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Il più conosciuto romanzo di Pirandello, Il fu Mattia Pascal, fu pubblicato per la prima volta nel 1904. Da questo tempo venne a essere più volte ristampato e, grazie
al suo successo, anche tradotto in molte lingue.
Il romanzo comprende diciotto capitoli tra cui due premesse, e anche l´aggiunta scritta diciassette anni dopo la prima pubblicazione. Pirandello sentí necessario scrivere in questo romanzo non una, ma due premesse, ciascuna con altro scopo: “Pirandello dovette possedere chiaramente l´immagine di questo romanzo eccezionale, e avvertí il bisogno di scrivere ben due premesse [...]. La prima premessa serve a Mattia Pascal da ingegnoso espediente formale per schizzare le linee delle sue memorie, presentare se stesso, chiarire i termini del suo progetto di racconto e per avanzare determinati punti di vista del suo autore. Il quale poi sente il bisogno di scriverne una seconda per precisare i contorni del luogo dove le memorie sono scritte dal suo personaggio e tentare la giustificazione del suo agire, adoperando toni semiseri da epistola di polemica romantica [...].“
Subito dopo la sua pubblicazione il romanzo non ebbe dapprima buona stampa dalla critica, tuttavia il suo successo dal pubblico dei lettori fu enorme: “Anche se non sempre pienamente inteso nei suoi valori formali e tematici e negli agganci culturali
con la letteratura europea, il romanzo ha subito un enorme successo.“ Per intenderci, Pirandello si allontana in questo romanzo sia dal modello dannunziano sia
dal Verismo. Altrettanto “[...] ne Il fu Mattia Pascal vengono meno i criteri di verosimiglianza e di oggettività cari al Naturalismo: a narrare, alla prima persona [...] è il protagonista frantumato in tre incarnazioni [...].“
Nel 1921 al romanzo fu aggiunta l´appendice col titolo Avvertenza sugli scrupoli della fantasia che si occupava dettagliatamente del problema del vero e verosimile.
Pirandello spiega: “Le assurdità della vita non hanno bisogno di parer verosimili, perché sono vere. All´opposto di quelle dell´arte che, per parer vere, hanno bisogno d´esser verosimili. E allora, verosimili, non sono più assurdità.
Il romanzo nacque in un´atmosfera “di disagio e di crisi, di crollo di certezze, di aperture a inquietudini vaste e accorate, portate avanti, sul filo di un umorismo garbato e sconcertante, verso la tragedia del personaggio.“
Scrivendo questo romanzo, Pirandello fu certamente influenzato dal libro Les altérations de la personalité di Alfred Binet, dai meravigliosi esperimenti psico-fisiologici lì trattati.
Enzo Lauretta sostene quest´opinione: “Tuttavia non c´è dubbio che nel tempo in cui andava scrivendo ´Il fu Mattia Pascal´, Pirandello aveva letto e rileggeva con grande interesse un´opera di Alfred Binet ´Les altérations de la personalité´ che non solo influenza i modi del romanzo [...] ma trova echi fedeli nel saggio pirandelliano « Arte e scienza », oltre che in quello sull´« Umorismo », e in altri brani appartenenti alla narrativa e al teatro.“
La trama della vicenda di Mattia, che “[...] diventa il prototipo del personaggio pirandelliano, un personaggio « murato » nell´angoscia della sua solitudine, pronto a disintegrarsi sotto la spinta dialettica, attraversato dal continuo brivido di un
umorismo corrosivo e dissacratore“ è tanto semplice quanto ricca di vari avvenimenti sorprendenti e inaspettati. Mattia Pascal, narratore del romanzo, è un uomo che si decide a scrivere un libro sul suo destino e raccontare la storia delle sue “due morti“ aspettando la sua “terza, ultima e definitiva morte“. Mattia non parla di sé con piacere ma dice che il suo caso è così eccezionale che ha deciso di scriverlo:
“Ebbene in grazia di questa distrazione provvidenziale, oltre che per la stranezza del mio caso, io parlerò di me, ma quanto più brevemente mi sarà possibile, dando cioè soltanto quelle notizie che stimerò necessarie. Alcune di esse, certo, non mi faranno molto onore; ma io mi trovo in una condizione eccezionale, che posso considerarmi come già fuori della vita; e dunque senza obblighi e scrupoli di sorta.“
Pirandello comincia scrivendo dapprima due premesse; in quella prima Mattia esplica le ragioni del suo racconto, “[...] ragioni che riposano nella ´stranezza´ del caso, e che non è puro e semplice ´incidente´ della vita [...].“ ; in quella seconda Mattia “[...] riprende il tema della vanità, della finitezza, della precarietà e della stranezza della terra e dell´uomo che l´abita [...].“
La vicenda di Mattia è dunque molto strana, come lui stesso ripete spesso nel libro. Questo conferma proprio l´uso della parola “strano“ o “stranezza“: “La stranezza del caso funziona allora da spinta occasionale al romanzo, ma anche come uno dei suoi motivi di fondo; non per nulla l´aggettivo « strano» è tra quelli adoperati con maggiore frequenza nella narrazione (una ventina di volte nel suo valore positivo, tre nella forma superlativa – pp. 65, 75, e 148, un´altra in quella avverbiale, p. 153 e tre volte in quella nominale, pp. 7, 80 e 188).“
Dopo aver spiegato le ragioni per cui si è deciso a scrivere questo libro, Mattia, il narratore alla prima persona, comincia a descrivere la sua infanzia.
Ben presto perde suo padre, commerciante, e rimane con sua madre e il fratello Berto a vivere a Miragno, unpiccolo e immaginario paese ligure che ha invece tutti i connotati di un paese siciliano. O si può, persino, affermare che Miragno è Girgenti, paese nativo di Pirandello, perché la campagna, i personaggi, il modo di parlare, le inflessioni del linguaggio, tutto accenna a Girgenti. Anche l´infanzia e l´adolescenza
di Mattia sono legate ad alcune esperienze dell´autore del romanzo: per esempio il padre di Mattia è commerciante e sua madre una « santa donna ».
Subito dopo la morte del padre, la famiglia Pascal cade in difficoltà economiche. È anche per colpa dell´amministratore Batta Malagna che li spennacchia tanto che la famiglia s´impoverisce. Malagna, già vecchio, si sposa in seconde nozze e vorrebbe avere un figliuolo. Non riuscendoci, accusa sua moglie di essere infeconda. Mattia ha un amico, Pomino, che s´innamora di Romilda, la figlia della vedova Pescatore. Mattia deve aiutare il suo amico ad ottenere l´amore di lei, ma “[...] invece di innamorarsi di Pomino, s´innamorò di me, che pur le parlavo sempre di lui“.
