Pascoli poesie

Pascoli poesie

 

 

 

I riassunti , gli appunti i testi contenuti nel nostro sito sono messi a disposizione gratuitamente con finalità illustrative didattiche, scientifiche, a carattere sociale, civile e culturale a tutti i possibili interessati secondo il concetto del fair use e con l' obiettivo del rispetto della direttiva europea 2001/29/CE e dell' art. 70 della legge 633/1941 sul diritto d'autore

 

 

Le informazioni di medicina e salute contenute nel sito sono di natura generale ed a scopo puramente divulgativo e per questo motivo non possono sostituire in alcun caso il consiglio di un medico (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione).

 

 

 

 

Pascoli poesie

GIOVANNI PASCOLI

LA VITA E LE IDEE
C’è un ritratto di Pascoli che ha trionfato per decenni nelle scuole: è quello di un uomo che dalla sua sventura e dalla capacità di perdonare ha ricavato l’alta lezione morale di fratellanza, e l’ha tradotto in una poesia predicatoria di buoni sentimenti.
Questo ritratto riflette però solo uno dei lati della personalità complessa e inquietante.
Giovanni Pascoli nacque nel 1855 a San Mauro di Romagna, primo degli otto figli di un amministratore dei principi di Torlonia. A undici anni suo padre fu assassinato in circostanze misteriose, e seguirono poi la morte dei tre fratelli e della madre stroncata dal dolore.
Successivamente cominciò a studiare in collegio dove trasformò la sua cultura classica che gli consentì di comporre poesie in latino.
Nel 1873, si iscrisse alla facoltà di lettere all’università di Bologna,ma dopo 3 anni, interruppe gli studi e di conseguenza perse i sussidi di cui godeva e si ridusse in miseria.
Dopo pochi mesi la sua adesione all’Internazionale dei lavoratori e la militanza in gruppi anarchici, lo portarono a 3 mesi di carcere.
Uscito di prigione iniziò la carriera di professore di ginnasio, e raggiunto un minimo di tranquillità economica, chiamò a vivere con se le sorelle Ida e Maria.
Il suo attaccamento per le sorelle fu profondo e quasi ossessivo.
Sono di questi anni le prime poesie personali e i primi successi con la prima edizione di Myricae. Mentre completa le principali raccolte di poesie, pubblica le principali antologie scolastiche e i tre grossi volumi di critica dantesca, in cui si manifesta la sua crescente ambizione di poeta-vate, maestro civile e morale. Riuscì a diventare professore universitario per meriti speciali. Nel 1905 fu chiamato alla cattedra di Letteratura italiana di Bologna al posto di Carducci.
Gli ultimi anni trascorsero tra la composizione dei Poemi italici, i Poemi del Risorgimento e i discorsi celebrativi.
Morì a Castelvecchio di cancro nel 1912. 

