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GIUSEPPE PARINI
L’immagine che Parini offrì ai suoi contemporanei è quella di un uomo austero e incontaminato, tutto dedito alla poesia, all’insegnamento. Le generazioni che ci hanno preceduto lo hanno visto di volta in volta come un solitario profeta in conflitto coi tempi, un consapevole e concreto riformista, oggi invece è visto come una persona controversa e in contraddizione con se stesso:è illuminista e prete. Fu un assiduo frequentatore dei salotti e delle belle dame, attivo sostenitore delle riforme promesse dal governo austriaco e dell’autonomia morale del poeta e della dignità della poesia. Politicamente fu in conflitto coi tempi e riformista, innovatore.
La figura di Parini è dovuta alle sue origini sociali umili:è infatti nato nel 1729 a Bosisio in provincia di Como. A sedici anni si trasferisce a Milano presso una vecchia prozia che, morendo, gli lascia una magra eredità a patto che egli proceda negli studi per diventare prete. Nel frattempo scopre la sua vocazione poetica. Quando diventa sacerdote, entra a servizio dei duchi Serbelloni come precettore dei figli, dove resterà per nove anni, successivamente viene assunto sempre come precettore dalla famiglia Imbonati. Sono gli anni un cui nella cultura milanese, per opera del gruppo del "Caffè", si va affermando il pensiero illuminista e maturano le condizioni per una collaborazione diretta tra gli intellettuali e il governo austriaco.
Nel decennio 1757-1766 Parini compone le sue opere più direttamente ispirate al pensiero illuministico: le Odi, dedicate a problemi sociali d'attualità, e il Mattino e il Mezzogiorno, le prime due parti del poema incompiuto Il Giorno.
Dell’Illuminismo accetta il principio della dignità dell’uomo,basato sulla ragione e sulla legge della natura. Ciò che invece non accetta sono le tesi materialistiche e antireligiose e le critiche all’ordinamento sociale. In questo quadro si colloca la polemica contro la nobiltà per portarla alla guarigione dai suoi vizi.
Parini chiarisce le proprie idee sulla letteratura, difendendo l'uso del dialetto milanese nella poesia e sostenendo che la lingua toscana dei classici non va imitata passivamente, ma può essere arricchita ragionevolmente a seconda delle necessità con parole e forme nuove. La poesia, sostiene Parini, ha lo scopo fondamentale di produrre un vero, reale e fisico diletto; non è dunque necessaria come il pane, nè utile come l'asino e il bue.
Grazie alla fortuna ottenuta con le sue opere Parini è inserito nell'amministrazione pubblica: dirige il giornale governativo "Gazzetta Di Milano"; è nominato professore dell'Eloquenzia alle scuole Palatine e all'Accademia delle Belle Arti.
Nonostante riconoscimenti, acquisita tranquillità economica, i rapporti di stima e di affetto con gli allievi, gli amori più o meno platonici, Parini non è pienamente soddisfatto, e desidera una considerazione maggiore e incarichi più rinumerativi e prestigiosi.
Quando nel '96 i francesi entrarono a Milano per diffondere gli ideali della Rivoluzione, cacciando gli austriaci, Parini accetta di far parte della nuova repubblica, ma il radicalismo dei giacobini poco si confaceva alla sua mentalità politicamente conciliante. Erano soprattutto le motivazioni religiose a distaccarlo dall'illuminismo e dall'avventura napoleonica. Famosa, in tal senso, è la sua reazione al provvedimento col quale si volevano togliere i crocifissi da tutte le aule pubbliche: egli dichiarò che dove non poteva entrare il "cittadino-Cristo" non sarebbe entrato neanche il "cittadino-Parini".
Al ritorno degli austriaci Parini non viene toccato dalle persecuzioni contro chi aveva collaborato con i francesi. Muore pochi mesi dopo, circondato dalla riverenza dei concittadini; i funerali sono semplicissimi secondo quanto aveva indicato nel testamento.
LE OPERE:
Le odi di Parini sono 25 componimenti poetici in metri diversi, scritti in diversi momenti della vita del prete. In un primo gruppo, quelle illuministiche, affronta argomenti politici e civili, sulla base delle idee illuministiche, tra queste ne ricordiamo alcune: Vita Rustica, La Musica e L'innesto del vaiolo.