Così accade che Romilda entra in rapporti intimi con Mattia e ingravida. Malagna con la vedova Pescatore decidono che Malagna annuncerà a sua moglie che lui può aver figli dicendole che aspetta un bambino con Romilda. Intanto Mattia riceve una lettera di Romilda da cui apprende che non si possono mai più vedere. Viene da lui anche Oliva, la moglie di Malagna, e gli dice che cosa è accaduto. Mattia ha una relazione pure con lei e anche Oliva ingravida. Dopo questo, Malagna non vuole più assumere la responsabilità nei confronti di Romilda incinta ed è, dunque, Mattia che deve sposarsi con lei. Non n´è felice e “paga, così, il prezzo della dissacrazione dell´amicizia e dell´amore – avendo tradotto la prima in ipocrisia, il secondo, in volgare amplesso - ,sposando, per imposizione, una donna che non ama e dalla quale non è amato.“
L´istituto del matrimonio, dunque, si trova al centro dell´interesse di Pirandello: “Come ´L´esclusa´ e ´Il turno´, anche ´Il fu Mattia Pascal´ ha l´istituto del matrimonio come nucleo fondamentale del racconto [...] colto in una prospettiva drammaticamente umoristica, vissuta da un eccezionale ´uomo senza qualità´, Mattia Pascal. Il matrimonio di Mattia può, del tutto, essere considerato un vero e proprio incidente [...].“
Con i coniugi giovani abita anche la vedova Pescatore e cerca di rendere difficile la vita di Mattia, lo rimprovera per il fatto che sono poveri ecc. Per questa ragione Mattia trova un posto di lavoro e diventa bibliotecario a Miragno, nonostante ciò prova la solitudine e la noia, sia nella famiglia sia nell´impiego.
Romilda mette al mondo due gemelle, ma una di loro muore dopo qualche giorno. Anche l´altra figlia muore, quasi all´età di un anno quando già aveva cominciato a dire a Mattia “papà“.
Lo stesso giorno della morte della seconda figlia muore anche la madre di Mattia. Mattia è molto infelice, sia per la morte della sua piccola e per quella di sua madre, sia per propria situazione finanziaria. Dopo che gli è tolto l´ultimo che gli potrebbe essere prossimo, Mattia non ha più niente per cui vivere e progetta una soluzione: “Venuta meno ogni motivazione affettiva, Mattia trova inutile la sua presenza e progetta di evadere da quella che, per lui, è una casa-prigione.“
Suo fratello, Berto, gli manda cinquecento lire e Mattia lo commenta dicendo che è “[...] come se avesse voluto pagarmi le lagrime.“ In questa situazione disperata Mattia decide di partire via, forse per l´America, con cinquecento lire in tasca che sono state lo stimolo originario dell´avventura di Mattia. Mattia ne dice: “Poi servirono per me; e furono – come dirò – la cagione della mia prima morte.“
Poiché Mattia è incostante nelle decisioni, cambia idea e invece di andare in America capita a Nizza e ci è attirato dal gioco della “roulette“. Compra un manuale su questo gioco d´azzardo e vuole provare la fortuna a Montecarlo. Per caso, durante dodici giorni riesce a vincere una grande somma – ottantaduemila lire. Riflette su che cosa fare: se ritornare dalla moglie o partire per l´estero.
Poi decide di ritornare a Miragno. Durante il viaggio riflette su varie possibilità di come approfittare del denaro vinto. La sua mente è piena di pensieri, ricordi e speculazioni. Immagina per esempio sua moglie e la vedova Pescatore come gli fa vedere del denaro vinto. Solo a pensare a questa situazione, Mattia ride e i suoi compagni di viaggio lo osservano con sorpresa. Per far passare la noia, compra un giornale e qui, per la sua gran sorpresa, apprende che lui, Mattia Pascal bibliotecario, si è suicidato nella gora del mulino presso Miragno. Apprende così la notizia della propria morte:
“Avevo il giornale ancora in mano [...]. Gli occhi mi andarono su un
SUICIDIO
così in grassetto. [...] Miragno? Chi si sarà suicidato nel mio paese?
Mattia non ci crede e per questa ragione si procura proprio Il Foglietto, unico giornale di Miragno, per poter conoscere i particolari di quella storia straordinaria. Sa che potrebbe fornirglieli solo il foglio che si pubblica a Miragno. Anche là legge
l´articolo sulla sua morte e comincia a rendersi conto di ciò che significa questo fatto e riflette pure su quello sconosciuto che è annegato al suo posto.
Prova curiose sensazioni: “Mi vidi per un momento, lì nell´acqua verdastra della gora, fradicio, gonfio, orribile, galleggiante... nel raccapriccio istintivo incrociai le braccia sul petto, e con le mani mi palpai, mi strinsi... – Io no; io no... Chi sarà stato? mi somigliava, certo...“
Dopo lunghe riflessioni decide di non tornare più nel suo paese e di costruirsi una nuova vita. Mattia pensa di esser diventato illimitatamente libero: “Avevo con me ottantaduemila lire, e non avrei più dovuto darle a nessuno! Ero morto, ero morto : non avevo più debiti, non avevo più moglie, non avevo più suocera : nessuno! libero! libero! libero! Che cercavo di più?“
Così Mattia decide di “cambiare treno“ e si costruisce tutta una nuova storia della sua vita. Insomma, vuole fare di sé un altro uomo. Mattia è tutto contento, sisente solo ma leggero ed è pronto a rifarsi un nuovo sentimento della vita, una nuova educazione ed un nuovo aspetto.
Secondo i suoi progetti fantastici d´ora in poi si chiamerà Adriano Meis, nato in Argentina, senza genitori, allevato da suo nonno con cui viaggiava molto. Dopo questa ricostruzione della vita, Adriano comincia a viaggiare, visitando grandi città dell´Italia e anche la Germania. Si sente felice da impazzire, teme solo di non poter resistere a lungo. Lo prende la smania dei viaggi, lo tormenta solamente la solitudine infinita, l´origine di riflessioni fastidiosi ed inutili. Ma ben presto constata che una tale vita non lo accontenta, approva il disinganno: “In fondo, ero già un po´stanco di quell´andar girovagando sempre solo e muto. Istintivamente cominciavo a sentir il bisogno di un po´di compagnia.“
Mattia vuole comprare un cane ma poi constata che non è possibile per lui, per un uomo ch´è nessuno, perché certamente dovrebbe pagare una tassa. Dopo questo avvenimento Mattia comincia a veder un po´ chiaro. L´avvenimento col cane lo avverte che la sua libertà non è senza confini: “Mi parve come una prima compromissione della mia libertà [...].“ Semplicemente, il nostro protagonista non vive, non esiste, lui è il “fu“ Mattia Pascal ma non se ne rende ancora conto.
Quando si avvicina l´inverno, Adriano decide di prendere a pigione una camera o una casa. Infine, si stabilisce presso una famiglia discreta a Roma perché gli sembra che proprio questa città ospiti con indifferenza i forestieri. In questa famiglia Mattia fa conoscenza del signor Paleari che s´interessa dello spiritismo, di suo genero Papiano, della signora Caporale e soprattutto di una giovane donna, Adriana, di cui s´innamora e lei corrisposto. Adriano comincia a sentirsi presso questa famiglia, si può dire, bene. Deve essere molto attento alle sue parole e ai suoi fatti per non dare alcun sospetto del suo passato. Deve comportarsi con estrema cautela in questo ambiente. Spesso discute col signor Paleari di varie cose ma il più spesso dello spiritismo, del quale il Paleari è cultore.
Durante una seduta spiritistica, nel buio, accade che Adriano e Adriana si danno un bacio. Il giorno dopo Adriano se ne pente perché che cosa lui potrebbe fare per lei s´è nessuno o un “morto“? Adriana viene da lui e Adriano la calma. Poi si accorge, ad un tratto, che qualcuno, nella sua camera, gli ha rubato dodicimila lire. Se ne accorge in presenza di Adriana che dice che il ladro, senza dubbio, è suo cognato Papiano che terrorizza tutta la famiglia.
Adriana costringe Adriano ad andare a denunciare il furto, lui non vuole ma poi acconsente. Poi Adriano ci riflette molto e constata che non può andare a denunciarlo perché non ha nessun documento della sua esistenza. Torna a casa, tutti sanno da Adriana che cosa è accaduto, ma Adriano smentisce la notizia e dice che aveva avuto il denaro con sé. Tutti sono felici, oltre ad Adriana, che sa che Adriano mente, e il Papiano che ha rubato il denaro ma non sa perché il signor Meis lo contesta.
