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Giovanni Verga
Nacque a Catania nel 1840. Nel 1858 si iscrisse alla facoltà di legge, ma presto interruppe gli studi a causa dei suoi interessi per l’unificazione italiana e le sue varie vicende politiche. Le prime opere che pubblicò non ebbero molto successo, tra questi amore e patria, carbonari delle montagne, sulle lagune. Questi sono romanzi di intonazione storico romantica, e il motivo per cui on ebbero successo è legato al fatto che l’impegno artistico è sopraffatto dall’entusiasmo patriottico a causa dell’unità d’Italia. Dal 1869 in poi si trasferì a Firenze dove conobbe Luigi Capuana, teorico del verismo, di cui condivise le sue idee di osservazione della realtà. Il primo successo arrivò con storia di una capinera, ovvero la storia di una giovane innocente costretta dalla matrigna a diventare monaca. Nel 1872 Verga si trasferì a Milano, dove vi rimase per circa 20 anni. Qui iniziò a frequentare salotti mondani e centri di cultura e lesse opere di scrittori realisti tipo Flaubert, Zola e Balzac. Verga era attratto dalla mondanità borghese, ma allo stesso tempo definiva la stessa come una sfrenata brama di lusso e potere. In romanzi come Eva infatti esprime lo sdegno contro la società borghese che aveva ridotto l'arte a un lusso. Nel 1874 scrisse Nedda che è stata, per i critici, la prima tappa della conversione di Verga al verismo, anche se bisogna dire che questa opera non è piena espressione dei principi del verismo, perché è presente la figura del narratore onnisciente. Nella narrativa verista invece il narratore deve oscurarsi dietro al racconto, e si deve limitare a raccontare la semplice realtà così come la vede, senza inserire suoi commenti. Nel romanzo Nedda, la protagonista è costretta ad un duro lavoro a causa della malattia della mamma e della sua povertà. Dopo la morte della mamma Nedda è costretta a cercarsi un nuovo lavoro nelle fattorie. Nel frattempo ebbe un figlio con un contadino di nome Janu, ma un giorno Janu cade da un albero e muore. Ora Nedda resta sola con la bambina, che dopo un po’ di tempo muore di fame, perché la mamma non riesce a trovare lavoro, in una società che non perdona il suo "peccato". La conversione di Verga al verismo andò sempre di più maturando, seguendo le teorie di Zola. Secondo i principi del Naturalismo anche la realtà umana può essere studiata in modo scientifico, quindi l''artista diventa anche scienziato e l'opera non è intesa solo come espressione della fantasia ma come mezzo d'indagine sull'uomo e sulla realtà sociale e ambientale. Per questo l'artista non deve giudicare le vicende che racconta ma limitarsi a trascriverle rigorosamente, quasi da far sembrare che l'opera "si sia fatta da sé". Nel 1878, con Rosso Malpelo, si inaugura la grande stagione della produzione verista, una concezione secondo la quale l'uomo deve sforzarsi ad andare avanti in una realtà che è spinta dai bisogni più volgari, e dall'avidità; coloro che non ci riescono, spesso deboli, pagano a volte anche con la vita. Con questa idea ebbe inizio il suo progetto chiamato il ciclo dei vinti, che comprendeva opere quali: Padron 'Ntoni, Mastro-don Gesualdo, La duchessa delle Gargantàs, L'onorevole Scipioni, L'uomo di lusso. Nelle opere del Verga verista l'autore si impegna a scriverei fatti così come li ha raccolti "per i viottoli dei campi", usando anche la stessa lingua semplice della narrazione popolare. Dagli anni 1880 al 1893 Verga scrisse i suoi capolavori, ovvero opere tipo Vita dei campi, I Malavoglia, Il marito di Elena, Novelle rusticane, Mastro-don Gesualdo. Dopo alcuni rapporti con la politica (aveva approvato la repressione dei fasci siciliani) ebbe un periodo di crisi creativa, infatti non completò l'opera la duchessa di Leyra, dopodichè morì a Catania nel gennaio del 1922.
Le strategie narrative di Verga
Lo stile del verismo richiedeva particolari soluzioni stilistiche, che possiamo sintetizzare nei seguenti punti:
- L’autore deve assicurarsi che il lettore deve avere l’impressione di essere presente all’avvenimento e non di vederlo mediante la lente dello scrittore, che non deve intervenire con i suoi giudizi, sentimenti e riflessioni, ma deve eclissarsi, nascondersi.
- Così facendo è come se a raccontare sono dunque gli stessi personaggi che esprimono a modo loro idee, sentimenti e passioni, quindi il narratore non corrisponde allo scrittore, di conseguenza la voce narrante deve regredire al livello culturale dei personaggi, che parlano ognuno con il proprio stile e con le parole che usano nella vita di tutti i giorni.
- Il concetto dello straniamento: l’autore rappresenta una realtà sociale basata sulla logica degli interessi economici, sulla legge della violenza e del più forte, una realtà quindi comprensibile solo dal narratore e dalla comunità a cui egli appartiene. La tecnica dello straniamento consiste nel mettere in evidenza la differenza tra la visione del narratore e la visione del lettore.
- Il linguaggio deve adeguarsi al vero per ricostruire i fatti con precisione oggettiva: raccontare i fatti è visto come ritrarre con una cinepresa una persona, un paesaggio, nel quale l’uomo è visto così com’è. E’ frequente il ricorso ai modi di dire e ai proverbi, che hanno funzione di esprimere la saggezza popolare, di quella gente umile che lavora per guadagnarsi da mangiare.
- Per raccontare è usato il discorso indiretto libero, caratterizzato da:
· Assenza del “che” come congiunzione dichiarativa, che permette di avere un ritmo vivace e concitato;
· Presenza di punti interrogativi e esclamativi e dei punti di sospensione;
· L’uso dell’imperfetto e del condizionale passato.
La visione della vita nella narrativa di Verga
Nonostante Verga affermi che nelle opere non ci debba essere la mano dell'autore, nella trama delle sue opere si può cogliere una sua visione dell'uomo e della storia. Verga era d'accordo con una parte della teoria darwiniana, ovvero che l'uomo è regolato dalla legge del più forte ed è spinto alla lotta per la sopravvivenza, ma non era d'accordo sulla fiducia nel progresso umano, che lo porta verso una condizione di equilibrio. Verga infatti non ha alcuna fiducia sul miglioramento della società. La vita, secondo lo scrittore siciliano, è una perenne lotta per la sopravvivenza tra gli uomini che, vincitori oggi, saranno domani, a loro volta, vinti. Gli unici valori a cui Verga crede sono la famiglia, gli affetti domestici e il lavoro. L'uomo che si allontana dal suo ambiente, dalla sua famiglia, oppure cerca di migliorare la sua posizione è destinato al fallimento (teoria dell'ostrica). Per esporre questa visione profondamente pessimistica della vita Verga progetta un ciclo di romanzi intitolato il ciclo dei vinti, che voleva rappresentare uno spaccato della società. Il ciclo rimase però incompleto, infatti dei 5 romanzi progettati ne scrisse solo 2 (I Malavoglia e Mastro-don Gesualdo) e un capitolo e mezzo del terzo (La duchessa di Leyra). I protagonisti di questi romanzi sono dei "vinti", persone che, volendo migliorare la propria posizione, sono state vinte dalla vita crudele, che non permette alcuna possibilità di miglioramento.
Fonte: http://arenablu.altervista.org/slink/scuola/letteratura/verga.doc
Sito web da visitare: http://arenablu.altervista.org
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