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In una pausa dei combattimenti che infuriano sul fronte di guerra carsico, il poeta s'immerge nell'Isonzo e ritrova nelle sue acque quelle dei fiumi che hanno segnato le fasi fondamentali della sua vita: il Serchio, che scorre in Toscana, la terra dei suoi avi; il Nilo, che attraversa l'Egitto, il Paese in cui è nato; la Senno che bagna Parigi, la città della sua ardente giovinezza. A contatto con 1'Isonzo il poeta, sollecitato dalle immagini dei fiumi che si presentano in successione, ha una visione illuminante della propria vicenda biografica e ne ricapitola il significato tappa dopo tappa. La lirica - come scrivono A. Frattini e P. Tuscano - «è un canto autobiografico nel quale il senso della vita è ricavato dal paesaggio che qui assume una funzione rivelatrice». È, infatti, il recupero dell'armonia con la natura, di cui il poeta si sente «una docile fibra», è il suo confidente abbandono alle onde del fiume che gli permette di far riaffiorare il passato e di riviverlo con nostalgia, cioè con la percezione del distacco; ed è, al tempo stesso, la realtà della guerra, da cui quell'armonia è stata turbata, a conferire un significato diverso alla sua esistenza, a darle un forte senso di precarietà. E la poesia, in cui si attua la presa di coscienza del poeta, diviene per Ungaretti, come per ogni altro poeta, il luogo di una fondamentale esperienza conoscitiva.
1 |
Mi tengo a quest’albero mutilato |
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abbandonato in questa dolina |
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che ha il languore |
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di un circo |
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prima o dopo lo spettacolo |
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e guardo |
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il passaggio quieto |
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delle nuvole sulla luna |
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Stamani mi sono disteso |
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in un’urna d’acqua |
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e come una reliquia |
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ho riposato |
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L’Isonzo scorrendo |
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mi levigava |
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come un suo sasso |
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Ho tirato su |
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le mie quattr’ossa |
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e me ne sono andato |
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come un acrobata |
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Sull’acqua |
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Mi sono accoccolato |
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vicino ai miei panni |
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sudici di guerra |
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e come un beduino |
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mi sono chinato a ricevere |
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il sole |
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Questo è 1'Isonzo |
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e qui meglio |
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mi sono riconosciuto |
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una docile fibra |
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dell'universo |
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Il mio supplizio |
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è quando |
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non mi credo |
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in armonia |
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Ma quelle occulte |
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mani |
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che m'intridono |
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mi regalano |
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la rara |
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felicità |
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Ho ripassato |
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le epoche |
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della mia vita |
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Questi sono |
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i miei fiumi |
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Questo è il Serchio |
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al quale hanno attinto |
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duemil’anni forse |
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di gente mia campagnola |
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e mio padre e mia madre |
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Questo è il Nilo |
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che mi ha visto |
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nascere e crescere |
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e ardere d'inconsapevolezza |
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nelle estese pianure |
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Questa è la Senna |
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e in quel suo torbido |
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mi sono rimescolato |
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e mi sono conosciuto |
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Questi sono i miei fiumi |
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contati nell’lsonzo |
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Questa è la mia nostalgia |
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che in ognuno |
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mi traspare |
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ora ch’è notte |
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che la mia vita mi pare |
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una corolla |
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di tenebre |
METRICA Versi liberi.
1. Mi tengo ... mutilato: mi aggrappo a quest'albero che è stato colpito, al pari degli uomini, dalla guerra; l'aggettivo mutilato, per il suo significato, mette la natura vivente sullo stesso piano degli esseri umani, in un legame di fratellanza che il contatto del poeta con l'albero sottolinea.
2. abbandonato: «Può riferirsi all'albero (e in tal caso rafforzerebbe quell'impressione di paese devastato già suggerita dall'aggettivo mutilato), o al poeta, e in tal caso il termine avrebbe un significato ben diverso ("in uno stato d'animo confidente disposto agli abbandoni") da mettere in relazione con la cattivante malinconia del paesaggio. Alla luce dello sviluppo che avrà la lirica ci sembrerebbe preferibile la seconda interpretazione. Questa possibilità di varie interpretazioni di un termine si verifica anche in testi poetici "tradizionali", ma, certo, è più frequente in Ungaretti e nei poeti moderni che con varie tecniche - la trasposizione analogica*, la contrazione della sintassi - mirano a dare alla parola una particolare ricchezza di significati, una dimensione polisensa» (S. Guglielmino).
dolina: depressione del terreno, a forma di imbuto, tipica dei luoghi carsici, nei puali l'azione corrosiva delle acque,
per la particolare natura chimica delle rocce, produce fenomeni suggestivi.
