Verga e il positivismo

Verga e il positivismo

 

 

 

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Verga e il positivismo

positivismo

 

  • Per quanto riguarda l’Italia è il periodo che va dal1861 al 1890 circa. Subentrerà poi l’età del “Decadentismo” (1890-1905)
  • Caratterizzata dall’imporsi dell’esaltazione del progresso: grazie alle nuove invenzioni venne facilitata le vita delle persone. C’è un ottimismo di fondo, e l’uomo viene visto come padrone del proprio destino
  • Darwin, nella II metà dell’ ‘800, getta le basi per la teoria darviniana (anche se non è proprio uno dei fautori del positivismo)
  • Attaccato da Leopardi, il positivismo era già anticipato da alcune correnti filosofiche, con una differenza di fondo: il positivismo si presenta con forte razionalismo, quini vi è un allontanamento dallo spiritualismo di inizio secolo (i positivisti erano tutti atei, poiché l’interesse era le scienza e il dato scientifico
  • Sorta di neoilluminismo (non più metafisica, mai più metafisica)
  • Si assiste ad un fenomeno non iniziato allora, ma che in questo periodo si consolida: massificazione della società. Le città diventano sempre più delle metropoli; cresce l’industria delle case editrici (più copie e più libri); cresce il numero di lettori e si abbassa quello degli analfabeti
  • Innovazioni che facilitano le comunicazioni: fotografia (secondo ‘800), telegrafo (fine ‘800), cinema (1985), telefono (inizio ‘900)
  • Inizia il fenomeno della mondializzazione (sorta di antenato della globalizzazione): le distanze diminuiscono
  • Innovazioni nei mezzi di trasporto (come la nave a vapore ad esempio)
  • Prodotti del Positivismo furono:
    • Naturalismo in Francia
    • Verismo in Italia

I veristi si ispirarono ai naturalisti  francesi (per primo Verga). Sia Naturalismo che Verismo avevano teorici e scritti teorici che spigavano cosa voleva dire essere  veristi e naturalisti. Si parla di un’età del verismo in cui le poetiche del Carducci rientrano in senso lato.
Naturalismo francese: Balzac e Zola
Il personaggio filosofo e storico a cui i naturalisti si ispirano è H. Taine: diceva che tutto deve rappresentare il vero. I naturalisti non sono interessati tanto alla natura quanto alla società. L’individuo è determinato dalla natura e dalle condizioni che lo circondano. Le teorie deterministiche (anche nel darvinismo) sono applicate anche alla società.
Secondo  Taine c’erano tre cose fondamentali che determinano il comportamento umano, e l’artista (il poeta) deve tenerne conto :

  • Race (razza, cioè l’appartenenza razziale): colore della pelle
  • Milieu (mezzo): ambiente sociale
  • Mument: periodo storico in cui vive

L’opera d’arte naturalista doveva rappresentare in modo più obbiettivo ed immediato possibile la realtà (tranche de vie). Lo fa in modo scientifico e quasi scettico: lo scrittore è quasi una sorta di scienziato, studioso della società.

  • In Europa in questa età i generi prevalenti sono:
    • Lirica: non poemi, ma poesie di tipo “leopardiano”
    • Romanzo e novella

Nel secondo ‘800 nasce il romanzo diviene un genere di massa, quindi con più ampia diffusione e con un pubblico più popolare.
Il modello principale in Italia è quello di Manzoni, soprattutto per la scelta della lingua, il fiorentino parlato. Verga era un manzonista convinto.
Nella seconda metà dell’ ‘800 nascono nuove forme di romanzo:

  • A puntate (“I promessi sposi” ad esempio)
  • D’appendice: pubblicato a puntate in appendice ad altri giornali (soprattutto all’estero)
  • Illustrato (l’edizione definitiva de “I promessi sposi”)
    • In Italia si impone il verismo, il cui principale esponente è Giovanni Verga
    • Molto importante fu la figura di un altro verista, Luigi Capuana, che si pone tra verismo e lirica naturalista francese

 

 

Giovanni verga (1840-1922)

 

