Pascoli il lampo

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Pascoli il lampo

GIOVANNI PASCOLI

IL LAMPO

Il Lampo è un componimento fatto solamente di sette versi, di cui il primo viene staccato dagli altri, non solo permotivi grafici, ma anche sul piano del significato; infatti il poeta vuole lasciare una pausa di riflessione al lettore. I versi sono endecasillabi raccolti in uno schema di rime non preciso: ABCBCCA. Ci sono alcune rime semantiche: Sussulto e tumulto, che sono anche oggetto di intertesto e disfatto e esterrefatto che esprimono lo stato d’animo del poeta. Anche nera\era in quanto ricorda la morte pasata dei parenti di Pascoli. Ci sono pochissime congiunzioni e addirittura un solo enjambement, per cui, grazie anche alla frequente punteggiatura, il ritmo è spezzato e cadenzato. La velocità del ritmo indica il rapido passare di sensazioni e dello stato del cielo e della terra. Il timbro è alternato tra immagini chiare (bianca bicanca, ansante, livida) a immagini cupe (sussulto, tumulto, chiuse…). Questo rappresenta il diverso stato interiore che si alterna nel poeta. Un altro elemento di intertesto è la “E” iniziale, che possiamo ritrovare anche ne “Il gelsomino notturno”: questa dà continuità al testo. Le figure retoriche, come al solito, sono molto presenti nel Pascoli, infatti egli carica ogni singola parola o concetto di secondi significati, riempiendoli di forti sensazioni. Ad esempio gli aggettivi “livida, ansante, in sussulto” sono tipici degli esseri viventi, per cui esprimono il tragico stato d’animo di Pascoli, e inoltre rendono umana la terra. Il continuo uso di asindeto e di climax rende ancora più istantanea la scena della tempesta. C’è anche una similitudine ai versi 6-7 nella quale la casa ”bianca bianca” viene paragonata a un occhio che si apre e si chiude. Al verso 4 c’è un ossimoro: “Tacito tumulto”; in questo viene espresso lo stato d’animo di Pascoli, pieno di antitesi al suo interno. Il tempo, come nelle altre poesie pascoliane non è espresso cronologicamente, ma come si presentano le immagini nella mente del poeta. Come già detto lo spazio è caratterizzato dal susseguirsi continuo di immagini di cielo e terra che, come abbiamo già visto ne “La mia sera” e nel “Gelsomino Notturno” crea un’atmosfera martellante e ambigua. I personaggi della lirica sono il cielo, la terra, e la casa, la quale a mio parere, rappresenta il poeta, avvolto da questa tempesta che si identifica nella morte dei parenti, nella quale però ci sono piccoli sprazzi di felicità.

