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Il tema delle professionalità emergenti sta impegnando negli ultimi anni diversi studiosi (Costa, Butera, Gubitta ed altri), animati dall’esigenza di conoscere in anticipo l’evolversi dei fabbisogni di professionalità nei diversi settori. Tutto ciò al fine di fornire alle istituzioni competenti, alle imprese ed in generale agli attori economici strumenti di rilevazione utili per orientare le politiche formative allo scopo di ridurre lo shortage tra offerta e domanda di lavoro. Da questi contributi è emersa unanimemente la difficoltà di descrivere un fenomeno la cui complessità è generata da fattori come ad esempio le nuove tecnologie che impattano direttamente sul contenuto del lavoro, il cui svolgimento richiede maggiori pratiche cognitive rispetto a quelle applicative. Si configurano in tal modo nuove figure professionali che non operano solo sui processi, ma che utilizzano attivamente la propria conoscenza e quella degli altri sia come input che come output.
Questo paper nasce con l’obiettivo di presentare una metodologia di rilevazione snella e valida sul piano scientifico che consenta di osservare contemporaneamente tanto la dimensione qualitativa che la dimensione quantitativa che caratterizzano il fenomeno delle professioni emergenti.
Tale metodologia si fonda su un sistema misto di rilevazione composto da un’analisi campionaria necessaria per delimitare il field della rilevazione e da una ricerca di carattere qualitativo basata su focus group e interviste semistrutturate, che hanno integrato ed arricchito l’analisi. In tal senso verranno presentati i risultati di un’indagine sui fabbisogni di professionalità emergenti nelle imprese iscritte all’Unione Industriali della Provincia di Napoli nella sezione information technology.
Il tema delle professionalità emergenti appare ad oggi estremamente rilevante, soprattutto per quelle imprese che operano in contesti complessi, incerti ed in rapido mutamento come quello ICT. Per queste imprese il fenomeno del cambiamento organizzativo è di per sé fisiologico e connaturato all’organizzazione stessa.
In generale, quando il livello di turbolenza ambientale inibisce la capacità dell’organizzazione sistemica di autoregolarsi, lo sviluppo dinamico del comportamento dei soggetti e del sistema (azione organizzativa) non può essere meramente adattivo, ma si traduce in vere e proprie sperimentazioni organizzative, in processi di cambiamento di tipo non conservativo, che trovano la propria principale forza propulsiva nello specifico patrimonio di conoscenze e competenze presente nell’organizzazione (Compagno 1997).
Pertanto, entro una prospettiva evolutiva le variabili organizzative oggetto di cambiamento organizzativo devono essere ampliate rispetto agli approcci organizzativi tradizionali, ed estese anche alle variabili cognitive e relazionali.
In questa prospettiva, si ampliano le opzioni di varietà strutturale e processuale accessibili attraverso il cambiamento organizzativo: esso è, infatti, anche “processo di regolazione e organizzazione dei meccanismi di apprendimento organizzativo, di creazione e di manovra di sistemi simbolici, ideologici, culturali, di tutti quei meccanismi organizzativi, cioè, che enfatizzano i processi di articolazione, interiorizzazione ed evoluzione delle conoscenze” (Nonaka, 1991, pg. 96-115)..
Tali processi si estrinsecano anche nella nascita di nuove professionalità emergenti, le quali sono qualificate dal ruolo critico che la conoscenza assume per lo svolgimento dell’attività lavorativa.
In tal senso, come recentemente è stato sostenuto, le professioni ed i ruoli emergenti assomiglieranno sempre più ai knowledge workers (Druker, 1999) ovvero i lavoratori che fanno della creazione, sviluppo e diffusione della conoscenza il proprio punto di forza, il fulcro della sua offerta lavorativa. Coloro che, grazie al possesso e all’impiego di elevate competenze di capacità di relazione, di cooperazione, creative, di ricerca, di valutazione e di comando, riescono abilmente a dominare l’incertezza ed il cambiamento, assicurando flessibilità e versatilità all’organizzazione.
In realtà, il fenomeno dei knowledge workers è ancora in evoluzione e rappresenta una nuova popolazione lavorativa che in un certo senso, attraversa trasversalmente le usuali categorie statistiche (età, livello di formazione) ed aziendali (contenuto del lavoro, posizione occupazionale, inquadramento giuridico).
A puro titolo esemplificativo i knowledge workers possono essere così distinti (Butera, Cesaria, Donati, 1998):
A ben vedere emerge con chiarezza che i gruppi professionali maggiormente coinvolti dal cambiamento sono i tradizionali professionals che assieme ai nuovi technicians (lavoratori che usando strumentazioni sofisticate, tecniche e corpi di conoscenze hanno un piede nel mondo materiale e un altro nel mondo delle rappresentazioni (Barley, 1996) e che nella nuova divisione del lavoro, maggiormente mettono in crisi la tradizionale dicotomia posizione gerarchica/legittimità del know-how detenuto) e ai nuovi professionisti manager (knowledge integrator) sono senza dubbio i rappresentanti più numerosi di questa nuova popolazione di lavorativa.