Dopo quest´avvenimento Adriano decide di comportarsi con indifferenza nei confronti di Adriana perché non può amarla o vivere in qualche modo con lei: “[...] ah povera Adriana, e come avrei potuto io chiuderla con me nel vuoto della mia sorte, farla compagna d´un uomo che non poteva in alcun modo dichiararsi e provarsi vivo? Che fare? che fare?
Adriano ha dei rimorsi per questo fatto ma non vede un´altra uscita. Al pensiero del bacio dato ad Adriana, Adriano odia se stesso: “Mi sentivo fremere le labbra al ricordo di quel bacio. Adriana! Adriana! Che speranze le avevo acceso in cuore con quel bacio?“
Adriano deve dare ad Adriana ancora alcune prove perché lei pensi che non la ami più. Poi riflette su che cosa fare in futuro. Non vuole riprendere il suo “andar girovagando“. Nella sua mente accusa sua moglie Romilda e la vedova Pescatore del fallimento della sua liberazione:
“Ma nella gora del molino, là alla Stìa, ci avevano buttato me quelle due buone donne, [...] non ci s´eran mica buttate loro! E libera dunque era rimasta lei, mia moglie; non io, che m´ero acconciato a fare il morto, lusingandomi di poter diventare un altro uomo, vivere un´altra vita. Un altr´uomo, sì, ma a patto di non far nulla.“
Dopo queste speculazioni Adriano decide di ridiventare Mattia Pascal per poter vergognarsi e per non far più soffrire Adriana. Questo vuol dire anche far morire Adriano Meis, ciò significa già la “seconda morte“ del nostro protagonista. Mattia non è ancora assolutamente deciso che cosa fare e si fa delle domande: “Vendicarmi! Dunque, ritornar lì, a Miragno? Uscire da quella menzogna che mi soffocava, divenuta ormai insostenibile [...]? Egli, di notte, parte e lascia il suo bastone e il suo cappello e un foglietto con il nome Adriano Meis sul Ponte Margherita, per far credere che si sia suicidato. Di notte prende il treno a Pisa e parte per ritornare a Miragno. In treno Mattia–Adriano riflette su quei due anni della sua libertà–prigione e riconosce il suo sbaglio:
“Come mi ero illuso che potesse vivere un tronco reciso dalle sue radici? [...] E mi rivedevo nei primi giorni, beato nell´incoscienza, o piuttosto nella follia, a Torino, e poi man mano nelle altre città, in pelegrinaggio, muto, solo, chiuso in me [...].“
In treno, che riporta Mattia a Miragno, passato, presente ed un futuro prossimo sfumano insieme, e Mattia immagina le ipotesi delle reazioni che il suo straordinario ritorno susciti.
Durante il ritorno a Miragno, Mattia soggiorna dapprima per qualche giorno a Pisa per poter trasformarsi da Adriano in Mattia e anche per apprendere le notizie sul suicidio di Adriano Meis a Roma. Dopo “l´acclimatazione“ parte per vedere dapprima
suo fratello. Berto non riesce a credere che suo fratello sia vivo, e vedendolo, ne ha quasi paura. Lo presenta a sua moglie e comunica a Mattia le notizie di Romilda. Lei si è sposata con Pomino. È una disgrazia per Mattia perché non se l´era aspettato. Ma, secondo la legge, nel caso che il primo marito non sia morto, il secondo matrimonio s´annulla. Lo afferma anche il cognato di Berto, ch´è avvocato, e domanda a Mattia perché è tornato e gli dice:
“Io, ne´ panni suoi, non mi sarei fatto più vivo.“ Mattia risponde : “Ma perché lei non sa che cosa voglia dire! – gli risposi, scrollando le spalle. – Come! – riprese lui. – Si può dare maggior fortuna, maggior felicità di questa? – Sì, la provi! la provi! “
Dopo queste notizie Mattia si reca a Miragno per andare a vedere Romilda, suo marito Pomino e la vedova Pescatore. È quasi un orrore per loro vedere Mattia vivo. Tutti lo credevano morto da due anni. Mattia anche apprende che Romilda e Pomino hanno una figliuola, il che è una cosa che Mattia non aveva per niente previsto. Tutti litigano e uno accusa l´altro di quel che è accaduto.
Dapprima, Mattia vuole far valere il suo diritto per quel che riguarda la moglie. Ma poi, a causa della bambina di Romilda, decide di lasciarli vivere in pace. Verso la mattina parte dalla loro casa per cercare un alloggio. Lo trova a Miragno da sua zia Scolastica che stima suo nipote ancora di più dopo questo avvenimento.
Mattia, dunque, deve rimanere un uomo che vive fuori della vita, aspettando la sua terza e definitiva morte, deve vivere come il fu Mattia Pascal: “[...] Mattia, per morire tre volte, ha dunque tre vite e non due: la prima da Mattia Pascal, la seconda da Adriano Meis, e la terza? Se il personaggio fosse o si ritenesse sconfitto dalla sua stessa e stranissima storia, la sua terza vita sarebbe di nuovo quella di Mattia Pascal redivivo, ma invece no. Lascia la moglie a Pomino,[...] e preferisce rimanere sul filo rischioso della legalità, sceglie paradossalmente di vivere[...] come ´il fu´Mattia Pascal.“
Mattia comincia a far compagnia al bibliotecario don Eligio, con l´aiuto del quale scrive la sua biografia. Ne parlano molto e don Eligio rivela a Mattia: “ [...] che fuori della legge e fuori di quelle particolarità, liete o tristi che sieno, per cui noi siamo noi, caro signor Pascal, non è possibile vivere.“
Ogni tanto Mattia visita la tomba di quello sconosciuto al cimitero, su cui c´è scritto “qui riposa Mattia Pascal, bibliotecario“. Mattia finisce il suo racconto scrivendo: “Io ora vivo in pace, insieme con la mia vecchia zia Scolastica [...].“
La vicenda del romanzo può, dunque, essere considerata con la sua tematica come l´esempio della crisi d´identità dell´uomo nella società che lo circonda. Pirandello proietta questo romanzo in una dimensione europea, ma nello stesso tempo lo individua nel panorama culturale italiano.
Si può dire che in tutto il romanzo l´idea della libertà o della liberazione del protagonista è bene osservabile. Tutta la vicenda è fondata sui tentativi di Mattia-Adriano di liberarsi, di diventare un altro. Per questa ragione vogliamo orientare la nostra indagine appunto verso questo problema.
Definire la parola “libertà“ non è davvero facile. Ciascuno ne ha un´altra idea ma tuttavia ci sono alcuni tratti comuni. In primo luogo bisogna dire che la libertà vuol dire non essere lo schiavo di nessuno, non dipendere da nessuno. Vuol dire anche avere certi diritti: come per esempio il diritto all´appartenenza a un gruppo sociale, il diritto alla libertà dell´espressione, il diritto della confessione e così si potrebbe continuare. La libertà può significare una cosa per un celibe e qualcosa d´altro per uno che è sposato. Ogni uomo ne ha una sua idea.