 L’ASSIUOLO

Questo componimento appartiene ad uno stile scrittorio proprio del Pascoli, che si riflette nella corrente decadente e anticipa di un po’ quella del Simbolismo, per il fatto che sotto all’apparente significato di ogni parola, se ne nasconde quasi sempre uno più profondo. Inoltre questa lirica rappresenta la cosiddetta “ornitologia Pascoliana”, che è caratteristica del poeta, in quanto contadino e quindi conoscitore dei nomi specifici e delle abitudini degli uccelli. Analizzando il primo aspetto, quello delle rime, troviamo uno schema ABABCDCD, ma la cosa ricorrente nelle tre strofe a doppie quartine formate da novenari a rima alternata, è la parola “chiù”, che denomina l’uccello noturno. Le rime corrispondenti alle lettere A e B non sono semantiche, mentre al contrario quelle corrispondenti alle C lo sono, con una connotazione diversa per ogni strofa. Infatti le parole lampi e campi appartengono entrambe al campo semantico dell’ambiente; sussulto e singulto hanno connotazione negativa, ed esprimono un tono di mistero nell’ambiente che circonda il poeta; infine porte e morte rappresentano la sensazione della presenza della morte. Per questo possiamo individuare una sorta di climax tra queste rime, che vanno sempre più verso il negativo. Non c’è né prevalenza di enjambement, né di punteggiatura, perciò si equivalgono. Le poche note da sottolineare per la punteggiature sono i puntini di sospensione alla fine di ogni strofa, e le poche congiunzioni, al contrario prevalgono punto e virgola, due punti e i puntini, come già detto. Per quanto riguarda l’aspetto dei periodi, prevale la paratassi. Il timbro, delineato da varie parole che hanno all’interno vocali come U e O, è cupo e scuro, sempre per riprendere la presenza della morte. Inoltre la ripetizione della parola “chiù” rafforza questo concetto. Il ritmo, a causa della frequente punteggiatura, dell’anafora nei versi 11-12-13, della quasi mancante punteggiatura, e del chiù, è rapido e soprattutto spezzato. La connotazione del ritmo sta nella paura che il poeta prova per il presentimento della presenza della morte. I tempi verbali sono al passato, quindi il poeta vuole dire che è passato un brutto periodo, accompagnato nella vita dalla morte dei genitori, ma nonostante questo sia finito, l’autore ha molta paura di ricadere nel buio della tristezza. Lo spazio è molto presente, e nonostante non sia fine a sé stesso ci è dato in molti riferimenti che ci descrivono il cielo, i lampi, il fruscio delle siepi, il vento, le vette dei monti… Questo paesaggio ha però sempre una nota di mistero, e ci rimanda al brutto presentmento del poeta, che ricorre in questa poesia. I personaggi sono il poeta, l’assiuolo e la natura che li circonda. Il primo che osserva la natura, il secondo che è annunciatore di disgrazie e rappresenta il motivo di paura per il poeta, inoltre è simbolo di solitudine e mistero; e il terzo che circondando i primi due contribuisce a dare un’atmosfera di mistero e oscurità. Come al solito il Pascoli aggiunge significati profondi alla parole attraverso figure retoriche, che qui sono l’epifore della parola “chiù” alla fine di ogni strofa, l’onomatopea dello stesso termine e al verso 12 proprie, mentre ai versi 18-5 improprie; inoltre sono presenti l’anafora ai versi 11-12-13 che dà musicalità al ritmo, una sinestesia al verso 5 (soffi di lampi), metafore (vv. 7) e anastrofi (vv.19-20). I temi principali della lirica sono l’angoscioso presentimento di morte espresso dall’assiuolo, il mistero della natura e il significato importante che possono assumere i suoni e i colori.

 