Gli ultimi, in particolare, sono una conseguenza, maturata nelle organizzazioni innovative, dell’inesorabile tramonto del ruolo di specialista avulso dai problemi economici, commerciali ed organizzativi, e della sua successiva rinascita come professionista/imprenditore in grado di organizzare servizi in forma imprenditoriale e/o appunto, come professionista/manager (orientato al core business dell’impresa). In effetti, i nuovi professionisti d’azienda sono proprio quelli che, offuscando decisamente la tradizionale dicotomia manager/professional, hanno abbinato alle conoscenze tecnico/scientifiche da sempre possedute, nuove competenze di mercato e nuove sensibilità strategico/economiche, il che gli ha consentito di accrescere e “sprigionare”, le sempre più apprezzate capacità di astrazione (una particolare abilità nell’interpretazione dei dati ed delle informazioni), di pensiero sistemico (system thinking, indispensabile per percepire le relazioni esistenti tra i fenomeni), di empatia (il saper comprendere e stimolare le motivazioni delle persone), di sperimentazione e, infine, d’integrazione (delle conoscenze e competenze). Tutte qualità, queste, che decisamente li pongono al centro dell’interesse di tutte quelle organizzazioni che desiderano eliminare tutto il lavoro che non core.
A questo punto è opportuno dare una chiara definizione dell’ICT che rappresenta l’ambito di riferimento della ricerca, in quanto le innovazioni tecnologiche, avutesi in questo settore, rappresentano uno dei principali fattori che spiegano il cambiamento in atto.
L’ICT è la combinazione di un elevato numero d’innovazioni tecniche ed organizzative, relative all’hardware, al software, ai sistemi di controllo, ai circuiti integrati e alle telecomunicazioni, che hanno reso possibile un’estesa diffusione di un elevato numero d’informazioni ad un costo e ad un tempo estremamente ridotto. In sostanza, l’insieme di tutte le tecnologie che hanno come proprio oggetto l’informazione e la sua diffusione. Queste innovazioni hanno interessato:
L’ICT sta rapidamente mutando il proprio ruolo, sotto il duplice impulso della crescente competitività all’interno dei mercati e della progressiva riduzione dei costi nelle tecnologie di base (processori, ampiezza di bande). Da risorsa di “back office”, finalizzata a ottenere vantaggi competitivi in termini di operatività, costi, tempi e qualità, va gradualmente trasformandosi in risorsa strategica di “front office” destinata a supportare tutte le attività fondamentali per l’azienda come il marketing e le vendite, fino a diventare fattore determinante per il successo dell’impresa sul mercato.
Il settore ICT risente fortemente dell’incertezza e dell’ambiguità ambientale. L’innovazione tecnologica che sembra guidare le sfide economiche future, diventando sempre più il fattore critico di successo anche per il business non necessariamente legato all’ICT e la pervasività di internet che modifica anche il modo di lavorare delle istituzioni sociali e le relazioni della collettività nel suo complesso (Rifkin, 2000) stanno imprimendo al cambiamento traiettorie e ritmi sostenuti ed evidenziando un ruolo critico nella società della conoscenza dell’intelligenza, del sapere, delle conoscenze e delle capacità sviluppatesi nel corso del tempo nel contesto specifico dell’organizzazione aziendale.
Anche il mercato del lavoro ha risentito di questo fenomeno. Come è stato, infatti, messo in evidenza in recenti studi (Federcomin, 2001), risulta che in termini quantitativi lo sviluppo previsto dell’occupazione nel settore ICT è positivo: nel 2000 si può stimare che gli addetti collegati alla Net Economy in Italia fossero circa 1.395.000 ovvero il 2% in più del 1999 e che nel 2001 e nel 2002 si debba assistere ad una crescita rispettivamente del 3,1% e del 5,4% portando alla fine del periodo il numero degli occupati a oltre 1.516.000.
Questo andamento è il risultato di alcune tendenze, riconducibili a molte ragioni tra cui appare interessante rilevare la sostanziale stabilità dell’occupazione nell’industria ICT che vede crescere soprattutto l’area dei servizi e delle soluzioni IT, ma a fronte di un ridimensionamento delle aree di offerta più tradizionali (es: hardware). A questo proposito va rilevato che anche in settori nei quali si è sviluppata una crescente competizione (es. servizi di telefonia) il saldo occupazionale tende ad essere piatto in quanto una parte significativa dei nuovi operatori ha in Italia una struttura molto contenuta in termini di occupati, mentre gli operatori di maggiori dimensioni crescono più grazie ad un “travaso” di risorse che di una significativa immissione di nuove risorse.
E’ stata, inoltre, registrata una crescita sostenuta delle “new companies”, cioè delle iniziative legate alla Net Economy. In questo contesto si fa rientrare la spinta positiva dei nuovi nel nostro Paese di servizi a valore aggiunto (housing-hosting, ASP ecc..), nonché le attività di eCommerce. Nel complesso, il risultato avrebbe potuto essere anche più positivo se tra la fine del 2000 e l’inizio del 2001 non fosse entrato (prematuramente) in crisi l’area del commercio elettronico B2C (Business to consumer) che ha rallentato l’espansione delle iniziative esistenti e la partenza di un numero significativo di nuove iniziative online.
Infine, bisogna rilevare che ci troviamo di fronte ad una crescita significativa delle competenze ICT presso gli utenti, legate alla diffusione di Internet come strumento di business e per l’operatività delle aziende, mentre si assiste ad un ridimensionamento graduale degli occupati nelle direzioni Sistemi Informativi e Telecomunicazioni, nelle quali cresce il ricorso a servizi e competenze esterne all’azienda.