Il personaggio di Mattia Pascal è tra i personaggi più interessanti della narrativa di Pirandello il quale crea con preferenza i personaggi che esulano dalle norme della
vita quotidiana. Per questa ragione Mattia Pascal può essere considerato “l´esemplare testimone di questa assurda condizione dell´uomo prigioniero delle maschere sociali « di marito, di moglie, di padre, di fratello e via dicendo », « di tutta quella soma di leggi, di doveri, di parole », contro cui lotta ininterrottamente, ma inutilmente « la vita ».“
La sua storia è “[...] con quella di un´impossibile libertà, anche la vicenda di tutti i personaggi pirandelliani che, da soli o in compagnia, compiono il tentativo tangenziale della fuga e dell´evasione.“ Mattia Pascal è un personaggio che vive delle vicende strane e particolari. La sua idea della libertà è, senza dubbio, assai lontana dall´idea che è abbozzata qui sopra. Mattia la immagina del tutto diversamente, crea il suo concetto della libertà ma, poco a poco, constata il suo errore fatale. La libertà sconfinata diventa la libertà insopportabile.
Mattia immagina: “Vivrò con me e di me, come ho vissuto finora! Sì, ma ecco: per dir la verità, temevo che della mia compagnia non mi sarei tenuto né contento né pago.“
Già all´inizio della sua avventura non è sicuro se sia possibile vivere solamente di sé e per sé. Tuttavia vuole provare questa esperienza e ci si butta con entusiasmo. Immagina che d´ora in poi sarà il padrone di se stesso e sarà dispensato di tutti i doveri. Non riflette per il momento sui costi della sua libertà. Mattia dice:
“Ero solo ormai, e più solo di com´ero non avrei potuto essere su la terra, sciolto nel presente d´ogni legame e d´ogni obbligo, libero, nuovo e assolutamente padrone di me, senza più il fardello del mio passato, e con l´avvenire dinanzi, che avrei potuto foggiarmi a piacer mio.“
La storia di Mattia percorre, dunque, vari stadi di cui avremo ancora la possibilità di parlare, ma tutto il racconto si può dividere, secondo l´opinione di Pasquale Tuscano, in tre parti: la prima parte, comico-grottesca comprende, la vita di Mattia Pascal; la seconda, tragico-grottesca, narra l´assurda esistenza di Adriano Meis
e la terza, farsesca, comprende la rientrata di Mattia nella società “[...] dalla quale era fuggito orgogliosamente e che ora lo rifiuta impietosamente.“
Questa divisione in tre parti è secondo la nostra opinione giusta perché veramente la vita di Mattia percorre tre fasi diverse – la vita di Mattia Pascal prima della sua avventura, la vita di Adriano Meis e finalmente la vita del fu Mattia Pascal. Per questa ragione anche l´affermazione del carattere delle fasi singole è fondata e noi cercheremo di spiegare il perché.
La prima parte, considerata comico-grottesca, comprende la vita di Mattia Pascal. Questa parte descrive fra l´altro la seduzione di Romilda e di Oliva, il prendere del tutto alla leggera. In poche parole, la sua vita spensierata, vissuta senza scrupoli. In questa fase, quindi, il personaggio di Mattia ci pare comico e grottesco.
La seconda parte, tragico-grottesca, ci mostra Mattia come Adriano Meis, uomo che pensa di essere illimitatamente libero. Per questa ragione la seconda parte è considerata grottesca. Tragica diventa dopo che Adriano apprende che la sua libertà gli vieta varie cose, per esempio la ribellione contro il furto.
La terza parte, farsesca, è chiamata così a causa dell´esistenza di Mattia escluso dalla società, dell´esistenza di Mattia come un uomo morto. Questa situazione pare interamente ridicola, farsesca e utopistica per un uomo che vive una vita normale, quotidiana.
Con la libertà di Mattia, naturalmente, sono in stretta coerenza la sua irresponsabilità e la sua spensieratezza. Mattia prende alla leggera dapprima l´amore e poi la morte: “[...] due principi – l´inizio e la fine – che governano la natura e gli uomini.“ Pensa che sia possibile nascondersi al cospetto della responsabilità. Il suo esempio non è onesto, sia nel caso della seduzione di Romilda e poi anche di Oliva, sia nel caso del comportamento dopo la sua creduta morte. Mattia non ha dovuto approfittare del suicidio di quello sconosciuto. Eppure l´ha fatto per poter sfuggire ai suoi doveri ed ai suoi impegni. Invece di affrontare i suoi problemi cede facilmente alla tentazione della nuova libertà. Non vuole più occuparsi dei problemi finanziari della sua famiglia. Per questo riguardo rimane del tutto indifferente, egoista, pensando solamente al suo proprio profitto. Poteva tornare da sua moglie e, con ottantaduemila lire, pagare i debiti, tentare di riconciliarsi con Romilda e vivere onestamente. Ma Mattia si scrolla tutto di dosso e decide di accettare ciò che la fortuna gli ha offerto.
È vero che, partendo da Miragno, suo paese nativo, aveva l´idea di andare in America, ma questa era un´idea immediata che poi Mattia ha rifiutato anche se aveva vinto una così grande somma.
Si può dire che per poco tempo ha la buona volontà e vuole affrontare la sua situazione difficile. Immagina un ritorno clamoroso a casa e si vede come mostra il denaro a Romilda e alla vedova Pescatore.
Ma poi ad un tratto arriva la notizia della sua morte... Dapprima Mattia è colto dalla confusione, dalla rivolta, dalla voglia di smentire immediatamente questa notizia falsa: “La sua immaginazione corre a briglia sciolta, fremendo ad ogni istante, finché il brusco arresto del treno lo spinge a scendere per la voglia improvvisa di spedire un telegramma urgente e smentire quell´assurda notizia.“ Ma poi all´improvviso Mattia cambia idea: “Il salto che spiccai dal vagone mi salvò: come se mi avesse scosso dal cervello quella stupida fissazione, intravidi in un baleno... ma sì! la mia liberazione la libertà una vita nuova!“
Poco a poco il nostro eroe comincia a pensare a sé ed a ciò che potrebbe essere utile solo per lui. Queste riflessioni sono riassunte nel titolo semplice “Cambio
treno“ del capitolo settimo del libro. Questo “cambio treno“ non vuol dire solamente cambiare lo scopo del viaggio ma per Mattia è un momento assolutamente fondamentale. Per lui significa cambiare interamente la sua esistenza. Quest´idea di “cambio treno“ rende Mattia felice, contento e quasi ubriaco della “sua leggerezza“. Mattia decide di vivere “[...] fuori della gabbia delle istituzioni che gli hanno reso la vita amara e spregevole, indegna di essere vissuta.“
Gli inizi del fu Mattia Pascal, di Mattia Pascal dopo la sua “prima morte“, che ben presto finge di diventare Adriano Meis, un uomo del tutto differente, sono collegati con una gioia interiore e col sentimento della felicità. Mattia “seppellisce [...] se stesso e [...] rinasce Adriano Meis, tentando di darsi connotati diversi per non essere più identificato [...]. È persuaso di aver ´creato´ un uomo nuovo! “
Il nostro protagonista ci ha messo sicuramente molto sforzo per far nascere Adriano Meis. Tutto era difficile: inventare un nuovo nome e cognome, la sua origine, il luogo di nascita, i suoi genitori, la storia della sua infanzia di un orfano, del suo nonno immaginario e i viaggi fatti con lui. Adriano riflette non solamente sulla vita futura ma pure su quella passata, su quella che non ha vissuto in realtà:
“[...] Questa costruzione fantastica d´una vita non realmente vissuta, ma colta man mano negli altri e nei luoghi e fatta e sentita mia, mi procurò una gioja strana e nuova, non priva d´una certa mestizia, nei primi tempi del mio vagabondaggio. Me ne feci un´occupazione. Vivevo non nel presente soltanto, ma anche per il mio passato, cioè per gli anni che Adriano Meis non aveva vissuti. [...] Nulla s´inventa, è vero, che non abbia una qualche radice, più o men profonda, nella realtà; e anche le cose più strane possono esser vere [...].“
Dopo esser riuscito a inventare tutto questo, Mattia, o piuttosto già Adriano, comincia a lavorare al suo aspetto esteriore. Si fa tagliare la barba e crescere i capelli, compra gli occhiali per dissimulare il suo occhio guercio. Adriano è abbastanza contento della sua nuova apparenza. Ammette di sembrare del tutto altro ma tuttavia ha l´impressione di essere un po´ ridicolo. O almeno al cospetto di sé: “Mi farò crescere i capelli , con questa bella fronte spaziosa, con gli occhiali e tutto raso, sembrerò un filosofo tedesco. [...] Non c´era via di mezzo: filosofo dovevo essere per forza con quella razza d´aspetto.“
Ma il suo viaggio verso la liberazione agognata non è così facile. Adriano deve risolvere ancora alcune “complicazioni“. Anzitutto bisogna sbarazzarsi di una sola cosa che lo lega ancora con il passato, il suo anellino di fede. Lo butta via subito dopo essendosene accorto. Sicuramente deve essere prudente per non far nascere il sospetto di qualcuno che l´abbia trovato.
