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L’uomo pirandeliano e la sua estraneità al fascismo
Tra le grandi figure che il fascismo utilizzò per rendere grande la propria figura nel paese e all’estero, troviamo Luigi Pirandello. Già scrittore riconosciuto a livello mondiale Pirandello si iscrisse al P.N.F. nel periodo più delicato nella storia del regime, ovvero all’indomani dell’omicidio Matteoti. Le dichiarazioni di Pirandello riguardo alla propria iscrizione tra le file delle camicie nere, non sembrerebbe lasciar adito a dubbi sulla sua ferma adesione agli ideali fascisti. A riguardo infatti l’artista di Girgenti scrive: “sento che questo è il momento più proprio di dichiarare una fede nutrita e servita in silenzio”.
In realtà Pirandello, dimostrò come l’adesione al fascismo sia stata solo un atto formale, e mai vivamente sentito. Ciò traspare non tanto dai suoi discorsi espliciti contro il regime, che però non mancarono, ma bensì dalla propria arte; e più precisamente dalla figura d’uomo, che viene ritratta attraverso le sue opere. Tali risvolti appaiono estremamente affascinanti, se si pensa che un uomo di punta della “cultura fascista” contraddiceva dall’interno del partito, uno dei punti cardine dell’intero regime, ovvero l’uomo fascista.
L’uomo pirandeliano in “Uno, nessuno e centomila”
I concetti qui espressi sono riferiscono alle vicende narrate nell’opera “Uno, nessuno e centomila”, ma possono essere anche facilmente rintracciate ed individuate, negli altri romanzi di Pirandello (“Il fu Mattia Pascal”, “I quaderni di Stefano Gubbio”), ed in alcune sue commedie (“Sei personaggi in cerca d’autore”, “Enrico IV”).
L’uomo pirandeliano presenta due caratteristiche strettamente legate: il sentirsi forestiero della vita, l’aspirazione in funzione di questo stato d’animo a realizzarsi.
Il forestiero
Ogni personaggio del Pirandello, possiede la particolarità di sentirsi estraneo alla realtà, e quindi alla vita. Nell’opera “Uno, nessuno e centomila” il protagonista Vitangelo Moscarda scopre per caso di non essere per gli altri ciò che ha sempre creduto d’essere, a causa di una banale constatazione della moglie Dida sulla forma del suo naso. Ma le scoperte non si fermano lì, infatti Vitangelo apprende gradualmente, di essere una figura diversa per ogni persona che lo conosce. Tale posizione rende il protagonista insofferente nei confronti della società, poiché la società stessa lo ha “etichettato” in modo diverso da ciò che si sente veramente. Le concezioni sociali, i valori, ed i giudizi della società diventano così per il protagonista sinonimo di “oppressione” del proprio essere, e fonte prima di tutti i turbamenti. Emerge così l’idea pirandeliana di società, ovvero quella di un elemento che tende tramite le sue convenzioni fittizie ad allontanare l’uomo da se. Una visione molto dura, ma molto attuale anche oggi giorno. Il male dell’uomo moderno, ovvero la crisi d’identità sono così presentate prive di una via d’uscita. Un colpo basso questo per il regime, che si proponeva di costruire una nuova società, ma soprattutto che mirava alla formazione di un uomo che avrebbe fatto della socializzazione la sua virtù più grande. Vitangelo è invece estraneo a questa concezione, detesta la società, perché ne ha afferrato la falsità, e in questa sua estraniazione Moscarda scopre una realtà personale, più autentica, più “sua”.
La ribellione
Nel tentativo di far apprendere la sua essenza, e togliere quella maschera d’usuraio che gli era stata messa dagli altri, Vitangelo assume degli atteggiamenti e intraprende delle iniziative del tutto particolari. Per prima cosa si separa dalla moglie , i secondo luogo vende la banca di famiglia, e sua fonte di sostentamento, regalando case, e costruendo ospizi. Ma per la società, e per le persone che la compongono, è meglio considerare Moscarda un pazzo che scomodarsi ad accettare una visione contraria a quella che ci sì è costruiti nella mente. Uno strozzino quindi deve rimanere uno strozzino. Si comprendere così come il personaggio pirandeliano, seppur tenti di far valere le sue ragioni, venga a sua volta respinto senza appello dalle ragioni di una società mistificatrice e obsoleta.
Da ciò è evidente come l’uomo pirandeliano di fascista, abbia ben poco, sia livello sociale, che a livello morale. Il fascista doveva fornire da esempio alla società, diffondere in essa i valori delle nazione, della famiglia e dell’ardore; egli doveva concorrere a edificare una nuova umanità. Moscarda invece fugge non solo dalla società, ma anche dalla realtà, rinunciando ad ogni forma di organizzazione, fino a giungere al totale isolamento ed incomprensione.
Fonte: https://iisalessandrini.it/progetti/studenti/rcattolico/TESI/Pirandello.doc
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