Proprio quest’ultimo punto rappresenta un aspetto chiave dello sviluppo della Net Economy: sempre di più le funzioni aziendali in tutti i settori di attività saranno influenzate dalla presenza di Internet e delle nuove soluzioni e applicazioni IT ad esso associate: di conseguenza le competenze legate a queste piattaforme e servizi diventeranno parte del bagaglio professionale di un numero crescente di figure aziendali e saranno incluse nelle job descriptiondi tutti i principali profili professionali che saranno ricercati sul mercato. Le università e tutti i principali organi formativi, pubblici e privati, si stanno quindi adeguando a questa richiesta, non solo rafforzando i corsi di formazione per figure tecniche legate a Internet, ma inserendo Internet come argomento di studio all’interno di tutte le principali materie, dalla finanza, al marketing, alla produzione, per formare una nuova categoria di manager, realmente “Internet oriented”.
La situazione di tensione evidenziata spinge a porsi alcuni quesiti sulle caratteristiche di una domanda di lavoro che rimane insoddisfatta sia quantitativamente (skill shortage) che qualitativamente (skill gap) (Gianecchini, 2000).
Tralasciando per il momento l’aspetto quantitativo del problema e concentrandosi su quello qualitativo emerge una difficoltà obiettiva a rilevare prospetticamente le caratteristiche qualitative della domanda di lavoro per questo settore. Unica certezza è che lo sviluppo tecnologico richiede nuove capacità e competenze. È l’aspetto qualitativo dell’impatto tecnologico sul contenuto del lavoro, e riguarda l’ormai generalizzata richiesta in quasi tutte le attività lavorative di maggiori pratiche cognitive rispetto alle manipolative, dalla quale parte il problema della creazione/conversione di nuove figure di lavoratori (persone che non lavorino solo sui processi materiali, ma che usino attivamente la propria conoscenza e quella degli altri, come input e output), e della loro esiguità rispetto all’attuale compagine lavorativa.
E’ vero quindi che da un lato con l’introduzione delle nuove tecnologie molte professioni sono ormai destinate a sparire ma dall’altro nascono o se ne riqualificano altre. Il progresso tecnologico apre un complesso processo di creazione e di distruzione di posti di lavoro. Shumpeter lo definì un processo di “distruzione creatrice” proprio intendendo che esso poteva apparire come una “disgrazia” per che ha qualifiche che non sono più richieste dal mercato e una “benedizione” per coloro che lavorano nel settore giusto e hanno le competenze e la professionalità che tale processo richiede.
Obiettivo dell’indagine è stata l’analisi quali-quantitativa delle nuove figure professionali emergenti nel settore di riferimento da noi considerato. In particolare si è cercato di capire se all’interno di queste realtà in continua evoluzione si siano creati degli spazi per la nascita di figure professionali non ancora definite.
L’analisi è stata condotta utilizzando un sistema misto di rilevazione: un’analisi campionaria per delimitare il field della rilevazione e da una ricerca di carattere qualitativo basata su focus group e interviste semistrutturate. In particolare, la nostra attenzione si è focalizzata sulle imprese operanti nei soli comparti dell’informatica e delle telecomunicazioni. Il motivo è riconducibile al fatto che questi sono i comparti che maggiormente hanno contribuito allo sviluppo di tutto il settore dell’ICT. Le aziende da noi considerate per formare il campione sono state quelle iscritte all’Unione Industriali della Provincia di Napoli, in quanto in Campania la città di Napoli e provincia rappresenta la realtà economica più significativa
Infine, pur considerando il peso delle risorse umane esterne all’interno delle aziende considerate, la ricerca delle nuove figure è stata effettuata considerando esclusivamente le risorse umane interne in modo da evidenziare l’inserimento stabile delle stesse all’interno dell’organico.
Data la complessità del tema delle professioni emergenti si è pensato di integrare l’indagine campionaria con un focus group ovvero un piccolo gruppo di individui ritenuto rappresentativo di un contesto sociale, che si riuniscono per rispondere alle domande destrutturate poste da un ricercatore (Morgan, 1997). Sono stati condotti due incontri: uno all’inizio della ricerca, finalizzato a predisporre gli attori alla successiva presenza dell’osservatore; l’altro alla fine dell’indagine allo scopo di discutere i risultati della rilevazione quantitativa.
Il focus group iniziale ci ha dato la possibilità di evocare temi di rilevanza collettiva che poi sono stati approfonditi con le interviste semistrutturate somministrate ai singoli manager delle aziende censite. La selezione iniziale dei partecipanti (in tutto 20) è stata attuata prediligendo la volontà a partecipare dei manager e prendendo in considerazione, inoltre, il peso e la rilevanza degli strati del campione analizzato (si veda paragrafo successivo). L’incontro preliminare è stato molto utile per mettere appunto il “canovaccio” dell’intervista semistrutturata e per orientarne le traiettorie.
Il focus group finale, invece, ha rappresentato un momento di confronto molto interessante tra gli stessi partecipanti ed un’occasione per il ricercatore per controllare i risultati e per analizzare le interpretazioni elaborate.