Dopo aver risolto la questione della sua apparenza esteriore gli restano ancora gli affari concernenti il modo della sua vita quotidiana. Con il denaro vinto Adriano può vivere modestamente senza dovere cercare un´occupazione in futuro. Nel suo
caso, in più, non sarebbe neanche possibile. D´ora in poi, Adriano, per intenderci, senz´alcun documento, non può o piuttosto non deve fare niente. La sua libertà glielo vieta. Come Mattia, il nostro protagonista ha voluto partire per l´America e per questa ragione, ora come Adriano, decide di viaggiare.
L´ultima cosa che occorre a Adriano è di rendersi conto del fatto che lui, così libero di ogni legame, non può mai più entrare in relazione con nessuno. Salvo le relazioni di breve durata con i suoi compagni di viaggio o con i suoi commensali, si intende. Adriano vuole vivere di sé e per sé, dunque deve accontentarsi del fatto che non può più avere un amico. Dopo un certo tempo si lamenta di essere scontento con la sua esistenza: “In fondo, ero già un po´stanco di quell´andar girovagando sempre solo e muto.“
La perdita del contatto con gli altri è il prezzo della sua libertà, se possiamo ancora chiamarla una libertà. Adriano deve riconoscere che il suo stato libero gli costa una pena molto grande, che gli toglie tutto. Lui non può entrare in un contatto più profondo con nessuno, non ha nessuno a chi aprire il suo animo con le sue preoccupazioni. Comincia a rendersi conto del prezzo del suo nuovo concetto della libertà, cioè l´impossibilità di avere uno che gli sarebbe vicino:
“E dunque, né casa, né amici... Amicizia vuol dire confidenza; e come avrei potuto io confidare a qualcuno il segreto di quella mia vita senza nome e senza passato, sorta come un fungo dal suicidio di Mattia Pascal? Io potevo aver solamente relazioni superficiali, permettermi solo co´miei simili un breve scambio di parole aliene. [...] E se tutto ciò che avevo finto e immaginato di Adriano Meis non doveva servire per gli altri, per chi doveva servire? per me? Ma io, se mai, potevo crederci solo a patto che ci credessero gli altri.“
Gli deve bastare di confortarsi e di persuadersi che non potrebbe desiderare niente di più. Adriano-Mattia comincia ad avere la sensazione di non essere più né Mattia, né Adriano. Mattia perde la gioia, la voglia di vivere e sa che la verità non è quella che lui è libero ma proprio contraria:
“Ma la verità forse era questa: che nella mia libertà sconfinata, mi riusciva difficile cominciare a vivere in qualche modo. [...] Ed ecco, mi cacciavo, di nuovo, fuori, per le strade, osservavo tutto, mi fermavo a ogni nonnulla, riflettevo a lungo su le minime cose; stanco,
entravo in un caffè, leggevo qualche giornale, guardavo la gente che entrava e usciva; alla fine, uscivo anch´io. Ma la vita, a considerarla così, da spettatore estraneo, mi pareva ora senza costrutto e senza scopo; mi sentivo sperduto tra quel rimescolio di gente.“
La “compagnia“ di se stesso non lo appaga, né vuole cercare amici. Mattia si è mascherato per gli altri ma ora non si sente più di recitare una commedia che era fatta per loro. Mattia ha voluto scappare dalla sua famiglia, dalle sue responsabilità, “pensava di divenire l´eroe della fuga dalle responsabilità, e ne rimane vittima.“ Ad un tratto constata che senza tutte queste relazioni che l´hanno circondato, si sente sperduto, inutile. Non osa parlare con gli uomini e quindi, deve cercare qualcun altro: “Per paura di aprirsi al dialogo, all´alterità, alla socialità, [...] amareggiato e deluso, si chiude sempre più in se stesso, e trova, per cominciare, compagni come il canarino, [...].“
“Là, in un corridojo, sospesa nel vano d´una finestra, c´era una gabbia con un canarino. Non potendo con gli altri e non sapendo che fare, mi mettevo a conversar con lui, col canarino: gli rifacevo il verso con le labbra, ed esso veramente credeva che qualcuno gli parlasse e ascoltava e forse coglieva in quel mio pispissio care notizie di nidi, di foglie, di libertà... Si agitava nella gabbia, si voltava, saltava, guardava di traverso, scotendo la testina, poi mi rispondeva, chiedeva, ascoltava ancora. Povero uccellino! lui sì m´inteneriva, mentre io non sapevo che cosa gli avessi detto...“
Mattia non ha nessuno a cui potrebbe essere vicino e utile. La sua inutilità lo rende scoraggiato e lo costringe a cambiare qualcosa: “Bisognava ch´io vincessi ogni ritegno, prendessi a ogni costo una risoluzione. Io, insomma, dovevo vivere, vivere, vivere.“
Pochi giorni dopo Adriano decide di cercare un alloggio per poter stabilirsi in un luogo. È già un po´ stanco dei viaggi e per questa ragione decide di farsi più
maturo. Dopo una « giovinezza » che aveva vissuto tra i viaggi e solitudine ma in una libertà sconfinata, Adriano Meis capisce che deve diventare « uomo » e formarsi un abito di vita quieta e modesta.
Crede ancora di poter crearsi così una vita più calma, più simile a quella normale con le sue preoccupazioni quotidiane. Ma neanche questo cambio lo rende più felice. È vero che durante il soggiorno a Roma trova per un breve tempo qualche amico: Adriana, la signora Caporale, il signor Paleari. Ma neanche con loro può permettersi di allacciare relazioni amichevoli. Deve accontentarsi di non parlare molto di sé e soprattutto deve cercare di scansare le questioni delicate concernenti il suo passato, il suo stato civile, il lavoro, ecc.