Nella Vita Rustica vi è la tradizionale contrapposizione tra la semplicità della vita dei campi e la corruzione della città. Strettamente legata a polemiche in corso e in sintonia con le contemporanee battaglie del “Caffè” è La musica scritta contro la crudele avidità di quei genitori che facevano castrare i figli per farli cantare nei teatri. Ne L’innesto del vaiolo, tratta della necessità di divulgare l’uso della vaccinazione.
Abbiamo, poi, le odi neoclassiche dove Parini esalta il valore supremo della poesia come espressione di armonia interiore, per cui raggiunge i suoi risultati più intensi nei componimenti dedicati a tre nobildonne vagheggiate e amate da lontano dal vecchio poeta: Il pericolo, il dono e Il messaggio. In questi componimenti è presente il placato equilibrio di Parini.
Una particolare riflessione merita l'ode "La Caduta", in cui il poeta dà di se stesso un'immagine profondamente diversa, non più cantore delle riforme, ma l'artista vecchio e malato che affronta con coraggioso orgoglio una condizione di povertà e di isolamento, rifiutando sdegnosamente di svendere la sua fama e la sua arte per conseguire vantaggi materiali.
Tema la rappresentazione dell’incidente (la caduta, appunto)del poeta per le strade trafficate di Milano e dell’accorato colloquio con il passante premurosamente accorso ad aiutarlo. Percorrendo d'inverno le vie di Milano, il poeta, ammalato e vecchio, inciampa e cade per terra. Un passante che lo aiuta a rialzarsi gli ricorda che la patria, pur avendo riconosciuto la sua grandezza di poeta, non ha fatto nulla per renderlo ricco e in grado di avere una carrozza con cavalli. Gli consiglia quindi di cambiar vita, cercando favori e protezioni in alto loco, eventualmente servendosi d'intermediari senza scrupoli. In cambio il poeta dovrebbe comporre poesie che piacciano ai potenti. Se non vuole accettare questo consiglio, che allora rinunci alla poesia e si affidi alla politica, che è mezzo efficace per ottenere facili guadagni. È comunque illusorio -dice il passante- sperare di convincere gli uomini al bene attraverso le poesie. Tuttavia il poeta rifiuta ogni compromesso e accetta la propria miseria.
Parini, infatti, sdegna la funzione che era comune ai suoi tempi, quella del letterato cortigiano che per vivere prostituisce la sua intelligenza, dimenticando la sua dignità e mendicando favori con ogni mezzo.
L’opera più importante di Parini è Il Giorno, del quale ne pubblicò le prime due parti, il Mattino e il Mezzogiorno, alle quali avrebbe dovuto seguirne una terza intitolata la Sera. Quest’ultima non fu terminata e così fu divisa in due: il Vespro e la Notte, anch’esse però rimaste incomplete.
Possiamo quindi distinguere due versioni del Giorno: la redazione originaria del Mattino e del Mezzogiorno, e la seconda stesura dei poemetti il Vespro e la Notte.
Nel "Mattino" il giovin signore, cosi lo chiama Parini, è il protagonista. Questo personaggio si risveglia, fa colazione, riceve maestri di canto ballo e musica. Poi si veste, sale in carrozza e si precipita a casa della sua aristocratica amica.
Nel "Mezzogiorno" si assiste al pranzo nel palazzo di questa donna e si odono gli sciocchi discorsi dei suoi invitati.
Nel "Vespro" si vedono il giovin signore e la sua innamorata passeggiare in carrozza nel corso.
Nella "Notte" infine un gran numero di cavalieri e di nobildonne prende parte a un festoso ricevimento di una ricchissima signora che offre i saloni del suo splendido palazzo.
La prima parte del Giorno si presenta come un poema didattico in endecasillabi sciolti, in cui un precettore illustra a un “giovin signore” di famiglia aristocratica i piacevoli interessi e i compiti che lo devono impegnare nel corso della giornata, per ingannare la noia della sua vita oziosa. In realtà le attività svolte dal signore sono del tutto insignificanti e a volte proprio cretine. Tuttavia il precettore ha un’adorazione per il suo signore e dipinge le sue azioni come atti eroici, preziosi, sublimi. E’ evidente quindi che si tratta di una celebrazione ironica.
