quando ovviamente al coniuge non è stato ancora attribuito in modo definitivo (con sentenza passata in giudicato) l'assegno divorzile .

3. Il calcolo del Tfr.
Il trattamento di fine rapporto (tfr) si calcola: dividendo la retribuzione annua per 13,5. Al 31 dicembre di ogni anno, il datore di lavoro, oltre a calcolare la quota da accantonare per l’anno stesso il Tfr, deve anche rivalutare la somma accantonata nei precedenti anni. Tale rivalutazione è composta in due voci: una fissa di 1,5 ed una variabile di 75% dell’aumento del costo della vita calcolato dall’Istat.
L'individuazione della retribuzione annua utile ai fini del calcolo del trattamento di fine rapporto deve operarsi, ai sensi dell'art. 2120 c. c., facendo riferimento alla normativa legale o contrattuale in vigore al momento dei singoli accantonamenti e non a quella in vigore al momento della cessazione del rapporto.
Il trattamento di fine rapporto matura anche per le frazioni di mese inferiori a quindici giorni sia perché la regola generale della l. 29 maggio 1982, n. 297, che impone il computo di tutte le somme corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, conferisce rilevanza non al fattore tempo, ma alla retribuzione, che è normalmente frazionabile anche per giorni, sia perché il trattamento di fine rapporto, seppure idealmente scomponibile in due tronconi, l'uno relativo al periodo antecedente al 31 maggio 1982, l'altro al periodo successivo, va ritenuto istituto unitario ai fini della qualificazione giuridica e della relativa disciplina .

4. Anticipazione del Tfr.
Il lavoratore può chiedere, prima della cessazione del rapporto di lavoro, l’anticipazione del Tfr. Ciò è possibile solo se:

  1. il lavoratore abbia un’anzianità di servizio presso lo stesso datore di lavoro di almeno 8 anni;
  2. il lavoratore ha diritto a richiedere il 70% del Tfr maturato alla data della richiesta;
  3. le richieste rientrano entro i limiti annui del 10% degli aventi diritto e del 4% del numero totale dei dipendenti;
  4. le richieste devono essere motivate da specifiche causali:
    1. acquisto di prima casa: il diritto all'anticipazione del trattamento di fine rapporto per l'acquisto della prima casa di abitazione - per sè o per i figli - secondo la previsione del comma 8, lett. a), dell'art. 2120 c.c., comporta che l'estensione dell'applicabilità della norma alla tutela di esigenze di altri soggetti - i figli - è possibile non solo se è il lavoratore ad effettuare l'acquisto, ma anche quando l'acquisto sia effettuato da un figlio e la richiesta di anticipazione venga giustificata dalla necessità di quest'ultimo di disporre del relativo importo . Inoltre, il diritto del lavoratore all'anticipazione del trattamento di fine rapporto per l'acquisto della prima casa di abitazione per sè o per i figli, deve essere riconosciuto anche nelle ipotesi in cui l'acquisto sia stato effettuato dal coniuge, in regime di comunione legale . Il diritto soggettivo all'anticipazione del trattamento di fine rapporto sorge solo quando ricorrono i presupposti di carattere soggettivo ed oggettivo statuiti nell'art. 2120 c. c. novellato, salve le ipotesi di maggior favore previste da contratti collettivi o da pattuizioni individuali; pertanto il diritto all'anticipazione nel caso di acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i figli, documentato con atto notarile ai sensi dell'art. 2120, 8° comma, c.c. presuppone l'acquisto definitivo del bene nonché la sua formale documentazione notarile al tempo della richiesta (nella specie, la suprema corte ha confermato la pronuncia del giudice di merito nel senso di negare il diritto all'anticipazione al lavoratore che, in assenza di condizioni convenzionali di miglior favore, aveva allegato il suo intento di ultimare una costruzione in economia, che non risultava documentalmente acquistata al momento della richiesta di anticipazione. La ristrutturazione della casa di abitazione - afferma la giurisprudenza di merito - non può essere considerata circostanza abilitante ad ottenere l'anticipo del tfr, in quanto l'art. 1, l. n. 297/1982 ha carattere eccezionale e, quindi, non può trovare applicazione oltre i casi ed i tempi in esso stabiliti.
    2. spese mediche: la richiesta di anticipazione del trattamento di fine rapporto, per spese sanitarie previste dal quartultimo comma, lett. a) del nuovo testo dell'art. 2120 c. c., deve soddisfare il duplice requisito della sussistenza di un comprovato stato patologico e della dimostrazione della necessità delle particolari cure che rivestano, al tempo stesso, un carattere di straordinarietà rispetto a quelle fornite gratuitamente dal servizio sanitario nazionale. L'anticipazione sul trattamento di fine rapporto, quale prevista dall'art. 1 l. 29 maggio 1982, n. 297, concessa dal datore di lavoro per le spese sanitarie che avrebbe dovuto sostenere il lavoratore, ove non sia stata utilizzata (totalmente o parzialmente) per gli scopi per i quali era stata richiesta ed ottenuta, deve essere restituita (in tutto o in parte) al datore di lavoro, unitamente agli interessi legali, che decorrono dalla data fissata per la restituzione dallo stesso datore di lavoro.
    3. spese da sostenere per i periodi di astensione dal lavoro per maternità facoltativa e per formazione (art. 5 e 4 della L. 53/2000 e Circ. Min. Lav. 29 novembre 2000, n. 851).