L’indagine da noi condotta è stata svolta su un Campione di 50 aziende, iscritte all’Unione Industriali di Napoli nel settore dell’Information & Comunication Technology. Questo Campione è stato estratto dall’universo delle 765 aziende appartenenti allo stesso settore iscritte alla Camera di Commercio di Napoli al 30/06/2001 e considerando un livello di significatività del 95%, ha mostrato una numerosità campionaria ottima, definita attraverso le formule atte al controllo della stessa. Infatti l’Universo si distribuisce come una Normale con varianza pari a 0,625 e media m. Attraverso le leggi di convergenza in probabilità, viste le dimensioni della Popolazione e considerando un errore dello 0,5% si è accertato che la numerosità campionaria ottima è pari a 50 aziende.
E’ stata operata inoltre, una stratificazione del campione in relazione alle caratteristiche dell’universo e in considerazione di due variabili: il numero di dipendenti ed il sottosettore di appartenenza (informatica e/o telecomunicazioni). Sono stati individuati quattro strati:
Tabella 1. Gli strati del campione
Strato |
Numero aziende |
Numero dipendenti (n) |
Sottosettore di appartenenza |
1 |
16 |
20<n³ 250 |
Informatica |
2 |
7 |
oltre 250 |
Informatica |
3 |
18 |
20<n³ 250 |
Telecomunicazioni |
4 |
9 |
Oltre 250 |
Telecomunicazioni |
Totale |
50 |
|
|
Fonte: Nostra elaborazione
Definito il field della rilevazione è stato somministrato un questionario semistrutturato a tutti i manager di line e in pochi casi (quando la realtà dell’azienda lo ha richiesto) ai direttori generali delle imprese che ricoprivamo funzioni di line ad interim.
Il questionario, è stato articolato in tre sezioni:
A) dati identificativi dell’impresa;
B) esigenze formative;
C) nuove professionalità.
Il quadro A fornisce informazioni relative al settore specifico di appartenenza dell’azienda, al numero ed attività svolte dalle risorse umane impiegate per funzioni al fine di evidenziare eventuali carenze quantitative.
Il quadro B fornisce informazioni relative al grado di adeguatezza delle risorse umane dal punto di vista qualitativo, delle competenze e delle capacità evidenziandone eventuali gap formativi.
Il quadro C è stato strutturato allo scopo di verificare l’esigenza ed eventualmente le caratteristiche di nuove professionalità emergenti. Tale obiettivo è stato perseguito attraverso la verifica di un’effettiva corrispondenza tra le attività, strutturate e non, svolte dalle risorse umane interne rispetto alle stesse normalmente svolte da alcune figure professionali da noi inserite come termine di paragone.
Nella stessa sezione è stata prevista una sottosezione destrutturata nella quale l’intervistato ha potuto descrivere le caratteristiche di nuove professionalità emergenti sulla base di alcuni elementi: attività svolta, obiettivi da realizzare, capacità e competenze richieste.
La logica che ha accompagnato l’impostazione metodologica di quest’ultima parte è stata quella di prendere in considerazione le attività svolte, strutturate e non, rispetto ad ogni ruolo di line presente nelle imprese censite e verificare in una logica forward looking il fabbisogno di conoscenze, competenze, capacità e strumenti necessari per svolgere in futuro quelle attività ed eventualmente altre derivanti da un processo di cambiamento. Il risultato della rilevazione ci ha consentito di definire indirettamente il fabbisogno di professioni emergenti sulla base, appunto, di tali elementi.
In realtà il risultato della rilevazione attraverso la somministrazione di questionari semistrutturati ci ha offerto un’informazione grezza che ha reso necessario l’istituzione di un ulteriore focus group finalizzato all’interpretazione dei dati quantitativi
Il campione censito è rappresentato per il 43% da aziende appartenenti al settore delle telecomunicazioni e per il 57% da aziende appartenenti al settore informatica. Gli anni maggiormente interessati dalla nascita delle aziende campione, sono quelli compresi tra gli anni ’80 e ’90 e quelli tra il ’95 e il 2000. E’ importante evidenziare che mentre la percentuale di nascite delle aziende del settore informatica e delle telecomunicazioni è la stessa tra gli anni ’80 e ’90, dopo il ’96 invece, vi è stata una crescita netta del settore informatica su quello delle telecomunicazioni.
La crescita ha riguardato questo settore in quanto trainato dalla sua forte evoluzione tecnologica; a testimonianza di ciò dall’indagine si rilevano le aree specifiche in cui queste aziende si sono sviluppate: marketplace, servizi per professionisti, hardware, application service provider, software assistenza tecnica e supporti ottici.
Prendendo in considerazione il settore informatica, possiamo riscontrare i seguenti dati campionari: il 10% delle aziende intervistate appartiene al comparto hardware, il 40% al software, il 36% delle aziende si occupa di assistenza tecnica, il 5% di elaborazione dati e il restante 9% è distribuito in settori specifici di produzione quali marketplace, produzione in senso stretto, circuiti ibridi, supporti ottici.
Anche il settore delle telecomunicazioni, è suscettibile di una divisione in comparti: il 16% del campione produce apparati per telecomunicazioni private, il 21% apparati per telecomunicazioni pubbliche, il 26% servizi di telecomunicazione, il 16% si occupa di assistenza tecnica alle telecomunicazioni, il 16% crea prodotti e il 5% produce accessori.
Il 73% del campione è costituito da piccole e medie imprese, coerentemente al dato nazionale che rileva nei settori informatica e telecomunicazioni una presenza di aziende con un numero di dipendenti compreso tra i 20 e i 250 addetti nell’ordine del 68% (Federcomin, 2001). Va sottolineato che le piccole e medie imprese presenti nel campione, sono per il 32% società controllate o collegate a gruppi di peso nazionale e internazionale, il cui mercato di riferimento è globale.
