Volontariato

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Volontariato

 

 

Legge 11 agosto 1991 n. 266

“Legge Quadro sul volontariato”

 

Legge Regionale 24 luglio 1996 n. 22

“Legge regionale sul volontariato”

 

IL VOLONTARIATO

 

 

            Il volontariato nel significato assunto dalla L. 266/91, all’art. 2, è l’attività prestata in modo personale, spontaneo e gratuito, tramite l’organizzazione di cui il volontario fa parte, senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà.

Quindi, elementi costitutivi del volontariato per la L. 266/91 sono:

  1. L’intervento personale;
  2. La spontaneità – volontarietà;
  3. La gratuità;
  4. La continuità, garantita dalla forma associata;
  5. Il carattere di servizio per fini di solidarietà;
  6. Incompatibilità con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e di contenuto patrimoniale con l’organizzazione di cui fa parte.

 

Utilizzando l’espressione organizzazione (art. 3), il legislatore ha inteso non solo escludere la rilevanza, ai fini della disciplina, del volontariato non organizzato (volontariato individuale e familiare), ma ha altresì voluto consentire il più ampio margine di libertà all’esercizio dell’autonomia privata nella scelta o nella creazione della forma giuridica ritenuta più rispondente alle finalità perseguite.

 

La Legge Regionale sul volontariato, all’art. 2, ha introdotto il vincolo della territorialità regionale quale ambito geografico nel quale devono prevalentemente ricadere gli interventi delle Organizzazioni.


 

REQUISITI

 

  1. FINALITA’ DI SOLIDARIETA’ SOCIALE

 

In base al DGR n. 5/54505 del 12/7/94:

  1. sono iscrivibili nel registro generale regionale del volontariato le OOVV che, operando nelle aree sociale, civile, culturale, protezione civile, e perseguendo concreti fini di promozione, valorizzazione, tutela e sviluppo della persona umana, assumono individui o collettività che si trovino in uno stato di bisogno materiale o morale, ovvero in situazioni di sfavore, svantaggio o marginalità sociale, quali riferimenti della loro azione, anche di natura preventiva, che deve essere improntata alla cura di interessi altrui per la realizzazione del bene comune.
  1. In base alla circolare 168/E esplicativa D.Lgs. 460/97 - punto 1.4, le finalità di solidarietà sociale sono perseguite quando le prestazioni previste dallo statuto sono dirette ad arrecare benefici a: persone svantaggiate in ragione di condizioni fisiche, psichiche, economiche, sociali o familiari.

 

Definizione di Solidarietà: "senso di concreta partecipazione e di aiuto alle difficoltà e alle sventure in cui altre persone siano venute a trovarsi, siano esse unite o meno da un legame associativo".

Per solidarietà s'intende il fondamento dell'azione dinamica a favore dì persone, strutture, situazioni che hanno difficoltà a mantenere un equilibrio socio-economico sufficiente a svolgere il proprio ruolo nella società.  La solidarietà può essere:
-    attiva, perché è connessa alla propensione del dare e donare nei confronti dei fruitori dei servizi di solidarietà erogati dall'istituzione solidale;
-    passiva, perché è connessa alla capacità di attrarre finanziamenti e donazioni di terzi nei confronti dell'istituzione di solidarietà.

 

  1. ASSENZA FINI DI LUCRO

 

art. 2 L. 266/91
art. 2 I.r. 22/93

L'assenza dello scopo di lucro, sia diretto che indiretto, deve essere espressamente prevista nello statuto e non consiste nella mancanza di un utile netto per l'organizzazione, ma nel fatto che questo utile non venga distribuito, in qualsiasi forma diretta o indiretta, agli aderenti.  Gli avanzi di gestione residuanti dall'attività annuale possono essere impiegati solo per la realizzazione delle attività istituzionali e di quelle ad esse direttamente connesse.

 

  1. DEMOCRATICITA' DELLA STRUTTURA

 

art. 3 L. 266/91
art. 3 I.r. 22/93

Il concetto di democraticità della struttura riguarda in generale la struttura associativa e la tutela dei singolo associato nell'ambito dell’organizzazione. Non si tratta, evidentemente, di una semplice "etichetta" ma deve emergere chiaramente dalle disposizione dello statuto (e dell'atto costitutivo) e, in concreto, nel funzionamento dell'organizzazione stessa. I testi normativi non esprimono una specifica del significato di tale terminologia, ma fanno riferimento a più e diversi elementi, quali:

  1. elettività delle cariche associative; l'elezione deve essere effettuata da una assemblea regolarmente costituita;
  2. tutela dei diritti di libertà degli aderenti, con particolare riferimento alla libertà di espressione del pensiero e nelle iniziative della vita associativa;
  3. tutela dei diritti con possibilità di ricorrere ad un'autorità, esterna o diversa da quella che adotta il provvedimento;
  4. garanzia dei diritto e dovere di voto, cioè di eleggere ed essere eletti alle cariche sociali;
  5. adozione del metodo collegiale e dei principio maggioritario;
  6. presenza di almeno tre organi sociali: Assemblea, Consiglio Direttivo, Presidente.  Per il Consiglio Direttivo è opportuno che venga indicato un numero minimo ed uno massimo di componenti;
  7. assenza di membri di diritto all'interno degli organi sociali;
  8. assenza di riserva di posti negli organi collegiali;
  9. possibilità di dimissioni in qualsiasi momento (vedi diritti);
  10. indicazione della durata delle cariche;
  11. motivazione dei provvedimenti di non ammissione e di esclusione con possibilità per il socio di ricorrere ad un organo diverso da quello che ha adottato il provvedimento;
  12. trasparenza dei funzionamento dell’attività dell'associazione;
  13. il regolamento rappresenta uno strumento importante per regolare la vita interna dell'Organizzazione, rendendo peraltro più snello lo statuto. La sua efficacia è determinata dal voto dell'assemblea.  Appare necessario che venga trasmesso alla Regione a completamente della documentazione prevista;
  14. indicazione del regime delle deleghe, di cui si forniscono di seguito

alcune indicazioni: un problema particolare è se gli aderenti debbano essere personalmente presenti all'assemblea, o se possa essere prevista la delega.  La legge non dice nulla in proposito e si deve ritenere che, in mancanza di una disposizione diversa contenuta nello statuto o nell'atto costitutivo, le deleghe non dovrebbero essere consentite.  Si ritiene, infatti, che da parte di ciascun aderente vi debba essere un apporto personale. Per evidenti ragioni di opportunità, la delega non dovrebbe essere prevista per le organizzazioni con un ridotto numero di aderenti, mentre può essere consentita (ma sempre con un numero massimo limitato: es. 3 o 5 deleghe per ogni aderente) per le organizzazioni complesse e articolate su scala nazionale.

 

  1. ELETTIVTA’ DELLE CARICHE ASSOCIATIVE

 

Art. 3   L. 266/91
art. 3    I.r. 22/93

Le organizzazioni di volontariato devono assicurare, attraverso le norme statutarie e i regolamenti, la partecipazione democratica dei soci alla vita sociale, la formazione dei propri organi direttivi ed in particolare l'elettività delle cariche sociali.
Occorre cioè che tutte le cariche associative siano elettive e gratuite; ciò significa che queste cariche non possono essere predeterminate, ad esempio, nello statuto o nell'atto costitutivo.
Inoltre, l'assemblea, che deve provvedere alla elezione di queste cariche, non può spogliarsi di tale potere, delegando ad altra persona, organo, o comitato, la nomina ad una carica elettiva.

  1. GRATUITA’ DELLE CARICHE ASSOCIATIVE

 

art. 3  L. 266/91
art. 3  I.r. 22/93

I soggetti che ricoprono cariche associative non possono essere retribuiti in alcun modo e pertanto non possono intrattenere con l'organizzazione Rapporti di lavoro dipendente o autonomo; ad essi spetta solo il rimborso delle spese EFFETTIVAMENTE sostenute in nome e per conto dell'organizzazione, nei modi e nelle forme deliberate dall'assemblea dei soci (ed eventualmente contenute nel regolamento interno) e stabilite dalla disciplina fiscale.

 

 

 

                            

  1. GRATUIA’ PRESTAZIONI ADERENTI

 

art. 3 L. 266/91
art. 3 I.r. 22/93

L'attività resa dal volontario non deve essere in alcun modo retribuita, sia da parte dell'organizzazione di appartenenza, sia del soggetto beneficiario; naturalmente è prevista la possibilità di ottenere il rimborso delle spese effettivamente sostenute, purché preventivamente stabilite dall'organizzazione.  Si precisa altresì che l'attività svolta rimane incompatibile con qualunque tipo di rapporto lavorativo dell'aderente con la propria organizzazione.

 

  1. CRITERI DI AMMISSIONE DEGLI ADERENTI

 

art. 3 L. 266/91
art. 3 I.r. 22/93

Lo statuto deve prevedere criteri oggettivi di ammissione. E' corretto un riferimento all'adesione allo scopo associativo, alla condivisione delle finalità istituzionali e all’impegno a prestare la propria opera in favore dell'organizzazione. E’ consigliabile indicarne le modalità (magari nel Regolamento).

 

CRITERI DI ESCLUSIONE DEGLI ADERENTI

 

art. 3 L. 266/91
art. 3 I.r. 22/93

Lo statuto deve prevedere le cause di incompatibilità e quindi di esclusione.
A garanzia della democraticità della struttura, la procedura di esclusione degli aderenti deve prevedere che il provvedimento sia motivato ed il contraddittorio di fronte ad un organo interno di garanzia, o comunque ammettere il ricorso ad un organo diverso da quello che ha emesso il provvedimento.