Emerge così, per via indiretta, la disapprovazione di Parini per gli ingiusti privilegi del ceto nobiliare, per la sua degenerazione etica e inutilità sociale. Ci sono dei punti nel poema in cui Parini esprime direttamente il suo sdegno morale: questo avviene quando compaiono in rapidi scorci le vittime della violenza dei potenti. L’atteggiamento di Parini nei confronti dei nobili non è univoco: da una parte la rappresentazione di un personaggio marionetta come il “giovin signore”, attorniato da individui sciocchi e vuoti del tutto simili a lui sembra esprimere una condanna radicale di tutta la classe; dall’altro manifesta l’intenzione di colpire la nobiltà del tempo per aiutarla a riconquistare la sua funzione sociale svolta nei secoli precedenti ed ora perduta
Una caratteristica tipica del Giorno è l’andamento lentissimo del tempo della narrazione: le minuziose descrizioni di oggetti, abbigliamenti, tipi umani, gesti e le frequenti parentesi (episodi secondari) interrompono continuamente il filo della narrazione, conferendo al poema un carattere di singolare staticità. Altre volte il narratore si sofferma su un particolare estraendolo dall’insieme e ingrandendo come se fosse osservato al microscopio, o si dilunga nell’elencazione minuta di oggetti apparentemente insignificanti.
A un lettore impaziente questi procedimenti possono risultare terribilmente noiosi; ma se si entra nella tortuosa rete delle intenzioni e dello stile pariniano. E’ probabile che l’incompiutezza del Giorno sia legata alla difficoltà da parte di Parini di far convivere la grande varietà
Nella seconda versione del poema Parini tende ad ammorbidire le dissonanze e le innovazioni linguistiche, rendendo più sciolta la sintassi. Specialmente nella notte i linguaggio raffinatissimo dell’ultimo Panini evoca un mondo incompleto
Ne emerge l’immagine di un’umanità in disfacimento, dipinta con suprema eleganza ma con toni cupi e ferocemente sarcastici, da un poeta che sente di non avere più un pubblico da correggere e da guidare, né concrete prospettive storiche da proporgli.
L’UOMO E IL POETA
L’idea di sé che Parini volle offrire volle offrire a i suoi contemporanei è quella di un intellettuale austero e incorrotto. Questa immagine fu accolta e rilanciata dai letterari della generazione successiva: in primo luogo Ugo Foscolo che, nelle Ultime Lettere di Jacopo Ortis e nei Sepolcri , rappresentò Parini come solitario fustigatore del malcostume e profeta della libertà della patria in conflitto con le limitatezze e le viltà del suo tempo.
Non molto diverso fu il giudizio espresso da Leopardi, che dedicò a Parini una delle sue Operette morali, e nello Zibaldone espresse grande ammirazione per la sua tempra morale.
DAL "MEZZOGIORNO" - "LA VERGINE CUCCIA"
Nella "Vergine Cuccia" Parini racconta di un episodio accaduto alla cagnetta di una dama. Il testo si apre con discorsi che gli invitati fanno al banchetto e delle lodi rivolte alla dieta vegetariana.
Parini a questo punto racconta il giorno in cui il servo, dopo aver ricevuto un morso dalla cagnetta, la colpisce con un calcio. I padroni di casa, senza sentir ragioni, licenziano il servo che rimane per sempre disoccupato.
E' tra i testi più sarcastici ed insieme più drammatici. Il sarcasmo evidente nel linguaggio della dama che trova adorabile la sua cagnetta e poi giudica il piede del servitore villano risalta particolarmente in una scena tragicomica dello svenimento e soprattutto negli ultimi versi dove la cagnetta diviene l'idolo di una società ingiusta e corrotta che antepone un animale all’uomo.
Fonte: http://classe4ba.altervista.org/GIUSEPPE_PARINI.doc
Sito web da visitare: http://classe4ba.altervista.org
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
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