Il 26% del campione è rappresentato da grandi aziende di cui il 40% appartenente al settore informatico hanno sede legale a Napoli e sono strutturate sotto la forma giuridica di società per azioni.
Nella griglia intervista si è chiesto di specificare il numero delle risorse umane impiegate nelle seguenti funzioni: IT, marketing, customer care altre funzioni ed eventualmente il fabbisogno futuro. Dalla rilevazione emerge che in media il numero di risorse umane impiegato nella funzione IT, è il 64%, mettendo in evidenza una più alta frequenza nelle aziende che operano nel settore informatica e solo il 5% delle aziende che operano nel settore telecomunicazioni ha impiegato interamente le proprie risorse in tale funzione. In media il numero dei dipendenti che svolge la funzione marketing è 5, con una più alta frequenza nel settore informatica. Tra le “altre funzioni” oltre a quelle classiche di supporto (amministrazione logistica, segreteria, etc.) è stata evidenziata solo dal 5% delle aziende intervistate la presenza di addetti nella funzione R&D (Research and Development). Ciò è dovuto al fatto che la funzione R&D è compresa, vista la forte l’incertezza e le peculiarità del settore, tra quelle proprie dell’IT, nonché dal fatto che le grandi aziende hanno la funzione R&D accentrata a livello delle società madri.
Il 63% delle aziende censite, tra l’altro appartenenti tutte al settore informatica, impiega risorse umane esterne. Bisogna dare una spiegazione a questo dato di particolare rilievo attraverso tre possibili interpretazioni emerse in sede di focus group: 1) l’aumento dei professional è legato alla complessità dell’attività svolta per problemi specifici del cliente; 2) un costo di transazione più basso derivante dall’utilizzo del mercato come struttura di governo delle transazioni; 3) l’utilizzo del lavoro coordinato e continuativo come forma intermedia tra mercato e gerarchia che consente di sfruttare i vantaggi della gerarchia in sede di controllo sull’attività svolta e quelli del mercato relativamente alla flessibilità del lavoro.
Alla domanda “le risorse umane sono adeguate dal punto di vista qualitativo?” il 21% del campione ne ha lamentato l’inadeguatezza. Di queste il 25% manifesta che il mancato soddisfacimento dell’organico deriva dall’incapacità dello stesso allo sviluppo di nuovi prodotti/servizi, un altro 25% fa derivare tale insoddisfazione all’incapacità di utilizzare nuove tecnologie. Il restante 50% ritiene le risorse inadeguate perché intenzionata ad espandere la propria attività in un nuovo mercato.
Nonostante il campione rilevi nella misura dell’80% circa l’adeguatezza delle risorse, è richiesta una forte domanda di formazione ed investimenti in competenze/capacità (si fa presente che è stata data alle aziende la possibilità di dare più risposte).
Fig. 1 Fabbisogno di competenze e capacità per le aziende censite
Il 74% delle aziende intervistate crede opportuno investire in competenze operative, fondamentali per le attività tipiche del settore .
In particolare il 35,7% di queste appartiene al settore delle telecomunicazioni e il 64,3% al settore dell’informatica.
Il 42% del campione ritiene fondamentale investire sulle capacità di team working , in quanto si rende necessario per questo settore una collaborazione per il raggiungimento degli obiettivi prefissati. In particolare il 60% appartiene al settore delle telecomunicazioni e il 40% a quello dell’informatica .
Il 52% delle aziende intervistate ritiene importante investire su capacità di problem solving, elemento fortemente richiesto in questo mercato. Specificatamente il 60% appartiene al settore delle telecomunicazioni e il 40% all’informatica.
Il 52% delle aziende campione ritiene necessario investire sulle capacità relazionali; di queste metà appartenente al settore informatica e metà a quello delle telecomunicazioni.
Il 31% delle aziende intervistate ritiene importante investire nell’autonomia del lavoro. Il dato rilevato in sede di focus group relativamente all’autonomia del lavoro merita un particolare approfondimento, in quanto pur restando il 31% una quota non marginale, oltre alle aziende che si occupano di assistenza tecnica, che richiedono in particolare questa caratteristica, altre imprese non hanno ritenuto l’autonomia del lavoro essenziale per il loro futuro. Tale fenomeno si giustifica considerando la realtà economica e sociale della Provincia di Napoli, chiaramente rispetto al settore osservato, nella quale la cultura imprenditoriale condiziona l’azione organizzativa facendo prediligere una struttura organizzata sul modello funzionale/burocratico, piuttosto che strutture snelle e flessibili basate sull’autonomia e la responsabilizzazione dei ruoli. Altro motivo può essere identificato nella difficoltà di trattenere i Knowledge Workers meridionali all’interno delle aziende vista la forte capacità di attrazione delle imprese appartenenti sempre al settore dell’ICT, ma operanti in altre aree geografiche (nord Italia, estero). Conseguenza di un’eventuale maggiore autonomia, potrebbe essere per queste aziende quella di trovarsi come concorrenti quelli che un tempo erano loro dipendenti. Bisogna dire, tuttavia, che in sede di focus group finale gli intervistati hanno messo in evidenza nell’interpretare il concetto di autonomia del lavoro una forte relazione con la possibilità di comportamenti opportunistici da parte dei propri dipendenti.