  • Ricevette un’educazione soprattutto romantica, e di stampo risorgimentale: questo fa capire il suo indirizzo politico e ideologico
  • Era un conservatore, convinto sostenitore della patria, e di tutte quelle cose che sostengono la patria: non scrisse mai in dialetto siciliano (adesione e difesa del concetto di patria). La lingua da lui usata è di stampo manzoniano
  • Le prime opere non furono veriste: soprattutto romanzi storici, secondo il gusto e la moda dell’epoca (romanzi storici e “romantici”)
  • “I carbonari della montagna ( 1861-62 ) e “Una peccatrice” ( 1866 ) sono considerati post-romantici: si mescolano orrore e sentimento stucchevole
  • 1869-72 Verga si sposta a Firenze e non entra ancora in contatto con le idee veriste e con Capuana. Firenze era all’epoca la capitale del Regno d’Italia. Conosce alcuni esponenti della narrativa sociale e filantropica: è un incontro che suscita interesse in Verga verso le classi sociali più basse
  • In questo periodo scrive il romanzo “Storia di una capinera” (1871), nel quale si fa sentire l movimento milanese della “Scapigliatura”, che si diffonde nel nord d’Italia specialmente tra il 1860 e il 1875. Questo movimento si allontana dal manzonismo e dal trado-romanticismo, proponendo soluzioni linguistiche sperimentali e nuove, con atteggiamento di ribellione verso la società borghese (il nome sta ad indicare le loro tendenze di rivolta). Gli esponenti della scapigliatura hanno analogie con altri movimenti all’estero di fine secolo, come i poeti maledetti francesi.
  • Verga entra a contatto con la scapigliatura a Milano, capitale italiana letteraria ed editoriale, dalla quale trae influenza nei romanzi “Eva” (1873) e “Tigre reale” (1875)
  • Importante, in quegli anni, è l’incontro con Luigi Capuana (1877), il quale cercava di portare in Italia il naturalismo francese, dal quale Verga fu colpito e si avvicinò all’ideologia verista che fondò in Italia con lo stesso Capuana
  • Nel 187 pubblica “Nedda”, intitolata anche “Bozzetto siciliano”, che possiede già molti elementi del verismo: ambientazione popolare siciliana, attenzione proiettata maggiormente sulle fasce basse della popolazione
  • Nel 1878 pubblica “Rosso Malpelo” nella raccolta “Vita dei campi”, già pienamente verista; la raccolta è del 1880 ed include diverse novelle, tutte di ambientazione siciliana
  • Del “Ciclo dei vinti” pubblica “I Malavoglia” nel 1881 e “Mastro don Gesualdo” nel 1888, mentre nell’83 pubblica una raccolta, “Novelle rusticane”
  • Addatta anche alcune sue opere al teatro, come “Cavalleria rusticana”
  • Nel 1893 torna a Catania e si distacca dalla letteratura, chiudendosi in un cupo pessimismo a causa delle sue preoccupazioni politiche (era un conservatore). Si isola anche perché all’inizio degli anni ’90 il verismo inizia ad essere oscurato dal nascente decadentismo.
  • Nel 1920, due anni prima della sua morte, diventa senatore del Regno

