Letteratura Gabriele D' Annunzio

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Letteratura Gabriele D' Annunzio

GABRIELE D'ANNUNZIO
Gabriele D'Annunzio nacque nel 1863, a Pescara. Compì gli studi ginnasiali e liceali, dal 1874 al 1881, dove si mostrò un allievo eccezionalmente dotato. Il suo talento letterario è precocissimo: a sedici anni pubblica Primo Vere, Ispirato a Carducci, ha recensioni favorevoli su riviste importanti e un anno dopo è ripubblicato da un editore. Finito il liceo, si trasferisce a Roma, in teoria per studiare Lettere; in realtà si butta nella vita mondana e diventa collaboratore fisso di diversi periodici. Al lavoro giornalistico si accompagna un'altrettanto intensa attività creativa: vari volumi di poesie e di novelle consolidano la sua fama di astro nascente. Con Il piacere inizia la serie dei romanzi, che lo portano a contatto con un pubblico più vasto. Nel 1883, sposò una nobildonna , dalla quale si separò dopo sette anni costellati di innumerevoli infedeltà, che spinsero la moglie a un tentativo di suicidio; dal matrimonio nacquero tre figli. Un altro carattere che si manifestò fu la prodigalità smisurata: tutta la sua vita fu un seguito di spese folli, debiti non pagati, sequestri e pignoramenti. «Io sono un animale di lusso», scrisse una volta al suo editore, «e il superfluo m’è necessario come il respiro».  Dopo il 1890, D'Annunzio comincia a far sentire la sua voce su temi politici, unendosi al coro antidemocratico, nel 1897 D'Annunzio si presenta come candidato alle elezioni dove verrà eletto. Alla camera, il poeta sedette all'estrema destra, ma fu poco presente e non prese mai la parola. Quando ormai si delineava la vittoria dell’opposizione, passò ostentatamente all’estrema sinistra, giustificandosi con queste parole: «come uomo d’intelletto, vado verso la vita». Poco dopo la Camera fu sciolta e D’Annunzio non fu rieletto.
Sempre nel '97 conobbe la celebre attrice Eleonora Duse, con la quale ebbe inizio la "stagione" centrale della sua vita. Per vivere accanto alla sua nuova compagna, D’Annunzio si trasferì nei dintorni di Firenze, a Settignano, dove comprò la villa "La Capponcina". Intanto continuava a pubblicare romanzi e versi, nel 1903 uscirono i tre volumi delle Laudi , tra cui Alcyone, che rappresenta il culmine della sua poesia.
Per sfuggire ai creditori, convinto dalla nuova amante Nathalie de Goloubeff, si rifugia in Francia. Vive allora tra Parigi e una villa nelle Lande, partecipando alla vita mondana della belle époque internazionale. Compone opere in francese; al «Corriere della Sera» fa pervenire le prose Le faville del maglio; scrive la tragedia lirica La Parisina, musicata da Mascagni, e anche sceneggiature cinematografiche.
Torna all'impegno politico, in occasione della guerra in Libia, per la quale compone le Canzoni della gesta d'oltremare. Allo scoppio della prima guerra mondiale rientra In Italia per mettersi alla testa dell'agitazione interventistica. Alla guerra D'Annunzio ottenne di partecipare come organizzatore di azioni di marina e soprattutto di aviazione. Nel 1916, in occasione di un ammaraggio di fortuna, si ferì alla testa e perse la vista di un occhio; costretto all'immobilità compose Il notturno. Nonostante la perdita dell'occhio destro, diviene eroe nazionale partecipando a celebri imprese, quali la beffa di Buccari e il volo nel cielo di Vienna. Alla fine della guerra, conducendo una violenta battaglia per l'annessione all'Italia dell'Istria e della Dalmazia, alla testa di un gruppo di legionari nel 1919 marcia su Fiume e occupa la città, instaurandovi una singolare repubblica, che il governo Giolitti farà cadere nel 1920.
Negli anni dell'avvento del Fascismo, nutrendo una certa diffidenza verso Mussolini e il suo partito, si ritira, celebrato come eroe nazionale, presso Gardone, sul lago di Garda, nella villa di Cargnacco, trasformato poi nel museo-mausoleo del Vittoriale degli Italiani. Qui, pressoché in solitudine, nonostante gli onori tributatigli dal regime, raccogliendo le reliquie della sua gloriosa vita, il vecchio esteta trascorre una malinconica vecchiaia sino alla morte avvenuta il primo marzo 1938.