Nonostante ciò Adriano si sente bene e queste due donne col signor Paleari ora sono per lui una specie di “nuova famiglia.“ Adriano si crede più sicuro seppure deve mentire sempre. A Roma Adriano “[...] sente di aver riconquistato il suo equilibrio [...]. La sua anima ridiventa ilare e sciolta [...].“
Ma quel tempo, in cui Mattia si sentiva almeno un po´felice, non poteva durare per sempre. I suoi compagni di Roma “[...] cominciano a ritessere intorno a Mattia – ora Adriano Meis – quella vita sociale cui aveva ritenuto di essere sfuggito. Si ripresentano, puntualmente, tutti i problemi, grandi e piccoli, significativi e banali, dai quali si era illuso di essersi definitivamente liberato.“
Il breve periodo della felicità e della sensazione di essere amato da Adriana è sostituito di nuovo dalla convinzione della propria inutilità dopo che gli è stato rubato del denaro. Di nuovo Adriano si trova nella situazione in cui non può fare niente perché è un uomo che vive fuori della vita, quando non può in nessun modo far valere i suoi diritti. Riflette sulla possibilità e l´impossibilità di indicare il ladro del suo denaro:
“Denunziarlo? E come? Ma niente, niente, niente! io non potevo far niente! ancora una volta, niente! Mi sentii atterrato, annichilito. [...] Conoscevo il ladro, e non potevo denunziarlo. Che diritto avevo io alla protezione della legge? Io ero fuori d´ogni legge. Chi ero io? Nessuno! Non esistevo io, per la legge. E chiunque, ormai, poteva rubarmi; e io, zitto!“
La libertà illusoria si fa viva di nuovo. Adriano rivela il vero senso della sua libertà: “Certo, libero, liberissimo, io potevo essere soltanto così, con la valigia in mano [...].“
L´impossibilità di Mattia di intraprendere qualcosa prende origine dalla cosiddetta libertà del fu Mattia Pascal. Adriano non può amare Adriana perché non riuscirebbe a darle nessuna garanzia. In più, lei stenterebbe ad acconsentire a vivere con lui in tali condizioni. Adriano se ne rende conto e per questa ragione neanche osa di confidarle il suo segreto.
È veramente un segreto perché, salvo Adriano, nessuno ne sa nulla. Tutti a Miragno sono completamente allo scuro dell´esistenza di Adriano Meis. Tutti credono Mattia Pascal morto da lungo tempo. E tutti a Roma, nella famiglia Paleari, sono allo scuro della vita passata di Adriano Meis. Loro credono solamente alla vita illusoria che Mattia fa credere sia la sua vita reale.
Costretto a mentire sempre, Mattia-Adriano inganna tutti sia nel suo paese nativo sia a Roma, inclusivamente se stesso. Le sue menzogne gli vietano anche la ribellione contro il furto ingiusto. Per questa ragione, alla fine del suo soggiorno romano, Adriano decide di romperla col suo inganno e vuole far rinascere Mattia Pascal. Vede che non c´è altra via di scampo. Quando esiste come Adriano Meis, non gli è permesso di fare niente, non gli è permesso di ribellarsi e per questa ragione deve ridiventare Mattia Pascal: “Lui sì che potrebbe ribellarsi, ma comprende bene che la propria ribellione avrebbe una sola via d´uscita: andarsene [...].“ Con questo fatto lui vuole uscire dalla sua libertà illusoria e crearsi una nuova vita libera. Questa nuova libertà deve essere fondata sulla vendetta nei confronti di quelli che hanno motivato la sua decisione di vivere fuori della vita ordinaria.
Mattia non accusa se stesso di quello che è accaduto Si crede assolutamente innocente e si permette di accusare i suoi parenti come responsabili della sua avventura disgraziata. È convinto che loro l´abbiano costretto a “uccidersi“. Non ammette che loro non hanno saputo per lo meno che non era stato lui quello che era annegato nella gora del mulino. Erano convinti che fosse lui. Invece Mattia pensa che, senza dubbio, loro abbiano saputo che si era trattato di qualcun altro.
A causa della compassione con Romilda e con la madre di lei, Mattia si butta nell´avventura della sua seconda vita. Per intenderci, Mattia non ha voluto più far soffrire sua moglie Romilda e per questa ragione non ha smentito la notizia della sua presunta morte. In questo senso, secondo l´opinione di Mattia, lui ha avuto pietà di queste due donne, non ha voluto più tormentarle con la sua esistenza. La colpa dell´insuccesso della sua avventura non è quindi sua, ma di Romilda e della vedova Pescatore. Mattia le accusa non solamente di questo ma anche del fallimento totale della sua liberazione. In realtà, non era una liberazione ma una prigionia.
È certo che questa prigionia non sarebbe stata così insopportabile nel caso che Mattia avesse potuto avere qualcuno con cui confidarsi e se avesse potuto inserirsi nella società.
In questo modo Mattia-Adriano è escluso dalla società, la colpa non è di nessun altro che sua. Adriano vive la sua esclusione dolorosamente. Nonostante ciò non cerca le ragioni del suo stato in sé ma si rivolge sempre agli altri. All´inizio dice che tutti potrebbero invidiargli la sua fortuna. Alla fine è lui che invidia agli altri la loro vita comune. Per lui questa vita comune è per sempre vietata. Per sempre Mattia rimane escluso.
Il tema dell´esclusione nell´opera di Pirandello appare già nel suo primo romanzo, pubblicato dapprima col titolo Marta Ajala e poi intitolato L´esclusa. Se dovessimo confrontare queste due vicende dovremmo riconoscere che nel romanzo L´esclusa, l´esclusione della protagonista è provocata da suo marito. Dunque, l´esclusione non è provocata dalla colpa della protagonista ma dallo sbaglio del
marito. Intanto, nel caso del romanzo su Mattia Pascal, l´esclusione dalla società è il risultato del modo d´agire di Mattia che vuole fuggire dall´ambiento che lo circonda. Forse Mattia era così appassionato della sua fortuna che non si era reso conto del prezzo della sua liberazione: l´esclusione totale dalla società e da ogni attività, la perdita del contatto con gli altri.
Forse nessuno riesce ad immaginare che cosa voglia dire una tale esclusione. Sicuramente suppone un comportamento qualche volta un po´strano (per esempio il caso del furto del denaro di Mattia e poi la sua smentita), l´incomprensione degli altri e, soprattutto, la segretezza e il silenzio continuo. Mattia deve vivere la maggioranza dei suoi moti d´animo in silenzio, sempre mutando o meditando degli stati d´animo nel dialogo interno tra Adriano e Mattia, tra il fu Mattia e Mattia rinato ecc..
Questo vuole, senza dubbio, molto coraggio e molta pazienza. Dapprima Adriano ne ha abbastanza ma poi, diventato annoiato della sua solitudine, comincia ad averne sempre di meno e la sua pazienza si trasforma anzi nella rabbia e nel disgusto provocati dall´insuccesso del suo nuovo concetto della vita. Della vita di Mattia, che non è più se stesso ma è solo un´ombra di Mattia.
Nonostante che Mattia abbia cercato di prepararsi bene alla sua vita nuova, inventando il nome, la storia della sua vita ecc., è ingannato dal suo errore, dalla realtà del tutto differente da quella ideata all´inizio della sua avventura. Forse, se Mattia non avesse messo tale accento sui dettagli della sua vita immaginata, se si fosse comportato con disinvoltura, senza inibizione, avrebbe potuto riuscire a vivere la sua vita costruita con soddisfazione.
Ma Mattia ha sempre l´impressione che qualcuno possa rivelare la sua vita falsa visto che non ha alcun documento che affermi la sua vera esistenza. Mattia teme in ogni istante che le sue menzogne vengano scoperte. A causa di questa preoccupazione, il suo comportamento sembra di quando in quando molto sorprendente.
Ma che cosa potevano pensare di Adriano gli altri, quelli di Roma? Sicuramente a nessuno sarebbe venuta in mente l´idea che Adriano non viveva una vita reale ma quella costruita, con un grande sforzo, nella sua mente.