3-5. che ha ... spettacolo: che ha un'aria di abbandono simile a quella di un circo quando non vi si tiene lo spettacolo; l'immagine del circo è, forse, nata per analogia da quella della dolina, mentre al richiamo dello spettacolo non è forse estranea l'idea della guerra come orrenda forma di teatro.
6-8. e guardo ... sulla luna: il poeta si abbandona alla contemplazione del paesaggio lunare, colto nella sua immutata serenità.
9. Stamani: il poeta rievoca l'evento che ha fornito l'occasione alla poesia: il bagno fatto in mattinata.
9-12. mi sono disteso ... ho riposato: le scelte lessicali sono collegate da una rete di analogie. Così F. Tropeano ricostruisce il procedimento analogico del linguaggio: «Disteso ci dice la immobilità assoluta del corpo, come una salma: le acque del fiume distendono intorno al corpo un velo limpido e vitreo, come è quello dei cristalli che formano l'urna. Reliquia svolge e prosegue l'immagine dell'urna. Ha riposato immobile e protetto dall'acqua, come una reliquia resta immobile e immemore, senza tempo, nell'urna».
15. come un suo sasso: il poeta mostra il desiderio di identificarsi con un pezzo di natura insensibile.
17. le mie quattr'ossa: «Dopo il transfert - struggente opzione del profondo, implicita nel paragone come un sasso - dall'umano al sub-umano, il poeta riafferma, nel concreto elementare richiamo alla sua fragile condizione, la pietosa coscienza della sua umanità» (A. Frattini - P. Tuscano).
In Pellegrinaggio scritta lo stesso giorno dei Fiumi, Ungaretti dice: ho strascicato/la mia carcassalusata dal fango/come una suola o come un seme/di spinalba (vv, 5-10).
19. come un acrobata: muovendomi sulle punte dei piedi, come un acrobata, per evitare di scivolare sui sassi che giacciono sul fondo del fiume. L'immagine dell'acrobata è un ultimo prodotto della metafora del circo.
21, Mi sono accoccolato: mi sono accucciato; il poeta cerca, attraverso il contatto con la terra, di avvicinarsi alla natura. 24-26. come un beduino ... il sole: e mi sono disteso a prendere il sole come un uomo dei deserto si china nella preghiera. I verbi chinato e ricevere hanno una connotazione* religiosa che la similitudine sottolinea: è come se il poeta compisse il rito di una religione naturale che riconosce nel sole la sua divinità. L'immagine del beduino, nomade arabo, preannunzia l'apparizione del Nilo (v. 52).
27-31. Questo è 1'Isonzo ... universo: «Scavando nel senso del proprio destino, comincia proprio da questo fiume dove sta vivendo la più amara delle sue esperienze, la guerra, e per cui si sente creatura, fibra dell'armonia dell'universo. L'esperienza della guerra, rivelandogli gli aspetti più sconcertanti e tragici della condizione umana, lo ha reso capace di penetra
re ragioni e contraddizioni dell'esistenza. Per questo I'Isonzo è uno dei fiumi fondamentali anche per la vocazione e la maturazione del suo spirito e della sua poesia» (A. Frattini - P. Tuscano). Ungaretti era stato interventista per amore dell'Italia, ma l'esperienza bellica gli farà capire l'atrocità, l'inutilità della guerra, la fragilità dell'uomo. «Nella mia poesia - ha scritto il poeta nelle Note-non c'è traccia d'odio per il nemico, né per nessuno: c'è la presa di coscienza della condizione umana, della fraternità degli uomini nella sofferenza, dell'estrema precarietà della loro condizione [...] prima di andare a Milano, prima che scoppiasse la guerra, ero, come poi a Milano, un interventista. Posso essere un rivoltoso, ma non amo la guerra. Sono, anzi, un uomo della pace. Non l'amavo neanche allora, ma pareva che la guerra s'ímponesse per eliminare finalmente la guerra. Erano bubbole, ma gli uomini a volte s'illudono e si mettono in fila dietro alle bubbole».