Il 26% del campione ritiene importante investire in capacità creative di cui il 40% appartiene al settore delle telecomunicazioni e il 60% a quello dell’informatica.
Il quadro C è stato strutturato allo scopo di verificare l’esigenza ed eventualmente le caratteristiche di nuove professionalità emergenti. Tale obiettivo è stato perseguito attraverso la verifica di un’effettiva corrispondenza tra le attività, strutturate e non, svolte dalle risorse umane interne rispetto alle stesse normalmente svolte da alcune figure professionali da noi inserite come termine di paragone.
In particolare il DATA BASE ADMINISTRATOR (D.B.A.) è una figura professionale che abbiamo distinto in base a tre funzioni specifiche:
Tale figura è presente nel 68% delle aziende intervistate (di cui il 70% appartiene al settore informatica, il 30% a quello delle telecomunicazioni) ma non per tutte il D.B.A. svolge le stesse funzioni, infatti, soltanto per il 53% la figura del D.B.A. corrisponde perfettamente a quella da noi identificata. Per il 15% svolge solo le prime due mansioni; per il 23% svolge soltanto parzialmente le suddette funzioni e per il 7% supporta i team di lavoro.
Il SECURITY MANAGER è una figura professionale che abbiamo distinto in base a tre funzioni specifiche:
Tale figura è presente nel 57,9% delle imprese intervistate (di cui il 68% appartiene al settore informatica, il 32% a quello delle telecomunicazioni) soltanto nel 45% il S.M. corrisponde alle caratteristiche previste, nel 36% svolge solo le prime due mansioni.
Lo SPECIALISTA IT TELEFONI è una figura che abbiamo distinto in base a due funzioni specifiche:
Tale figura è presente nel 15% delle aziende intervistate (di cui il 66% appartiene al settore delle telecomunicazioni, il 33% a quello dell’informatica) soltanto nel 67% le funzioni coincidono con quelle previste, nel 33% svolge solo la prima funzione.
Il SISTEMISTA è una figura che abbiamo distinto in base a due funzioni specifiche:
Tale figura professionale è presente nel 68% delle aziende intervistate (di cui il 68% appartiene al settore informatica, il 32% a quello delle telecomunicazioni) per il 70% le funzioni coincidono con quelle previste,per il 15% svolge solo la seconda funzione e per il 7% svolge anche funzioni di supporto ai team di progetto.
Lo SPECIALISTA DI RETE INTERNET è una figura che abbiamo distinto in base a due funzioni specifiche:
Tale figura è presente nel 58% delle aziende intervistate (di cui il 59% appartiene al settore informatica, il 41% a quello delle telecomunicazioni) per il 63% le funzioni coincidono con quelle previste, per il 27% svolge solo la prima funzione, il restante 10% non ha risposto.Per il 18% tale figura svolge anche altre funzioni: personalizza architetture della rete aziendale, progetta e realizza applicazioni internet.
La figura professionale dello SVILUPPATORE è stata definita sulla base di due specifiche funzioni:
Tale figura è presente nel 63% delle aziende intervistate ( di cui il 74% appartiene al settore informatica e il 26% a quello delle telecomunicazioni) per il 50% le funzioni coincidono con quelle previste, per il restante 50% svolge solo la prima funzione.
La figura professionale del TECHNICAL ANALYST è stata distinta in tre specifiche funzioni:
Tale figura è presente nel 63% delle aziende intervistate (di cui il 65% appartiene al settore informatica, il 35% a quello delle telecomunicazioni) per il 75% le funzioni coincidono con quelle previste, per il 25% svolge solo la prima funzione. L’8% delle aziende intervistate ritiene che tali funzioni siano svolte dal PROJECT LEADER. Il 16% svolge anche altre funzioni: verifica della necessità e dei requisiti dell’utente, analizzando i dati; definisce i piani ed i casi di test.
Il WEB MASTER è una figura che abbiamo distinto in tre funzioni:
Tale figura è presente nel 58% delle intervistate (di cui il 68% appartiene al settore informatica, il 32% appartiene a quello delle telecomunicazioni) per il 36% le funzioni coincidono con quelle previste, per il 45% tale figura svolge le prime due funzioni, il restante 19% svolge la prima e la terza.
Nell’ambito delle professioni collegate ad internet è stata individuata la figura professionale del WEB ADVISOR, in quale:
Tale figura è presente nel 26% delle intervistate (di cui il 57% appartiene al settore telecomunicazioni, il 43% a quello informatica) per l’80% le funzioni svolte coincidono con quelle menzionate, il 20% non ha fornito alcuna risposta.
Il WEB DESIGNER è anch’essa una figura professionale collegata al mondo internet. Essa :
Tale figura è presente nel 53% delle intervistate (di cui il 25% appartiene al settore telecomunicazioni, il 75% a quello informatica), per il 30% tale figura svolge le prime due funzioni, per il 40% svolge tutte le funzioni, mentre per il restante 10% non svolge alcuna delle summenzionate funzioni.
Il WEB SURFER si occupa delle seguenti problematiche:
Tale figura è presente nel 26% delle intervistate (di cui il 60% appartiene al settore informatica, il 40% a quello delle telecomunicazioni), per il 40% tale figura svolge le prime due funzioni, per il 20% svolge tutte le funzioni descritte, per il 20% solo la prima funzione, il restante 20% non riconosce le funzioni descritte.