LA POETICA
L'autoritratto che Pascoli si è costruito lo raffigura come un eroe del dolore, un uomo che è riuscito a vincere la sventura. Ma dalle testimonianze traspare un risvolto fragile e nevrotico, basta leggere lo sfogo di una lettera del Pascoli mandata ad un amico nel 1897.
La tendenza a ingigantire ogni difficoltà e a percepire il mondo intero come ostile è un motivo ricorrente della poesia pascoliana. Traspare in questi atteggiamenti un fondo di infantilismo che forse non è estraneo all’indicazione che Pascoli diede del “fanciullino” come simbolo dell’ispirazione poetica. Questa personalità era stata segnata dal trauma della tragedia familiare, sulla quale il poeta ritornò con insistenza crescente col passare degli anni. Per tutta la vita Pascoli si sentì un orfano, attanagliato dalla nostalgia per la famiglia perduta; la sua poesia simboleggia, nell’immagine ricorrente del “nido”, il luogo dove ci si tiene stretti e caldi, ci si protegge reciprocamente dal mondo esterno. Fuori dal nido la realtà gli appare oscura e minacciosa sia negli aspetti sociali che in quelli naturali.
Pascoli accetta la visione materialistica dell’universo divulgata dalla scienza positivista, ma di fronte ad essa il suo atteggiamento è di smarrimento angoscioso. La gelida infinità degli spazi cosmici, in cui la terra non è che “ uno sperduto atomo opaco”, l’opprime quasi fisicamente; l’intera realtà gli appare un mistero. Nell’espressione del mistero compare poi un elemento che si intreccia contraddicendola alla visione scientifica: la natura appare animata da presenze inquietanti, gli animali e le cose mandano oscuri messaggi. Così il pensiero dei morti si intreccia a quello della propria morte, sentita con terrore come annientamento totale, un rifugio al mondo, un ricongiungersi ai propri cari, un ritorno al “nido”.
Pascoli ha esposto le due idee sulla poesia in un saggio intitolato Il Fanciullino. Egli afferma che in tutti noi c’è un fanciullo che durante l’infanzia fa sentire la sua voce, che si confonde con la nostra, mentre in età adulta la lotta per la vita impedisce di sentire la voce del fanciullo, per cui il momento veramente poetico è in definitiva quello dell’infanzia. Di fatti il fanciullo vede tutto per la prima volta, quindi con meraviglia; scopre la poesia che c’è nelle cose, queste stesse gli rivelano il loro sorriso, le loro lacrime, per cui il poeta non ha bisogno di creare nulla di nuovo, ma scopre quello che già c'è in natura. Il fanciullino è quello che parla alle bestie, agli alberi, alle nuvole e scopre le relazioni più ingegnose che vi sono tra le cose, ride e piange per ciò che sfugge ai nostri sensi, al nostro intelletto. Spesso, però, questa parte che non è cresciuta non viene più ascoltata dall’adulto. Il poeta invece è colui che è capace di ascoltare e dare voce al fanciullino che è in lui e di provare di fronte alla natura le stesse sensazioni di stupore e di meraviglia proprie del bambino o dello stato primigenio dell’umanità.
L’atteggiamento del fanciullo gli permette di penetrare nel mistero della realtà, mistero colto non attraverso la logica, ma attraverso l’intuizione ed espresso con linguaggio fondato sul simbolo. La funzione del simbolo è proprio quella di far comprendere il senso riposto nella realtà, per mezzo di collegamenti apparentemente logici fra oggetti diversi, attraverso l’associazione di colori, profumi, suoni di cui si può percepire la misteriosa affinità.
La poesia quindi può avere una grande utilità morale e sociale; il sentimento poetico che è in tutti gli uomini li fa sentire fratelli nel comune dolore, pronti a deporre gli odi e le guerre, a corrersi incontro ed abbracciarsi. Da un lato egli concepisce la poesia come ispiratrice di amore umano, le assegna il compito di rendere gli uomini più buoni, ma il poeta non deve proporselo come fine, perché non è un oratore o un predicatore, ma ha unicamente il dono di pronunciare la parola nella quale tutti gli altri uomini si riconoscono. In definitiva il poeta è l’individuo abbastanza eccezionale che, pur essendo cresciuto, riesce ancora a dare voce al quel fanciullo che c’è in ogni uomo.
L’utilità sociale della poesia consiste nell’insegnare ad accettare la propria condizione, a preferire la conciliazione alla lotta.
Pascoli è ritornato in diversi momenti sul significato morale e sociale, politico della sua opera. La militanza giovanile nell’Internazionale, fu solo una parentesi; ma più tardi il poeta continuò a lungo a dirsi “socialista”, anche se in un senso assai vago. Si trattava di una sorte di religione umanitaria, di un appello alla pacificazione universale, di un invito alla pietà che accomunava oppressori e oppressi. Tutto questo convive con la convinta esaltazione della piccola proprietà privata. Simbolo ne è la siepe che cinge il campo e l’aia e vieta l’accesso agli estranei, immagine ricorrente nelle sue poesie.
Egli ha una percezione acuta delle trasformazioni economiche e politiche in atto: la piccola proprietà è minacciata da un lato dal grande capitale finanziario, dall’altro dalle  rivendicazioni collettiviste del socialismo. È un’immagine pregnante di ciò che noi chiamiamo capitalismo monopolistico e imperialismo, accompagnata dal presagio di uno sbocco catastrofico. Così Pascoli, interpretando lo smarrimento di una piccola borghesia tradizionale schiacciata dai nuovi conflitti di classe e avviata al declino, giunge ad una visione storica più lucida di qualunque ottimismo progressista, e quasi profetica. Pascoli professò sempre un nazionalismo convinto e aggressivo. Il nazionalismo è un prolungamento naturale del suo “socialismo” contadino: il sacro egoismo della piccola proprietà si trasferisce sul piano della collettività nazionale. In questi il nazionalismo pascoliano coopera con altre correnti politico-culturali assai vive all’epoca; ma se ne distingue per l’attenzione al problema dell’emigrazione, un fenomeno di portata enorme di cui altri letterati si curavano ben poco. L’Italia è la nazione proletaria perché esporta il suo proletariato nel mondo, le sue rivendicazioni equivalgono ad una sorta di lotta di classe contro le nazioni ricche che sfruttano il suo lavoro e si sono impadronite del bottino coloniale. 