Soprattutto Adriana che ama Adriano doveva essere sconcertata dal suo comportamento e, senza dubbio, essendo così onesta, non capiva niente della condotta di Adriano dopo il furto. E tanto meno la ragione del suo finto suicidio che lei credeva reale. Forse poteva credersi offesa dal fatto che Adriano l´aveva tradita. Riflettendo sul problema del furto e sull´amore per Adriana, che non avrebbe potuto mai realizzarsi, Adriano non vede un´altra via di scampo che andarsene.
Ma dapprima Adriano deve rompere i rapporti con Adriana, scostarla brutalmente da sé, farle perdere ogni stima di sé mentre che l´ira, l´odio e il disprezzo per se stesso ribollono entro di lui. Riflettendo su che cosa fare poi, gli viene un´idea stupenda: non sarebbe stato meglio uccidere la finzione di Adriano Meis che solamente farlo andarsene?:
“Un sussulto di gioja, anzi un impeto di pazzia m´investí, mi sollevò. Ma sì! ma sì... Io dovevo uccidere quella assurda finzione che m´aveva torturato, straziato due anni, quell´Adriano Meis, condannato ad essere un vile, un bugiardo, un miserabile; quell´Adriano Meis dovevo uccidere... [...] tristo fantoccio odioso... quell´ombra di vita, sorta da una menzogna macabra!“
Nello stesso tempo Adriano decide di approfittare della sua “seconda morte“ per allontanarsi definitivamente da Roma e per poter vendicarsi a quelli che erano colpevoli del suo destino triste. Lui uccide dunque Adriano Meis, mentre Mattia Pascal torna in vita per castigo di quelli che l´hanno costretto a soffrire. Così perde Adriana ma secondo le sue parole ripara al resto.
I sentimenti che Mattia-Adriano prova ogni giorno dal tempo della sua liberazione sono varissimi. Dalla gioia alla prostrazione, dalla felicità al rincrescimento sopra la sua vita, dalla soddisfazione alla noia e al sentimento dell´esclusione.
Dopo l´insuccesso della vita libera di Mattia come Adriano Meis a Roma, Mattia vuole uscire dall´esclusione e “ritornare tra i vivi“: “Così, da evaso illuso di aver trovato la tanto desiderata libertà, torna, deluso e non più accettato, nell´irrimediabile prigione della vita.“ Vuole uscire dalle interminabili menzogne che lo tormentano. Mattia chiede a se stesso se deve “[...] uscire da quella menzogna
che mi soffocava, divenuta ormai insostenibile; ritornar vivo per loro castigo, col mio vero nome, nelle mie vere condizioni, con le mie vere e proprie infelicità?“
La vita di Adriano Meis pare ora a Mattia come un sogno irreale. Mattia specula nella sua mente: “[...]era un sogno? no, c´ero stato davvero! Ah, se avessi potuto durar sempre in quelle condizioni; viaggiare, forestiere della vita...“
Mattia non è capace di dire se sia stata una vita reale o no. Senza dubbio, Mattia ha vissuto tutte le vicende di Adriano Meis, dunque, è stata la realtà. Ma sicuramente questi due anni non possono essere considerati una vita reale. La vita reale comporta tutta la complessità delle relazioni interpersonali dove uno sta in rapporto con l´altro.
E proprio di questo Mattia era dispensato per colpa sua, era interamente strappato dal contesto della vita.
Nell´entusiasmo all´inizio della sua avventura Mattia immagina che la vita sia possibile senza qualunque relazione con una persona. Non si rende conto che “senza una compagnia, una compagnia qualunque, la vita è impossibile.“ Crede che una tale vita sarà più facile e più contenta, che potrà essere illimitato padrone di sé. E intanto diventa prigioniero della propria libertà ed alla fine dichiara di sentirsi condannato “[...] a una terribile pena: quella della compagnia di me stesso [...].“
Mattia non si accorge subito del fatto che la sua liberazione è stata un´illusione, lui se ne accorge poco a poco. Cerca sempre di persuadersi del contrario, cioè che sia veramente libero. Lo è, ma è libero del tutto e quindi anche “un forestiere della vita“ Purtroppo non sapeva immaginare che non era possibile vivere in quel modo, che non poteva bastargli solamente la “compagnia“ di se stesso, la sua solitudine. Il suo concetto della liberazione era illusorio e funesto. Dopo due anni dell´esistenza illusoria Mattia capisce che l´uomo non può vivere isolato dalle
relazioni interpersonali che sono caratteristiche di ogni comunità degli uomini: “Due anni di esistenza da ´morto´ - con la pretesa di godere da vivo i benefici di cui godono i morti! – sono sufficienti a dimostrargli l´impossibilità di liberarsi dalle ´regole´ con le quali, nel corso dei secoli, l´uomo ha inteso governare il destino della sua esistenza terrena.“
La sua vita, anche dopo il ritorno tra i vivi a Miragno, non potrà essere un´altra. Il suo ritorno non è stato tale che Mattia aveva prevvisto, c´erano alcuni ostacoli: le nuove nozze di sua “moglie“ e poi, la più grande sorpresa dolorosa, la nascita della bambina di Romilda e di Pomino.
Dunque, di nuovo, Mattia non riesce ad integrarsi nella società, questa volta in quella ch´è per lui già conosciuta. Decide di rimanere per sempre a vivere ritirato, nella sua condizione strana. Vivo, ma proclamato morto. Rimane a vivere a Miragno “quasi per autopunizione [...].“ Mattia abbandona l´idea di vendicarsi con sua moglie, con la suocera ed con gli altri “responsabili“ che l´hanno dichiarato morto.
Rinuncia così, per la seconda volta, a vivere realmente, come qualsiasi altro uomo. Tuttavia è vero che ritornando a vivere da sua zia Scolastica ottiene almeno qualcuno che gli è prossimo. Ritorna pure nella biblioteca di Miragno per passarci un po´ di tempo. Non avendo quasi nessuno, per Mattia è spesso difficile risolvere il problema del tempo. Mattia ne ha molto, moltissimo, perché non ha niente per cui vivere. Lo trascorre quindi nella compagnia della zia o nella biblioteca, sempre riflettendo sul suo destino ridicolo. Nella biblioteca lavora don Eligio a cui Mattia ha confidato il suo caso, precisamente con molti dettagli. In questo uomo Mattia ottiene un amico, il quale però è sincero e non approva il suo comportamento inopportuno. È Mattia?: “Dopo due anni di amare vicende, Mattia riconosce che gettarsi ´fuori d´ogni legge, alla ventura´ è una ´leggerezza inverosimile´, un gesto ´folle´.“
Se prendiamo in considerazione il carattere del nostro protagonista che ha tre biografie (quella di Mattia, quella di Adriano e quella del fu Mattia), dobbiamo riconoscere che non è un tipo sincero; egli cerca sempre quello che sarebbe buono e facile solamente per lui. La sua spensieratezza, l´irresponsabilità, la debolezza sono evidenti in tutto il romanzo: “Mattia Pascal è personaggio senza confronti. « Dietro la sua debolezza c´è l´amore delle decisioni improvvise e cieche [...] ».“
Mattia cerca di dispensarsi da varissimi legami. Dapprima dal legame con Romilda che sta aspettando il suo bambino. Poi partendo da Miragno vuole liberarsi da sua moglie e, in questo modo, alleviare la vita di lei ma soprattutto quella propria. Il suo comportamento dimostra l´immaturità del ragionamento. Mattia non è capace di rendersi conto delle conseguenze del suo modo d´agire. Questo concerne soprattutto l´esempio della seduzione di Romilda e poi, in più, di Oliva. Tutte e due le donne aspettano ciascuna un bambino di Mattia il quale pensa che tutto si aggiusterà senza che lui ne sia responsabile. Ma alla fine questo gioco con l´amore gli costerà caro: “Per fare un dispetto a Malagna, lo sostituisce recitando la commedia dell´amore, seducendo Romilda e Oliva. Alla fine, rimane un escluso dall´amore [...].“
L´altro esempio della sua spensieratezza è il caso dell´appropriazione dell´identità del suicida sconosciuto di Miragno. Mattia ha osato quindi giocare pure col lutto dei parenti: “Aveva giocato ancora col sacro appropriandosene di un suicidio, sostituendosi al cadavere di un povero diavolo, privandolo anche della pietosa identificazione.“
Altrettanto Mattia crede che rimarrà impunito dopo la sua sparizione. Di ritorno a Miragno, si convince del vero contrario. Rimane per sempre condannato alla solitudine, per sempre libero dei legami ordinari della vita umana, in poche parole “[...] un forestiero della società, dapprima volontario, poi per necessità.“
Ciascuno che ha letto il romanzo Il fu Mattia Pascal può chiedersi quale tipo Mattia Pascal caratterizza. Dobbiamo riconoscere che Mattia come personaggio letterario è assolutamente un personaggio nuovo o, persino, senza precedenti.