LA MIA SERA

La mia sera, dai canti di castelvecchio, è un componimento formato da cinque ottave di novenari, dove però gli ultimi versi sono senari. Caratteristica di quest’ultimi è che contengono sempre la parola “sera”, dando quindi circolarità all’interno della poesia e collegando tra loro le singole strofe. C’è uno schema preciso di rime, infatti ogni strofa presenta regolari rime alternate, tra le quali se ne possono trovare molte semantiche e antisemantiche: per esempio tutte quelle collegate alla sera: “leggiera. bufera, nera, intera”; la prima e l’ultima sono sematiche in quanto caratterizzano la sera in modo anche positivo, in quanto a Pascoli sta molto a cuore la sera, mentre “Bufera e nera” sono antisemantiche in quanto la confusione, il rumore e l’oscurità si riferiscono all’elemento nettamente opposto alla sera: la tempesta che la precede. Ed è proprio su queste antitesi che si basa la quasi totalità della narrazione: in ogni strofa viene contrapposta la cupa, aspra, nera, bbufera alla tacita, limpida, umida sera. Alla prima viene sempre abbinato il tempo passato, mentre alla seconda il presente e il futuro, e questo, quindi, può assumere un significato connotativo, riferendosi alla vita di Pascoli, non necessariamente quella vera, ma come la immaginerebbe: la tempesta infatti può riferirsi alla terribile infanzia vissuta all’insegna di lutti familiari, mentre la sera è come vuole che la sua vita diventi; infatti Pascoli voleva, assieme alle sue due sorelle rimaste, ricostruire la sua famiglia, tanto era rimasto demoralizzato dalla morte dei parenti; questo quindi ci porta direttamente al tema del nido, che rappresenta per il poeta, la sua famiglia, l’unica meta della sua vita. Questo tema viene riportato in molti componimnenti Pascoliani, anche ne “La mia Sera” stessa, specialmente nella quarta strofa, dove si fa riferimento alle rondini e ai loro nidi, dove si nota il fatto che la tempesta le abbia penalizzate. Anche le rondini hanno un significato più profondo di quel che possono sembrare, questi uccelli infatti sono molto vicini all’uomo in quanto nidificano sempre sulle case, e inoltre sono illontanabili dal nido perché sanno trovare la via di casa anche da molte centinaia di chilometri. Riferimenti ad uccelli si trovano anche nella poesia, sempre pascoliana “L’assiuolo”; da notare è l’uso di termini specifici nel campo degli uccelli, ma non c’è da sorprendersi in quanto Pascoli era un contadino e quindi conosceva bene i nomi e le abitudini di molti uccelli; questa particolare caratteristica del poeta viene espressa col nome di “ornitologia pascoliana”. Ritornando a parlare della poesia, si nota piuttosto visibilmente che il ritmo è in generale veloce e spezzato, infatti è molto frequente la punteggiatura, anche molto forte, come il punto esclamativo e i puntini di sospensione, che non permettono l’uso frequente di enjambement e di congiunzioni; infatti di enjambement se ne trovano a malapena uno a strofa e inoltre prevale nettamente la paratassi per asindeto. Perciò ne consegue una caratteristica piuttosto strana della poesia, dove i versi tra loro sono privi di coesione, mentre le strofe sono, come detto prima, legate tra loro dal tema della sera e della tempesta. L’unica strofa leggermente staccata dalle altre è l’ultima, dove si parla dell’infanzia, vista dal poeta come periodo di felicità con la famiglia; questo periodo della sua vità è però molto breve, in quanto, all’età di dodici anni muore misteriosamente suo padre, iniziando soltanto una lunga e triste successione di lutti che lo traumatizzeranno molto. Questo  si può colelgare benissimo al componimento Leopardiano “A Silvia”, dove la felice gioventù di Silvia stessa viene completamente eliminata dalal morte della ragazza, sopprimendo quindi tutte le sue speranze e i suoi sogni per il futuro. Il timbro è in generale caratterizzato da suoni aperti, specialmente i termini che si riferiscono alla sera, come limpida, casa, pace. All’interno del componimento però troviamo anche vocaboli molto cupi come “tremule, mandano, cupo tumulto, fulmini, nube”; anche se questi sono in netta minoranza, il timbro può avvicinarsi molto all’immagine del “dolce singulto”, dove nella tranquillità della sera, compaiono improvvisamente rari rimbombi lontani della tempesta. Vi sono molte figure retoriche nella poesia, infatti Pascoli carica molto spesso le parole di secondi significati, ed è un grande innovatore della poesia, perché capisce che dentro di noi non c’è solo la personalità di cui siamo a conoscenza,, ma anche una che non conosciamo. Grazie alla spontaneità che esprime nelle sue poesie e alle tematiche, pascoli viene definito il poeta delle piccole cose, e quindi molto spesso le sue poesie vengono proposte alla scuola elementare, ma sbaglino, in quanto, come detto prima, il poeta carica ogni singolo sempllice termine di significati più profondi. Tornando alle figure retoriche, vi sono molte metafore e anastrofi, ma il poeta fa particolare attenzione alle onomatopee, come “gre, gre” e “don…don…”; queste infatti esprimono molto bene la spontaneità di cui ho parlato prima. Gli aggettivi qualificativi sono presenti in grande quantità, creando una forte ricchezza lessicale all’interno della poesia. Molto rari invece sono quelli dimostrativi, e i pochi presenti esprimono tutti lontananza del poeta dal cielo “quell’aspra bufera” e “quell’infinita tempesta”. Anche gli aggettivi possessivi sono piuttosto rari, e sono tutti in prima persona singolare. Questi si riferiscono alla sera e alla madre, che sono le cose più care nella sua vita. Caratteristica molto importante della poesia è il continuo scambio di immagini del cielo e della terra; il cielo per Pascoli è lontano, come lo si è visto negli aggettivi dimostrativi, e irraggiungibile, e quindi anche la sera, simbolo del futuro con la famiglia, è irraggiungibile, mentre la terra è vicina, infatti il poeta riesce a sentire il “grè grè di ranelle” e il “don don” delle campane, e quindi si deduce che Pascoli sia rimasto nella realtà, che non si sia lasciato trasportare dalal fantasia in quella infinita tempesta, al contrario di Leopardi, che da quell’Infinito, si trova a viaggiare in questo mare. I tempi verbali vanno dal passato della tempesta al presente e futuro della sera. Molto significativa è l’ultima strofa, in cui il ricordo del passato e l’uso del presente trasporta il lettore completamente nel passato, con un’aria do nostalgia e tenerezza. Il lessico è molto ricco, semplicema allo stesso tempo raffinato, creando un’atmosfera di “ricercata semplicità”. I personaggi della poesia sono ovviamente il poeta stesso, la madre, la tempesta e la sera, questi ultimi due rappresentano due entità opposte: una l’oscurità e il frastuono, mentre l’altra la tranquillità e la lucentezza; la madre rappresenta la famiglia, infatti è citata in modo affettuoso e nostalgico e inoltre è citata nell’ultima strofa, e quindi ha un’importanza particolare. In generale i temi principali della poesia sono la morte, il rifiuto della vita, il non voler accettare la realtà, il ricordo degli affetti familiari, l’innocenza dell’infanzia, le suggestioni dei suoni e il toccante paesaggio crepuscolare.