LE RACCOLTE DI POESIE
Nel raccogliere le proprie poesie in volume Pascoli non seguì un ordine cronologico: il poeta costruì i suoi libri in versi con criteri di affinità tematiche e formali.
MYRICAE è il titolo della prima raccolta, è tratto da un’espressione di Virgilio e allude al carattere umile dei temi. La prima edizione comparve nel 1891, seguita da altre quattro via via ampliate. Insieme con i Canti di Castelvecchio sono opere che la critica ha definito "del Pascoli migliore", poeta dell’impressionismo e del frammento: "Son frulli di uccelli, stormire di cipressi, lontano cantare di campane", scrisse il poeta nella Prefazione del 1894.
E' dunque una poesia fatta di piccole cose, inerenti per lo più alla vita della campagna, di quadretti rapidissimi, conclusi nel giro di pochi versi "impressionistici", dove le "cose" sono definite con esattezza, col loro nome proprio. Vi compaiono anche poesie (Novembre, Arano) in cui le "cose" si caricano di una responsabilità simbolica e già si affaccia il tema dei morti (X Agosto), sottolineando una visione della vita che tende a corrodere i confini del reale – avvertito come paura e mistero - per una evasione nella fiaba e nel simbolo.
Nella raccolta, cresciuta nel tempo dalle 22 poesie della prima edizione alle 155 dell'ultima, tolti pochi componimenti rimasti a sé, le poesie si ordinano per temi, corrispondenti ai cicli annuali della vita in campagna. La raccolta si apre con Il giorno dei morti, il giorno in cui il poeta si reca al camposanto che "oggi ti vedo / tutto sempiterni / e crisantemi. A ogni croce roggia / pende come abbracciata una ghirlanda /donde gocciano lagrime di pioggia." In questa giornata "Sazio ogni morto, di memorie, riposa." Non tutti però. "Non i miei morti."
I CANTI DI CASTELVECCHIO , il titolo si riferisce alla località in cui il poeta aveva una villa. Nella raccolta sono compresi e approfonditi i temi di Myricæ ma ha particolare incidenza il tema del nido familiare e delle memorie autobiografiche e compaiono parecchi componimenti di impianto narrativo; finito il vagabondaggio per la campagna di Myricæ se ne inizia uno nuovo: ma ora è un viaggio attorno al suo giardino, entro i cancelli e entro il suo orto.
Il senso del mistero, connesso al dolore della vita e all’angoscia della morte, si traduce ora in una sorta di allucinazioni, nel ricordo dei morti  Si può dire che nei Canti sta il punto del massimo compenetrarsi tra i due aspetti della poesia pascoliana: il simbolo e la realtà.
POEMETTI: I Primi e I Nuovi Poemetti sono le due parti in cui il poeta divise la raccolta. Sono componimenti in terzine, parte dei quali forma una narrazione continua sulle occupazioni quotidiane di una famiglia contadina. A questi si affiancano i poemetti di argomento cosmico, umanitario e sociale. In Italy, infatti,  affronta il tema dell’emigrazione dove il contrasto campagna-città, infanzia-maturità, spogliato delle sue connotazioni autobiografiche, si oggettiva nel contrasto tra la vita patriarcale che si svolge nella campagna nativa e quella febbrile della metropoli americana, tutta tesa ai "bisini" ("business" gli affari) e al successo.
POEMI CONVIVIALI furono così intitolati perché cominciarono a uscire nel 1895 su “Il convito”, lussuosa rivista romana banditrice dell’estetismo decadente. Essi richiamano miti e figure del mondo classico, greco e romano: ma la sensibilità decadente di Pascoli stravolge questi miti, fino a farne simboli della infelicità e del mistero, annullando -secondo un procedimento tipico che sottintende la fuga dalla realtà – i confini della storia, per assorbirla in una visione esistenziale: così Alessandro Magno, arrivato ai confini della terra, piange, perché non può più "guardare oltre, sognare"; e "l’odissea" di Ulisse conduce l’eroe non verso le fascinose plaghe del mito (Polifemo e le sirene sono illusorie costruzioni della fantasia), ma verso l’orrenda morte.
ODI E INNI comparvero per la prima volta nel 1906,sono componimenti di terzine a strutture più nuove e ardite, che imitano la metrica greca, cantano temi civili e umanitari, prendono spunto dalla cronaca. Pascoli qui assume il ruolo di poeta–vate e celebra gli eroi nazionali, le realizzazioni del lavoro e della tecnica, le grandi esplorazioni.
Dopo il 1905 circa, la poesia pascoliana svolta verso ambizioni epiche, che caratterizzano le ultime raccolte: Canzoni di Re Ezio, Poemi italici e i Poemi del Risorgimento. Basta questo elemento a intuire quanto vasta sia stata la produzione poetica di Pascoli.
Più sorprendente è la varietà dei temi che sono affrontati: l’universo poetico pascoliano comprende e accosta ogni aspetto della natura, esplora la storia, dall’antichità classica, al Medioevo,al Risorgimento, fino all’attualità. La predicazione di pace e fratellanza si alterna a momenti di celebrazione dell’egoismo nazionale e della guerra.