È vero che una tematica simile a quella della vicenda di Mattia è apparsa pure in altre opere della letteratura mondiale. Per esempio possiamo menzionare il romanzo, pubblicato nel 1863, Che fare? di Cernysevskij o il dramma tolstoiano, messo in scena nel 1910, Il cadavere vivente.
Nonostante ciò non è possibile trovare in queste opere un archetipo di Mattia Pascal perché questo protagonista, come dice Pasquale Tuscano, “è un personaggio senza confronti.“
La modernità dell´opera di Pirandello è concentrata proprio nel personaggio di Mattia Pascal la cui tragedia è portata all´estremità assurda. Mattia Pascal decide di non rientrare nella società, invece sceglie di vivere come un uomo considerato morto. Il suo stato civile non è più registrato presso nessun ufficio. Oppure è registrato ma come un uomo morto alcuni anni fa.
Tuttavia il personaggio di Mattia Pascal non è l´unico esempio della novità nell´opera di Pirandello. Possiamo accennare ad altri personaggi, sia della sua narrativa sia della sua opera teatrale tra cui per esempio il protagonista del romanzo Uno, nessuno e centomila o la vicenda della novella La signora Frola e il signor Ponza e via dicendo.
Possiamo quindi affermare che i personaggi pirandelliani sono in maggior parte non tipici, straordinari nel loro modo d´agire. E proprio per questo Pirandello era rifiutato dalla critica letteraria.
CONCLUSIONE
Forse il più noto romanzo di Pirandello, Il fu Mattia Pascal, a cui è dedicata questa tesi di laurea, ci offre innumerevoli idee su cui possiamo riflettere. Noi abbiamo fatto del nostro meglio per presentarvi almeno un po´ il romanzo. Nello stesso tempo abbiamo cercato di riflettere sulla strana libertà che Mattia Pascal vive.
In primo luogo abbiamo menzionato la vita e l´opera di Luigi Pirandello. Poi ci siamo concentrati direttamente sulla storia del protagonista Mattia-Adriano, sulle fasi singole della sua strada verso la libertà. Con questo coincidono gli stati d´animo di Mattia che, poco a poco, deve riconoscere il suo sbaglio fatale. Quello della sua nuova identità, ridotta alla fine a una situazione paradossale. Cioè che il protagonista deve vivere come il “fu“ Mattia Pascal.
Nel testo della tesi non abbiamo naturalmente dimenticato di accennare a certi temi che appariscono anche in altre opere di Pirandello, cioè per esempio il tema dell´esclusione e la poetica dell´umorismo pirandelliana. Nella prima parte del romanzo, per intenderci, non solamente compariscono i momenti decisivi della vicenda ma la loro tematica rimane nei termini dominanti della poetica dello scrittore anche nella produzione ulteriore.
Si intende che non abbiamo potuto afferrare tutte le idee che compariscono nella storia di Mattia, ma speriamo di aver concesso altri spunti alle riflessioni riguardanti questo romanzo che è, senza dubbio, degno dell´interesse.
Bibliografia
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L´articolo Il fu Mattia Pascal (1904) [online], citato il 9 novembre 2006, accessibile da: www.italialibri.net/opere/fumattia.html, rivista mensile online di libri italiani, biografie di autori e recensioni di opere letterarie.
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Lauretta, Enzo, op. cit., p. 17.
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Lauretta, Enzo, op. cit., p. 32.
Pirandello, Luigi, op. cit., p. 5.
Ibid., p. 7.
Tuscano, Pasquale, op. cit., p. 133.
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Lauretta, Enzo, op. cit., p. 29.
Pirandello, Luigi, op. cit., p. 32.
Tuscano, Pasquale, op. cit., p. 143.
Ibid., p. 125.
Tuscano, Pasquale, op. cit., p. 126.
Pirandello. Luigi, op. cit., p. 55.
Ibid., p. 55.
Ibid., p. 78.
Pirandello, Luigi, op. cit., p. 80.
Ibid., p. 80.
Ibid., p. 102.
Ibid., p. 103.
Pirandello, Luigi, op. cit., p. 196.
Ibid., p. 194.
Pirandello, Luigi, op. cit., p. 102.
Ibid., p. 195.
Ibid., p. 230.
Ibid., p. 233.
Pirandello, Luigi, op. cit., p. 244.
Ibid., p. 244.
Lauretta, Enzo, op. cit., pp. 91-92.
Pirandello, Luigi, op. cit., p. 261.
Pirandello, Luigi, op. cit., p. 261.
L´articolo Il fu Mattia Pascal (1904) [online], citato il 9 novembre 2006, accessibile da: www.italialibri.net/opere/fumattia.html, rivista mensile online di libri italiani, biografie di autori e recensioni di opere letterarie.
Lauretta, Enzo, op. cit., p. 91.
Pirandello, Luigi, op. cit., p. 112.
Ibid., p. 88.
Tuscano, Pasquale, op. cit., p. 130.
Ibid., p. 145.
Lauretta, Enzo, op. cit., p. 42.
Pirandello, Luigi, op. cit., p. 80.
Ibid., p. 74.
Tuscano, Pasquale, op. cit., p. 127.
Ibid., p. 127.
Pirandello, Luigi, op. cit., p. 97.
Ibid., p. 90.
Pirandello, Luigi, op. cit., p. 102.
Ibid., p. 112.
Pirandello, Luigi, op. cit., p. 113.
Tuscano, Pasquale, op. cit., p. 131.
Ibid., p. 139.
Pirandello, Luigi, op. cit., p. 114.
Ibid., p. 115.
Lauretta, Enzo, op. cit., p. 50.
Tuscano, Pasquale, op. cit., p. 127.
Pirandello, Luigi, op. cit., p. 202.
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Lauretta, Enzo, op. cit., 51.
Pirandello. Luigi, op. cit., p. 231.
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Pirandello, Luigi, op. cit., p. 230.
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Tuscano, Pasquale, op. cit., p. 150.
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Fonte: http://is.muni.cz/th/75186/ff_b/dipKonecnaVerze.doc
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