32-35. II mio supplizio ... armonia: la mia angoscia nasce quando non mi sento in accordo con le leggi dell'universo. 36-41. occulte mani ... felicità: la corrente del fiume somiglia a invisibili (occulte) mani carezzevoli che massaggiano (intridono) il corpo del poeta, regalandogli un raro momento di felicità. Intridono, propriamente "impastano", è un verbo realistico che rimanda alla cultura contadina del poeta; può far pensare alla malta che impastano i muratori o alla farina che lavorano le massaie per fare il pane. La felicità in Ungaretti si presenta sempre come capacità di gioire anche con i sensi.
42. Ho ripassato: ho passato in rassegna.
45-46. Questi sono i miei fiumi: quelli che ritrovo nell'Isonzo sono i fiumi ai quali sono legate le epoche della mia vita. 47. il Serchio: il fiume che bagna il territorio di Lucca, da cui i genitori di Ungaretti erano partiti come emigranti per andare a lavorare in Egitto. II poeta si accese d'amore per i luoghi d'origine sentendone parlare dalla madre quand'era piccolo. Nella poesia Lucca, dedicata alla città, che vide per la prima volta a trent'anni, il poeta scrisse: In queste mura non ci si sta che di passaggio.lQui la meta è partire. [...] Ora lo sento scorrere caldo nelle mie vene, il sangue dei miei morti./Ho preso anch'io una zappa. Ungaretti avvertiva un forte legame con la terra d'origine, come dimostra il fatto che tra i quattro fiumi della sua vita ha sentito la necessità di inserire quello che non appartiene in modo diretto alla sua biografia ma che rappresenta l'eredità ancestrale (duemil'anni) che gli deriva da progenitori contadini.
52. il Nilo: il fiume che bagna Alessandria, la città dove Ungaretti nacque nel 1888. Anche Alessandria, città tra il mare e il deserto, ha lasciato una forte impronta nello spirito e nell'opera del poeta. «Alessandria-si legge sempre nelle Note -è una città senza un monumento, o meglio senza quasi un monumento che ricordi il suo antico passato. Muta incessantemente. II tempo la porta sempre via, in ogni tempo». E in una lirica Ungaretti la rievoca con queste parole nel momento in cui se ne allontana nella nave che lo porta in Italia: Ti vidi, Alessandria, /Friabile sulle tue basi spettrali/Diventarmi ricordo/In un abbraccio sospeso di lumi.
54-55. nascere ... d'inconsapevolezza: in Egitto il poeta ha trascorso, a contatto con spazi aperti (estese pianure), l'in
fanzia e la giovinezza, età in cui sono vive le passioni e scarsa è la capacità di controllarsi e di conoscersi.
57. la Senno: il fiume che bagna Parigi, la città in cui Ungaretti trascorse il periodo più importante ai fini della sua formazione culturale. Lì conobbe gli intellettuali di maggior spicco del tempo e fece amicizia con molti di loro, primo tra tutti il poeta Apollinaire.
58. in quel suo torbido: nel colore giallastro delle sue acque. Torbido potrebbe avere anche altri significati: «potrebbe anche segretamente richiamarsi ai complessi e inquietanti fermenti culturali, morali e artistici della capitale francese in quel periodo» (A. Frattini - P. Tuscano).
60. e mi sono conosciuto: ho preso coscienza di me. Nell'Isonzo, invece, si era riconosciuto/una docile fibra/dell'universo (vv. 29-31); tra i due verbi c'è una sfumatura di significato: nel fiume Ungaretti si riconosce come elemento della natura; a Parigi invece, misurandosi con gli altri, conosce meglio se stesso, acquista un'identità culturale e scopre la sua vocazione di poeta.
62. contati: ritrovati.
63-65. Questa ... traspare: questa è la nostalgia che affiora (traspare) attraverso l'immagine di ognuno dei fiumi della mia vita.
66-69. ora .., di tenebre: ora che è scesa la notte e la mia vita mi sembra come un fiore con i petali che hanno il colore delle tenebre. «La metafora`, nella sua ambiguità, esprime precarietà (la corolla di un fiore è un dato materiale assai fragile) e angoscia (le tenebre come archetipo* del male, paura)» (G. Bellini - G. Mazzoni).
Fonte: http://www.calamandrei2013.altervista.org/UNGARETTI_i%20fiumi.doc
Sito web da visitare: http://www.calamandrei2013.altervista.org/
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