  • PRODUZIONE LETTERARIA

Vastissima la sua produzione letteraria che va dalle raccolte  di versi (“d’amore e di gloria”), alle opere in prosa (novelle e romanzi), alle tragedie.
Le opere in versi del periodo giovanile del D’Annunzio sono: Primo vere e Canto novo.
Le novelle sono racchiuse in tre raccolte – Terra vergine, Il libro delle vergini e San Pantaleone – confluite più tardi in un volume unico: Novelle della Pescara.
Le opere successive in versi e in prosa, sono caratterizzate dall’influenza dei poeti decadenti europei. Tra questi troviamo Chimera, dal nome del mitico mostro una leonessa con la coda di serpente simbolo del bene e del male, della gioia e del dolore, che tormentano il poeta.
Il D’Annunzio si propose di scrivere un ciclo di romanzi, suddiviso in tre trilogie, ciascuna denominata dal nome di un fiore – la rosa, il giglio, il melograno – a simboleggiare le tappe evolutive del suo spirito dalla schiavitù delle passioni alla vittoria su di esse; i protagonisti dei romanzi non sono, infatti, che la proiezione sul piano narrativo del D’Annunzio.
Il piacere è il primo romanzo della trilogia I romanzi della rosa, il fiore simbolo della voluttà. La vicenda che racconta si svolge sullo sfondo di una Roma aristocratica e mondana, tra corse di cavalli, fastosi ricevimenti e splendide dimore. Protagonista è il conte Andrea Sperelli, colto e raffinato la cui ambizione è “fare la propria vita come si fa un’opera d’arte”.
Abbandonato improvvisamente dall’amante,  Andrea cerca di dimenticarla concedendosi altri piaceri e avventure amorose, ma, in seguito a una di queste, viene ferito in duello. Durante la convalescenza, trascorsa nella villa di campagna di una cugina, incontra  una creatura casta e sensibile con la quale intreccia una relazione. Presto però il rapporto scivola nell’ambiguità perché Andrea cerca di riprodurre con la nuova amante le sensazioni vissute con la precedente. Ugualmente attratto dalle due donne – che rappresentano due opposti aspetti dell’amore, l’erotismo l’una e la purezza l’altra – il protagonista ne sovrappone le immagini, nel morboso tentativo di ottenere una sintesi tra le due. Ma quando, in un momento di trasporto con una di esse, si lascia sfuggire il nome dell’altra, anche questa relazione si interrompe bruscamente.
Il secondo romanzo è L’innocente. È la storia di un infanticidio. Il protagonista è  un ricco e nobile intellettuale, vittima di una sensualità disperata che lo porta a tradire ripetutamente la moglie. Da tre anni è ormai divenuta per lui solo una "sorella". Questi tradimenti continui spingono anche lei a tradire il marito. Una grave malattia della moglie spinge il protagonista, disgustato della propria vita, a tentare un riavvicinamento con lei, nonostante ne abbia scoperto il tradimento. Nell'aprile del settimo anno di matrimonio,  iniziano così a guardarsi con occhi diversi e si fa strada l'urgenza di una rinascita spirituale, riportando marito e moglie ai giorni felici della passione. Un avvenimento, però, renderà vano questo tentativo di riunione tra i due. Tullio, infatti, scopre che la moglie aspetta un bambino, frutto della relazione con l’amante, che lo getterà in una profonda crisi. Conscio che la propria totale mancanza d’attenzioni ha spinto la moglie tra le braccia dell’amante decide di perdonarla. Il suo odio si dirigerà però verso il bambino che la donna porta in grembo. La sera del 24 dicembre, Tullio dà corpo al suo delitto esponendo il bimbo nudo per un’intera notte all'aria gelida provocandone la morte. Passerà un anno intero prima che Tullio si decida a confessare il delitto. Non lo farà però davanti ad un giudice ma riempiendo la pagina bianca con la confessione.
Conclude la trilogia Il trionfo della morte Il protagonista è un intellettuale psicolabile che cerca vanamente di liberarsi della sua schiavitù sensuale. Ha alle spalle una famiglia disgregata: genitori in conflitto e parenti “strani”  Geloso della sua donna che è separata dal marito vive con tormento il suo amore Sente che solo con la morte potrà liberarsi dal tormento della passione per cui si getta in un baratro insieme alla sua donna.
D’Annunzio è il primo a divulgare in Italia un importante novità culturale e coglie l'idea del superuomo e di individualismo, di potenza e della vita come “un'opera d'arte”  Il superuomo di Nietzsche,infatti, ispirò la seconda trilogia, I romanzi del giglio, il fiore simbolo della passione che si purifica. Bisogna dire, però, che Nietzsche non auspicava l’avvento di un uomo superiore agli altri, al quale fosse tutto permesso, ma l’avvento di un’umanità rinnovata, D’Annunzio deformò il significato, facendo del superuomo l’individuo d’eccezione, destinato a dominare sugli altri.
Dalla trilogia del giglio, scrisse solo il primo romanzo: Le vergini delle rocce Il protagonista, aristocratico e seguace delle dottrine del superuomo, concepisce il disegno di unirsi in matrimonio con una delle principesse di un’antica dinastia borbonica del Regno delle due Sicilie. Scopo del matrimonio è procreare il futuro sovrano, il re di Roma, al quale un giorno il popolo offrirà la corona regale Il sogno del protagonista si scontra però con la realtà: la famiglia della donna che vuole sposare è minata dalla tara della pazzia.
Anche della terza trilogia, I romanzi del melograno – il pomo dai molti granelli, scrisse solo Il Fuoco. Il Fuoco narra sullo sfondo di Venezia, la storia dell’amore di Stelio Effrena per la Foscarina. E’ un romanzo autobiografico, perché vi è adombrata la storia dell’amore del poeta per l’attrice Eleonora Duse.