Il WEB WRITER svolge due funzioni:
Tale figura è presente nel 42% delle intervistate (di cui il 70% appartiene al settore informatico, il 30% a quello delle telecomunicazioni), per il 50% tale figura svolge le funzioni descritte, per il 25% svolge solo la seconda, per il 12,5% solo la prima ed il restante 12,5% non svolge alcuna funzione tra quelle suggerite.
Il CONCEPT DESIGNER è una figura che svolge due funzioni principali:
Tale figura è presente nel 58% delle intervistate (di cui il 60% appartiene al settore informatica,il 40% a quello delle telecomunicazioni ), per l’82% tale figura svolge entrambe le funzioni , per il 9% svolge solo la prima funzione per il restante 7% ,invece, solo la seconda delle mansioni. Un marginale 2% identifica questa figura con il ruolo di project manager.
Il COORDINATORE DI CALL CENTER è una figura che abbiamo distinto in due funzioni specifiche:
Tale figura è presente nel 21% delle intervistate (di cui il 75% appartiene al settore delle telecomunicazioni, il 25% a quello informatica), per il 50% tale figura svolge tutte le funzioni, per il 25% svolge la seconda funzione e per il restante 25% solo la prima.
L’ E-COMMERCE PROJECT MANAGER invece, coordina e sviluppa i progetti di commercio elettronico ed organizza la vendita, lo stoccaggio, la logistica.
Tale figura è presente nel 50% delle intervistate (di cui il 68% settore informatica, il 32% a quello delle telecomunicazioni), per l’87,5% tale figura svolge solo la prima funzione, per il restante 12,5% esegue anche progetti su misura per i clienti.
Il PROJECT MANAGER MULTIMEDIALE gestisce lo sviluppo e la realizzazione dei prodotti multimediali. Tale figura è presente nel 47% delle intervistate (di cui il 71% appartiene al settore informatica, il 29% a quello delle telecomunicazioni).
La funzione descritta è precisamente quella svolta in azienda.
Il WEB MARKETING MANAGER garantisce, attraverso il Web, la corrispondenza tra esigenze di mercato e obbiettivi aziendali; è il responsabile dell’attività promozionale.
Tale figura è presente nel 15% delle intervistate (di cui il 67% appartiene al settore informatica, il 33% a quello delle telecomunicazioni), per il 34% tale figura svolge le funzioni elencate, per il 33% svolge solo la prima, mentre per il restante 33% la seconda.
Il WEB PROJECT MANAGER gestisce rapporti con i committenti; recluta e coordina i team di lavoro; definisce il business plan del progetto.
Tale figura è presente nel 67% delle intervistate (di cui il 62% appartiene al settore delle telecomunicazioni, il 38% a quello dell’informatica), per il 67% svolge tutte le funzioni, per il 16% solo la seconda e terza funzione, il 17% non risponde.
Si rileva che alcune aziende confondono tale figura, per funzioni svolte, con il PROJECT MANAGER e il CLIENT LEADER.
Gli aspetti innovativi a parer nostro che caratterizzano quest’indagine sono legati all’individuazione di quattro figure professionali emergenti. Come è stato precedentemente sottolineato abbiamo definito le caratteristiche qualitative di tali figure professionali indirettamente attraverso una comparazione prospettica delle attività future che svolgeranno i diversi ruoli aziendali ed il mix di conoscenze, di competenze, di capacità e di strumenti necessari a svolgerle.
Sono state individuate le seguenti figure professionali:
Il COMMUNITY MANAGER che crea e gestisce una Community (comunità virtuale) con l’intento di creare servizi e fidelizzare gli utenti. Una Community è un insieme di persone disposte a condividere in rete ed esporre il proprio sé culturale, sociale, psicologico ed emotivo.
Gli strumenti necessari alla creazione di una Community sono l’account di posta elettronica, il calendario, le web chat, lo spazio web, i sondaggi.
L’attività del Community Manager, per la creazione di servizi e la fidelizzazione degli utenti deve essere indirizzata a creare dei livelli elevati di partecipazione alle attività di animazione, condivisione dell’oggetto di interesse, lettura e generazione di contenuti, conoscenze avvenute on-line e partecipazione ad eventi off-line.
Conoscenze: preparazione universitaria, marketing, economico-organizzative, nozioni di informatica e di comunicazione.
Capacità: relazionali, di analisi, creatività.
Competenze: utilizzo di software di programmazione ORACLE, SQL, utilizzo di software per l’amministrazione di sistema, comunicazione multimediale, computer grafica
Strumenti: le web chat, lo spazio web, posta elettronica.
IL SUPERVISOR O WORK UNIT MANAGER
E’ un fabbisogno professionale rilevato dalle aziende che operano nel settore delle telecomunicazioni. Coordina e supervisiona l’attività svolta da reparti diversi in contatto tra loro per la realizzazione di obiettivi comuni.
Strumenti: sistemi di reporting, tecniche di budget, tecniche di valutazione delle prestazioni.
Capacità: team working, problem solving, relazionali, leadership, capacità di coordinamento del gruppo
Competenze: coordinare le risorse umane di una work unit,
Conoscenze: ambiente informatico di base, preparazione universitaria economico-organizzativo, lingua inglese.