 

Fonte: http://classe4ba.altervista.org/PASCOLI.doc

Sito web da visitare: http://classe4ba.altervista.org

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

Il testo è di proprietà dei rispettivi autori che ringraziamo per l'opportunità che ci danno di far conoscere gratuitamente i loro testi per finalità illustrative e didattiche. Se siete gli autori del testo e siete interessati a richiedere la rimozione del testo o l'inserimento di altre informazioni inviateci un e-mail dopo le opportune verifiche soddisferemo la vostra richiesta nel più breve tempo possibile.

 

Pascoli poesie

 

 

I riassunti , gli appunti i testi contenuti nel nostro sito sono messi a disposizione gratuitamente con finalità illustrative didattiche, scientifiche, a carattere sociale, civile e culturale a tutti i possibili interessati secondo il concetto del fair use e con l' obiettivo del rispetto della direttiva europea 2001/29/CE e dell' art. 70 della legge 633/1941 sul diritto d'autore

Le informazioni di medicina e salute contenute nel sito sono di natura generale ed a scopo puramente divulgativo e per questo motivo non possono sostituire in alcun caso il consiglio di un medico (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione).

 

Pascoli poesie

 

"Ciò che sappiamo è una goccia, ciò che ignoriamo un oceano!" Isaac Newton. Essendo impossibile tenere a mente l'enorme quantità di informazioni, l'importante è sapere dove ritrovare l'informazione quando questa serve. U. Eco

www.riassuntini.com dove ritrovare l'informazione quando questa serve

 

Argomenti

Termini d' uso, cookies e privacy

Contatti

Cerca nel sito

 

 

Pascoli poesie