IL GELSOMINO NOTTURNO
Questa lirica è contenuta nelal raccolta dei “Canti di Castelvecchio” di Pascoli, ed ha uno schema di rime alternato ABAB, in versi novenari raccolti in sei quartine. Ci sono rime semantiche come “notturni\viburni” che accentuano l’alternarsi tra luce e ombra, e “celle\stelle” che risaltano invece lo scmbio tra cielo e terra. Il ritmo è spezzato ma lento, soprattutto nella prima e quinta strofa, mentre più rapido nell’ultima. Il ritmo è dato dalla presenza abbastanza assidua della punteggiatura e da un’enjambement in particolare (s’esala\l’odore). Il ritmo è delineato dalla presenza di molte vocali chiuse come O e U, e da alcune rime (sussurra\azzurra), ed è per questo cupo e scuro. In antitesi a ciò ci sono comunque alcune rime con suoni aperti, come “celle\stelle”. Le onomatopee, che sono solitamente segno costituente della poesia pascoliana, sono in questo componimento quasi assenti, ad eccezione dell’assonanza tra “chioccetta” e “pigolìo”. Il lessico è soprattutto specifico, tipico delle persone che abitano in campagna e che comunque è a contatto con la natura. Al contrario però l’aggettivazione è abbastanza scarsa, ed è caratterizzata da pochi aggettivi qualificativi e due possessivi. I tempi verbali più comuni sono il presente e passato remoto indicativo, che richiamano il primo i pensieri del poeta, il secondo il tema della morte. Anche i pronomi, come gli aggettivi sono pochi, l’unico è il riflessivo “si”. Per quanto riguarda la sintassi, prevale la coordinazione, come per quanto riguarda le figure retoriche, la più comune è la metafora (nasce l’erba sopra le fosse, la chioccetta…stelle, si cova dentro l’urna…); ci sono anche alcune metonimie: Una casa bisbiglia; sotto l’ali dormono i nidi; passa il lume su per una scala. La parola chiave della poesia è “fiori”, e riprende sia il titolo, che il tema della natura. Infatti abbiamo visto come siano presenti i campi semantici della natura stessa, ma anche della morte, altro tema molto presente nel Pascoli. Questo però è in contrapposizione con il tema del nido, che rappresenta l’ambizione del poeta.