 

  1. OBBLIGHI DEGLI ADERENTI

 

Art. 3 L. 266/91
art. 3  I.r. 22/93

Devono essere elencati e resi palesi nello statuto.
Per esempio:

  1. versamento della quota associativa;
  2. rispetto delle nonne dello statuto;
  3. osservanza di un comportamento conforme alle finalità dell'organizzazione;
  4. svolgimento di attività preventivamente concordate;

 

  1. DIRITTI DEGLI ADERENTI

 

art. 3 L. 266/91
art. 3 I.r. 22/93

Devono essere elencati e resi palesi nello statuto.
Per esempio:

  1. diritto di voto, attivo e passivo;
  2. conoscenza dei programmi con i quali l'organizzazione intende attuare gli scopi sociali;
  3. partecipazione alle attività promosse dalla organizzazione;
  4. fruizione di tutti i servizi dell'organizzazione (es.: formazione ed aggiornamento);
  5. possibilità di dimettersi in qualunque momento;

                                      

 

 

 

  1. OBBLIGO DI FORMAZIONE DEL BILANCIO

 

art. 3 L. 266/91
art. 3 I.r. 22/93

Lo statuto deve prevedere l'obbligo di formazione del bilancio dal quale risultino i beni, i contributi o i lasciti ricevuti.
E’ importante che dalle scritture contabili si evinca un impiego trasparente e corretto delle risorse soprattutto quelle derivanti da contributi pubblici o da raccolta fondi.
E’ opportuno che venga indicato l'organo competente a redigere il bilancio.

 

  1. MODALITA’ DI APPROVAZIOINE DEL BILANCIO DA PARTE DELL'ASSEMBLEA

 

art. 3 L. 266/91
art. 3 I.r. 22/93

Lo statuto deve prevedere che il bilancio venga approvato dall'Assemblea, con le maggioranze di legge. Il bilancio dovrà essere approvato entro quattro mesi dalla chiusura dell'esercizio sociale.

 

  1. QUORUM NECESSARIO PER LA CONVOCAZIONE DELLA ASSEMBLEA CONFORME ALL'ART. 20 DEL C.C.

art. 20 C.C.

"L'assemblea delle associazioni deve essere convocata dagli amministratori una volta l'anno per l'approvazione del bilancio.
L'assemblea deve essere inoltre convocata quando se ne ravvisa la necessità o quando ne è fatta richiesta motivata da almeno un decimo degli associati".

 

  1. QUORUM DI APPROVAZIONE DELLE DELIBERAZIONI DELL'ASSEMBLEA CONFORME ALL'ART. 21 DEL C.C.

 

art. 21 C.C.

"Le deliberazioni dell'assemblea sono prese a maggioranza di voti e con la presenza di almeno la metà degli associati. In seconda convocazione la deliberazione è valida qualunque sia il numero degli interventi.  Nelle deliberazioni di approvazione dei bilancio e in quelle che riguardano la loro responsabilità gli amministratori non hanno voto.
Per modificare l'atto costitutivo e lo statuto, se in esse non è altrimenti disposto, occorrono la presenza di almeno tre quarti degli associati e il voto favorevole della maggioranza dei presenti".

                                             

  1. QUORUM DI SCIOGLIMETNO E DEVOLUZIONE DEL PATRIMONIO CONFORMI ALL'ART. 21 DEL C.C.

 

art. 21 C.C.

"Per deliberare lo scioglimento dell'associazione e la devoluzione del patrimonio occorre il voto favorevole di almeno tre quarti degli associati".

 

  1. CONFORMITA’ DEVOLUZIONE PATRIMIONIO

 

art. 5, c. 4

L. 266/91

"In caso di scioglimento, cessazione ovvero estinzione delle organizzazioni di volontariato, ed indipendentemente dalla loro forma giuridica, i beni che residuano dopo l'esaurimento della liquidazione sono devolviti ad altre organizzazioni di volontariato operanti in identico o analogo settore, secondo le indicazioni contenute nello statuto o negli accordi degli aderenti, o in mancanza, secondo le disposizioni dei codice civile".

Per le organizzazioni di volontariato prevale la citata norma della L.266/91, anche rispetto al dettato del D.Lgs. 460/'97.

Dispensa a cura dell’Ufficio Volontariato e Associazionismo della Regione Lombardia, febbraio 1999.

Fonte: http://www.cesvov.it/consulenza/Come%20costituire%20un'associazione/schema%20dei%20requisiti%20generali%20organizzazioni%20di%20volontariato.doc

Sito web da visitare: http://www.cesvov.it

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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