Il PORTAL ORGANIZER rende operative le specifiche tecniche del portale. Il suo obiettivo è quello di realizzare l’interfaccia grafica tra cliente e internet. Oltre a possedere capacità di installare e amministrare il portale, possiede conoscenze circa le problematiche legate alla implementazione e alla gestione del portale e competenze idonee a fornire supporto per l’amministrazione dello stesso.
Conoscenze: Lingua Inglese, preparazione universitaria, conoscenze informatiche specialistiche.
Competenze: amministrazione del portale, individuazione dei requisiti necessari all’implementazione del portale,
Capacità: problem solving, team-working.
Strumenti: Tecniche d’implementazione del portale, piattaforme e-commerce
L’ E-BUSINESS VENDOR è una figura professionale di esperienza commerciale che supporta gli utenti nella scelta di soluzioni e-business. Si tratta di un ruolo in cui è fondamentale la comprensione delle potenzialità delle tecnologie e di come possono essere sfruttate dato che l’e-business vendor si deve focalizzare sull’analisi e sulla progettazione di una soluzione che impatta su diversi livelli funzionali di un’organizzazione. Si tratta di un ruolo ibrido che associa le capacità commerciali e la comprensione dei processi organizzativi con una profonda competenza tecnologico-commerciale. Opera in team su progetti di breve o di lungo periodo con una forte interazione con altre funzioni per quanto riguarda gli aspetti di negoziazione, di problem solving, di definizione e configurazione della soluzione ottimale.
Conoscenze: Lingua Inglese, concetti di networking e comunicazione, concetti relativi alla definizione di una soluzione di e-business.
Competenze: analisi economico-finanziaria, progettazione di soluzioni di e-commerce, gestione e configurazione sistema.
Capacità: team-working, problem solving,
Strumenti: Tecniche di Marketing, tecniche di controllo, business plan.
Un’ultima considerazione va fatta in merito all’aspetto quantitativo della ricerca ovvero in relazione al fabbisogno numerico di queste nuove figure professionali. Le aziende censite hanno espresso le proprie valutazioni in sede di focus group sono state molto caute in considerazione dell’incerto andamento del mercato ICT dopo i tragici eventi dell’11 settembre scorso. Le stime ipotizzate a luglio 2001 sono state rimodulate verso il basso
Tab2. Fabbisogni quantitativi professioni emergenti per l’anno 2002
Figura professionale |
Numero |
Sottosettore di appartenenza |
COMMUNITY MANAGER |
15 |
Informatica |
WORK UNIT MANAGER |
7 |
Informatica |
PORTAL ORGANIZER |
9 |
Telecomunicazioni/Informatica |
E-BUSINESS VENDOR |
12 |
Telecomunicazioni |
Totale |
43 |
|
Fonte: Nostra elaborazione
Le considerazioni conclusive traibili dall’indagine da noi svolta possono essere espresse secondo due modalità:
Le considerazioni generali sul mercato partono dal presupposto che il mercato dell’ICT è in forte espansione in Europa e specialmente in Italia dove, da stime effettuate dalla Federcomin su dati ISTAT e OCSE, la carenza di lavoratori specializzati nel settore è valutata, per il 2003, in 600.000 unità. Questo porterà una ripercussione negativa sul PIL valutata intorno ai 17.000 miliardi di lire solo nel 2001 pari allo 0,8% del PIL stesso. Per contro le stime di espansione del mercato sono state spesso utilizzate come risposta ai problemi occupazionali quando, in realtà, si sta assistendo ad una flessione del mercato ed a un ridimensionamento delle imprese operanti nell’ICT negli USA. Considerando ciò, le stime di espansione del mercato ed il fabbisogno di lavoratori, e quindi di formazione, dovrebbero essere riviste e corrette secondo prudenza e non esaltate per prevenire facili speculazioni sulla formazione di queste nuove figure, al fine di non disperdere energie e risorse pubbliche.
Riguardo all’obiettivo prepostoci i dati raccolti hanno messo in evidenza la presenza di quattro nuove figure professionali non ancora chiaramente definite, ma nate dalle esigenze operative delle imprese. Queste figure professionali meriterebbero ulteriori approfondimenti soprattutto in relazione alle esigenze di formazione che sono state evidenziate in sede d’indagine e che hanno messo in evidenza forti dubbi sulla possibilità di formare in tempi brevi risorse umane così qualificate
In sintesi, il risultato finale della ricerca appare incoraggiante, tuttavia bisogna sottolineare che questa metodologia di ricerca è valida se consideriamo l’arco temporale della previsione limitato al massimo ad un anno. Infatti, in queste condizioni il fenomeno da analizzare non subisce cambiamenti di tipo radicale, ma al limite di tipo incrementale. Di conseguenza riusciamo fare una previsione accettabile sul piano scientifico su come si evolvono i ruoli già presenti in azienda, mentre nulla è possibile sostenere in relazione ai nuovi ruoli. Tale inconveniente potrebbe essere risolto con l’istituzione di un osservatorio permanente sulle professionalità emergenti che prenda sistematicamente in considerazione i dati di tutto un settore al fine di comprendere “l’entità e i contenuti dei futuri fabbisogni professionali emergenti cercando di superare la generica constatazione dell’esistenza di uno skill shortage”.
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Note
Fonte: http://www.woa.sistemacongressi.com/web/woa2002/word_file/rev.fierro.doc
Sito web da visitare: http://www.woa.sistemacongressi.com/
Autore del testo: P. Fierro
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