PENSIERO E OPERE PRINCIPALI

  • Come già detto, è decisivo l’incontro di Verga con Capuana, il quale fa conoscere a Verga il naturalismo grazie al romanzo di Zola da lui recensito, “L'assommoir”, ambientato nei quartieri operai parigini
  • Questi erano gli anni della questione meridionale
  • Il verismo ha moti punti di contatto con il positivismo e il naturalismo: descrive fatti reali in maniera oggettiva, asettica, scientifica
  • Secondo il darwinismo sociale, gli uomini agiscono in maniera deterministica in base all’ambiente, alla razza e al rango sociale in cui vivono. I positivisti approvano questo pensiero relazionandolo al progresso, Verga invece pensa che il progresso sia positivo visto da lontano e in maniera superficiale, ma che da vicino appaiano la tragedia degli sconfitti, dei “vinti”, sottolineando gli aspetti negativi della selezione
  • Tuttavia, Verga non prende nessuna posizione a riguardo, ma si limita a guardare la povertà dalla sua posizione, sempre secondo una prospettiva oggettiva
  • Eclissi del narratore: la narrazione non deve mai portare il punto di vista dello scrittore; siamo molto lontani dal narratore onnisciente manzoniano, in verga abbiamo un narratore impersonale e corale, ovvero che somma le voci di tutti gli abitanti del luogo. Anche la lingua deve essere realista e popolare
  • L’eclissi del narratore era completamente nuova e all’inizio disorienta un po’. La lingua deve essere realista e adeguata al contesto sociale. È una lingua immediata, non mediata dalla coltezza dello scrittore: vi è l’uso di alcune espressioni di dialetto, ma il fondo è italiano letterario.
  • Verga voleva evitare di usare troppo il dialetto, tant’ è vero che tutto ciò che scrive in dialetto lo scrive in corsivo. Fu un deciso assertore dell’unità d’Italia,  e questo fu uno motivi per cui fa questa scelta.
  • 1880 raccolta “Vita dei campi
  • La lupa” , soprannome e anche sinonimo di prostituta. Lei ha una passione insana per Nanni, che vuole mettere mani sulla dote della figlia. La lupa favorisce il matrimonio, ma poi diventa l’amante del genero. Il finale è tragico, con la morte della Lupa
  • Rosso Malpelo”, in cui è descritto il mondo dei poveri, dei contadini, la condizione precaria dei lavoratori, i rapporti familiari e il concetto di onorabilità e rispettabilità
  • Fantasticheria”, il cui linguaggio è diverso, senza alcun narratore impersonale. È una sorta di presentazione del romanzo “I Malavoglia”. L’ideale dell’ostrica è il valore che più caratterizza queste persone, e cioè l’attaccamento alle poche cose che hanno, nonostante quello che avviene intorno.
  • I Malavoglia”, è il primo romanzo verista (1878-1880), pubblicato nel 1881. Doveva essere il primo di 5 romanzi del “Ciclo dei vinti”, che sono i vinti dal progresso, travolti dal corso degli avvenimenti. È una visione via via più pessimistica.
    • I Malavoglia”
    • “Mastro Don Gesualdo”

(Solo titolo)

 “La duchessa Delira” (solo abbozzo)
    • “L’onorevole Scipioni”
    • “L’uomo di lusso”

Ciascuno di esso doveva riguardare uno strato sociale. In genere i racconti veristi riguardano gli strati più bassi, ma i romanzi non scritti si dovevano basare su personaggi via via più elevati. Già mastro Don Gesualdo appartiene alla piccola borghesia, la duchessa Delira alla nobiltà sfatta, Scipioni è un uomo di politica, e “L’uomo di lusso” parla di un artista, che nell’ottica di Verga, diventa un lusso per la società: quindi è un individuo ispirato, ma inutile proprio perché è un lusso.

 

I MALAVOGLIA

Racconta la storia di questa famiglia soprannominata I Malavoglia, che in realtà si chiamava Toscano.  Racconta di un arco di tempo che va dal 1863 al ’77-’78. All’inizio la famigli era felice e prospera, con una casa e una barca, poi iniziano tutta una serie di eventi negativi che fanno precipitare la situazione (vengono meno le due braccia più importanti). Un grande debito contratto a causa dell’affare dei lupini  gli fa perdere la Casa del Nespolo. Morto il padre, ‘Ntoni deve tornare dal servizio militare, e poi deve partire Luca, che muore nella battaglia di Lissa.
La vicenda è ambientata ad Aci-Trezza, in provincia di Catania. Padron ‘Ntoni è colui che tiene unita la famiglia, ancor più del figlio quando era in vita; parla e si esprime quasi sempre tramite proverbi, che simboleggiano la saggezza patriarcale..
‘Ntoni è un personaggio diverso, sedotto dal progresso, dal quale è portato alla perdizione. Padron ‘Ntoni ha il continuatore nel terzo nipote, Alessi.
Anche Lia, la nipote più giovane è travolta dal progresso, invece Mena è molto più simile al nonno e ad Alessi, tanto da rinunciare all’amore per compare Alfio.