 DECADENTISMO
Il contesto: Negli ultimi decenni del XX sec la borghesia europea, che aveva guidato i moti rivoluzionari per la creazione degli stati nazionali, perde il suo ruolo progressista e si allontana dagli ideali ottocenteschi. Nell’età dell’Imperialismo il sentimento nazionale degenera in nazionalismo, all’ideale della fratellanza si sostituisce lo sfruttamento coloniale e l’assoggettamento di interi popoli e il valore dell’uguaglianza viene soppiantato dalle disuguaglianze economiche e sociali. Se lo sviluppo del capitalismo ha determinato infatti un notevole progresso, al tempo stesso ha creato nuovi problemi: all’interno degli strati sviluppati si verifica l’emigrazione forzata di intere masse contadine nelle città industrializzate, dove le condizioni di vita sono precarie e disumane e i conflitti sociali si acuiscono e si ripropongono con allarmante frequenza; a livello internazionale si scatena l’aggressività degli stati per l’accaparramento di nuovi mercati, che sfocerà poi nei conflitti mondiali. L’intellettuale decadente: in questo contesto gli intellettuali rifiutano di farsi coinvolgere nel processo di involuzione morale e politica della classe dirigente, ma se da un lato non sono più gli interpreti della borghesia, dall’altro non possono e non vogliono farsi portavoce delle istanze e dei bisogni delle classi popolari. Critica al positivismo: la fiducia nella scienza e nella ragione viene meno perché esse appaiono strumenti inadeguati per conoscere e trasformare il mondo. La realtà al contrario, mostra zone oscure, profonde che la scienza è inadatta a investigare e spiegare: gli sviluppi stessi della fisica e più tardi quelli della psicanalisi in effetti riveleranno l’esistenza di una realtà nascosta, sia all’interno della materia che dello spirito, che sfugge all’osservazione dei sensi. L’arte diventa l’unico nuovo strumento di conoscenza non più razionale, ma alogico e mistico e l’artista il sacerdote che in virtù dell’intuizione estetica riesce a penetrare e a svelare il senso riposto delle cose, i simboli che si affollano nella realtà. Nel 1880 in Francia sulla rivista <<Le decadent>> cui colaborano i poeti Verlaine, Rimbaud, Mallarmè, compare per la prima volta il termine “Decadentismo” in senso non dispregiativo. Vi è in questi poeti, che anche con la loro vita trasgressiva sfidano la morale borghese, la fiera consapevolezza di essere gli epigoni di una civiltà, gli interpreti di un epoca in crisi. La poetica: Seguendo il grande maestro Baudelaire, che per primo aveva intuito che la realtà è una foresta di simboli, essi affermano che bisogna andare oltre il reale, al di là del significato comune e concreto delle parole, perché la poesia non ha funzione di dare voce all’ineffabile e il poeta è un veggente (Rimbaud) che deve suggerire, evocare (Verlaine), non descrivere. Le conseguenze di questa poetica antipositivistica e antinaturalistica sono:
-l’Abolizione dei legami logici e cronologici nella descrizione e nella narrazione;
-la dilatazione dei significati delle parole attraverso le analogie e le associazioni di immagini;
-l’eliminazione dei confini tra i generi, tra prosa e poesia e tra le varie arti;
-la fuga da una realtà ritenuta meschina e deludente verso un mondo di bellezza raffinata, preziosa, artificiosa (estetismo).
Dalla vergogna e dalla disperazione di essere borghesi nasce quindi nel 1884 l’eroe decadente, l’esteta protagonista del romanzo del francese Huysmans, A ritroso e dell’ingleseOscar Wilde, Il ritratto di Dorian Gray, un ribelle freddo che ha fatto dell’arte e della bellezza gli ideali supremi da raggiungere e da opporre alla volgarità della vita quotidiana. Decadentismo italiano: il panorama letterario italiano alla fine dell’Ottocento è dominato dal verismo di verga, per quanto riguarda la prosa, e dal Classicismo di Carducci per la poesia. Il Decadentismo, quindi, diffondendosi anche nel nostro paese, ha il merito si sprovincializzare la nostra cultura rinnovandola nel contenuto, ma soprattutto nella forma che si emancipa dalla tradizione e diviene più spezzata, impressionistica, evocativa, ricca di richiami fonici. La delusione post-risorgimentale e la realtà di un’Italietta che stenta a porsi al livello degli altri paesi europei spingono gli intellettuali a rifiutare la storia e la realtà e a rifugiarsi in una dimensione intimistica, nell’infanzia e nella campagna (Pascoli), oppure in un estetismo complicato da un sensualismo esasperato e da un violento superomismo (D’Annunzio). Soprattutto con l’opera di Pirandello e Svevo, però, il Decadentismo italiano acquista  una dimensione europea ricollegandosi alle analoghe esperienze culturali d’oltralpe (Proust, Joyce, Kafka), poiché esprime con i temi dell’incomunicabilità e dell’alienazione, la crisi di certezze e d’identità della borghesia del tempo. La narrativa e il teatro pirandelliano sono caratterizzati da personaggi dai mille volti che stentano a ritrovare se stessi e ad adattarsi ad una realtà sempre più dominata dal caso e dall’assurdità di regole e convenzioni cui non si può sfuggire. I romanzi sveviani hanno come protagonisti degliinetti che, non riuscendo più ad avere un rapporto costruttivo col mondo, si rifugiano nel proprio io per scandagliarne le pieghe più nascoste e scoprire le origini della propria “malattia”. Ma al di là delle esperienze letterarie storicamente datate, il Decadentismo è divenuto una dimensione costante del pensiero e della spiritualità occidentali, esprimendo il malessere dell’uomocontemporaneo, sgomento di fronte ad una realtà in continua trasformazione, indominabile ed incomprensibile.