  • IL SUPERUOMO LETTERARIO

D'annunzio aderisce con entusiasmo alla teoria del superuomo. Ancora una volta è il primo a divulgare in Italia un'importante novità culturale, ma ancora una volta la riduce alla propria misura, coglie soprattutto l'idea del superuomo come affermazione di individualismo. D'ora in poi i protagonisti dei suoi romanzi sono superuomini o aspiranti tali. Il primo che parla di Nietzsche è Giorgio Aurispa, protagonista del Trionfo della Morte. Si muove tra velleità politiche e spirituali il protagonista di Le vergini delle Rocce di nuovo un nobile, disgustato di <<un'epoca in cui la vita pubblica non è se non uno spettacolo miserabile di bassezza e di disordine>>. Stelio Effrena, protagonista de Il fuoco, è un eroe più positivo: è un grande artista proteso alla creazione di un'opera teatrale sublime che fonda musica poesia, sull'esempio di Wagner. In questi romanzi in cui non succede quasi niente, la narrazione consiste in un seguito di atmosfere descrittive e psicologiche. L'ultimo romanzo di D'Annunzio, Forse che sì forse che no, proietta i consueti temi di superomismo e di lussuria sullo sfondo del nuovo mito delle gesta aviatorie. Intanto il mito del superuomo aveva dato nuovo impulso all'attività poetica. Nasceva il progetto delle Laudi del cielo del mare della terra e degli eroi. Dovevano essere sette libri corrispondenti alle sette stelle della costellazione delle Pleiadi: Maia, Elettra, Alcyone, Merope, Asterope, Taigete, Celeno. Ma il poeta ne scrisse solo quattro.
Ne uscirono tre nel 1903, Maia, Elettra e Alcyone. Maia o Laus vitae, scritto per ultimo in pochi mesi, è il prologo del ciclo, è un poema di 8400 versi liberi, che celebra la poesia come affermatrice di energia virale. Su tutto domina l'esaltazione dell'io del poeta e dei nuovi valori del superuomo. Il secondo libro, Elettra, raccoglie poesie celebrative già pubblicate in precedenza, in cui esplode l'ideologia nazionalista e bellicista. Alcyone si presenta come una pausa lirica e contemplativa, anche l'uomo appare una forza della natura, idea simboleggiata nella ricorrente figura del centauro, mezzo uomo e mezzo fiera. Alcyone è il poema del Sole e dell’Estate in cui D’Annunzio rappresenta liricamente i momenti dell’estate del 1902, trascorsa in Versilia. E’ giustamente considerato il capolavoro del D’Annunzio; Mereope contiene le Canzoni delle gesta d’oltremare, composte per la guerra di Libia. Dopo la morte del poeta fu pubblicato un quinto libro delle Laudi, Asterope, che comprende i canti della guerra latina.

  • IL TEATRO

D’Annunzio sognava un grande teatro tragico che resuscitasse i miti della tragedia antica. Al teatro si dedicò per invito di Eleonora Duse con un programma ben preciso: quello di sostituire al realismo banale del dramma un teatro di poesia, in cui musica, danza e canto lirico creassero un’atmosfera ideale attorno alle figure degli eroi, tutti esseri superuomini.
La figlia di Iorio è la tragedia capolavoro del teatro dannunziano. La tragedia è ambientata nell’Abruzzo, senza tempo e senza storia legato a superstizioni, usi e costumi, che si tramandano di generazione in generazione. Questa collocazione remota e il sentimento d’amore del poeta per la sua terra, contribuiscono ad avvolgere il dramma di un’atmosfera fiabesca. Protagonista è un pastore che si innamora della figlia di un mago. Stregato dalla sua bellezza, lascia la moglie e va a vivere con lei. Si invaghisce di questa donna anche il padre del pastore, che, per questo motivo, viene ucciso da questi. Il popolo così, dopo aver catturato il pastore decide di giustiziarlo con la pena riservata ai parricidi: lo chiudono in un sacco con un mastino, dopo avergli mozzato la mano, e lo gettano nel fiume. E’ salvato da questa pena dalla maga che si dichiara colpevole di sortilegio e si sottopone alla pena riservata alle streghe: condanna al rogo.