 

MASTRO DON GESUALDO

Secondo del ciclo dei vinti. Uscì a puntate nel 1888, ma l’edizione definitiva è del 1889.
Viene scritto circa 8 anni dopo i Malavoglia, ed è un po’ l’ultimo grande romanzo verista.
1889 è anche l’anno di pubblicazione de “Il piacere”, uno dei più grandi romanzi di  d’Annunzio.
Il protagonista è un muratore, un personaggio umile, ma che si arricchisce  compie una sorta di salto sociale: diventa un piccolo borghese e assume il titolo di Don.
Però le sue umili origini gli vengono sempre rinfacciate.
La vicenda è ambientata in una piccola cittadina in provincia di Catania (gli studioso pensano sia la cittadina di Vizzini).
L’arco di tempo è più ampio di quello de “I Malavoglia”: va dal 1820-21 fino al 1848 (Sicilia pre-unitaria e dominata dai Borboni). È diversa anche l’ambientazione storica e l’ambiente sociale: si tratta infatti di piccola e media borghesia, ma anche l’ambiente della nobiltà decadente. Coerente con quello che era il progetto di toccare tutte le fasce sociali.
Romanzo diviso in 4 parti e 21 capitoli. È principalmente la storia di Gesualdo che sposa una nobile decaduta (Bianca Trao), che si era già compromessa nella relazione clandestina con un suo cugino (Ninì Rubiera).
Grazie a questo matrimonio, Gesualdo diventa ricco e ha una figlia, Isabella, che avrà poi una relazione con suo cugino. Per tacitare lo scandalo Gesualdo la fa sposare con un nobile, il duca De Leira. Gesualdo sarà poi in declino e morirà in solitudine.
Il mondo rappresentato è complesso e diversificato: si parla del popolo, ma anche di piccola borghesia e nobiltà sfatta. È presente una critica alla nobiltà in disfacimento anche morale. Anche il linguaggio è un po’ diverso, perché più ampia e complessa è la trattazione. Non c’è narratore corale perché le fasce sociali sono troppo diverse. Verga crea una sorta di narratore borghese, simile a quello che poi diventa Gesualdo.
La più articolata ambientazione costringe Verga a rivedere molte cose: con il verismo c’erano grandi problemi a descrivere le fasce più elevate.
Talvolta è anche presenta un’analisi psicologica.
È l’ultimo grande romanzo verista.
Questo romanzo è molto interessante, perché è anche storico in un certo senso: non c’è più la fiducia romantica di inizio secolo. Descrive una parabola discendente della Sicilia di quegli anni.
Lo stesso Gesualdo non è un personaggio poi così positivo, perché muore da solo: c’è una visione pessimistica.
Il pessimismo di verga si fa qui più acuto perché rivolto a due classi sociali: da un lato la nobiltà in decadenza e dall’altro la  borghesia affaristica (che non bada che ai propri affari).
Non propone soluzioni a questi problemi, ma si limita a fare osservazioni.
Ambientazione analoga si troverà nella narrativa decadente, che avrà molti esponenti, tra cui d’Annunzio (che descrive il mondo della nobiltà decadente) e A. Fogazzaro, che in “Malombra” critica la nobiltà e la borghesia (romanzo del 1881).
L’evoluzione non è sempre vista in modo positivo,in “Malombra” giovane borghese che si innamora di una giovane contessina: lui è anche un artista fallita che ha una fine tragica.
Conia il termine di inetto, poi ripreso per descrivere il personaggio di Zeno Cosini.

 

I maggiori esponenti del verismo sono siciliani:

  • Luigi Capuana (muore nel ’15): autore del primo romanzo verista “GiacintA
  • Federico De Roberto (1861-1927): autore di novelle e romanzi; “I vicerè” (1894) racconta la storia di una famiglia nobile di origine spagnola.

Verismo minore:

  • Matilde Serao (fine ‘800, inizio ‘900): napoletana, fa descrizione popolari, ma lontane dal rigore scientifico
  • Salvatore Di Giacomo, anche lui napoletano
  • Grazia De Leida: a metà tra verismo e decadentismo, sarda, autrice di molti romanzi, il più famoso dei quali è “Canne al vento”.

 

 

Fonte: http://firemusic.altervista.org/appunti/lett/06-positivismo_verga.doc

Sito web da visitare: http://firemusic.altervista.org/appunti/

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