Allitterazione:ripetiz di una o di un gruppo di lettere; Assonanza: vocali uguali dall’accento tonico in poi; Consonanza: uguali consonanti dall’accento tonico in poi; Dissonanza: ripetiz suoni sgradevoli; Iterazione: ripetizione per ribadire un’immagine, concetto…;Onomatopea: imitazione dei suoni naturali; Paranomasia: accostamento parole di sonorità simile.
Allegoria: significato + profondo; Analogia: accosta due termini in maniera diretta, privi di affinità (culla d’aria); Iperbole: esagerazione; Litote: affermazione negando il concetto opposto (non breve);  Metafora: similitudine contratta, accosta due termini affini per una o + proprietà; Metonimia: accosta 2 termini che hanno rapporto di contiguità (l’effetto con la causa, la parte con il tutto, il contenete x il contenuto); Perifrasi: giro di parole x dirne una; Personificazione (prosopopea): oggetti o idee umani; Similitudine: paragone tra cose;  Ossimoro: Accosta 2 termini opposti; Sinestesia: Accosta termini di sfere sensoriali diverse.
Anafora: ripetizione all’inizio verso o strofa (epifora fine); Anastrofe: inversione delle parole x dare + risalto alla prima; Antitesi: accosta due termini di senso opposto (ma); Chiasmo: disposizione incrociata; Climax: scala dei significata crescente o decrescente (anticlimax); Enumerazione: elenco con congiunzioni o virgole.

 

Fonte: http://digilander.iol.it/steeloso/School/Compiti/Pascoli.doc

Sito web da visitare: http://digilander.iol.it/

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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