5. Fondo di garanzia.
Il Fondo di garanzia è costituito presso l'Inps ed è obbligato al pagamento del Tfr e degli emolumenti relativi agli ultimi tre mesi del rapporto in caso di insolvenza del datore di lavoro, tali somme sono anche comprensive, come di regola, degli interessi legali e della rivalutazione monetaria, restando inapplicabile il divieto di cumulo di tali accessori stabilito dall'articolo 16, comma 6, della legge n. 412 del 1991.
In tema di pagamento del Tfr da parte del Fondo di garanzia, la dichiarazione d'insolvenza del datore di lavoro e la verifica sull'esistenza e misura del credito in sede fallimentare fungono da presupposto del relativo diritto. Ne consegue che la prescrizione del diritto del lavoratore nei confronti del Fondo di garanzia non può decorrere prima dell'ammissione al passivo, perché nessuna domanda di pagamento potrebbe essere proposta prima all'Istituto. Né può avere alcuna rilevanza la circostanza che il credito per Tfr si sia già prescritto nei confronti del fallimento (che comunque lo abbia ammesso al passivo), perché il termine di decorrenza della prescrizione nei confronti del Fondo, stante il meccanismo configurato dalla legge, deve essere necessariamente diverso, dovendo decorrere dalla data di ammissione al passivo. Anche nel caso di datore di lavoro non sottoposto a procedura concorsuale, l'interessato non ha la possibilità di fare immediatamente domanda al Fondo, giacché deve previamente munirsi di titolo esecutivo per l'esistenza e la misura del credito e deve poi comprovare l'insolvenza attraverso l'esecuzione forzata, che dia esito in tutto o in parte negativo.

6. Dal 2007 il tfr come cambia?
Il D. Lgs. 13 dicembre 2005, n. 252, in attuazione della delega contenuta nella L. 243/2004 ha dettato regole molto precise per il finanziamento dei fondi pensione mediante la devoluzione del Tfr. Tale riforma entrerà in vigore il 1° gennaio 2008, però la manovra finanziaria per il 2007 anticiperà tale data al 1° gennaio 2007.
Le nuove regole si applicheranno soltanto alle quote di tfr maturate dal 1° gennaio 2007 e in nessun caso coinvolge il tfr maturato a tutto il 31 dicembre 2006.
I lavoratori dipendenti hanno 6 mesi di tempo per decidere sulle sorti del tfr maturato dal 1° gennaio 2007; in particolare:
- per i lavoratori già titolari di un rapporto di lavoro dipendente il termine per decidere è fissato in 6 mese, cioè entro il 30 giugno 2007;
- per i lavoratori che verranno assunti dopo il 1° gennaio 2007, il termine è mobile.
Entro tale termine il lavoratore dipendente potrà decidere se il tfr rimanga all’azienda o se investirlo in una pensione integrativa.
Nella prima ipotesi, la scelta dovrà essere manifestata in maniera esplicita.
Nella seconda ipotesi, la decisione potrà avvenire alternativamente in due modi o in forma esplicita (il lavoratore aderisce al fondo pensione) o automaticamente con il cd. silenzio-assenso, vale a dire nell’ipotesi in cui il lavoratore non effettua nessuna scelta.
Inoltre, a ciò si aggiunge un ulteriore precisazione, cioè distinguere le imprese inferiori a 50 dipendenti e le impresi superiori a 50 dipendenti.