  • IL D’ANNUNZIO “NOTTURNO”

Dopo Alcyone la lirica di D’Annunzio si inaridisce. Nazionalismo e superomismo si fondono nei versi scritti per la guerra di Libia e per la guerra mondiale. Le ultime opere ci presentano un D’Annunzio “diverso” più umano. Gli scritti più significativi di questa svolta sono: Il Notturno, Le faville del maglio. Il più famoso è il Notturno, che raccoglie meditazioni e fantasie del poeta, convalescente per una ferita all’occhio destro, in seguito a un incidente di volo durante la guerra mondiale, nel testo predominano le immagini del ricordo, soprattutto quelle delle imprese guerriere e dei compagni caduti.
Non è un D’Annunzio nuovo ma il gusto novecentesco per la “prosa d’arte” trova qui una delle sue manifestazioni più felici. IL frammentismo denuncia la mancanza di inventiva dell’autore che, nei lunghi anni del Vettoriale, scrive un libro formato da una raccolta di appunti sparsi.

  • LA FORTUNA E LA CRITICA.

D’Annunzio è, insieme con il Pascoli, il poeta più rappresentativo del Decadentismo italiano; ma essi pur essendo quasi contemporanei sono sotto molti aspetti assai diversi.
 Pascoli ha una percezione ansiosa della solitudine, che lo porta ad unirsi con gli altri; D’Annunzio ha una percezione orgogliosa e arrogante della solitudine che lo porta ad affermare sugli altri la propria superiorità. Inoltre  Pascoli ha un carattere introverso che lo costringe ad una vita riservata; D’Annunzio invece ha un carattere estroverso che lo porta sempre ad attirare su di sé l’attenzione.
Da questa differenza di caratteri deriva la differenza della loro poesia. La poesia di Pascoli è intima e raccolta e rispecchia la sua vita interiore; quella di D’Annunzio è volta ad esaltare la sua vita e le sue esperienze.
Gli aspetti più significativi del decadentismo dannunziano sono:

  • L’estetismo artistico – la concezione della poesia come creazione di bellezza e la ricerca della musicalità della parola, della bella espressione come un fine in sé.
  • L’estetismo pratico – la vita pratica deve essere realizzata in assoluta libertà e ricerca di piacere.
  • Il panismo ossia la tendenza ad abbandonarsi alla vita dei sensi e dell’istinto, ad immedesimarsi con le forze della natura a sentirsi parte del tutto.

L’opera di D’Annunzio può dare perciò l’impressione di una straordinaria varietà: l’estetismo della bellezza disinteressata si alterna con l’impegno politico, la vitalità sfrenata, con l’attrazione per la corruzione e la morte, con la proclamazione del superuomo.
Ciò che D'Annunzio può offrire al pubblico è l'evasione estetica a una borghesia ridotta sempre più a una vita mediocre e massificata propone di identificarsi fantasticamente in esperienze da superuomini, avventure erotiche ed eroiche su sfondi sfarzosi, con uno stile che rende raro e prezioso tutto ciò che tocca.  
Così il dannunzianesimo diventa un fenomeno di costume, un ideale di vita per intere generazioni. Non c'è discontinuità nel passaggio dalla letteratura alla politica: il disprezzo per la democrazia, il nazionalismo, l'esaltazione della guerra, il gusto per il bel gesto pubblico sono all'insegna dello stesso estetismo che anima la scrittura.
Il personaggio D’Annunzio rappresenta al meglio il clima dell’epoca dell’Italia umbertina e giolittiana, l’Europa dell’imperialismo e della “Grande guerra”, il fascismo nascente e trionfante. Durante il fascismo D’Annunzio viene osannato come il poeta del regime.
Molti critici si mostrarono perplessi nei confronti di D’Annunzio, divisi tra l’ammirazione per la perfezione stilistica e il suo carattere di esibizione, che faceva pensare a qualcosa di insincero: «Una perfezione che suona falso».  Non è davvero possibile distinguere la sincerità dall’insincerità. La letteratura dannunziana non nasce dall’intelletto ma da un istinto geniale; d’altra parte questa è proprio la sincerità del D’Annunzio.

 

Fonte: http://classe4ba.altervista.org/gabrieledant.doc

Sito web da visitare: http://classe4ba.altervista.org/

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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