Nelle imprese inferiori a 50 dipendenti: si ha il cd. smobilizzo del tfr, vale a dire, la sorte del tfr dipenderà dalla scelta del lavoratore. In tal caso, le imprese, entro il 30 luglio 2007, si troveranno nelle seguenti situazioni:

  1. il tfr dei lavoratori che hanno esplicitamente manifestato di aderire ad un fondo pensione andrà versato a tale fondo, mentre il tfr relativo ai mesi precedenti resta accantonato in azienda;
  2. il tfr dei lavoratori che hanno esplicitamente manifestato di volerlo conservare in azienda, resterà in azienda;
  3. il tfr dei lavoratori che non hanno espressamente manifestato alcuna volontà, andrà versato al fondo pensione aziendale oppure alla forma pensionistica complementare istituita presso l’Inps (art. 9).

Nelle imprese superiori a 50 dipendenti: entro il 30 luglio 2007, le imprese si troveranno nelle seguenti situazioni:

  1. il tfr dei lavoratori che hanno esplicitamente manifestato di aderire ad un fondo pensione andrà versato a tale fondo, mentre il tfr relativo ai mesi precedenti resta accantonato in azienda;
  2. il tfr dei lavoratori che hanno esplicitamente manifestato di volerlo conservare in azienda, verrà gestito dal neofondo di tesoreria (gestito dall’Inps);
  3. il tfr dei lavoratori che non hanno espressamente manifestato alcuna volontà, andrà versato al fondo pensione aziendale oppure al fondo pensione istituito presso l’Inps.

La scelta dei lavoratori è libera e volontaria e non è definitiva, in qunto può essere modificata con cadenza almeno annuale.

Con tale riforma, le imprese non sono più tenute ad effettuare la rivalutazione delle quote accantonate, da ripetersi ogni anno, a un tasso dell’1,5% cui si aggiunge il 75% dell’inflazione Istat.

Il D. Lgs. 252/2005 prevede incentivi alle imprese:

  1. deduzione fiscale: a) imprese inferiori a 50 dipendenti è prevista una deducibilità fiscale del 6% del tfr

                                           versato ai fondi pensione;
                                       b) imprese superiori a 50 dipendenti è prevista una deducibilità fiscale del 4% del
tfr versato ai fondi pensione o all’Inps;

  1. esonero contributivo: le imprese sono esonerate dal versamento del contributo Inps (0,2%) al fondo di garanzia;

 

  1. riduzione costo del lavoro: le imprese fruiranno, a partire dal 1° gennaio 2008  di un’ulteriore riduzione contributiva variabile e crescente nel tempo, nelle seguenti misure:

anno 2008 = 0,19%
anno 2009 = 0,21%
anno 2010 = 0,23%
anno 2011 = 0,25%
anno 2012 = 0,26%
anno 2013 = 0,27%
dall’anno 2014 = 0,28%.

 

 

              Cass. Civ., sez. lav., 28 gennaio 2002 n. 1040, in Giust. Civ. Mass., 2002; contra Cass. Civ., sez. lav., n. 4222 del 2002, in Giust. Civ. Mass., 2002.

              Cass. Civ., I sez., 07 giugno 1999 n. 5553, in Giust. Civ. Mass., 1999.

          Cass. Civ., 27 giugno 1995, n. 7249, in Giust. Civ. Mass., 1995. 

              La nozione legale di retribuzione - da porre a base nel calcolo del TFR (ai sensi dell'art. 2120 c.c., come novellato dall'art. 1, L. n. 297 del 1982) - comprende tutti gli emolumenti corrisposti in dipendenza del rapporto di lavoro, a titolo non occasionale, e con esclusione di quanto corrisposto a titolo di rimborso spese, fatta salva la diversa previsione eventualmente contenuta nei contratti collettivi successivi alla legge istitutiva di detto trattamento, che possono derogare, anche in peius, la nozione legale di retribuzione. 

              Pret. Milano, 14 gennaio 1984, in Orient. Giur. Lav., 1984, p. 888.

              Cass. Civ., sez. lav., 08 luglio 1997 n. 6189, in Giust. Civ. Mass., 1998.

              Cass. Civ., sez. lav., 03 dicembre 1994 n. 10371in Giust. Civ. Mass., 1994

              Pret. Legnano, 03 ottobre 1989, in Dir. Prat. Lav., 1989, p. 3079.

Fonte: https://www.personaedanno.it/attachments/allegati_articoli/AA_005274_resource1_orig.doc

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Autore del testo: - R.STAIANO

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